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L’antico quartiere del Casale in Modica

Da un documento del 1601

di Giuseppe Raniolo*

 

1.  Un documento del 1601, che abbiamo rinvenuto nell’Archivio De Leva1, si presenta di vero interesse per il contenuto relativo all’ambiente urbanistico e, in qualche misura, anche sociale della città di Modica in quegli anni, oltre che per la ricerca sul casato dei Leonfante, baroni del Casale e del mulino dell’ Arangitello.

Col nome ‘Casale’ si intendeva appunto il titolo baronale dei Leonfante2 e la loro ampia dimora. La denominazione veniva estesa od attribuita al Quartiere del Casale3, in cui era compresa sia tale dimora baronale sia edifici, botteghe ed altro appartenenti agli stessi Leonfante ed in seguito pervenuti in gran parte ai De Leva.

Il quartiere del Casale, sormontato dalle colline della Giganta, di S. Acconzio e, a sud, di Monserrato, era uno dei quattro antichi quartieri modicani insieme a quelli di Francavilla, sul declivio della collina a sinistra della chiesa di S. Giorgio e sul prossimo pianoro di Modica Alta, di Porta d’Anselmo, che dall’antica Porta a settentrione delle mura del Castello dei Conti si estendeva a tutta la zona sottostante ossia all’attuale quartiere di S.Maria della Catena e della Vignazza, e infine di Corpo di Terra – che comprendeva la ristretta zona intorno al duomo di S.Pietro – con l’annesso Cartellone, esteso fino ad inglobare le contrade di S. Anna, del SS. Salvatore e dell’ ‘olivella’ e quella del Convento dei Frati Cappuccini.

 

Nel documento viene indicata una serie di beni stabili, gravati di censi in genere esigui. L’elenco appare redatto da un certo Mariano Angessa (o Anguessa) di Noto, il quale ha trascritto tali censi e sembra interessato ai medesimi forse per un credito che vanta nei confronti del nobiluomo Pietro Leonfanti, a cui pare legato da rapporti di affari. Quest’ultimo è beneficiario dei predetti censi: verosimilmente, anche se non specificato nel documento in oggetto, è l’ultimo dei Leonfanti, baroni del Casale e del mulino dell’Arangitello per il quale il padre don Vincenzo aveva disposto, con testamento del 21 gennaio 1593, che la baronia, se egli fosse morto senza figli, fosse trasferita alla sorella e zia Giovanna Leonfante, vedova di Andrea De Leva, e per lei al figlio Andrea (o Andreuccio) De Leva , il che avvenne parecchi anni dopo quello su ricordato4.

I censi, riportati nel suddetto elenco in numero di 49, riguardano sicuramente censi per debiti o prestiti bollari – all’interesse del 10% – che i possessori dei beni indicati debbono versare fino all’estinzione di quanto dovuto al creditore, il quale, per garantire l’esazione dei suoi crediti insieme al relativo interesse, ha acceso, come si dice, una serie di ipoteche o soggiogazionì su tali i beni.

Prescindendo dai censi di vario importo, che qui riferiamo soltanto per riportarli come parte del contenuto del documento trascritto, ci sembrano in particolare interessanti le singole voci della lunga elencazione, perché esse ci offrono nel complesso un quadro, anche se parziale, del tessuto urbano del quartiere suddetto attraverso le indicazioni sia di numerosi abitanti del luogo, viventi o defunti, distinti ciascuno con un nome e cognome sovente tramandato fino ad oggi, sia di beni che riguardano, oltre alle abitazioni di varia forma e grandezza, locali adibiti ad attività di apprezzabile rilevanza economica.

 

2. Il manoscritto inizia con la rispettosa richiesta – espressa nel dialetto/lingua del tempo*, con qualche frase poco chiara e vari solecismi – rivolta al nobile Pietro Leonfanti da parte del predetto Mariano Anguessa, perchè gli sia fatto giungere, attraverso il latore inviatogli, la somma di onze tre e tarì sei come parte dell’importo totale dei censi riguardanti appunto il quartiere del Casale di Modica: tale somma gli sarebbe necessaria per l’acquisto a Palermo di una canna (ml. 2:06) di ‘coltra’ (tessuto pregiato), acquisto che egli potrà fare servendosi opportunamente di qualcuno delle “assai genti di Noto” che si recano in quella Città. Nello stesso tempo gli invia l’elenco dei suddetti censi che il nobile su ricordato gli ha chiesto di redigere.         

