Da A. Palmucci, Virgilio e Corinto-Tarquinia, S.T.A.S.-Regione Lazio, 1998

                           

    I   T I R R E N I   D E L L E   I S O L E   D I   L E M N O   E D   I M B R O

       Ripreso e sviluppato dal n. 60 di Atti e memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova

  

 1.                   I Tirreni scacciati da Lemno si rifugiano in Laconia

  I Pelasgi, secondo Erodoto, ovvero i Tirreni, secondo Tucidide e Filocoro, quando furono espulsi da Atene andarono ad occupare altre terre fra cui l'isola di Lemno. Essi scacciarono poi da qui  i discendenti degli Argonauti (vedi cap. XI, 2).

 Erodoto (V sec.a.C.) narra :

 

 <<I discendenti degli Argonauti, scacciati da Lemno ad opera di quei Pelasgi che a Braurone avevano rapito le donne degli Ateniesi, si misero in mare recandosi a Sparta (nella Laconia) [...]. Dicevano di esser venuti nella terra dei loro padri>>. Per questo furono accolti, e <<ben presto contrassero nuove nozze, e cedettero ad altri le donne che avevano condotto con loro da Lemno [...]. Però, con il tempo cominciarono a diventare insolenti, a pretendere di aver parte nelle leggi del governo e a commettere altre azioni contrarie alle leggi>>. Furono, allora, condannati a morte; ma le loro mogli spartane, avendo ottenuto dalle autorità di potersi recare a colloquio con i propri mariti, scambiarono con questi i loro vestiti, e li fecero fuggire. Essi dapprima si rifugiarono sul monte Taigete; poi, la maggior parte di loro si diresse sulle regioni montane della Trifilia e nella Cauconia, mentre una minoranza, sotto la guida di Tera, si recò nelle isole Cicladi a colonizzare Callista[1], che assunse il nome di Tera.

 Il loro condottiero, Tera, era uno spartano di origine straniera. Discendeva dal fenicio Cadmo e da Armonia, sorella di Dardano. Suo padre si era trasferito dalla Beozia a Sparta, dove sua figlia Argia aveva sposato il re Aristodemo. Quando Aristodemo morì, Tera regnò a Sparta in luogo dei figli minorenni di Aristodemo ed Argia. <<Quando, però, i nipoti divennero maggiorenni e presero possesso del potere, Tera, dopo aver provato l'ebbrezza del comando, non sopportò di esser sottoposto ad altri, e dichiarò che non sarebbe rimasto a Sparta, ma si sarebbe imbarcato verso un popolo della sua stessa stirpe>>[2].

 

 Apollonio Rodio (III sec. a.C.) chiamava, invece, Tirreni coloro che espulsero da Lemno i discendenti degli Argonauti. Questi ultimi giunsero supplici a Sparta, da dove, più tardi ripartirono, guidati da Tera, per l'isola di Callista[3].

 Polieno (II sec. d.C.), poi, nel VII libro degli Stratagemmi, riferisce una diversa versione dove i protagonisti della vicenda non sono i discendenti degli Argonauti, scacciati dall'isola di Lemno dai Pelasgi/Tirreni che a loro volta erano stati scacciati da Atene, bensì gli stessi Tirreni. Egli dice:

 

 <<Dopo che i Tirreni, abitanti nelle contrade di Lemno e di Imbro, furono cacciati dagli Ateniesi, presero terra a Tenaro (nella Laconia), ed andarono in aiuto degli Spartani che facevano guerra agli Iloti. Divenuti dunque cittadini di Sparta, ed ammogliatisi con le donne del luogo, non vollero tuttavia prendere parte al governo e alle assemblee della città, perciò divennero sospetti di ribellione e furono imprigionati. Le loro mogli ottennero però dai guardiani delle prigioni la grazia speciale di aver tutto il tempo di vedere i propri mariti e di darsi con loro ad onesto piacere. Ma quando furono entrate, subito cambiarono gli abiti con quelli dei mariti i quali, con il favore della notte, uscirono nascostamente vestiti da donna [...]. Essi, occupato il monte Taigete, istigarono gli Iloti alla rivolta contro gli Spartani i quali, impauriti, inviarono gli ambasciatori per far la pace; e, dopo essersi rappacificati, resero loro le mogli, aggiunsero navi e denaro, e li confermarono come propri coloni>>.

