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Sulla ‘religiosità’ di Tommaso Campailla
Da ‘L’Apocalisse dell’Apostolo San Paulo’, poema sacro
di
Giorgio Colombo*
1. Dipendenti ad oltranza, dal 1880 ad oggi, dalla biografia di T.
Campailla effettuata da Serafino A. Guastella1 , si sono
riferiti non pochi luoghi comuni – accolti quasi dommaticamente – nel delineare
i tratti della personalità dello Studioso modicano.
Il Guastella dichiara di attingere alla biografia del C. redatta nel 1783
da Secondo Sinesio2 . Quest’ultimo, a sua volta, mutua notizie
sul C. da G. Trieste Bovio3 ; ma cerca pure dirette
informazioni, quarant’anni dopo la morte del C., venendo – come Egli stesso
dichiara – per tre volte a Modica.
Anche Guastella – 140 anni dopo la morte del C. – riferisce di avere
acquisito informazioni ‘tramandate’: queste però sembrano essere tutte segnate
dal sensazionale, dallo stravagante, dall’esagerato, dalla chiacchera da caffè;
in realtà, da un’ambigua ed acritica rappresentazione del C.
Inoltre, mentre il Sinesio si esprime costantemente con nobile e sereno
rispetto verso le Studioso e la sua Città, il Guastella, forse anche – ma non
esclusivamente – a seguito di influssi culturali ottocenteschi (da alcuni
Storici già analizzati4 ), appare incline a forzare i toni, non
escludendo attribuzioni sprezzanti: “abitudini quasi selvatiche”, “stranezze,
pregiudizi, superstizioni”, “cinismo e orgoglio”; “ceffo e ghigno
da scimmia”; “arido misticismo”; “tronfiezza ingegnosa”...
Nulla di tutto ciò nel Sinesio, il quale anzi, oltre a sfumare alcune
personali e, certo, singolari abitudini del Campailla (connesse peraltro,
almeno alcune, con le sue ricerche sperimentali), riferisce sulla sua “sincerità”
e “umiltà”; sulla “rettitudine di giudizio”; sul “senno,
integrità ed onore nell’assolvere i compiti” di giurato; sull’interesse “per
la musica”; sul suo essere “schivo di onori e dignità”; sul riguardo
verso la “delicatezza di coscienza” della (prima?) moglie5 ;
sull’essere stato oggetto di stima e premure: “Si recarono tosto i suoi a
visitarlo, e fra gli altri, i Medici più valenti, che sempre mai in quella
Città fiorirono”. Del resto – rileva sempre il Sinesio – non “gli
dispiaceva il conversare e trattare urbanamente”; anzi, in campagna con
amici, “componeva all’improvviso canzoni e sonetti in lingua siciliana”.
“Amante della verità”, non aveva difficoltà di ritrattare le proprie
opinioni “quando non istessero a martello”, e rispondeva “sempre
modestamente alle critiche osservazioni”.
Il Guastella poi, secondando una tendenza riduttiva e al ribasso, effettua
una lettura dell’ambiente urbanistico, sociale e culturale di Modica nei
secoli XVII-XVIII, decisamente priva di analisi, nonché certamente di confronto
sincronico con altre realtà urbane dell’epoca e secondo valutazioni del tutto
anacronistiche6 .
Egli infine non ci convince quando si avventura in valutazioni di natura
filosofica; quasi per nulla, poi, come analista (per così dire) della concezione
del mondo e del vissuto religioso della Popolazione oggetto della
Sua indagine. Del quale ‘vissuto’, peraltro, come pure della connessa e
corretta conoscenza della dottrina cristiana e della vita ecclesiale,
il Guastella si dimostra approssimativamente informato e superficiale
osservatore7 . Finisce Egli, pertanto, per esprimere – e con
presunzione – considerazioni
estrinsecistiche (relative, ad esempio, all’ironica registrazione di pur effettivi
dibattiti/controversie fra Studiosi di diverso orientamento teologico), e
decisamente polemiche allorché Guastella osa entrare nel merito della
profondità e del rilievo, anche pratico, delle problematiche in questione
(alcune delle quali avvertite più intensamente dalla ‘cultura’ e dal ‘sentire’
del secolo XVII), e degne piuttosto di essere affrontate con serietà8 .
Guastella irride sbrigativamente queste appassionate, ma responsabili e
attente dispute: che restano per Lui soltanto “aridità e sottigliezze
scolastiche”. In realtà Egli non coglie la gravità di tali questioni sia
perché distanti dai suoi interessi culturali sia a seguito dei persistenti e
forvianti ‘giudizi’ anacronistici9 .
2. Nel contesto di tali letture non sufficientemente attente alla Società
ed all’Uomo del ’600-’700, e, in esse, alla personalità, certo piuttosto
complessa, di T. Campailla, anche quella della ‘religiosità’, o – meglio
– della fede religiosa cristiana del C., merita di essere rivisitata.
Possiamo farlo soltanto a partire dalle sue opere (e nella consapevolezza di
non essere esaustivi della questione).
Dopo avere delineato l’atteggiamento di fondo del C., ci
soffermeremo poi, più analiticamente, su un momento alto della sua riflessione,
da cui si può evincere la sua coscienza ‘religiosa’ in senso stretto
(non ci riferiamo, pertanto, a quella ‘etica’)10 .
Certo, da ciò non è possibile – né ci compete farlo – dedurre adeguatamente
il grado della sua ‘spiritualità’ vissuta11 .
Anzitutto, dunque, alcune considerazioni di carattere generale.
La visione religioso-cristiana del mondo anima ed unifica tutta
l’opera del Campailla. In ciò Egli è sulla stessa lunghezza d’onda col
‘sentire’ proprio dell’Uomo europeo – specie se colto – del suo tempo. L’Adamo
e L’Apocalisse dell’Apostolo San Paulo – i suoi maggiori componimenti
poetici – costituiscono il compendio del suo sguardo sull’universo e, in esso,
sull’uomo, creato dall’onnipotenza di Dio e chiamato gratuitamente ad un
processo conoscitivo e di amore sino alla beatificante visione ed unione con
Lui, nella partecipazione alla Sua vita trinitaria.
