La Commenda di Modica
dell’Ordine Gerosolimitano, di Rodi, di
Malta (secc. XIV-XIX).
di Bruno d’Aragona*
I - Cenni storici sull’Ordine
Gerosolimitano
Il Fondatore
La
fondazione dell’Ordine religioso-cavalleresco Gerosolimitano di S. Giovanni,
più noto universalmente come ‘Ordine di Malta’, risale - senza dubbi di
sorta - all’attività ospitaliera del sec. XI dei frati benedettini[1] e, più
precisamente, al primo trentennio del secolo. In quegli anni il cavaliere e
frate benedettino San Simeone di Siracusa (950 +1035), con la sua
caritatevole, perigliosa e lunga attività pastorale ed ospitaliera spiegata a
favore dei pellegrini cristiani della Terrasanta e della presenza cristiana in
Oriente, è guida, capo-ospedaliere, rifondatore e maestro, tra gli anni 1008 e
1028[2], del S.
Ospizio e S. Ospedale benedettino-mariano-amalfitano in Gerusalemme, cioè di
quella «Sacra Domus Hospitalis» fondata e rifondata a spese dei Benedettini,
che, dalla vicina cappella dove quei frati ospitalieri e alcuni pionieri laici
amalfitani si unirono in confraternita, si denominerà poi, tra il 1022 e il
1040, ‘di S. Giovanni Battista’, pur continuando a dipendere
direttamente dall’abate benedettino. In virtù di tale origine, fondazione ed
attività benedettino-ospitaliera in Gerusalemme va pertanto considerato
iniziatore, capo-ospitaliere e primo fondatore e maestro della Sacra Religione
gerosolimitana un frate-benedettino di Siracusa, Santo di notevole rilievo
nella storia della Chiesa per essere stato ‘il primo santo italiano’
riconosciuto tale non solo a voce di popolo, ma anche e soprattutto in virtù
del ‘primo’ processo orale e scritto di canonizzazione intercorso tra il
promotore della causa arcivescovo di Treviri (o Trier, in Germania) e la
S. Sede, e deciso esclusivamente da quest’ultima e dal pontefice Benedetto IX,
tra il 1035 (anno della morte del Santo) e il 1040[3].
La
città di Treviri ha voluto chiamare la sua principale via ‘Simeonstrasse’ (Via
di S. Simeone), e la sua centralissima piazza ‘Simeonstiftplatz’ (piazza
del Capitolo di S. Simeone), così che i cittadini non dimenticassero il
nome del ‘primo e regolare’ santo d’Italia e ‘primo fondatore’ dell’insigne
Ordine di San Giovanni o di Malta[4].
Anche
Siracusa, memore di sì grande e santo suo figlio, gli ha dedicato una via
nell’antichissimo quartiere di S. Giovanni (delle Catacombe)[5], mentre
la Chiesa siracusana ne celebra la festa, con officiatura propria, il 1° giugno
di ogni anno[6].
Nonostante
la lontananza dei tempi e la scarsezza dei documenti, è storicamente accertato
che successore, quasi certamente non immediato, di S. Simeone di Siracusa,
nel rettorato benedettino dell’ospizio giovannita in Gerusalemme, fu il
francese Fra’ Gerardo che, nato in Martigues (Provenza), è
ricordato, dai più antichi e documentati istoriografi dell’Ordine di S.
Giovanni, come vivente ed operante in Gerusalemme al tempo della prima crociata
(1096-1099), e successivamente, nel 1113, dal papa Pasquale II nella sua bolla
«Piae postulatio voluntatis», che ne riconosce l’opera di «rettore della chiesa
di S. Giovanni Battista e preposito dell’Ospizio degli Stranieri in
Gerusalemme»[7].
Le crociate e la cavalleria
Durante
il ventennio 1100-1120 del rettorato del benedettino Fra’ Gerardo, il S.
Ospizio, raggiunta l’autonomia e l’indipendenza dall’abate benedettino, viene
contemporaneamente a trovarsi ad operare nel periodo più complesso ed epico
della Cavalleria, qual è quello delle crociate.
