Psicologia di Munch

Con una vita ossessionata da drammatici presentimenti di distruzione e sfacelo, Edvard Munch può oggi venire considerato il profeta di una nuova età dell'ansia che impregna ogni aspetto del vivere quotidiano. Alle figure della realtà esterna ed oggettiva, Munch oppone le immagini della sua tormentata visione interiore, sostituendo gli aspetti concreti del mondo con gli ossessionanti fantasmi che costellano la sua complessa intimità. Largamente influenzato da Nietzsche, Munch colse della sua filosofia gli elementi più stoici e fatalisti che divennero filtri della sua visione del mondo.

Cresciuto in ambiente modesto e puritano, sin dall'inizio Munch cova in sé un istinto ribelle che lo porterà nel 1885 ad osservare con distacco le novità impressioniste a Parigi. Ammirandone le alte qualità stilistiche, Munch rimane comunque chiuso nel suo mondo interiore, caratterizzato da un primitivo attaccamento alla sua naturale ruvidezza spontanea. Nonostante i colori sulla sua tavolozza vadano man mano schiarendosi, il taglio dell'immagine diventi più dinamico e le figure si slancino in primo piano, Munch continua a mantenere un gusto forte per la definizione, una grafica esplicita che racchiude e raffigura ogni cosa, sottolineandola ossessivamente per non permettere che qualcosa, il senso e il messaggio, a volte segreti e indecifrabili, nascosti nelle figure stesse, possano sfuggire o non apparire chiari e risolti.

Durante la sua residenza a Parigi, dal 1889 al 1892, il giovane Munch si avvicina a Pisarro, il più metodico tra gli impressionisti; ed è proprio in quel periodo che la tecnica dei pittori parigini, con quel accennare volante in punta di luce, quella leggerezza quasi estrema, con punte di vibralità, cominciano ad apparirgli frivoli ed elusivi, sinonimi d'insoddisfazione e di amarezza per qualcosa che va lentamente maturando nel pensiero europeo. Estremamente predisposto e affascinato dalla mitologia sentimentale, Munch sfuggì la limpida intelligenza di Cèzanne e Seurat, per trovare rifugio nell'intricato allegorismo di Gauguin.

In uno stato d'esaltata emozione, Munch comincia ad osservare il mondo e le figure che lo popolano, ed avverte che da esso, non più avvolto da luce serena, non più sereno né confidenziale, gli proviene un urto: un segnale misterioso e drammatico, quasi desolato, che riempie il pittore di sgomento e comincia a propagarsi intorno a lui come una densa cortina di fumo nero; e quel mondo, quelle figure e quegli oggetti, cominciano a riflettersi nella sua mente con una luce distorta e malata, confermando il pittore nelle sue predilezioni narrative di stati d'animo ed emozioni, di sogni visionari caratterizzati da una particolare violenza emotiva, tipica di quelle persone solitarie ed introverse che tendono a restare rifugiate nel bozzolo della loro timidezza.

Immaginazioni contorte, ossessioni funebri ed erotiche, ed intricate fantasie trovano nella pittura di Munch un'espressione positiva, affidata al disegno e al colore che serrano in modo sempre più stretto il suo mondo interiore in una serie di immagini autentiche e persistenti: una volta create, divengono esse stesse matrici di ulteriori emozioni e di nuove figure sempre più contorte. L'uso costante di linee ondulate, armonicamente fluide e mobili, i colori accesi e infuocati o soffocati repentinamente da una brusca manciata di cenere, le sinuosità cromatiche, l'onnipresente spettro della violenza, ora impercettibile, ora un'esplosione violenta e diretta, quasi dolorosamente agghiacciante, sono gli elementi che Munch sfrutta per simboleggiare ed esternare il suo cedimento agli spettri dell'interiorità travolta da un senso sempre più vivo di crescente angoscia. E' dunque semplice capire come mai l'arte di Munch, simbolo evidente della sua emotività precaria e insana, sia andata oltre il mondo calmo e spirituale che stava fiorendo all'interno della maggior parte dell'arte latina, per andare invece a incidere maggiormente sulla torbida e pomposa sensibilità degli artisti tedeschi.

Dipinti come "La veglia funebre", o "L'urlo" con quell'uomo a bocca spalancata che con la sua angoscia sembra riempire l'universo, sono novità figurative in cui il forte contenuto psicologico si risolve in un elemento fuso e necessario dell'immagine lirica. Munch esprime con colori a volte forzati e composizioni solidamente costruite, emozioni umane come la gelosia, la paura e la solitudine; e anche quando il pittore passerà, dopo il 1920, a riportare nei suoi dipinti le impressioni ricevute dalla sua terra natale, descrivendone i paesaggi con uno schiarimento di colore e con una distensione di immagini, continuerà a farlo con struggente malinconia e tenerezza, quasi come se le impressioni stesse fossero malori incurabili e profondamente radicati in cupe dissolvenze nell'anima della natura.

Munch finirà poi, come Van Gogh, in una casa di cura; ma quel turbine eccitato che fu la sua mente, e il pessimismo innato che non lo abbandonò mai, trovarono un riscatto sul piano della poesia pittorica. Munch, umanista in senso esclusivo, escluse sempre l'inumano, il mondo oggettivo: i suoi interessi non furono mai rivolti all'oggetto fenomenico in sé, né tanto meno al mondo oggettuale. I suoi paesaggi, come "Notte bianca" e "Notte d'estate", non sono intimi come quelli di Kokoschka, ma rievocano lo stato d'animo di Munch più che qualsiasi realtà esterna.

Munch è stato il simbolo concreto della punta più estrema e drammatica dell'esperienza romantica, affondando sempre più nelle sue insistenze sentimentali e nelle sue stesse visioni, invece che tentare di estendersi per raggiungere i grandi ideali.

Proveniente dai margini più lontani del continente, egli visse durante uno dei periodo più agitati della cultura artistica e non, e insieme a Gauguin, Van Gogh ed Ensor, vi lasciò una profonda impronta indicandone la radice irritata.

 

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