CAPITOLO NONO
Riassunto dal n. 42 della rivista Aufidus (Università di Bari; C. N. R. )
A)
Circe
1.
I nomi etruschi di Odisseo e di Circe. Il
nome greco di Odysseus fu reso in
lingua etrusca in varie forme: Uthste
a Tarquinia, Tuscania, Cere, Populonia e in luogo incerto; Uthuze (V sec.) a Tarquinia, Vulci, Chiusi, Cipro e in luogo
incerto; Uthuste a Tarquinia; Utzte
a Perugia; Utuze a Bolsena e
Chiusi; Utuse in
luogo incerto (V sec.), poi a Perugia e a Castiglione della Teverina. Il nome di
Kirke fu reso con Cerca. Lo troviamo nella seconda metà del IV sec. a.C., una
volta a Tarquinia, una a Campiglia Marittima,
ed un’altra a Castellina in Chianti[1].
I
più antichi vasi greci con scene dell’Odissea
di Omero appartengono al VII sec. a.C.. Allo stesso periodo risalgono le prime
raffigurazioni da parte di ceramisti greci operanti a Cere, in Etruria: è del secondo quarto del VII sec. a. C,
il vaso di Aristonothos, raffigurante l’accecamento di Polifemo.
2.
Omero. In origine, si immaginava che la maga Circe,
figlia del Sole, abitasse ad oriente della Grecia, nell'isola Eea, sul mar Nero.
Già Omero però, nell’Odissea, ne
ambientò in occidente la residenza. Qui, egli fece giungere Odisseo reduce
dalla guerra di Troia. La maga dopo aver tentato invano di trasformarlo in
maiale, riuscì però a trattenerlo presso di sé. L’eroe, dopo una lunga
permanenza nell’isola, tornò ad Itaca, sua terra natale, dove trovò che i
Proci stavano insidiando l'onestà di sua moglie Penelope. Fatta giustizia dei
rivali, egli si riunì alla propria consorte.
3. La
tradizione esiodea.
Dallo scoliaste di Apollonio Rodio apprendiamo che Esiodo (VII sec. a.C)
<<fu il primo a dire che Circe sul carro del sole raggiunse il mar Tirreno
ed abitò sull’isola che si trova lungo
l’Etruria>>[2].
Eratostene,
poi, ci informa che Esiodo estese all’Etruria le tappe dei viaggi di Odisseo[3].
Nella
Teogonia, infine, dello stesso Esiodo si legge che dall’unione
della maga con Odisseo nacquero Agrio (Tarchios)[4],
Latino e Telegono <<i quali, molto lontano, in mezzo ad isole sacre,
regnavano su tutti gli illustri Tirreni>>.
In
nota a questo passo, lo scoliaste spiegò: “I Latini dominano l’Italia e la
regione dell’Etruria; là viveva Circe. Si dice pure che ci fossero le isole Elettridi”.
4. Telego ad Itaca uccide il padre
Odisseo. Telegono, secondo una tradizione risalente ad Eugammone (VI sec.a.C.),
navigando in cerca del padre, approdò ad Itaca, e devastò l'isola. Odisseo,
corso in aiuto, fu ucciso dal figlio che non lo conosceva. Poi, Telegono,
avvedutosi dell'errore, trasferì il cadavere del padre presso la propria madre
nell’isola Eea, e condusse con sé Telemaco e Penelope. Circe li rese
immortali. Telemaco sposò Circe, e Telegono sposò Penelope; e vissero sulle
Isole dei Beati. Da Circe e Telemaco sarebbe nato Latino, e da Telegono e
Penelope sarebbe nato Italo[5].
Il
tragediografo Euripide (480-406 a.C.), insistendo sulla caratterizzazione
occidentale della figura della maga Circe, la definì “ligure”[6].
Possiamo
ritenere che anche Eugammone, posto com’era fra Esiodo ed Euripide, avesse
localizzato in Etruria o in Liguria la casa di Circe.