Cosicché,
risentendo inevitabilmente l’influenza dell’ambiente creato dalla nobiltà e
dalla cavalleria feudale-militare europea, l’Ordine di S. Giovanni, già
monastico e laico, assume gradualmente sempre più il carattere prestigioso di
Ordine monastico-laico-cavalleresco, specie sotto il terzo (o quarto?) rettore
e maestro - anch’esso francese - Fra’ Raymond du Puy (1125-1158).
L’Ordine a Rodi e sua organizzazione
Fu
così che, senza trascurare la sua originaria missione carismatica a favore dei
pellegrini, degli infermi, dei poveri, l’Ordine costituì pure, dal quel tempo,
una forza armata sempre più numerosa ed efficiente, arma combattente per lo più
a cavallo - e perciò una vera Cavalleria composta:
a) di fratres milites, cioè di
cavalieri ricevuti ab initio nell’Ordine attraverso un severo processo di
nobiltà ‘ex genere’ (patriziale, feudale, etc.), strettamente congiunta
a concomitanti prove di fede cristiana e ‘suavitas morum’;
b) di fratres servientes, non
nobili di stirpe e pressoché equivalenti ai sottufficiali, graduati e gregari
delle forze armate internazionali, per lo più di modeste condizioni economiche
familiari, oppure nobili ex genere ma non tali anche de facto a
causa della loro minore levatura culturale;
c) di clerici, ecclesiastici
addetti al culto.
Il
primo fatto d’arme, cui questa milizia partecipò, ebbe luogo nel 1137.
Terminata
l’ottava ed ultima crociata nel 1291, e sciolto l’ultimo residuo dell’esercito
crociato, sembrò che anche per l’Ordine di San Giovanni si fosse esaurito ogni compito
in Palestina.
Ma
non fu così, chè il gran maestro frà Giovanni De Villiers (1285-1293),
con i suoi cavalieri superstiti, non intese abbandonare il campo della vigile
presenza nel levante mediterraneo e si trasferì a Cipro, dove, alla milizia
terrestre aggiunse un’armata navale.
In
progresso di tempo, da Cipro, l’Ordine, avendo progettato di trasferirsi a
Rodi, assediò questa città - posto, il più avanzato della Cristianità -, e,
toltala all’impero bizantino nell’anno 1308, ne divenne sovrano con proprie
leggi, un proprio esercito, una propria marina da guerra e una propria zecca.
Volontari
contributi, corporei ed incorporei, pro charitate et fide, andavano ad
accrescere il «Comun Tesoro» della «Sacra Gerosolimitana Religione»
nell’interesse della vita militare, religiosa e politica di quest’Ordine, che,
detto dal 1308 al 1522 «di Rodi», e, dal 1530 al 1798, «di Malta», sarà
impegnato ininterrottamente, dal sec. XI al XVIII, cioè per circa otto secoli,
per dispiegare un diffuso servizio ospedaliero, oltre che in compiti militari,
in quel tempo necessari contro le forze ‘turche’ nonché nell’incessante lotta
anticorsara.
Va
rilevato che alle ‘Commende priorali o magistrali’, dipendenti dal ‘Gran
Priorato di Messina della Veneranda Lingua Italiana’, venivano via via
aggregate Commende ‘familiari di diritto patronato’ (diritto ereditario
e perpetuo), tali perché istituite da alcuni privati Nobili mediante
fondazioni, fornendo così un’ulteriore «fidele auxilium» per tutte le benefiche
opere dell’Ordine biancocrociato. Fra tali Commende ‘familiari’, fondate
nell’ambito della diocesi di Siracusa (e perciò - alcune - nel territorio della
Contea di Modica), vogliamo qui rapidamente menzionarne in particolare due,
istituite nel corso del ‘600:
1)
Commenda di San Giovanni B. di Ragusa, fondata il 19 Maggio 1626 dal
Nobile Cavalier Fra Blandano Arezzo e La Rocca, dei baroni di Serri, figlio di
Giovanni Arezzo, barone di Serri, e della Nob. Antonia La Rocca di Ragusa
(antica, oggi chiamata Ibla).