 

“Sr (Signor) mio, con el pnti (presenti), chi è don Mariano Angessa, V.S. (Vostra Signoria), essendo comodo (opportuno: sottint. l’invio) di quelli onzi 3.6, mi serria (forma antica di “sarebbe”) a singular favori, si bene (sebbene) di questo che V. S. fa , lo fa p(er) sua gra(zia), non che io li devo (;) ora, poiché a lo p(rimo) di settembro vanno assai genti di Noto in Palermo, essendoci questa comodità, mi vorria mandari accattari (cioè, vorrei ordinare a qualcuno di acquistare) una canna di coltra (o ‘coperta da letto’), la quale in Palermo si averria (si avrebbe) di bon prezzo; p(er) lu amor mio V.S. non mi manchi (non manchi di farmi il favore); V.S. li denari li potirà donari (consegnare) a ditto latori(.) Con questo ci (Le) b (acio) l(e) m(mani) offerendome gra/:mo (gratissimo). Da Noto die...Augusti 1601.

Da(?) V:S: fidelissimo(?) come fratello Petro Leo(n)anti”

 

Quindi l’Anguessa elenca:

 

“questi sono li censi dello Casali che V. S. mi comandao ch’io li mandi:

(l’importo è espresso in onze, tarì, grani e piccioli, cioè... O. tt. gr. p.)

- In primis Fr.sco lo Chiochio (ch = ci) p(er) lo so archivo e palacello       tarì      6.4.

- Antonino Capucello (leggi: c = z) maiuri  p/dui putigi (botteghe)....                   13.2

- la her(edità) di Orlando lo Monaco p/ la so potiga...........................                   3

- Anto(ni)no Ingorgias p/ li casi et fundaco..........................................        onza    1.15

- Valerio Incastilletta p/ li soi casi.........................................................       tarì      6

- Vincenzo Marciano p/ li soi casi grandi..............................................                 28

- e più lo supraddittu  Di  Marciano per altri dui casi.........................                   6

- la buchiria et mandra.........................................................................                  6

- la heredità di Luca Cas(s)iba..............................................................                 2

- Francisco di li Volti  per tutti li soi casi grandi .................................                 1.10

- la heredità di Bernardo di Zacco........................................................                 2.10

- la hereditate di Bernardo di Zacco.....................................................                 2.10

- e piò lo supradditto Di Zacco per li casi di Toni Laurifici ................                  3

- la heredità di mastro Francisco Ginuisi p/ tutti li soi casi................                   5.18

- Arrigo lo Sintino..................................................................................                 3

- Paulo Lo Florio....................................................................................                4

- Mastro Antonino Chanchio (chi = ci) per dui casi............................                  8

- Mariano Manuella..............................................................................                  10

- la figlia di Paulo Favacchio (chi = ci)................................................                 1.10

- Francesco Oliveri per li casi di m.ro Antonio Morana.......................                 10

- Vincenzo Ingorgia p/ li casi chi foro di Corrao  Assenzo....................                 5

- Lucio Carraba p/ licasi chi foro di Vincenzo Spataro ........................                 1

- la heredità di Nardo  Riza p/ lo so palazo chi  fu di so sogiro...........                   3.10

- Petro Catalano p/ tutti li soi casi grandi undi (“unni”) sta...............                  9

- e più per lo vignali di la Caitina, quali fu di Alfonso di Leonfanti..                    10

- li heredi di Antonino di Vasili per lo so palazo..................................                  1.15

- G.nni Tomasi Di Natali p/ la so casa chi fu di G.nni Bernardello.....                  6.4

- Martino G.nni Longo per tutti li soi casi undi sta..............................                  2.10

- Petro Catalano  in alia p/ un’altra casa chi fu di Iacobo Cannella..                   1.11

- la heredità di Ant.no di Vasili p/un’altra casa

  in alia (in altro conto)........................................................................                1.3.2

