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Tommaso Campailla e l’ambiente culturale a Modica
fra ’600 e ’700
di
Giovanni Criscione*
Pubblichiamo, come annunziato nel precedente fascicolo
(n. 4/1998, pag. 16) di Archivum…,
una presentazione critica delle biografie di Tommaso Campailla (Modica,
1668-1740).
Poiché in alcune biografie del Campailla, insieme ad
apprezzamenti per la Sua opera, ritorna l’affrettata attribuzione di ‘bizzarria’ o simili, può essere utile accostare
(rapidamente) il Suo ritratto a quello degli scienziati del Suo secoloA .
E’ così possibile leggere in filigrana, forse più correttamente e
adeguatamente, i tratti della personalità e dello stile di vita e di studio di
T. Campailla: delle sue stranezze e delle Sue ‘contraddizioni’, vissute
secondo l’ ‘equilibrio’ e gli interessi culturali proprî di un Uomo e di
uno Scienziato (perché, ‘uomo di scienza’ è soprattutto il C.) di ‘quel’
tempo. Può anche meglio illuminarsi l’ambiente ed eventi culturali della Contea
di Modica fra ’600 e ’700.
Anzitutto: il termine ‘scienziato’ è ottocentesco.
La stessa immagine dello ‘studioso seicentesco di
scienza’, quasi di uno sperimentatore
tout-court positivista ed antiaristotelico, è frutto della storiografia
positivistica.
Certamente i vari Ricercatori del ’600 e ’700 sono
caratterizzati dall’indagine per una conoscenza ‘nuova’ (‘De mundo nostro sublunari philosophia nova’,
‘Novum organum’, ‘Scienza nuova’B …: ‘nuova’, per la
tensione alla scoperta di nuovi mondi con nuovi metodi, e nel rifiuto del
carattere ‘esemplare’ della cultura classica (laddove per gli Umanisti ‘senso
del nuovo’ e ‘riscoperta degli Antichi’ erano stati strettamente connessi) e di
‘pregiudizi’ acquisiti in virtù del Sapere del passato, della ‘memoria’ oltre
che di influssi ambientali recepiti durante l’infanzia personale.
E però, nello stesso tempo, ermetismo e cábala, alchimía e magía e
astrología fanno parte del vissuto ed anche dell’esperienza culturale di
quei ‘filosofi’ (come Galilei ama appellare i liberi Studiosi della
natura): di Bacone, di Keplero, di Mersenne, di Van Helmont, di Harvey…, anzi
pure del giovane Descartes e, poi, di NewtonC .
Menzionando tali Nomi emergenti e più noti, occorre
però rilevare come la scienza, nel ’600 e nella prima parte del ’700, vada
sviluppandosi in Europa pure ad opera di numerosi Studiosi e ricercatori non
sempre o necessariamente ‘professori’; si registra anzi una certa marginalità delle
Università nella ricerca scientifica (anche se la consapevolezza dell’utilità
di ‘istituzioni’ scientifiche vada lentamente emergendo). Si moltiplica
piuttosto una fitta rete di comunicazioni scientifiche attraverso periodici,
atti delle Accademie, lettere privateD .
Pure dalla tradizione della magía naturalistica quegli
Uomini trassero la convinzione che il Sapere non va inteso soltanto come
‘contemplazione’, ma deve indurre a manipolare
e trasformare il mondo. Questo infatti è visto come una ‘macchina’;
in quanto tale può essere conosciuto. E le macchine costruite – e da costruirsi
sempre più – dall’Uomo possono costituire un ‘modello privilegiato’ per
comprendere, con impegno collettivo, la natura, e per operare il ‘progresso’.
Il Sapere
potrà e dovrà essere universale: esso è comunicabile a tutti e
comprensibile da tutti, poiché la facoltà di distinguere il vero dal falso è
uguale per natura in tutti gli uomini: ‘eguaglianza delle intelligenze’. Anche
da qui, nel ’600, il vivo interesse ad aprire scuole ed a partecipare
a tutti il SapereE .
E però gli Scienziati, avvertendo possibili conseguenze
negative per gli usi distorti delle
scoperte scientifiche, ritengono di dovere insieme stabilire quali scoperte
rendere pubbliche e quali no. Tale consapevolezza ‘etica’ è
autonomamente e sinceramente sentita.
Una preoccupazione,
poi, attraversa tali Studiosi europei: quella di non determinare rotture
(vere o apparenti) con l’ortodossia religiosa cristiana. La
preoccupazione è determinata da timori nei confronti della pressione
esterna da parte di autorità religiose e politiche, ma pure dall’intento
personale di non formulare ed esprimere ‘una sola’ affermazione ‘non
conforme alla Verità’ (poiché, essendo ogni singola affermazione connessa
organicamente con tutte le altre, tutto l’edificio finirebbe inevitabilmente
per non consistere e non avere valoreF ). Ne segue che
l’atteggiamento degli Scienziati appare segnato dall’attenzione a non suscitare
conflittualità, e perciò anche dalla ‘dissimulazione’ al cospetto del potere
circa teorie che potevano essere considerate pericolose; ma certamente pure –
in virtù del sotteso assimilato criterio secondo cui “Natura interrogata
vel Scriptura consulta unum eundemque sensum pari loquuntur concordia”
(Riccardo di S. Vittore) – dal pressante bisogno di chiarire a se stessi (prima
che agli altri) la distinzione – non l’opposizione – fra scienza ed
esegesi biblica, che a quel tempo si presentava, per certi aspetti, nuova, ma
certamente incalzante. (Giorgio Colombo).
NOTE
(A)
… i cui caratteri vengono delineati, sulla scorta di numerosi studi, da Paolo
Rossi, Lo scienziato, in (a cura di R. Villari) AA. VV., L’uomo
barocco, Laterza, Bari 1998, pagg. 299-328.
(B) Cfr. ‘Problemi naturali
spiegati con nuovi pensieri…’ di T. Campailla.
(C) e di…T. Campailla.
(D) …di cui è precisa testimonianza
l’intenso fervore culturale a Modica, delineato nel seguente studio.
(E) Cfr. il pressante interesse, nei
primi decenni del ’600, per l’istituzione del Collegio Mothycense.
(F) Cfr. T. Campailla, Lettera a
Muratori del 30-3-1730.
Tale ‘coerenza’ è vista sempre più in funzione metodica:
come un universo interpretativo privo di confusione; non dunque come
avente valenza ontologica, ossia come coerenza dell’essere, e perciò
anche come lettura di un universo ove realtà, verità e bene non
siano separati ma ‘convertuntur’.
* * *
Fonti per
la biografia di T. Campailla.
La fonte più antica per ricostruire la vita e l’opera di Campailla è
il breve cenno bio-bibliografico del Mongitore,
che non copre però l’intera vita del C.: Bibliotheca Sicula seu de
scriptoribus siculis, Panormi, Felicella 1714, rist. anast. Bologna, Forni
1971, p. 258.
Di scarso interesse è l’orazione commemorativa in latino, tenuta il 16
marzo del 1744 da p. Melchiorre da/di S. Antonio, professore di eloquenza
nel Collegio Regionale degli Scolopi di Palermo, nell’Accademia del Buon Gusto
(poi pubblicata in volume): Horatio de laudibus Thomae Campaillae patricii
motucani habita a Melchiore a S. Antonio clericorum regularium scholarum piarum
sacerdote, et eloquentiae professore, Palermo, Epiro 1744.
Fondamentale è invece lo studio di Giovanni Trieste e Bovio (1762),
che rappresenta la fonte principale per tutte le biografie successive: “Notizie
storiche spettanti alla vita ed alle opere del Sig. D. T. Campailla, patrizio
modicano etc... scritte dall’abate Domenico Schiavo di Palermo, e mandate dal
Sig. Giovanni Trieste e Bovio di Asolo, 8 ottobre 1762” in Miscellanea, Arch.
Stor. Siciliano, 1898, fasc. I-II (n.s.); già in Calogerà Angelo, Nuova
Raccolta di Opuscoli scientifici e filologici, Venezia, Occhi 1755-1787,
tomo X.
Sinesio Secondo scrisse un Saggio biografico per il vol. I delle Opere di Campailla:
Vita del celebre filosofo e poeta Sig. D. Tommaso Campailla patrizio
modicano in T. Campailla, L’Adamo, Siracusa, Pulejo 1783. Inoltre
raccolse e fornì in appendice le Lettere di insigni personaggi,
materiale in parte inedito (che dovette inviargli da Modica Saverio Scrofani,
come apprendiamo da una lettera in cui Sinesio chiede di fargli avere “i
sonetti stampati e i problemi o altro del Campailla e le lettere dei grandi
uomini a lui scritte”). Ma trascurò il Sinesio gli Emblemi (ne
riporta soltanto alcuni), i Vagiti della Penna (a tutt’oggi
manoscritti), le poesie composte per le raccolte degli Ereini e dei Geniali, le
Rime di corrispondenza con la Grimaldi, contenute nel volume di quest’ultima,
la Dama in Parnaso, le numerose rime di corrispondenza e
naturalmente la Filosofia per príncipi e cavalieri, rimasta manoscritta
fino al 1841, la cui esistenza era però già nota al Sinesio, rimasti tutti
fuori dall’edizione siracusana delle Opere.
Compilazioni sono le biografie scritte dall’Ortolani, dal Baseggio e dal
Renda: ORTOLANI G. E., T. Campailla, in Id., Biografie degli uomini
illustri della Sicilia, Napoli, Gervasi 1818, tomo II, ora Bologna, Forni
1976; BASEGGIO G. B., Campailla T. in De Tipaldo E., Biografie degli Italiani
illustri nelle scienze, lettere e arti compilato da letterati italiani per ogni
provincia, Venezia, Cecchinni 1837, vol. V, pp. 239-241 [1845,vol. X, pp.
123-126]; RENDA F., Prospetto corografico istorico di Modica di Placido
Carrafa (l’opera, in latino, del Carrafa è del 1653, col titolo Mothucae
illustratae descriptio su delineatio) volgarizzato da Filippo Renda
seguito da sue memorie istoriche modicane fino agli attuali tempi e da una
completa biografia degli uomini celebri per lettere e per scienze che vissero
in Modica dal sec. XVI fino al XIX di Giovanni e Filippo Renda”, Modica,
tip. La Porta 1869, voll. 2.
Paradigma di riferimento in tempi recenti è stato il saggio Di Tommaso
Campailla e de’ suoi tempi, discorso di Serafino A. Guastella, tenuto nel 1880 in occasione dell’istituzione come
liceo statale, nel 1878, del Liceo classico di Modica, e successivamente
pubblicato (Piccitto, Ragusa 1880; pagg. 110; rist. Pro-loco, Modica 1976).
Questo studio resta fondamentale perché organico, ma non è esente dal suscitare
riserve e, soprattutto, è inquinato da una prospettiva deformante. L’assunto
del Guastella consisteva infatti nel mostrare come, corrispondendo le
condizioni della cultura alle condizioni civili, l’eccellenza dell’ingegno non
potesse sollevare l’individuo al di sopra della società; individuava cioè
nell’influenza dell’ambiente e del tempo un fattore perturbativo e deviante per
il C.
Tale assunto, oltre a forzare il dato psicologico (impossibilità
dell’individuo di reagire agli influssi ambientali), non risponde a quello
storico, trascurando – come vedremo – alcuni fattori, che emergono da una
analisi accurata del milieu storico e culturale della società modicana
nel sei-settecento. Un altro aspetto che vizia il lavoro del Guastella è la
tendenza a costruire per Campailla il mito del filosofo burbero e stravagante,
chiuso nelle sue abitudini stranissime, mito che collima del resto con il suo
assunto principale.
È stato necessario quindi ricostruire e circostanziare le
principali vicende biografiche del Campailla attraverso fonti e testimonianze
letterarie trascurate (come ad es. quelle trascurate dal Sinesio: gli Emblemi,
i Vagiti della Penna, le poesie per gli Ereini e i Geniali, le Rime di
corrispondenza con la Grimaldi o con Michele Romeo) o documenti d’archivio, e
soprattutto attraverso un costante riferimento all’ambiente culturale della
Contea, in particolare di Modica, negli anni in questione.
1. Il registro battesimale dell’Archivio parrocchiale della chiesa di S.
Giorgio in Modica, al vol. VII, foglio 238 annota: “Anno Domini millesimo
sexcentesimo sexagesimo octavo, Die septima mensis aprilis. Ego infrascriptus
baptizavi infantem natum ex Antonino et Andreana iug. Campailla, cui impositum
fuit nomen Thomas, Ioannes. Patrini fuere D.nus Ioannes Grimaldi et D.na
Antonia Gar. [...]”. Tommaso Campailla nacque dunque a Modica** il 7 aprile
del 1668, da Antonio e Adriana Giardina1 . La casa del
Campailla era situata nel quartiere soprastante la chiesa di S. Pietro,
all’ombra della rupe del Castello2 e ciò fa pensare ad una
antica presenza nella città della famiglia Campailla; infatti gli antenati del
padre, da Scicli erano venuti a Modica nel ’5003 . La famiglia
appartenne al ceto patrizio4 e fu in diretto rapporto con le
maggiori famiglie locali come dimostra il fatto che padrino del Campailla fu un
Grimaldi.
Tra ’600 e ’700 nella Contea di Modica il patriziato – il ceto dei
Cavalieri – rappresentava un ceto estremamente vario al suo interno, che
annoverava sia famiglie di medi e grandi proprietari terrieri, sia famiglie che
avevano accumulato notevoli ricchezze attraverso il commercio, e che godevano
di ‘privilegi’ e di un certo prestigio. Il patriziato, nell’assenza di
orizzonti che mettessero in discussione l’assetto sociale gerarchico, affianca,
negli anni in questione, la nobiltà locale nel governo della Contea, con
l’esercizio di cariche pubbliche. Dal patriziato infatti provenivano
magistrati, funzionari della pubblica amministrazione, professionisti,
ecclesiastici, uomini d’arme5 .
Il padre del Nostro, Antonio, era insignito dei privilegi dei Regi
Cavalieri e della franchigia6 coll’esenzione da dazi e
gabelle. La madre, Adriana Giardina, era imparentata con nobili famiglie
locali. Secondo la tradizione, morta prematuramente la madre, il giovane
Tommaso sarebbe stato allevato dalla nonna paterna, Donna Tommasa Arezzo7 .
Non sarebbe azzardato dire che nella vita familiare del giovane Tommaso sono
presenti, fin dalla più tenera età, le condizioni per l’insorgenza di
conflitti, frustrazioni, trasferimenti compensativi, che spiegherebbero tanta
parte della sua adolescenziale indolenza (che si tramuta in disinteresse per
gli studi nei primi anni), dell’ipocondria* , della bizzarria
di tanti comportamenti (che hanno fatto la felicità di alcuni suoi biografi).
Secondo la tradizione il giovane Tommaso parve nella prima infanzia di
ingegno tardo e di costituzione gracile e malaticcia, tanto che il padre
avrebbe preferito educarlo in campagna, all’aria aperta, piuttosto che
indirizzarlo agli studi. Vera o meno tale affermazione, riteniamo che comunque
ambiente familiare (ricco di tradizioni culturali, politiche e gentilizie) e
contatti sociali non potevano non garantire aperture ed interessi culturali, in
una città che offriva di per sé molteplici occasioni e stimoli intellettuali.
