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EDITORIALE

 

Nel pubblicare il quinto fascicolo di Archivum Historicum Mothycense ci è d’obbligo evidenziare come, alla luce degli studi (non soltanto di quelli qui pubblicati) circa le diverse espressioni che caratterizzano gli eventi di questo Territorio sud-orientale della Sicilia (segnato in gran parte dalla Contea di Modica[A]), emergano, come ‘forzate’ e perciò non legittime, letture e valutazioni che possano ricondurre e costringere quelle espressioni dentro categorie ideologiche e schemi storiografici nient’affatto aderenti al ‘sentire’ ed alla vita reale di questi Abitanti:

Filospagnoli o antispagnoli. Studiosi di scienze sperimentali contro letterati. Cartesiani, sempre bisognosi di protettori, contro ‘chiusi’ aristotelici. Conservatori reazionari contro progressisti illuminati. Devozionismi e superstizioni da ogni parte. Gesuiti, colpevoli sempre di qualcosa, contro il resto del mondo (e viceversa). Clero diocesano contro clero regolare. Istituti claustrali intenti a cercar prebende e Ordini religiosi protesi nel rinnovamento pastorale post-tridentino. Massári, sempre e dovunque in lotta sorda con i cavalieri (e viceversa). Esperti artigiani vessati dai committenti. Donne ad ogni costo emarginate… E che dire della faticosa ma dignitosa ‘inventiva’ dei braccianti-spigolatori?…

E, poi: che significano qui – sul piano dell’effettiva storia sociale, sincronicamente e diacronicamente – parole come ‘Stato comitale’, ‘Società civile’, ‘ceto’, ‘privilegio’, ‘patrizio’, ‘borghese’, ‘villano’, ‘religiosità’, ‘aristotelici’, ‘cartesiani’, ‘chiusure-aperture’ culturali, ‘rinnovamento’, ‘rapporti con la Spagna’ e contemporaneo ‘senso della patria italiana’, ‘feudo’...?

 

L’assetto istituzionale – durante il periodo comitale –, benché feudale, qui è atipico: sono riconosciute, dalle ‘Consuetudini’ e dai governatori, modalità amministrative di fatto autonome, creatività organizzativa, antica identità d’origine e di storia dei vari Comuni. E le Istituzioni del Capoluogo intervengono autorevolmente, ma con rispetto e misura, a dirimere conflitti emergenti e per garantire la pace sociale[B].

Oltre al muoversi secondo tale criterio da parte degli Organismi comitali, merita di essere evidenziata di passaggio, come caratterizzazione di stile nel quotidiano convivere, la “modicana urbanità” (A. Narbone) dei Cittadini: Placido Carrafa, prodigo di aggettivi nei confronti della propria Città, fa con convinzione altrettanto per i Comuni vicini, dei quali esalta nobiltà e magnificenza; T. Campailla, con elevatezza di tratto, si onora di appellare “Laurea dei filosofi suprema” e “dei  Matematici il Diadema”[C], il ragusano G. B. Hodierna[D]; i parroci delle chiese matrici modicane, nonostante aliunde le loro controversie (che, peraltro, non mettono mai in discussione la radicata unità civica, tanto più quando si tratta di promuovere scuole, ospedali, opere benefiche), si prodigano, insieme a Cittadini ricchi e poveri, per accogliere, con cordiale e dignitosa ospitalità, Gesuiti e Salesiani...

Specie nelle città ove i fermenti culturali vengono più intensamente colti (come a Modica e Scicli[E]), le componenti a vario titolo – di diverso orientamento dottrinale e di diverso… quartiere – creano occasioni di incontro e di proficuo dialogo culturale (cui, davvero senza atteggiamenti persecutori bensì con sentita personale adesione, partecipano Maggiorenti con funzioni amministrative nella Contea, anzi pure Officiali del – sembra, non a priori ‘terribile’ –  Tribunale locale dell’Inquisizione)[F].

Qui, del resto, esclusivismi di scuola, estremizzazioni culturali, innovazioni stilistico-architettoniche - pur colti prontamente e vissuti intensamente - finiscono per essere valutati come nient’affatto  esaltanti o panacèa di tutti i mali.

Tommaso Campailla, intriso (quant’anche protestasse il contrario) di filosofia e teologia scolastica (come, del resto, il suo Maestro), resta dichiaratamente ed effettivamente cartesiano, non assecondando sbrigativamente nuove ‘mode’ culturali. E Saverio Scrofani, pur ‘dentro’ i moti rivoluzionari di Francia, se ne mantiene critico. Conoscenza penetrante della filosofia idealista: ma, nel mezzo del pontificare gentiliano e crociano, Carmelo Ottaviano scrive la sua ‘Critica dell’Idealismo’ e  rilegge in profondità grandi Autori medievali con modernissimo sentire.

E’ emblematica, di quanto (qui, soltanto) ‘concentrato’ ed affermato, l’impossibilità di ridurre a categorie preconfezionate le modalità delle espressioni architettoniche. Osserva autorevolmente M. R. Nobile, con particolare riferimento al complesso di S. Maria del Gesù in Modica (secc. XV-XVI): sono “opere che non è possibile leggere con gli schematismi di un mitizzato e rigido universo classicista poiché esplorano…un ‘antico’ autoctono, e pervengono ad un rinascimento atipico che affonda le radici in tecniche costruttive locali”[G].

