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EDITORIALE

 

Lo studio della Dott.ssa Melita Leonardi, che apre il presente quaderno,  costituisce un prezioso avvìo di ricerca sull’attività dell’Inquisizione nella Contea.

Distrutta o dispersa la documentazione, nulla finora abbiamo saputo sulla sede giudiziaria di quel Tribunale in Modica. Alcune informazioni ci sono pervenute pressochè esclusivamenteA da Placido Carrafa, che ne indica la struttura ed i vari OfficialiB: indicazioni certamente fondate, essendo stato lo stesso Carrafa – doctor in utroque jure – ‘prorecettore’ del Tribunale inquisitoriale modicano nel corso del ’600C.

Leonardi ci propone il frutto di una Sua ricerca relativa ad un reato specifico, quello di ‘superstizione’ (non pertanto su tutti i ‘delitti’, come ad esempio quelli concernenti deviazioni dottrinali rispetto all’ortodossia cattolica); ha ritenuto tuttavia astenersi da valutazioni, anche se fra le righe affiora inevitabilmente una Sua originale riflessione ed istanza, che non appare porsi nella prospettiva di un discernimento – non soltanto teologico – nonché dell’esigenza di qualsiasi regolamentazione societaria dei fatti incriminati, bensì in direzione della preferenza per una radicale tolleranza nei confronti della (insondabile) complessità del ‘rapporto’ – e delle sue imprevedibili modalità espressive – di ogni singolo Uomo col ‘mondo soprannaturale’.

 

Pur prescindendo dall’ ‘elogio dell’Inquisizione’ di J. De MaistreD, nel 1815, è noto come gli studi sull’Inquisizione abbiano avuto in questi ultimi decenni riconsiderazioni e posto analisi anche a seguito di un’attenzione critica per l’inestricabile intreccio di lotte politiche e religiose. La ‘leggenda nera’ dell’Inquisizione, secondo canoni affermati nell’immaginario diffuso, venne peraltro elaborata e fissata dalla storiografia illuministica, notoriamente laicistica (non ‘laica’) e di atteggiamento antiecclesiale.

Del resto molteplici sono le prospettive di lettura della storia dell’Inquisizione, e non soltanto disomogenee le modalità operative all’interno stesso di quel Tribunale, diverse le strategie repressive, altra l’Inquisizione romana rispetto a quella spagnola della quale il Distretto giudiziario di Modica – con la sua organizzazione (in analogia con la pienezza di Corti giudiziarie civili della Contea) – costituiva presidio in loco.

 

A Modica, ad esempio, merita attenzione l’iconografia presente nella chiesa di S. Domenico al Rosario, annessa al grande Convento (risalente al 1361) dei PP. Domenicani, sede pure dell’assetto in loco del Tribunale siciliano dell’Inquisizione. In tale chiesa troviamo infatti sulla facciata (primo ordine, sec. XVI-XVII; secondo ordine sec. XVIII) quattro statue di Santi dottori domenicani; all’interno, poi, rileviamo in alto, sulle pareti, due grandi tele raffiguranti l'opera di S. Domenico per debellare l'eresia e, su un altare, un dipinto con S. Pietro da Verona, inquisitore martire, ucciso nel 1245 dai catari.

Tali espressioni figurative, poiché chiaramente esaltate, indicano – in qualche modo – gli intenti che animavano gli Inquisitori domenicani a Modica, in quel tempo: la coscienza che la testimonianza da dare alla Verità implicasse quel controllo e quegli interventi che noi, con ben diversa e rinnovata consapevolezza dei diritti della persona e dei princípi evangelici, chiaramente deploriamo, oggi.

Né vanno obliterati i nomi di alcuni Officiali dell’ Inquisizione – Felice Celeste, commissario del S. Uffizio a Modica, e Diego Matarazzo, “ex familiaribus Inquisitionis” e forse iniziatore (anni ’80 del ’600) della Scuola Medica Modicana – presenti nella vita culturale della Città, cui essi partecipano non certo con atteggiamenti ‘inquisitoriali’, bensì con piena apertura ai nuovi orientamenti scientifici e di pensieroE.

Tali elementi meritano di essere evidenziati poiché – pur nella presa d’atto del tessuto di controllo socialeF in una Società almeno sociologicamente cristiana – ci sembra diano luce alle motivazioni e forse anche ai criteri d’intervento dell’Inquisizione nella sua Sede modicanaG.

 

 

Ma in questo fascicolo è la ‘pietra’ ad ‘affiorare’ ripetutamente: sia che si tratti di ambienti rupestri da ricavare (architettura ‘per via di levare’) che di costruzioni.