 

 

 

 2.            I Tirreni, scacciati anche dalla Laconia, colonizzano Creta

                                 sotto la guida di Polis detto Delfo

 

 Omero, a proposito degli abitanti di Creta, diceva:

 

 <<Ci sono gli Achei, gli Eteocretesi magnanimi, i Cidoni, i Dori e i gloriosi Pelasgi>>[4].

 

 Androne di Alicarnasso (IV sec.a.C.) raccontava che

 

 <<Tectamo, figlio di Doro, figlio di Elleno, partito dal paese della Tessaglia, che allora si chiamava Doride, adesso Isteotide, venne  nell'isola di Creta assieme ai Dori, agli Achei e a quei Pelasgi che non erano partiti per l'Etruria>>[5].

 

 Secondo Diodoro Siculo (II sec.a.C.),

 

 molto tempo prima che Minosse e Radamante riunissero i vari popoli di Creta in un'unica nazione, <<Tectamo, figlio di Doro, figlio di Elleno, figlio di Deucalione navigò verso Creta con Eoli e Pelasgi, e divenne re dell'isola [...]. Poi, gli Argivi e i Lacedemoni, dopo il ritorno degli Eraclidi, inviarono colonie che si stabilirono su altre isole e, nello stesso tempo, si impossessarono di Creta dove fondarono alcune città>>[6].

 

 Conone (36 a.C.-17 d.C.) raccontava:

 

 <<Il lacedemone Filonomo, per aver consegnato a tradimento Sparta ai Doriesi, ne ebbe in premio la città di Amicla dove condusse abitatori da Imbro e da Lemno. Poiché questi, durante la terza generazione, si sollevarono contro i Dori, furono scacciati da Amicla. Allora, dopo aver aggregato molti Spartani navigarono verso Creta guidati da Polis e Delfo (= delfino) [...]. Impadronitisi, senza nessuna opposizione, della città di Gortina, vi si stabilirono insieme ai vicini Cretesi>>.

 

 In altro racconto, il medesimo Conone diceva:

 

 <<Altemene, durante la terza generazione degli Eraclidi dopo Temene, era in discordia con i fratelli. Poiché era il più giovane, partì dal Peloponneso con un esercito di Doriesi ed alcuni dei Pelasgi. Allora, anche gli Ateniesi inviarono una colonia sotto il comando di Neleo discendente di Codro. similmente i Lacedemoni spedirono il popolo di Filonemo ad abitare altrove sotto la guida di Delfo che si chiamava anche Polis>>[7].

 

 Plutarco (I sec.d.C.) aggiunge che

 

 quei <<Tirreni che, al tempo in cui abitavano a Lemno e ad Imbro, avevano rapito le figlie e le mogli degli Ateniesi a Braurone, furono cacciati anche da lì ed andarono in Laconia dove si unirono con le donne del luogo fino alla nascita dei figli. Ma, sospettati ed odiati, furono costretti ad abbandonare anche la Laconia da dove andarono a Creta sotto la guida di Pollis e  Delfo>>[8].

 

 

 

 3.                   La data storica della cacciata dei Tirreni da Lemno

 

  Noi sappiamo da Erodoto e da Diodoro Siculo che la cacciata dei Pelasgi da Lemno da parte degli Ateniesi è un evento storico accaduto nel 501 o nel 502 a.C..

 Dice Erodoto che

 

 quando l'Ateniese Milziade, figlio di Cimone, <<impose ai Pelasgi di sgombrare dall'isola [...], gli abitanti di Ephestia si rassegnarono; invece, quelli di Myrina [...] furono assediati finché anch'essi dovettero cedere>>[9].

 

 Da Diodoro Siculo apprendiamo, inoltre, che

 

<<i Tirreni, che avevano abbandonato Lemno per paura dei Persiani, dicevano di averlo fatto a motivo di certi oracoli. Questo fu fatto da Ermone capo dei Tirreni>>[10].

 

 Evidentemente Ermone e i suoi Tirreni, dei quali parla Diodoro, corrispondono ai Pelasgi di Ephestia, di cui narra Erodoto.

 Ma nessuno dei due storici dice dove questi Pelasgi/Tirreni si trasferirono.

 In altra occasione, tuttavia, Erodoto, accenna a certi Tirreni che abitavano nella Penisola Calcidica[11]. In proposito, Tucidite ci fa  sapere che,  quando egli scriveva (seconda metà V sec.aC.),

 

 la penisola Calcidica era abitata da varie genti fra cui i Crestonesi e da gente barbara  bilingue, <<soprattutto Pelasgi discendenti di quei Tirreni che abitarono Lemno ed Atene>>.

