Per quanto riguarda lanalisi
del pensiero Leopardiano vi sono stati vari dibattiti. Inizialmente, Leopardi non veniva
mai considerato un filosofo a causa della carenza di sistematicità, di coerenza e
originalità nel suo pensiero. Poi invece, dopo la guerra si è avuta una netta
rivalutazione di Leopardi come filosofo proprio a causa dei "difetti"
riscontrati in precedenza. Certo è comunque che Leopardi possa essere considerato un
filosofo pessimista, non idealista, contrario allo spiritualismo e un non-positivista,
essendo apertamente contrario al progresso. Egli si poneva a sua volta come persona
pensante piuttosto che come filosofo, si riteneva un essere umano e sociale che avverte il
bisogno di porsi degli interrogativi riguardo il vero, precisamente il vero esistenziale
dellIo e il vero sociale dei molti. Perciò la sua filosofia è costituita da una
serie di interrogativi e di ipotesi che vanno verificate al cospetto della propria
esperienza e al cospetto della molteplicità delle esperienze umane. Il pessimismo
Leopardiano è quindi un sistema filosofico che nasce dalla sua vita e viene esteso a
tutto, dal particolare alluniversale. Le "leggi" del sistema finiscono
così per avere un valore si soggettivo che oggettivo.
Organizzata in tre stadi o periodi, la riflessione parte da caratteri
decisamente illuministici (in coerenza con la formazione culturale della giovinezza)
intorno al 1817-1818. Il primo punto, quello che poi sarà uno dei temi di fondo del suo
pensiero, è costituito dalle cause dellinfelicità umana. Nel primo stadio,
definito anche Pessimismo Storico, la natura è ancora unentità benevola,
una buona madre per luomo, poiché, per non fargli rendere conto
dellinfelicità della sua condizione, lo aveva dotato di forti illusioni che lo
rendevano capace di virtù e di grandezza. Col tempo però luomo stesso, con
lavvento della civiltà, ha distrutto queste illusioni e di conseguenza è piombato
in uno stato di infelicità. Il Pessimismo Storico è quindi la rappresentazione
dellinfelicità come frutto di una condizione storica. Il modo per recuperare queste
perdute illusioni antiche è possibile solo attraverso lazione e leroismo,
attraverso il rischio e il disprezzo della vita in nome di una sfida al destino che serve
a misurare il valore delle cose. Testimonianza di questa convinzione di ricuperabilità
degli antichi valori è la produzione di alcune canzoni dispirazione civile. Tra il
1819 e il 1823 cambia questa visione con il venir meno delladesione al cattolicesimo
e con ladesione al sensismo illuministico: le idee dipendono dalle sensazioni e il
comportamento umano è diretto al procacciamento dellutile. A ciò si aggiunge un
punto di vista apertamente materialistico, con conseguente esclusione a priori
dellanima e considerazione del corpo come materia pensante. Ora la causa
dellinfelicità umana è indicata nel rapporto tra il bisogno dellindividuo di
essere felice e le possibilità di soddisfacimento oggettivo. Nasce ora la "Teoria
del Piacere": luomo aspira naturalmente al piacere. Purtroppo per lui però il
piacere desiderato è sempre maggiore di quello che si può conseguire, perciò non sarà
mai pienamente soddisfatto e luomo, infelice, sarà costretto a cercare appagamenti
illusori oppure ad accontentarsi di raggiungere la felicità solo nellimmaginazione.
La Natura passa ora da Natura-madre-buona ad essere la sola responsabile
dellinfelicità umana perché infonde negli uomini lamor proprio e il bisogno
di felicità che non potrà mai essere appagato, e rendendo così la vita umana
uninsieme di delusioni e di sofferenze che hanno il compito di prepararci alla
morte. Questa seconda fase viene definita Pessimismo Cosmico. Infatti la vita
stessa è orientata solamente alla perpetuazione dellesistenza, senza che il
desiderio di piacere degli individui venga tenuto in alcuna considerazione. Il procedere
della civiltà p ancora considerato quale un movimento opposto alla natura. Ma la
civiltà, pur condannata, ha due considerazioni opposte nel complesso: positiva da una
parte e negativa dallaltra. Positiva perché grazie ad essa luomo ha
smascherato la verità della propria condizione ottenendo lautocoscienza (da qui
deriva lesaltazione del Risorgimento, del razionalismo, a condanna del Medio Evo e
di ogni forma di religione e latteggiamento contrario nei confronti della
Restaurazione con la sua fiducia nel progresso e la ripresa religiosa spiritualistica).
Negativa perché , sottraendolo al dominio delle forze naturali e delle illusioni, lo ha
reso più egoista e più fragile, per cui le società moderna vedono una lotta disperata
per laffermazione individuale. Lultima fase del suo pensiero è costituita
dalla scoperta del Pessimismo Antico. Tra il 1823 e il 1827 vi è un volgere a
posizioni di saggezza distaccata e scettica ed un avvicinamento al pensiero greco
ellenistico. Rimane ancora il "nodo" sul giudizio sulla civiltà che lo
porta ad osservare continuamente i comportamenti degli uomini. È in questo periodo
che ritorna il pensiero dellimpegno civile e che Leopardi definisce chiaramente il
suicidio come un atto di viltà e un errore perché provoca dolore nei superstiti
complicandogli la vita. Di conseguenza nasce lesigenza di ricostruire una morale
fondata sul sentimento della fraternità sociale. "Bene è ciò che giova; male ciò
che nuoce" (Zibaldone). La contraddizione tra natura e civiltà è ora insita nella
sola civiltà: a questa compete la coscienza del vero; e il vero coincide con il conoscere
il male della condizione umana che va denunciato secondo un dovere sociale. In questo caso
la civiltà deve essere connotata positivamente, altrimenti no. Infine Leopardi elabora la
Teoria della Civiltà secondi cui gli uomini, consapevoli del male comune,
imputabile alla Natura, devono allearsi tra di loro per combatterla e ridurre il più
possibile il dolore di tutti gli uomini e accrescere la felicità consentita dal loro
stato. Questo può essere interpretato addirittura come una sorta di Titanismo, una lotta
aperta tra la comunità degli uomini e la Natura.