In tale unitario sguardo ‘contemplativo’ sul creato si pone anche il
suo appassionato impegno di ricerca scientifica – condotta certamente,
con laica autonomia, iuxta propria principia –, che Egli pone di fatto
nell’orizzonte del primo movimento di ‘preghiera’ (di cui diremo), dal momento che questo è
pure costitutivo dalla riflessione sulla natura:
Or pria ciascun di voi nell’uomo pensi
quanto d’arte vi scoprì Anotomia,
con qual provido
modo vi dispendi
gli umori l’animale economia,
quanto sottili idee mandano i sensi
al comun senso ed alla Fantasia,
e con qual
regolato e giusto corso
varcar gli spiriti, ove si fa il discorso.
Allor dopo di aver ponderato
l’artificio del Corpo uman mortale,
di organi sì
mirabili formato
il qual al fine è simile al brutale…12
L’interpretazione di un cosmo regolato con ‘mirabile’ armonia non è
data da una sorta di influsso religioso acriticamente recepito da un ambiente
socioculturale. C. ha studiato le S. Scritture e riflettuto teologicamente13
poiché – Egli né è pienamente convinto – attraverso la Teologia, che sul Sacro
Testo riflette con ammirazione di Dio e della Sua opera di salvezza, ‘si
disvelano’ meglio i contenuti della fede e se ne coglie – benché solo
inadeguatamente – la ragionevolezza14 :
Di angelica beltà Donna pietosa (la Teologia)
dinnanzi al santo Altar seder si mira:
de’ sacri libri il testo, il qual si posa
su desco d’or, legge, rilegge, e ammira.
Considera, riflette, ed ansiosa,
l’occhio or al libro, or a l’Imago gira…15
Delle problematiche teologiche, il Campailla coglie in particolare (ma non
esclusivamente) quelle dibattute nel ’600-primi decenni del ’700, come quelle
sul rapporto natura-grazia e grazia-libertà; anzi è pure (non soltanto)
a seguito di un’attenzione a queste che Egli scrive L’Apocalisse…16 .
In tale Poema C. effettua una densa sintesi dottrinale, soprattutto
teologica. Non però con distacco meramente speculativo: Egli dimostra di
avvertire con intensità tali vitali questioni; né si tratta di ossequio ad una
‘estrinseca’ ortodossia, cui attendere quasi perché imposta o vigilata da
un’Autorità ‘esterna’.
Osserviamo di passaggio che il robusto impianto dottrinale-teologico delle
opere poetiche maggiori17 , espresso con viva partecipazione –
e perciò costitutivo della fede personale del Campailla – non può essere
diminuito dalla sua ‘devozione’ all’arcangelo Raffaele18 ,
poiché le ‘devozioni’ ai Santi (o agli Angeli) fanno legittimamente parte del
tessuto quotidiano della vita del credente cattolico se poste nel contesto di
una vita di fede, speranza e carità – virtù teologali ed infuse, tipiche del
cristiano, di cui C. ampiamente tratta nel canto 2 –. Non fa stupore, ancor di
più, una tale devozione, ‘costante’ nella vita di un Uomo del sei/settecento,
in un secolo cioè in cui la predicazione e la prassi pastorale non mancavano di
promuovere anche riferimenti di tal genere19 .
Tanto meno costituisce una singolarità20 – anzi è
espressione di fede cristiana autentica – la frequenza della Comunione
eucaristica negli ultimi tre anni di vita, effettuata quotidianamente dal C. in
preparazione – e forse anche nel timore, degno di riconoscimento
nell’umana esperienza, tanto più se consideriamo l’animo, a quanto pare,
ansioso dell’Uomo – della prefigurata morte. Peraltro, al di là di tale
circostanza, piena è la sua fede nella presenza e comunione eucaristica:
In mezzo l’Arca star del Dio Signore,
ma di novello Patto, ivi si mira,
dentro ha la Manna vera, in cui l’amore
serba se stesso in Cibo a chi vi aspira,
che chiude d’un Uom Dio con fe’ sincera
in ispecie di Pane la Carne vera.
…………………………….
Ristora ed alimenta, e non apprezza,
chi l’assaggia, mai più cibo terreno…21
3. Non reca alcuna ‘meraviglia’ – come presuntuosamente si esprime
ancora S. A. Guastella22 – il fatto che Campailla abbia
dedicato tre canti23 de L’Apocalisse dell’Apostolo San
Paulo – l’opera, che riteniamo della ‘maturità’ umana del C. – ai tre
‘movimenti’ dell’attività meditativo/contemplativa, o, se si preferisce, ai
tre gradi di preghiera.
Anche qui, precisione concettuale ed essenzialità di sviluppo espositivo
manifestano conoscenza dottrinale e prudenza in merito al ponderato
riconoscimento dell’esperienza soprannaturale nel processo di elevazione
dell’uomo a Dio.
Nel delineare gradi e modalità dell’orazione/contemplazione,
C. preferisce fare riferimento – fra le varie ‘Scuole di spiritualità’24
– a Tommaso d’Aquino25 , il quale sulla predetta questione a
sua volta fa propria la dottrina neoplatonico-mistica di Dionigi l’Areopagita
(sec. V-VI)26 , mentre non condivide l’esposizione dei gradi
della contemplazione, proposta nel Beniamin minor e Beniamin maior
da Riccardo di S. Vittore († 1173)27 , anch’essa pertanto
espressamente non accolta dal Campailla. Questi, di fatto, si rifà all’Aquinate
tramite l’opera voluminosa del carmelitano spagnolo Giuseppe di Gesù Maria La
Salita dell’Anima a Dio – nella traduzione in italiano del carmelitano
Baldassare di S. Caterina da Siena, edita a Venezia nel 1681 – il quale, nella
seconda parte dell’opera, ripropone appunto l’itinerario indicato da Dionigi il
Mistico (o Areopagita)28 .
Tali precisazioni circa le fonti ed i riferimenti culturali non sono
superflue, poiché, nell’esplorare un terreno ‘minato’ – per la possibilità di
incidere in discutibili arrovellamenti su se stessi e in misticismi – ed alto,
benché proprio di ciascun credente nel processo di maturazione di fede, il
Campailla esclude piste complesse ed artificiose per volgersi – e proporlo – ad
un itinerario caratterizzato da semplicità e concretezza,
qual è quello tomistico29 .