 

 Evidentemente, i Pelasgi della città di Ephestia, che ubbidirono alle ingiunzioni dell’ateniese Milziade, sgombrarono da Lemno e si trasferirono nella penisola Calcidica della quale Milziade era governatore. Questi Pelasgi, o Tirreni, nel tempo che intercorse fra il loro trasferimento (fine VI sec. a.C) e l’epoca in cui Erodoto (484-425 a.C.) e Tucidide scrivevano (460-396 a.C.) impararono a parlare anche il Greco.

 

Quelli, invece, della città di Myrina, che era stata presa  dopo un lungo assedio,  e quelli dell'isola di Imbro, dovettero andare dispersi in cerca di una difficile sistemazione. I fantasiosi racconti del loro trasferimento nella Laconia, da dove, tre generazioni più tardi, sarebbero nuovamente ripartiti alla volta di Creta potrebbero essere significativi di quella situazione perigliosa.

 

 

  4.              Mitizzazione della reale espulsione dei Tirreni da Lemno                                            

                                              (fine VI sec. a. C.)         

 

 In queste narrazioni, i fatti della reale espulsione dei Tirreni da Lemno, appaiono però  proiettati in età mitica, e confusi con i seguenti avvenimenti leggendari.

 

 a) Gli eventi di <<quei Pelasgi che non erano partiti per l'Etruria>>, ma che erano andati a colonizzare Creta in epoca  anteriore a Minosse (Androne di Alicarnasso).

 b) Le avventure dei discendenti degli Argonauti che prima si erano recati nella Laconia e poi erano andati a colonizzare l'isola di Tera (Erodoto).

 Il ruolo assunto  dagli Argonauti, in altre leggende, nei riguardi di Lemno e dei Tirreni favoriva la confusione. Noi abbiamo visto che da un lato alcuni Pitagorici sostenevano che  il loro maestro era un tirreno; ma che dall'altro si diceva che Pitagora riteneva di essere la reincarnazione di Etalide (vedi cap. XIII, 12). Questi, secondo Apollonio Rodio, era un argonauta emigrato a Lemno. Il nome di  Etalide, tuttavia, richiama pure quello di Etalia con cui veniva denominata sia l'isola di Lemno sia l'etrusca isola d'Elba. Inoltre, il nome di Etalide è identico a quello di uno dei pirati etruschi che, per aver rapito il dio Dioniso nei mari della Grecia, furono da lui mutati in delfini[12].

 c) La migrazione di <<Altmene che, durante la terza generazione degli Eraclidi dopo Temene [...] partì dal Peloponneso con un esercito di Doriesi ed alcuni dei Pelasgi>> (Conone). In quella stessa occasione, secondo il medesimo Conone, gli abitanti di Imbro e di Lemno si recarono dalla Laconia all'isola di Creta sotto la guida di Polis detto anche Delfo (o di Polis e Delfo).

 Alcuni ritengono che la fonte di Conone (36 a.C.-17 d.C.) sia stata Eforo (400-340 a.C.) perché citato da Strabone in merito al popolamento di Amiclea e alla colonizzazione di Creta da parte degli Spartani. Ma esaminiamo ciò che veramente Strabone riferisce da Eforo.

 Egli dice:

 

 <<Eforo racconta che quando gli eraclidi Euristene e Procle presero possesso della Laconia la divisero in sei regioni e vi fondarono alcune città. Una di queste, che si chiamava Amicle fu riservata a Filonomo come ricompensa per aver consegnato loro la Laconia a tradimento [...]. Essi designarono Sparta come loro residenza regale. Nelle altre regioni inviarono dei re; e, poiché c'era scarsità di gente, li autorizzarono ad accettare come abitanti gli stranieri che lo desiderassero>>[13].

 

 E, dunque, vero che Eforo raccontava che nella Laconia, al tempo del ritorno degli Eraclidi (1047 a.C.)[14], si era autorizzati ad accogliere stranieri, ma egli non  includeva i Tirreni di Lemno fra i nuovi abitanti di Amiclea.

 Strabone continua dicendo che Eforo sostiene che

 

 alcune città dell'isola di Creta <<furono fondate dai Dori che accompagnavano l'argivo Altemene>>[15].

 

 Nemmeno in questo caso Eforo (400- 340 a.C.) menzionava i Tirreni di Lemmo.

