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Tommaso Campailla e l’ambiente culturale a Modica

fra ’600 e ’700

di Giovanni Criscione* 

 

 

 

Pubblichiamo, come annunziato nel precedente fascicolo (n. 4/1998, pag. 16) di Archivum…, una presentazione critica delle biografie di Tommaso Campailla (Modica, 1668-1740).

 

Poiché in alcune biografie del Campailla, insieme ad apprezzamenti per la Sua opera, ritorna l’affrettata attribuzione di ‘bizzarria’ o simili, può essere utile accostare (rapidamente) il Suo ritratto a quello degli scienziati del Suo secolo. E’ così possibile leggere in filigrana, forse più correttamente e adeguatamente, i tratti della personalità e dello stile di vita e di studio di T. Campailla: delle sue stranezze e delle Sue ‘contraddizioni’, vissute secondo l’ ‘equilibrio’ e gli interessi culturali proprî di un Uomo e di uno Scienziato (perché, ‘uomo di scienza’ è soprattutto il C.) di ‘quel’ tempo. Può anche meglio illuminarsi l’ambiente ed eventi culturali della Contea di Modica fra ’600 e ’700.

 

Anzitutto: il termine ‘scienziato’ è ottocentesco.

La stessa immagine dello ‘studioso seicentesco di scienza’, quasi di uno sperimentatore tout-court positivista ed antiaristotelico, è frutto della storiografia positivistica.

Certamente i vari Ricercatori del ’600 e ’700 sono caratterizzati dall’indagine per una conoscenza ‘nuova’ (‘De mundo nostro sublunari philosophia nova’, ‘Novum organum’, ‘Scienza nuova’…: ‘nuova’, per la tensione alla scoperta di nuovi mondi con nuovi metodi, e nel rifiuto del carattere ‘esemplare’ della cultura classica (laddove per gli Umanisti ‘senso del nuovo’ e ‘riscoperta degli Antichi’ erano stati strettamente connessi) e di ‘pregiudizi’ acquisiti in virtù del Sapere del passato, della ‘memoria’ oltre che di influssi ambientali recepiti durante l’infanzia personale.

E però, nello stesso tempo, ermetismo e cábala, alchimía e magía e astrología fanno parte del vissuto ed anche dell’esperienza culturale di quei ‘filosofi’ (come Galilei ama appellare i liberi Studiosi della natura): di Bacone, di Keplero, di Mersenne, di Van Helmont, di Harvey…, anzi pure del giovane Descartes e, poi, di Newton.

Menzionando tali Nomi emergenti e più noti, occorre però rilevare come la scienza, nel ’600 e nella prima parte del ’700, vada sviluppandosi in Europa pure ad opera di numerosi Studiosi e ricercatori non sempre o necessariamente ‘professori’; si registra anzi una certa marginalità delle Università nella ricerca scientifica (anche se la consapevolezza dell’utilità di ‘istituzioni’ scientifiche vada lentamente emergendo). Si moltiplica piuttosto una fitta rete di comunicazioni scientifiche attraverso periodici, atti delle Accademie, lettere private.

Pure dalla tradizione della magía naturalistica quegli Uomini trassero la convinzione che il Sapere non va inteso soltanto come ‘contemplazione’, ma deve indurre a manipolare e trasformare il mondo. Questo infatti è visto come una ‘macchina’; in quanto tale può essere conosciuto. E le macchine costruite – e da costruirsi sempre più – dall’Uomo possono costituire un ‘modello privilegiato’ per comprendere, con impegno collettivo, la natura, e per operare il ‘progresso’.

Il Sapere potrà e dovrà essere universale: esso è comunicabile a tutti e comprensibile da tutti, poiché la facoltà di distinguere il vero dal falso è uguale per natura in tutti gli uomini: ‘eguaglianza delle intelligenze’. Anche da qui, nel ’600, il vivo interesse ad aprire scuole ed a partecipare a tutti il Sapere.

E però gli Scienziati, avvertendo possibili conseguenze negative per gli usi distorti delle scoperte scientifiche, ritengono di dovere insieme stabilire quali scoperte rendere pubbliche e quali no. Tale consapevolezza ‘etica’ è autonomamente e sinceramente sentita.

Una preoccupazione, poi, attraversa tali Studiosi europei: quella di non determinare rotture (vere o apparenti) con l’ortodossia religiosa cristiana. La preoccupazione è determinata da timori nei confronti della pressione esterna da parte di autorità religiose e politiche, ma pure dall’intento personale di non formulare ed esprimere ‘una sola’ affermazione ‘non conforme alla Verità’ (poiché, essendo ogni singola affermazione connessa organicamente con tutte le altre, tutto l’edificio finirebbe inevitabilmente per non consistere e non avere valore). Ne segue che l’atteggiamento degli Scienziati appare segnato dall’attenzione a non suscitare conflittualità, e perciò anche dalla ‘dissimulazione’ al cospetto del potere circa teorie che potevano essere considerate pericolose; ma certamente pure – in virtù del sotteso assimilato criterio secondo cui “Natura interrogata vel Scriptura consulta unum eundemque sensum pari loquuntur concordia” (Riccardo di S. Vittore) – dal pressante bisogno di chiarire a se stessi (prima che agli altri) la distinzione – non l’opposizione – fra scienza ed esegesi biblica, che a quel tempo si presentava, per certi aspetti, nuova, ma certamente incalzante. (Giorgio Colombo).

 

NOTE

 

            (A) … i cui caratteri vengono delineati, sulla scorta di numerosi studi, da Paolo Rossi, Lo scienziato, in (a cura di R. Villari) AA. VV., L’uomo barocco, Laterza, Bari 1998, pagg. 299-328.

(B) Cfr. ‘Problemi naturali spiegati con nuovi pensieri…’ di T. Campailla.

(C) e di…T. Campailla.

(D) …di cui è precisa testimonianza l’intenso fervore culturale a Modica, delineato nel seguente studio.

(E) Cfr. il pressante interesse, nei primi decenni del ’600, per l’istituzione del Collegio Mothycense.

(F) Cfr. T. Campailla, Lettera a Muratori del 30-3-1730.

Tale ‘coerenza’ è vista sempre più in funzione metodica: come un universo interpretativo privo di confusione; non dunque come avente valenza ontologica, ossia come coerenza dell’essere, e perciò anche come lettura di un universo ove realtà, verità e bene non siano separati ma ‘convertuntur’.

 

 

 

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Fonti per la biografia di T. Campailla.

 

La fonte più antica per ricostruire la vita e l’opera di Campailla è il breve cenno bio-bibliografico del Mongitore, che non copre però l’intera vita del C.: Bibliotheca Sicula seu de scriptoribus siculis, Panormi, Felicella 1714, rist. anast. Bologna, Forni 1971, p. 258.

 

Di scarso interesse è l’orazione commemorativa in latino, tenuta il 16 marzo del 1744 da p. Melchiorre da/di S. Antonio, professore di eloquenza nel Collegio Regionale degli Scolopi di Palermo, nell’Accademia del Buon Gusto (poi pubblicata in volume): Horatio de laudibus Thomae Campaillae patricii motucani habita a Melchiore a S. Antonio clericorum regularium scholarum piarum sacerdote, et eloquentiae professore, Palermo, Epiro 1744.

 

Fondamentale è invece lo studio di Giovanni Trieste e Bovio (1762), che rappresenta la fonte principale per tutte le biografie successive: “Notizie storiche spettanti alla vita ed alle opere del Sig. D. T. Campailla, patrizio modicano etc... scritte dall’abate Domenico Schiavo di Palermo, e mandate dal Sig. Giovanni Trieste e Bovio di Asolo, 8 ottobre 1762” in Miscellanea, Arch. Stor. Siciliano, 1898, fasc. I-II (n.s.); già in Calogerà Angelo, Nuova Raccolta di Opuscoli scientifici e filologici, Venezia, Occhi 1755-1787, tomo X.

 

Sinesio Secondo scrisse un Saggio biografico per il vol. I delle Opere di Campailla: Vita del celebre filosofo e poeta Sig. D. Tommaso Campailla patrizio modicano in T. Campailla, L’Adamo, Siracusa, Pulejo 1783. Inoltre raccolse e fornì in appendice le Lettere di insigni personaggi, materiale in parte inedito (che dovette inviargli da Modica Saverio Scrofani, come apprendiamo da una lettera in cui Sinesio chiede di fargli avere “i sonetti stampati e i problemi o altro del Campailla e le lettere dei grandi uomini a lui scritte”). Ma trascurò il Sinesio gli Emblemi (ne riporta soltanto alcuni), i Vagiti della Penna (a tutt’oggi manoscritti), le poesie composte per le raccolte degli Ereini e dei Geniali, le Rime di corrispondenza con la Grimaldi, contenute nel volume di quest’ultima, la Dama in Parnaso, le numerose rime di corrispondenza e naturalmente la Filosofia per príncipi e cavalieri, rimasta manoscritta fino al 1841, la cui esistenza era però già nota al Sinesio, rimasti tutti fuori dall’edizione siracusana delle Opere.

 

Compilazioni sono le biografie scritte dall’Ortolani, dal Baseggio e dal Renda: ORTOLANI G. E., T. Campailla, in Id., Biografie degli uomini illustri della Sicilia, Napoli, Gervasi 1818, tomo II, ora Bologna, Forni 1976; BASEGGIO G. B., Campailla T. in De Tipaldo E., Biografie degli Italiani illustri nelle scienze, lettere e arti compilato da letterati italiani per ogni provincia, Venezia, Cecchinni 1837, vol. V, pp. 239-241 [1845,vol. X, pp. 123-126]; RENDA F., Prospetto corografico istorico di Modica di Placido Carrafa (l’opera, in latino, del Carrafa è del 1653, col titolo Mothucae illustratae descriptio su delineatio) volgarizzato da Filippo Renda seguito da sue memorie istoriche modicane fino agli attuali tempi e da una completa biografia degli uomini celebri per lettere e per scienze che vissero in Modica dal sec. XVI fino al XIX di Giovanni e Filippo Renda”, Modica, tip. La Porta 1869, voll. 2.

 

Paradigma di riferimento in tempi recenti è stato il saggio Di Tommaso Campailla e de’ suoi tempi, discorso di Serafino A. Guastella, tenuto nel 1880 in occasione dell’istituzione come liceo statale, nel 1878, del Liceo classico di Modica, e successivamente pubblicato (Piccitto, Ragusa 1880; pagg. 110; rist. Pro-loco, Modica 1976). Questo studio resta fondamentale perché organico, ma non è esente dal suscitare riserve e, soprattutto, è inquinato da una prospettiva deformante. L’assunto del Guastella consisteva infatti nel mostrare come, corrispondendo le condizioni della cultura alle condizioni civili, l’eccellenza dell’ingegno non potesse sollevare l’individuo al di sopra della società; individuava cioè nell’influenza dell’ambiente e del tempo un fattore perturbativo e deviante per il C.

Tale assunto, oltre a forzare il dato psicologico (impossibilità dell’individuo di reagire agli influssi ambientali), non risponde a quello storico, trascurando – come vedremo – alcuni fattori, che emergono da una analisi accurata del milieu storico e culturale della società modicana nel sei-settecento. Un altro aspetto che vizia il lavoro del Guastella è la tendenza a costruire per Campailla il mito del filosofo burbero e stravagante, chiuso nelle sue abitudini stranissime, mito che collima del resto con il suo assunto principale.

 

È stato necessario quindi ricostruire e circostanziare le principali vicende biografiche del Campailla attraverso fonti e testimonianze letterarie trascurate (come ad es. quelle trascurate dal Sinesio: gli Emblemi, i Vagiti della Penna, le poesie per gli Ereini e i Geniali, le Rime di corrispondenza con la Grimaldi o con Michele Romeo) o documenti d’archivio, e soprattutto attraverso un costante riferimento all’ambiente culturale della Contea, in particolare di Modica, negli anni in questione.

 

1. Il registro battesimale dell’Archivio parrocchiale della chiesa di S. Giorgio in Modica, al vol. VII, foglio 238 annota: “Anno Domini millesimo sexcentesimo sexagesimo octavo, Die septima mensis aprilis. Ego infrascriptus baptizavi infantem natum ex Antonino et Andreana iug. Campailla, cui impositum fuit nomen Thomas, Ioannes. Patrini fuere D.nus Ioannes Grimaldi et D.na Antonia Gar. [...]”. Tommaso Campailla nacque dunque a Modica** il 7 aprile del 1668, da Antonio e Adriana Giardina. La casa del Campailla era situata nel quartiere soprastante la chiesa di S. Pietro, all’ombra della rupe del Castello e ciò fa pensare ad una antica presenza nella città della famiglia Campailla; infatti gli antenati del padre, da Scicli erano venuti a Modica nel ’500. La famiglia appartenne al ceto patrizio e fu in diretto rapporto con le maggiori famiglie locali come dimostra il fatto che padrino del Campailla fu un Grimaldi.

Tra ’600 e ’700 nella Contea di Modica il patriziato – il ceto dei Cavalieri – rappresentava un ceto estremamente vario al suo interno, che annoverava sia famiglie di medi e grandi proprietari terrieri, sia famiglie che avevano accumulato notevoli ricchezze attraverso il commercio, e che godevano di ‘privilegi’ e di un certo prestigio. Il patriziato, nell’assenza di orizzonti che mettessero in discussione l’assetto sociale gerarchico, affianca, negli anni in questione, la nobiltà locale nel governo della Contea, con l’esercizio di cariche pubbliche. Dal patriziato infatti provenivano magistrati, funzionari della pubblica amministrazione, professionisti, ecclesiastici, uomini d’arme.

Il padre del Nostro, Antonio, era insignito dei privilegi dei Regi Cavalieri e della franchigiacoll’esenzione da dazi e gabelle. La madre, Adriana Giardina, era imparentata con nobili famiglie locali. Secondo la tradizione, morta prematuramente la madre, il giovane Tommaso sarebbe stato allevato dalla nonna paterna, Donna Tommasa Arezzo. Non sarebbe azzardato dire che nella vita familiare del giovane Tommaso sono presenti, fin dalla più tenera età, le condizioni per l’insorgenza di conflitti, frustrazioni, trasferimenti compensativi, che spiegherebbero tanta parte della sua adolescenziale indolenza (che si tramuta in disinteresse per gli studi nei primi anni), dell’ipocondria, della bizzarria di tanti comportamenti (che hanno fatto la felicità di alcuni suoi biografi).

Secondo la tradizione il giovane Tommaso parve nella prima infanzia di ingegno tardo e di costituzione gracile e malaticcia, tanto che il padre avrebbe preferito educarlo in campagna, all’aria aperta, piuttosto che indirizzarlo agli studi. Vera o meno tale affermazione, riteniamo che comunque ambiente familiare (ricco di tradizioni culturali, politiche e gentilizie) e contatti sociali non potevano non garantire aperture ed interessi culturali, in una città che offriva di per sé molteplici occasioni e stimoli intellettuali.