Gli studiosi di archeologia Vittorio G. Rizzone e Giuseppe Terranova, proseguendo (insieme ad Anna M. Sammito: cfr. Archivum..., nn. 1-2-3-4-5) nell’ individuazione, nella preziosa scoperta o riscoperta, di chiese rupestri del Territorio Sud-orientale della Sicilia, mettono ora in luce, anche a seguito di nuova documentazione archivistica, due rilevanti testimonianze presenti a Scicli: le chiese rupestri dello Spirito Santo e di San Pietro.

Gaudenzia Flaccavento, con rigorosa ricostruzione, fa rivivere l’antica chiesa di S. Giovanni Battista in Ragusa inferiore, che “il terremoto colse -  nel suo splendore - quando era ancora fresca di calce e orgoglio massimo di una Comunità che ne faceva bandiera contro la parrocchia rivale, quella di S. Giorgio...”. Emergono pure le implicanze ‘culturali’ di una Comunità civica fra ‘600 e ‘700.

Tali fattori culturali, anzi l’interazione, la complicità natura-cultura, si fanno ulteriormente espliciti nella ricerca attenta, documentata, partecipe di Daniela Agosta su un aspetto - intensamente presente e qualificante - dell’assetto urbanistico di Modica, ma talmente familiare che spesso non vi si attende: I ponti abitati.

Lo studio del Prof. Giuseppe Raniolo conferma, con la presentazione analitica di un documento del 1601 - dallo Studioso rinvenuto presso l’Archivio di Stato a Modica - , quella sapiente lettura di documenti archivistici, i quali, interrogati, “rispondono a nostre molteplici domande” non fornendo soltanto aridi dati. Raniolo riferisce pertanto, a partire da quel documento, dell’Antico quartiere del Casale in Modica. E però, oltre ad essere evidenziato per la prima volta quello storico quartiere, che costituì luogo privilegiato di espansione della Città già nel ‘400-’500 anche in virtù dei grandi complessi conventuali che si insediarono in quegli spazi pianeggianti che si distendevano ancora liberi nel fondovalle, è anche la configurazione sociale del quartiere che emerge. Il ‘quadro’ pertanto contribuisce pure alla conoscenza della vita di una Città.

Del  fervore ricostruttivo e costruttivo post-terremoto Emanuele Fidone presenta infine, con uno studio ampio, analitico e sistematicamente, i diversi materiali lapidei adoperati (in realtà, largamente pure nei secoli precedenti al 1693): ne illustra la valenza ed i limiti in ragione dei loro caratteri fisici e meccanici nonché le molteplici modalità d’uso.

Ma quelle ‘pietre’ echeggiano una dinastia di maestranze.

Sul lavoro di quest’ultime, e perciò sull’Architettura nel sec. XVII   con particolare riferimento al Territorio della Contea di ModicaH  –, pubblichiamo un autorevole contributo critico del Prof. Marco Rosario Nobile, della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo.

M. R. Nobile fa intravedere le questioni relative al costruire nel ‘600-’700, e perciò ad una nostra lettura di quelle espressioni architettoniche.

‘Temi e problemi’, dunque: poiché lo Studioso, che,  com’è noto, ha riflettuto a lungo sulle testimonianze artistiche di quei secoli, problematizza  – invitando ad escludere schemi interpretativi e generalizzazioni – e propone, con sguardo sintetico ma illuminante, ruoli di maestranze locali e significati delle loro   opere.

 

 

Oltre a mantenere costanti rapporti con Studiosi della nostra Area culturale che attualmente operano presso vari Atenei (cfr. nn. 1-2-3-4 di Archivum...), desideriamo tenere viva la memoria di Coloro che hanno onorato, nel nostro tempo, questa loro Terra d’origine e di prima formazione culturale, e contribui-to con la loro fatica intellettuale – non priva spesso di travagli – alla crescita culturale e civile della Società. Affidiamo tale memoria in particolare ai giovani Studenti pure allo scopo di sollecitarli ad una conoscenza approfondita di tali egregi Maestri.

Secondo tale ultima direzione, nel n. 5/1999 abbiamo pubblicato una sintesi dell’itinerario di pensiero e di vita del Prof. Carmelo Ottaviano, a cura del Prof. Domenico D’Orsi dell’Università di Catania.

Del Prof. Valentino Gerratana, recentemente scomparso (16.6.2000), pubblichiamo ora un’intervista, effettuata nel 1987 a cura di Eugenio Manca, e la bibliografia completa delle Sue opere.