 La loro presenza nella Laconia dell'XI sec. a.C. e nell'isola di Creta del X sec. a. C. sarà inserita da Conone (36 a.C.-17 d.C.), Plutarco (I sec.d.C.) e Polieno (II sec. d.C.) che scrissero molto tempo dopo di Eforo.

 E' ovvio che nel IV sec. d.C., quando Eforo scriveva, la migrazione dei Tirreni da Lemno e da Imbro non era stata ancora mitizzata. Solo una tarda rielaborazione la proietterà indietro fino alle vicende degli Eraclidi dell'XI e del X sec. a. C. e la inserirà nelle avventure dei leggendari discendenti degli Argonauti e dei colonizzatori di Creta. Così, mentre il trasferimento degli abitanti di Lemno ed Imbro nella penisola Calcidica appare come un fatto storicamente veritiero, la  storicità  delle migrazioni nella Laconia e a Creta appare infondata.

 Ciò non vuol dire che i racconti di quelle migrazioni non possano riflettere il fatto che alcuni profughi da Lemno, quali gli indomiti abitanti della città di  Myrina, fossero andati effettivamente peregrinando in cerca di una difficile sistemazione.

 

 

 5.                  I Pelasgi di Imbro e di Lemno emigrano in Etruria

 

 Dunque, la cacciata degli abitanti di Imbro e di Lemno, storicamente accaduta attorno al 501 a.C., fu mitizzata e proiettata indietro fino al tempo del ritorno nel Peloponneso degli Eraclidi (XI sec.a.C.) e delle generazioni successive (X sec.a.C.).

 In quella stessa epoca mitica, secondo quanto racconta Strabone,

 

 <<Ati, uno dei discendenti di Eracle e di Onfale, in seguito a una carestia [...], riunì sotto il figlio Tirreno la maggior parte della popolazione, e la mandò a vivere altrove; Tirreno, una volta giunto in questi luoghi, chiamò Tirrenia il paese, dal proprio nome, e fondò dodici città, assegnando loro come ecista Tarconte, dal quale prende nome la città di Tarquinia>>[16].

 

 In merito a quanto riferisce Strabone, c'è da osservare che, secondo Erodoto, il quale ci fornisce la versione più antica della venuta dei Lidi in Italia, Tirreno era vissuto in epoca anteriore a quella in cui il mito poneva l'esistenza di Eracle (XIII sec.a.C.)[17]. Secondo altre versioni, poi, Tirreno era figlio di Telefo a sua volta figlio di Eracle (XII sec.a.C,)[18]. Strabone, invece, dice che  Tirreno è figlio di un discendente di Eracle (XI sec.a.C.) Non sappiamo quale fosse la fonte di Strabone, ma in altra   occasione, egli riferiva che

 

<<Anticlide diceva che i Pelasgi per primi colonizzarono Lemno ed Imbro, e che alcuni di loro si unirono a Tirreno, figlio di Ati, e presero parte con lui alla spedizione in Italia>>[19].

 

 Dunque, o la fonte di Strabone era Anticlide, oppure entrambi s’erano rifatti ad uno stesso filone leggendario. Comunque stiano le cose, Anticlide da un lato abbassava dal XIV all'XI-X sec.a.C. l'epoca mitica della venuta in Italia di Tirreno figlio di Ati facendola coincidere con il tempo degli Eraclidi, e dall'altro univa alla migrazione tirrena alcuni Pelasgi di Lemno e di Imbro.

  Noi abbiamo già visto che Conone, Plutarco e Polieno retrodateranno a quella stessa epoca eraclidea (XI-X sec.a.C.) la reale espulsione degli abitanti delle due isole ad opera degli Ateniesi, avvenuta alla fine del VI sec. a.C..

 Non sappiamo se Anticlide, nella sua opera, avesse detto che i Pelasgi delle isole di  Lemno e di Imbro fossero venuti in Italia a seguito dell'espulsione dalle loro isole da parte degli Ateniesi. Ma, indipendentemente da quel che Anticlide (III sec.a.C.) possa aver ritenuto o specificato, è certo che egli scriveva più di due secoli dopo la reale migrazione degli abitanti delle due isole, sì che è altamente probabile che egli avesse raccolto una versione nata dalla retrodatazione al tempo degli Eraclidi o, comunque, al tempo della migrazione lidia in Italia, delle loro effettive vicissitudini.

 

 

 6.                                   Polis e i Pulena di Tarquinia

 

  A Tarquinia, nell'albero genealogico che Lar Pulena (III sec.a. C.) vanta ancora sul proprio sarcofago, si dice:

 

 <<Laris Pulenas Larces clan Larthal papacs Velthurus nefts prumts Pules Larisal Creices>>[20].