Licofrone
(IV- III sec. a.C.) volle specificare che Odisseo morì
<<colpito ai fianchi da un’asta micidiale che aveva in punta la
spina velenosa di un pesce di Sardegna>>[7].
In proposito, Negli Scholia vetera, si
dice: “Circe è etrusca; e
l’isola della Sardegna non si discosta molto dall’Etruria”; e Tzetze
ribadirà: “L’Etruria, dove viveva
Circe, è vicina all’isola della Sardegna>>.
Elio
Donato (IV sec.) riferirà poi alcune tradizioni secondo le quali Telemaco, in
Etruria fondò Chiusi, e Telegono fondò Agilla, oggi Cerveteri[8].
Si riteneva pure che Telegono avesse fondato Tuscolo e Preneste nel Lazio vetus.
Ottavio Mamilio di Tuscolo pretendeva, infatti, di discendere da Telegono figlio
di Ulisse; e Tarquinio il Superbo gli diede in moglie la propria figlia[9].
Ancora
nel VI sec., il mitografo Lattanzio Placido scrisse: <<Circe, figlia del
sole risiedeva nell'isola Meonia (cioè
etrusca) [...]. Ulisse ebbe rapporti con lei, così nacque Telegono, per
mano del quale fu ucciso>>[10]
.
5. Il Monte Circeo.
Dalla seconda metà del IV sec. a.C, si cominciò a localizzare fuori
dell’Etruria la residenza di Circe, ed a identificarla con il promontorio
Circeo, a sud di Roma, nel territorio degli Aurunci. Il fatto dovette esser
stato favorito dalla somiglianza del nome di Circe con quello del capo Circeo
che si trovava sulla rotta di chi dalla Grecia si recava in Etruria.
L’identificazione, però, non divenne pacifica. Il mitografo
latino Igino, infatti, cercò di riconoscere Eea nell’isola Enaria (Ischia)[11];
e Lattanzio Placido tornerà a chiamare Maeonia,
cioè etrusca, l’isola di Circe.
6. Apollonio
Rodio. Una
versione ancora filoetrusca è quella di Apollonio Rodio. Questi, intorno alla
metà del III sec.a.C, raccontò che gli Argonauti si recarono dalla Grecia in
Oriente, presso Eete, fratello di Circe. Costui dice loro: << Io percorsi
il ciclo del Sole, mio padre, sul suo carro, quand’egli
condusse in Occidente mia sorella Circe. E giungemmo sulla costa
della terra tirrena là dov’ella vive ancor oggi>>.
Dopo
un lunghissimo e travagliato viaggio, gli Argonauti, narra Apollonio, giusero da
nord all’isola d’Elba, poi “rapidamente avanzarono sulle acque del mare Ausonio, in vista delle coste
etrusche , e giunsero al famoso porto di Eea, e gettarono a terra le gomene.
Qui trovarono Circe che purificava il capo con acqua marina>>. Poi la dea
Teti scese dal cielo e, più rapida di un baleno o di un raggio
di sole che si levi dall’orizzonte, si lanciò in mezzo alle acque del mare
Ausonio <<finché raggiunse il
lido di Eea sulla terraferma etrusca>>; lì trovò il suo sposo Peleo,
e, senza che nessuno potesse vederla, gli disse : <<Non restare più a
lungo, qui sulle coste etrusche
>>[12].
B)
ODISSEO VIVE E MUORE IN ETRRURIA
7. Erodoto.
Già Erodoto (V sec. a.C.) conosceva un mito secondo cui Pan era figlio di Ermes
e di Penelope[13].
Stando a Duride di Samo (340-260 a.C.), Penelope concepì Pan (gr. pas
= tutto) dopo aver avuto rapporti sessuali con ognuno dei Proci[14].