2. I decenni del ’600 e del ’700, in cui T. Campailla visse ed operò,
costituiscono infatti un periodo particolarmente intenso nella vita
culturale della Città, che, specie nei primi anni del ’700, appare aperta
ad influssi e rapporti culturali diversi, esprimendo una vitalità che si
dispiegò in modo ininterrotto (nonostante gravi fratture come il terremoto del
1693 e l’epidemia del 1709) e dinamico.
Un significativo influsso europeo si avverte negli anni della ricostruzione
dopo il terremoto del 1693. Lo sforzo della ricostruzione indusse infatti ad un
lavoro di documentazione che parallelamente produsse un’ampia importazione e
circolazione di idee nell’isola. Storici dell’arte hanno rilevato un preciso
rapporto con orientamenti architettonici europei, riscontrando forti analogie
tra le chiese barocche del Val di Noto e chiese tedesche e austriache8 .
Ciò si spiega col fatto che trattati di architettura tedesca e italiana (ad
esempio quelli di J. B. Fischer o del Borromini), come anche incisioni di
cattedrali tedesche ed europee, erano presenti nelle Biblioteche siciliane di
Ordini religiosi; e col fatto che architetti del Val di Noto studiarono e si
formarono in Germania.
Ben più determinante fu l’influsso culturale esercitato da uno dei maggiori
centri di cultura dell’isola in quegli anni: Messina. Quello della cultura
messinese con Modica (e, come vedremo, con Campailla in particolare9 )
è un legame molto intenso. Dal 1704, subito dopo la condanna del Conte
Almirante Giovan Tommaso Enriquez da parte del Supremo Consiglio dello Stato di
Castiglia, la Contea (sia pur per un breve periodo) si troverà
amministrata, per quanto si riferiva
all’Erario, dalla Real Giunta di Messina10 . In questa fase si
infittiscono* i contatti con la Città dello Stretto, lodata
dal Campailla nell’Adamo, VIII, 54. Da Messina provengono innanzi tutto
gli influssi del pensiero innovatore. Messina aveva rappresentato, anche dopo
la repressione spagnola e la chiusura dell’università (1678), un elemento
propulsore della politica culturale nell’isola, impegnata anche in reazione
all’aristotelismo dei gesuiti. Figure chiave della cultura messinese erano
stati i mecenati Ruffo e Prescimone, nobili “progressisti”, filofrancesi,
giansenisti; per volontà del primo, in particolare, erano stati chiamati
all’Università di Messina scienziati di prim’ordine come G. A. Borelli,
Marcello Malpighi, Domenico Bottone (non a caso tutti neoterici e attivi
– soprattutto Borelli – in occasione dei movimenti di rivolta antispagnola).
Dominante apparirà in Campailla – come ha osservato Giarrizzo11
– l’urgenza di ripercorrere le sperimentazioni e le riflessioni del ‘messinese’
Borelli; numerosissime sono le citazioni di novatores messinesi (da
Borelli a Malpighi) che ricorrono nel De epidemica lue di Francesco
Matarazzo. Ed a Messina aveva studiato medicina il padre di questi, Diego12 ,
allievo di Domenico Scala. Notevole sia quantitativamente che qualitativamente
è, poi, la presenza a Modica di argentieri messinesi e di opere d’arte
provenienti da Messina in questi anni13 . Attraverso l’ambiente
messinese inoltre si avviava un legame con la cultura napoletana, documentato
non solo dal rapporto epistolare di Campailla con Nicola De Martino
(newtoniano, professore di matematica all’Università di Napoli, a cui sono
dedicati le Considerazioni sopra la fisica di Newton, in due dialoghi)
e dal fatto che lo stesso De Martino curò l’edizione (rimasta incompiuta)
delle opere del matematico modicano Gerolamo Settimo; ma anche dal fatto che
non poche opere di autori della Contea vengono pubblicate in Napoli14 ;
inoltre diversi medici modicani avevano studiato o si erano perfezionati
proprio a Napoli. A Napoli studiò pure il catanese Agostino Giuffrida che sul
finire degli anni trenta sarà in contatti epistolari con Campailla15 .
Questi influssi culturali sarebbero caduti nel vuoto se nella capitale
della Contea non vi fosse stato un terreno culturale fertile e pronto a
recepirli. L’esistenza di questo ambiente è connessa anche (ma non solo) con la
presenza a Modica di una amministrazione di fatto autonoma, di tribunali, di
biblioteche, di scuole.
Le istituzioni scolastiche, operanti a Modica alcune già da
qualche secolo, erano rette da Religiosi, ed aperte, in quanto scuole ‘urbane’ (e
non monastiche), anche a giovani laici, assicurando pertanto l’istruzione
inferiore e superiore. Presso le famiglie nobili (qui come altrove)
era invalso tuttavia l’uso, per le scuole primarie, di precettori privati.
Erano attivi lo Studium di filosofia e teologia dei Carmelitani, presso
il convento di S. Maria dell’Annunziata o del Carmelo; l’Amplissimum Studium
dei Minori Osservanti, presso il Convento di S. Maria del Gesù; la scuola
dei Domenicani, nel Convento di S. Domenico (sede anche del tribunale
dell’Inquisizione); forse anche quella degli Agostiniani, presso il Convento di
San Marco. Fino al grado universitario giungeva il Collegium Mothucense
degli Studi Secondari e Superiori, fondato nel 1629 e retto dai Gesuiti* .
Oltre ai corsi di studio regolari si svolgevano, forse per iniziativa di
mecenati16 , veri e propri seminari di studi, come quello di medicina
tenuto negli anni ’80 del ’600 da Diego Materazzo, per cui “molti
giovani che volevano studiare la medicina vollero essere da lui istruiti e
guidati, anche dai paesi vicini correvano a lui degli allievi. Così ampia
scuola di medicina da lui si stabilì in Modica ed una colonia di medici, che
camminavano sopra i suoi princípi”17 .
Ciascun convento possedeva una propria biblioteca: particolarmente
rilevanti erano quella dei Padri Cappuccini, composta di più di 6000 volumi che
nel 1877 furono classificati ed ordinati dal bibliografo Giuseppe M. Mira (oggi
quel che ne resta fa parte del patrimonio librario della Biblioteca Comunale di
Modica) e quella dei Gesuiti, composta di circa 3500 volumi18 .
Fra le biblioteche private notevole dovette essere quella della famiglia
Grimaldi19 , con cui il Campailla ebbe strette relazioni.
3. La tradizione è concorde nell’affermare che intorno ai dodici anni
Campailla cominciò a manifestare “brama vivissima di apprendere”,
volgendosi con “intelletto assai penetrante” allo studio. E’ presumibile
che il giovane Tommaso frequentasse inizialmente qualche scuola, sotto la guida
– secondo G. Trieste e Bovio – di mediocri maestri “presso de quali però
lasciossi, per l’acutezza del suo intendimento, tutti gli altri condiscepoli
lunghissimo tratto addietro”20 . A questo punto dovette
procedere da autodidatta, pur mantenendosi sempre in contatto con maestri,
intellettuali ed istituzioni scolastiche e culturali della Città, se “si
procurava i libri più celebri da ogni parte o dalle Biblioteche della città, o
in prestanza dagli amici letterati” 21 . Studiò – dice il
Mongitore – la filosofia aristotelica e scolastica, l’aritmetica, la retorica
(intesa sia come studio delle norme che regolano l’elaborazione del testo
letterario, sia come studio storico della letteratura22 ), la
teologia, l’astronomia ed anche l’astrologia. Tenendo conto del patrimonio
librario delle principali biblioteche cittadine, possiamo circostanziare queste
affermazioni, dicendo che – per quanto concerne la filosofia – è possibile che
Campailla conoscesse opere di Tommaso d’Aquino, Scoto, Suarez, De Lugo,
Sanchez, Bellarmino, Caietano presenti nella biblioteca dei Gesuiti, che
offriva un orientamento filosofico di tipo scolastico (interessante è pure la
presenza, presso la medesima biblioteca, di sette fascicoli della Galleria
di Minerva, usciti fra il 1696 e il 1722, che pubblicava estratti di opere
letterarie e scientifiche europee, e che è pertanto indice dell’attenzione al
moderno dibattito culturale europeo). Limitata all’ambito dell’aristotelismo e
dell’agostinismo appare la biblioteca dei Padri Cappuccini, mentre una certa
apertura alle moderne correnti filosofiche sembra caratterizzare la biblioteca
privata dei Grimaldi. Per quanto riguarda la medicina23 ,
Campailla dovette frequentare i corsi tenuti a Modica da Diego Materazzo e
dovette conoscere lo Universae Medicinae Compendium (e le altre opere),
che questi aveva scritto per gli allievi della sua scuola24 .
Prima della conversione al cartesianesimo nella formazione di Campailla trovano
dunque posto i classici italiani e latini, Aristotele, i Padri della Chiesa, i
filosofi Scolastici, auctores confermati tra l’altro anche dalla lettura
dei Vagiti della penna25 .
Nel 1684 il padre lo inviò a Catania per studiarvi Giurisprudenza (fu
quella l’unica occasione in cui C. si allontanò dalla città natale): forse in
vista dell’attività di giureconsulto presso le corti giudiziarie di Modica26 .
Ma Tommaso vi rimase per poco tempo, ritornando a Modica nel 1685
(probabilmente a causa della morte del padre, avvenuta in quell’anno, che lo
lasciava libero di sé e amministratore di un discreto patrimonio) senza aver
conseguito il titolo di studio e sempre più preso dai suoi studi letterari e
filosofici. Questa esperienza non lasciò alcuna traccia nello sviluppo
successivo del suo pensiero. Contemporaneamente in questi anni Campailla si
dedica ad una produzione poetica di gusto barocco e secentista, andata in parte
perduta.
Campailla non seguì dunque, a livello superiore, un corso di studi
regolari: nella sua formazione, disorganica ma pur sempre in linea con quella
tradizionale, dovettero contare maggiormente i frequenti incontri – peraltro
meno vincolanti di una formazione scolastica regolare – con gli intellettuali
locali dell’Accademia modicana27 o con i padri gesuiti del Collegium
Mothucense, o ancora quelli saltuari e casuali con i dotti forestieri
(italiani e stranieri) che numerosi giungevano nella capitale della Contea
(particolarmente importante fu quello avvenuto nel 1693: vedi oltre). Questi
ultimi, in particolare, contribuivano certamente all’innesto o alla diffusione
di idee e conoscenze moderne in un tessuto sociale e intellettuale compatto
(seppur variato al suo interno), come quello modicano28 . Qui
Minori Osservanti, Domenicani, Gesuiti, Carmelitani, Cavalieri Gerosolimitani,
teologi, filosofi cartesiani e filosofi aristotelici, medici, letterati si
trovano a convivere29 , costituendo una vera e propria classe
di dotti, che, mentre accoglie impulsi dall’esterno, dà vita a sua volta a
prodotti culturali propri; in questo ambito non si negavano, da parte di
maestri, illuminazioni culturali a giovani intellettuali.
Nel 1693, l’anno del disastroso terremoto che sconvolse il Val di Noto,
Campailla ebbe un incontro, decisivo per l’evoluzione del suo pensiero, con un
non meglio precisato filosofo cartesiano30 , che lo introdusse
alla filosofia di Cartesio. Inizia così per Campailla un quindicennio di studi
filosofici e scientifici condotto sulle opere di Cartesio e dei cartesiani, le
cui risultanze si convertiranno in risultati estetici con la pubblicazione de L’Adamo
(1709).
4. Nel 1694 Tommaso Campailla sposò – vincendo, secondo la tradizione, la
propria misoginia31 – Antonia Giovanna Leva e Lionfante32
(morta prima del 1715) da cui ebbe un figlio, Raffaele. Nel 1715 sposò in
seconde nozze Rosa Morando33 , anch’ella vedova.
Religiosissimo, condusse un’esistenza piuttosto appartata e dedita
prevalentemente allo studio; fu precettore dei figli del Principe Enrico
Grimaldi (Giovanni e Girolama) e della famiglia Arezzi34 .
Negli anni in questione la sua famiglia godeva di condizioni economiche
relativamente modeste, che si andarono progressivamente assottigliando sia
perché Campailla non fu per nulla versato nel “maneggio degli affari”
(Trieste e Bovio), sia perché giungeva ad indebitarsi per acquistare i libri.
I biografi riportano poi vari aneddoti circa la sua ‘stravaganza’ e
‘bizzarria’, talvolta collegata all’aspetto deforme35 :
ipocondriaco, da novembre a giugno stava nel suo studio, riscaldato da un
braciere che ardeva notte e giorno, sicché gli amici che andavano a trovarlo,
non reggendo la temperatura altissima che ivi si creava, gli parlavano da una
stanza accanto; in estate andava in giro, sempre vestito pesantemente, per la
città in portantina perché temeva, camminando, di spezzare ad ogni passo
l’equilibrio della sua macchina corporea; teneva un singolare regime
alimentare, sforzandosi di vomitare i cibi mal digeriti36 . A
questi elementi il Guastella aggiunse la testimonianza della tradizione
popolare, nel cui ricordo il Campailla era ancora vivo ai suoi tempi (premoniti
di morte tratti dalla dolcezza del canto per una giovane contadina, guarigioni
miracolose, terremoti artificiali, devozione vivissima e superstiziosa per
l’arcangelo Raffaele)37 . Nella tradizione popolare Campailla
viene “rappresentato come alcun ché tra lo stregone e il santo” 38 ,
ovvero “a metà strada tra Galilei e Cardano”.
Ritengo che in questa aneddotica vi siano, quando non addirittura vere e
proprie invenzioni, delle palesi esagerazioni. Tuttavia questi elementi si
radicarono talmente nella tradizione su Campailla che non possiamo tacerli; li
accogliamo cercando di cogliere il nucleo storico su cui certamente si basò e
concrebbe tale tradizione: Campailla fu certo un personaggio singolare, nel
fisico come nella mente; questa sua complessiva diversità, unita all’alone di
rispetto e mistero, che presso il ‘volgo’ avvolge l’uomo di scienza, avrà
contribuito a creare nella fantasia popolare il mito del santo-stregone. Del
resto, che non fosse del tutto burbero né stravagante è prova la sua attività
pedagogica, la serietà intellettuale, la sua prolungata attività
politico-amministrativa, la sua pietas di medico.
Partecipò infatti per lungo arco di tempo all’amministrazione della cosa
pubblica. Abbiamo allo stato attuale ben pochi documenti e notizie che ci
permettano di capire che senso abbia avuto la sua partecipazione alla vita
politica della città. Sappiamo che venne chiamato, probabilmente per le sue
doti intellettuali e per la sua appartenenza al patriziato, a ricoprire la
carica di Magistrato Municipale39 , incarico che svolse per
ventiquattro anni di seguito40 . La sua attività politica
dovette iniziare sul finire degli anni novanta, visto che il Renda41
pone Campailla tra coloro che, dopo il terremoto del 1693, deliberarono la
ricostruzione della città nello stesso sito. Schivo e restio, rifiutò di far
parte di una missione diplomatica, quale rappresentante della Capitale della
Contea, nel 1713 alla incoronazione di Vittorio Amedeo II di Savoia a re della
Sicilia. Campailla rifiutò, adducendo come motivi la sua malferma salute e il
timore di ammalarsi durante il viaggio42 . I biografi notarono
del resto la poca coerenza in fatto di orientamenti politici generali: infatti
nel 1716 magnificava negli Emblemi il re Sole Luigi XIV e lo pregava di ristabilire
la pace tra i príncipi cristiani e muovere così in guerra contro i turchi; nel
1728 dedicava a Carlo VI, imperatore d’Austria e re di Napoli e Sicilia, l’Adamo;
nel 1738 gioiva delle nozze di Carlo III di Borbone con Maria Amalia Walburg43 .