Rendita annua: 300 scudi;
2)
Commenda Martinez, fondata, il 17 Dicembre 1641, in Siracusa e Malta dal
Nobile Cavalier Don Lucio (de) Martinez d’Aragona, Arezzo della Targia, Alagona
d’Aragona-Sicilia e Platamone di Rosolini, 3° Signore e Barone di S. Lucia di
Noto, dello Jus luendi di Bibía, etc. Don Lucio era nato a Siracusa il 6
Dicembre 1604; morì a Palermo il 20 Agosto 1646[8].
Questo
signore e fondatore, che aveva sposato nel tempio di S. Giorgio in Modica, il 7
genn. 1619, Donn’Antonia La Réstia, Sedegno, Beccadelli di Bologna e Grimaldi,
figlia del Governatore della Contea di Modica, Paolo La Réstia, dotò la sua
fondazione con un fondo-capitale commendale di 5000 scudi (= 2000 onze) e con
una rendita annua di 250 scudi (= 100 onze)
II - La Commenda di Modica
Tra
le maggiori ‘Commende’ siciliane - magistrali e priorali - del Sovrano Militare
Ordine Gerosolimitano, di Rodi, di Malta, è certamente l’antichissima e celebre
‘Commenda di Modica’ che ebbe una vita cinque volte secolare.
Questa
fu fondata, infatti, nel secolo XIV, dai CHIARAMONTE, conti-sovrani (dal 1296
al 1392) del grande Stato comitale e plurifeudale di Modica, e fu
denominata ‘di S. Giovanni Battista di Modica’ perché ebbe la sua sede
nel tempio di S. Giovanni di Modica, edificato dai predetti «potentissimi
domini totius comitatus» intorno all’anno 1350.
Il
beneficio commendale fu dotato di 450 onze di rendita annua e di 14 privilegi,
corrispondenti forse alle 14 tenute di terra che concorrevano a formare la
rendita stessa.
Martino
d’ARAGONA, XIX re di Sicilia, dopo la condanna degli avversi Chiaramonte
nel 1392, confermò in quello stesso anno tutti i sopraccennati 14 privilegi.
Nel
1693, trattando infatti della ‘Commenda di Modica’, lo storico R. Pirri così
scrive: «S. Joannis hospit. Jerosolym. Commenda antiquissima quam, uti de
jure patron. reg. simul et alias Ragusiae, et Heracliae Rex Martinus ann. 1391
- 15ª ind. in lib. Cancell.
fol. 134, dedit» [9]
Il
che concorda, peraltro, con quanto è ricordato nel libro dell’a. 1542 delle
‘Sacre Visite’ del vescovo della diocesi di Siracusa mons. Ludovico
Platamone [10].
Lo
stesso re Martino (1392-1409) concesse inoltre alla ‘Commenda di Modica’
di disporre di un ospizio (o Sacra Domus Hospitalis) per i pellegrini.
Connesso al convento contiguo alla chiesa di S. Giovanni Battista, questo
ospizio verrà, due secoli dopo, intorno al 1600, ampliato, cioè prolungato in
modo da estendersi in profondità fino all’estremità più interna della piazza
laterale, sì da poter funzionare più adeguatamente come luogo di ricovero e di
cura di infermi, che sarà detto ‘di S. Maria della Pietà’.
Oltre
che dal re Martino la Commenda fu altresì arricchita dai conti-sovrani
di Modica de CABRERA (1392-1480) e dai loro eredi e successori HENRIQUEZ de
CABRERA (1481-1741), con feudi e rendite [11].
La
Commenda di Modica, che il 21 marzo 1580 ebbe confermati i suoi privilegi anche
dal re Filippo I, è ricordata e celebrata anche in un atto pubblico del
6 agosto 1626, con il quale i giurati e i consiglieri dell’Università di Modica
patrocinavano l’elezione della Madonna delle Grazie a «Patrona della Città». In
questo prezioso documento manoscritto si legge, infatti, tra l’altro, «A I
di Luglio, X ind. 1627. Il detto Consilio fu approvato e confermato per lo
Vigario e locotenenti della Commenda Gerosolimitana di questa città e contado e
suoi sacerdoti di essa religione.»[12].