La stessa leggenda fu riferita da Elio Donato (IV sec.) nel
commento all’Eneide : <<Si
racconta che Ulisse, quando dopo aver girovagato tornò ad Itaca, trovò Pan
nella sua casa; e si dice che questi fosse nato da Penelope e da tutti i Proci,
come lo stesso nome Pan sembra dimostrare, quantunque altri tramandino che
costui fosse nato da Mercurio che, mutatosi in capro, avesse avuto rapporti
sessuali con Penelope. Ma dicono che Ulisse, dopo aver visto il deforme
fanciullo, fuggì errabondo. Fu ucciso inoltre o dalla vecchiaia o dalla mano
del figlio Telegono, armata con l’aculeo di un animale marino. Si dice, in
ogni modo, che fuggendo continuamente, fu trasformato in cavallo da Minerva>>[15].
8.
Teopompo. Teopompo (V sec.a.C.) disse che Odisseo, dopo esser tornato
in patria ed aver saputo di Penelope, partì per l’Etruria ed abitò in
Gortynaia dove morì [16].
Secondo
l’erudito greco, o calabro grecizzato, Leonzio Pilato (?- 1365), l’eroe,
dopo essersi accorto che Penelope aveva avuto un figlio di nome Pan da uno dei
Proci con i quali lo aveva tradito, andò subito nell'isola
di Gortina (ad insulam Gortinam),
e vi abitò[17].
Leonzio si recava spesso nella bizantina Costantinopoli dove,
ai suoi tempi, poteva ancora reperire antichi documenti.
Designare
Gortina come un’isola trova il suo parallelo nel fatto che anche Eea,
residenza di Circe e sepolcro di Ulisse, veniva designata come un'isola o come
una località della marina etrusca. Esiodo, poi, aveva favoleggiato che i figli
di Ulisse avessero abitato su sacre isole etrusche. Vedremo più avanti come si
dicesse pure che Odisseo fosse andato a stanziarsi in Etruria vicino al mare, e
che fosse morto in una località chiamata Torre di Mare.
9. Ellanico di Lesbo e Licofrone. Ellanico di Lesbo (V sec.a.C.), stando a quel
che riferiva Dionigi di Alicarnasso, disse: << Enea, arrivato in Italia (Etruria?)
dalla terra dei Molossi insieme ad Odisseo fondò Roma, e le diede il nome di una delle donne troiane. Questa aveva istigato le
altre donne, ed assieme a loro aveva appiccato fuoco alle navi, perché era
stanca delle peregrinazioni>>[18].
A sua volta Licofrone (IV-III sec.a.C.) mise sulla
bocca della profetessa Alessandra, detta anche Cassandra, queste parole:
<<Enea verrà accolto dalla terra degli Etruschi dove il fiume Linceo (il
Mignone presso Tarquinia) spinge la corrente delle acque calde, e da Pisa e
dai campi di Agilla (Cerveteri) ricchi
di ovini. E colui che gli era stato nemico unirà amichevolmente il proprio
esercito al suo avendolo convinto coi giuramenti e con preghiere in ginocchio,
un nano (gr. nanos = errante, appellativo
etrusco di Odisseo)[19] che con il suo vagare
esplorò ogni angolo della terra. E gli si uniranno anche i due fratelli
Tarconte e Tirreno, figli del re della Misia [...], discendenti dal sangue di
Ercole, i quali nella lotta son fieri come lupi>>[20].
L’antico
parafraste greco di Licofrone esplicitò che Odisseo, <<dopo aver
esplorato con il suo vagare tutto l'abisso della terra e del mare>>, arrivò
<<come esule>> in Etruria e <<pregò Enea di concedere a lui
ed ai suoi compagni del mare e della terra>>. Il parafraste aggiunse, poi,
che anche <<Tarconte e Tirreno abiteranno in Etruria assieme ad Enea>>[21].
Secondo
il parafraste, dunque, ci troveremmo nell’ultima parte della vita dell’eroe.
Questi ha lasciato Itaca e trova sistemazione in Etruria dove Enea, arrivato
prima di lui, gli concede una parte di mare e di terra. Secondo Teopompo,
Odisseo si stabilì a Gortina, fosse o meno un’isola. Vedremo più avanti che
si diceva pure che l’eroe, in Etruria, avesse finito i suoi giorni in una
località detta Torre di Mare. E’ verosimile che si credesse ch’egli avesse
comunque abitato vicino al mare.