 

2. I decenni del ’600 e del ’700, in cui T. Campailla visse ed operò, costituiscono infatti un periodo particolarmente intenso nella vita culturale della Città, che, specie nei primi anni del ’700, appare aperta ad influssi e rapporti culturali diversi, esprimendo una vitalità che si dispiegò in modo ininterrotto (nonostante gravi fratture come il terremoto del 1693 e l’epidemia del 1709) e dinamico.

Un significativo influsso europeo si avverte negli anni della ricostruzione dopo il terremoto del 1693. Lo sforzo della ricostruzione indusse infatti ad un lavoro di documentazione che parallelamente produsse un’ampia importazione e circolazione di idee nell’isola. Storici dell’arte hanno rilevato un preciso rapporto con orientamenti architettonici europei, riscontrando forti analogie tra le chiese barocche del Val di Noto e chiese tedesche e austriache. Ciò si spiega col fatto che trattati di architettura tedesca e italiana (ad esempio quelli di J. B. Fischer o del Borromini), come anche incisioni di cattedrali tedesche ed europee, erano presenti nelle Biblioteche siciliane di Ordini religiosi; e col fatto che architetti del Val di Noto studiarono e si formarono in Germania.

Ben più determinante fu l’influsso culturale esercitato da uno dei maggiori centri di cultura dell’isola in quegli anni: Messina. Quello della cultura messinese con Modica (e, come vedremo, con Campailla in particolare) è un legame molto intenso. Dal 1704, subito dopo la condanna del Conte Almirante Giovan Tommaso Enriquez da parte del Supremo Consiglio dello Stato di Castiglia, la Contea (sia pur per un breve periodo) si troverà amministrata,  per quanto si riferiva all’Erario, dalla Real Giunta di Messina10 . In questa fase si infittiscono i contatti con la Città dello Stretto, lodata dal Campailla nell’Adamo, VIII, 54. Da Messina provengono innanzi tutto gli influssi del pensiero innovatore. Messina aveva rappresentato, anche dopo la repressione spagnola e la chiusura dell’università (1678), un elemento propulsore della politica culturale nell’isola, impegnata anche in reazione all’aristotelismo dei gesuiti. Figure chiave della cultura messinese erano stati i mecenati Ruffo e Prescimone, nobili “progressisti”, filofrancesi, giansenisti; per volontà del primo, in particolare, erano stati chiamati all’Università di Messina scienziati di prim’ordine come G. A. Borelli, Marcello Malpighi, Domenico Bottone (non a caso tutti neoterici e attivi – soprattutto Borelli – in occasione dei movimenti di rivolta antispagnola). Dominante apparirà in Campailla – come ha osservato Giarrizzo11  – l’urgenza di ripercorrere le sperimentazioni e le riflessioni del ‘messinese’ Borelli; numerosissime sono le citazioni di novatores messinesi (da Borelli a Malpighi) che ricorrono nel De epidemica lue di Francesco Matarazzo. Ed a Messina aveva studiato medicina il padre di questi, Diego12 , allievo di Domenico Scala. Notevole sia quantitativamente che qualitativamente è, poi, la presenza a Modica di argentieri messinesi e di opere d’arte provenienti da Messina in questi anni13 . Attraverso l’ambiente messinese inoltre si avviava un legame con la cultura napoletana, documentato non solo dal rapporto epistolare di Campailla con Nicola De Martino (newtoniano, professore di matematica all’Università di Napoli, a cui sono dedicati le Considerazioni sopra la fisica di Newton, in due dialoghi) e dal fatto che lo stesso De Martino curò l’edizione (rimasta incompiuta) delle opere del matematico modicano Gerolamo Settimo; ma anche dal fatto che non poche opere di autori della Contea vengono pubblicate in Napoli14 ; inoltre diversi medici modicani avevano studiato o si erano perfezionati proprio a Napoli. A Napoli studiò pure il catanese Agostino Giuffrida che sul finire degli anni trenta sarà in contatti epistolari con Campailla15 .

Questi influssi culturali sarebbero caduti nel vuoto se nella capitale della Contea non vi fosse stato un terreno culturale fertile e pronto a recepirli. L’esistenza di questo ambiente è connessa anche (ma non solo) con la presenza a Modica di una amministrazione di fatto autonoma, di tribunali, di biblioteche, di scuole.

Le istituzioni scolastiche, operanti a Modica alcune già da qualche secolo, erano rette da Religiosi, ed aperte, in quanto scuole ‘urbane’ (e non monastiche), anche a giovani laici, assicurando pertanto l’istruzione inferiore e superiore. Presso le famiglie nobili (qui come altrove) era invalso tuttavia l’uso, per le scuole primarie, di precettori privati. Erano attivi lo Studium di filosofia e teologia dei Carmelitani, presso il convento di S. Maria dell’Annunziata o del Carmelo; l’Amplissimum Studium dei Minori Osservanti, presso il Convento di S. Maria del Gesù; la scuola dei Domenicani, nel Convento di S. Domenico (sede anche del tribunale dell’Inquisizione); forse anche quella degli Agostiniani, presso il Convento di San Marco. Fino al grado universitario giungeva il Collegium Mothucense degli Studi Secondari e Superiori, fondato nel 1629 e retto dai Gesuiti.

Oltre ai corsi di studio regolari si svolgevano, forse per iniziativa di mecenati16 , veri e propri seminari di studi, come quello di medicina tenuto negli anni ’80 del ’600 da Diego Materazzo, per cui “molti giovani che volevano studiare la medicina vollero essere da lui istruiti e guidati, anche dai paesi vicini correvano a lui degli allievi. Così ampia scuola di medicina da lui si stabilì in Modica ed una colonia di medici, che camminavano sopra i suoi princípi”17 .

Ciascun convento possedeva una propria biblioteca: particolarmente rilevanti erano quella dei Padri Cappuccini, composta di più di 6000 volumi che nel 1877 furono classificati ed ordinati dal bibliografo Giuseppe M. Mira (oggi quel che ne resta fa parte del patrimonio librario della Biblioteca Comunale di Modica) e quella dei Gesuiti, composta di circa 3500 volumi18 . Fra le biblioteche private notevole dovette essere quella della famiglia Grimaldi19 , con cui il Campailla ebbe strette relazioni.

 

3. La tradizione è concorde nell’affermare che intorno ai dodici anni Campailla cominciò a manifestare “brama vivissima di apprendere”, volgendosi con “intelletto assai penetrante” allo studio. E’ presumibile che il giovane Tommaso frequentasse inizialmente qualche scuola, sotto la guida – secondo G. Trieste e Bovio – di mediocri maestri “presso de quali però lasciossi, per l’acutezza del suo intendimento, tutti gli altri condiscepoli lunghissimo tratto addietro20 . A questo punto dovette procedere da autodidatta, pur mantenendosi sempre in contatto con maestri, intellettuali ed istituzioni scolastiche e culturali della Città, se “si procurava i libri più celebri da ogni parte o dalle Biblioteche della città, o in prestanza dagli amici letterati” 21 . Studiò – dice il Mongitore – la filosofia aristotelica e scolastica, l’aritmetica, la retorica (intesa sia come studio delle norme che regolano l’elaborazione del testo letterario, sia come studio storico della letteratura22 ), la teologia, l’astronomia ed anche l’astrologia. Tenendo conto del patrimonio librario delle principali biblioteche cittadine, possiamo circostanziare queste affermazioni, dicendo che – per quanto concerne la filosofia – è possibile che Campailla conoscesse opere di Tommaso d’Aquino, Scoto, Suarez, De Lugo, Sanchez, Bellarmino, Caietano presenti nella biblioteca dei Gesuiti, che offriva un orientamento filosofico di tipo scolastico (interessante è pure la presenza, presso la medesima biblioteca, di sette fascicoli della Galleria di Minerva, usciti fra il 1696 e il 1722, che pubblicava estratti di opere letterarie e scientifiche europee, e che è pertanto indice dell’attenzione al moderno dibattito culturale europeo). Limitata all’ambito dell’aristotelismo e dell’agostinismo appare la biblioteca dei Padri Cappuccini, mentre una certa apertura alle moderne correnti filosofiche sembra caratterizzare la biblioteca privata dei Grimaldi. Per quanto riguarda la medicina23 , Campailla dovette frequentare i corsi tenuti a Modica da Diego Materazzo e dovette conoscere lo Universae Medicinae Compendium (e le altre opere), che questi aveva scritto per gli allievi della sua scuola24 . Prima della conversione al cartesianesimo nella formazione di Campailla trovano dunque posto i classici italiani e latini, Aristotele, i Padri della Chiesa, i filosofi Scolastici, auctores confermati tra l’altro anche dalla lettura dei Vagiti della penna25 .

Nel 1684 il padre lo inviò a Catania per studiarvi Giurisprudenza (fu quella l’unica occasione in cui C. si allontanò dalla città natale): forse in vista dell’attività di giureconsulto presso le corti giudiziarie di Modica26 . Ma Tommaso vi rimase per poco tempo, ritornando a Modica nel 1685 (probabilmente a causa della morte del padre, avvenuta in quell’anno, che lo lasciava libero di sé e amministratore di un discreto patrimonio) senza aver conseguito il titolo di studio e sempre più preso dai suoi studi letterari e filosofici. Questa esperienza non lasciò alcuna traccia nello sviluppo successivo del suo pensiero. Contemporaneamente in questi anni Campailla si dedica ad una produzione poetica di gusto barocco e secentista, andata in parte perduta.

Campailla non seguì dunque, a livello superiore, un corso di studi regolari: nella sua formazione, disorganica ma pur sempre in linea con quella tradizionale, dovettero contare maggiormente i frequenti incontri – peraltro meno vincolanti di una formazione scolastica regolare – con gli intellettuali locali dell’Accademia modicana27  o con i padri gesuiti del Collegium Mothucense, o ancora quelli saltuari e casuali con i dotti forestieri (italiani e stranieri) che numerosi giungevano nella capitale della Contea (particolarmente importante fu quello avvenuto nel 1693: vedi oltre). Questi ultimi, in particolare, contribuivano certamente all’innesto o alla diffusione di idee e conoscenze moderne in un tessuto sociale e intellettuale compatto (seppur variato al suo interno), come quello modicano28 . Qui Minori Osservanti, Domenicani, Gesuiti, Carmelitani, Cavalieri Gerosolimitani, teologi, filosofi cartesiani e filosofi aristotelici, medici, letterati si trovano a convivere29 , costituendo una vera e propria classe di dotti, che, mentre accoglie impulsi dall’esterno, dà vita a sua volta a prodotti culturali propri; in questo ambito non si negavano, da parte di maestri, illuminazioni culturali a giovani intellettuali.

Nel 1693, l’anno del disastroso terremoto che sconvolse il Val di Noto, Campailla ebbe un incontro, decisivo per l’evoluzione del suo pensiero, con un non meglio precisato filosofo cartesiano30 , che lo introdusse alla filosofia di Cartesio. Inizia così per Campailla un quindicennio di studi filosofici e scientifici condotto sulle opere di Cartesio e dei cartesiani, le cui risultanze si convertiranno in risultati estetici con la pubblicazione de L’Adamo (1709).

 

4. Nel 1694 Tommaso Campailla sposò – vincendo, secondo la tradizione, la propria misoginia31  – Antonia Giovanna Leva e Lionfante32  (morta prima del 1715) da cui ebbe un figlio, Raffaele. Nel 1715 sposò in seconde nozze Rosa Morando33 , anch’ella vedova. Religiosissimo, condusse un’esistenza piuttosto appartata e dedita prevalentemente allo studio; fu precettore dei figli del Principe Enrico Grimaldi (Giovanni e Girolama) e della famiglia Arezzi34 . Negli anni in questione la sua famiglia godeva di condizioni economiche relativamente modeste, che si andarono progressivamente assottigliando sia perché Campailla non fu per nulla versato nel “maneggio degli affari” (Trieste e Bovio), sia perché giungeva ad indebitarsi per acquistare i libri.

I biografi riportano poi vari aneddoti circa la sua ‘stravaganza’ e ‘bizzarria’, talvolta collegata all’aspetto deforme35 : ipocondriaco, da novembre a giugno stava nel suo studio, riscaldato da un braciere che ardeva notte e giorno, sicché gli amici che andavano a trovarlo, non reggendo la temperatura altissima che ivi si creava, gli parlavano da una stanza accanto; in estate andava in giro, sempre vestito pesantemente, per la città in portantina perché temeva, camminando, di spezzare ad ogni passo l’equilibrio della sua macchina corporea; teneva un singolare regime alimentare, sforzandosi di vomitare i cibi mal digeriti36 . A questi elementi il Guastella aggiunse la testimonianza della tradizione popolare, nel cui ricordo il Campailla era ancora vivo ai suoi tempi (premoniti di morte tratti dalla dolcezza del canto per una giovane contadina, guarigioni miracolose, terremoti artificiali, devozione vivissima e superstiziosa per l’arcangelo Raffaele)37 . Nella tradizione popolare Campailla viene “rappresentato come alcun ché tra lo stregone e il santo” 38 , ovvero “a metà strada tra Galilei e Cardano”.

Ritengo che in questa aneddotica vi siano, quando non addirittura vere e proprie invenzioni, delle palesi esagerazioni. Tuttavia questi elementi si radicarono talmente nella tradizione su Campailla che non possiamo tacerli; li accogliamo cercando di cogliere il nucleo storico su cui certamente si basò e concrebbe tale tradizione: Campailla fu certo un personaggio singolare, nel fisico come nella mente; questa sua complessiva diversità, unita all’alone di rispetto e mistero, che presso il ‘volgo’ avvolge l’uomo di scienza, avrà contribuito a creare nella fantasia popolare il mito del santo-stregone. Del resto, che non fosse del tutto burbero né stravagante è prova la sua attività pedagogica, la serietà intellettuale, la sua prolungata attività politico-amministrativa, la sua pietas di medico.

Partecipò infatti per lungo arco di tempo all’amministrazione della cosa pubblica. Abbiamo allo stato attuale ben pochi documenti e notizie che ci permettano di capire che senso abbia avuto la sua partecipazione alla vita politica della città. Sappiamo che venne chiamato, probabilmente per le sue doti intellettuali e per la sua appartenenza al patriziato, a ricoprire la carica di Magistrato Municipale39 , incarico che svolse per ventiquattro anni di seguito40 . La sua attività politica dovette iniziare sul finire degli anni novanta, visto che il Renda41  pone Campailla tra coloro che, dopo il terremoto del 1693, deliberarono la ricostruzione della città nello stesso sito. Schivo e restio, rifiutò di far parte di una missione diplomatica, quale rappresentante della Capitale della Contea, nel 1713 alla incoronazione di Vittorio Amedeo II di Savoia a re della Sicilia. Campailla rifiutò, adducendo come motivi la sua malferma salute e il timore di ammalarsi durante il viaggio42 . I biografi notarono del resto la poca coerenza in fatto di orientamenti politici generali: infatti nel 1716 magnificava negli Emblemi il re Sole Luigi XIV e lo pregava di ristabilire la pace tra i príncipi cristiani e muovere così in guerra contro i turchi; nel 1728 dedicava a Carlo VI, imperatore d’Austria e re di Napoli e Sicilia, l’Adamo; nel 1738 gioiva delle nozze di Carlo III di Borbone con Maria Amalia Walburg43 .