5. Campailla diede impulso alla innovazione della cultura locale.
Caratterizzata, come abbiamo visto, dall’assenza di conflitti politici e
culturali tra intellettuali di varie tendenze (cartesiani*** e
aristotelico-scolastici). Essa si avvia con Campailla verso una aperta ma
moderata opposizione all’aristotelismo filosofico44 . Con i
professori del Collegio, in particolare, non sussiste mai – come altrove – un
conflitto: prova ne sia il fatto che le posizioni dei Gesuiti verso Campailla
furono improntate a grande rispetto ed apprezzamento, come nel caso di Michele
Romeo da Marsala45 , o di Gerolamo Ragusa46 , o
ancora di Francesco Sammartino, che del Campailla effettuò l’orazione funebre;
al gesuita Giacinto Lorefice Campailla dedica il sonetto XXXV degli Emblemi.
Ciò potrebbe spiegarsi pure con la moderata apertura ai nuovi orientamenti
culturali da parte dei Gesuiti modicani; ma anche con la saggia politica
svolta dal principe Grimaldi47 . Va peraltro rilevato che i
Cartesiani in Sicilia godevano di prestigiose amicizie. In particolare
Campailla godette del patrocinio e del mecenatismo del barone Francesco Bonanno
del Bosco48 , e a partire dagli anni venti del messinese
Giuseppe Prescimone49 . Buoni furono anche i rapporti con gli
Officiali del Tribunale modicano dell’Inquisizione: nei Vagiti è lodato
ad es. Don Felice Celeste50 commissario del Santo Uffizio a
Modica e Diego Matarazzo51 (padre di Francesco) che fu “ex
familiaribus inquisitionis”52 . Campailla, del resto,
compose L’Apocalisse dell’Apostolo Paolo anche per confutare i
quietisti. Analoghi sbandamenti dottrinali infatti circolavano anche a Modica:
sappiamo dal Villabianca – citato da Sciascia53 – che un certo
Don Mariano Crescimano, benedettino, intorno al 1735 aveva partecipato al
movimento ereticale degli ‘Alumbrados’ (quietisti) ed “aveva fatto proseliti”
nel monastero modicano delle Benedettine, divenuto focolaio di irradiazione di
quell’ ‘eresia’. In quella occasione cinque persone furono segnalate
all’Inquisizione, fra cui Rosario Castro, prevosto della Collegiata (di S.
Giorgio?) di Modica.
6. Per comprendere la portata della innovazione svolta da Campailla
e dai cartesiani modicani (il Matarazzo e in certa misura il Moncada, il Grana,
il Pluchinotta) occorre individuarne il ruolo svolto all’interno
dell’Accademia modicana detta ‘degli Affumicati’. Non molto si
conosce di questa Accademia54 . Col materiale che abbiamo a
disposizione possiamo affermare che, sebbene il Carrafa affermi la presenza,
già ai suoi tempi, di una ‘Accademia modicana’, quella propriamente denominata ‘degli
Affumicati’ pare sia stata fondata intorno al 1670 come attesta il Quadrio
(1673) e come si desumerebbe da un documento del Renda (che addirittura fissa
la data del 16 agosto 1670 per la sua prima sessione)55 .
Ritengo che si possano individuare, tra la fine del ’600 e la prima metà
del ’700, due momenti di attività e di sviluppo nella vita
dell’Accademia. Va precisato tuttavia che l’accentuazione di un tipo di
attività sull’altra non è da intendersi in senso esclusivo e totalizzante:
un’attività scientifica svolse infatti Diego Materazzo con i suoi insegnamenti
di medicina, durante la prima fase; viceversa, nel contesto della fase
‘scientifica’ possiamo porre l’attività letteraria, testimoniata da ‘La Dama
in Parnaso’ di Girolama Grimaldi. Sarebbe, del resto, schematico ridurre la
complessità dell’espressione umana secondo partizioni statiche e ben definite.
Il primo momento è quello dell’attività prevalentemente
letteraria e poetica. L’Accademia fu denominata ‘degli Affumicati’,
ed ebbe per insegna uno sciame d’api affumicate innanzi l’alveare perché,
secondo l’abusata metafora delle api, “ai letterati si conviene l’allegoria
delle pecchie, le quali traendo dai fiori il più soave succo, lo convertono in
dolce ed utile liquore”56 . Questa attività si svolse fin
verso la fine del Seicento. Per avere un’idea del tipo di attività svolta
dall’Accademia in questa sua prima fase, ritengo rivelatrice una ricognizione
de I Vagiti della Penna. L’opera – ancora manoscritta – contiene infatti
non solo componimenti del Campailla, ma anche rime di corrispondenza di altri
Accademici; di riflesso informa su pubblicazioni di membri dell’Accademia, su
occasioni culturali esterne all’Accademia, sulla linea politico-culturale della
stessa. Una sommaria analisi consente di individuare le forme, i contenuti, i
modi della attività dell’Accademia in questa prima fase. I componimenti poetici
sono riconducibili a due tipologie: componimenti brevi (per la quasi totalità
sonetti) di argomento vario; discorsi accademici in versi, più lunghi,
consistenti in vere e proprie dispute su un argomento proposto e difeso pro
et contra da Accademici.
a) Componimenti brevi, che si possono raggruppare in vari
generi: componimenti relativi alla vita culturale e pubblica della città57 ;
componimenti legati alla vita e alla attività dell’Accademia58 .
La maggior parte dei componimenti brevi sono però elogi di potenti e nobili
locali. Accanto ad elogi in forma tradizionale compaiono forme più originali e
astruse – barocche, appunto – come imprese, anagrammi, allusioni figurate; da
questi proverrà l’idea e il piano degli Emblemi.
b) Discorsi Accademici in versi. Ne abbiamo due del Campailla: nel
primo (Carta 38b- 53a) “... si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo
nella perdita di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella”; l’avversario
è Don Angelo Arezzi. Il secondo Discorso accademico (Carta 97a - 108b)
si articola in tre punti, difesi rispettivamente da Don Erasmo Assenza, Don
Angelo Assenza e dal Campailla.
Per i contenuti e i modi della poetica accademica, sono fondamentali gli
argomenti sacri; in secondo luogo l’amore59 ; minore spazio è
dato ad argomenti storici o mitologici. I modi in cui questi argomenti sono
trattati sono quelli della poesia barocca e secentista, con particolare
attenzione alle metafore, alle arguzie concettuali e semantiche, alle
inversioni60 .
Un rapido censimento dei membri noti evidenzia la composizione sociale dell’Accademia61 :
su una cinquantina di nomi prevalgono i signori Don (cioè i
rappresentanti del patriziato minore: circa il 50%); sette baroni; sei
religiosi; quattro medici di cui due protomedici (quindi legati al pubblico
potere) e tre dottori in legge. In sostanza si tratta di un gruppo di
intellettuali organici alla classe dirigente, borghesi o nobili, laici o
religiosi assai coeso al suo interno, la cui attività si esplica spesso
nell’amministrazione e nel governo della Contea.
Il secondo momento è quello segnato soprattutto dall’attività
scientifica. Il nome viene mutato in quello di ‘Accademia degli
Infuocati’ 62 . L’emblema degli Infuocati “fu un rogo
acceso a cui sovrasta una fenice, alludente al sacro fuoco di cui debbono
accendersi gli accademici poeti” 63 .
L’asse delle discussioni si sposta ora verso una problematica filosofica e
scientifica. I membri sono quasi tutti medici e filosofi (F. Materazzo, Grana,
Moncada, Denaro, Pluchinotta, etc...)64 . Un ruolo
determinante in questo cambiamento dovette avere lo stesso Campailla,
‘convertito’ al cartesianesimo, che fece dell’Accademia la fucina di ingegnosi
esperimenti chimico-fisici65 ; possiamo anzi ipotizzare che
questo mutamento coincise con l’elezione di Campailla a ‘custode’
dell’Accademia66 intorno ai primi anni del Settecento. In
questa fase l’Accademia, smessi i panni del cenacolo di intellettuali che si
diletta di giochi poetici, acquisì la coscienza della utilità sociale della
scienza: la stessa natura dei problemi affrontati denota un interesse per questioni
legate all’economia e alla cultura locali; infatti un posto di riguardo vi
occupa il problema della fermentazione67 , quello dei morbi
epidemici68 , e della sifilide69 .
A questa fase occorre ascrivere anche il magistero di medicina da parte del
Campailla e la sua pratica delle autopsie, testimoniata da F. Materazzo70 ,
continuando così la tradizione della Scuola medica modicana, la cui
attività71 nella prima metà del Settecento si inserisce a
pieno titolo nel movimento di innovazione della cultura scientifica locale,
avviato con l’Accademia degli Infuocati. Connesse con l’insegnamento nella
Scuola Medica dovettero essere la ricerca scientifica e l’attività di medico
(spesso riduttivamente ascritta alla sola cura della lue).
Fornito di una notevole conoscenza della letteratura medica antica e
moderna, Campailla appare sorretto da un robusto senso della prassi, che lo
porta spesso ad anteporre i risultati, comunque raggiunti, alla loro
giustificazione razionale72 . Una analisi anche approssimativa
delle opere collegate al suo sapere medico, denunzia la complessità delle sue
conoscenze nonché la modernità degli atteggiamenti verso determinate malattie (in
primis la sifilide73 e la follia), per altri invece
oggetto di imbarazzanti silenzi perchè socialmente infamanti o pericolose. Tale
atteggiamento in Campailla non era né scontato né naturale, anzi contrario allo
spirito del tempo, specie per quanto riguarda la follia74 . Ed
è in questa sua pietas che cogliamo l’alta coscienza della sua
professione di medico, instillata in lui dal Matarazzo.
L’attività svolta quindi dalla Scuola Medica Modicana, come pure gli
esperimenti condotti presso l’Accademia modicana costituirono una innovazione
rispetto all’insegnamento impartito nel collegio dei gesuiti75
che insegnavano medicina teorica ma, presumibilmente, non anche chirurgia.
Operazione, dunque, non di poco conto, in quanto si trattava di agire sulle
direttrici di ricerca di un gruppo di intellettuali in cui si amalgamavano
prospettive tradizionali con spinte innovatrici. Il Campailla dovette valersi
del consenso di altri cartesiani modicani come soprattutto il Matarazzo, il
Moncada e per certi versi anche il Grana (buon conoscitore di Galileo e
Gassendi), oltre alla protezione e benevolenza dei Grimaldi, e all’obsequium
verso Mecenati organici alla classe dirigente o alla stessa Inquisizione,
alcuni dei quali membri, essi stessi, dell’Accademia****.
Questa, peraltro, era apprezzata anche ufficialmente in Città: da un
sonetto, a c. 54b dei Vagiti, si evince che ricevette la visita del
capitano della città, Don Blasi Salemi; mecenate dell’Accademia fu per qualche
tempo il Celeste, commissario del Santo Uffizio a Modica. Un considerevole
numero di accademici modicani, inoltre, faceva parte anche dell’Accademia dei
Geniali: Francesco Matarazzo, Giuseppe Moncada, Girolama Lorefice Grimaldi,
Giuseppe Orazio Denaro, Giovanni Fazio, oltre allo stesso Campailla.
L’Accademia modicana tenne vivi i contatti con altre accademie presenti
nella Contea: così, ad esempio, rileviamo che in un sonetto dei Vagiti
(a Carta 73a.) Campailla si congratula col “sig. Don Giuseppe Celeste per
essere stato eletto Principe nell’Accademia di Scicli” dei Redivivi76 .
Per il momento politico dell’Accademia, si registra che nel 1720,
quando la Sicilia passò sotto l’impero austriaco, l’Accademia di Modica guardò
con favore a Carlo VI d’Asburgo, considerato un monarca riformatore (non tale,
però, da turbare consolidati equilibri politici e l’assetto stesso della
Contea, che viene anzi ripristinata da tale Sovrano nel 1729).
Una valutazione dei frutti dell’attività dell’Accademia e, in essa,
di T. Campailla, implica una lettura della produzione scientifica (ed un
confronto sincronico con altre spiegazioni scientifiche coeve): cosa che esula
dagli intenti del presente studio.
Ma, al di là della ricerca di Nomi di grande influsso e di risultati non
certo dirompenti, abbiamo potuto rilevare la consonanza col ‘sentire’ del tempo
e l’intensità di vita culturale da parte di un tessuto qualificato di Studiosi
(e pure di Donne) nel contesto della vita della Contea di Modica. E Campailla
emerge come animatore e a tratti coordinatore di un alto dibattito, cui Egli
afferisce un contributo tendente a rinnovare, con concretezza operativa e senso
di responsabilità, modalità di ricerca scientifica e contenuti culturali.
7. Concludiamo con un cenno sulla fama del Campailla. Gli anni in
cui, anche fuori dalla Sicilia, l’opera del Campailla fu maggiormente fruita –
anche se il suo successo fu limitato e non tale da costruire la base di una
ulteriore dilatazione – coprono il terzo decennio del XVIII secolo.
Segni tangibili della sua notorietà furono le ascrizioni ad Accademie
locali e nazionali. È documentato che Campailla fu socio, oltre che
dell’Accademia degli Infuocati, dell’Accademia palermitana dei Geniali77 ;
dei Pastori Ereini78 , del Buon Gusto79 , degli
Assorditi di Urbino80 , degli Arcadi81 . Priva
di fondamento è l’indicazione che il Sinesio stampa sul frontespizio
dell’Apocalisse (1784), secondo cui appare Campailla fellow della Royal
Society: il suo nome non compare mai negli elenchi relativi tra il 1709 e il
1741, anche se recentemente l’epistolario del Campailla si è arricchito di una
lettera, sfuggita al Sinesio, inviata dal Campailla alla Royal Society82 ,
che documenta l’esistenza di rapporti tra Campailla e la Royal Society, già
prima che il modicano facesse la conoscenza del Berkeley.
Fu elogiato per il suo scritto su Newton dal Fontenelle e tenne
corrispondenza con George Berkeley83 . Le sue opere, recensite
su le Novelle Letterarie della Repubblica di Venezia84 ,
erano state accolte e lodate, oltre che in Sicilia85 , a Milano86 ,
Lucca87 , Pisa88 ; Roma89 ;
Napoli90 , ma soprattutto a Modena con L. A. Muratori91 .
Se a ciò aggiungiamo la testimonianza del Sinesio stesso, che, cresciuto a
Torino, aveva già da ragazzo conosciuto l’Adamo del Campailla, avremo
delineato una immagine oggettiva della fama che riscosse l’opera del Campailla.
Le sue dottrine tuttavia non suscitarono discussioni negli ambienti della
cultura italiana92 anche a causa della preminenza data agli
aspetti letterari della sua opera, e del retaggio in questi del tanto
vituperato secentismo: Giuseppe Baretti scrivendo al fratello Amedeo, in una
lettera del 29 agosto 1760, coglieva i limiti di un’opera come l’Adamo,
che non trovò consenso tra i lettori, perché “istruiva solamente”93 .
Ancora nel 1825 il viaggiatore inglese sir Richard Colt Hoare regalò l’edizione
delle opere di Campailla e i libri del Mongitore a quello che oggi è il British
Museum94 .