Le chiese commendali
In progresso di tempo la «Commenda di
Modica» ebbe, sotto la sua diretta ed esclusiva dipendenza, le cinque chiese
commendali di:
1. S. Giovanni Battista di Modica servita
da quattro ‘presbyteri’ della stessa religione gerosolimitano-melitense[13].
In
virtù della priorità della sua fondazione, questo sacro tempio giovannita
esercitava il diritto di «Chiesa Madre» sulle altre quattro commendali
seguenti:
2.
S. Giuliano o S. Maria d’Itria di Ragusa alla quale nel 1626 fu
aggregata la ‘Commenda di S. Giovanni Battista di Ragusa’ - di giuspatronato
familiare e di cui si è detto - fondata in quell’anno da Fra’ Blandano
Arezzo di Serri;
3.
S. Giovanni Battista di Chiaramonte Gulfi con l’annessa Commenda di S.
Giovanni di Randazzo, che diede origine anche alla denominazione di ‘Commenda
di Modica e Randazzo’[14];
4.
S. Biagio di Terranova (Caltanissetta);
5.
S. Maria dell’Orto di S. Filippo d’Agira (Enna)
La
Commenda di Modica non era soggetta alla giurisdizione vescovile della diocesi
di Siracusa ma dipendeva direttamente del ‘Gran Priorato di Messina’
dell’Ordine di S. Giovanni o di Malta [15].
Questo
suo stato di diritto melitense, dopo aver ricevuto varie conferme e vari
riconoscimenti durante i secoli della sua esistenza, fu infine ulteriormente
confermato e riconosciuto, con decreto del 21 febbraio 1832, anche da Ferdinando
II re delle Due Sicilie, il quale, a maggior prestigio della commenda de
qua, volle assegnare la stessa a suo fratello Carlo di Borbone principe
di Capua.
I titolari della Commenda
Tra
i commendatarî - o commendatori -, titolari della «Commenda di Modica»,
possiamo ricordare:
il
Cav. Frà Filippo MOLETI, nobile di Messina, che, ricevuto nell’Ordine il
17 maggio 1578, fu anche ‘balì’ di S. Stefano
il
Cav. Frà Girolamo SALVAGO, nobile di Genova, che, ricevuto nell’O. il 30
luglio 1586, fu balì di Venosa (1586), capitano comandante della galera «S.
Maria». e, come tale, valoroso combattente durante la battaglia navale del 26
giugno 1625 tra cinque galere di Malta e sei galere e galeotte di Biserta,
rimanendo grravemente ferito, e, infine, ammiraglio e capo della Veneranda
Lingua d’Italia (come figura negli atti di fondazione della ‘Commenda
Martinez’ di Siracusa del 1641-42);
il
Cav. Frà Giacomo LOREFICE, nobile di Modica, intorno al 1653[16];
il
Cav. Frà Pietro PLATAMONE, nobile di Siracusa, intorno al 1721;
il
Cav. Frà Girolamo Battista TOMMASI, nobile di Cortona (Arezzo) intorno
alla seconda metà del sec. XVIII. Dopo aver esercitato le più alte cariche
dell’O., fu elevato alla suprema dignità di Gran Maestro con bolla pontificia
del 9 febbraio 1803. Da Messina, dov’era allora la nuova sede dell’O., egli
sollecitò la restituzione di Malta, ma inutilmente. Si spense il 13 giugno 1805
all’età di 74 anni
S.E.
il Balì Frà Don Alvaro Scipione RUFFO dei principi della Scaletta,
nobile di Messina, tra il 1807 e 1827;
S.E.
il Balì Frà Don Girolamo PATERNÒ CASTELLO dei baroni di Bicocca, nobile
di Catania, intorno al 1827;
S.A.R.
il Principe Don Carlo di BORBONE-DUE SICILIE, principe di Capua,
fratello del re delle Due Sicilie Ferdinando II, dal 1832 al 1862.