 

5. Campailla diede impulso alla innovazione della cultura locale. Caratterizzata, come abbiamo visto, dall’assenza di conflitti politici e culturali tra intellettuali di varie tendenze (cartesiani***  e aristotelico-scolastici). Essa si avvia con Campailla verso una aperta ma moderata opposizione all’aristotelismo filosofico44 . Con i professori del Collegio, in particolare, non sussiste mai – come altrove – un conflitto: prova ne sia il fatto che le posizioni dei Gesuiti verso Campailla furono improntate a grande rispetto ed apprezzamento, come nel caso di Michele Romeo da Marsala45 , o di Gerolamo Ragusa46 , o ancora di Francesco Sammartino, che del Campailla effettuò l’orazione funebre; al gesuita Giacinto Lorefice Campailla dedica il sonetto XXXV degli Emblemi. Ciò potrebbe spiegarsi pure con la moderata apertura ai nuovi orientamenti culturali da parte dei Gesuiti modicani; ma anche con la saggia politica svolta dal principe Grimaldi47 . Va peraltro rilevato che i Cartesiani in Sicilia godevano di prestigiose amicizie. In particolare Campailla godette del patrocinio e del mecenatismo del barone Francesco Bonanno del Bosco48 , e a partire dagli anni venti del messinese Giuseppe Prescimone49 . Buoni furono anche i rapporti con gli Officiali del Tribunale modicano dell’Inquisizione: nei Vagiti è lodato ad es. Don Felice Celeste50  commissario del Santo Uffizio a Modica e Diego Matarazzo51  (padre di Francesco) che fu “ex familiaribus inquisitionis”52 . Campailla, del resto, compose L’Apocalisse dell’Apostolo Paolo anche per confutare i quietisti. Analoghi sbandamenti dottrinali infatti circolavano anche a Modica: sappiamo dal Villabianca – citato da Sciascia53  – che un certo Don Mariano Crescimano, benedettino, intorno al 1735 aveva partecipato al movimento ereticale degli ‘Alumbrados’ (quietisti) ed “aveva fatto proseliti” nel monastero modicano delle Benedettine, divenuto focolaio di irradiazione di quell’ ‘eresia’. In quella occasione cinque persone furono segnalate all’Inquisizione, fra cui Rosario Castro, prevosto della Collegiata (di S. Giorgio?) di Modica.

 

6. Per comprendere la portata della innovazione svolta da Campailla e dai cartesiani modicani (il Matarazzo e in certa misura il Moncada, il Grana, il Pluchinotta) occorre individuarne il ruolo svolto all’interno dell’Accademia modicana detta ‘degli Affumicati’. Non molto si conosce di questa Accademia54 . Col materiale che abbiamo a disposizione possiamo affermare che, sebbene il Carrafa affermi la presenza, già ai suoi tempi, di una ‘Accademia modicana’, quella propriamente denominata ‘degli Affumicati’ pare sia stata fondata intorno al 1670 come attesta il Quadrio (1673) e come si desumerebbe da un documento del Renda (che addirittura fissa la data del 16 agosto 1670 per la sua prima sessione)55 .

Ritengo che si possano individuare, tra la fine del ’600 e la prima metà del ’700, due momenti di attività e di sviluppo nella vita dell’Accademia. Va precisato tuttavia che l’accentuazione di un tipo di attività sull’altra non è da intendersi in senso esclusivo e totalizzante: un’attività scientifica svolse infatti Diego Materazzo con i suoi insegnamenti di medicina, durante la prima fase; viceversa, nel contesto della fase ‘scientifica’ possiamo porre l’attività letteraria, testimoniata da ‘La Dama in Parnaso’ di Girolama Grimaldi. Sarebbe, del resto, schematico ridurre la complessità dell’espressione umana secondo partizioni statiche e ben definite.

Il primo momento è quello dell’attività prevalentemente letteraria e poetica. L’Accademia fu denominata ‘degli Affumicati’, ed ebbe per insegna uno sciame d’api affumicate innanzi l’alveare perché, secondo l’abusata metafora delle api, “ai letterati si conviene l’allegoria delle pecchie, le quali traendo dai fiori il più soave succo, lo convertono in dolce ed utile liquore56 . Questa attività si svolse fin verso la fine del Seicento. Per avere un’idea del tipo di attività svolta dall’Accademia in questa sua prima fase, ritengo rivelatrice una ricognizione de I Vagiti della Penna. L’opera – ancora manoscritta – contiene infatti non solo componimenti del Campailla, ma anche rime di corrispondenza di altri Accademici; di riflesso informa su pubblicazioni di membri dell’Accademia, su occasioni culturali esterne all’Accademia, sulla linea politico-culturale della stessa. Una sommaria analisi consente di individuare le forme, i contenuti, i modi della attività dell’Accademia in questa prima fase. I componimenti poetici sono riconducibili a due tipologie: componimenti brevi (per la quasi totalità sonetti) di argomento vario; discorsi accademici in versi, più lunghi, consistenti in vere e proprie dispute su un argomento proposto e difeso pro et contra da Accademici.

a) Componimenti brevi, che si possono raggruppare in vari generi: componimenti relativi alla vita culturale e pubblica della città57 ; componimenti legati alla vita e alla attività dell’Accademia58 . La maggior parte dei componimenti brevi sono però elogi di potenti e nobili locali. Accanto ad elogi in forma tradizionale compaiono forme più originali e astruse – barocche, appunto – come imprese, anagrammi, allusioni figurate; da questi proverrà l’idea e il piano degli Emblemi.

b) Discorsi Accademici in versi. Ne abbiamo due del Campailla: nel primo (Carta 38b- 53a) “... si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo nella perdita di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella”; l’avversario è Don Angelo Arezzi. Il secondo Discorso accademico (Carta 97a - 108b) si articola in tre punti, difesi rispettivamente da Don Erasmo Assenza, Don Angelo Assenza e dal Campailla.

Per i contenuti e i modi della poetica accademica, sono fondamentali gli argomenti sacri; in secondo luogo l’amore59 ; minore spazio è dato ad argomenti storici o mitologici. I modi in cui questi argomenti sono trattati sono quelli della poesia barocca e secentista, con particolare attenzione alle metafore, alle arguzie concettuali e semantiche, alle inversioni60 .

Un rapido censimento dei membri noti evidenzia la composizione sociale dell’Accademia61 : su una cinquantina di nomi prevalgono i signori Don (cioè i rappresentanti del patriziato minore: circa il 50%); sette baroni; sei religiosi; quattro medici di cui due protomedici (quindi legati al pubblico potere) e tre dottori in legge. In sostanza si tratta di un gruppo di intellettuali organici alla classe dirigente, borghesi o nobili, laici o religiosi assai coeso al suo interno, la cui attività si esplica spesso nell’amministrazione e nel governo della Contea.

Il secondo momento è quello segnato soprattutto dall’attività scientifica. Il nome viene mutato in quello di ‘Accademia degli Infuocati’ 62 . L’emblema degli Infuocati “fu un rogo acceso a cui sovrasta una fenice, alludente al sacro fuoco di cui debbono accendersi gli accademici poeti” 63 .

L’asse delle discussioni si sposta ora verso una problematica filosofica e scientifica. I membri sono quasi tutti medici e filosofi (F. Materazzo, Grana, Moncada, Denaro, Pluchinotta, etc...)64 . Un ruolo determinante in questo cambiamento dovette avere lo stesso Campailla, ‘convertito’ al cartesianesimo, che fece dell’Accademia la fucina di ingegnosi esperimenti chimico-fisici65 ; possiamo anzi ipotizzare che questo mutamento coincise con l’elezione di Campailla a ‘custode’ dell’Accademia66  intorno ai primi anni del Settecento. In questa fase l’Accademia, smessi i panni del cenacolo di intellettuali che si diletta di giochi poetici, acquisì la coscienza della utilità sociale della scienza: la stessa natura dei problemi affrontati denota un interesse per questioni legate all’economia e alla cultura locali; infatti un posto di riguardo vi occupa il problema della fermentazione67 , quello dei morbi epidemici68 , e della sifilide69 .

A questa fase occorre ascrivere anche il magistero di medicina da parte del Campailla e la sua pratica delle autopsie, testimoniata da F. Materazzo70 , continuando così la tradizione della Scuola medica modicana, la cui attività71  nella prima metà del Settecento si inserisce a pieno titolo nel movimento di innovazione della cultura scientifica locale, avviato con l’Accademia degli Infuocati. Connesse con l’insegnamento nella Scuola Medica dovettero essere la ricerca scientifica e l’attività di medico (spesso riduttivamente ascritta alla sola cura della lue).

Fornito di una notevole conoscenza della letteratura medica antica e moderna, Campailla appare sorretto da un robusto senso della prassi, che lo porta spesso ad anteporre i risultati, comunque raggiunti, alla loro giustificazione razionale72 . Una analisi anche approssimativa delle opere collegate al suo sapere medico, denunzia la complessità delle sue conoscenze nonché la modernità degli atteggiamenti verso determinate malattie (in primis la sifilide73  e la follia), per altri invece oggetto di imbarazzanti silenzi perchè socialmente infamanti o pericolose. Tale atteggiamento in Campailla non era né scontato né naturale, anzi contrario allo spirito del tempo, specie per quanto riguarda la follia74 . Ed è in questa sua pietas che cogliamo l’alta coscienza della sua professione di medico, instillata in lui dal Matarazzo.

L’attività svolta quindi dalla Scuola Medica Modicana, come pure gli esperimenti condotti presso l’Accademia modicana costituirono una innovazione rispetto all’insegnamento impartito nel collegio dei gesuiti75  che insegnavano medicina teorica ma, presumibilmente, non anche chirurgia. Operazione, dunque, non di poco conto, in quanto si trattava di agire sulle direttrici di ricerca di un gruppo di intellettuali in cui si amalgamavano prospettive tradizionali con spinte innovatrici. Il Campailla dovette valersi del consenso di altri cartesiani modicani come soprattutto il Matarazzo, il Moncada e per certi versi anche il Grana (buon conoscitore di Galileo e Gassendi), oltre alla protezione e benevolenza dei Grimaldi, e all’obsequium verso Mecenati organici alla classe dirigente o alla stessa Inquisizione, alcuni dei quali membri, essi stessi, dell’Accademia****.

Questa, peraltro, era apprezzata anche ufficialmente in Città: da un sonetto, a c. 54b dei Vagiti, si evince che ricevette la visita del capitano della città, Don Blasi Salemi; mecenate dell’Accademia fu per qualche tempo il Celeste, commissario del Santo Uffizio a Modica. Un considerevole numero di accademici modicani, inoltre, faceva parte anche dell’Accademia dei Geniali: Francesco Matarazzo, Giuseppe Moncada, Girolama Lorefice Grimaldi, Giuseppe Orazio Denaro, Giovanni Fazio, oltre allo stesso Campailla.

L’Accademia modicana tenne vivi i contatti con altre accademie presenti nella Contea: così, ad esempio, rileviamo che in un sonetto dei Vagiti (a Carta 73a.) Campailla si congratula col “sig. Don Giuseppe Celeste per essere stato eletto Principe nell’Accademia di Scicli” dei Redivivi76 .

Per il momento politico dell’Accademia, si registra che nel 1720, quando la Sicilia passò sotto l’impero austriaco, l’Accademia di Modica guardò con favore a Carlo VI d’Asburgo, considerato un monarca riformatore (non tale, però, da turbare consolidati equilibri politici e l’assetto stesso della Contea, che viene anzi ripristinata da tale Sovrano nel 1729).

Una valutazione dei frutti dell’attività dell’Accademia e, in essa, di T. Campailla, implica una lettura della produzione scientifica (ed un confronto sincronico con altre spiegazioni scientifiche coeve): cosa che esula dagli intenti del presente studio.

Ma, al di là della ricerca di Nomi di grande influsso e di risultati non certo dirompenti, abbiamo potuto rilevare la consonanza col ‘sentire’ del tempo e l’intensità di vita culturale da parte di un tessuto qualificato di Studiosi (e pure di Donne) nel contesto della vita della Contea di Modica. E Campailla emerge come animatore e a tratti coordinatore di un alto dibattito, cui Egli afferisce un contributo tendente a rinnovare, con concretezza operativa e senso di responsabilità, modalità di ricerca scientifica e contenuti culturali.

 

7. Concludiamo con un cenno sulla fama del Campailla. Gli anni in cui, anche fuori dalla Sicilia, l’opera del Campailla fu maggiormente fruita – anche se il suo successo fu limitato e non tale da costruire la base di una ulteriore dilatazione – coprono il terzo decennio del XVIII secolo.

Segni tangibili della sua notorietà furono le ascrizioni ad Accademie locali e nazionali. È documentato che Campailla fu socio, oltre che dell’Accademia degli Infuocati, dell’Accademia palermitana dei Geniali77 ; dei Pastori Ereini78 , del Buon Gusto79 , degli Assorditi di Urbino80 , degli Arcadi81 . Priva di fondamento è l’indicazione che il Sinesio stampa sul frontespizio dell’Apocalisse (1784), secondo cui appare Campailla fellow della Royal Society: il suo nome non compare mai negli elenchi relativi tra il 1709 e il 1741, anche se recentemente l’epistolario del Campailla si è arricchito di una lettera, sfuggita al Sinesio, inviata dal Campailla alla Royal Society82 , che documenta l’esistenza di rapporti tra Campailla e la Royal Society, già prima che il modicano facesse la conoscenza del Berkeley.

Fu elogiato per il suo scritto su Newton dal Fontenelle e tenne corrispondenza con George Berkeley83 . Le sue opere, recensite su le Novelle Letterarie della Repubblica di Venezia84 , erano state accolte e lodate, oltre che in Sicilia85 , a Milano86 , Lucca87 , Pisa88 ; Roma89 ; Napoli90 , ma soprattutto a Modena con L. A. Muratori91 . Se a ciò aggiungiamo la testimonianza del Sinesio stesso, che, cresciuto a Torino, aveva già da ragazzo conosciuto l’Adamo del Campailla, avremo delineato una immagine oggettiva della fama che riscosse l’opera del Campailla.

Le sue dottrine tuttavia non suscitarono discussioni negli ambienti della cultura italiana92  anche a causa della preminenza data agli aspetti letterari della sua opera, e del retaggio in questi del tanto vituperato secentismo: Giuseppe Baretti scrivendo al fratello Amedeo, in una lettera del 29 agosto 1760, coglieva i limiti di un’opera come l’Adamo, che non trovò consenso tra i lettori, perché “istruiva solamente93 . Ancora nel 1825 il viaggiatore inglese sir Richard Colt Hoare regalò l’edizione delle opere di Campailla e i libri del Mongitore a quello che oggi è il British Museum94 .

L’opera di Campailla fu successivamente avvolta dall’oblìo.