Studioso, fra i più eminenti in Italia, di Antonio Gramsci, in queste Sue riflessioni, attente e prive di qualsiasi retorica - come nella regìa di quella ponderosa ricerca e redazione dei ‘Quaderni del carcere’ (voll. 4, ed. Einaudi, Torino 1975; cfr. in partic. Prefazione, vol. 1°, pagg. XI-XL) -  Gerratana dimostra la preoccupazione vigile per l’accurata rivisitazione della documentazione storica e per il recupero dello stile frammentario di Gramsci insieme alla prudente valutazione - con le dovute riserve - di Coloro che operarono precedenti e discutibili edizioni de ‘I Quaderni...’, e, ad un tempo, l’apertura mentale di uno Studioso non bloccato da schemi ideologici, ma, nella libertà da dogmatismi e da letture di Gramsci piegate ‘all'azione politica più immediata’, animato da ampi orizzonti politici, con lo sguardo volto al futuro da costruire, e la passione dell’autentico Uomo di cultura che attende costantemente alla Società e si rammarica della crescente mancanza di raccordo cultura-politica, segnalando con saggezza il rischio incalzante della ‘superficialità’, della ‘cialtroneria’, della ‘ricerca d’immagine’, del pragmatismo nonché del rifiuto presuntuoso e giovanilistico di Quanti hanno operato prima di noi.

E’ pure la Sua chiarezza intellettuale, la semplicità di sentire, la  ricchezza umana che emerge da questa intervista: quel ricco, pur se controllato, dinamismo interiore, anche di sentimenti. Di questi lo scrivente ebbe conferma allorchè, avendo qualche anno fa proposto agli Organismi cittadini competenti il nome di Valentino Gerratana per il conferimento della medaglia d’oro-premio alla ‘Modicanità’ - ottenendone pienezza di accoglimento - e avendo avuto il gradito compito di comunicare la cosa al Professore, accolse quest’Uomo che, nonostante il Suo necessario bastone, discendeva da una vettura ferroviaria dopo un lungo viaggio da Roma, affrontato con prontezza, anzi con slancio cordiale. Commosso, Egli conteneva a stento il proprio animo; e richiamava alla mente ed alle labbra le denominazioni dei vari luoghi della gioventù e dei Suoi primi impegni politici anche locali, unendo a tali intensi ricordi lo struggimento per Suoi recenti lutti.

Gli siamo riconoscenti per il Suo austero e nobile impegno di Studioso; e per l’onore conferitoci della Sua  amicizia.

 

 

Giorgio Colombo

 

(A) Altre brevi notizie abbiamo da V. La Mantia, Origine e vicende dell’Inquisizione in Sicilia, ed. Sellerio, Palermo 1977 (rist. degli studi pubblic. nel 1886 e nel 1904); da A. Garufi, Fatti e personaggi dell’Inquisizione in Sicilia, Sellerio 1978 (rist. di studi pubblic. dal 1914 al 1921); da L. Sciascia, Cronachette, Sellerio 1985, pagg. 19-26.

(B) Cfr. riquadro nel contesto dello studio di M. Leonardi.

(C) “In Patria Sanctissimi Tribunalis Sacrosantae Inquisitionis Proreceptor”; cfr. frontespizio dell'opera di P. Carrafa, Motucae descriptio seu delineatio, in qua..., Tip. Bua, Palermo 1653; ed. critica a cura di P. Wander, Lugduni Patavorum, 1725.

(D) J. De Maistre, Elogio dell’Inquisizione di Spagna, trad. delle Lettres à un gentilhomme russe sur l'Inquisition espagnole, ed. Il Cerchio, Rimini 2000.

(E) G. Criscione, Tommaso Campailla e l’ambiente culturale a Modica fra ’600 e ’700, in Archivum Historicum Mothycense, n.5/1999, pagg. 87 e 75 (nota 12).

(F) L’esigenza di una precisazione circa la categoria ‘controllo delle coscienze’, ritornante in studi storici che si occupano dell’elaborazione teorica e degli interventi operativo-pastorali della Chiesa cattolica nei secoli XVI-XVII-XVIII, è avvertita da S. Burgio (Filosofia e Controriforma in Sicilia nel secondo Seicento, in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, fasc. I-III, 1996, pagg. 109-181).

Lo Studioso così si esprime: “‘Coscienza’, qui, indica essenzialmente la facoltà del giudizio pratico, la capacità di discernere le vie della salvezza da quella della dannazione: il bene dal male. E’ in questo spazio che la Controriforma si fa strategia: si tratta di costruire una coscienza forte nel suo principio (il libero arbitrio), ma debole nelle sue certezze, e perciò bisognosa di conforto e, soprattutto, di direzione…” (pagg. 116-117). L’A. parla pertanto (pag. 110) di un ‘controllo dolce’, con riferimento agli studi anche di Dotti siciliani teatini e gesuiti – oltre che ai numerosi manuali per i confessori ed alla quotidiana attività di quest’ultimi – che, nel rifiuto di posizioni rigoristiche, orientavano, per la soluzione dei molteplici ‘casi’ di coscienza, secondo i criteri del ‘probabilismo’.

