LA DIASPORA ETRUSCA
CAPITOLO III
L'ORIGINE PELASGICA DEGLI ETRUSCHI
1.
Ellanico
di Lesbo e Platone
Dionigi di Alicarnasso (fine I sec.a.c.) riferiva:
<<Ellanico
di Lesbo (V sec.a.C.) dice che i Tirreni prima si chiamavano Pelasgi e presero
il loro attuale nome dopo che si stabilirono in Italia. Egli, nella Foronide,
fa questo discorso: Frastore fu figlio di Pelasgo, loro re, e di Menippe, figlia
di Peneo; Amintore fu figlio di Frastore, Teutamide lo fu di Amintore, e Nanas
di Teutamide; durante il regno di Nanas i Pelasgi furono cacciati dal loro paese
dai Greci; così lasciate le navi presso il fiume Spines,
nel golfo Ionico, presero Crotone, città che era al centro del territorio (mesogenia), e, partiti di lì occuparono quella che noi ora
chiamiamo Tirrenia (= Etruria)>>[1].
L'autenticità
di alcuni particolari di quel che Dionigi fa dire ad Ellanico è dubbia, come
vedremo in seguito (vedi cap. XIV, 3-7).
Ellanico,
poi, contemplò anche una migrazione di ritorno dei suoi Pelasgi-Tirreni, cioè
degli Etruschi, dall'Italia verso le regioni dell'Est. Da un notizia, infatti,
conservataci da Stefano Bizantino, sappiamo che egli disse che
la
città di Metaon, a Lesbo (sua isola natale) era stata fondata da un tirreno
(cioè da un etrusco) di nome Metas[2].
Platone
parlava pure di costumanze religiose che si dicevano introdotte a Dodona dall’Etruria.
Non è certo però che la fonte di Platone fosse Ellanico; egli potrebbere
essersi rifatto a una diversa tradizione (vedi capp. X, 2; XIII, 1) .
2. Trogo Pompeo
Trogo
Pompeo, nelle Storie Filippiche, pubblicate nel 9 d.C., elencando le città
italiche di origine pelasgica, menzionò soltanto Tarquinia e Spina:
<<Tarquinia in Etruria e Spina in Umbria furono fondate dai
Tessali>>[3].
Per
la presenza di Spina, la notizia riecheggia la tradizione di Ellanico di Lesbo
sull'origine degli Etruschi; ma, in questa versione, Tarquinia sembra essere
privilegiata rispetto alla Crotone che Ellanico, secondo Dionigi, avrebbe
menzionato (vedi cap. XIV, 5).
3.
Pelasgi e Lidi-Tirreni
Verso
la fine del IV sec.a.C., Anticlide diceva che i Pelasgi
<<erano
stati i primi a colonizzare le isole di Lemno ed Imbro, e che alcuni di loro si
unirono a Tirreno, figlio di Ati, e con lui presero parte della spedizione in
Italia>>[4].
Qui,
i Pelasgi delle isole egee, che in altre fonti sono chiamati Tirreni, si
uniscono all'elemento tirreno del popolo lidio, e vengono in Italia a costituire
quella che sarà la nazione etrusca.
Plutarco,
poi, riferiva una tradizione secondo la quale
i
Tirreni dalla Tessaglia si erano spostati nella Lidia, e dalla Lidia erano
venuti in Italia[5].
In
questa seconda versione i colonizzatori della futura Etruria (Tirrenia) sono
originariamente Tirreni.
4.
I
Pelasgi della Padania
Limitatamente
alla valle del Po, l'arrivo dei Pelasgi sulle coste adriatiche è ricordato da
Diodoro Siculo (II sec.a.C.). Egli dice che
gli
Etruschi della Padania, <<secondo alcuni autori, erano coloni provenienti
dalle dodici Città dell'Etruria, ma che altri li consideravano come Pelasgi
che, cacciati dalla Tessaglia per
il diluvio di Deucalione, vennero a stabilirsi in questa regione prima della
guerra di Troia>>[6].
In
seguito, tuttavia, secondo Strabone, i Pelasgi di Ravenna, scacciati dagli
Etruschi, tornarono in Tessaglia[7].
5.
Filocoro, Elio Donato e Isidoro.
Virgilio
dice che
Enea, al suo arrivo in Etruria, presso la foce del fiume Mignone-Cerito, si era fermato nel bosco consacrato al dio Silvano dagli antichi Pelasgi (vedi cap. II, 4).
In
nota a questo passo, Elio Donato scriveva:
<<
Filocoro dice che furono chiamati Pelasgi perché furono visti arrivare, con le
vele, durante la primavera, come gli uccelli. Igino dice che i Pelasgi sono gli
stessi Tirreni; e lo ricorda anche Varrone>>[8].
Isidoro
di Siviglia (570-636 d.C.) ripeteva la notizia
quasi con le stesse parole:
<<
Furono chiamati Pelasgi perché furono visti arrivare in Italia con le vele, in
primavera, come gli uccelli. Infatti, Varrone ricorda che costoro dapprima
approdarono in Italia>>[9].