A Lui fu intitolato, nel 1877-78, il Liceo classico di Modica.

 

Morì di attacco apoplettico nel 1740. L’orazione funebre fu fatta in Modica dal gesuita Francesco Sammartino95 . Fu commemorato in Palermo nell’Accademia del Buon Gusto dal padre scolopio Melchiorre da S. Antonio96 . Il Muratori nell’opera Della forza della fantasia umana con sincera stima ne considerò la morte “una gran perdita per la Repubblica Letteraria”97 . Fu sepolto nella chiesa di S. Giorgio in Modica, ove fu posta, ad un secolo dalla morte, una lapide98  con la seguente iscrizione:

 

Thomae Campaillae

patricio Muticensi,

viro ingenii, doctrinae,

humanitatis laude prestanti,

qui omnia fere scientiarum arcana

per seipsum edidicit, perlustravit,

philosophiam poesi scito connexuit,

Academiam patriam instauravit,

in exteras plerasque adscitus,

editis in lucem voluminibus rem litterarum publicam locupletavit;

omnibus denique carus,

fato cessavit VII id. Febr. MDCCXL, annos natus LXXII.

Huic tanto tamque praeclaro civi

Josephus Campailla nepos,

grati memorisque animi

monumentum anno MDCCCLVIII posuit.

 

 

Bibliografia sull’ambiente culturale a Modica fra ’600 e ’700:

 

AMICO V. M., Lexicon Topographicum Siculum, trad. Di Marzo G., Palermo 1855-6; rist. a cura della Regione Siciliana, ibid. 1969; VENTURA F., Cenni storici sulla città di Modica, Palermo, Meli, 1852; GRANA SCOLARI R., Cenni storici sulla città di Modica, Modica, Nifosì, 1895; FAILLA F., Contributo alla Storia della Pubblica Istruzione in Modica, Modica, tip. Maltese e Abela, 1920 [rist. Modica, Editrice Corriere di Modica 1981]; FRASCA V., I gesuiti a Modica (conferenza), Palermo, tip. salesiana 1959 [questo Autore è l’unico a ipotizzare una dipendenza diretta di Campailla dal collegio dei Gesuiti]; DORMIENTE F., La cultura del ’700 a Modica, tesi di laurea discussa presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Catania, a.a. 1972-73 (rel. Santi Correnti); DOLLO C., Guastella e la cultura modicana del settecento, in A.A.V.V., Serafino Amabile Guastella e la cultura contadina nel modicano; Atti del Convegno, Arch. Stor. Sic. Or., LXXV (1979) fasc. I; DOLLO C., La ragione signorile nell’etica di Tommaso Campailla, in Siculorum Gymnasium, n. 2, 1979; G. Finocchiaro Chimirri, Introduzione a Grimaldi Lorefice G., La dama in Parnaso, Palermo, Toscano 1723, rist. Tringale, Catania 1983; COLOMBO G., Collegium Mothycense degli Studi Secondari e Superiori (Modica, 1630-1767; 1812-1860), Ente Liceo Convitto, Modica 1993.

 

 

 

NOTE

 * (Ragusa, 1972). Risiede a Modica, via Modica-Sorda, Tel 0932/945003.

Ha pubblicato: Produzione scientifica e letteraria di T. Campailla, in Archivum Historicum Mothycense, n. 4/1998, e ivi, La concezione di ‘filosofia’ di T. Campailla; Una lettera inedita a T. Campailla, in Dialogo, aprile 1999.

 

** Un quadro generale di Modica – fondato su fonti documentali e riferito ai primi decenni dell’ ’800, in cui tuttavia permangono aspetti del secolo precedente – relativo al suo assetto urbanistico e sociale (‘ritratto’ piuttosto diverso da quello effettuato da S. A. Guastella, spesso stancamente ripetuto, op. cit., pagg. 21-22), è quello proposto da G. Colombo, Collegium Mothycense degli Studi Secondari e Superiori (Modica, 1630-1767; 1812-1860), Ed. Ente Liceo Convitto, Modica 1993, pagg. 177-185. Cfr. anche Editoriale del n. 4/1998 di Archivum Historicum Mothycense, pag. 4, nota 3. (N.d.C.)

 

(1) E non come dicono il Sinesio, il Renda, ed altri da un Guglielmo e una Marianna Giardina.

(2) La casa si trovava – e si trova tuttóra –  nella Via Pusterla (o Posterla o Posterna), al numero civico 31, ed è riconoscibile per la sua torretta merlata.

(3) Da Scicli proveniva infatti Calogero Campailla (1498-1569) antenato del nostro, giureconsulto e poeta, autore delle poesie “Piacer d’Amanti”. E’ ricordato nella dedicatoria dell’edizione catanese dell’Adamo (1709).

(4) ‘Patrizio modicano’ è la denominazione che compare in frontespizio nelle opere di Campailla. Era inoltre imparentato con la piccola nobiltà locale. L’impresa della famiglia era un giardino con un fascio di spighe: cfr. Vagiti della Penna, carta 96a. Della famiglia Campailla parla Jacopo da Mazara ed Echebelz, nella prefazione a L’Adamo.

(5) Dal ceto dei gentiluomini per iniziativa dei Conti si sceglievano i più importanti funzionari della Contea: il governatore, il procuratore (sindaco), l’avvocato del fisco, il maestro giurato, il portolano, il maestro secreto, il protomedico e il protonotaro, i magistrati delle varie Corti, compresi i giudici della Gran Corte, il capitano e il suo consultore. Altri funzionari venivano scelti per libera elezione, come, dal patriziato, i giurati d’ogni comune e, dai diversi ceti sociali, i consiglieri comunali.

Sul ruolo e sul contributo del patriziato nella vita della Città e della Contea, cfr. la premessa allo studio di G. Raniolo, Le origini del Casato de Leva (o Leyva) in Modica, in Archivum Historicum Mothycense, n. 4/1998, pag. 45. Sull’accezione di ‘privilegio’, non necessariamente negativa (privilegio ‘ingiustificato’) in considerazione anche della sua estensione non soltanto al ceto dei ‘gentiluomini’, cfr. G. RANIOLO, Introduzione alle consuetudini ed istituti della Contea di Modica, Ed. Ass. Cult. Dialogo, Modica 1987, vol. 2, pagg. 13-82.

(6) Cfr. Modica, Archivio di Stato (A.S.M.), Arch. Contea, vol. X di Lettere, cit. da RANIOLO G., Introduzione alle consuetudini…, cit., vol. 2, pag. 80.

(7) La notizia è riportata dal SINESIO, op. cit., p. XXVIII. Il Guastella, che la riteneva infondata, considerava decisiva la testimonianza dell’atto di matrimonio del Campailla, da cui credeva di poter dedurre la presenza della madre fra i testimoni presenti. In realtà il passo in questione, di malagevole lettura, non si riferisce alla presenza in loco della donna, che viene citata come matronimico per i due contraenti il matrimonio.       

 * …ossia, della costante apprensione di C. per la propria salute, con connessi disturbi gastro-epatici.

(8) In particolare lo storico dell’arte P. Nifosì ha fatto osservare stringenti analogie tra la chiesa modicana di S. Giorgio e due chiese di Dresda e di Praga. Cfr. NIFOSI’ P. - MORANA G., La Chiesa di S. Giorgio di Modica, Ediz. a cura della Provincia Regionale di Ragusa e dell’Archivio di Stato di Ragusa, tip. Motta, Avola 1996, pag. 11-12; NIFOSI’ P., Rosario Gagliardi nell’area della Contea di Modica, in A.A.V.V., Annali del Barocco in Sicilia, Ed. Cangemi, Roma, 1996, pag. 66-7; KRAMER A., Rosario Gagliardi e i suoi contemporanei tedeschi, in Annali del Barocco... cit., pag. 129-39; E. Fidone, La chiesa e il Collegio dei Gesuiti a Modica: nuovi documenti, in Annali del Barocco… cit, pagg. 91-97. Anche il ruolo svolto dalla circolazione di incisioni o simili prodotti a stampa dovette essere notevole, come rileva il DOLLO, La ragione signorile nell’etica di T. Campailla, in Siculorum Gymnasium, n. 2, 1979, pag. 392.

(9) Oltre al Prescimone, munifico mecenate che metterà il Campailla in comunicazione col Muratori (cfr: CRISCIONE  G., La concezione di ‘filosofia’ di Tommaso Campailla. Dall’epistolario Campailla - Muratori, in Arch. Histor. Mothyc., n. 4, 1998, pag. 33-8), messinese fu anche Alessandro Burgos, vescovo di Catania, amico del Prescimone, elogiato nell’Adamo c. VIII, 93-5. Il Burgos, con G.B. Caruso aveva combattuto l’uso di applicare i metodi della scolastica al diritto e alla storia della Chiesa: prova che Campailla apprezzava i riformatori anche in tali discipline.

(10) RENDA F., op. cit., vol. I, pag. 111.

 * Rapporti privilegiati di Modica con Messina dovevano essere di lontana data se Placido Carrafa, già nel 1670, ha interesse a pubblicare una storia di Messina: La Chiave d’Italia. Compendio Historico della Nobile, ed Esemplare Città di Messina…, Venezia, M. Filippi 1670.   (N.d.C.)

(11) GIARRIZZO G., Illuminismo, in A.A.V.V., Storia della Sicilia, Vol. IV, Società Editrice Storia di Napoli e della Sicilia, Napoli 1984, pag. 716

(12) Diego Materazzo è figura sottovalutata. Nato a Modica nel 1642, studiò medicina a Messina con Domenico Scala, e successivamente si addottorò a Catania in filosofia e medicina. Ritornato a Modica, vi inaugurò intorno agli anni ‘80 un insegnamento di medicina che richiamò discepoli anche dai paesi vicini e che costituì il primo nucleo della “Scuola medica modicana”. Amico dell’Ingrassia, fu Protomedico Generale della Contea e fu anche ex familiaribus inquisitionis. Tra le sue opere ricordiamo: De febribus peticularibus malignis et contagiosis quae anno 1672 per universum Trinacrie regnum debocate fuere, medica relatio, duodecim problematis controveriis locupletata, Mazzarino 1672 (quest’opera per la morte del Principe di Butera, proprietario della stamperia, non fu terminata di stampare); De Prolificae eclipsis effectibus epistola medica, morbi curatione, duobus controversiis et commentatione locupletata, Napoli, De Bonis 1690 (dedicata al sig. Antonio Settimo barone di Cammeratini); queste opere sono oggi rarissime. Manoscritti rimasero invece una raccolta di Epistulae et consultationes medicinales e l’Universae medicinae compendium. A questi scritti ne vanno aggiunti altri che il Materazzo produsse in qualità di dilettante di poesia: ricordiamo la Selva in Parnaso (manoscritto posseduto dal Renda, cfr. Renda, op. cit. pag. 64) e la Caccia della Verità (citato dal Campailla in un sonetto dei Vagiti: cfr: Carta 33b, Al sig. Don Diego Materazzo medico eccellentissimo per la sua opera titolata “La caccia della verità” dove egli si figura col titolo della canna. Apostrofe alla canna.). Morì nel 1702.

(13) A titolo esemplificativo possono citarsi l’ostensorio in argento del giovane Filippo Juvarra, conservato nella chiesa di S. Giorgio e altre opere di argenteria messinese, nonchè una tela di Agostino Scilla (attrib.) nella chiesa di S. Lucia.

(14) Cfr. MIRA G. M., Bibliografia siciliana ovvero gran dizionario bibliografico, Gaudiano, Palermo 1875 (rist. Forni, Bologna 1973) vol. I: Giuseppe Celestri (dottore in teologia), Aborto di filosofia all’inclita reina e Real Maestà della Reina di Svezia, Napoli, Colicchia, 1676; Diego Materazzo, De Prolificae eclipsis effectibus epistola medica, morbi curatione, duobus controversiis et commentatione locupletata, ibid., De Bonis, 1690; Ignazio da Mazzara ed Echebelz, Dei sudori del Meriggio, ibid., Troyse e Pietroboni, 1694 (una prima edizione dell’opera era apparsa sempre a Napoli nel 1692 presso Parrino); Epistole eroiche, ibid., Parrino e Muzio, 1692; Euterpe officiosa, odi, ibid., Parrino e Muzio, 1692; Girolamo Ragusa, Siciliae Bibliotheca recens, continens elogia siculorum, qui nostra, vel nostrorum memoria literarum fama claruerunt ab anno 1500 ad 1700, ibid., 1720; Gerolamo Renda Ragusa, Singulare iuridico-politicum de filiis sacrilegi legitimati privilegio principis consequi possunt hereditatum paterna ex testamento, aut aliquo, ex titulo, aut etiam ab intestato, ibid., 1722; Colletta Ignazio, Discorso sopra l’imprese dell’Accademia del Buon Gusto, ibid.,1723; Pietro Celestri da Scicli, Motivi per i quali si giustifica il ricorso presentato al Re dal Capitolo e dai Parrochi di Palermo contro la prammatica sulla riforma del Lutto, ibid., 1737; Gerolamo Settimo, Trattato delle unghiette cilindriche, ibid., 1752; le Epistulae Medicae teraperuticae de purgantium agendi ratione, vi deleteria, eorumque usu et abusu, (1779) del medico modicano Giorgio Castagna.

(15) Una lettera inedita di Agostino Giuffrida è stata pubblicata recentemente in  CRISCIONE G., Una Lettera inedita a Tommaso Campailla, Dialogo, aprile 1999, pag. 6.

 

* Lo Studium dei Carmelitani era di orientamento filosofico sostanzialmente tomistico, e, per la teologia, con connotazioni proprie della ‘spiritualità’ carmelitana (cfr. in questo stesso fascicolo lo studio Sulla ‘religiosità’ di T. Campailla…, pag. 112    e nota 28); il grande Studium, o Mothycense Gymnasium Generale, dei Francescani Osservanti era di orientamento scotista; la Scuola dei Domenicani era certamente di orientamento tomistico, con una caratterizzazione, almeno per un certo periodo, di segno bañeziano.

Sulla prestigiosa Istituzione Scolastica del Collegio   voluta concordemente dalla popolazione e dai maggiorenti della Città fin dall’inizio del ’600 –  che avvia la propria attività nel 1630 e forma gran parte della classe dirigente per circa due secoli, e che negli anni di cui si tratta nel presente studio esercita in pienezza il ‘privilegio’ di conferire i gradi accademici, rimandiamo al documentato saggio storico di G. Colombo, Collegium Mothycense…, citato. Cfr. inoltre riquadro in questo stesso fascicolo di Archivum… (N.d.C.)

(16) “Molto si sentiva allora per la pubblica istruzione e parecchi cittadini morendo, lasciavano legati…”; GRANA SCOLARI R., Cenni storici... cit., vol. I, pag. 141.

(17) Cfr. RENDA F., op. cit., vol. II, pag. 68.

