LA DIASPORA ETRUSCA
CAPITOLO III
TIRRENI E PELASGI NEL MONDO GRECO
1.
I Tirreni di Atene
Secondo
Erodoto (484-425 a. C.),
gli
Ateniesi erano un popolo autoctono di stirpe pelasgica lentamente e
faticosamente ellenizzatosi[1]. Quando, poi, essi, dice
lo storico, <<si erano già ellenizzati, i Pelasgi vennero a convivere con
loro, nel paese>>[2].
Già
Ecateo (VI sec.a.C.), secondo quanto riferisce lo stesso Erodoto, aveva
raccontato che
i
Pelasgi immigrati ad Atene avevano costruito un poderoso muro di cinta attorno
all'acropoli della città, e che per questa ragione gli Ateniesi, invidiosi
delle capacità che costoro avevano dimostrato anche in altri campi, li
cacciarono via.
Secondo
gli Ateniesi, invece, i Pelasgi furono espulsi perché importunavano le donne
della città.
Comunque
sia, Erodoto, che riferiva le due versioni, aggiungeva che
i
Pelasgi, dai piedi del monte Imetto, presso Atene, dove si erano stabiliti,
andarono ad occupare altre terre fra cui Placia e Scillace nell'Ellesponto
(Stretto dei Dardanelli)[3],
l'isola di Samotracia[4]
e quella di Lemno dalla quale espulsero i discendenti degli Argonauti[5];
e che coloro che avevano emigrato a Lemno rapirono per vendetta molte donne
ateniesi durante la festa di Artemide a Braurone, e le portarono oltre il mare
trattenendole come concubine[6].
Diceva
poi Erodoto:
<<Non
potrei dire con esattezza quale lingua parlassero i Pelasgi, ma se consideriamo
sia il linguaggio di coloro che ancora rimangano di quei Pelasgi che, sopra i
Tirreni[7],
abitano nella città di Crestona[8],
ed un tempo si trovavano vicini agli attuali Dori (abitavano allora il paese che
ora è chiamato Tessagliotide), sia il linguaggio di quei Pelasgi che, dopo aver
abitato con gli Ateniesi, andarono a colonizzare le città di Placia e Scillace
sull'Ellesponto, sia il linguaggio di tutte quelle altre città che furono
pelasgiche e che poi cambiarono nome, dobbiamo dedurre che i Pelasgi parlavano
una lingua barbara. E se questo era il modo di parlare di tutti i Pelasgi,
allora gli Ateniesi, che erano originariamente tali, dovettero imparare un'altra
lingua quando entrarono a far parte dei Greci.
Infatti,
gli abitanti di Crestona parlano come quelli di Placia, ma entrambi parlano una
lingua diversa da quella dei loro circonvicini. In tal modo, essi dimostrano di
conservare gelosamente il particolare linguaggio che portarono seco quando
trasmigrarono nelle loro attuali sedi>>[9].
Erodoto
non dice in quali regioni avessero abitato questi Pelasgi prima di trasmigrare
ad Atene e <<nelle loro attuali sedi>>[10].
2.
I
Tirreni nel mondo greco
Sofocle
(497-406 a. C.), che era di tredici anni più vecchio di Erodoto (484-425 a.C.),
identificava i Pelasgi dell'Argolide con i Tirreni. Egli diceva:
<<Fluttuante
Inaco, figlio del padre delle fonti, dell'Oceano, grandemente signoreggi le
terre d'Argo e i colli di Hera e i Tirreni Pelasgi>>[11].
In un
frammento di Ellanico di Lesbo (? - dopo 406 a. C.) si dice che
<<i Tirreni (Etruschi)
prima si chiamavano Pelasgi, e presero
il nome che ora hanno dopo essersi stanziati in Italia [...] dove occuparono
quella che noi oggi chiamiamo Tirrenia (Etruria)>>[12].
Da un
altro frammento, sappiamo, inoltre, che egli aveva narrato che
Metimna, sua città natale, nell'isola di Lesbo,
era stata fondata dal tirreno (cioè
etrusco) Metas[13].
Dunque,
per Ellanico, i Tirreni dell'Egeo erano di origine etrusca.