L’opera di Campailla fu successivamente avvolta dall’oblìo.
A Lui fu intitolato, nel 1877-78, il Liceo classico di Modica.
Morì di attacco apoplettico nel 1740. L’orazione funebre fu fatta in Modica
dal gesuita Francesco Sammartino95 . Fu commemorato in Palermo
nell’Accademia del Buon Gusto dal padre scolopio Melchiorre da S. Antonio96 .
Il Muratori nell’opera Della forza della fantasia umana con sincera
stima ne considerò la morte “una gran perdita per la Repubblica Letteraria”97 .
Fu sepolto nella chiesa di S. Giorgio in Modica, ove fu posta, ad un secolo
dalla morte, una lapide98 con la seguente iscrizione:
Thomae Campaillae
patricio Muticensi,
viro ingenii, doctrinae,
humanitatis laude prestanti,
qui omnia fere scientiarum
arcana
per seipsum edidicit,
perlustravit,
philosophiam poesi scito
connexuit,
Academiam patriam instauravit,
in exteras plerasque adscitus,
editis in lucem voluminibus
rem litterarum publicam locupletavit;
omnibus denique carus,
fato cessavit VII id. Febr.
MDCCXL, annos natus LXXII.
Huic tanto tamque praeclaro
civi
Josephus Campailla nepos,
grati memorisque animi
monumentum anno MDCCCLVIII
posuit.
Bibliografia sull’ambiente culturale a Modica fra ’600 e ’700:
AMICO V. M., Lexicon
Topographicum Siculum, trad. Di Marzo G., Palermo 1855-6; rist. a cura
della Regione Siciliana, ibid. 1969; VENTURA F., Cenni storici sulla città
di Modica, Palermo, Meli, 1852; GRANA SCOLARI R., Cenni storici sulla
città di Modica, Modica, Nifosì, 1895; FAILLA F., Contributo alla Storia
della Pubblica Istruzione in Modica, Modica, tip. Maltese e Abela, 1920 [rist.
Modica, Editrice Corriere di Modica 1981]; FRASCA V., I gesuiti a Modica
(conferenza), Palermo, tip. salesiana 1959 [questo Autore è l’unico a
ipotizzare una dipendenza diretta di Campailla dal collegio dei
Gesuiti]; DORMIENTE F., La cultura del ’700 a Modica, tesi di laurea
discussa presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Catania, a.a.
1972-73 (rel. Santi Correnti); DOLLO C., Guastella e la cultura modicana del
settecento, in A.A.V.V., Serafino Amabile Guastella e la cultura contadina
nel modicano; Atti del Convegno, Arch. Stor. Sic. Or., LXXV (1979) fasc. I;
DOLLO C., La ragione signorile nell’etica di Tommaso Campailla, in Siculorum
Gymnasium, n. 2, 1979; G. Finocchiaro
Chimirri, Introduzione a Grimaldi Lorefice G., La dama in
Parnaso, Palermo, Toscano 1723, rist. Tringale, Catania 1983; COLOMBO G., Collegium
Mothycense degli Studi Secondari e Superiori (Modica, 1630-1767; 1812-1860),
Ente Liceo Convitto, Modica 1993.
NOTE
* (Ragusa, 1972). Risiede a Modica,
via Modica-Sorda, Tel 0932/945003.
Ha pubblicato: Produzione
scientifica e letteraria di T. Campailla, in Archivum Historicum
Mothycense, n. 4/1998, e ivi, La concezione di ‘filosofia’ di T.
Campailla; Una lettera inedita a T. Campailla, in Dialogo,
aprile 1999.
** Un quadro generale di Modica – fondato su fonti
documentali e riferito ai primi decenni dell’ ’800, in cui tuttavia permangono aspetti
del secolo precedente – relativo al suo assetto urbanistico e sociale
(‘ritratto’ piuttosto diverso da quello effettuato da S. A. Guastella, spesso
stancamente ripetuto, op. cit., pagg. 21-22), è quello proposto da G. Colombo, Collegium Mothycense degli
Studi Secondari e Superiori (Modica, 1630-1767; 1812-1860), Ed. Ente Liceo
Convitto, Modica 1993, pagg. 177-185. Cfr. anche Editoriale del n.
4/1998 di Archivum Historicum Mothycense, pag. 4, nota 3. (N.d.C.)
(1) E non come dicono il Sinesio, il
Renda, ed altri da un Guglielmo e una Marianna Giardina.
(2) La casa si trovava – e si trova tuttóra – nella Via Pusterla (o Posterla o Posterna),
al numero civico 31, ed è riconoscibile per la sua torretta merlata.
(3) Da Scicli proveniva infatti
Calogero Campailla (1498-1569) antenato del nostro, giureconsulto e poeta,
autore delle poesie “Piacer d’Amanti”. E’ ricordato nella dedicatoria
dell’edizione catanese dell’Adamo (1709).
(4) ‘Patrizio modicano’ è la
denominazione che compare in frontespizio nelle opere di Campailla. Era inoltre
imparentato con la piccola nobiltà locale. L’impresa della famiglia era
un giardino con un fascio di spighe: cfr. Vagiti della Penna, carta 96a.
Della famiglia Campailla parla Jacopo da Mazara ed Echebelz, nella prefazione a
L’Adamo.
(5) Dal ceto dei gentiluomini per
iniziativa dei Conti si sceglievano i più importanti funzionari della Contea:
il governatore, il procuratore (sindaco), l’avvocato del fisco, il maestro
giurato, il portolano, il maestro secreto, il protomedico e il protonotaro, i
magistrati delle varie Corti, compresi i giudici della Gran Corte, il capitano
e il suo consultore. Altri funzionari venivano scelti per libera elezione,
come, dal patriziato, i giurati d’ogni comune e, dai diversi ceti sociali, i
consiglieri comunali.
Sul ruolo e sul contributo del patriziato nella vita
della Città e della Contea, cfr. la premessa allo studio di G. Raniolo, Le origini del Casato de
Leva (o Leyva) in Modica, in Archivum Historicum Mothycense,
n. 4/1998, pag. 45. Sull’accezione di ‘privilegio’, non necessariamente
negativa (privilegio ‘ingiustificato’) in considerazione anche della sua
estensione non soltanto al ceto dei ‘gentiluomini’, cfr. G. RANIOLO, Introduzione
alle consuetudini ed istituti della Contea di Modica, Ed. Ass. Cult.
Dialogo, Modica 1987, vol. 2, pagg. 13-82.
(6) Cfr. Modica, Archivio di Stato (A.S.M.),
Arch. Contea, vol. X di Lettere, cit. da RANIOLO G., Introduzione alle
consuetudini…, cit., vol. 2, pag. 80.
(7) La notizia è riportata dal
SINESIO, op. cit., p. XXVIII. Il Guastella, che la riteneva infondata,
considerava decisiva la testimonianza dell’atto di matrimonio del Campailla, da
cui credeva di poter dedurre la presenza della madre fra i testimoni presenti.
In realtà il passo in questione, di malagevole lettura, non si riferisce
alla presenza in loco della donna, che viene citata come matronimico per i
due contraenti il matrimonio.
* …ossia, della costante
apprensione di C. per la propria salute, con connessi disturbi gastro-epatici.
(8) In particolare lo storico
dell’arte P. Nifosì ha fatto osservare stringenti analogie tra la chiesa
modicana di S. Giorgio e due chiese di Dresda e di Praga. Cfr. NIFOSI’ P. -
MORANA G., La Chiesa di S. Giorgio di Modica, Ediz. a cura della
Provincia Regionale di Ragusa e dell’Archivio di Stato di Ragusa, tip. Motta,
Avola 1996, pag. 11-12; NIFOSI’ P., Rosario Gagliardi nell’area della Contea
di Modica, in A.A.V.V., Annali del Barocco in Sicilia, Ed. Cangemi, Roma,
1996, pag. 66-7; KRAMER A., Rosario Gagliardi e i suoi contemporanei
tedeschi, in Annali del Barocco... cit., pag. 129-39; E. Fidone, La chiesa e il Collegio dei
Gesuiti a Modica: nuovi documenti, in Annali del Barocco… cit, pagg. 91-97.
Anche il ruolo svolto dalla circolazione di incisioni o simili prodotti a
stampa dovette essere notevole, come rileva il DOLLO, La ragione signorile
nell’etica di T. Campailla, in Siculorum Gymnasium, n. 2, 1979, pag.
392.
(9) Oltre al Prescimone, munifico
mecenate che metterà il Campailla in comunicazione col Muratori (cfr: CRISCIONE G., La concezione di ‘filosofia’ di
Tommaso Campailla. Dall’epistolario Campailla - Muratori, in Arch.
Histor. Mothyc., n. 4, 1998, pag. 33-8), messinese fu anche Alessandro
Burgos, vescovo di Catania, amico del Prescimone, elogiato nell’Adamo c.
VIII, 93-5. Il Burgos, con G.B. Caruso aveva combattuto l’uso di applicare i
metodi della scolastica al diritto e alla storia della Chiesa: prova che
Campailla apprezzava i riformatori anche in tali discipline.
(10) RENDA F., op. cit., vol.
I, pag. 111.
* Rapporti privilegiati di
Modica con Messina dovevano essere di lontana data se Placido Carrafa, già nel
1670, ha interesse a pubblicare una storia di Messina: La Chiave d’Italia.
Compendio Historico della Nobile, ed Esemplare Città di Messina…, Venezia,
M. Filippi 1670. (N.d.C.)
(11) GIARRIZZO G., Illuminismo, in
A.A.V.V., Storia della Sicilia, Vol. IV, Società Editrice Storia di
Napoli e della Sicilia, Napoli 1984, pag. 716
(12) Diego Materazzo è figura
sottovalutata. Nato a Modica nel 1642, studiò medicina a Messina con Domenico
Scala, e successivamente si addottorò a Catania in filosofia e medicina.
Ritornato a Modica, vi inaugurò intorno agli anni ‘80 un insegnamento di
medicina che richiamò discepoli anche dai paesi vicini e che costituì il primo
nucleo della “Scuola medica modicana”. Amico dell’Ingrassia, fu
Protomedico Generale della Contea e fu anche ex familiaribus inquisitionis.
Tra le sue opere ricordiamo: De febribus peticularibus malignis et
contagiosis quae anno 1672 per universum Trinacrie regnum debocate fuere,
medica relatio, duodecim problematis controveriis locupletata, Mazzarino
1672 (quest’opera per la morte del Principe di Butera, proprietario della
stamperia, non fu terminata di stampare); De Prolificae eclipsis effectibus
epistola medica, morbi curatione, duobus controversiis et commentatione
locupletata, Napoli, De Bonis 1690 (dedicata al sig. Antonio Settimo barone
di Cammeratini); queste opere sono oggi rarissime. Manoscritti rimasero invece
una raccolta di Epistulae et consultationes medicinales e l’Universae
medicinae compendium. A questi scritti ne vanno aggiunti altri che il
Materazzo produsse in qualità di dilettante di poesia: ricordiamo la Selva
in Parnaso (manoscritto posseduto dal Renda, cfr. Renda, op. cit. pag. 64)
e la Caccia della Verità (citato dal Campailla in un sonetto dei Vagiti:
cfr: Carta 33b, Al sig. Don Diego Materazzo medico eccellentissimo per
la sua opera titolata “La caccia della verità” dove egli si figura col titolo
della canna. Apostrofe alla canna.). Morì nel 1702.
(13) A titolo esemplificativo possono
citarsi l’ostensorio in argento del giovane Filippo Juvarra, conservato nella
chiesa di S. Giorgio e altre opere di argenteria messinese, nonchè una tela di
Agostino Scilla (attrib.) nella chiesa di S. Lucia.
(14) Cfr. MIRA G. M., Bibliografia
siciliana ovvero gran dizionario bibliografico, Gaudiano, Palermo 1875
(rist. Forni, Bologna 1973) vol. I: Giuseppe Celestri (dottore in teologia), Aborto
di filosofia all’inclita reina e Real Maestà della Reina di Svezia, Napoli,
Colicchia, 1676; Diego Materazzo, De Prolificae eclipsis effectibus epistola
medica, morbi curatione, duobus controversiis et commentatione locupletata, ibid.,
De Bonis, 1690; Ignazio da Mazzara ed Echebelz, Dei sudori del Meriggio,
ibid., Troyse e Pietroboni, 1694 (una prima edizione dell’opera era apparsa
sempre a Napoli nel 1692 presso Parrino); Epistole eroiche, ibid.,
Parrino e Muzio, 1692; Euterpe officiosa, odi, ibid., Parrino e Muzio,
1692; Girolamo Ragusa, Siciliae Bibliotheca recens, continens elogia
siculorum, qui nostra, vel nostrorum memoria literarum fama claruerunt ab anno
1500 ad 1700, ibid., 1720; Gerolamo Renda Ragusa, Singulare
iuridico-politicum de filiis sacrilegi legitimati privilegio principis consequi
possunt hereditatum paterna ex testamento, aut aliquo, ex titulo, aut etiam ab
intestato, ibid., 1722; Colletta Ignazio, Discorso sopra l’imprese
dell’Accademia del Buon Gusto, ibid.,1723; Pietro Celestri da Scicli, Motivi
per i quali si giustifica il ricorso presentato al Re dal Capitolo e dai
Parrochi di Palermo contro la prammatica sulla riforma del Lutto, ibid.,
1737; Gerolamo Settimo, Trattato delle unghiette cilindriche, ibid.,
1752; le Epistulae Medicae teraperuticae de purgantium agendi ratione, vi
deleteria, eorumque usu et abusu, (1779) del medico modicano Giorgio
Castagna.
(15) Una lettera inedita di Agostino
Giuffrida è stata pubblicata recentemente in
CRISCIONE G., Una Lettera inedita a Tommaso Campailla, Dialogo,
aprile 1999, pag. 6.
* Lo Studium dei Carmelitani era di orientamento
filosofico sostanzialmente tomistico, e, per la teologia, con connotazioni
proprie della ‘spiritualità’ carmelitana (cfr. in questo stesso fascicolo lo
studio Sulla ‘religiosità’ di T. Campailla…, pag. 112 e nota 28); il grande Studium, o Mothycense
Gymnasium Generale, dei Francescani Osservanti era di orientamento scotista;
la Scuola dei Domenicani era certamente di orientamento tomistico, con una
caratterizzazione, almeno per un certo periodo, di segno bañeziano.
Sulla prestigiosa Istituzione
Scolastica del Collegio
– voluta concordemente dalla
popolazione e dai maggiorenti della Città fin dall’inizio del ’600 – che avvia la propria attività nel 1630 e
forma gran parte della classe dirigente per circa due secoli, e che negli anni
di cui si tratta nel presente studio esercita in pienezza il ‘privilegio’ di
conferire i gradi accademici, rimandiamo al documentato saggio storico di G. Colombo, Collegium Mothycense…,
citato. Cfr. inoltre riquadro in questo stesso fascicolo di Archivum…
(N.d.C.)
(16) “Molto si sentiva allora per
la pubblica istruzione e parecchi cittadini morendo, lasciavano legati…”; GRANA
SCOLARI R., Cenni storici... cit., vol. I, pag. 141.
(17) Cfr. RENDA F., op. cit.,
vol. II, pag. 68.