(18) Conosciamo l’elenco delle opere presenti nella Biblioteca del Collegio dall’atto notarile di consegna a seguito della soppressione della Compagnia (1767): Modica, Archivio di Stato, Arch. Notarile, notaio Orazio Amore, vol. 11 (1778-79), ff. 209-407, Inventarium omnium mobilium, librorum, cartarium, et aliorum exist. in domo seu in ab.to Colleg. expulsorum Jesuitorum huius civitatis Mohac [...] 30 settembre 1778. Non è tuttavia da escludersi che al momento di tale consegna (a. 1778) alcuni libri fossero andati già perduti.

(19) …oggi in parte conservata a Modica, presso l’Archivio di Stato.

(20) SINESIO, op. cit. XXIX e XXXI.

(21) SINESIO, op. cit. XXXI.

(22) Manuali di retorica di carattere dilettantistico venivano compilati anche a cura di dotti locali. Nei Vagiti della penna a Carta 60a troviamo un sonetto dedicato Al Sig. Barone Don Pietro Ventura. Per il suo studio incominciato della rettorica. Si allude al cognome di Ventura; e ancora a Carta 60b un sonetto Per “Il Prato Rettorico”. Opra del sig. Don Antonino Vitale, dove dispensa un fiore ad ogni capitolo. Paragone dei fiori di Minerva ai fiori di Flora. È assai probabile che Campailla ne avesse conoscenza diretta e che anche su di esse, oltre che sui classici (Aristotele, Cicerone, etc...) conducesse lo studio della retorica.

(23) Il GRANA SCOLARI, op. cit., vol. I, pag. 249, dice che maestro del Campailla fu anche un tal Giovanni Antonio Scrofani (1605-1681), protomedico della Contea intorno al 1645 e fondatore di una scuola ippocratica (ma non uno dei componimenti dei Vagiti è indirizzato allo Scrofani ). Di lui ci dice che, ammogliatosi, abitò in Scicli, ove nella sua casa creò una Accademia letteraria; studiò matematica ed astronomia sotto il celebre Odierna; era perito nella Musica e nella poesia. Le sue opere principali sono: De febri populari quae vagata est per totam Siciliae regnum anno 1672 (epistola in 8°), Palermo, Pietro Dell’Isola, 1673; scrisse anche della peste a Modica del 1672 e lasciò manoscrtitto un dramma intitolato Il Sant’Alessio.

(24) Nell’ambito della medicina possiamo individuare per Campailla un preciso iter formativo che si svolge a partire dagli anni ottanta e che conosce almeno due momenti. Stando al Renda, Campailla frequentò i corsi di Medicina tenuti dal Materazzo. Diventa importante conoscere la sostanza dell’insegnamento del Materazzo per stabilire in che misura Campailla ne dipese. Possiamo ritenere con il Dollo (Filosofia e Scienze in Sicilia, cit., pagg. 134 e 215) che questo insegnamento dovette basarsi sia su autori tradizionali (Ipocrate, Galeno, Celso, Avicenna, Averroè) e sulla medicina astrologica (che ebbe una parte assai consistente); sia su qualche autore moderno e sul Fracastoro. Del resto il Matarazzo aveva studiato a Messina dove fu allievo di Domenico La Scala, seguace di Van Helmont. In un primo momento Campailla si lasciò irretire dalla astrologia applicata alla medicina sull’esempio del maestro, che nel 1682 aveva pubblicato il Prolificae Eclipsis effectibus Epistola Medica (e agli anni ‘80 risale un’opera di astrologia giudiziaria - arte di leggere il ‘giudizio’ degli astri sulle vicende terrene - del Campailla, andata perduta). Campailla abbandonerà l’astrologia giudiziaria (come apprendiamo dall’Emblema CCLXII; anche se qualche perplessità lascia il suo ritorno ad essa nella seconda serie dei Problemi naturali del 1738) per volgersi allo studio della filosofia cartesiana intorno al 1695. Il secondo momento dell’apprendimento medico avviene appunto a partire dagli anni 1693-5 e dipende dalla sua conversione al cartesianesimo. Se Campailla riesce ad affrancarsi dal primo insegnamento è proprio grazie a quella rielaborazione critica che è stata recentemente messa in luce (cfr. G. COLOMBO, Editoriale di Archivum Historicum Mothycense, n. 4/1998, pagg. 3-12, e ivi il mio La concezione di ‘filosofia’ di Tommaso Campailla, cit., pagg. 33-38). Del resto anche la successiva adesione del Campailla ai princìpi del sistema cartesiano e l’estensione di quelli ad ogni aspetto pratico non sarà passiva ed acritica, ma anzi personale e funzionale. Il suo processo assimilativo risponde cioè ad una esigenza interiore che lo porta, mantenendo ovviamente la struttura portante di un sistema, a ritenerne solo quello che corrisponde al suo percorso di ricerca, cioè quello che appartiene all’attualità esistenziale delle situazioni e dei problemi rappresentati.

(25) Nei Vagiti cit. Il Discorso accademico dove si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo nella perdita di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella (a carta 38b) presenta una articolazione interna in capitoli di versi, terminanti con la citazione di una auctoritas: Ovidio, Metamorfosi; Marsilio Ficino; Jacob Spigel; S. Paolo, Ai Corinzi; Gregorio, Ep. Ad Cor.; Aristotele; Isidoro, De summo bono; Seneca; Cicerone, Retorica; Senofonte; Genesi; Orazio; Dionigi Aeropagita; Augusto; Tibullo. Sebbene il silenzio su un’opera non sia sempre indice di ignoranza, come del resto la citazione non sia sempre prova di conoscenza diretta e completa, queste auctoritates ci aiutano a tracciare una “mappa” ipotetica delle letture del Campailla negli anni in questione.

(26) Sulle Corti giudiziarie di Modica (Gran Corte, Corte delle I e II Appellazioni, Corte del Patrimonio, Corte Capitanale, Corte Giuratoria, altre Corti minori), cfr. G. Modica Scala, I Tribunali della Contea di Modica, in Archivum Historicum Mothycense, n. 2/1996, pagg. 5-18.

(27) Questa fitta trama di relazioni è testimoniata dai Vagiti... cit.

(28) Coesione e compattezza risultano dimostrate anche dal fatto che l’ambiente culturale e scientifico non solo risorse, ma addirittura riuscì a rinnovarsi, nonostante si fossero abbattute sulla città a breve distanza l’una dall’altra il disastroso terremoto del 1693 e la terribile epidemia del 1709, che avevano profondamente minato le strutture socio-economiche della Contea.

(29) Un dibattito dovette esistere, qui come altrove, tra le scuole dei diversi ordini religiosi, come anche tra cartesiani e aristotelici; ma ciò, mantenendosi nei limiti di una disputa tra dotti, non diede luogo a clamorose rotture, come si può evincere dai Vagiti della Penna dove sono testimoniati buoni rapporti tra dotti locali di diversa estrazione culturale.

(30) L’episodio è narrato in una lettera del nipote, il can. Pietro Campailla, in data 16 luglio 1782 (cit. da Sinesio). Secondo CRISTOFOLINI P.,Campailla Tommaso, in D.B.I., Roma, Istituto Enciclopedico Italiano, 1974, vol. XVII, si trattò probabilmente di Michelangelo Fardella da Trapani. L’ipotesi appare suggestiva e non del tutto inverosimile, ma al momento non è suffragata da alcun documento. Del resto numerose furono le personalità anche straniere che giunsero in quell’anno dalle parti della Contea, o per semplice curiosità scientifica, o per sopralluoghi o per proggettare la ricostruzione.

(31) Questa tradizione – sconfessata da ben due matrimoni – si basa su alcuni passi dell’Adamo, riconducibili ad un preciso topos letterario. Nei Vagiti della Penna abbiamo un Discorso accademico dove si prova che la donna ha minor dolor dell’huomo nella perdita di questi e l’huom maggior dolore nella perdita di quella. Proemio. Carta 38b - 42b. I presupposti sembrano misogini. Si vedano tuttavia in altro contesto le rime di corrispondenza con la Grimaldi, e, nei Vagiti, come non pochi componimenti siano dedicati ad una misteriosa B. D. (Bella Donna). Cfr. anche, in questo stesso fascicolo, G. Colombo, Sulla ‘religiosità’ di Campailla, pag. 116, nota 48.

(32) …figlia del Barone Fabio, Capitano d’armi del Val di Noto. Il matrimonio fu celebrato il 24 ottobre 1694. Modica, Archivio parrocchiale di San Giorgio, Liber coniugatorum, vol. IV, f. 254.

(33) Questa notizia stranamente è stata ignorata da tutti i biografi del Campailla, con la sola eccezione dello Stanganelli (Un poeta e filosofo dimenticato: T. Campailla, in Arch. Stor. Sicilia Or., XI, 1914), che si limita a riportarla in nota senza però fornire alcuna indicazione circa le fonti. Pubblichiamo, a conferma della medesima notizia, un passo inedito che abbiamo rinvenuto presso gli archivi parrocchiali di S. Pietro in Modica, da cui risulta effettivamente avvenuto tale matrimonio: “A 29 giugno 1715 il sacerdote Bruno Monaco, con licenza del Parroco, ricevuto il mutuo consenso congiunse in matrimonio et in casa, in virtù di lettere della curia arcivescovile di Siracusa a 25 giugno 1715 D. Tommaso Campailla figlio legittimo e naturale delli illustrissimi signori D. Antonio Campailla e Donna Adriana Giardina della Parrocchia di S. Giorgio, vid. Rel. Di Donna Antonia Giovanna Leva, con Rosa Morando, vid. Rel. Del Sig. Giuseppe Ciaciari, figlio legittimo e naturale delli illustrissimi signori GioBatta Moranda Frasca olim iug. M. Giardina, della parrocchia di S. Paolo. Presenti il sign. Eugenio Puglisi e il m.ro Onofrio Marino con bando a 23 giugno […]”.     Modica, Archivio Parrocchiale di S. Pietro, Libro dei Matrimoni, vol. IV (1696-1719), f. 173.

(34) S. A. Guastella, op. cit., p.14. Predilesse Gerolama, futura poetessa e autrice di una raccolta di poesie “La dama in Parnaso”(Palermo, Vincenzo Toscano, 1723). Discepolo del Campailla fu Orazio Maria Arezzi, Capitano generale dell’esercito delle due Sicilie, cavaliere dell’ordine di S. Gennaro. Se ne conserva il ritratto in una tela nel palazzo comunale con l’iscrizione: Horatius M. Arezzo Patricio Mothucensis Capitanus omnium exercituum S.M. Sicilianae Regalis ordinis S. Januari Eques, verus Thomae Campailla discipulus, bonis moribus a pueritia imbutus, presertim erga pauperes pietate, ac omni scietia praeditus catholicae nostrae religionis amantissimus.

(35) Descritto e raffigurato di aspetto (addirittura) ripugnante (pare che questa eventualità lo accomunasse a Cartesio), strabico, forse anche non facile parlatore, aveva abitudini strane, dettate in parte dalla sua indole ‘bizzarra’ (Sinesio attribuisce al Campailla la frase “o diverrò gran pazzo o gran filosofo”) e in parte dalla sua labile salute. Per una iconografia di Campailla abbiamo un busto marmoreo scolpito dallo scultore palermitano Benedetto De Lisi, inaugurato nel 1870, destinato originariamente all’ atrio del palazzo municipale, attualmente posto nel cortile del Museo Campailla (ex Ospedale Campailla) e le incisioni sul frontespizio dell’Adamo (1737).

(36) Cfr. Sinesio S., op. cit., pag.     .

(37) Cfr. Dollo C., Guastella e la cultura modicana... cit. Guastella fa ampio - a mio avviso eccessivo - ricorso alla tradizione popolare, mediata e confermata da persone della propria classe, ottenendo, secondo il Dollo, risultati attendibili (pag. 101).

(38) Guastella, op. cit., pag. 16-17.

(39) Ossia di Giurato (assessore comunale). I Giurati poi, in numero di quattro, unitamente al Sindaco si potevano costituire in corte giuratoria o civile, che era composta dei giurati d’ogni Comune della Contea.

(40) Non risulta invece che a Modica ci fosse un Senato cittadino; non è quindi spiegabile la notizia riportata dal Sinesio che Campailla avesse occupato per sei volte anche la carica di Senatore della Contea; a meno che non si identifichi il titolo di ‘Senatore’ con quello di ‘Giurato’, dal momento che il ‘Corpo municipale’ (Sindaco e Giurati) fu “in seguito” (?) denominato ‘Senato’; cfr. G. Raniolo, La Contea di Modica nel regno di Sicilia, Ed. Dialogo, Modica 1993, pag. 57.

(41) G. Renda, op. cit., vol. I, pag 107.

(42) Sinesio, op. cit. XL: Vittorio Amedeo gli aveva inviato un dispaccio da Palermo, “affinché venisse come uno del magistrato in quell’anno della città che doveva mandare i suoi rappresentanti a prestargli il dovuto omaggio”.

(43) Cfr. Stanganelli F., op. cit.; REITANO S., La poesia in Sicilia nel sec. XVIII, Palermo, Sandron, 1920, pp.130.

Campailla – com’era uso a quel tempo – da solo o insieme ai Membri dell’Accademia di Modica fa ‘dediche’ a sovrani che si succedono. Ma ci chiediamo: quale esclusiva preferenza poteva avere un Siciliano verso tali regnanti che andavano spartendosi l’Italia e barattando la Sicilia?

Quanto, ad esempio, a Vittorio Amedeo II, “Monarca” di Sicilia dal 1713 al 1720 – cui C. intitola un Emblema, essendo il minimo che Egli potesse fare dal momento che non si era recato a rendergli omaggio di presenza, e, comunque, fermo restando che “de le Spagne il Monarca è mio gran Conte” (come tiene a precisare T. Campailla, Emblemi, Embl. XII) –: quale adesione ad oltranza entusiastica poteva nutrire un Cittadino di Modica, sia pur ‘innovatore’ e ‘cattolico illuminato’ come il Campailla, verso tale nuovo sovrano? Al di là di acclamanti attese di Siciliani che s’illudevano di ritrovare in Vittorio Amedeo il restauratore del regno di Sicilia, questi, benché animato da forti intenti riformatori, si prefigurava sovrano del tutto estraneo alla vita siciliana, oltre che circondato, com’era, da ‘riformatori’ (G. B. Caruso…), anche dotti, ma accentuatamente antispagnoli e di orientamento ‘laico’, ma in realtà ‘laicistico’ (rapporto ragione-fede – sul piano dottrinale –; questione dell’Apostolica Legazia, che non riconosceva il ruolo proprio ed esclusivo del Papa nella nomina dei Vescovi, e perciò l’orientamento a sanare situazioni dell’organizzazione ecclesiale siciliana…). Di fatto, i Cittadini di Modica dovranno ben presto verificare soltanto “l’assolutismo e il centralismo sabaudi”, che avrebbero tentato (senza tuttavia riuscirvi…) “di mettere in discussione ‘privilegi’ e autonomie [della Contea], godute per secoli” (cfr. G. Poidomani, Storia di una quérelle politico-diplomatica…, in Archivum Hist. Mothyc., n. 3/1997, pagg. 33-44).   (N.d.C.).