4. L’anima, “sospinta da Sua (di
Dio) grazia e suo favore”30 – come si esprime Campailla
–, ossia sotto l’influsso soprannaturale di Dio, e protesa a volgersi a Lui “in
union d’amore”, non è in uno stato di ‘quiete’, ossia quasi di inazione –
come potrebbe equivocamente intendersi l’itinerario ‘mistico’ –. La
contemplazione è ‘motus’, movimento altissimo, con carattere anzi
di perfezione, poiché si tratta di un ‘motus’ dell’intelletto (theoreticòs
bíos)31 e, cristianamente, pure dell’amore (agápe):
Ma qualor col suo vel (della fede) ei guarda e crede,
con occhio vede Dio vie’ più perfetto:
né il vede
sì, che qual suo Ben, nol brami;
né il brama sì, che, sommo Ben, non l’ami.32
Ebbene – osserva l’Aquinate al fine di chiarire in qualche modo un cammino
interiore – il ‘muoversi’ della ragione nel suo orientarsi verso la
Verità, nonché quello, sempre più profondo e soprannaturale, dell’orazione,
presentano analogie con i movimenti corporali/locali.
Quest’ultimi sono riducibili a tre: un moto circolare, che si
sviluppa intorno ad un centro; un altro, retto, se si procede da un
punto ad un altro: in alto o in basso, verso destra o verso sinistra, avanti o
indietro; il terzo può essere considerato obliquo, ossia non diretto, o
anche misto, poiché partecipa di entrambi i precedenti movimenti, com’è,
ad esempio, quello ellittico.
Anche la ragione ‘si muove’ in modo simile. Così, se essa procede
dal genere alla specie, o dal tutto alla parte, o dalla causa agli effetti si
dirà che tali movimenti teoretici sono retti; se analizza gli accidenti in quanto
riferiti (come ‘orbitanti’) alla sostanza, la ragione effettua quasi un moto circolare;
se però il suo sviluppo è segnato da un procedere discorsivo più articolato,
esso è caratterizzabile come misto.
5. Qualcosa di analogo avviene in
quel movimento, sempre più intenso ed alto, per il quale l’Uomo “unitis
virtutibus ad pulchrum et bonum manuducitur”33 , ossia nel
suo graduale elevarsi, questa volta per grazia, a Dio.
Col primo moto, il quale è retto, ascende
pría dalle creature al Creatore…34
La ragione umana, cioè, animata dalla fede – “dee di luce di Fede esser
vestita 35 –, meditando sull’esperienza sensibile,
leggendo nella natura come in uno specchio, in eventi e nelle parabole
evangeliche connesse alla vita quotidiana, comincia a cogliere in
qualche modo l’infinita bontà, verità, bellezza, perfezione di Dio.
Il secondo movimento eleva ulteriormente l’animo umano: è un
elevarsi misto, quasi, appunto, a spirale. Infatti la meditazione, in
tale grado, è raziocinante e perciò ancora connessa alle cose, cui deve a
tratti volgersi; è tuttavia pure ‘illuminata’ soprannaturalmente così da
intravedere con sempre maggior vigore e, certo, con intuito di fede e di
carità, la grandezza, le altezze, le profondità36 di Dio.
Fassi il secondo, obliquo detto o misto,
quando Dio dall’essenza Sua divina,
perché non bene esser disposta ha visto,
l’alma abbassa al creato e la declina,
affinché torni a Lui con nuovo acquisto,
che ha da nuovi riflessi, in cui cammina;
e risalendo a Lui con più vigore,
con nuovo lume ammiri, e novo amore.37
Finalmente il terzo e più alto movimento interiore, quello circolare:
tale perché, cessati ogni possibile contributo proveniente dall’attività dei
sensi esterni ed ogni discorso argomentativo, ci si orienta su Dio con una
‘contemplazione’ – questa volta, in senso stretto – la più intensa
possibile, anche se pur sempre secondo le condizioni terrene e perciò in
un’oscurità, pregnante tuttavia di certezza e in qualche modo beatificante.
L’anima umana, in questo stadio, contempla ed ama, ama e contempla Dio:
grande è il ‘senso di Dio’, inondata d’amore è la volontà. Lo ama e Lo
contempla in una lode ed in un’esperienza – impossibile ad essere espressa
adeguatamente – che per grazia, e soltanto per grazia, è di ‘pura’ (perché
libera da ragionamenti) contemplazione: un ‘theoreín’ 38
altissimo e pervaso di amore, una conoscenza amante, un’amore contemplante. Si
tratta di un’orazione ‘passiva’: “non solum discens, sed et patiens
divina”39 . Ma, nulla in comune col ‘quietismo’. Con la
grande mistica Teresa d’Avila, tale ‘passività’ è da intendersi non nel senso
che sia esclusa l’attività dell’Uomo, bensì che a tale altissimo ‘dono’
contemplativo possiamo soltanto disporci, poiché “da noi stessi non vi
potremo mai arrivare nonostante ogni nostra possibile diligenza”40 .
Tommaso Campailla ora si eleva con versi fluidi, tendenti a celebrare e
cantare la liberazione dell’intelletto umano in questo suo supremo ‘movimento’:
… la terza via
a riconoscer Dio
è in pura luce, e semplice di fede.41
L’anima, come un’aquila, non si muove più nella dispersione e nell’opacità
di ragionamenti molteplici, in definitiva poveri, bensì vola alto – quasi con
ampio volo circolare – costantemente volgendo lo sguardo su Dio: “Lo
contempla in amandolo e Lo ammira / nel lume incomprensibile suo stesso. /
Tutta si perde in quella immensa vista…”42 .
Tali altezze e profondità ‘mistiche’ non decadono nel ‘misticismo’.
Trattasi pur sempre di una “luminosa oscurità” (Eckart), poiché “una
luce quanto più è viva tanto più abbaglia” (Giovanni della Croce). Insomma
non si presume di pervenire, in tale stadio, ad una visione – come
dichiaravano i Molinisti – della stessa essenza di Dio, impossibile per
l’uomo nel suo stato terreno:
Gli atti del contemplar son somiglianti,
quei, che in terra si fan, con quei, che in Cielo;
sol ciò, che senza velo in Ciel si vede,
si scopre qui col solo vel di Fede43 .
La più alta contemplazione-visione-orazione consiste piuttosto in un’esperienza
(che può essere di maggiore o minore frequenza, di grado più o meno intenso),
nella quale, per l’influsso di Dio, alle facoltà dell’intelletto e della
volontà – “di luce l’Alma e di dolcezza il core”44 – ma
con possibile ridondanza in quelle sensitive45 , viene concessa
una forza più alta, in virtù della quale Dio viene attinto in modo nuovo
e più intenso. Si ha come una dilatazione della coscienza, per
cui le verità di fede e la stessa Realtà soprannaturale vengono colte con più
luminosa chiarezza e profondità. Nello stesso tempo si può cogliere con
maggiore acutezza tutto ciò che allontana da Dio; né sono da escludersi prove e
sofferenze esterne ed interiori (malattie, umiliazioni, dubbi…): non si tratta
pertanto di un’esperienza caratterizzata soltanto da intima gioia. Motivo di
riserva critica, poi, ogni modalità di esaltazione emotiva o di evasione dagli
impegni e dai travagli feriali della vita46 .