Quest’ultimo
principe reale e commendatario della Commenda di Modica, per il miglior
progresso materiale e morale del bene commendatogli, approvò un «Regolamento»
di 60 articoli, nel primo dei quali la ‘Commenda di Modica e Randazzo’ risultò
costituita dalle cinque commende e chiese sopra descritte. Altri articoli
vertevano, invece, circa la nomina di un amministratore locale per ciascuna
commenda, e circa la prerogativa della principale Sede commendale di Modica di
essere visitata spesso dai vicari generali nominati dal commendatore.
I ‘Martelletti’ o ‘Donati di mezza Croce’
Ex
antiquo jure il commendatario o titolare della Commenda di Modica, oltre
alla nomina del vicario generale, aveva la facoltà di nominare anche 14 ‘Martelletti’
(Martilicti), così detti dalla croce dagli stessi portata sul petto e che,
essendo priva del braccio superiore, rassomigliava a un martelletto.
Questa
minorazione o mutilazione del sacro simbolo cristiano voleva significare la
mancanza, da parte di questi semicrociati, di quella piena nobiltà ex genere
o de jure haereditario pretesa dalla Ven.da ‘Lingua d’Italia’ per la
ricezione in qualità di ‘cavaliere milite di giustizia’[17].
Tuttavia
‘Martelletti’, o ‘Frati serventi di mezza croce’, o ‘Donati’ fruivano
egualmente del singolare privilegio del foro speciale dell’Ordine.
Gli edifici
Benché
sia stata più volte danneggiata dai terremoti dei secoli XVI e XVII[18] e,
subendo la impietosa demanializzazione e dissacrazione ottocentesca, sia andata
poi a finire in mano di privati speculatori (1877), l’antica chiesa madre
commendale di S. Giovanni Battista di Modica sorge tuttavia, ancora oggi,
sull’attuale piazza Carmine o Matteotti e perciò in pieno centro storico,
nell’interezza originaria delle sue principali strutture architettoniche
interne ed esterne, e ciò anche se adattata, dal 1926, a cinematografo (il noto
Cinema Moderno).
Entrando
nella piazzetta che fiancheggia il grande edificio templare, si può notare come
l’alta ed austera fiancata muraria, non soltanto abbia resistito a
trasformazioni molteplici, ma, a comprova del suo glorioso passato - religioso,
cavalleresco, commendale - resti contrassegnata tutt’oggi, al centro della
fascia marcapiano, più precisamente tra la stessa e una superiore finestra
rettangolare, da un monolite rettangolare, su cui resta scolpito lo stemma, non
coronato, della Sacra Hierosolymitana Religio (S.H.R.) che vogliamo
descrivere anche nei suoi invisibili e pur reali smalti, come segue:
ARMA:
di rosso alla croce d’argento piana.
SCUDO:
ovale ed accartocciato.
Questa
croce è la primigenia rispetto a quella più nota, biforcata ed ottagona, detta
comunemente ‘Croce di Malta’.
Sulla
medesima piazza si affaccia l’edificio (oggi ristrutturato) che fu l’ospizio (o
‘sacra domus hospitalis’) dei pellegrini, annesso alla «Commenda di
Modica» dell’Ordine di Malta, e perciò contiguo alla chiesa di S. Giovanni
Battista.
Quest’Ospizio,
risalente, come già ribadito, alla fine del Trecento ampliato nel XVI secolo
precipuamente a cura del sac. Giuseppe Pediligieri, e chiamato ‘Ospedale di
S. Maria della Pietà’, dotato successivamente delle famose stufe (o botti)
mercuriali (dette ‘di Campailla’), funzionò, come luogo di transito, di
ricovero e di cura di pellegrini o di semplici assistiti dell’Ordine di S.
Giovanni o di Malta, ininterrottamente fino alla seconda metà del secolo XIX.
La confisca dei beni
In
seguito alla rivoluzione siciliana del 12 gennaio 1848 tutti i beni della
«Commenda di Modica » furono confiscati dal governo provvisorio, che ne affidò
l’amministrazione alla Direzione Generale dei Rami e Diritti Diversi di Palermo.
Epperò,
ristabilito il governo borbonico nel maggio del 1849, il principe di Capua
otteneva la «restitutio in integrum» della Commenda già toltagli.