Verosimilmente,
Filocoro (diversamente da quanto Dionigi di Alicarnasso
riferiva da Ellanico) faceva
arrivare i Pelasgi della costa tirrenica meridionale direttamente su questa
costa. Il contesto geografico in cui Elio Donato cita Filocoro è sicuramente
tirrenico. Daltronde, Varrone, assieme al quale è citato, faceva sbarcare i
Pelasgi sulla costa latina (vedi par. 6).
Quanto
alla migrazione di ritorno dall'Etruria in Grecia, possediamo un frammento dove
Filocoro dice che
<<molti
di quei Tirreni che avevano abitato per breve tempo ad Atene furono uccisi dagli
Ateniesi. Altri fuggirono ed andarono ad abitare a Lemno e ad Imbro. Costoro,
che per questo motivo odiavano gli Ateniesi, dopo un po' presero le navi e,
giunti a Braurone nell'Attica, rapirono le fanciulle che celebravano la festa
dell'orso in onore di Artemide alle Brauronie, e con esse si accoppiarono.
Dunque, siccome i retori ateniesi vivono in regime democratico, hanno preso
l'abitudine di chiamare tiranni (=Tirreni) i re a causa della violenza
esercitata dai Tirreni verso gli Ateniesi>>[10].
6.
Varrone
e i Pelasgi
Noi
sappiamo da Elio Donato che per Varrone
<<i Pelasgi erano gli stessi Tirreni (Etruschi)>> (vedi par. 5).
Da un
altro frammento di Varrone sappiamo, poi, che
<<I Pelasgi, scacciati dalle loro sedi, cercarono altre terre. I più si riunirono a Dodona; e poiché erano incerti sul luogo dove fissare la dimora, ricevettero dall'oracolo questo responso:
Nella
terra saturnia dei Siculi e degli Aborigeni, cercate Cotila, dove galleggia
un'isola. Quando sarete giunti, offrite la decima a Febo, e sacrificate teste ad
Ade, ed un uomo a suo padre.
Avuto
il responso e, dopo molte peregrinazioni, sbarcati nel Lazio (cum
Latium post errores plurimos appulisset), scoprirono un'isola nata nel lago
di Cutilia. Si trattava di una vastissima zolla fatta di fango rappreso o di
terreno paludoso prosciugato. Era fitta di boscaglia e di alberi cresciuti
disordinatamente, e si spostava continuamente spinta dai flutti [...]. Visto,
dunque, questo prodigio, compresero che quella era la sede predetta; e,
scacciati i Siculi che la abitavano, occuparono la regione>>[11].
Negli Scholia Veronensia, fra
le righe del verso dell'Eneide dove
Virgilio menziona <<quelli che abitano a Cere, nei campi del Mignone>>[12], è riferito:
<<Varrone
ritiene che la città etrusca di Cere [fu fondata] dai Pelasgi (Etruschi)
quando , soffrendo la sete, salutarono Chaire
(= salve) il fiume proximum [.?.], e
per questa ragione la città fu chiamata con quel vocabolo [...]>>[13].
Dai
frammenti esaminati, si vede come Varrone si ponga sulla scia della tradizione
di Ellanico, secondo la quale i Pelasgi dalla Grecia vennero in Italia dove
assunsero il nome di Tirreni. Ma, diversamente da quanto, secondo Dionigi di
Alicarnasso, avrebbe detto Ellanico (che faceva sbarcare i Pelasgi a Spina,
sulla costa adriatica), Varrone li faceva sbarcare nel Lazio vetus
donde avrebbero scacciato i Siculi, poi li faceva passare in Etruria dove
avrebbero fondato Cere.
.
[1] Dionigi di Alicarnasso, Antichità
romane, I, 28.
[2] Stefano di Bisanzio, De
urbibus, s.v. Metaon.
[3] Trogo Pompeo, Epitome,
XX, 1, 11: <<In Tuscis Tarquinia
a Tessalis et Spina in Umbris>>.
[4] In Strabone, Geografia,
V, 2,4.
[5] Plutarco, Vita
di Romolo, I.
[6] Diodoro Siculo, Biblioteca
storica, XIV, 113, 2.
[7] Strabone, op.
cit., V, 1.
[8] Servio Danielino, All'Eneide,
VIII, 603.
[9] Isidoro di Siviglia, Etimologie,
IX, 2, 74.
[10] Scolii a
Luciano = F. G. H., 328, F 100. Che gli Etruschi venissero chiamati allo
stesso tempo Tirreni e Tiranni lo testimoniavano altri autori fra cui Verrio
Flacco quando diceva che <<gli
Etruschi avevano preso il nome da Tirreno, capo dei Lidi, ma che a causa
della loro singolare crudeltà furono chiamati anche Tiranni>>(Festo, De verborum significatione, s.v. Turanni).
[11] Macrobio, Saturnalia,
I, 7, 219.
[12] Virgilio, op.
cit., X, 183.
[13] Scholia
Veronensia, All'Eneide, X,
184.