- Fr.sco Oliveri per li casi chi foro di Vincenzo di Florio.......................                4

- Antonino Palazzolo per tutti li soi.casi undi sta.................................                  5

- Vincendo di Giunta p/ lo so palazzo....................................................                 2.10

- Mastro Francesco di Oliveri per tutti li soi casi undi (“unni”)sta......                 2

- Mariano di Liuni per la casa chi fu di m.ro  Petro Jambarresi,

  a lo presenti   paga Vincenzo Iaconello...............................................                 1.10

- li heredi di Cola Guastella  per tutti li soi casi...................................                 1

- Antonino  lu Curchio (chi = ci) per la casa di Micheli  Pagano.........                 10

- Cola Cortisimano per lo palazo di Iacobo Cannella..........................                 1.10

- e di più p/ un altro loco di  casi dareri (dietro)

  detto palazo undi sta...........................................................................                 1.5

- un’altra casa in alia (cioé indicata in altro conto)...........................                   1.10

- don Vincenzo Guastella p/ uno loco di casa, altro undi sta...............                  1

- la heredità di m.ro iosephi lo Incatasciato.........................................                  1

- e piò lo d/ m.ro  Ioseph p/uno loco supra ditto palazo.......................                  1.5

- La heredità di m.ro Antonino lo Vizinisi p/ uno loco

  dareri lo so palazo...............................................................................                 1

- Vincenza Antonetto, so matri  (?) ........................................................               3

- m.ro Vincenzo di Iapico Minamuli per la casalina e lochi chi foro

  di Polito Riza........................................................................................                2.4

- la heredità di Carro (Carlo Infrassineto) per dui lochi di casi..........                  10

- Vincenzo Ammatuna per tri lochi quali sindi (= si ni) fici scali.......                    1.17

- li heredi di Pasquali di Trapani per tutti li soi casi...........................                   1.18

- e più p/ un altro loco di casa dareri li casi undi sta; ni fici riana....                    1

- soro Isabella la Pluchina p/ lu palazo di m.ro Masi Pluchino...........                   10

                                                      summanu tutti onze 6, tarì 5, grana 6

 

(tale ‘somma’ costituisce il censo in denaro del 10% su un capitale valutabile in onze 61,23; Onza = circa L. 400.000).

Io cl(clerico ?) Mariano Anguessa (h)o riciputo unzi dui in virtuti di la prisenti littra (lettera).

 

Riassumendo, il quartiere del Casale, tra le 49 voci relative a beni soggetti a censo bollare a favore del detto nobile Pietro Leonfante, comprendeva:

- quattro case normali estese meno di mq.40;

- quindici ‘casi’, di cui due grandi, cioé quindici dimore. Ogni dimora – o ‘casa’ – era costituita almeno da due corpi, o ‘tenimenti’, della superficie di circa 37-38 metri quadrati ciascuno, o, per le “case grandi”, di oltre 40;

- due casaline, cioè case non rifinite, usate da gente povera o adibite per deposito di masserizie;

- sei palazzi ed una palazzina;

- sette ‘luoghi di casi’, di cui uno lasciato per ‘riana’ (intercapedine), termine dialettale per indicare lo spazio lasciato dietro e nelle parti laterali di un edificio, se isolato, ed eventualmente predisposto per evitare l’infiltrazione di acque piovane;

- una ‘buchiria’ e ‘mandra’ adiacente, che ricordano, come annotato in un documento dell’Archivio privato dell’Ente Liceo Convitto di Modica5, l’esistenza fino al 1833 di un macello e di uno slargo ( nello spazio ove qualche decennio fa è stato costruito l’Ufficio centrale delle Poste), oltre ad una colonna o palo a cui venivano legati gli animali da macellare. Tale slargo era limitato (a sinistra dell’attuale Ufficio Postale) da botteghe di proprietà dell’antico convento di S. Domenico;

- tre ‘putigi’ o botteghe;

- un fondaco e un archivio od ufficio, di cui si sconosce l’attività a cui era adibito;

- alcune eredità che in qualche caso sottintendono dei beni senza specificarli, come quella di Luca Cassiba o quella di mastro Giuseppe lo Incatasciato.