E’
opportuno tener presente che su due specchi graffiti etruschi[22],
l'uno di provenienza ignota, l'altro trovato a Cere, città dell'Etruria
meridionale costiera, sono compresenti le figure di Cassandra e di Odisseo.
Cassandra, detta anche Alessandra, era proprio colei che, secondo la leggenda
riferita da Licofrone, aveva predetto che l’eroe sarebbe venuto in Etruria.
11.
Plutarco. Secondo una tradizione raccolta da Plutarco (46-120
d.C.), Odisseo venne in Etruria per una diversa ragione. Lo scrittore racconta
che i parenti dei Proci uccisi da Odisseo dopo il suo ritorno ad Itaca si
sollevarono contro di lui. Allora, entrambe le parti invitarono Neottolemo, re
delle isole antistanti l’Epiro, a giudicare la controversia. Costui riconobbe
Odisseo colpevole, e gli sentenziò l’esilio. L’eroe allora <<si ritirò
in Italia>>. Plutarco, inoltre, riferiva: <<Dicono che gli Etruschi
conservano tradizioni secondo le quali Odisseo sarebbe stato di natura dedita al
sonno, e perciò a molti poco simpatico>>[23].
Gli
Etruschi avrebbero dunque avuto una loro particolare versione della figura di
Odisseo, indipendente e diversa dalla tradizione greca.
Secondo Tolomeo Efesto, << Odisseo, nella Tirrenia,
partecipò alla gara di suono del flauto, e vinse; suonò poi la presa di Troia
e l’opera di Demodoco>>[24].
Lo
pseudo Aristotele, poi, riportava le due versioni dell’epitaffio che si
dicevano scritte dagli Etruschi sulla tomba di Odisseo: 1) <<Questa tomba
copre l'uomo assennato morto in questa terra, il più celebre dei mortali>>;
2) <<Questa è la tomba di quell’Odisseo a causa del quale i Greci
ebbero molta fortuna nella guerra di Troia>>[25].
Sugli
viluppi di questa profezia, nacque una tradizione riportata da Tolomeo Efesto (I-II
sec. d.C.): <<Dicono che in Etruria c’è una torre chiamata Torre di
Mare (Halòs Pyrgos), così denominata
dalla maga etrusca Mare (Hals);
questa, dapprima era stata ancella di Circe, ma poi fuggì dalla sua padrona.
E’ presso di lei che arrivò Odisseo; ed ella, con la forza delle sue droghe,
lo trasformò in cavallo, e lo trattenne presso di sé fin quando lui morì di
vecchiaia. Grazie a questo racconto, si risolve la difficoltà del testo di
Omero “Poi la morte ti verrà dal mare (ex
halòs)”>>[27].
Secondo
Elio Donato, invece, Odisseo, dopo aver preso atto dei tradimenti di Penelope,
fuggì da Itaca e andò errando (fugit in
errores); poi la dea Minerva, per assecondarne il continuo
fuggire, lo mutò in cavallo (cum continuo
fugiret, a Minerva in equus mutatus)[28].
Il cavallo divenne così il simbolo del continuo
fuggire dell’errante Odisseo. Licofrone e i suoi scoliasti dicevano pure che,
per il suo fuggire, gli Etruschi lo avrebbero chiamato nanos, nome che nella loro lingua avrebbe significato
<<vagabondo>>. Ma potrebbe aver qualche significato il fatto che nanus
era anche il nome di una razza di piccoli cavalli[29].
E’ solo un’ipotesi, ma l’errante Odisseo, per la taglia umana della sua
corporatura, una volta divenuto cavallo, potrebbe esser stato immaginato come un
errante piccolo cavallo nanus..