Tommaso Campailla, con autorevole esposizione dottrinale, con un procedere,
vibrante ma piano e scevro di enfasi retorica, evitando qui ogni virtuosismo
semiotico, coglie ed esprime tale alto dinamismo interiore. Ma non si
smarrisce su piste emotive o ambiguamente esaltanti: anzi, sostando e quasi
spezzando l’esposizione di un alto processo contemplativo, lo Studioso di fisiologia
emerge per avvertire come stati d’animo di ‘malinconia’ o un ‘fervore’
discutibile47 (… specie nella donna48 ) – “d’umore
atrabiliare effluvio ardente”49 –, possono indurre all’illusione
di essere pervenuti a stati ‘mistici’.
Né il Poeta perde di vista la valorizzazione – in tale momento di
elevazione soprannaturale – della natura umana.
Egli infatti, dopo tre versi densi di sobria commozione, incalza e sancisce
con un ultimo – vigile ed incisivo – tendente a precisare come l’anima “di
quanto perdé molto più acquista”50 . E’ la notazione,
pregnante di concretezza, circa il recupero, a livelli nuovi e più alti ed
imprevedibili, delle potenzialità, dell’attività e delle attese
dell’intelligenza, della volontà, dell’affettività, del fondo dell’anima…:
“Il terzo è
circolare, che ovunque gira,
l’anima, sempre a Dio, suo fine, è presso.
Coi rái de la ragione più non lo mira:
Ma con occhi di Fé lo scorge in esso,
Lo contempla in amandolo, e l’ammira
nel lume incomprensibile suo stesso.
Tutta si perde in quella immensa vista,
ma di quanto perdé molto
più acquista.51
NOTE
* (Modica, 1934). E’ autore di
numerosi articoli su periodici e di tre saggi storici.
E’ presidente, dal 1996, dell’Ente Autonomo ‘Liceo
Convitto’, fondazione culturale (Modica), editrice di Archivum
Historicum Mothycense.
Risiede a Modica, vanella De Naro Papa, 5/a. Tel.
0932/903195.
(1) Di Tommaso Campailla e de’ suoi
tempi, Ed. Pro Loco, Modica 1976 (rist. dell’ediz. del 1880).
(2) Vita del celebre filosofo e
poeta Sig. D. Tommaso Campailla patrizio modicano, in T. Campailla, L’Adamo,
ovvero il mondo creato, Tip. Pulejo, Siracusa 1783.
(3) Su tutte le biografie del C. cfr.
G. Criscione, T. Campailla e l’ambiente culturale a Modica fra ’600 e
’700, in questo stesso fascicolo di Archivum…, pag. 71 e segg.
(4) Atti del Convegno su ‘S. A.
Guastella e la cultura contadina nel Modicano’, Modica-Chiaramonte Gulfi
1975, in Arch. Storico per la Sicilia Orientale, anno LXXV, 1979, fasc I.
(5) … la quale inoltre pare non abbia
condiviso gli interessi di studio del Marito, ma non perciò – come con
sbrigativa esasperazione deduce il Chiaramontano – sia stata “resa infelice”.
Potrebbe, del resto, essere avvenuto anche il contrario, dal momento che C.
così si esprime: “Giro eterno di pene in lui [nel marito] tu vedi, /
se sferico in lui vedi anello in mano… / e può mostrar, tenendo i ceppi a’
piedi, / che chi a moglie si lega è vero insano”; Emblema CXXXVIII
(o CXXXVI); cfr. anche E. CXXXIX (o CXXXVII). Gli Emblemi furono
pubblicati nel 1716; il primo matrimonio è del 1694, il secondo, del 1715.
(6) Op. cit., pag. 20 e segg.
Cfr. osservazioni critiche alle medesime in Archivum… n. 4/1998, pag. 4,
Nota 3, e lo studio di G. Criscione citato; cfr. anche il nostro Collegium
Mothycense degli Studi Secondari e Superiori, in partic. cap. I e II.
(7) Riteniamo che, se ci si misura con
una problematica, occorra esserne adeguatamente informati: se si discute di
questioni finanziarie, è necessario avere almeno una discreta conoscenza circa
la scienza delle finanze!… E’ questione di serietà e scientificità di studio.
(8) Accenniamo, per esemplificare,
alla questione del probabilismo/probabiliorismo - cui il Guastella fa
riferimento a pag. 99, nota 1 -, ossia alla ricerca di soluzione circa il
corretto rapporto fra coscienza soggettiva ed una norma non certa:
questione non astratta, da affrontare non solo teoricamente ma pure - talvolta
drammaticamente - nella prassi quotidiana. Su tale problematica si misurarono
in quei secoli grandi Ingegni, quali Caietano, Vitoria, Domenico Soto,
Bartolomeo di Medina, Suarez, Vasquez, Lessio, De Lugo, Bañez, S. Alfonso…,
Maestri delle Università di Salamanca e di Parigi, e, in Sicilia, il teatino
Antonino Diana ed i gesuiti Tommaso Tamburini e Francesco Bardi, delineando
vari ‘sistemi’ morali. Le soluzioni furono diverse e trasversali, ossia non
etichettabili come esclusive dei teologi di uno oppure di altro Ordine
religioso.
La questione del ‘probabilismo’ fu cruciale nel
’600, al punto da potere essere considerata “luogo di tematizzazione
interdisciplinare della convergenza fra storia politica, storia sociale e
storia culturale” (cfr. S. Burgio, Teologia barocca. Il probabilismo in
Sicilia nell’epoca di Filippo IV; Biblioteca Società Storia Patria Sicilia
Orient., maggio 1998, pag. 21), né pertanto può legittimamente – come fa il
Guastella – essere snobbata.