- Viene infine indicato, come bene soggetto a censo, ma sito nella contrada ‘Caitina’, un ‘vignali’, cioè un terreno già coltivato a vigna, sito nella contrada tuttora detta della ‘Caitina’, appartenente un tempo ad Alfonso de Leonfante, un nobile dello stesso casato dei Leonfante, che potrebbe essere quel gentiluomo che il governatore Bernaldo del Nero cita fra i Giurati di Modica in occasione dell’assemblea generale che egli indisse nel Castello di Modica alla fine del 1541 per l’approvazione delle sue Ordinanze Capitoli, Statuti e Pandette6.

 

Fra i possidenti citati, infine, compaiono, oltre al barone Alfonso Leonfante, parecchi il cui cognome appare ancora diffuso a Modica e nell’attuale provincia, come quello di Ammatuna, di Ascenzo, di Basile o Vasile, di Carruba, di Catalano, di Cappuzzello, di Cosentino, di Curcio, di Favaccio, di Genovese, di Giambarresi, di Giunta, di Guastella, di Incastilletta o Castilletti, di Incatasciato, di Li Volti (diffuso una volta a Scicli), di Morana, di Pluchino, di Rizza, di Spataro, di Vitale e di altri.

 

3. Ai predetti elementi strutturali del Casale possiamo aggiungere, per un’idea più esauriente sulla estensione ed il numero di abitanti del medesimo Quartiere, alcuni dati forniti dal Volume VI di Cautele dell’Archivio di Stato di Modica. Essi ci dicono che il censimento del 15817 – riguardante le case, le ‘anime’ o popolazione di Modica, il frumento disponibile insieme all’orzo, le fave ed i ceci, quello necessario sia per la semina sia per l’intera provvista annuale di tutti i residenti – diede per tutti i quartieri i seguenti risultati, avuto presente che per ogni ‘anima’ era previsto il consumo annuo di una salma di frumento ‘alla generale’ (equivalente a circa 220 kg.),

 

 

 

 

 

Abbiamo quindi il seguente prospetto per l’anno 1581

A queste cifre è aggiunta la nota che la gente di tali quartieri “have bisogno per mesi otto, che mancano fino alla raccolta, salme                                           ..........................   9.553.06

- (oltre al frumento) per seminare .............................................. 1.200.00

- (e al frumento) per i forestieri .................................................. 200

Totale del frumento necessario .........................................         salme        10.953.06

 

Si tratta di una quantità di frumento che, a cura dei Giurati (o assessori-amministratori) di Modica – e così per le altre Terre (o Comuni) della Contea –, sarebbe stata posta a disposizione di tutti quei cittadini che ne avessero avuto eventualmente bisogno, dopo averla acquistata presso i magazzini frumentari del Conte secondo il prezzo della meta imposta per l’anno in corso.

I dati sopra riferiti, riguardanti il 1581, sottintendono il censimento annuale – cui si è accennato – degli abitanti (o anime), la quantità di frumento disponibile presso i medesimi e di quello ad essi necessario per il resto dell’anno, oltre a quello richiesto per le semine.

 

A tale prospetto possiamo aggiungerne, per una più ricca informazione sull’argomento, un altro relativo all’anno 1585, presente nel Vol. su ricordato, al f. 88.

 

E’ poi aggiunto che, per i cinque mesi che rimangono fino al raccolto, i vassalli hanno bisogno di salme 6.111 di frumento per il loro vitto.

 

 

 

4. Le notizie riportate nel menzionato documento del 1601, e che ci danno preziose informazioni sull’assetto abitativo (finora non noto) del Quartiere del Casale, possono essere arricchite con quelle che si deducono da una pianta topografica della città di Modica, risalente al 1839, con i quartieri, le sezioni (o contrade) e le isole relative anche al Quartiere del Casale/S. Acconzio evidenziate ed indicate in calce con le rispettive denominazioni.