L’appellativo poteva rientrare nelle sfumature comiche di una delle
rappresentazioni teatrali sulla figura di Odisseo che, in antico, dovettero
avvenire anche in Etruria. Infatti, insieme al nomignolo nanos,
ricordato da Licofrone e dai suoi scoliasti, gli Etruschi, come riferiva
Plutarco, <<conservavano tradizioni secondo le quali Odisseo sarebbe stato
di natura dedita al sonno e perciò a molti poco simpatico>>.
Il
mito della metamorfosi di Odisseo in equino potrebbe trovare un antico riscontro
iconografico proprio in Etruria. Sul frammento di un vaso ceretano (550-500
a.C.) proveniente da Orvieto si vede un cavallo con braccia in luogo delle zampe
anteriori[30].
E’ però anche probabile che si tratti di un compagno di Odisseo
metamorfizzato da Circe.
Quanto
al nome greco Hals-Halòs (= mare),
attribuito alla maga etrusca ed alla Pyrgos
(torre) omonima poteva trattarsi di
un accostamento con il prenome etrusco femminile Alsir di Preneste, o con il gentilizio tarquiniese Alsina,
o con il toponimo Alsium che era un
porticciolo davanti a Cere.
A
sua volta, il nome greco Pyrgos (torre)
richiama quello di città elleniche come Pyrgos
(torre), Pergamon (rocca) e Pèrge (rocca). Pèrge,
poi, per Licofrone, era anche la forma greca del nome del monte etrusco, presso Gortyna,
dove fu sepolto Odisseo. Il greco Pyrgos
ci riconduce pure alla forma latina del nome di località etrusche come Pyrgessa o Pyrgi/Purgus
(torre?), il porto di Cere, ma soprattutto a quello di Aquae
Purgo (acque della torre?), una cittadina che gli antichi itinerari
dell’Anonimo Ravennate e di Guido ponevano vicino Tarquinia sulla via che
conduceva a Purgus[31].
Il
nome di Aquae Purgo potrebbe
esser stato recepito in Greco come
“Acque di Torre”, ed esser stato reso, per inversione, come “Torre di Mare
(Halos pyrgos)”.
Abbiamo due documenti archeologici, di cui almeno
uno sicuramente tarquiniese, che
testimoniano la conoscenza, in Etruria, dei rapporti fra Odisseo e l’ombra di
Tiresia.
1)
Su uno specchio graffito (430-400 a.C.) di provenienza ignota
(Tarquinia?) si vede Odisseo seduto
di fronte all'ombra di Tiresia[32].
2) La discesa nell'oltretomba <<era dipinta anche nella
tomba tarquiniese dell'Orco II, ma il quadro è lacunoso: i personaggi
conservati, stando almeno alle iscrizioni onomastiche apposte, sono Tiresia,
Aiace, Agamennone, tutti ricordati nella descrizione omerica dell'episodio, ma
almeno altri due, di cui uno quasi certamente sarà stato Odisseo, dovevano
essere nello spazio interessato dalla lacuna>>[33].
13. Centauri e sirene.
I centauri, secondo lo scoliasta di Licofrone, dalla Tessaglia vennero
nell’isola delle sirene, inseguiti da Eracle, ed affascinati dal loro canto
persero la vita. Ma è
interessante che secondo Tolomeo Efesto, <<i Centauri, che attraversano
l’Etruria, inseguiti da Eracle, morirono di fame perché rimasero ammaliati
dal dolce canto delle sirene>>. Sempre secondo Tolomeo, <<Le Sirene
uccisero Telemaco, quando appresero che era figlio di Odisseo>>[34].