Successivamente,
con decreto del 25 maggio 1862, tutti i beni commendali ed ecclesiastici vennero
dichiarati «di regio patronato» e, quattrannl dopo, in forza della legge del
1866 di reversione dei beni ecclesiastici, di pertinenza del demanio del nuovo
regno d’Italia.
Cessata
la gestione da parte dell’Ordine Gerosolimitano, l’Ospizio, alias ‘Ospedale
di S. Maria della pietà’, venne affidato all’amministrazione della ‘Congregazione
di carità’ della Città di Modica, costituita in virtù dell art. 26 della
legge 3 agosto 1866, e succeduta alla già ‘Commissione comunale di
beneficenza’.
Un auspicio
Appare
estremamente opportuno che il ricordo dell’«antiquissima» e benemerita
‘Commenda di Modica’, onusta di cinquecento anni di benfica attività
religioso-militare e cavalleresca-assistenziale e sanitaria, abbia pieno
diritto di tornare ad emergere nella memoria e nella consapevolezza, a buon
diritto alta, che i Cittadini di Modica hanno del proprio retaggio storico.
Si
propone pertanto alla Commissione per la toponomastica, al Consiglio comunale
di questa nobile Città, agli Amministratori che la governano[19] di
volere modificare la denominazione della piazza antistante la sede della
‘Domus hospitalis’.
Si
auspica cioè che, limitando alla via interna, al di là della piazza,
l’intitolazione a Vincenzo Albanese[20], si
apponga piuttosto una targa marmorea, ben visibile, con l’epigrafe di fondato
ed alto rilievo storico:
“Piazza della COMMENDA del S.M.O. di
Malta”
(secc. XIV - XIX).
III - Un
giovane cavaliere modicano della Bianca Croce:
Don
Agostino Grimaldi e Rosso
..............................................................................................................
Ai
tornei, indetti in Modica nella festività della Madonna delle Grazie,
partecipavano talora anche cavalieri giovanissimi.
Narra
infatti p. Gian Paolo dell’Epifania[21],
carmelitano scalzo della provincia di S. Alberto (Sicilia), che nel maggio del
1651 fu visto in Modica, in torneo, un ragazzo di rara bellezza.
Era
questi il nobile cavaliere don Agostino Grimaldi e Rosso, giovane dodicenne
d’ingegno precoce, d’animo eletto e di fede cristiana viva così da aver
ottenuto eccezionalmente, il 4 maggio 1645, nella minore età di sei anni,
d’indossare l’abito di Cavaliere della Sacra Religione Gerosolimitana. Ciò,
dopo aver anche superato le prescritte prove di nobiltà bicentenaria nei
quattro quarti[22].
Agostino
Grimaldi e Rosso, nato in Modica il 4 maggio 1639, era infatti figlio di
Don Giovanni Grimaldi, Barone di S. Giovanni e di Xiruni, governatore
generale della Contea di Modica e capitan d’arme a guerra per S.M., e di donna Girolama
Rosso-Landolina.
* (Siracusa,
1911). Principe di Aragona delle Due Sicilie, cavaliere del Ceto Nobiliare del
S. M. Ordine di Malta, è laureato in Giurisprudenza, in Scienze politiche e
(presso l’Accademia Militare di Modena e l’Accademia “Farnesina” di Roma) in
Scienze Militari.
Autore di oltre
150 studi storici editi - fra i quali alcuni sulla storia dell’Ordine
Gerosolimitano, di cui è uno dei più documentati studiosi - è socio delle
Società Siciliane di Storia Patria, nonché di Istituti universitari di Palermo
Catania, Messina, e collaboratore dei rispettivi Archivi storici, oltre che
della rivista “Melita Historica” (Malta - Valletta e Mdina), e - cultore
di storia e diritto nobiliare - della “Rivista Araldica”. È anche
collaboratore, per la storia dell’Arma di Cavalleria Italiana, del Comando di
applicazione d’Arma (Torino) e dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore
dell’Esercito (Roma).Risiede a Siracusa, ove ha fondato nel 1953 il Centro di
Alti Sudi Storici “Principe d’Aragona Due Sicilie”, dotato della più cospicua
biblioteca privata siracusana.