(18) Conosciamo l’elenco delle opere
presenti nella Biblioteca del Collegio dall’atto notarile di consegna a seguito
della soppressione della Compagnia (1767): Modica, Archivio di Stato,
Arch. Notarile, notaio Orazio Amore, vol. 11 (1778-79), ff. 209-407, Inventarium
omnium mobilium, librorum, cartarium, et aliorum exist. in domo seu in ab.to
Colleg. expulsorum Jesuitorum huius civitatis Mohac [...] 30 settembre
1778. Non è tuttavia da escludersi che al momento di tale consegna (a. 1778)
alcuni libri fossero andati già perduti.
(19) …oggi in parte conservata a
Modica, presso l’Archivio di Stato.
(20) SINESIO, op. cit. XXIX e
XXXI.
(21) SINESIO, op. cit. XXXI.
(22) Manuali di retorica di carattere dilettantistico
venivano compilati anche a cura di dotti locali. Nei Vagiti della penna
a Carta 60a troviamo un sonetto dedicato Al Sig. Barone Don Pietro
Ventura. Per il suo studio incominciato della rettorica. Si
allude al cognome di Ventura; e ancora a Carta 60b un sonetto Per “Il
Prato Rettorico”. Opra del sig. Don Antonino Vitale, dove dispensa un fiore ad
ogni capitolo. Paragone dei fiori di Minerva ai fiori di Flora. È assai
probabile che Campailla ne avesse conoscenza diretta e che anche su di esse,
oltre che sui classici (Aristotele, Cicerone, etc...) conducesse lo studio
della retorica.
(23) Il GRANA SCOLARI, op. cit.,
vol. I, pag. 249, dice che maestro del Campailla fu anche un tal Giovanni
Antonio Scrofani (1605-1681), protomedico della Contea intorno al 1645 e
fondatore di una scuola ippocratica (ma non uno dei componimenti dei Vagiti
è indirizzato allo Scrofani ). Di lui ci dice che, ammogliatosi, abitò in
Scicli, ove nella sua casa creò una Accademia letteraria; studiò matematica ed
astronomia sotto il celebre Odierna; era perito nella Musica e nella poesia. Le
sue opere principali sono: De febri populari quae vagata est per totam
Siciliae regnum anno 1672 (epistola in 8°), Palermo, Pietro Dell’Isola,
1673; scrisse anche della peste a Modica del 1672 e lasciò manoscrtitto un
dramma intitolato Il Sant’Alessio.
(24) Nell’ambito della medicina possiamo
individuare per Campailla un preciso iter formativo che si svolge a
partire dagli anni ottanta e che conosce almeno due momenti. Stando al Renda,
Campailla frequentò i corsi di Medicina tenuti dal Materazzo. Diventa
importante conoscere la sostanza dell’insegnamento del Materazzo per stabilire
in che misura Campailla ne dipese. Possiamo ritenere con il Dollo (Filosofia
e Scienze in Sicilia, cit., pagg. 134 e 215) che questo insegnamento
dovette basarsi sia su autori tradizionali (Ipocrate, Galeno, Celso, Avicenna,
Averroè) e sulla medicina astrologica (che ebbe una parte assai
consistente); sia su qualche autore moderno e sul Fracastoro. Del resto il
Matarazzo aveva studiato a Messina dove fu allievo di Domenico La Scala,
seguace di Van Helmont. In un primo momento Campailla si lasciò irretire dalla
astrologia applicata alla medicina sull’esempio del maestro, che nel 1682 aveva
pubblicato il Prolificae Eclipsis effectibus Epistola Medica (e agli
anni ‘80 risale un’opera di astrologia giudiziaria - arte di leggere il
‘giudizio’ degli astri sulle vicende terrene - del Campailla, andata perduta).
Campailla abbandonerà l’astrologia giudiziaria (come apprendiamo dall’Emblema
CCLXII; anche se qualche perplessità lascia il suo ritorno ad essa nella
seconda serie dei Problemi naturali del 1738) per volgersi allo studio
della filosofia cartesiana intorno al 1695. Il secondo momento
dell’apprendimento medico avviene appunto a partire dagli anni 1693-5 e dipende
dalla sua conversione al cartesianesimo. Se Campailla riesce ad affrancarsi dal
primo insegnamento è proprio grazie a quella rielaborazione critica che è stata
recentemente messa in luce (cfr. G. COLOMBO, Editoriale di Archivum
Historicum Mothycense, n. 4/1998, pagg. 3-12, e ivi il mio La
concezione di ‘filosofia’ di Tommaso Campailla, cit., pagg. 33-38). Del
resto anche la successiva adesione del Campailla ai princìpi del sistema
cartesiano e l’estensione di quelli ad ogni aspetto pratico non sarà passiva ed
acritica, ma anzi personale e funzionale. Il suo processo assimilativo risponde
cioè ad una esigenza interiore che lo porta, mantenendo ovviamente la struttura
portante di un sistema, a ritenerne solo quello che corrisponde al suo percorso
di ricerca, cioè quello che appartiene all’attualità esistenziale delle
situazioni e dei problemi rappresentati.
(25) Nei Vagiti cit. Il Discorso
accademico dove si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo nella perdita
di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella (a carta 38b)
presenta una articolazione interna in capitoli di versi, terminanti con la
citazione di una auctoritas: Ovidio, Metamorfosi; Marsilio
Ficino; Jacob Spigel; S. Paolo, Ai Corinzi; Gregorio, Ep. Ad Cor.; Aristotele;
Isidoro, De summo bono; Seneca; Cicerone, Retorica; Senofonte;
Genesi; Orazio; Dionigi Aeropagita; Augusto; Tibullo. Sebbene il
silenzio su un’opera non sia sempre indice di ignoranza, come del resto la
citazione non sia sempre prova di conoscenza diretta e completa, queste auctoritates
ci aiutano a tracciare una “mappa” ipotetica delle letture del Campailla
negli anni in questione.
(26) Sulle Corti giudiziarie di
Modica (Gran Corte, Corte delle I e II Appellazioni, Corte del Patrimonio,
Corte Capitanale, Corte Giuratoria, altre Corti minori), cfr. G. Modica Scala, I
Tribunali della Contea di Modica, in Archivum Historicum Mothycense,
n. 2/1996, pagg. 5-18.
(27) Questa fitta trama di relazioni è
testimoniata dai Vagiti... cit.
(28) Coesione e compattezza risultano
dimostrate anche dal fatto che l’ambiente culturale e scientifico non solo
risorse, ma addirittura riuscì a rinnovarsi, nonostante si fossero abbattute
sulla città a breve distanza l’una dall’altra il disastroso terremoto del 1693
e la terribile epidemia del 1709, che avevano profondamente minato le strutture
socio-economiche della Contea.
(29) Un dibattito dovette esistere,
qui come altrove, tra le scuole dei diversi ordini religiosi, come anche tra
cartesiani e aristotelici; ma ciò, mantenendosi nei limiti di una disputa tra dotti,
non diede luogo a clamorose rotture, come si può evincere dai Vagiti della
Penna dove sono testimoniati buoni rapporti tra dotti locali di diversa
estrazione culturale.
(30) L’episodio è narrato in una
lettera del nipote, il can. Pietro Campailla, in data 16 luglio 1782 (cit. da
Sinesio). Secondo CRISTOFOLINI P.,Campailla Tommaso, in D.B.I., Roma,
Istituto Enciclopedico Italiano, 1974, vol. XVII, si trattò probabilmente di
Michelangelo Fardella da Trapani. L’ipotesi appare suggestiva e non del tutto inverosimile,
ma al momento non è suffragata da alcun documento. Del resto numerose furono le
personalità anche straniere che giunsero in quell’anno dalle parti della
Contea, o per semplice curiosità scientifica, o per sopralluoghi o per
proggettare la ricostruzione.
(31) Questa tradizione – sconfessata
da ben due matrimoni – si basa su alcuni passi dell’Adamo, riconducibili
ad un preciso topos letterario. Nei Vagiti della Penna abbiamo un
Discorso accademico dove si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo
nella perdita di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella.
Proemio. Carta 38b - 42b. I presupposti sembrano misogini. Si vedano
tuttavia in altro contesto le rime di corrispondenza con la Grimaldi, e, nei Vagiti,
come non pochi componimenti siano dedicati ad una misteriosa B. D. (Bella
Donna). Cfr. anche, in questo stesso fascicolo, G. Colombo, Sulla ‘religiosità’ di Campailla, pag. 116,
nota 48.
(32) …figlia del Barone Fabio,
Capitano d’armi del Val di Noto. Il matrimonio fu celebrato il 24 ottobre 1694.
Modica, Archivio parrocchiale di San Giorgio, Liber coniugatorum, vol.
IV, f. 254.
(33) Questa notizia stranamente è
stata ignorata da tutti i biografi del Campailla, con la sola eccezione dello
Stanganelli (Un poeta e filosofo dimenticato: T. Campailla, in Arch.
Stor. Sicilia Or., XI, 1914), che si limita a riportarla in nota senza però
fornire alcuna indicazione circa le fonti. Pubblichiamo, a conferma della
medesima notizia, un passo inedito che abbiamo rinvenuto presso gli archivi parrocchiali
di S. Pietro in Modica, da cui risulta effettivamente avvenuto tale matrimonio:
“A 29 giugno 1715 il sacerdote Bruno Monaco, con licenza del Parroco,
ricevuto il mutuo consenso congiunse in matrimonio et in casa, in virtù di
lettere della curia arcivescovile di Siracusa a 25 giugno 1715 D. Tommaso
Campailla figlio legittimo e naturale delli illustrissimi signori D. Antonio
Campailla e Donna Adriana Giardina della Parrocchia di S. Giorgio, vid. Rel. Di
Donna Antonia Giovanna Leva, con Rosa Morando, vid. Rel. Del Sig. Giuseppe
Ciaciari, figlio legittimo e naturale delli illustrissimi signori GioBatta
Moranda Frasca olim iug. M. Giardina, della parrocchia di S. Paolo. Presenti il
sign. Eugenio Puglisi e il m.ro Onofrio Marino con bando a 23 giugno […]”. Modica, Archivio Parrocchiale di S. Pietro,
Libro dei Matrimoni, vol. IV (1696-1719), f. 173.
(34) S. A. Guastella, op. cit.,
p.14. Predilesse Gerolama, futura poetessa e autrice di una raccolta di poesie
“La dama in Parnaso”(Palermo, Vincenzo Toscano, 1723). Discepolo del
Campailla fu Orazio Maria Arezzi, Capitano generale dell’esercito delle due
Sicilie, cavaliere dell’ordine di S. Gennaro. Se ne conserva il ritratto in una
tela nel palazzo comunale con l’iscrizione: Horatius M. Arezzo Patricio Mothucensis
Capitanus omnium exercituum S.M. Sicilianae Regalis ordinis S. Januari Eques,
verus Thomae Campailla discipulus, bonis moribus a pueritia imbutus, presertim
erga pauperes pietate, ac omni scietia praeditus catholicae nostrae religionis
amantissimus.
(35) Descritto e raffigurato di
aspetto (addirittura) ripugnante (pare che questa eventualità lo accomunasse a
Cartesio), strabico, forse anche non facile parlatore, aveva abitudini strane,
dettate in parte dalla sua indole ‘bizzarra’ (Sinesio attribuisce al Campailla
la frase “o diverrò gran pazzo o gran filosofo”) e in parte dalla sua
labile salute. Per una iconografia di Campailla abbiamo un busto marmoreo
scolpito dallo scultore palermitano Benedetto De Lisi, inaugurato nel 1870,
destinato originariamente all’ atrio del palazzo municipale, attualmente posto
nel cortile del Museo Campailla (ex Ospedale Campailla) e le incisioni sul
frontespizio dell’Adamo (1737).
(36) Cfr. Sinesio S., op. cit.,
pag. .
(37) Cfr. Dollo C., Guastella e la
cultura modicana... cit. Guastella fa ampio - a mio avviso eccessivo -
ricorso alla tradizione popolare, mediata e confermata da persone della propria
classe, ottenendo, secondo il Dollo, risultati attendibili (pag. 101).
(38) Guastella, op. cit., pag.
16-17.
(39) Ossia di Giurato (assessore
comunale). I Giurati poi, in numero di quattro, unitamente al Sindaco si
potevano costituire in corte giuratoria o civile, che era
composta dei giurati d’ogni Comune della Contea.
(40) Non risulta invece che a Modica
ci fosse un Senato cittadino; non è quindi spiegabile la notizia riportata dal
Sinesio che Campailla avesse occupato per sei volte anche la carica di Senatore
della Contea; a meno che non si identifichi il titolo di ‘Senatore’ con quello
di ‘Giurato’, dal momento che il ‘Corpo municipale’ (Sindaco e Giurati) fu “in
seguito” (?) denominato ‘Senato’; cfr. G. Raniolo, La Contea di Modica nel regno di Sicilia, Ed.
Dialogo, Modica 1993, pag. 57.
(41) G. Renda, op. cit., vol.
I, pag 107.
(42) Sinesio, op. cit. XL: Vittorio
Amedeo gli aveva inviato un dispaccio da Palermo, “affinché venisse come uno
del magistrato in quell’anno della città che doveva mandare i suoi
rappresentanti a prestargli il dovuto omaggio”.
(43) Cfr. Stanganelli F., op. cit.; REITANO S., La poesia
in Sicilia nel sec. XVIII, Palermo, Sandron, 1920, pp.130.
Campailla – com’era uso a quel tempo –
da solo o insieme ai Membri dell’Accademia di Modica fa ‘dediche’ a sovrani che si
succedono. Ma ci chiediamo: quale esclusiva preferenza poteva avere un
Siciliano verso tali regnanti che andavano spartendosi l’Italia e barattando la
Sicilia?
Quanto, ad esempio, a Vittorio Amedeo
II, “Monarca” di
Sicilia dal 1713 al 1720 – cui C. intitola un Emblema, essendo il minimo che
Egli potesse fare dal momento che non si era recato a rendergli omaggio di
presenza, e, comunque, fermo restando che “de le Spagne il Monarca è mio
gran Conte” (come tiene a precisare T. Campailla, Emblemi, Embl. XII)
–: quale adesione ad oltranza entusiastica poteva nutrire un Cittadino di
Modica, sia pur ‘innovatore’ e ‘cattolico illuminato’ come il Campailla, verso
tale nuovo sovrano? Al di là di acclamanti attese di Siciliani che s’illudevano
di ritrovare in Vittorio Amedeo il restauratore del regno di Sicilia, questi,
benché animato da forti intenti riformatori, si prefigurava sovrano del tutto
estraneo alla vita siciliana, oltre che circondato, com’era, da ‘riformatori’
(G. B. Caruso…), anche dotti, ma accentuatamente antispagnoli e di orientamento
‘laico’, ma in realtà ‘laicistico’ (rapporto ragione-fede – sul piano
dottrinale –; questione dell’Apostolica Legazia, che non riconosceva il ruolo
proprio ed esclusivo del Papa nella nomina dei Vescovi, e perciò l’orientamento
a sanare situazioni dell’organizzazione ecclesiale siciliana…). Di fatto, i
Cittadini di Modica dovranno ben presto verificare soltanto “l’assolutismo
e il centralismo sabaudi”, che avrebbero tentato (senza tuttavia riuscirvi…)
“di mettere in discussione ‘privilegi’ e autonomie [della Contea], godute
per secoli” (cfr. G. Poidomani,
Storia di una quérelle politico-diplomatica…, in Archivum Hist.
Mothyc., n. 3/1997, pagg. 33-44). (N.d.C.).