Ci fu certamente nel ’600 un pullulare notevole di
trattati di ‘casistica’ (studi per l’applicazione della teologia morale
ai ‘casi’ particolari). Ma, al di là di successive assolutizzazioni (che
oggi rifiutiamo) di tali soluzioni, osserviamo, nell’impegno per un’onesta
lettura storica:
1) la soluzione ‘probabilistica’ ai vari ‘casi di
coscienza’ andava incontro a problemi concreti di coscienza nell’intento non di
opprimerla, bensì di aiutare ad individuare possibili circostanze attenuanti
la colpa (…sensi inutili di colpa): da qui le accuse di ‘lassismo’ da parte del
rigorismo giansenista;
2) si tratta di responsabili riflessione di Studiosi al
fine di adattare la ‘morale cristiana’ a nuove condizioni sociali: “trasformazioni
economiche, politiche, culturali…, che non trovano riscontro nei testi della
tradizione patristica e medievale” (S. Burgio, op. cit., pag. 9);
3) le ‘strategie di politica religiosa’ – anche quelle,
segnalate con sospetto, presso le ‘coscienze’ della classe dirigente (e di
regnanti) – costituiscono pur sempre interventi volti ad orientare
cristianamente la soluzione di rilevanti questioni teorico/pratiche: il
rapporto e la pacificazione fra potenti, il prestito ad usura, le controversie
per le eredità, il diritto di guerra, il duello, l’affermazione della libertà
di coscienza, la morale coniugale, l’istituzione di scuole, di ospedali…
Certo, nella complessità di ogni intervento umano sono
pur sempre possibili ambiguità ed effetti collaterali;
4) coloro che criticano polemicamente l’elefantiasi
trattatistica del ’600 e sottili distinzioni di moralisti, dimostrano un’acuta
capacità di analisi (alimentata dalla post-moderna cultura del sospetto);
per cui, se i Medesimi fossero vissuti a quei tempi, essi stessi probabilmente
avrebbero adoperato tali risorse personali in direzione di sviluppi
‘casuistici’ di studio!…;
5) di fronte alle valutazioni circa l’impegno (eccessivo,
anche perché barocco…) profuso dai trattisti – probabilisti o no –, e che oggi
rifiutiamo per l’appello e la fiducia nella retta e formata coscienza
individuale e con riferimenti biblici più consistenti teologicamente e
dinamici, è forse opportuno attendere – liberi da snobismi intellettualistici –
pure alla irraggiungibilità del mondo di ‘chi non ha le scuole’, nonché
alla necessità per tutti – anche per i ‘dotti’ – dello scambio di pareri
(‘direttivo’ o meno) con Persone sagge per muoversi con coscienza morale, la
più corretta possibile, fra non pochi scogli del vivere quotidiano.
(9) Il Guastella resta, a nostro
avviso, attento e prezioso studioso di alcuni aspetti di vita della popolazione
dimorante nei vari Comuni facenti parte della Contea di Modica (‘etnologo’
o ‘etnografo’? Non riusciamo a convenire del tutto, per i motivi sopra
esposti, sulla qualifica di ‘demopsicologo’…).
Riconosciamo inoltre la Sua passione civile, che
costituisce, forse, una delle motivazioni della sua ricerca antropologica
(oltre che del suo evidente anacronismo valutativo – o, se si vuole,
dell’esclusiva lettura diacronica senza quella sincronica: ma il profeta non è
necessariamente un buon storico!). Su tale impegno riformatore analitiche
letture e riflessioni sono state effettuate; cfr. ad es. G. Barone, Ideologia
e politica in ‘Fra Rocco’ (1860-1862), in S. A. Guastella e la
cultura contadina nel Modicano, cit., pagg. 123-147.
(10) Trattando delle opere di Studioso
che, per sua stessa dichiarazione, tiene ad essere fedele al Magistero
ecclesiale, riteniamo opportuno - per un corretto studio - tenere presente e,
in genere, la dottrina cristiana riconosciuta autenticamente tale e, in
particolare, le ‘Scuole di spiritualità’ (cfr. Nota 21), in quanto anch’esse
accolte e riconosciute dalla Chiesa cattolica.
(11) Sappiamo soltanto dal Sinesio, op.
cit., pag. XXXVIII, che Campailla “sempre dirigeva lo studio a Dio, e le
cose di quaggiù volle che gli fussero scala a quelle di lassù, e al sommo
Fattore il conducessero”.
Le motivazioni del notevole impegno di studio di
T. Campailla emergono sempre più essere gli stessi del grande Filosofo, ch’Egli
si è dato come guida – e che non intende a cuor leggero abbandonare
assecondando, come ‘canna sbattuta dal vento’, ‘mode’ culturali –. Ritorna qui
(estendendo l’intuizione interpretativa) l’annotazione di G. Criscione,
allorché questi osserva (La concezione di ‘filosofia’ di T. Campailla,
in Arch. Hist. Mothic., n. 4/98, pag. 38) come Muratori non avesse colto
il ‘significato’ che Campailla conferiva al suo attaccamento a Cartesio.
Gli intenti di Cartesio sono di rinnovamento
scientifico, filosofico, religioso. Ebbene, pur nella non assolutizzazione di
nessuna – con esclusività – di tali prospettive interpretative del pensiero cartesiano,
è certamente da ritenere pure quella connotata “dal divisamento del
Pensatore francese di dare alla Chiesa cattolica una nuova filosofia” dopo
il tramonto – a suo parere – dei modelli scolastici gnoseologici e
metafisici.
Di fatto (al di là del circolo vizioso in cui Cartesio
incide, essendo l’esistenza di Dio dimostrata da Lui sulla base di quella
chiara ragione che, a sua volta, da Dio è garantita…), Dio è essenziale,
in Cartesio, sia per non darla vinta allo scetticismo sia per la fondazione della
sua fisica. Cfr. C. Ottaviano, L’unità del pensiero cartesiano, Ed.
Muglia, Catania 1962, pagg. 6-12, passim.
Lo stesso dicasi, senza alcun dubbio, per Campailla: “Se
idea distinta e chiara ha il pensier mio, / non erra nó, che fora error di Dio”
(L’Adamo, c. 1, st. 65; ma cfr. tutto il c. 1, su ‘I princípi delle
cose’).
Dunque, anche per Campailla, tutto l’edificio crolla,
se crolla il presupposto, ossia Dio stesso.
(12) L’Apocalisse dell’Apostolo San
Paulo, poema sacro, a cura di S. Sinesio; stampato da F. M. Pulejo,
Siracusa 1784; c. 4, stt. 52 e 54. Cfr. L’Adamo, c. 1, st. 43: “Così
l’enemendabile Architetto, / poiché l’ampio universo egli ha costrutto; / e con
forza ineffabile d’un Detto, / l’ha in forma perfettissima ridutto; / l’Anel
del Tutto a dimostrar perfetto, / medita, l’Uom crear, Gioia del Tutto, / dando
a Corpo mortale Anima eterna, del gran Fattore Immagine superna”.