 

*** Con la qualifica di ‘cartesiani’ non sono da intendersi soltanto coloro che facevano propria la posizione gnoseologica e la metafisica cartesiana, bensì pure quanti, nel ’700, benché di orientamento filosofico (in senso stretto) ormai diverso – ad es. malebranchiano, leibnziano… –,  si occupavano di studi scientifici con spiegazioni che mutuavano ‘una certa’ derivazione dalle teorie scientifiche di Cartesio (non di rado, peraltro, fondendo procedimenti cartesiani col metodo galileiano, col quale nasce veramente la scienza moderna). Cfr. Editoriale del n. 4/1998 di Archivum…, e, ivi, G. Criscione, La concezione di ‘filosofia’ di T. Campailla.

Sul cartesianesimo in Italia e del Campailla siamo in attesa di leggere C. OTTAVIANO, T. Campailla – contributo all’interpretazione e alla storia del Cartesianesimo in Italia, Ed. Cedam, Padova 1999.    (N.d.C.)

 

(44) Per l’atteggiamento critico, ma ‘articolato’, di C. nei riguardi di Aristotele, cfr. Editoriale del n. 4/1998 di Archivum…, pag. 10, nota 17.

(45) Michele Romeo da Marsala, gesuita, diede alle stampe un volume di versi intitolato La lira a due corde (1731) con lo pseudonimo di Melchiore Pomè in cui si loda il Campailla. Versi di elogio al Campailla aveva inoltre pubblicato nella Dama in Parnaso della Grimaldi a p.52.

(46) Gerolamo Ragusa (1655-1720), gesuita modicano, fra gli Studiosi più dotti della Città e della Sicilia di quel tempo, insegnò per alcuni anni filosofia nel collegio di Modica e successivamente in altri collegi siciliani; fu autore di numerose opere di filosofia, di teologia, di diritto e degli Elogia Siculorum qui veteri memoria litteris floruerunt (Lione, 1690). Fu questa opera ristampata a Roma nel 1700 da Girolamo Renda-Ragusa, nipote dell’autore col titolo di Siciliae Bibliotheca Vetus. Di P. Gerolamo Ragusa rimase manoscritta una Siciliae Bibliotheca Recens, continens elogia siculorum qui nostra vel nostrorum memoria literarum fama claruerunt ab anno 1500 ad annum 1700.

(47) Documento inequivocabile di quest’opera di raccordo culturale è La dama in Parnaso, Poesie italiane di D. Girolama Laurifice e Grimaldi, tra gli Accademici occulti della civetta di Trapani l’Incognita, Palermo, Toscano, 1723. All’interno sono raccolti componimenti di autori delle più varie tendenze ideologiche e culturali, mentre i componimenti delle p.2, 3, 4 (collocati proprio all’inizio non per caso), sono dedicati all’Imperatore Carlo VI. Dopo una serie di componimenti dedicati a familiari e parenti cospicui (p. 5 -11), tra cui anche i Grimaldi di Monaco, vi sono componimenti dedicati a Francesco Materazzo (p.12); ai gesuiti Girolamo Ragusa (p.13) - al quale è dedicata una delle Laudationes a p.IX -, Giacomo Landolina (p. 14), Giuseppe Morso (p. 57), Gaspare Lucchese (p. 62), Giacinto Laurifice (p.100); al predicatore Guglielmo Verdura (p. 25), al maestro Desiderio Salvo, oratore Carmelitano (p. 36), al canonico Ignazio Colletta (p. 37), all’abate Giovanni Ortolano (p. 66). Inoltre vi sono dei componimenti di Tommaso Campailla (p. 26; 50; 76; 88; 90 - in rima siciliana -; 110; 112), di Antonio Carioti arciprete della Collegiata di Scicli (p. 28), di Don Giuseppe Fardella (p.32; 42;), di Tommaso Ragusa (p.34), del gesuita Michele Romeo da Marsala (autore del volume di poesie La lira a due corde apparso nel 1728 con lo pseudonimo di Melchiore Pomè) (p. 86) a Tommaso Campailla (p.52) e all’autrice (p.54), dell’abate Giovanni Ortolano, autore di una prefazione dell’Adamo nel 1723 (p. 58; 67; 106), del canonico Ignazio Colletta (p. 60; 98), del Commendatore Gerosolimitano Fr. D. Giuseppe de Nobili (p. 68), del medico Giuseppe Denaro, socio dei Geniali di Palermo, (p. 72), del sig. Bernardino Oddo (p.92), del Sig. Francesco Cangiamila (p. 96), del sig. Simone Catalano ed Algaria (p. 114).

(48) Il Bonanno del Bosco, principe della Cattolica, fu portolano del caricatoio di Siculiana, stabilmente deputato del regno, capitano di giustizia nella capitale, vicario generale. A lui è dedicato l’Adamo del 1737 (Palermo, Felicella), che recava gli argomenti dei singoli canti esposti in esametri latini dal Prescimone.

(49) Giuseppe Prescimone nato nel 1669 a Francavilla di Sicilia, fu imparentato con figure chiave della cultura messinese come i mecenati Ruffo, nobili “progressiti”, filofrancesi, giansenisti. Giureconsulto, ricoprì alte cariche a Messina e a Palermo (“Regio Consigliero, Capo della Real Giunta di Messina per sua M.C.C., Giudice Privativo della Scala, Portofranco e Lazzaretto,del Consolato del Mare delle reali Segrazie, dogane e tavola pecuniaria in detta città, Ministro Soprintendente delle Truppe Cesaree,avvocato fiscale del tribunale della R.G.C. in Messina”) fino a quella di Maestro Razionale della Real Camera di Sicilia.Fu tra i fondatori dell’Accademia degli Ereini nella quale assunse il nome di Logisto Zefireo. Il Prescimone, come il d’Aguirre, nel 1714 fu tra i fidi di Vittorio Amedeo e successivamnete servì Carlo VI. Regio consigliere, giurista, poeta, letterato, dilettante di scienze naturali e mecenate, munifico patrono della prima edizione integrale dell’Adamo (1728). A lui sono dedicati i Problemi Naturali. Vasta fu la sua produzione letteraria: tradusse in latino La strage degli innocenti del Marino e alcuni passi dell’Adamo; compose drammi, melodrammi, poesie, orazioni funebri, opere apologetiche etc... (Cfr. Mira G. M., cit., tomo II, pag.245-7). Morì a Palermo nel 1732. Il Prescimone, come abbiamo visto, mise il Campailla in comunicazione col Muratori (cfr. Lett. al Prescimone, 27 gennaio 1727, n. 2567 Campori; Lett. al Prescimone, 20 aprile 1731, n. 3013 Campori) e fu in contatto coi principali filogiansenisti siciliani e meridionali: il canonico Pantò, il Muratori, d’Aguirre, il Perlongo, Costantino Grimaldi, il Burgos.

(50) Vagiti cit. carta 64b.

(51) Vagiti cit. carta 33b.

(52) Francesco de Paula Mataratio,De epidemica lue cit. pag. 2.

(53) Per l’episodio Cfr. SCIASCIA L., Cronachette, Sellerio, Palermo 1985, pagg. 19-26.

(54) Placido Carrafa, nel suo ‘Motucae descriptio seu delineatio (Palermo 1653), accenna ad una ‘Academia Motucensis’. Dopo un lungo elenco di numerosi Dotti – giureconsulti, medici, teologi, letterati –, Carrafa conclude: “Sunt etiam alii Viri, qui ex Academia Motucensi alia bonarum litterarum Scripta typis mandanda deproment”; cfr. ed. critica a cura di P. Vander, Lione 1725 (nel vol. XII del Thesaurus Antiquitatum et Historiarum…), coll. 28 e 29. Notizie più precise sull’Accademia di Modica si ricavano da: QUADRIO F. S., Storia e ragione d’ogni poesia, Venezia, Domenico Tabacco, 1739, pag. 65; RENDA G., “Sull’origine, progressi e decadimento dell’Accademia di Modica”, discorso tenuto nel suo restauramento, 2 febbraio 1808, in “ Prospetto... cit,. vol. I, pag. 134-58. Altre informazioni possiamo desumere da: VENTURA F., Cenni storici sulla città di Modica, Palermo, Meli, 1852; GRANA SCOLARI R., Cenni storici sulla città di Modica, Modica, Nifosì 1895; ALESSI L., Le Accademie siciliane nel settecento, Palermo, Traci, 1925; CAFFO O., Le accademie nel circondario di Modica nel prospetto della cultura siciliana nei sec. XVII-XVIII, Modica, Ruta, 1988.

Lo studio della Alessi, che fornisce un quadro d’insieme delle Accademie Siciliane, contiene un breve cenno (pag. 87-9) a Campailla e all’Accademia degli Infuocati, con notizie desunte, come afferma la stessa autrice, dal Grana Scolari e dal Ventura. Carattere analogo ha lo studio di Caffo che “assomma - come si dice nella premessa - in maniera organica una serie di notizie note, ma non utilizzate finora in maniera unitaria” (pag. 5).

Si avverte comunque l’esigenza di uno studio dalle ampie convergenze che non risolva la storia dell’Accademia nella storia dei dotti che ne fecero parte, ma che si disponga ad indagare le valenze culturali, sociali e politiche della stessa.

(55) Su tale documento, che il Renda dice di avere avuto fra le mani, e contenente lo statuto e altre informazioni sull’Accademia, Egli basa il proprio studio citato. Ci descrive la struttura dell’Accademia, affermando che al suo interno si distinguevano con funzioni amministrative ed organizzative un custode capo, un segretario, quattro censori, e un indeterminato numero di accademici; ma si tratta forse di un falso letterario (la struttura era in realtà comune a tutte le accademie dell’epoca). Tale documento infatti non è stato mai ritrovato e non si danno indicazioni circa la sua localizzazione.

(56) RENDA, op. cit., pag. 147; GRANA SCOLARI R., op. cit., pag. 287, attribuisce la denominazione di ‘Academia Fumidorum’ al giureconsulto Silvestro de Leva, insieme al P. Ragusa (Gerolamo?).

(57) quali ad es. elogi scritti in occasione di discorsi, prediche, panegirici tenuti da dotti accademici al di fuori dell’Accademia, in occasione di discussioni di filosofia tenute nelle chiese, sermoni edificanti, etc.

(58) quali esortazioni, inviti, ringraziamenti, attestazioni di stima verso altri membri dell’Accademia, sonetti di corrispondenza. A quest’ultimo gruppo vanno ascritti i sonetti di complimenti per la pubblicazione di saggi o opere letterarie. Un tipo intermedio tra i generi citati (perché si riferisce contemporaneamente alla vita culturale della città, dell’Accademia, ed elogia privati cittadini) è quello dei sonetti di occasione: epitalami; componimenti funebri; auguri per il conseguimento di lauree, dottorati, titoli accademici.

(59) comprendente i componimenti in vita e in morte di una B.D., probabilmente Bella Donna.

(60) Il genere dei componimenti peraltro collima con quanto le fonti ci riportano circa la prassi seguita per le adunanze dell’Accademia: “si riunisce quattro volte l’anno, una in quaresima, una in carnevale, le altre due ad arbitrio: vi si recitano componimenti poetici, che sono tutti sacri in quella di quaresima, berneschi in quella di carnevale; liberi nelle altre due tornate o secondo il tema del discorso”. Cfr. Ventura F., Cenni storici... cit., pag. 44.

(61) questo l’elenco dei nomi presenti nei Vagiti della Penna: Baroni: Don Pietro Vassalo, Barone di San Bartolomeo; Barone Don Francesco Boccadifuoco; Barone Don Pietro Ventura; Barone di Corulla Don Felice Ventura; Don Giovanni Antonio Settimo Barone di Cammaratini; Don Andrea Carbonaro e Settimo, Barone del Pirainito; Barone Don Ferdinando Assenza; religiosi: Rev. Sig. Abbate Don Giuseppe Grimaldi; rev.do pre’ Lettore e Bacilliere il P. Giuseppe Drago; p. Felice da Marsala; Rev. Padre il pre’ Vincenzo Ragusa Teologo e Predicatore; rev. P. Gaetano Celeste de minori osservanti; signori: sig. Coriolano Incandela; dottori: Dottor Francesco Rizzone.

Signori / Dottori Don: Don Giacinto Laurifici; Don Silvio Laurifici; Don Antonio Vitale; Don Vincenzo Zacco; Don Francesco Grimaldi; Don Orazio Zacco; Don Andrea Pollara; Don Giovanni Di Lorenzo e Rao; Don Gio. Battista Francalanza, segretario dell’Ill.mo sig. Barone di S. Filippo; Don Evaristo Scarso; Don Blasi Salemi capitano della Contea di Modica; Donna Margarita Arezzo figlia di Don Filippo Arezzo; Don Filippo Arezzi; Don Barbaro Arezzi; Don Angiolo Arezzi; Donna Aloisia Arizzo, con DonClaudio Arezzo; Don Erasmo Assenza; Don Francesco Montalbano, protomedico del Contado di Modica; Don Gaetano Caropreso; Don Tommaso Ragusa; Don Ippolito Frasca; Don Diego Materazzo; Don Antonino Corso della città di Ragusa; Don Carmelo Pluchinotta; Don Ignatio de Mazara ed Echebelz; Don Benedetto Giardina giudice del Contato di Modica; Don Francesco Giardina; Don Giuseppe Celeste; Don Felice Celeste commissario del santo Ufficio in Modica; Dottor Don Pietro Leocata; Dottore Don Gregorio Favuzza; Dottore Don Silvestro Squaglia; Dottore Don Ignazio Squaglia.

(62) Nel Prospetto cit., di F. Renda, vol. II, pag. 79 troviamo che Campailla “osservò L’Accademia degli Affumicati e facendosene ristauratore volle intitolarla degli Infuocati, quasi spiegando con novello titolo che per divenir più vegeta e vigorosa questa assemblea abbisognava del raggio vivificatore della scienza”. Questa tesi è contraddetta nel vol. I da G. Renda, pag. 149, dove si afferma che il nome dell’Accademia fu mutato dopo la morte del Campailla.

(63) Renda G., op. cit., pag. 151.

(64) Quando l’Accademia si orientò verso nuovi interessi scientifici, l’attività poetica si concentrò presso il salotto letterario di casa Grimaldi animato da Girolama Grimaldi Lorefice (1681-1750). Documento di questa attività è “La Dama in Parnaso” (1715) della Grimaldi ove compaiono anche varie rime di corrispondenti (tra cui lo stesso Campailla, oltre quelli citati) tra cui Antonio Carioti (1683-?), arciprete della Collegiata di Scicli, antiquario, numismatico, poeta (un suo componimento si legge nella Dama in Parnaso a p. 28); Giuseppe Fardella; l’abate Giovanni Ortolano (che curò l’introduzione alla seconda parte dell’Adamo, nel 1723; tre i componimenti che pubblicò nella Dama in Parnaso alle pp. 58; 67; 106; gli è dedicato un componimento della Grimaldi a p.66); Bernardino Oddo (suo il componimento nella Dama in Parnaso a p. 92); Il canonico Ignazio Colletta (componimenti a p. 60 e 98; gli è dedicato un componimento della Grimaldi a p. 37); Michele Romeo. A questa attività partecipano anche medici come Francesco Materazzo (che scrive un In Auctricis Laudem Elogium, p. XII). Al Materazzo è dedicato un sonetto a pag. 12. Il Denaro pubblica un suo sonetto a p.72.