*** Con la qualifica di ‘cartesiani’ non sono
da intendersi soltanto coloro che facevano propria la posizione gnoseologica
e la metafisica cartesiana, bensì pure quanti, nel ’700, benché di
orientamento filosofico (in senso stretto) ormai diverso – ad es.
malebranchiano, leibnziano… –, si
occupavano di studi scientifici con spiegazioni che mutuavano ‘una certa’
derivazione dalle teorie scientifiche di Cartesio (non di rado, peraltro,
fondendo procedimenti cartesiani col metodo galileiano, col quale nasce
veramente la scienza moderna). Cfr. Editoriale del n. 4/1998 di Archivum…,
e, ivi, G. Criscione, La concezione di ‘filosofia’ di T. Campailla.
Sul cartesianesimo in Italia e del
Campailla siamo in attesa di leggere C. OTTAVIANO, T. Campailla – contributo
all’interpretazione e alla storia del Cartesianesimo in Italia, Ed. Cedam,
Padova 1999. (N.d.C.)
(44) Per l’atteggiamento critico, ma
‘articolato’, di C. nei riguardi di Aristotele, cfr. Editoriale del n.
4/1998 di Archivum…, pag. 10, nota 17.
(45) Michele Romeo da Marsala,
gesuita, diede alle stampe un volume di versi intitolato La lira a due corde
(1731) con lo pseudonimo di Melchiore Pomè in cui si loda il Campailla. Versi
di elogio al Campailla aveva inoltre pubblicato nella Dama in Parnaso
della Grimaldi a p.52.
(46) Gerolamo Ragusa (1655-1720),
gesuita modicano, fra gli Studiosi più dotti della Città e della Sicilia di quel
tempo, insegnò per alcuni anni filosofia nel collegio di Modica e
successivamente in altri collegi siciliani; fu autore di numerose opere di
filosofia, di teologia, di diritto e degli Elogia Siculorum qui
veteri memoria litteris floruerunt (Lione, 1690). Fu questa opera
ristampata a Roma nel 1700 da Girolamo Renda-Ragusa, nipote dell’autore col
titolo di Siciliae Bibliotheca Vetus. Di P. Gerolamo Ragusa rimase
manoscritta una Siciliae Bibliotheca Recens, continens elogia
siculorum qui nostra vel nostrorum memoria literarum fama claruerunt ab anno
1500 ad annum 1700.
(47) Documento inequivocabile di
quest’opera di raccordo culturale è La dama in Parnaso, Poesie italiane di
D. Girolama Laurifice e Grimaldi, tra gli Accademici occulti della civetta di
Trapani l’Incognita, Palermo, Toscano, 1723. All’interno sono raccolti
componimenti di autori delle più varie tendenze ideologiche e culturali, mentre
i componimenti delle p.2, 3, 4 (collocati proprio all’inizio non per caso),
sono dedicati all’Imperatore Carlo VI. Dopo una serie di componimenti dedicati
a familiari e parenti cospicui (p. 5 -11), tra cui anche i Grimaldi di Monaco,
vi sono componimenti dedicati a Francesco Materazzo (p.12); ai gesuiti Girolamo
Ragusa (p.13) - al quale è dedicata una delle Laudationes a p.IX -,
Giacomo Landolina (p. 14), Giuseppe Morso (p. 57), Gaspare Lucchese (p. 62),
Giacinto Laurifice (p.100); al predicatore Guglielmo Verdura (p. 25), al
maestro Desiderio Salvo, oratore Carmelitano (p. 36), al canonico Ignazio Colletta
(p. 37), all’abate Giovanni Ortolano (p. 66). Inoltre vi sono dei componimenti
di Tommaso Campailla (p. 26; 50; 76; 88; 90 - in rima siciliana -; 110; 112),
di Antonio Carioti arciprete della Collegiata di Scicli (p. 28), di Don
Giuseppe Fardella (p.32; 42;), di Tommaso Ragusa (p.34), del gesuita Michele
Romeo da Marsala (autore del volume di poesie La lira a due corde
apparso nel 1728 con lo pseudonimo di Melchiore Pomè) (p. 86) a Tommaso
Campailla (p.52) e all’autrice (p.54), dell’abate Giovanni Ortolano, autore di
una prefazione dell’Adamo nel 1723 (p. 58; 67; 106), del canonico
Ignazio Colletta (p. 60; 98), del Commendatore Gerosolimitano Fr. D. Giuseppe
de Nobili (p. 68), del medico Giuseppe Denaro, socio dei Geniali di Palermo,
(p. 72), del sig. Bernardino Oddo (p.92), del Sig. Francesco Cangiamila (p.
96), del sig. Simone Catalano ed Algaria (p. 114).
(48) Il Bonanno del Bosco, principe
della Cattolica, fu portolano del caricatoio di Siculiana, stabilmente deputato
del regno, capitano di giustizia nella capitale, vicario generale. A lui è
dedicato l’Adamo del 1737 (Palermo, Felicella), che recava gli argomenti
dei singoli canti esposti in esametri latini dal Prescimone.
(49) Giuseppe Prescimone nato nel 1669
a Francavilla di Sicilia, fu imparentato con figure chiave della cultura
messinese come i mecenati Ruffo, nobili “progressiti”, filofrancesi,
giansenisti. Giureconsulto, ricoprì alte cariche a Messina e a Palermo (“Regio
Consigliero, Capo della Real Giunta di Messina per sua M.C.C., Giudice Privativo
della Scala, Portofranco e Lazzaretto,del Consolato del Mare delle reali
Segrazie, dogane e tavola pecuniaria in detta città, Ministro Soprintendente
delle Truppe Cesaree,avvocato fiscale del tribunale della R.G.C. in Messina”)
fino a quella di Maestro Razionale della Real Camera di Sicilia.Fu tra i
fondatori dell’Accademia degli Ereini nella quale assunse il nome di Logisto
Zefireo. Il Prescimone, come il d’Aguirre, nel 1714 fu tra i fidi di Vittorio
Amedeo e successivamnete servì Carlo VI. Regio consigliere, giurista, poeta,
letterato, dilettante di scienze naturali e mecenate, munifico patrono della
prima edizione integrale dell’Adamo (1728). A lui sono dedicati i Problemi
Naturali. Vasta fu la sua produzione letteraria: tradusse in latino La
strage degli innocenti del Marino e alcuni passi dell’Adamo; compose
drammi, melodrammi, poesie, orazioni funebri, opere apologetiche etc... (Cfr.
Mira G. M., cit., tomo II, pag.245-7). Morì a Palermo nel 1732. Il Prescimone,
come abbiamo visto, mise il Campailla in comunicazione col Muratori (cfr. Lett.
al Prescimone, 27 gennaio 1727, n. 2567 Campori; Lett. al Prescimone, 20 aprile
1731, n. 3013 Campori) e fu in contatto coi principali filogiansenisti
siciliani e meridionali: il canonico Pantò, il Muratori, d’Aguirre, il
Perlongo, Costantino Grimaldi, il Burgos.
(50) Vagiti cit. carta 64b.
(51) Vagiti cit. carta 33b.
(52) Francesco de Paula Mataratio,De
epidemica lue cit. pag. 2.
(53) Per l’episodio Cfr. SCIASCIA L., Cronachette,
Sellerio, Palermo 1985, pagg. 19-26.
(54) Placido Carrafa, nel suo ‘Motucae
descriptio seu delineatio (Palermo 1653), accenna ad una ‘Academia
Motucensis’. Dopo un lungo elenco di numerosi Dotti – giureconsulti,
medici, teologi, letterati –, Carrafa conclude: “Sunt etiam alii Viri, qui
ex Academia Motucensi alia bonarum litterarum Scripta typis mandanda
deproment”; cfr. ed. critica a cura di P. Vander, Lione 1725 (nel vol. XII
del Thesaurus Antiquitatum et Historiarum…), coll. 28 e 29. Notizie più
precise sull’Accademia di Modica si ricavano da: QUADRIO F. S., Storia e
ragione d’ogni poesia, Venezia, Domenico Tabacco, 1739, pag. 65; RENDA
G., “Sull’origine, progressi e decadimento dell’Accademia di Modica”,
discorso tenuto nel suo restauramento, 2 febbraio 1808, in “ Prospetto... cit,.
vol. I, pag. 134-58. Altre informazioni possiamo desumere da: VENTURA F., Cenni
storici sulla città di Modica, Palermo, Meli, 1852; GRANA SCOLARI R., Cenni
storici sulla città di Modica, Modica, Nifosì 1895; ALESSI L., Le
Accademie siciliane nel settecento, Palermo, Traci, 1925; CAFFO O., Le
accademie nel circondario di Modica nel prospetto della cultura siciliana nei
sec. XVII-XVIII, Modica, Ruta, 1988.
Lo studio della Alessi, che fornisce un quadro
d’insieme delle Accademie Siciliane, contiene un breve cenno (pag. 87-9) a
Campailla e all’Accademia degli Infuocati, con notizie desunte, come afferma la
stessa autrice, dal Grana Scolari e dal Ventura. Carattere analogo ha lo studio
di Caffo che “assomma - come si dice nella premessa - in maniera
organica una serie di notizie note, ma non utilizzate finora in maniera
unitaria” (pag. 5).
Si avverte comunque l’esigenza di uno
studio dalle ampie convergenze che non risolva la storia dell’Accademia nella
storia dei dotti che ne fecero parte, ma che si disponga ad indagare le valenze
culturali, sociali e politiche della stessa.
(55) Su tale documento, che il Renda
dice di avere avuto fra le mani, e contenente lo statuto e altre informazioni
sull’Accademia, Egli basa il proprio studio citato. Ci descrive la struttura
dell’Accademia, affermando che al suo interno si distinguevano con funzioni
amministrative ed organizzative un custode capo, un segretario, quattro
censori, e un indeterminato numero di accademici; ma si tratta forse di un
falso letterario (la struttura era in realtà comune a tutte le accademie
dell’epoca). Tale documento infatti non è stato mai ritrovato e non si danno
indicazioni circa la sua localizzazione.
(56) RENDA, op. cit., pag. 147;
GRANA SCOLARI R., op. cit., pag. 287, attribuisce la denominazione di ‘Academia
Fumidorum’ al giureconsulto Silvestro de Leva, insieme al P. Ragusa
(Gerolamo?).
(57) quali ad es. elogi scritti in
occasione di discorsi, prediche, panegirici tenuti da dotti accademici al di fuori
dell’Accademia, in occasione di discussioni di filosofia tenute nelle chiese,
sermoni edificanti, etc.
(58) quali esortazioni, inviti,
ringraziamenti, attestazioni di stima verso altri membri dell’Accademia,
sonetti di corrispondenza. A quest’ultimo gruppo vanno ascritti i sonetti di
complimenti per la pubblicazione di saggi o opere letterarie. Un tipo
intermedio tra i generi citati (perché si riferisce contemporaneamente alla
vita culturale della città, dell’Accademia, ed elogia privati cittadini) è quello
dei sonetti di occasione: epitalami; componimenti funebri; auguri per il
conseguimento di lauree, dottorati, titoli accademici.
(59) comprendente i componimenti in
vita e in morte di una B.D., probabilmente Bella Donna.
(60) Il genere dei componimenti
peraltro collima con quanto le fonti ci riportano circa la prassi seguita per
le adunanze dell’Accademia: “si riunisce quattro volte l’anno, una in
quaresima, una in carnevale, le altre due ad arbitrio: vi si recitano
componimenti poetici, che sono tutti sacri in quella di quaresima, berneschi in
quella di carnevale; liberi nelle altre due tornate o secondo il tema del
discorso”. Cfr. Ventura F., Cenni storici... cit., pag. 44.
(61) questo l’elenco dei nomi presenti
nei Vagiti della Penna: Baroni: Don Pietro Vassalo, Barone di San
Bartolomeo; Barone Don Francesco Boccadifuoco; Barone Don Pietro Ventura;
Barone di Corulla Don Felice Ventura; Don Giovanni Antonio Settimo Barone di
Cammaratini; Don Andrea Carbonaro e Settimo, Barone del Pirainito; Barone Don
Ferdinando Assenza; religiosi: Rev. Sig. Abbate Don Giuseppe Grimaldi; rev.do
pre’ Lettore e Bacilliere il P. Giuseppe Drago; p. Felice da Marsala; Rev.
Padre il pre’ Vincenzo Ragusa Teologo e Predicatore; rev. P. Gaetano Celeste de
minori osservanti; signori: sig. Coriolano Incandela; dottori: Dottor Francesco
Rizzone.
Signori / Dottori Don: Don Giacinto
Laurifici; Don Silvio Laurifici; Don Antonio Vitale; Don Vincenzo Zacco; Don
Francesco Grimaldi; Don Orazio Zacco; Don Andrea Pollara; Don Giovanni Di Lorenzo
e Rao; Don Gio. Battista Francalanza, segretario dell’Ill.mo sig. Barone di S.
Filippo; Don Evaristo Scarso; Don Blasi Salemi capitano della Contea di Modica;
Donna Margarita Arezzo figlia di Don Filippo Arezzo; Don Filippo Arezzi; Don
Barbaro Arezzi; Don Angiolo Arezzi; Donna Aloisia Arizzo, con DonClaudio
Arezzo; Don Erasmo Assenza; Don Francesco Montalbano, protomedico del Contado
di Modica; Don Gaetano Caropreso; Don Tommaso Ragusa; Don Ippolito Frasca; Don
Diego Materazzo; Don Antonino Corso della città di Ragusa; Don Carmelo
Pluchinotta; Don Ignatio de Mazara ed Echebelz; Don Benedetto Giardina giudice
del Contato di Modica; Don Francesco Giardina; Don Giuseppe Celeste; Don Felice
Celeste commissario del santo Ufficio in Modica; Dottor Don Pietro Leocata;
Dottore Don Gregorio Favuzza; Dottore Don Silvestro Squaglia; Dottore Don
Ignazio Squaglia.
(62) Nel Prospetto cit., di F.
Renda, vol. II, pag. 79 troviamo che Campailla “osservò L’Accademia degli
Affumicati e facendosene ristauratore volle intitolarla degli Infuocati, quasi
spiegando con novello titolo che per divenir più vegeta e vigorosa questa
assemblea abbisognava del raggio vivificatore della scienza”. Questa tesi è
contraddetta nel vol. I da G. Renda, pag. 149, dove si afferma che il nome
dell’Accademia fu mutato dopo la morte del Campailla.
(63) Renda G., op. cit., pag.
151.
(64) Quando l’Accademia si orientò
verso nuovi interessi scientifici, l’attività poetica si concentrò presso il salotto
letterario di casa Grimaldi animato da Girolama Grimaldi Lorefice
(1681-1750). Documento di questa attività è “La Dama in Parnaso” (1715)
della Grimaldi ove compaiono anche varie rime di corrispondenti (tra cui lo
stesso Campailla, oltre quelli citati) tra cui Antonio Carioti (1683-?),
arciprete della Collegiata di Scicli, antiquario, numismatico, poeta (un suo
componimento si legge nella Dama in Parnaso a p. 28); Giuseppe Fardella;
l’abate Giovanni Ortolano (che curò l’introduzione alla seconda parte dell’Adamo,
nel 1723; tre i componimenti che pubblicò nella Dama in Parnaso alle pp.