(13) Sarà soltanto verso la fine del
sec. XVIII che “la teologia, ch’era stata [anche] in Sicilia da tutti
- non erano i soli ecclesiastici, ma anche i secolari [ad occuparsene]… -
e con grande ardore coltivata,… decaderà poi dal suo splendore… Conferì in
prima a tal mutazione la novella filosofica che… rotto avea l’alleanza tra le
idee filosofiche e religiose… Vi si aggiunse di più la galante letteratura che…
ritraeva gli spiriti da quegli studi, ch’erano seri e gravi”. D. Scinà, Prospetto
della storia letteraria di Sicilia nel sec. XVIII, Ristampa Ed. Regione
Siciliana, Palermo 1969, pag. 199.
(14) Cfr. L’Apocalisse…, c. 4, v.
34:
(15) L’Apocalisse…, c. 4, st.
28.
(16) …occasionalmente anche contro
il/i movimenti ereticali dei Molinisti/quetisti, e perciò pure in vista
degli Alumbrados - ‘illuminati’ -, che lambirono agli inizi del sec.
XVIII l’antico monastero delle Benedettine di Modica.
Queste, in breve, le tesi dei Molinisti e degli
Illuminati (“lor molli sentenze”; cfr. sintesi introduttiva in versi al
canto 3 - tutto su ‘La falsa contemplazione’ -), contestate da
Campailla:
- l’anima finisce per essere
‘impeccabile’, poiché, in virtù del suo stato di ‘visione’, non può vedere
altro da ciò che Dio vuole;
- il suo stato è d’una immobile ed
imperturbabile pace;
- l’anima ‘perfetta’ è esentata anche
dagli atti di virtù; anzi pure dal ringraziare l’“Autor divino” (stt. 64-65),
e, a fortiori, Maria, Angeli e Santi.
In radice: C. dimostra con determinazione come il
contemplante - per la sua condizione psichica nello stadio storico-terreno - non
può restare fisso nella divina essenza; c. 3, stt. 32-61.
L’Apocalisse dell’Apostolo San Paulo è del 1738; cfr. G. Criscione, Produzione
scientifica e letteraria di T. Campailla, in Archivum…, n. 4/1998,
pagg. 13-21. Il poema trae il titolo di ‘Apocalisse’, per analogia di
contenuto, dall’Apocalisse, riconosciuta canonicamente ‘ispirata’,
dell’apostolo Giovanni, e mutua lo stesso significato di ‘rivelazione-manifestazione
di realtà nascosta’. Quanto al fondamento biblico – di cui il poema del C.
tenderebbe ad essere un’immaginaria esplicazione –, esso va individuato nella
Seconda lettera di Paolo ai Corinzi, 12,1-3: “Se è proprio necessario
gloriarsi, benché non sia utile, parlerò dell’estasi e delle rivelazioni che
ebbi da parte del Signore. Conosco un uomo, in Cristo, il quale quattordici
anni or sono fu rapito fino al terzo cielo, ignoro se col corpo o senza il
corpo, perché Dio solo lo sa. E so che quest’uomo, se in corpo o fuori del
corpo non so, Dio lo sa, fu rapito in Paradiso e udì parole arcane che uomo non
può udire”.
Può costituire informazione di qualche interesse
riferire che Uriele - guida di Paolo nel racconto del Campailla - è uno
dei sette arcangeli che stanno al cospetto dell’Altissimo, sono preposti al
creato (cfr. Ezechiele, 9, 2 e segg.; Tobia, 3, 17 e 12, 15; Apocalisse
di Giovanni, 8, 2) e costituiscono un fattore caratteristico delle
Apocalissi (Daniele, 8, 15-19; 9, 21 e segg.). Il nome, insieme a quello
degli altri sei, è però dato da Henoch Etiopico (pseudonimo di un Autore di
scritti composti nel tardo-giudaismo: II sec. a.C.). Cfr. Grande lessico del
Nuovo Testamento, a cura di G. Kittel, ed. Paideia, Brescia 1965, vol. 1,
pag. 37*, e ivi, alla voce ‘¢rc£ggeloj’, col. 231.
(17) Non ci compete entrare nel merito
della valenza poetica delle medesime, su cui un attento studio è stato
effettuato da D. Di Trapani, I poemi di T. Campailla - Fonti ed elementi per
una rilettura critica, in Archivum…, n. 4/1998, pagg. 23-32, e ivi,
l’Editoriale, pagg. 7-8. Aggiungiamo soltanto come, a nostro avviso, non
può essere, di per sé, la densità contenutistica - le ‘disquisizioni
teologiche’, di cui S. A. Guastella, op. cit. pag. 100 - ad
inficiare una eventuale positiva valutazione, dal momento che anche il
lettore (critico) deve conoscere ed avvertire (ri-avvertire) quei ‘contenuti’,
avvertiti intimamente e proposti dal Poeta: diversamente tali contenuti -
qualunque essi siano (anche se si ‘canta l’amore’!..) - resteranno
incomprensibili e giudicati ‘aridi’, e perciò, inesorabilmente ed ‘a priori’,
non poetici.
(18) … su cui il Guastella sembra fondare tutta la ‘religiosità’
del C.
Il nome ‘Raffaele’ equivale a ‘Dio guarisce’:
una devozione di C. a tale ‘potente’ Arcangelo in virtù del suo interesse
scientifico-medico? Ci sembra peregrino il riferimento ad un Raffaele ‘paraninfo’…
Cfr. S. A. Guastella, op. cit., pagg. 19-20 e ivi, nota 3.
(19) … che, semmai, potevano
alimentare eccessivamente gli ‘affetti’ (cfr. G. C. Argan, L’arte barocca,
Ed. Newton Compton, Roma 1989, pagg. 19, 42, …), cioè emozioni e sentimenti, e
non - come afferma Guastella, op. cit., pag. 98 - ‘aridità’. (In ogni
caso, il Cristianesimo non è un ‘sentimento religioso’
schleiermacheriano, o una congerie di emozioni). Il moltiplicarsi delle
‘devozioni’ ai Santi (ma non è il caso del Campailla) poteva certamente
indurre i credenti a distogliere il proprio orientamento dall’unico Salvatore.
Vanno comunque tenute presenti e la ‘cultura’ del tempo e la pedagogia
pastorale della Chiesa.