[1] Circa
la preferenza di scrittori, più cortigiani che storici, di far cominciare la
storia dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme dalla sua autonomia nel
secolo XII, e la tendenza dell’Ordine stesso a non sottolineare ma a far
sparire le tracce della propria origine benedettina, basti consultare l’opera: De
prima origine Hospitalariorum Hierosolymitanorum, Paris 1885, di J. de la
Ville Le Roulx, considerato il solo vero storico, degno di questo nome,
dell’Ordine.
[2] Tra i vari scritti storico-agiografici sul Santo, iniziati nel
1953 da B. d’Aragona Due Sicilie, basti qui ricordare: La Sicilia e l’Ordine
di Malta nel «Catalogue of the Records of the Order of St. John of Jerusalem in
the Royal Malta Library», - Compendio della storia religiosa. militare,
politica e diplomatica del Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di
Geresalemme. di Rodi e di Malta, in ‘Archivio Storico Siciliano’,
Serie III, vol. XVIII, 1968; Palermo, Società Siciliana per la Storia Patria -
Istituto Universitario 1969-1970, pp. 49-146, con 112 note
archivistico-documentarie e bibliografiche, e una tavola ill.ta f.t.
[7] Cfr.
le note 1 e 2. «[L’Ospizio di S. Giovanni in Gerusalemme] per la sua
organizzazione costituì il modello per tutto l’Occidente e promosse
vigorosamente la cura dei malati. La sua regola rivela un attivo amore di Cristo
in una forma molto interiorizzata. Gli ammalati e i poveri erano ‘i padroni’
dei fratelli inservienti»; J. LORTZ, Storia della Chiesa nello sviluppo
delle sue idee, Ed. Paoline, Alba 1966 (trad. it.,), vol. 1° pag. 308.
[8] NATIONAL LIBRARY OF MALTA - MALTA (VALLETTA) - Manuscript
Department - Arch. Ms. 2160, ff. 66r - 68 v., ed. Arch. Ms. 113 - Liber
Conciliorum, ff. 218 r. - 219 v.;
Per ampie notizie sulla Commmenda
vds.: B. d’ARAGONA D.S., Don Lucio Martinez d’Aragona fondatore in Siracusa
(1641) di Commenda di Giuspatronato familiare, ereditario e perpetuo del
Sovrano Militare Ordine di Malta. Sintesi storico-dinastica compilata da
documenti ed atti ufficiale e legali. Estratto da “Melita Historica”, vol.
IX, N.1, Malta (Floriana). Malta Historical Society, 1984, pp. 19-48.
[9] R. PIRRI,
Sicilia Sacra, t. I, Panormi, 1630 (e Panormi, 1733) p. 686: Syracusanae
ecclesiae notitia: Motyca.
[10] ARCHIVIO
STORICO DIOCESANO – SIRACUSA, Volume I dell’a. 1542 delle “Sacre Visite” di
mons. Ludovico Platamone, 55° Vescovo di Siracusa (1518-1540); O. GARANA, I
Vescovi di Siracusa, Siracusa, 1969 (e ristampa, Siracusa, 1995), pp.
131-133.
[11] P. CARRAFA-E RENDA, Prospetto
corografico-istorico di Modica, vol. I, Modica, 1869 (e ristampa, Bologna,
1977), p. 57.
[12] ARCHIVIO STORICO DIOCESANO - SIRACUSA, Decreti dell’anno 1627, p.
28; ARCHIVIO GENERALE DELL’ORDINE CARMELITANO, Roma, Sezione Provincia Sicula
S. Alberti e Codice VII (Mazzarino e Modica): «Copia consilii civitatis
Modicae, 1626, quo eligunt in Patronam Sanctam Mariam Gratiarum», Ms (cm.
20x28), ff. 1-6; S. GUASTELLA, Un inedito sul Santuario Mariano in Modica di
Maria SS.ma delle Grazie, in “Il Messaggero della Madonna”, A. X, N. 5-6,
Modica, Santuaria di Maria SS.ma delle Grazie, agosto-settembre 1977, p. 5-13.