 

Tutto ciò non equivale ad irenismo ed assenza di passioni. C’è – come accennato – puntuale avvertenza di movimenti culturali e di sommovimenti sociali da parte di una ‘schiera’ di Studiosi – dei quali è inutile fatica cercare Nomi che abbiano influito sul progresso… del mondo universo –, che sono, però, ‘tessuto’ pensante di una Società e della sua crescita civile: ma, in essi, a quella partecipazione si unisce un responsabile – e perciò né pessimistico né eclettico, bensì pregnante di passione etica – senso della concretezza, ed un operoso costruttivo procedere nei vari ambiti di attività ed in rapporto quotidiano (medici, giureconsulti, teologi…) con la Popolazione.

Noi, del resto, qui stiamo accennando ad una “forma che avvolge gli eventi” (W. Humboldt).

Pertanto non si deve quasi necessariamente ritrovare un ‘ritmo costante’ (J. Möser); né intendiamo assolutizzare l’assenza, nell’ ’800, di conflitti, anche irriducibili – pur in mezzo a sentiti slanci risorgimentali e di ‘rigenerazione’ sociale – fra Uomini di vera tempra politica, come pure l’esclusione di concorrenzialità fra antiche e dotte Istituzioni religiose, per secoli anche ‘centri di studio’.

Nulla, dunque, di oleografico: emerge, semplicemente e senza enfasi, il riconoscimento di una realtà che ‘non è periferica’ (forse non sarebbe tale se questa rispondesse a clichè storiografici preconfezionati o, ancora, se i Conti di Modica avessero trascorso il proprio tempo promuovendo, stabilitisi nel castello di Modica, guerre periodiche e festini?…), bensì caratterizzata da una sempre più consolidata ‘specificità’ – pur nel contesto di una storia comune siciliana, italiana e mediterranea –, al di là di semplificazioni.

Si  preferisce costruire – con passo costante, con vigore e con ardimento –  il duomo modicano di S. Giorgio, che non soltanto barocco è: in esso si fondono, non ecletticamente bensì secondo una legittima, autonoma, matura, alta sintesi, la spiritualità gotica, la drammaticità del barocco ed il contenimento critico dell’illuminismo.

 

                                                                      Giorgio Colombo

 

 

NOTE

 

 



            [A] Con la denominazione ‘Contea di Modica’ – al di là di erudite, ma tormentate e  forse tendenziosamente destrutturanti..., analisi storiografiche (che però non toccano la sostanza di una realtà socio-politico-culturale) – si denota l’insieme dei Comuni facenti parte in senso proprio ed istituzionale (pur con alterne vicende o per un periodo limitato) di essa, durante il plurisecolare periodo comitale, ma pure talvolta, in senso estensivo, di quelli che facevano riferimento ai Conti di Modica, quali loro ‘Signori’ (Alcamo, Caccamo, Calatafimi...); inoltre, idealmente, l’insieme di quei Comuni che, riferendosi a Modica, come capoluogo del Circondario, sotto l’aspetto amministrativo, giudiziario, scolastico, sanitario, costituì di fatto la continuazione, nell’ ’800 e nei primi decenni del ’900, del precedente assetto comitale.

Tale assetto amministrativo/politico e culturale era venuto configurandosi anche a seguito della presenza – per secoli, prima dell’istituzione comitale – di numerosi nuclei abitativi, particolarmente ravvicinati in fitta rete nell’ ‘agro modicano’ (non circoscrivibili pertanto agli insediamenti di Cava Ispica) e nell’attuale centro urbano di Modica.

[B] Cfr. ad es. G. Barone, L’oro di Busacca, Ed. Sellerio, Palermo 1998; G. Raniolo, Introduzione alle consuetudini ed agli istituti della Contea di Modica,  voll. 2, Ed. Dialogo, Modica 1985 e 1987.

[C] L’Adamo, c. V, st. 65.

[D] …che, benché operante fuori della sua Città, aveva avuto modo e tempo di esprimersi non con altrettanta cortesia ed eleganza nei confronti di Modica.

[E] “Elegantissima civitas, quae cives educit ingenio praeclaros et bonarum artium cupidos” (Scicli); E. Aguilera, Provinciae Siculae Societatis Iesu Ortus et Res gestae, Tip. Felicella, Panormi 1740, pars. 2a, pag. 265.

[F] Manca certamente – anche se non del tutto – un raccordo continuo ed organico (che forse si verificò invece fra i più qualificati ‘mastri’) tra gli ‘intellettuali’ dei vari Comuni della Contea, anche se ci si chiede se e fino a qual punto ciò sarebbe stato operativamente possibile considerate le difficoltà viarie, oltre all’effettiva presenza di Studiosi residenti in tutti i vari Centri urbani.

[G] M. R. Nobile, Sulla produzione architettonica nella Contea di Modica fra tardogotico e rinascimento, in Archivum Historicum Mothycense, n. 2/1996, pag. 30.