Tucidide (460-396 a.C.), poi, che per esplicita
menzione aveva letto Ellanico[14],
diceva che,
nella
Penisola Calcidica, vi erano molte città abitate da vari popoli bilingui,
<<in maggioranza Pelasgi discendenti da quei Tirreni che un tempo
abitarono a Lemno e ad Atene>>[15].
Quindi,
anche Tucidide riteneva che i Tirreni del bacino orientale del Mediterraneo
provenissero dall'Etruria. D'altra parte, in altri passi della sua opera, egli
usa il termine Tirreni sempre per indicare gli Etruschi; e non a torto Dionigi
di Alicarnasso (I sec.a.C.) sosteneva che Tucidide faceva un esplicito
riferimento all'origine etrusca dei Tirreni di Atene, di Lemno e della Tracia[16].
Dunque,
a)
Sofocle, più vecchio di Erodoto, sosteneva che i Pelasgi erano Tirreni;
b)
Ellanico, di poco più giovane, diceva che i Tirreni dell'Egeo erano Etruschi di
origine pelasgica.
c)
Tucidide, che aveva letto Ellanico,
riferiva che i Pelasgi emigrati ad
Atene, a Lemno e nella Penisola Calcidica, dei quali Erodoto aveva lasciata
inespressa la provenienza, erano Tirreni, cioè venivano dall'Etruria.
Tuttavia, non sappiamo se, per Tucidide, il rapporto fra Pelasgi e
Tirreni (Etruschi) fosse lo stesso che per Ellanico.
Dal
complesso delle testimonianze si può inferire che l'identificazione dei Pelasgi
di Atene con i Tirreni provenienti dall'Etruria non fosse posteriore ad Erodoto,
anzi potrebbe essere anteriore. Erodoto potrebbe aver ignorato il rapporto fra i
Pelasgi-Tirreni d'Italia e i Pelasgi di Atene perché, da asiatico com'era,
propendeva per la versione asiatica dell'origine lidia degli Etruschi (vedi
capp. XIV, 4).
Platone
(428-348 a.C.), poi, che era Ateniese, sosteneva di conoscere riti e sacrifici
che si dicevano importati a Dodona dall'Etruria (vedi cap. XIII, 1).
Filocoro,
infine, che visse tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C.,
diceva:
<<Molti
Tirreni che avevano abitato per breve tempo ad Atene furono uccisi dagli
Ateniesi. Altri fuggirono ed andarono ad abitare a Lemno e ad Imbro. Dopo un po'
di tempo, essi, che per questa ragione si sentivano disposti ostilmente verso
gli Ateniesi, partirono dalle loro isole con le navi e, giunti a Braurone
nell'Attica, rapirono le fanciulle che celebravano la Festa dell'Orso in onore
di Artemide, e con queste si accoppiarono>>[17].
Secondo
quanto riferisce Eustazio,
una
volta, i Tirreni, dopo aver riunito grande bande di pirati, vinsero gli
Ateniesi, li presero prigionieri e ne saccheggiarono la città[18].
Conone
(fine I sec. a.C. - Inizi I sec.d.C.) narrava che,
i
Pelasgi esuli della Tessaglia abitarono a Cizico, ma poi furono scacciati da una
colonia di Tirreni che occupò tutto il Chersoneso[19].
Cizico
e il Chersoneso si trovavano al di là dello stretto dei Dardanelli,
sull'Ellesponto.
Il
racconto di Conone testimonia l'esistenza di una tradizione secondo la quale i
Tirreni si erano andati ad installare, in Asia Minore, sopra ed oltre lo stretto
dei Dardanelli vicino alla Troade.
I
Tirreni poi, dovevano costituire anche una componente del popolo lidio e di
quello misio, come si evince dalla leggenda di Tirreno
figlio di Ati re della Lidia[20],
e da quella di Tirreno (fratello di Tarconte) figlio di Telefo re della Misia[21].
In età
storica, i Tirreni del mondo greco sono indirettamente documentati dall'inno
omerico a Dioniso dove si parla della trasformazione in delfini dei pirati
tirreni che avevano rapito il dio. Il componimento data attorno alla seconda metà
del VI sec.a.C., come dimostra la scena della trasformazione dei pirati in
delfini, dipinta su alcuni vasi greci dell'epoca[22].