[13] M. GATTINI, I priorati, i baliaggi e le commende del Sovrano
Militare Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme nelle province meridionali
d’Italia prima della caduta di Malta, Napoli, 1928, p. 139.
[16] Al presente
(a. 1995) esistono in Modica non poche famiglie che portano il cognome
Lorefice. Non si può tuttavia stabilire alcun legame genealogico con il
sunnominato cavaliere e commendatore della Commenda di Modica del S:M.O.M. Frà
Giacomo Lorefice del 1653.
[17] I ‘Cavalieri di
Giustizia’ costituiscono la più alta categoria cavalleresca del S.M.O. di
Malta, non solo perché ciascun aspirante alla stessa è soggetto ab initio a
processo di prove bicentenarie di nobiltà (feudale, allodiale, patriziale,
onoraria), di cristianità, di legittimità e di suavitas morum dei
quattro quarti (padre, madre, ava paterna ed ava materna) oppure del solo
quarto principale paterno per la durata di cinquecento anni, ma anche per la debita
investitura e professione solenni dei tre voti di povertà, castità ed
obbedienza. Sicché i Cavalieri di Giustizia sono i soli che possono accedere
alle più alte cariche dell’Ordine. Che, ovviamente, come Ordine religioso,
dipende dalla Santa Sede.
[18] Sull’opera di
ricostruzione della chiesa della Commenda dopo il terremoto del 1693 è in corso
una ricerca di Paolo NIFOSI’, studioso di storia dell’arte della Sicilia
sud-orientale. Ne auspichiamo la pubblicazione sul prossimo numero di questa
Rivista (N.d.C.).
[19] Il pensiero di chi scrive va ad un suo antenato, Paolo La Rèstia,
il quale, nato nell’antica Ragusa nel 1548, considerò altissimo onore quello di
essere stato nominato ‘governatore della Contea di Modica’ e perciò quasi
viceré di questo autentico ‘Regnum in regno’, assolvendo per 33 anni
consecutivi - dal 1598 al 1631 - con saggezza e larghissima feconda operosità
tale alto compito. Cfr B. D’ARAGONA, Paolo La Rèstia Marchese di Canicarao,
Viceconte e Vicerè di un «Regnum in regno», in ‘Netum’, anno 7, n.
1-3/1985, pp. 57-58, Noto, e in ‘Insieme’, Ragusa 15.4.89.
[20] Personaggio forse discutibile, anzi già ‘discusso’ presso i
Cittadini di Modica nel 1883. CIVIS HISTORICUS (B. D’ARAGONA D.S.), Toponomastica
di Modica, in ‘Corriere di Modica’, A. XI, N. 11, Modica, 1 giugno 1982,
pp. 1 e 4. Cfr. anche G. TEDESCHI, Risposta al deliberato del rpesidente
della Congregazione di carità di Modica del 24 febbraio 1883, Tipografia
Campailla, Modica, 1883. (l’Albanese, palermitano, che aveva considerato – non
sappiamo se a torto o a ragione – “ciuchi” i precedenti amministratori
della Congregazione, è apprezzato a sua volta – non conosciamo se fondatamente
– come “uomo rozzo ed incolto”...).
[21] G.P. DELL’EPIFANIA, L’idea del Cavaliere Gerosolimitano mostrata
nella vita di Frà Agostino Grimaldi e Rosso, Messina 1662, pp. 51 e 52. Un
esemplare di questa rara opera antica di complessive pp. 227 (cm. 14x19),
rilegata in mezza pergamena coeva e in buono stato di conservazione, è
tutt’oggi custodita nella Biblioteca Historica Museo di Cavalleria ed Africa
“Principe D’Aragona Due Sicilie” in Siracusa.
Cfr. anche R. GRANA-SCOLARI, Cenni
storici sulla città di Modica, Ed. F. Nifosì, Modica 1895, vol. 1, pp
400-412; G. MODICA-SCALA, Le comunità ebraiche nella Contea di Modica,
Ed. Setim, Modica 1978, pagg. 555-556.