In tale grafico il Quartiere, denominato verso la fine del Settecento Quartiere di S. Paolo (o, anche, ‘Lavinaro-S.Paolo’), comprende, insieme all’antico abitato (oggi accresciuto anche di palazzi moderni a sei-otto piani che decisamente lo deturpano), la vetusta chiesa di S. Paolo8, la chiesa del Carmine unitamente all’edificio dell’antico Convento dei Frati Carmelitani della Provincia religiosa di S. Alberto9 (adibito da parecchi decenni, dopo                                l’appropriazione, nel 1866, dei beni ecclesiastici da parte del demanio, a Caserma dei Carabinieri ), la chiesa e l’annesso grande Convento dei Frati Domenicani10, destinato a divenire, dopo la sua chiusura nell’ ‘800 per il medesimo motivo, Palazzo comunale11.

Altre chiese più piccole esistevano nel medesimo quartiere: nel cuore del Casale, quella dell’Annunziatella vecchia, sulla quale i Leonfante esercitavano lo jus patronatus (privilegio trasferito, con atto del 24 marzo 1608, al reggio notaio Andrea – o Andreuccio – De Leva) e chiesetta molto cara all’Abate Giuseppe De Leva; più oltre, quella di S. Liberale, all’estremità ovest della Via Correri, quella del Calvario, la cui facciata si apre tuttora su un piccolo slargo all’inizio dell’antica strada per Pozzallo e Spaccaforno, quella di S. Sofia, nell’attuale Via della Mercè.

A tali chiese possiamo aggiungere (perché in definitiva facente parte del medesimo quartiere, sempre più in espansione nel ‘600 e nel ‘700) quella di S. Maria delle Grazie12, posta all’estremità sud ovest, con l’annesso Ospizio, prima, e Convento, dopo.

A qualche centinaio di metri da S. Maria delle Grazie, erano la chiesa ed il conventino di S. Francesco di Paola; ultima, ancora più lontana, quella, isolata e mistica, di S. Giacomo (la cui costruzione risale al sec. XV), dotata di due porte con arco a sesto acuto, di un piccolo campanile sormontato da una Croce normanna, e, al suo interno, di un pregevole affresco cinquecentesco. Infine, accenniamo alla chiesetta di Santa Maria di Monserrato, posta sul colle omonimo.

La predetta pianta indica poi la suddivisione dell’antico quartiere del Casale nelle sezioni (o contrade) della Grazia – in cui fra l’altro erano presenti una conceria, un mulino, i magazzini frumentari della Contea –, di S. Girolamo, sulla collina di S. Acconzio, dell’Ospedale – la 'Sacra Domus Hospitalis' dei Cavalieri Gerosolimitani risalente al sec. XIV, e successivamente detto di              ‘S. Maria della Pietà’ e poi ‘Campailla’ –, di S. Agostino, con la chiesa ed il convento omonimo (1623?), di S. Domenico, ed infine della Giganta, collina sulle cui pendici inferiori ed ai cui piedi si distende il nucleo principale ed originario del Casale.

Merita infine di essere menzionato il fatto che dal 1621, nella ricorrenza – la terza domenica di maggio – della festa della Madonna ‘di la Gratia’, il quartiere del Casale era, insieme ad altri viciniori, sede (dapprima per otto giorni) della più importante fiera della Città, concessa dal conte Giovanni Alfonso Enriquez de Caprera ai procuratori della Chiesa omonima13. Sul grande sagrato della chiesa (chiamato anche ‘Campo di Marte’) si svolgeva annualmente, sempre in occasione della medesima solennità, un festoso torneo alla presenza delle massime Autorità della Contea.

 

NOTE

 

* (Ragusa, 1918). Si laurea in Lettere classiche nel 1942. Ritornato dalla deportazione in Germania, ha insegnato materie letterarie prima presso diverse Scuole Medie, poi presso l’Istituto Magistrale ‘G. Verga’ di Modica.

Dal 1980 si è dedicato alla ricerca storica, frequentando vari Archivi siciliani.