Ai fini di una lettura storica non equivoca proponiamo una scelta terminologica diversa (non irrilevante sul piano valutativo): perché non distinguere tra ‘formazione’ cristiana delle coscienze e ‘controllo’ sociale?

La prima (‘formazione delle coscienze’) rientra – anche se in quei secoli intensificata a seguito del rinnovato impegno pastorale post-tridentino – in quella ‘pedagogia’ cristiana che trova indicazioni già in S. Basilio, S. Girolamo, Cassiano, S. Bernardo…, ossia in una plurisecolare tradizione. Quanto alla "debolezza nelle certezze morali", questa davvero non aveva bisogno di essere indotta da una qualsiasi ‘strategia’

Tale opera formativo/pedagogica non era tesa – minimalisticamente e moralisticamente – soltanto ad aiutare “a discernere le vie della salvezza da quelle della dannazione” (superamento del peccato) o a ‘consolare’, bensì a sostenere e guidare con prudenza nell’“ascensione – attraverso un processo graduale – verso la vetta della perfezione” (R. Garrigou-Lagrange, Le tre età della vita interiore, Ed. L.I.C.E., Torino 1949, vol. I, pag. 307), ossia a procedere verso gradi sempre più profondi di fede, speranza e carità, e, conseguentemente, di contemplazione ed unione con Dio e di concretizzazione di opere di bene (secondo criteri del tempo); cfr. ad esempio, per il sec. XVII, L. Lallemant (1588-1635), La dottrina spirituale, rist. Ed. Ancora, Milano 1948.

Se non si attende a ciò (pur eventualmente non apprezzandolo secondo prospettive ideologiche o pedagogiche diverse), tutti i grandi ‘movimenti di spiritualità’ del ’500 e del ’600, tutta l’opera di ‘direzione spirituale’ costantemente presente nella vita cristiana, appariranno come una massiccia e subdolamente prevaricatrice opera di ‘acculturazione’: ma questo resta da dimostrare (a meno che non si consideri tale ogni diffuso ed incisivo intervento pedagogico ed a priori illegittima l’opera di formazione morale cristiana – financo secondo i criteri ‘probabilistici’ –).

Quanto al ‘controllo sociale’ (fino all’‘imperialismo giurisdizionale’ dell’Inquisizione…): esso costituì certamente pure un “controllo delle coscienze”, poiché implicò una ‘sorveglianza’ estrinseca segnata da connotazioni negative di estremo rigore, appunto perché connessa a modalità di dominio e di pressioni per la limitazione d’espressione del pensiero e ad un sistema penale troppo assimilato a quello civile.

Su tale tipo di intervento rimandiamo, per una approfondita ed articolata valutazione, alle diverse interpretazioni storiografiche.

(G) Niente attesta, sino a futuro eventuale reperimento di documentazione, essere state – come talvolta affermato – le carceri del Castello di Modica (cfr. F. Pompei, Il Castello dei Conti di Modica fra il XVII e il XVIII secolo, in Archivum Historicum Mothycense, pagg. 5-18) i luoghi per la detenzione dei rei condannati (o in attesa di giudizio) del Tribunale dell’Inquisizione. Quelle carceri erano i luoghi di pena – tragicamente duri come tutti quelli di quei secoli – della Contea in quanto tale.

Medesima riserva dicasi per quanto riguarda l’uso della cripta di S. Domenico, reputata ed indicata da alcuni come luogo di tortura.

(H) Promosse dall’Ente Autonomo ‘Liceo Convitto’ di Modica – fondazione culturale che cura la pubblicazione di Archivum Historicum Mothycense e vari convegni e corsi di studio –, si sono già sviluppate le lezioni del 1° anno (1999) e del 2° anno (2000) del Corso di Storia dell’Arte della Sicilia sud-orientale, che costituisce una presentazione organica delle varie testimonianze artistiche – scultura, pittura, architettura, argenteria, stucchi...  – presenti, appunto, nella Sicilia sud-orientale (da Siracusa a Vittoria, con un’ attenzione più analitica per quelle del Territorio della Contea di Modica).

Le lezioni (non ‘visite guidate’) si svolgono alcune in aula, altre presso i siti ove sono presenti le opere, oggetto di studio. Docente è il Prof. Paolo Nifosì, ordinario di Storia dell’Arte presso i Licei classico ed artistico ‘ T. Campailla’ di Modica, e autore di numerosi saggi sulla Storia dell’Arte della Sicilia sud-orientale.

Le lezioni del 1° anno avevano come oggetto il periodo ‘Fra Tardogotico e Rinascimento’ (secc. XV-XVI), quelle del 2° anno, ‘Il Seicento’. Nel 2001 si illustrerà il Settecento (prima parte).