Ma La
presenza dei Tirseni o Tirreni nel Mediterraneo orientale potrebbe esser
documentata già dai geroglifici egizi del tempo del faraone Meremptah,
dove si parla dei Popoli del mare, fra cui i T.r.s (gr. Tyrsenoi?) che,
nel 1260 a.C., tentarono di invadere l'Egitto.
Degna
di nota è la presenza del nome dei Tirreni (Tyrsenoi)
nelle sia pur tarde iscrizioni (II sec. d.C.) del lago di Ascanio[23].
Secondo l'Iliade, l'eponimo Ascanio
era il leggendario condottiero dei Misi o dei Frigi della regione dell'Ascania.
Dopo Omero, fu collegato con la leggenda di Enea. Secondo fonti diverse avrebbe
regnato su varie regioni dell'Asia Minore ed avrebbe ricostruito il regno di
Troia[24].
Secondo altri fu lui, e non Enea, a condurre in Italia i profughi Troiani[25];
poi prevalse la tradizione della migrazione al seguito di Enea, con molte
varianti. Finché, secondo la versione più famosa di Virgilio divenne il figlio
giovinetto di Enea e di Creusa. Secondo una versione, fattaci conoscere da
Dionigi di Alicarnasso,
<<Enea, figlio di Afrodite, una volta
stabilita in Italia la sua gente, se ne tornò in patria e regnò su Troia,
trasmettendo alla fine il regno al figlio Ascanio, e i discendenti di questo
tennero il potere per moltissimo tempo>>[26].
Tutto
questo, considerato che gli abitanti di Ascania erano o venivano considerati
Tirreni, non dovrebbe essere estraneo al quadro mitico della parentela fra i
Troiani e i Tirreni d'Italia.
***
Quanto
ai Pelasgi, si parlava della loro presenza nell'isola di Samo e nella città di
Larissa in Grecia. Omero e Strabone menzionavano una omonima città, nella
Troade, abitata da una popolazione di stirpe pelasgica, che aveva combattuto
contro i Greci in difesa di Troia[27]. Dionigi di Alicarnasso
citava una terza città di Larissa, parimenti abitata dai Pelasgi, in Italia,
vicino a Forum Popilii, in territorio
aurunco-campano[28].
Erodoto
sosteneva poi che i Pelasgi di Placia e Scillace sullo Stretto dei Dardanelli
appartenevano a quegli stessi che avevano abitato ad Atene da dove erano stati
cacciati[29].
Strabone
diceva che la razza pelasgica, sempre pronta ad emigrare e vagare senza meta,
crebbe grandemente e poi rapidamente scomparve, soprattutto al tempo delle
migrazioni degli Eoli e degli Ioni in Asia. Egli riferiva che Menecrate di Elea
aveva detto che tutta la costa Ionica dell'Asia minore, a cominciare dal
promontorio di Micale, dinanzi all'isola di Samo, era stata abitata dai Pelasgi,
e che pelasgiche erano state pure tutte le vicine isole. Riferiva poi che gli
abitanti dell'isola di Chio dicevano di essere di origine pelasgica, e che
quelli dell'isola di Lesbo si vantavano di discendere da Pileo, l'uomo che,
secondo Omero aveva portato da Larissa un contingente di Pelasgi in soccorso di
Troia[30].
Pelasgi,
secondo Conone (I sec.a.C - I sec.d.C.) erano gli abitanti dell'isola di
Antandro, davanti alla Troade[31].
3.
I
Tirreni d'Italia
Lo
storico greco Dionigi di Alicarnasso (I sec.a.C.) sosteneva che quando Sofocle
(V sec. a.C.) identificava i Pelasgi dell'Argolide con i Tirreni (vedi par. 2),
lo faceva perché quei Pelasgi provenivano dall'Etruria che in lingua greca si
diceva Tirrenia[32].
L'identificazione
si ritrova nella tradizione che Maleo, re degli Argivi, era un etrusco (vedi
cap. XV, 2).
Dionigi
sosteneva, inoltre, che anche Tucidide riteneva che i Pelasgi di Atene e di
Lemno venivano dall'Etruria[33]. Noi abbiamo già visto
come, in effetti, Tucidide lo ritenesse (vedi par. 2).
Abbiamo
anche rilevato che Platone conosceva riti e sacrifici introdotti a Dodona dall'Etruria
(vedi par. 2 e cap. XIII, 1).