Indagando con assiduità e padronanza in particolare nell’amplissimo Archivio di Stato Modicano, Egli ha potuto effettuare una serie di documentati studi sulla Contea di Modica, publicati su riviste locali, e le seguenti organiche opere: La Riforma del Diritto di Prelazione in un’ordinanza del Conte Bernardo Cabrera (1983); Introduzione alle Consuetudini ed agli Istituti della Contea di Modica (parte I, 1985; parte II, 1987); La nuova Terra di Vittoria dagli albori al Settecento (1986, 2a ed. 1990); La Contea di Modica nel regno di Sicilia - lineamenti storici - (1993; 2a ed. 1997); tutte per le ed. Dialogo, Modica. Inoltre, su Archivum Historicum Mothycense: Servizio militare, uniformi, armi, cavalli e cavalieri nella Contea di Modica nel sec. XVII, n. 3/1997 pagg. 25-32, Le origini del Casato De Leva di Modica, n.4/1998, pagg. 45-55.

Risiede a Modica, via N. Sauro, 39. Tel. 0932/ 941913.

 

(1) Modica, Archivio di Stato (A.S.M.), Archivio De Leva, vol.43.

(2) Cfr. G. Raniolo, Le origini del Casato De LEVA (o Leyva) di Modica, in Archivum Historicum Mothycense, n.4/1998, pagg.45-55.

(3) Il nome ‘Casale’ non è dunque riferibile, come talvolta ritenuto, a quello di ‘case basse e modeste’: cosa che non corrisponde all’elenco di edifici che appare nel documento suddetto; si tratta infatti di edifici di vario genere e forma, ma non diversi rispetto agli altri della medesima Città.

(4) Cfr. G.Raniolo, I Leonfante, baroni del Casale, e la famiglia De Leva, in DIALOGO, maggio 1999, pag.8.

(*) Per le questioni relative al dialetto/lingua della Sicilia sud-est, resta ‘classico’ il ponderoso studio di G. Ragusa, Grammatica critico-comparata del dialetto della Sicilia sud-est o modicano, Ed. Pro-Loco, Modica 1976.  (N.d.C.)

(5) Arch. Ente Liceo Convitto - Collegio gesuitico, vol. 19 (prec. v. 34), fasc. 1, f. 20.

(6) Cfr. G. Raniolo, Introduzione alle consuetudini ed agli istituti della Contea di Modica, Ed. Dialogo 1985, parte I, cap.5, pag.70 (nota 7).

(7) Tale censimento fu imposto dal Vicerè, dal 1580 - dopo una lunga questione con gli amministratori della Contea - ad evitare che il Conte di Modica esportasse, per propri particolari interessi, tutto il frumento disponibile senza tener conto delle esigenze della popolazione per il vitto. Dal 15 ottobre 1615 il medesimo censimento annuale, per disposizione del re Filippo III, avverrà a cura di un delegato appositamente designato dal Viceré.

(8) Sulla chiesa di S. Paolo cfr. F. L. Belgiorno, Modica e le sue chiese, Ed. G. Poidomani, Modica 1955, pag.182 e seg., in cui fra l’altro l’A. ne indica l’erezione nel ‘400 e la ricostruzione nella prima metà del Settecento.

(9) Anche su questa chiesa e sull’annesso rilevante convento si diffonde                       F.L. Belgiorno nell’opera citata (pag.141 e segg.). Propriamente il nome della stessa è di S. Maria dell’Annunziata la Nuova, per distinguerla da quella di S. Maria dell’Annunziatella (cfr. ibidem, p.154). Essa sorse insieme al convento attiguo verso la fine del XIV secolo. Il convento dei Carmelitani di Modica faceva parte della Provincia religiosa di S. Alberto (Sicilia orientale e Calabria). Fra i Carmelitani di S. Alberto è degno di nota il Provinciale P. Alberto De Leva, il quale fu considerato , secondo una lettera inviatagli nel 1636 dal conte di Monza Luigi De Leva, suo parente e maestro di alta cultura, degno della carica di vescovo. Cfr. G. Raniolo, Il Padre Provinciale dei Carmelitani Maestro Frate Alberto De Leva, in DIALOGO, febbraio 1999, pag.4.