C) ODISSEO MUORE AD ITACA, MA E’ SEPOLTO IN ETRURIA
14. Licofrone.
Nella profezia sul futuro di Odisseo, che Licofrone fa pronunciare ad
Alessandra, l’eroe greco, dopo la presa di Troia, compirà una lunga serie di
peregrinazione senza toccare l’Etruria, e infine tornerà ad Itaca, sua isola
natale. << Egli arriverà>>, conclude Alessandra, << certo,
arriverà ad Itaca, nel porto di Retro, rifugio delle navi, e alle vette del
monte Nerito; ma vedrà tutta la sua casa completamente rovinata dai Proci
cacciatori di donne; perché la baccante Penelope, per lasciarsi corteggiare, si
troverà in mezzo alle gozzoviglie e svuoterà la casa sciupando in banchetti il
patrimonio dell’infelice Odisseo. Lì egli, dopo aver patito più di quanto
fece dinanzi alle porte di Troia, consunto dalla fame e coperto di oltraggi,
sopporterà pazientemente con forte schiena anche le dure minacce dei suoi
domestici. E saprà sottostare perfino ai pugni e ai cocci lanciatigli addosso
[...]. Come un gabbiano che va sull’onda o una conchiglia tutta corrosa dal
mare, egli, dopo aver trovato i suoi beni finiti nei banchetti dei Proci dinanzi
a sua moglie consenziente, si allontanerà dalla riva del mare; e, allora,
finalmente, come un vecchio corvo, morrà colle armi in mano presso le selve del
Nerito. Morrà colpito ai fianchi da un’asta
micidiale, che ha in punta la spina velenosa d’un pesce di Sardegna; e suo
figlio Telegono sarà chiamato uccisore del padre. Morto lo onoreranno le genti
d’Euritania (in Etolia) e quei che
abitano l’alta cima di Trampia (nell’Epiro)>>[35].
In
nota a questo passo, Tzetze, riferì che Penelope, secondo
Duride di Samo (340-260 a.C.), aveva avuto rapporti sessuali con tutti i
Proci, e per questo aveva partorito Pan.
Quanto,
poi, al fatto che Odisseo fosse stato ucciso, ad Itaca, dalla spina velenosa di
un pesce di Sardegna, posta sulla punta
della lancia scagliatagli contro dal figlio Telegono, gli Scholia vetera, commentavano: <<Circe è Etrusca. E l’isola della Sardegna e vicina all’Etruria>>.
E Tzetze ribadiva che poiché Circe
abitava in <<Etruria>>,
aveva armato l’asta del figlio Telegono con la spina di un pesce del mar
Tirreno.
Telegono, diciamo noi, che, insieme alla madre Circe, abitava
nell’Etruria meridionale dove aveva fondato Agilla (Cerveteri), aveva munito
la punta della propria lancia con la spina
di un pesce del mar Tirreno che sta in mezzo fra l’Etruria meridionale
e la Sardegna.
La profezia di Alessandra continua così: <<Poi Perge (confr.
Halos pyrgos = torre di mare), montagna degli Etruschi, riceverà Odisseo
morto bruciato in Gortynaia (confr. isola
Gortina), quando spirerà la vita deplorando la morte del figlio Telemaco e
della propria moglie Circe>>.
Telemaco, infatti, figlio di Ulisse e Penelope, aveva sposato
Cassifone, figlia di Ulisse e Circe, ed aveva ucciso Circe per non doversi
piegare alla sua imperiosità; a sua volta Cassifone, per vendicare la madre,
aveva ucciso Telemaco. Odisseo, conclude Cassandra, <<dopo aver visto il
limite di tanti dolori, per la seconda volta si immergerà nell’Ade
inflessibile senza aver visto mai nella vita una giornata serena>>[36].
Già gli autori degli Scholia
vetera e Tzetze rilevavano che nella profezia di Cassandra c’erano a
rigore due fattori contrastanti. <<Come può avvenire, - osservavano, -
che Odisseo possa giacere in Euritania di Epiro e in Etruria? Odisseo fu
trasportato da Euritania a Perge, oppure Licofrone s’è rifatto al mito
secondo cui Odisseo fu ucciso da Telegono, ma Circe lo risuscitò con i farmaci,
e Cassifone sposò Telemaco, e Penelope poi nelle isole dei beati sposò
Telegono>>[37].