E'
interessante che la lingua che si parlava a Lemno era molto simile a quella
degli Etruschi, come hanno rivelato le iscrizioni del VI sec.a.C., trovate
nell'isola[34].
Ulteriori
ricerche archeologiche hanno, poi, evidenziato le somiglianze di alcune fibule e
vasi etruschi con quelli di Lemno[35].
Su
questi e altri dati desunti dalla tradizione letteraria, Michel Gras ha
ipotizzato che,
<<durante
il corso dell'VIII sec.a.C., alcuni occidentali dell'Italia centrale, cioè dei
Tirreni si spinsero a navigare oltre le loro coste; frequentarono quelle della
Sicilia orientale al tempo dei primi arrivi dei coloni greci, come sembra
ricordare Eforo (in Strabone, VI,2,2); ed arrivarono fino in Attica dove gli
Ateniesi affibbiarono loro il soprannome di "cicogne" (Pelargoi)
e, per ricompensarli d'aver collaborato a delle costruzioni presso l'Acropoli,
offrirono loro una terra vicina all'Imetto [...]. Ma questi occidentali erano
instabili e, di chiunque sia stata la colpa, entrarono in conflitto con gli
Ateniesi. Essi sciamarono nell'Egeo e andarono, in particolare, a Lemno. Siamo
in pieno VIII sec. a.C., al tempo della fondazione di Tera[36][...].
In queste condizioni è insensato ipotizzare l'arrivo a Lemno, tra la fine dell'VIII
secolo ed il VII secolo, di un alfabeto che i Villanoviani (che erano in fase di
diventare Etruschi) avevano a loro volta ricevuto dai Greci di Pitecausa?
Tirreni portatori di un alfabeto in via di costituzione, il quale, una volta
impiantato a Lemno, si evolverà nei due secoli futuri prima di apparire sulla
stele di Kaminia. Due secoli di influenze locali e soprattutto asianiche se si
considera la prossimità geografica dell'Asia Minore>> (la traduzione dal
francese è nostra)[37].
La
teoria del Gras è ragionevole.
E'
verosimile che i Greci, già dai loro primi contatti con gli Etruschi abbiano
notato la somiglianza della lingua e di alcune divinità e costumi etruschi con
quelli dei popoli preellenici dell'Egeo, ed abbiano ritenuto, a torto o a
ragione, ma probabilmente a ragione, che gli uni e gli altri appartenessero ad
un'unica stirpe e fossero stati protagonisti di scambievoli migrazioni.
Conosciamo,
in merito, tre filoni di
testimonianze.
1) Gli
Etruschi erano originariamente Pelasgi, ed assunsero il nome di Tirreni quando
dalla Grecia emigrarono in Italia; tornarono poi verso oriente sotto il nome di
Tirreni (Ellanico di Lesbo, V sec.a.C.; Platone ?).
2) I
Tirreni d'Italia erano un popolo autoctono che emigrò in Grecia ed in altre
regioni dove assunsero il nome di Pelasgi o Pelargi, cioè cicogne (Platone? ;
Mirsilo di Lesbo, III sec.a.C.).
3) I
Pelasgi emigrarono dalla Grecia in Italia, e si stanziarono nell'Etruria
meridionale dove convissero senza fondersi con i Tirreni (Etruschi) autoctoni.
Poi tornarono in Grecia e nelle regioni orientali (Dionisio Periegete, II
sec.a.C.; Dionigi di Alicarnasso, fine I sec.a.C.; Strabone, I sec.a.C.-I
sec.d.C.).
Nei prossimi tre capitoli parleremo singolarmente
delle tre posizioni.
Di
alcuni autori non possediamo sufficienti notizie per poterli classificare lungo
l'una o l'altra tradizione; in questi casi l’inserimento nell'una o nell'altra
sarà determinato dalla sua funzionalità. Non abbiamo inserito Tucidide e
Conone in nessuna delle tre tradizioni perché non abbiamo sufficienti elementi
di classificazione.
.
[1] Erodoto, Storie,
I,56.
[2] Erodoto, op.
cit., II, 51.
[3] Erodoto, op.
cit. I, 57.
[4] Erodoto, op.
cit, II, 51.
[5] Erodoto, op.
cit., IV, 145.