Una seria critica fondata, relativa a quei
secoli (cui accenniamo perché tocca problemi che stiamo trattando, ma che viene
superata di fatto dal Campailla dal momento che Egli sceglie e
privilegia il genere letterario poetico) avrebbe potuto essere piuttosto quella
riferibile ad una certa marcata distinzione fra la teologia teoretica e
apologetica, e la teologia ‘spirituale’. Quest’ultima inoltre, da
parte sua, tendeva ad un certo antropocentrismo ed individualismo (sia
pur profondamente ‘interiore’) piuttosto che ad evidenziare gli aspetti
Kerigmatico-soteriologici, comunitari ed escatologici, non
manifestando, forse, una vera immersione biblica, e procedendo nel rischio del
ripiegamento del credente su se stesso e della non apertura al mondo
in funzione di un impegno di incisiva trasformazione della Società. (Forse
sta qui un ‘barlume’ di critica fondata da parte del Guastella, là dove questi
usa brutalmente il termine ‘egoismo’; op. cit., pag. 98). Tale limite –
assenza di modelli politici alternativi - viene invece attentamene ed
acutamente evidenziato da C. Dollo (che però segnala altre ‘cause’..; cfr. C.
Dollo, La ragione signorile nell’etica di T. Campailla, in Siculorum
Gymnasium, 2, 1979, pagg. 379-412) in merito ai conseguenti orizzonti
etico-politici del Campailla, non caratterizzabili tuttavia - a nostro
avviso - come tipicamente ed esclusivamente ‘signorili’, né come ‘provinciali’
(per motivi che qui non ci compete analizzare).
Peraltro, che si trattasse soltanto di un ‘rischio’
(di intimo ripiegamento), lo dimostra il fatto che il sistema sociale modicano
(intriso di religiosità cristiana) era, in realtà, un sistema ‘in movimento’,
segnato, già nel ’600, da una certa mobilità – e, comunque, interazione – fra i
diversi ceti sociali, dall’attivo associazionismo artigianale, dal fervore di
attività commerciali, da trasformazioni agricole (cfr. il nostro Collegium
Mothycense degli Studi Secondari e Superiori, Modica 1630-1767; 1812-1860;
Modica 1993, pagg. 64-68); né vanno messi in ombra ospedali, scuole,
orfanotrofi, ‘opere pie’ aventi molteplici finalità, che emergono largamente in
quei secoli nella Contea ad opera di cristiani; e finalmente, con riferimento a
Campailla, il suo personale impegno di ‘scienziato’, motivato seriamente nella
ricerca – anche a seguito di morbi ed epidemie - a trovare efficaci terapie,
oltre al suo impegno di ‘giurato’, ruolo
per molti anni assolto, per sua stessa dichiarazione (cfr. Lettera a
Muratori del 2.1.1731), non certo come un ambìto svago.
(20) S. A. Guastella, op. cit.,
pag. 15.
(21) L’Apocalisse…, c. 1, stt.
71 e 56.
(22) S. A. Guastella, op. cit.,
pag. 99.
(23) Il 4° - 5° - 6°; più il 7° su ‘Le
purgazioni passive e la Notte oscura’.
(24) Il termine ‘spiritualità’
denota qui l’esperienza interiore dell’Uomo, in quanto guidato dallo Spirito
Santo (‘Pneúma’). Non va inteso, pertanto, in direzione
spiritualistica, ossia come esclusione del coinvolgimento del corpo, che anzi
può essere implicato per vari aspetti in quel processo.
Le ‘Scuole cristiane’ di spiritualità, che cioè
tendono a dare un’esposizione, in qualche modo sistematica, al
progredire di elevazione soprannaturale dell’uomo verso Dio, e prospettano
metodi d’orazione diversi, sono state lungo i secoli numerose. Accenniamo
soltanto a quelle Patristiche greca e latina, alla spiritualità benedettina (e
cistercense, certosina), di S. Vittore, domenicana, francescana, mistica
fiamminga; e poi, nell’età moderna, alla scuola carmelitana, ignaziana
(della Compagnia di Gesù), di S. Alfonso de’ Liguori, dei Passionisti, di S.
Filippo Neri, salesiana…
Va infine rilevato che l’itinerario contemplativo non
è proprio soltanto del monaco, bensì del cristiano tout-court, come
dimostra la consapevolezza stessa del Campailla.
(25) Summa Theologiae, 2a 2ae,
questione 180, art. 6.
(26) … o meglio, dello Pseudo-Dionigi,
De divinis nominibus, cap. 4, § 8, in Migne Greco, 3, 704.
(27) Riccardo di S. Vittore espone “con
le più minute suddivisioni ed i più accurati confronti la dottrina della contemplatio”.
Quello di Riccardo è un “misticismo speculativo (e non volitivo o
affettivo)”, per via del “primato dell’intelletto sulla volontà”: è “l’intelligenza
(per Riccardo) che va a Dio, non il cuore”. R. “è un filosofo, un
tecnico della mistica, e forse più che della mistica, dei correlativi
filosofici di essa, la psicologia e la morale”. C. Ottaviano, R. di
S.V., la vita, le opere, il pensiero, Memorie dell’Accademia dei Lincei,
Serie VI, vol. IV, fasc. V, Roma 1993, pagg. 451-452 e 531. (Questo studio
monografico di C. Ottaviano su R. di S.V. è il primo saggio completo,
analitico, acuto che sia stato compiuto sul grande Maestro medievale).
(28)
Copia di tale opera tradotta, dal Campailla letta e ‘postillata’, fu
riscontrata dal Sinesio nella biblioteca del can. Pietro Campailla, nipote del
Nostro; cfr. l’ediz. 1784 de L’Apocalisse…, annotazioni al c. 4, pag.
42.
(29) “Unde patet quod Dionysius
multo sufficientius et subtilius motus contemplationis describit”; S. Th.,
2a 2ae, q. 180, a. 6, ad tertium.
È certamente attenzione, particolarmente avvertita dai
cristiani tra la fine del ’500 e tutto il ’700, quella di analizzare i percorsi
di profonda purificazione e di partecipazione ai misteri di Cristo e, in
definitiva, di processo interiore, nonché di darne quasi schematiche (ma sempre
di valenza relativa) sistematizzazioni: ciò, anche allo scopo di proporre itinerari
e guide valide per l’ ‘autenticità’ del ‘cammino di perfezione’.