(65) Si realizzano esperimenti quali quelli esposti nei Problemi naturali: la sperimentazione sulla sciara etnea (X, 6); la descrizione dell’esperimento dell’albero di diana (XI,2); l’esperimento sull’alcali e l’acido nella fermentazione (VIII,8); esperimento dell’ascesa dell’acqua in un cannellino di vetro aperto (contro Bayle: VII, 8); osservazioni sul diverso comportamento dell’acqua e del mercurio (VII, 13); osservazioni sull’ascesa dell’acqua nel vuoto boyleano (VII, 14); osservazione del comportamento di vini diversi immessi in vasi di aceto (VIII, 14); esperimenti sulla calamita (XVI, 8); studiò il meccanico magnetismo degli effluvij eterei del cortice peruviano nell’Accademia medica a Modica (Pr. Nat. XV, 16); con Carmelo Pluchinotta constatò l’effervescenza del mosto per infusione di corteccia peruviana. (XV, 23); l’eco è condizionato dalla intensità delle vibrazioni (IX, 5). Ancora ricordiamo gli esperimenti esposti nelle Risposte al Grana e nel Discorso sulla fermentazione; esperimento sul nitro contro Borelli (Risp. P.31); esperimento sulla compressione elastica (risp. P. 22); esperimento sulla solubilità dello zolfo nell’acqua (risp. P. 33); 4) sulla impermeabilità di sostanze organiche al liquido (disc. Ferm.); sperimentò inoltre composizioni chimiche atte a produrre fuochi sotterrranei (Inc. Etna, p..98). Di essi resta traccia nella produzione scientifica dei membri dell’Accademia: nel De epidemica lue eiusque idea causis et therapeia anno 1709 in Mothicensem urbem grassante, medica relatio (Palermo, Gaspare Bayona, 1719) di Francesco di Paola Matarazzo, dove si accenna anche ad autopsie svolte dal Campailla; nel “Discorso del signor D. D. Giuseppe Moncada sopra la sentenza della fermentazione”(Palermo, Antonio Pecora, 1709), problema questo centrale negli interessi della Accademia; nelle “Riflessioni del sig. dott. Don Antonio Grana dell’ordine della S. R. G. sopra alcuni passi del poema filosofico del sig. D. Tommaso Campailla, patrizio modicano” (1709) in cui le obiezioni sono di ordine filosofico, teologico e scientifico; nei “Pensieri sul dolore recitati davanti all’academia dei geniali di Palermo” del medico e filosofo Giuseppe Orazio Denaro. Questo discorso manoscritto si trova presso la Biblioteca Comunale di Palermo alla segnatura Qq D 27.

(66) Sinesio, op. cit., pag.. XXX.

(67) Il problema della fermentazione aveva una rilevanza pratica per l’utilizzo che se ne poteva fare nella produzione di prodotti (vini, formaggi, etc..), inerenti alla locale economia agricola. Campailla nel 1709 aveva steso il Discorso... cit. (Palermo, Pecora), in cui spiega come - a suo parere - avviene la fermentazione, che “corrompe a i misti e genera struttura”.

(68) Modica e il suo circondario erano state funestate più volte nel corso del ‘600 e poi ancora del ‘700 da epidemie. In occasione dell’epidemia del 1709 si contarono a Modica circa 6000 morti. Cfr. De epidemica lue..., cit. di Francesco Matarazzo.

(69) Non possediamo per l’epoca e per il territorio in questione, dati statistici su questa malattia, ma ritengo che alla cura di essa Campailla dovè essere sollecitato da qualche caso concreto, oppure dalle richieste precise di qualche importante e influente personaggio locale. Più cauto sarei invece sul fatto che l’interesse di Campailla per la follia e per le passioni fosse da collegare alla mancanza di regulae nella vita cittadina di Modica, a seguito del passaggio, in quegli anni, della città al demanio dello Stato, con conseguente depotenziamento delle strutture istituzionali della città. Questa affermazione, contenuta in GRILLO S.P., Introduzione a T. Campailla, Del disordinato discorso dell’uomo, Caltanissetta, Lussografica, 1995, pag. 20, si appoggia sulla autorità del Guastella (op. cit.) per descrivere una città in preda al disordine, ma non corrisponde al quadro storico-sociale fin qui delineato. Infatti, la vigorosa realtà scolastica e culturale, una economia forte ed in espansione nonostante i gravi disastri del 1693 e del 1709, il nobile gusto barocco che informa di sé gli edifici monumentali della città, la presenza di ospedali e opere pie, la sorveglianza ‘assente’ dell’inquisizione, impediscono di considerare la città in preda al disordine. Inoltre Modica non passa propriamente al demanio, né perde i suoi antichi privilegi, ma vive un periodo di parentesi del suo ‘Stato comitale’ pur nella vitale permanenza di tutte le sue istituzioni; cfr. POIDOMANI G., Storia di una querelle politico-diplomatica, in Archivum Historicum Mothycense, n.3/97, pag. 33-44.

(70) In un brano del De epidemica lue pag. 119 viene descritta dal Matarazzo una autopsia del Campailla, cfr. G. Criscione, Una Lettera inedita... cit., pag. 6, nota 10.

(71) Mentre ci riserviamo di sviluppare in un prossimo studio l’attività medica e di ricerca scientifica del Campailla nel contesto della vita della Scuola medica modicana (cfr. note 13 e 18), accenniamo al fatto che il momento di maggior lustro della stessa può essere collocato tra gli anni dieci e gli anni quaranta del ‘700, quando compare la produzione scientifica del Campailla e degli altri medici dell’Accademia.

(72) Nei Pr. Nat., Della virtù Attrattiva, Pr. VIII, dice ad es. di utilizzare il fonticolo o cauterio, benché bandito dai più per la sua irrazionalità, perché tuttavia lo ritiene utile dal punto di vista pratico.

(73) Per avere un’idea della persistenza di una sorta di ostracismo nei confronti della sifilide, basti pensare che quando in Modica sorse il secondo più grande Ospedale (il Maggiore), lo si chiamò “degli Onesti” per distinguerlo da quello di S. Maria della pietà, che, essendosi ‘specializzato’, per via delle stufe mercuriali (sec. XVIII), nella cura della sifilide, nel giudizio diffuso era pertanto considerato l’ospedale…“dei disonesti”. (Sulla fondazione – metà del sec. XIV – dell’Ospedale di S. Maria della pietà, cfr. B. d’Aragona, La Commenda di Modica dell’Ordine Gerosolimitano, di Rodi, di Malta, in Archivum…, n. 1/1995, pagg. 5-20).

(74) E’ nota la tesi del Foucault (“Storia della Follia”, 1961) secondo cui la nascita della moderna razionalità e l’ascesa della ragione al potere, non segna l’avvento di una più larga tolleranza, ma sorge piuttosto dalla violenta segregazione ed emarginazione della follia, che le è ritenuta opposta.

(75) Nella biblioteca del Collegio di Modica, per quanto riguarda la medicina, è rilevata la presenza delle opere di autori come Celso, Galeno, Ficino, Della Porta, Nifo, Scrofani, F. De Paula Materazzo…

Va osservato che nei Collegi l’insegnamento della medicina fu introdotto non fin dall’inizio (secondo quanto previsto dalle Costituzioni della Compagnia, parte IV, c. 12, 3, che, qualora fosse stato necessario, prevedevano di affidare quell’insegnamento a docenti laici). Di fatto, sollecitazioni varie indussero a promuovere anche le cattedre di medicina (e di legge) per venire incontro a bisogni locali.

Nel Collegio di Modica, in particolare, veniva conferito il diploma abilitante all’esercizio della professione medica.

Quanto alle sperimentazioni biologiche e anatomiche, si accoglieva il frutto di quelle da altri via via effettuate, come dimostrano anche e la partecipazione di Studiosi gesuiti nelle Accademie (es. a Messina e a Modica) e pubblicazioni varie presenti nelle biblioteche dei collegi.    (N. d. C.)

 

**** Il delicato equilibrio, garantito anche dal ruolo del principe Grimaldi, è attestato pure da quegli scambi di rime. Questi, infatti, segnati certamente da stile ed echi del tempo, non mancano sovente di essere vituperati o considerati risibili. Ci sembra che quegli ‘intrecci’ – indubbiamente da noi distanti – contribuiscano tuttavia a manifestare la nobiltà di un dialogo, ed il rispetto, pregnante di reciproca stima per l’impegno e per le diverse prospettive culturali. Cosa che, in virtù della passione per lo studio che accomunava un ceto dirigente – non certo intento esclusivamente ad affari e commerci (peraltro, sembra, svolti con efficacia) –, da una parte era espressione della consapevolezza circa l’importanza della riflessione filosofica, teologica, scientifica, giuridica, letteraria anche ai fini di una ricaduta, secondo modalità molteplici, sullo sviluppo civile di tutta la Popolazione, e, dall’altra, non impediva agli scolastici di perseverare con grave convinzione nei loro insegnamenti filosofici e a T. Campailla di portare avanti le proprie ricerche scientifiche e di difendere (ad oltranza?…), palesemente e senza ombra di alcun timore (cfr. ad es. L’Adamo, c. V, stt. 76-87), il proprio cartesianesimo.   (N. d. C.)

 (76) Di questa faceva parte anche Ignazio Mazara ed Echebelz – fratello di Iacopo, autore della prefazione all’Adamo più volte ricordata – che è sicuramente la figura più rilevante dell’Accademia di Scicli; morto nel 1696 a 26 anni, aveva pubblicato una raccolta di poesie, Dei sudori del Meriggio (Napoli, Troyse e Pietroboni, 1694; una prima edizione di tale opera era apparsa sempre a Napoli nel 1692 presso Parrino).

(77) In un componimento, che si conserva manoscritto alla Biblioteca comunale di Palermo, Campailla ringrazia gli Accademici Geniali per averlo ascritto alla loro Accademia. Il componimento fu letto dal segretario dell’Accademia durante la seduta del 9 (o 7) luglio 1720. Campailla inoltre pubblicò due sonetti nel volume “Componimenti dei Geniali”, (Palermo, Toscano,1720, p.125-6) in occasione dell’incoronazione di Carlo VI.

(78) cfr. Lettera del Principe di Buonfornello (fondatore dell’Accademia dei Pastori Ereini), da Palermo, 17 ottobre, 1730. Con essa si comunica a Campailla la sua acclamazione come socio nell’Accademia, col nome di Serpilla Leonzio. Successivamente Campailla pubblicò un componimento nel volume Rime degli Ereini di Palermo dedicate all’illustrissimo ed eccellentissimo Signor Federico di Napoli e Barresi, Roma, Bernabò, 1734, tomo I, pag. 371.

(79) All’Accademia palermitana del Buon Gusto è dedicato il discorso sull’Incendio del Monte Etna, inserito negli Opusoli filosofici (1738). Essa fu l’unica che ne commemorò nel 1744 la morte affidando al p. Melchiorre da S. Antonio l’elaborazione di una orazione funebre. Vedi nota 92.

(80) Cfr. Lettera di Andrea Lucchesi dei Principi di Campofranco al Campailla, Palermo, (19 ottobre 1730) ove riferisce al Campailla: “Il Sig. Muratori, con questa ultima staffetta mi incarica di far capitare nelle mani di V.S. Ill. ma l’accclusa patente per cui viene ella ad essere ascritto fra i celebri Accademici di Urbino”. Al Muratori, che si proponeva di scrivere la storia dell’Accademia degli Assorditi, il Campailla inviò il suo curriculum vitae, come apprendiamo dalla lettera da Messina del 19 giugno 1733.

(81) cfr. Lettera di Domenico Rolli al Campailla, Roma, 30 maggio 1733 81, dove il Rolli dice che, in segno di stima, volle proporre all’Arcadia l’ammissione del Campailla, che fu approvata a pieni voti (cioè 50) il 25 maggio del 1733. Alla lettera fu infatti annesso il diploma comprovante l’avvenuta ammissione. Il Rolli spiega anche il perchè del nome Andremone(o) attribuito al Campailla: essendo imminente la pubblicazione di una raccolta di poesie degli arcadi, ordinati alfabeticamente, si offriva al Campailla la possibilità di pubblicare fin dal primo volume. A tal proposito il Rolli richiedeva al Campailla un breve curriculum vitae da inserire nel suddetto volume, che fu ricevuto dal Rolli dopo qualche mese (come apprendiamo dalla lettera di questi al Campailla, datata Roma, 29 agosto 1733 81) insieme ad un sonetto letto e applaudito nell’adunanza degli Arcadi. Grazie a Domenico Rolli, ove ebbe il nome di Andremoneo. Non mi risulta che componimenti del Campailla siano stati pubblicati nelle Rime degli Arcadi.

(82) La lettera inviata a Londra è datata 10 dicembre 1710. Essa è conservata presso il Museo Campailla di Modica, al quale è stata donata dalla Royal Society. E’ stata pubblicata per la prima volta da GUCCIONE V., Tommaso Campailla e il suo Museo, Ediz. Provincia Regionale di Ragusa, Ragusa s.a. (1992).

(83) Cfr. Ottaviano Carmelo, La visita di Berkeley a Tommaso Campailla, La Giara, II, 1953 (ora anche in Archivum Historicum Mothycense, n. 4/ 1998, pag. 39-44)

(84) Le NOVELLE DELLA REPUBBLICA DELLE LETTERE, Venezia, si sono occupate di Campailla in più d’una occasione: nel 1741: pag. 74 -78 [recensione sull’Adamo, 1737]; pag. 100-1 [recens. sul Discorso sulla fermentazione, in cui si risponde alle obiezioni del Moncada]; pag. 133-4 [recens. sulle Riflessioni del Grana e Risposta dell’autore]; pag. 229-30 [recens. Opuscoli filosofici]; nel 1744: [recensione sull’Adamo, 1744]

(85) Tra gli altri ricordiamo Agostino Pantò e Giovanni Baldanza (come apprendiamo da una lettera al Sinesio e da questi pubblicata; Giovanni Baldanza, primo Ufficiale della Real Segreteria di Palermo, racconta al Sinesio che, ancora giovinetto, entrò in contatti epistolari col Campailla attraverso la mediazione del Prescimone) a Palermo; Giuseppe Prescimone a Messina, Agostino Giuffrida (del quale si conserva una lettera indirizzata al Campailla) e Alessandro Burgos a Catania, Andrea Lucchesi Palli e molti altri.