58; 67; 106; gli è dedicato un componimento della Grimaldi a p.66); Bernardino
Oddo (suo il componimento nella Dama in Parnaso a p. 92); Il canonico
Ignazio Colletta (componimenti a p. 60 e 98; gli è dedicato un componimento
della Grimaldi a p. 37); Michele Romeo. A questa attività partecipano anche
medici come Francesco Materazzo (che scrive un In Auctricis Laudem Elogium,
p. XII). Al Materazzo è dedicato un sonetto a pag. 12. Il Denaro pubblica un
suo sonetto a p.72.
(65) Si realizzano esperimenti quali
quelli esposti nei Problemi naturali: la sperimentazione
sulla sciara etnea (X, 6); la descrizione dell’esperimento dell’albero di diana
(XI,2); l’esperimento sull’alcali e l’acido nella fermentazione (VIII,8);
esperimento dell’ascesa dell’acqua in un cannellino di vetro aperto (contro
Bayle: VII, 8); osservazioni sul diverso comportamento dell’acqua e del
mercurio (VII, 13); osservazioni sull’ascesa dell’acqua nel vuoto boyleano
(VII, 14); osservazione del comportamento di vini diversi immessi in vasi di
aceto (VIII, 14); esperimenti sulla calamita (XVI, 8); studiò il meccanico
magnetismo degli effluvij eterei del cortice peruviano nell’Accademia medica a
Modica (Pr. Nat. XV, 16); con Carmelo Pluchinotta constatò l’effervescenza del
mosto per infusione di corteccia peruviana. (XV, 23); l’eco è condizionato
dalla intensità delle vibrazioni (IX, 5). Ancora ricordiamo gli esperimenti
esposti nelle Risposte al Grana e nel Discorso sulla fermentazione;
esperimento sul nitro contro Borelli (Risp. P.31); esperimento sulla
compressione elastica (risp. P. 22); esperimento sulla solubilità dello zolfo
nell’acqua (risp. P. 33); 4) sulla impermeabilità di sostanze organiche al
liquido (disc. Ferm.); sperimentò inoltre composizioni chimiche atte a produrre
fuochi sotterrranei (Inc. Etna, p..98). Di essi resta traccia nella produzione
scientifica dei membri dell’Accademia: nel De epidemica lue eiusque idea
causis et therapeia anno 1709 in Mothicensem urbem grassante, medica relatio (Palermo,
Gaspare Bayona, 1719) di Francesco di Paola Matarazzo, dove si
accenna anche ad autopsie svolte dal Campailla; nel “Discorso del signor D.
D. Giuseppe Moncada sopra la sentenza della fermentazione”(Palermo, Antonio
Pecora, 1709), problema questo centrale negli interessi della Accademia; nelle
“Riflessioni del sig. dott. Don Antonio Grana dell’ordine della S. R. G.
sopra alcuni passi del poema filosofico del sig. D. Tommaso Campailla, patrizio
modicano” (1709) in cui le obiezioni sono di ordine filosofico, teologico e
scientifico; nei “Pensieri sul dolore recitati davanti all’academia dei
geniali di Palermo” del medico e filosofo Giuseppe Orazio Denaro. Questo
discorso manoscritto si trova presso la Biblioteca Comunale di Palermo alla
segnatura Qq D 27.
(66) Sinesio, op. cit., pag..
XXX.
(67) Il problema della fermentazione
aveva una rilevanza pratica per l’utilizzo che se ne poteva fare nella
produzione di prodotti (vini, formaggi, etc..), inerenti alla locale economia
agricola. Campailla nel 1709 aveva steso il Discorso... cit. (Palermo,
Pecora), in cui spiega come - a suo parere - avviene la fermentazione, che “corrompe
a i misti e genera struttura”.
(68) Modica e il suo circondario erano
state funestate più volte nel corso del ‘600 e poi ancora del ‘700 da epidemie.
In occasione dell’epidemia del 1709 si contarono a Modica circa 6000 morti.
Cfr. De epidemica lue..., cit. di Francesco Matarazzo.
(69) Non possediamo per l’epoca e per
il territorio in questione, dati statistici su questa malattia, ma ritengo che
alla cura di essa Campailla dovè essere sollecitato da qualche caso concreto,
oppure dalle richieste precise di qualche importante e influente personaggio
locale. Più cauto sarei invece sul fatto che l’interesse di Campailla per la
follia e per le passioni fosse da collegare alla mancanza di regulae
nella vita cittadina di Modica, a seguito del passaggio, in quegli anni, della
città al demanio dello Stato, con conseguente depotenziamento delle strutture
istituzionali della città. Questa affermazione, contenuta in GRILLO S.P., Introduzione
a T. Campailla, Del disordinato discorso dell’uomo, Caltanissetta,
Lussografica, 1995, pag. 20, si appoggia sulla autorità del Guastella (op.
cit.) per descrivere una città in preda al disordine, ma non corrisponde al
quadro storico-sociale fin qui delineato. Infatti, la vigorosa realtà
scolastica e culturale, una economia forte ed in espansione nonostante i gravi
disastri del 1693 e del 1709, il nobile gusto barocco che informa di sé gli
edifici monumentali della città, la presenza di ospedali e opere pie, la
sorveglianza ‘assente’ dell’inquisizione, impediscono di considerare la città
in preda al disordine. Inoltre Modica non passa propriamente al demanio, né
perde i suoi antichi privilegi, ma vive un periodo di parentesi del suo ‘Stato
comitale’ pur nella vitale permanenza di tutte le sue istituzioni; cfr.
POIDOMANI G., Storia di una querelle politico-diplomatica, in Archivum
Historicum Mothycense, n.3/97, pag. 33-44.
(70) In un brano del De epidemica
lue pag. 119 viene descritta dal Matarazzo una autopsia del Campailla, cfr.
G. Criscione, Una Lettera
inedita... cit., pag. 6, nota 10.
(71) Mentre ci riserviamo di
sviluppare in un prossimo studio l’attività medica e di ricerca scientifica del
Campailla nel contesto della vita della Scuola medica modicana (cfr.
note 13 e 18), accenniamo al fatto che il momento di maggior lustro della
stessa può essere collocato tra gli anni dieci e gli anni quaranta del ‘700,
quando compare la produzione scientifica del Campailla e degli altri medici
dell’Accademia.
(72) Nei Pr. Nat., Della virtù
Attrattiva, Pr. VIII, dice ad es. di utilizzare il fonticolo o cauterio,
benché bandito dai più per la sua irrazionalità, perché tuttavia lo ritiene
utile dal punto di vista pratico.
(73) Per avere un’idea della
persistenza di una sorta di ostracismo nei confronti della sifilide, basti
pensare che quando in Modica sorse il secondo più grande Ospedale (il Maggiore),
lo si chiamò “degli Onesti” per distinguerlo da quello di S. Maria
della pietà, che, essendosi ‘specializzato’, per via delle stufe mercuriali
(sec. XVIII), nella cura della sifilide, nel giudizio diffuso era pertanto
considerato l’ospedale…“dei disonesti”. (Sulla fondazione – metà del
sec. XIV – dell’Ospedale di S. Maria della pietà, cfr. B. d’Aragona, La
Commenda di Modica dell’Ordine Gerosolimitano, di Rodi, di Malta, in Archivum…,
n. 1/1995, pagg. 5-20).
(74) E’ nota la tesi del Foucault
(“Storia della Follia”, 1961) secondo cui la nascita della moderna razionalità
e l’ascesa della ragione al potere, non segna l’avvento di una più larga
tolleranza, ma sorge piuttosto dalla violenta segregazione ed emarginazione
della follia, che le è ritenuta opposta.
(75) Nella biblioteca del Collegio di
Modica, per quanto riguarda la medicina, è rilevata la presenza delle opere di
autori come Celso, Galeno, Ficino, Della Porta, Nifo, Scrofani, F. De Paula
Materazzo…
Va osservato che nei Collegi
l’insegnamento della medicina fu introdotto non fin dall’inizio (secondo quanto
previsto dalle Costituzioni della Compagnia, parte IV, c. 12, 3, che, qualora
fosse stato necessario, prevedevano di affidare quell’insegnamento a docenti
laici). Di fatto, sollecitazioni varie indussero a promuovere anche le cattedre
di medicina (e di legge) per venire incontro a bisogni locali.
Nel Collegio di Modica, in
particolare, veniva conferito il diploma abilitante all’esercizio della professione
medica.
Quanto alle sperimentazioni biologiche
e anatomiche, si accoglieva il frutto di quelle da altri via via effettuate,
come dimostrano anche e la partecipazione di Studiosi gesuiti nelle Accademie
(es. a Messina e a Modica) e pubblicazioni varie presenti nelle biblioteche dei
collegi. (N. d. C.)
**** Il delicato equilibrio, garantito anche dal
ruolo del principe Grimaldi, è attestato pure da quegli scambi di rime. Questi,
infatti, segnati certamente da stile ed echi del tempo, non mancano sovente di
essere vituperati o considerati risibili. Ci sembra che quegli ‘intrecci’ –
indubbiamente da noi distanti – contribuiscano tuttavia a manifestare la
nobiltà di un dialogo, ed il rispetto, pregnante di reciproca stima per
l’impegno e per le diverse prospettive culturali. Cosa che, in virtù della
passione per lo studio che accomunava un ceto dirigente – non certo intento
esclusivamente ad affari e commerci (peraltro, sembra, svolti con efficacia) –,
da una parte era espressione della consapevolezza circa l’importanza della
riflessione filosofica, teologica, scientifica, giuridica, letteraria anche ai
fini di una ricaduta, secondo modalità molteplici, sullo sviluppo civile di
tutta la Popolazione, e, dall’altra, non impediva agli scolastici di
perseverare con grave convinzione nei loro insegnamenti filosofici e a T.
Campailla di portare avanti le proprie ricerche scientifiche e di difendere (ad
oltranza?…), palesemente e senza ombra di alcun timore (cfr. ad es. L’Adamo,
c. V, stt. 76-87), il proprio cartesianesimo.
(N. d. C.)
(76) Di questa faceva parte
anche Ignazio Mazara ed Echebelz – fratello di Iacopo, autore della prefazione all’Adamo
più volte ricordata – che è sicuramente la figura più rilevante dell’Accademia
di Scicli; morto nel 1696 a 26 anni, aveva pubblicato una raccolta di poesie, Dei
sudori del Meriggio (Napoli, Troyse e Pietroboni, 1694; una prima edizione
di tale opera era apparsa sempre a Napoli nel 1692 presso Parrino).
(77) In un componimento, che si
conserva manoscritto alla Biblioteca comunale di Palermo, Campailla ringrazia
gli Accademici Geniali per averlo ascritto alla loro Accademia. Il componimento
fu letto dal segretario dell’Accademia durante la seduta del 9 (o 7) luglio
1720. Campailla inoltre pubblicò due sonetti nel volume “Componimenti dei
Geniali”, (Palermo, Toscano,1720, p.125-6) in occasione dell’incoronazione
di Carlo VI.
(78) cfr. Lettera del Principe di
Buonfornello (fondatore dell’Accademia dei Pastori Ereini), da Palermo, 17
ottobre, 1730. Con essa si comunica a Campailla la sua acclamazione come socio
nell’Accademia, col nome di Serpilla Leonzio. Successivamente Campailla
pubblicò un componimento nel volume Rime degli Ereini di Palermo dedicate
all’illustrissimo ed eccellentissimo Signor Federico di Napoli e Barresi,
Roma, Bernabò, 1734, tomo I, pag. 371.
(79) All’Accademia palermitana del
Buon Gusto è dedicato il discorso sull’Incendio del Monte Etna, inserito
negli Opusoli filosofici (1738). Essa fu l’unica che ne commemorò nel
1744 la morte affidando al p. Melchiorre da S. Antonio l’elaborazione di una
orazione funebre. Vedi nota 92.
(80) Cfr. Lettera di Andrea Lucchesi
dei Principi di Campofranco al Campailla, Palermo, (19 ottobre 1730) ove
riferisce al Campailla: “Il Sig. Muratori, con questa ultima staffetta mi
incarica di far capitare nelle mani di V.S. Ill. ma l’accclusa patente per cui
viene ella ad essere ascritto fra i celebri Accademici di Urbino”. Al
Muratori, che si proponeva di scrivere la storia dell’Accademia degli
Assorditi, il Campailla inviò il suo curriculum vitae, come apprendiamo
dalla lettera da Messina del 19 giugno 1733.
(81) cfr. Lettera di Domenico Rolli al
Campailla, Roma, 30 maggio 1733 81, dove il Rolli dice che, in segno di stima,
volle proporre all’Arcadia l’ammissione del Campailla, che fu approvata a pieni
voti (cioè 50) il 25 maggio del 1733. Alla lettera fu infatti annesso il
diploma comprovante l’avvenuta ammissione. Il Rolli spiega anche il perchè del
nome Andremone(o) attribuito al Campailla: essendo imminente la pubblicazione
di una raccolta di poesie degli arcadi, ordinati alfabeticamente, si offriva al
Campailla la possibilità di pubblicare fin dal primo volume. A tal proposito il
Rolli richiedeva al Campailla un breve curriculum vitae da inserire nel
suddetto volume, che fu ricevuto dal Rolli dopo qualche mese (come apprendiamo
dalla lettera di questi al Campailla, datata Roma, 29 agosto 1733 81) insieme ad
un sonetto letto e applaudito nell’adunanza degli Arcadi. Grazie a Domenico
Rolli, ove ebbe il nome di Andremoneo. Non mi risulta che componimenti del
Campailla siano stati pubblicati nelle Rime degli Arcadi.
(82) La lettera inviata a Londra è
datata 10 dicembre 1710. Essa è conservata presso il Museo Campailla di Modica,
al quale è stata donata dalla Royal Society. E’ stata pubblicata per la prima
volta da GUCCIONE V., Tommaso Campailla e il suo Museo, Ediz. Provincia
Regionale di Ragusa, Ragusa s.a. (1992).
(83) Cfr. Ottaviano Carmelo, La visita di Berkeley a Tommaso
Campailla, La Giara, II, 1953 (ora anche in Archivum Historicum
Mothycense, n. 4/ 1998, pag. 39-44)
(84) Le NOVELLE DELLA REPUBBLICA DELLE
LETTERE, Venezia, si sono occupate di Campailla in più d’una occasione:
nel 1741: pag. 74 -78 [recensione sull’Adamo, 1737]; pag. 100-1
[recens. sul Discorso sulla fermentazione, in cui si risponde alle obiezioni
del Moncada]; pag. 133-4 [recens. sulle Riflessioni del Grana e Risposta
dell’autore]; pag. 229-30 [recens. Opuscoli filosofici]; nel 1744:
[recensione sull’Adamo, 1744]
(85) Tra gli altri ricordiamo Agostino
Pantò e Giovanni Baldanza (come apprendiamo da una lettera al Sinesio e da
questi pubblicata; Giovanni Baldanza, primo Ufficiale della Real Segreteria di
Palermo, racconta al Sinesio che, ancora giovinetto, entrò in contatti
epistolari col Campailla attraverso la mediazione del Prescimone) a Palermo;
Giuseppe Prescimone a Messina, Agostino Giuffrida (del quale si conserva una
lettera indirizzata al Campailla) e Alessandro Burgos a Catania, Andrea
Lucchesi Palli e molti altri.