(10) Per tale chiesa, dedicata a S. Maria del Rosario, e l’adiacente convento il citato Belgiorno ci dice, attingendo anche alle notizie riferite da Rocco Pirri nella sua Sicilia Sacra (cfr. anche V. Amico, Lexicon Siculum, ed. 1757; trad. di S. Di Marzo 1859, vol. 2°, pag. 145), che “essi vennero eretti nel 1361. La stessa Chiesa fu distrutta dal terremoto del 1613 e riedificata nel 1673”. Il convento si sviluppa intorno ad un ampio giardino interno, oggi reso cortile, in cui 18 pilastri sostengono sui quattro lati altrettanti archi a pieno sesto; dal cortile si accede ad una cripta sottostante. Gli ingressi ad arco si affacciavano sulla Piazza Maggiore (oggi, Principe di Napoli); alcuni locali al piano terra erano adibiti, insieme a quelli che erano accanto alla ‘Ucciria’ su ricordata, a botteghe per la vendita di prodotti alimentari o di altro genere.

Il Convento fu anche sede del Tribunale dell’Inquisizione (cfr., in questo stesso fascicolo, lo studio di M. Leonardi).

(11) Il Palazzo comunale in precedenza era allogato, come ‘Casa dei giurati’, nell’attuale Palazzo Salemi, con ‘loggia’ a doppia fila di pilastri e di portici - i ‘puléra’ (o piléra) a 'doppia 'mpinnata' - e con botteghe sulla via laterale, la ‘cianca’ o ‘ciancata’ (l’attuale via Grimaldi).

(12) Presso la stessa chiesa, costruita ad iniziare dal 1615 (arch. Vincenzo Mirabella) e che fu (ed è) considerata Santuario per la grande venerazione di un’immagine della Madonna rinvenuta prodigiosamente nel 1615, fu costruito inizialmente un Ospizio, il quale accolse fino al 1645 i Minimi di S. Francesco di Paola, quindi, dal 1650 al 1670, i Carmelitani Scalzi, ed infine, dal 1678, i Padri Mercedari Scalzi, che avranno bisogno di sostituire l’Ospizio (molto angusto) con un grande Convento (uno dei 10 dei PP. Mercedari presenti in Sicilia); il quale però, costruito in varie fasi, fu completato intorno al 1795 dopo le sovvenzioni necessarie. Lungo il ‘700 - nel 1709, nel 1746 e nel 1764 - la maggior parte dell’edificio fu adibito a lebbrosario o a ‘lazzaretto’ per la cura degli appestati.

Attualmente il palazzo è sede del Museo etnologico (o delle arti e dei mestieri), del Museo Archeologico ‘F.L. Belgiorno’ e della Biblioteca Comunale.

Per le predette e per più ampie notizie sul convento, cfr. M. Terranova, Notizie inedite sulla costruzione del convento dei Padri Mercedari a Modica, in Xpóvos (quaderni del Liceo classico di Ragusa), maggio 1998, pagg. 33-42.

(13) Dal 1623, la stessa fiera, detta ‘franca’ perché esente dal pagamento della dogana gravante sui prodotti oggetto di compravendita, fu concessa gratuitamente per nove giorni (dal sabato, vigilia della Festa, fino al sabato successivo) per intercessione della contessa Vittoria Colonna, madre del suddetto Conte.

L’ambito di estensione di tale fiera era cospicuo poiché abbracciava vari quartieri urbani del tempo, entro i quali potevano essere esposte e vendute le merci di produzione locale o provenienti da paesi anche lontani. Fra tali luoghi vengono indicati la chiesa del Monserrato, quella di S. Liberale, il ‘lavinaro’ (o alveo di torrente per lo più asciutto) di la Gufra - nel Casale e presso S. Paolo -, oltre a siti di altri quartieri della Città, come ‘li scali di la curdaría’ nei pressi della chiesa di S.Andrea, alcune vie intorno alle chiese di S. Maria di Betlem e di S. Pietro, alla chiesa ed al monastero delle Benedettine, alle chiese di S. Maria Exaudi Nos e dell’Itria, alla chiesa ed al convento dei Cappuccini, fino al convento di S.Francesco di Paola, alle falde del Monserrato.

Riguardo a tale fiera, cfr. G. Raniolo, Introduzione alle Consuetudini..., cit., Ed. Dialogo, Modica 1987, parte II, cap. III, Le Fiere franche, pp. 130-141.