[6] Erodoto, op.
cit., VI, 137-138.
[7] Si tratta di quei Tirreni che gli Ateniesi, alla
fine del VI sec.a.C., avevano trasferito dalle isole di Imbro e di Lemno
alla penisola Calcidica. Questi Tirreni, al tempo di Erodoto, si erano ormai
ellenizzati ed avevano perduto il loro barbaro idioma (vedi cap. XI, 4).
[8] Crestona era una città della penisola Calcidica.
[9] Erodoto, op.
cit., I, 57.
[10] Ibidem.
Se si volesse intendere, come alcuni fanno (vedi la nota n. 3 del capitolo
precedente), che Erodoto avesse detto che i Pelasgi dell'isola di Samotracia
non provenivano da Atene, ma che da Samotracia erano andati ad Atene e da
qui nell'isola di Lemno e in altri luoghi, bisognerebbe convenire che in tal
caso si dovrebbe ritenere che i Pelasgi di Samotracia fossero a loro volta
Tirreni provenienti dall'Etruria.
[11] In Dionisio di Alicarnasso, Antichità romane, I, 25.
[12] Dionisio di Alicarnasso, op. cit., I, 28.
[13] Stefano di Bisanzio, De
urbibus, s.v. Metaon.
[14] Tucidide, La
guerra del Peloponneso, I, 97,2.
[15] Tucidide, op.
cit., IV, 109.
[16] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit., I, 25
[17] F.H.G.,
I, pag. 384-5 (Schol. Lucian. Catapl.,
I).
[18]Eustazio, Commento,
591 = Geogr. Greci Min. , pag.
331, v. 4; Scolio a Dionisio, v. 592 = Geogr.
Greci Min. , pag. 452, v. 24.
[19] Conone, Narrazioni, XLI.
[20] Erodoto, op.
cit., I, 94.
[21] Licofrone, Alessandra,
v. 1248.
[22] M. Cristofani, Gli
Etruschi del mare, Milano, Longanesi, 1983, pagg.67-58.
[23] Ernest Sittig, Atti,
252, in G. Quispel, Gli Etruschi nel
Vecchio Testamento, <<Studi Etruschi>>, XIV, 1940, pag. 411.
[24] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit., I, 47,5.
[25] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit., I, 53,4.
[26] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit., I, 53,4.
[27] Omero, Iliade,
II, 840-841; XVII, 301; Strabone, Geografia,
V, 2, 4; XIII, 3, 3-4.
[28] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit. , I, 21, 4.
[29] Erodoto, op.
cit., I, 57.
[30] In Strabone, op.
cit., XIII, 3.
[31] Conone, op.
cit., XLI.
[32] Dionigi di Alicarnasso, op.
cit. , I, 25.
[33] Ibidem.
[34] J. Heurgon, A
propos de l'inscription tyrrhenienne de Lemnos, <<La parola del
passato>>, 1982, pagg. 189-192.
[35] D. Mustilli, La
necropoli tirrenia di Efestia, <<ASAA>>, 1932-1933; BPI,
43,1933, pagg. 132-139; L'occupazione
ateniese di Lemno e gli scavi di Hephaistia, in Studi E. Ciacieri, 1940, pag. 149-159; <<EAA>>, s.v. Efestia;
K. Kilian, Zum italischen und griechischen Fibelhandwerk des 8 und 7 Jahrhunderts,
<<Hamburger Beitrage zur Archaologie>>, III, 1, 1973, pag. 29;
M. Gras, Melanges offerts a J. Heurgon,
Roma, 1976, pag. 341 e segg.; Traffics
tyrrhéniens archaiques, Roma, 1985, pagg.615-651.
[36] M. Gras si riferisce
alla effettiva fondazione di Tera, perché quella avvenuta ad opera
dei discendenti degli Argonauti (Erodoto, IV, 145-148) veniva fatta risalire
all'XI sec.a.C. (vedi cap. XXI).
[37] M. Gras, Traffics
tyrrhéniens archaiques, Roma, 1985, pagg. 630-631. Kaminia è la città
di Lemno dove fu trovata la stele scritta in una
lingua simile a quella etrusca, ed in un alfabeto che presenta solo
alcune varianti giustificabili, secondo il Gras, dai due secoli intercorsi.