(86) A Milano vi fu una nutrita
schiera di intellettuali ammiratori del Campailla (fra cui il De Aguirre, il
Conte di Castelbarco, Bernardo Lama, Orazio Bianchi, Carlo Gandini) al punto
che si deciderà qui di fare una ristampa dell’Adamo (Milano, Cairoli
1744), curata dal F. D’Aguirre, dal Lama e dal Bianchi. Il conte De Aguirre,
cartesiano, estimatore dell’opera di T. Campailla, era stato chiamato da
Vittorio Amedeo di Savoia (re di Sicilia dal 1713 al 1720) a Torino, dove aveva
riorganizzato l’Università degli Studi con la collaborazione di altri
meridionali (sollecitò inoltre la venuta a Torino dell’architetto messinese
Iuvarra); era passato successivamente a Milano, presso Carlo VI d’Austria, ove
diresse un rilevante censimento lombardo di quegli anni.
(87) Cfr. Lettera di G.B. Chiappa a
Tommaso Campailla, Bagni di Lucca, 12 giugno 1731, in Schiavo-Lena A., Relazioni
letterarie... cit., Archivio Storico Sicilia Orientale, Catania, 1909,
fasc. VI, pag 351-61; dal p. Frediano, carmelitano scalzo, da G.B. Chiappa, che
caldeggiò l’Adamo presso Bartolomeo e Tommaso Lippi (l’uno giureconsulto
e poeta, l’altro medico e filosofo) e presso il Cavaliere Del Portico.
(88) Cfr. Cap. di Lett. scritta ad un
amico in Sicilia da Filippo Coccolini, 12 Maggio 1731.
(89) da p. Pietro di Gesù e Maria,
Barone dell’Infantino, da Domenico Rolli; ma già precedentemente Campailla era
noto - come afferma il Mongitore - presso l’Accademia del Cardinale Ottoboni
(90) da Nicola Di Martino, newtoniano,
professore di Matematica all’Università e da Costantino Grimaldi (lett. al
Pres. Perlungo, 13 agosto 1729; Lett. del Pres. Perlongo a Costantino Grimaldi,
12 Settembre 1729)
(91) Un certo successo ebbe anche l’Adamo
nell’edizione del Sinesio. Tramite il Grimaldi l’Adamo era stato
inviato a Malta ed apprezzato dal Commendatore Vargas, come si apprende da una
lettera del Sinesio a Michele Grimaldi governatore della Contea (Archivio di
Stato di Modica, Archivio Grimaldi vol. 250, n. 171, foglio 165) datata 4
maggio 1785; copie del volume aveva fatto pervenire anche a Genova. Lo stesso
Sinesio racconta di aver regalato i due volumi delle Opere del Campailla
al principe Poniatosky nipote del re di Polonia, in visita a Melilli, che
avendole avute in visione volle poi portarle con sé (Lettera del Sinesio al
Grimaldi, f.352, 18 Gennaio 1786). Lo stesso regalo più tardi fece ad un colto
Comandante di una nave Veneta, affinché l’opera del modicano fosse conosciuta
(e venduta) anche nel Veneto.
(92) Cfr. ALGAROTTI F., Newtonianesimo
per le dame, in Illuministi Italiani. Opere di Francesco Algarotti e di
Saverio Bettinelli, a cura di Ettore Bonora, Milano - Napoli, Ricciardi
1963, Tomo II, pp. 65 e n. 2. Tuttavia CASINI P., Newton e la coscienza
europea, Bologna, Il Mulino, 1983, (p. 206) ritiene che sia Rizzetti e non
Campailla il “grande oppositore” delle dottrine degli esperimenti
newtoniani di ottica menzionato nel terzo dialogo, dove sono narrate le vicende
degli esperimenti eseguiti a Bologna nel 1728.
(93) Cfr. Lettera XIII, dalla nave,
dietro il pranzo, 29 agosto 1760, in BARETTI G., Lettere familiari di
G.B. ai suoi fratelli, tornando da Londra in Italia nel 1760, Torino,
Società Editrice Italiana di M. Guigoni, 1857, pag. 71-76. Ora in Baretti,Opere,
Torino, U.T.E.T., 1972, a cura di B. Mayer, vol. II pag. 153. Il Baretti
descrive al fratello Amedeo una sorta di poeta ideale; per cui “Il poeta che
non sa dilettare, ma istruisce solamente, può fare il precettore meglio di
Aristotele, che si vedrà tosto schivato e le sue lezioni saranno tosto scordate
dagli scuolari. Per questa ragione l’Adamo del Campailla è poco noto” e a
proposito dell’Adamo aggiungeva in nota: “poema filosofico assai poco
piacevole a leggersi” (pag. 75).
(94) Per l’episodio cfr. ROSSI M. M., Tommaso
Campailla filosofo e poeta siciliano del settecento, in Problemi di lingua
e letteratura italiana del settecento, Atti del IV Congresso dell’Associazione
Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Magonza-
Colonia, 28 aprile - 1 maggio 1962, Steiner, Wiesbaden 1965.
Fino agli inizi del secolo successivo durò la fama del
Campailla. E quando il cardinale Gerdil si batterà per Malebranche contro
l’empirismo, citerà (in “Defense du sentiment de Malebranche” sect. 6,
chap. III - Opera, 1806 tomo IV, pag. 136) un’ottava del Campailla, senza però
ricordarne il nome (Adamo I, 64); l’intenzione del Gerdil era quella di
adoperare Cartesio (attraverso Campailla) in funzione antilluministica: cfr.
Dollo C., La ragione signorile cit. pag. 402 n. 69.
A livello locale, riferiamo che “ancora
negli anni ‘70 dell’Ottocento l’Adamo era una lettura d’obbligo per gli
scolari medi” di Modica. E. Sipione, Politica e cultura in un secolo di
stampa locale, ed. Corriere di Modica 1978, pag. 12
(95) P. Francesco Saverio Sammartino
insegnò Teologia nel Collegio di Modica negli anni 1725-26 e nel 1731.
(96) Melchiorre da Sant’Antonio fu
professore di eloquenza nel Collegio regionale degli Scolopi di Palermo. L’opuscolo
dal titolo Oratio de laudibus Thomae Campaillae patricii motucani habita a
Melchiore a S. Antonio clericorum regularium scholarum piarum sacerdote, et
eloquentiae professore, di 28 pagine, è dedicato al nobile modicano
Barone Antonio Ventura Arezzo (cfr. Dedicatoria, pag. 1-7).
(97) MURATORI L. A., Della forza
della fantasia umana, Venezia, Pasquali, 1745, pag.37; pagg. 52-3.
(98) La lapide, con l’iscrizione
dettata nel 1858 dal nipote Giuseppe Campailla, è collocata alla sinistra
dell’ingresso principale. Le spoglie sono andate perdute molto tempo addietro.
Il Sinesio aveva composto e proposto per la lapide del Campailla altra
iscrizione, che però non vi fu posta.
Il Collegium Mothycense degli Studi
Secondari e Superiori
Sul solco di una lunga tradizione di istituzioni scolastiche (presenti a Modica almeno
dal XV secolo) – cui si accenna nello studio su T. Campailla ed il Suo
ambiente culturale – si pone il Collegio, retto dai Gesuiti, fondato
nel 1629 ed operante, nel primo periodo, fino al 1767, e, nel secondo, dal 1812
al 1860A .
Su questa rilevante istituzione
scolastica della Città e della Contea rimandiamo al saggio storico di Giorgio Colombo ‘Collegium
Mothycense degli Studi Secondari Superiori’ (pp. 225), Ed. Ente Liceo
Convitto, Modica 1993. Tale studio tende a far luce pure su alcuni aspetti
accennati da G. Criscione.
1) Il tessuto dell’ambiente culturale di Modica nel ’600 e nel ’700 non
poté non trovare alimento pure nel Corpo dei docenti e in quel vivaio
di studenti che, avendo frequentato il Collegio, ora pervenivano ad una
maturità culturale dopo essersi misurati con un corso di studi, robusto e
formativo. Il Collegio anzi, per la sua consistenza strutturale ed operativa,
costituisce, oggettivamente, la più alta Istituzione della storia scolastica
della Città, dal momento che fu riconosciuto idoneo a conferire, ‘uniformiter’
– et non solum ‘ad instar’ – alle più rinomate Università europee, il Dottorato
in Teologia, il titolo di ‘Magister Artium’ (laurea in lettere e
filosofia), nonché i diplomi abilitanti all’esercizio delle professioni
di medico (gli studenti usavano eventualmente proseguire i proprî studi
a Montpellier e a Napoli) e di giureconsulto (per il titolo di ‘doctor
juris’, troviamo ad es. che un Silvestro De Leva, n. nel 1642, dopo avere
studiato nel ‘patrio collegio’, si era recato presso lo Studium di
Messina).
2) Il predetto saggio storico, sulla
scorta di recenti rivisitazioni
storiografiche, e perciò nel superamento di prospettive e giudizi di matrice
illuministica, liberal-massonica ottocentesca nonché di polemici echi
pascaliani e giobertiani, cui vanno aggiunti non pochi luoghi comuni di
carattere antigesuitico, illustra anche i criteri pedagogici e didattici dei
Collegi (da non identificare con i ‘Convitti’).
3) Vengono poi esaminati alcuni testi destinati all’attività didattica, da
cui emerge l’attenzione alle varie correnti di pensiero del tempo, vagliate
criticamente.
A tal proposito va rilevato che la filosofia, insegnata nei Collegi, pur nella
valorizzazione di aspetti del possente pensiero di Aristotele, era propriamente
quella scolastica e, in particolare, tomistico-suarezianaB .
Quanto alla fisica aristotelica (e non ci riferiamo pertanto,
qui, all’ilemorfismo), questa è da tempo in crisi sia presso i filosofi
aristotelici che antiaristotelici. Tale affermazione è tuttavia drastica. Per
una lettura della complessità della questione e degli “onorevoli
compromessi” (Dollo) presso gli Studiosi gesuiti, rimandiamo al saggio storico
indicatoC . Vogliamo qui accennare soltanto al
fatto secondo cui tarda a farsi strada una fisica non dimostrativa, non a
priori, appunto perché la stessa ‘nuova’ fisica cartesiana è tutta
caratterizzata dall’aprioristica ‘deduzione’ matematica. Solo lentamente
emergerà la consapevolezza galileiana – presso tutti (e i grandi ‘artis e
medicinae doctores’ di Messina ne sono un esempio eclatante) –
dell’importanza degli esperimenti e dell’ ‘induzione’ (Newton).
4) Quanto a Cartesio, questi aveva di
fatto conferito valenza metafisica
all’aspetto quantitativo-matematico e meccanicistico – oggetto proprio
della scienza sperimentale – del mondo fisico, ponendo in tal modo le premesse
dell’empirismo…
Il predetto saggio sul Collegio di
Modica evidenzia questo ed altri motivi,
per i quali “non poteva essere condiviso a cuor leggero il sistema filosofico
cartesiano” (peraltro già in crisi negli anni della maturità del
Campailla) da tutti gli Studiosi (specie se di orientamento cristiano):
originarietà assegnata al ‘pensare’ rispetto all’ ‘Io’, svalutazione della
fantasia e – comunque – della ricchezza dell’esperienza umana (che non sempre
ha i caratteri della ‘chiarezza’ e ‘distinzione’), dualismo metafisico, non
spiegazione della mutazione sostanziale, visione riduttiva e semplicistica
dell’universo, apriorismo in merito alle prove dell’esistenza di Dio, distanza
di Dio dal mondo…
Era, poi, critica consapevolezza quella “di non trovare nei grandi sistemi… che si andavano
presentando alla ribalta dell’epoca moderna, un [convincente] modello
teorico ‘nuovo’ (rispetto a quelli della scolastica)”. Si ponevano anzi
talune premesse per possibili sviluppi, ritenuti inaccettabili,
che in realtà finiranno per caratterizzare il pensiero della ‘modernità’ (a sua
volta messo in crisi, da oltre un secolo a questa parte, dalla cosiddetta
‘post-modernità’).
In breve: non si trattò – nel ’600-’700
– sempre di ‘chiusure’ intellettuali, bensì di responsabili riflessioni. Resta tuttavia vero che
mancò, in quel tempo, l’accoglienza ‘teoretica’ di alcune valide istanze,
presenti in quei ‘sistemi’ che venivano alla luce, che avrebbero potuto trovare
sviluppi, accettabili in funzione filosofica e fecondi pure in campo teologicoD .
5) Il clima non conflittuale fra posizioni culturali diverse a Modica,
diversamente da quanto ciclicamente succedeva, ad esempio, a Messina, può forse
trovare una spiegazione, oltre che in motivazioni politiche (atteggiamenti
diversi – di rivolta antispagnola o meno – all’interno dell’élite cittadina e
degli stessi Intellettuali: a Messina, dal 1674; autonomia di fatto,
nell’organizzazione della vita cittadina, pur nel costante – in via ordinaria,
non conflittuale – rapporto con i lontani Conti spagnoli: a Modica) e
nel vigore degli Studiosi messinesi di questioni scientifiche, anche nella
diversa temperie storica dei due ambienti culturali e civici in riferimento ai
rispettivi Collegi.
Infatti, mentre a Modica
intenti promotori iniziali ed itinerario di vita del Collegio furono privi di equivoci
e sostanzialmente segnati da apprezzamento per la Compagnia, a Messina tutto il
complesso lavorìo civico per l’istituzione di quel ‘primum ac prototypum omnium Collegiorum’, come pure
l’itinerario di suo sviluppo, sono connessi alla sottesa intenzione di
strumentalizzare quell’istituzione in
direzione di una successiva istituzione dell’Università, al fine di superare in
tal modo i persistenti impedimenti da parte di quella catanese: tale ambiguità
di fondo attraverserà – con ricorrenti conflitti fra esponenti civici (talvolta
nel raccordo con quelli di altri Ordini religiosi) e gesuiti – la vita anche
intellettuale della CittàE . (N.d.C.)
note
(a) Sul ceppo di tale Scuola
sorgeranno le Istituzioni scolastiche modicane dell’Italia politicamente
unificata.
(b) …ossia, andando al cuore
della critica ed integrazione ad un tempo del sistema di Aristotele: nella “soggettività
dell’universalità come predicabilità è il criterio della
distinzione profonda, sostanziale della filosofia medievale dalla greca. Il naturalismo
oggettocentrico del pensiero pagano è capovolto e le fonti di valore della
scienza, dell’etica, dell’arte sono ricercate non più nella natura oggettiva,
ma in direzione totalmente opposta, nel soggetto da cui l’universalità
proviene: antropocentrismo”. C. Ottaviano, Riccardo di S.
Vittore, la vita, le opere, il pensiero; Accademia dei Lincei, Roma 1933,
vol. 4, serie 6a, pag. 448.
(c) pagg. 126-130; 173-176
e, pure, 131-135; ma soprattutto a P. Gilbert, La semplicità del principio,
Piemme, Casale Monferrato 1992, pagg. 263-274 (La fisica aristotelica; la
fisica moderna) e a C. Dollo, La cultura filosofica e scientifica dei
Gesuiti siciliani nel ’600, in Atti del Convegno su Scienziati siciliani
gesuiti in Cina, nel sec. XVII, Roma 1983, pagg. 183-196; cfr. anche
direttamente alcuni testi scolastici adoperati nel Collegio modicano.
(d) Cfr. Collegium
Mothycense…, cit., pagg. 115-126 e 173-176.
(e) Cfr. D. Novarese, Il Messanese
Studium Generale – tra politica gesuitica e istanze egemoniche cittadine,
Ed. Giuffré, Milano 1994.
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