(86) A Milano vi fu una nutrita schiera di intellettuali ammiratori del Campailla (fra cui il De Aguirre, il Conte di Castelbarco, Bernardo Lama, Orazio Bianchi, Carlo Gandini) al punto che si deciderà qui di fare una ristampa dell’Adamo (Milano, Cairoli 1744), curata dal F. D’Aguirre, dal Lama e dal Bianchi. Il conte De Aguirre, cartesiano, estimatore dell’opera di T. Campailla, era stato chiamato da Vittorio Amedeo di Savoia (re di Sicilia dal 1713 al 1720) a Torino, dove aveva riorganizzato l’Università degli Studi con la collaborazione di altri meridionali (sollecitò inoltre la venuta a Torino dell’architetto messinese Iuvarra); era passato successivamente a Milano, presso Carlo VI d’Austria, ove diresse un rilevante censimento lombardo di quegli anni.

(87) Cfr. Lettera di G.B. Chiappa a Tommaso Campailla, Bagni di Lucca, 12 giugno 1731, in Schiavo-Lena A., Relazioni letterarie... cit., Archivio Storico Sicilia Orientale, Catania, 1909, fasc. VI, pag 351-61; dal p. Frediano, carmelitano scalzo, da G.B. Chiappa, che caldeggiò l’Adamo presso Bartolomeo e Tommaso Lippi (l’uno giureconsulto e poeta, l’altro medico e filosofo) e presso il Cavaliere Del Portico.

(88) Cfr. Cap. di Lett. scritta ad un amico in Sicilia da Filippo Coccolini, 12 Maggio 1731.

(89) da p. Pietro di Gesù e Maria, Barone dell’Infantino, da Domenico Rolli; ma già precedentemente Campailla era noto - come afferma il Mongitore - presso l’Accademia del Cardinale Ottoboni

(90) da Nicola Di Martino, newtoniano, professore di Matematica all’Università e da Costantino Grimaldi (lett. al Pres. Perlungo, 13 agosto 1729; Lett. del Pres. Perlongo a Costantino Grimaldi, 12 Settembre 1729) 

(91) Un certo successo ebbe anche l’Adamo nell’edizione del Sinesio. Tramite il Grimaldi l’Adamo era stato inviato a Malta ed apprezzato dal Commendatore Vargas, come si apprende da una lettera del Sinesio a Michele Grimaldi governatore della Contea (Archivio di Stato di Modica, Archivio Grimaldi vol. 250, n. 171, foglio 165) datata 4 maggio 1785; copie del volume aveva fatto pervenire anche a Genova. Lo stesso Sinesio racconta di aver regalato i due volumi delle Opere del Campailla al principe Poniatosky nipote del re di Polonia, in visita a Melilli, che avendole avute in visione volle poi portarle con sé (Lettera del Sinesio al Grimaldi, f.352, 18 Gennaio 1786). Lo stesso regalo più tardi fece ad un colto Comandante di una nave Veneta, affinché l’opera del modicano fosse conosciuta (e venduta) anche nel Veneto.

(92) Cfr. ALGAROTTI F., Newtonianesimo per le dame, in Illuministi Italiani. Opere di Francesco Algarotti e di Saverio Bettinelli, a cura di Ettore Bonora, Milano - Napoli, Ricciardi 1963, Tomo II, pp. 65 e n. 2. Tuttavia CASINI P., Newton e la coscienza europea, Bologna, Il Mulino, 1983, (p. 206) ritiene che sia Rizzetti e non Campailla il “grande oppositore” delle dottrine degli esperimenti newtoniani di ottica menzionato nel terzo dialogo, dove sono narrate le vicende degli esperimenti eseguiti a Bologna nel 1728.

(93) Cfr. Lettera XIII, dalla nave, dietro il pranzo, 29 agosto 1760, in BARETTI G., Lettere familiari di G.B. ai suoi fratelli, tornando da Londra in Italia nel 1760, Torino, Società Editrice Italiana di M. Guigoni, 1857, pag. 71-76. Ora in Baretti,Opere, Torino, U.T.E.T., 1972, a cura di B. Mayer, vol. II pag. 153. Il Baretti descrive al fratello Amedeo una sorta di poeta ideale; per cui “Il poeta che non sa dilettare, ma istruisce solamente, può fare il precettore meglio di Aristotele, che si vedrà tosto schivato e le sue lezioni saranno tosto scordate dagli scuolari. Per questa ragione l’Adamo del Campailla è poco noto” e a proposito dell’Adamo aggiungeva in nota: “poema filosofico assai poco piacevole a leggersi” (pag. 75).

(94) Per l’episodio cfr. ROSSI M. M., Tommaso Campailla filosofo e poeta siciliano del settecento, in Problemi di lingua e letteratura italiana del settecento, Atti del IV Congresso dell’Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Magonza- Colonia, 28 aprile - 1 maggio 1962, Steiner, Wiesbaden 1965.

Fino agli inizi del secolo successivo durò la fama del Campailla. E quando il cardinale Gerdil si batterà per Malebranche contro l’empirismo, citerà (in “Defense du sentiment de Malebranche” sect. 6, chap. III - Opera, 1806 tomo IV, pag. 136) un’ottava del Campailla, senza però ricordarne il nome (Adamo I, 64); l’intenzione del Gerdil era quella di adoperare Cartesio (attraverso Campailla) in funzione antilluministica: cfr. Dollo C., La ragione signorile cit. pag. 402 n. 69.

A livello locale, riferiamo che “ancora negli anni ‘70 dell’Ottocento l’Adamo era una lettura d’obbligo per gli scolari medi” di Modica. E. Sipione, Politica e cultura in un secolo di stampa locale, ed. Corriere di Modica 1978, pag. 12

(95) P. Francesco Saverio Sammartino insegnò Teologia nel Collegio di Modica negli anni 1725-26 e nel 1731.

(96) Melchiorre da Sant’Antonio fu professore di eloquenza nel Collegio regionale degli Scolopi di Palermo. L’opuscolo dal titolo Oratio de laudibus Thomae Campaillae patricii motucani habita a Melchiore a S. Antonio clericorum regularium scholarum piarum sacerdote, et eloquentiae professore, di 28 pagine, è dedicato al nobile modicano Barone Antonio Ventura Arezzo (cfr. Dedicatoria, pag. 1-7).

(97) MURATORI L. A., Della forza della fantasia umana, Venezia, Pasquali, 1745, pag.37; pagg. 52-3.

(98) La lapide, con l’iscrizione dettata nel 1858 dal nipote Giuseppe Campailla, è collocata alla sinistra dell’ingresso principale. Le spoglie sono andate perdute molto tempo addietro. Il Sinesio aveva composto e proposto per la lapide del Campailla altra iscrizione, che però non vi fu posta.

 

 

Il Collegium Mothycense degli Studi Secondari e Superiori

 

Sul solco di una lunga tradizione di istituzioni scolastiche (presenti a Modica almeno dal XV secolo) – cui si accenna nello studio su T. Campailla ed il Suo ambiente culturale – si pone il Collegio, retto dai Gesuiti, fondato nel 1629 ed operante, nel primo periodo, fino al 1767, e, nel secondo, dal 1812 al 1860A .

Su questa rilevante istituzione scolastica della Città e della Contea rimandiamo al saggio storico di Giorgio Colombo ‘Collegium Mothycense degli Studi Secondari Superiori’ (pp. 225), Ed. Ente Liceo Convitto, Modica 1993. Tale studio tende a far luce pure su alcuni aspetti accennati da G. Criscione.

 

1) Il tessuto dell’ambiente culturale di Modica nel ’600 e nel ’700 non poté non trovare alimento pure nel Corpo dei docenti e in quel vivaio di studenti che, avendo frequentato il Collegio, ora pervenivano ad una maturità culturale dopo essersi misurati con un corso di studi, robusto e formativo. Il Collegio anzi, per la sua consistenza strutturale ed operativa, costituisce, oggettivamente, la più alta Istituzione della storia scolastica della Città, dal momento che fu riconosciuto idoneo a conferire, ‘uniformiter’et non solum ‘ad instar’ – alle più rinomate Università europee, il Dottorato in Teologia, il titolo di ‘Magister Artium’ (laurea in lettere e filosofia), nonché i diplomi abilitanti all’esercizio delle professioni di medico (gli studenti usavano eventualmente proseguire i proprî studi a Montpellier e a Napoli) e di giureconsulto (per il titolo di ‘doctor juris’, troviamo ad es. che un Silvestro De Leva, n. nel 1642, dopo avere studiato nel ‘patrio collegio’, si era recato presso lo Studium di Messina).

 

2) Il predetto saggio storico, sulla scorta di recenti rivisitazioni storiografiche, e perciò nel superamento di prospettive e giudizi di matrice illuministica, liberal-massonica ottocentesca nonché di polemici echi pascaliani e giobertiani, cui vanno aggiunti non pochi luoghi comuni di carattere antigesuitico, illustra anche i criteri pedagogici e didattici dei Collegi (da non identificare con i ‘Convitti’).

 

3) Vengono poi esaminati alcuni testi destinati all’attività didattica, da cui emerge l’attenzione alle varie correnti di pensiero del tempo, vagliate criticamente.

A tal proposito va rilevato che la filosofia, insegnata nei Collegi, pur nella valorizzazione di aspetti del possente pensiero di Aristotele, era propriamente quella scolastica e, in particolare, tomistico-suarezianaB .

Quanto alla fisica aristotelica (e non ci riferiamo pertanto, qui, all’ilemorfismo), questa è da tempo in crisi sia presso i filosofi aristotelici che antiaristotelici. Tale affermazione è tuttavia drastica. Per una lettura della complessità della questione e degli “onorevoli compromessi” (Dollo) presso gli Studiosi gesuiti, rimandiamo al saggio storico indicatoC . Vogliamo qui accennare soltanto al fatto secondo cui tarda a farsi strada una fisica non dimostrativa, non a priori, appunto perché la stessa ‘nuova’ fisica cartesiana è tutta caratterizzata dall’aprioristica ‘deduzione’ matematica. Solo lentamente emergerà la consapevolezza galileiana – presso tutti (e i grandi ‘artis e medicinae doctores’ di Messina ne sono un esempio eclatante) – dell’importanza degli esperimenti e dell’ ‘induzione’ (Newton).

 

4) Quanto a Cartesio, questi aveva di fatto conferito valenza metafisica all’aspetto quantitativo-matematico e meccanicistico – oggetto proprio della scienza sperimentale – del mondo fisico, ponendo in tal modo le premesse dell’empirismo

Il predetto saggio sul Collegio di Modica evidenzia questo ed altri motivi, per i quali “non poteva essere condiviso a cuor leggero il sistema filosofico cartesiano” (peraltro già in crisi negli anni della maturità del Campailla) da tutti gli Studiosi (specie se di orientamento cristiano): originarietà assegnata al ‘pensare’ rispetto all’ ‘Io’, svalutazione della fantasia e – comunque – della ricchezza dell’esperienza umana (che non sempre ha i caratteri della ‘chiarezza’ e ‘distinzione’), dualismo metafisico, non spiegazione della mutazione sostanziale, visione riduttiva e semplicistica dell’universo, apriorismo in merito alle prove dell’esistenza di Dio, distanza di Dio dal mondo…

Era, poi, critica consapevolezza quella “di non trovare nei grandi sistemi… che si andavano presentando alla ribalta dell’epoca moderna, un [convincente] modello teorico ‘nuovo’ (rispetto a quelli della scolastica)”. Si ponevano anzi talune premesse per possibili sviluppi, ritenuti inaccettabili, che in realtà finiranno per caratterizzare il pensiero della ‘modernità’ (a sua volta messo in crisi, da oltre un secolo a questa parte, dalla cosiddetta ‘post-modernità’).

In breve: non si trattò – nel ’600-’700 – sempre di ‘chiusure’ intellettuali, bensì di responsabili riflessioni. Resta tuttavia vero che mancò, in quel tempo, l’accoglienza ‘teoretica’ di alcune valide istanze, presenti in quei ‘sistemi’ che venivano alla luce, che avrebbero potuto trovare sviluppi, accettabili in funzione filosofica e fecondi pure in campo teologicoD .

 

5) Il clima non conflittuale fra posizioni culturali diverse a Modica, diversamente da quanto ciclicamente succedeva, ad esempio, a Messina, può forse trovare una spiegazione, oltre che in motivazioni politiche (atteggiamenti diversi – di rivolta antispagnola o meno – all’interno dell’élite cittadina e degli stessi Intellettuali: a Messina, dal 1674; autonomia di fatto, nell’organizzazione della vita cittadina, pur nel costante – in via ordinaria, non conflittuale – rapporto con i lontani Conti spagnoli: a Modica) e nel vigore degli Studiosi messinesi di questioni scientifiche, anche nella diversa temperie storica dei due ambienti culturali e civici in riferimento ai rispettivi Collegi.

Infatti, mentre a Modica intenti promotori iniziali ed itinerario di vita del Collegio furono privi di equivoci e sostanzialmente segnati da apprezzamento per la Compagnia, a Messina tutto il complesso lavorìo civico per l’istituzione di quel ‘primum ac prototypum omnium Collegiorum’, come pure l’itinerario di suo sviluppo, sono connessi alla sottesa intenzione di strumentalizzare  quell’istituzione in direzione di una successiva istituzione dell’Università, al fine di superare in tal modo i persistenti impedimenti da parte di quella catanese: tale ambiguità di fondo attraverserà – con ricorrenti conflitti fra esponenti civici (talvolta nel raccordo con quelli di altri Ordini religiosi) e gesuiti – la vita anche intellettuale della Città.    (N.d.C.)

 

note

 

(a) Sul ceppo di tale Scuola sorgeranno le Istituzioni scolastiche modicane dell’Italia politicamente unificata.

(b) …ossia, andando al cuore della critica ed integrazione ad un tempo del sistema di Aristotele: nella “soggettività dell’universalità come predicabilità è il criterio della distinzione profonda, sostanziale della filosofia medievale dalla greca. Il naturalismo oggettocentrico del pensiero pagano è capovolto e le fonti di valore della scienza, dell’etica, dell’arte sono ricercate non più nella natura oggettiva, ma in direzione totalmente opposta, nel soggetto da cui l’universalità proviene: antropocentrismo”. C. Ottaviano, Riccardo di S. Vittore, la vita, le opere, il pensiero; Accademia dei Lincei, Roma 1933, vol. 4, serie 6a, pag. 448.

(c) pagg. 126-130; 173-176 e, pure, 131-135; ma soprattutto a P. Gilbert, La semplicità del principio, Piemme, Casale Monferrato 1992, pagg. 263-274 (La fisica aristotelica; la fisica moderna) e a C. Dollo, La cultura filosofica e scientifica dei Gesuiti siciliani nel ’600, in Atti del Convegno su Scienziati siciliani gesuiti in Cina, nel sec. XVII, Roma 1983, pagg. 183-196; cfr. anche direttamente alcuni testi scolastici adoperati nel Collegio modicano.

(d) Cfr. Collegium Mothycense…, cit., pagg. 115-126 e 173-176.

(e) Cfr. D. Novarese, Il Messanese Studium Generale – tra politica gesuitica e istanze egemoniche cittadine, Ed. Giuffré, Milano 1994.

 

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