 

 J. Heurgon traduce:

 

 <<Laris Pulena, figlio di Larce, fratello di Larth, nipote di Velthur, pronipote di Laris Pule, detto il Greco>>.

 

 Sostiene poi che il nome di Pule sia l'equivalente etrusco di quello dell'indovino greco Polles, e che i Pulena si vantassero, a torto o a ragione, di essere i depositari della sua arte[21].

 Ma da nessuna fonte risulta che l'indovino greco Polles abbia avuto qualche connessione con gli Etruschi.

 Noi sappiamo, invece,  che si diceva che Polis o Pollis  era il nome greco del mitico duce che, insieme a Delfo (il delfino) guidò la migrazione a Creta dei Tirreni di Imbro e di Lemno. Potremmo, dunque, ipotizzare che, a torto o a ragione, i Pulena di Tarquinia identificassero con Polis, il loro omonimo antenato greco.

                                                             ***

  Che alcuni abitanti di Lemno e di Imbro, guidati da Polis, siano effettivamente emigrati in Etruria dopo che gli Ateniesi li ebbero cacciati dalle loro isole?

 Il Lopez Pegna riteneva che i Tirreni di Lemno (di cui parlava Anticlide) fossero emigrati nel territorio di Tarquinia attratti dai giacimenti di ferro dei vicini Monti di Tolfa alla fine dell’XI sec. a.C.[22]. A sostegno della sua tesi adduceva tra l’altro la presenza dell'onomastico Lemni nelle antiche iscrizioni etrusche di Tarquinia, Tuscania e Ferento[23].

In proposito, si potrebbe anche aggiungere che la presenza a Tarquinia e a Chiusi del gentilizio Murina sembra essere la traslitterazione etrusca del nome della città lemnia di Myrina. 

 Noi riteniamo che antichi contatti siano stati possibili; ma, poiché la migrazione di cui parlava Anticlide dovrebbe rientrare nelle varie mitizzazioni delle reali peregrinazioni dei Lemnii avvenute nel V sec. a.C., dopo che gli Ateniesi li ebbero cacciati dalla loro isola, noi avanziamo cautamente l'ipotesi che il lemnio Polis sia quel Pule, antenato greco dei Pulena di Tarquinia, venuto in Etruria insieme ad alcuni abitanti di Lemno.

 Notiamo  che il nome della città di Gortina, a Creta, dove Polis conduce i Tirreni di Lemno è identico a quello della etrusca Gortina (Corythus/Tarquinii? Vedi cap. IX, 5-6).                              .

 Notiamo anche che la funzione del tirreno Polis è identica a quella di Tera (vedi par. 1) discendende di Armonia sorella di Dardano (ritenuta, a volte figlia di Corito).

 

 

 

 

 



[1] A quel tempo nell'isola di Callista vivevano ancora altri presunti discendenti di Cadmo.

[2] Erodoto, Le storie, IV, 145-148.

[3] Apollonio Rodio, Argonautiche, IV, 1759.1764.

[4] Omero, Odissea, XIX, 175-177.

[5] Stefano di Bisanzio, De urbibus, s.v. Dòron.

[6] Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, V, 80.

[7] Conone, Narrazioni, 36; 47.

[8] Plutarco, Actia Graeca, 21.

[9] Erodoto, op. cit. , VI, 140.

[10] Diodoro Siculo, op. cit. , IX, 19, 6.

[11] Erodoto, op. cit. , I, 57.

[12] Igino, Leggende. 134; Ovidio, Metamorfosi, III, 647.

[13] Strabone, Geografia, VIII, 4; 5.

[14] Per la data, vedi F. Lasserre, Strabon, Géographie, tomo VII (libro X), pag.141.

[15] Strabone, op. cit. , X, 15.

[16] Strabone, op. cit. , V, 2, 2.

[17] Erodoto, op. cit. , I, 94.

[18] Licofrone, Alessandra, v. 1240, segg.

[19] Strabone, op. cit. , V, 2, 4.

[20] C.I.E. , 5430; T.L.E. , 131; ThLE, pag. 280.

[21] J. Heurgon, Vita quotidiana degli Etruschi, Milano, Mondadori, 1992, pagg. 318-321.

[22] M. Lopez Pegna, Storia del popolo etrusco, Firenze, Editoriale Toscana, 1959, pag. 159-162.

[23] M. Lopez Pegna, op. cit. , pag. 170.