Un’attenzione a tali itinerari di vita e profonda
esperienza cristiana non è tuttavia esclusa dalla esposizione ed elaborazione
teologico-spirituale pure del nostro secolo: basti accennare alla riflessione
del grande teologo H. U. von Balthasar (†1988) sull’esperienza ‘mistica’ di
Adrienne von Speyr. Infatti - come si esprime il medesimo Studioso - la
conoscenza del patto di alleanza fra Dio e l’Uomo non si realizza “in una
comprensione statica:…la conoscenza si realizza in atto, e al tempo stesso nel
trascendimento di sé… verso il compimento a venire”. H. U. von Balthasar, L’unità
fra teologia e spiritualità, in Con occhi semplici, Ed.
Herder-Morcelliana, Brescia 1970, pag. 19.
(30) L’Apocalisse…, c. 4, st.
44.
(31) Cfr. Aristotele, De anima,
VII, 1; Ethica nicomachea, X, 7.
(32) L’Apocalisse…, c. 2, st.
67.
(33) Dionigi il Mistico, De
caelesti hierarchia, cap. 1 § 2, in MG, 3, 121; cit. da T. d’Aquino.
(34) L’Apocalisse…, c. 4, st.
44.
(35) Ivi.
(36) “… Possiate comprendere con
tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità,
e possiate anche intendere quella carità di Cristo che sorpassa ogni
comprensione, e così siate ripieni di tutta la pienezza di Dio”. S. Paolo, Agli Efesini, 3, 18-19.
(37) L’Apocalisse…, c. 4, st.
45.
(38) Si tratta pur sempre di
‘conoscenza’: “essentiam habet in intellectu”; S.Th., 2a 2ae, q. 45, a.
2.
(39) Dionigi, De divinis niminibus,
in S.Th., 2a 2ae, q. 45, art. 2.
(40) S. Teresa di Gesù, Cammino di
perfezione, cap. XXXI, 2.
(41) L’Apocalisse…, c. 5, st.
34.
(42) L’Apocalisse…, c. 4, st.
46.
(43) L’Apocalisse…, c. 6, st.
58.
“Questa conoscenza è ancora ‘in enigma
e come in uno specchio’: la soggettività [di Dio] è ancora oggettivata per essere colta da
noi, ma nello specchio della sovranalogia della fede, nei concetti scelti da
Dio stesso per dirsi a noi, finché alla fine ogni specchio cadrà… e conosceremo
veramente la soggettività divina in quanto soggettività, nella visione in cui
l’essenza divina stessa attua il nostro intelletto per estasiarlo in essa.
Nell’attesa, la connaturalità di amore ci dà, nella contemplazione apofatica,
una specie di… oscura pregustazione di tale unione”. J. Maritain, Breve
trattato dell’esistenza e dell’esistente, Ed. Morcelliana, Brescia 1965,
pag. 59.
(44) L’Apocalisse…, c. 4, st.
65.
(45) “… sino por cierta redundancia
del espíritu…”; Giovanni della Croce, Opere, Burgos 1929-1931, v. 3,
pag. 179.
(46) L’Apocalisse…, canto7: Le
purgazioni passive e la notte oscura.
(47) L’Apocalisse…, c. 5, st.
31.
(48) Seguendo C. Dollo, op. cit.,
si rileva, specie nelle opere giovanili del C. - Vagiti della penna ed Emblemi
- una visione piuttosto riduttiva della donna.
In questa rapida annotazione osserviamo tuttavia come,
in merito a tale questione, l’atteggiamento del Campailla non può – a nostro
avviso – essere qualificato tout-court come ‘misogino’. Peraltro Egli si
sposa – per due volte – ed ha un figlio…, anzi due (il secondo, Romualdo, pare
sia morto in fasce nel 1700).
La riflessione del C. sulla ‘natura femminile’ (non ci
riferiamo, dunque, qui al ‘matrimonio’) pare ondeggiare fra l’essere motivata
dalla sua lettura fisiologica della donna, e da un’aristocratica (come reazione
di uomo colto) e/o patrizia (come ceto sociale) prospettiva. Infatti, a parte
le analisi fisiologiche proposte dal C. (‘scientifiche’, per quel tempo?),
talune attribuzioni, rilevate dal Dollo negli Emblemi, poco lusinghiere
per le espressioni comportamentali della donna - come Campailla le coglie
comunemente (… nel mondo popolano?) - vanno bilanciate con le altre, non
certo esaltanti, per i ‘vizi innumerabili’ del maschio, ma pure con
quelle di alto (‘iperbolico’?) apprezzamento per la donna e la bellezza
e grazia femminili, pur queste riconosciute presenti in una donna -
certo, colta ed ‘educata’ - qual era Gerolama Grimaldi; cfr. G. Finocchiaro
Chimirri, introduzione a La dama in Parnaso di G. Grimaldi, (ristampa)
Ed. Tringale, Catania 1983.
E’ da chiedersi inoltre, quanto, in merito
all’affermata inferiorità femminile rispetto al maschio, abbia influito
il contesto societario gerarchizzato (come rileva il Dollo), oltre ad influssi
di Aristotele, di Cartesio, di un certo filone platonico-agostiniano, e ad
interpretazioni inesatte d’influsso socio-culturale – ma a quel tempo correnti
– di Paolo (Ai Colossesi, 3, 18).
Di fronte, infine, alle esasperazioni sillogistiche del
Campailla, tese “a ribadire la sudditanza femminile, affiora il sorriso e la
convinzione che ci si trovi di fronte ad un’accentuazione dovuta al
divertissement accademico”…; C. Dollo, ivi, pag. 388.
Quanto poi, alla questione - che spesso viene connessa
alla precedente - relativa ad una lettura non positiva della sessualità,
osserviamo:
a) C. non solo non evade
moralisticamente tale problema, ma lo analizza con palese e diffusa
esplicazione scientifica dei fattori fisiologici;
b) occorre distinguere quelle gravezze
valutative di matrice culturale - cui prima si è accennato - dal corretto (non
‘giansenistico’) riconoscimento ascetico e pedagogico cristiano (non
‘tradizionale’, ma permanente), secondo cui - assetto gerarchizzato, o meno,
della Società - ragione e volontà devono pur guidare, anche eventualmente con
motivata e libera rinunzia, il dinamismo fisico.
(49) L’Apocalisse…, c. 5, st.
32.
(50) …esattamente l’opposto di quanto
- ancora una volta - Guastella afferma, del tutto arbitrariamente, circa una “prostrazione
di tutto l’essere umano”; S. A. Guastella, op. cit., pag. 98.
(51) L’Apocalisse…,
c. 4, st. 46.