Stando
alla lettera del testo di Licofrone, a noi sembra che il poeta voglia dire che
Odisseo morirà e sarà cremato in Gortynaia,
dopo aver assistito alle vicende semincestuose ed alla tragedia dei suoi
famigliari. D’altra parte, come avrebbe potuto l’eroe commiserare la morte
di Circe e di Telemaco? Ma esiste, in merito, un ulteriore fattore interno all’opera di Licofrone.
Nella
profezia che Licofrone fa pronunciare ad Alessandra su tutte le future tappe
delle peregrinazioni di Odisseo, dal momento della presa di Troia al ritorno ad
Itaca, non è inclusa l’Etruria. Solo dopo la morte, il cadavere dell’eroe
sarà portato in Etruria. Ora, nella profezia sul futuro di Enea, che lo stesso
Licofrone mette sulla bocca della medesima Alessandra, l’eroe troiano andrà a
vivere in Etruria dove incontrerà Odisseo. Questi gli chiederà perdono ed unirà
il proprio esercito al suo. Con più dettagli, l’antica parafrasi greca di
questo passo della Alessandra presenta
l’eroe come un esule che, dopo aver esplorato tutto il mondo, giunge in
Etruria dove chiede ad Enea <<di conceder loro del mare e della terra>>.
Siamo, dunque, nell’ultima parte della vita di Odisseo, quando questi ha
lasciato Itaca e trova in Etruria una nuova sistemazione.
In patria, l’eroe, è ucciso dal figlio Telegono. Questi,
assieme a Penelope e Telemaco, ne riporta il corpo presso Circe che lo risuscita
con i farmaci; poi Telegono sposa Penelope, e Telemaco sposa
Cassifone, figlia di Odisseo e Circe; ma Telemaco, per non piegarsi alla
imperiosità della suocera, la uccide; e Cassifone, per vendicare la madre,
uccide Telemaco.
A sua volta Odisseo, che aveva ottenuto da Enea, una residenza sul mare, muore
di dolore una seconda volta a Gortina,
ed è sepolto sul monte Perge.
Certamente,
Licofrone manipolava varie tradizioni condensandole come nel linguaggio allusivo
ed oscuro dei sogni e delle profezie sì che Tzetze, non so quanto
opportunamente, lo accusò di incoerenza.
Ma riprendiamo ora più da vicino il rapporto fra Odisseo e Gortynaia.
Abbiamo visto che Penelope, secondo una tradizione testimoniata da Erodoto,
Duride di Samo ed Elio Donato, aveva avuto rapporti sessuali con tutti i Proci
per cui aveva partorito Pan. Teopompo, inoltre, aveva specificato che Odisseo,
dopo aver conosciuto il fatto, andò in l’Etruira e abitò in Gortynaia
dove finì i suoi giorni. Le stesse notizie verranno riferite da Leonzio Pilato
con l’aggiunta che Gortyna è
un’isola.
Leonzio
Pilato (? – 1365) fu un erudito greco, o calabro grecizzato, scolaro di
Barlaam. Compì viaggi a Costantinopoli per procurarsi i testi degli antichi
scrittori greci. Morì, infatti, annegato
in un naufragio mentre tornava dall'ultimo viaggio. Egli tenne lezioni a Padova
e a Firenze. Fu il primo a tradurre dal Greco in Latino l'Iliade
e l'Odissea, ed insegnò la lingua
greca al Petrarca e al Boccaccio. Quest'ultimo lo cita spesso. Da una delle
citazioni apprendiamo: <<Leozio
dice che Ulisse, secondo Licofrone, dopo essersi accorto che Penelope aveva
avuto un figlio di nome Pan da uno dei Proci con i quali lo aveva tradito, andò
subito nell'isola di Gortina e vi abitò>>
[38].
Leonzio,
veramente, così come lo riporta il Boccaccio, non si rifà al testo di
Licofrone, ma a quelli di Duride e di Teopompo citati da Tzeze nel commento alla
Alessandra; ed aggiunge che Gortina è un’isola. E' probabile che
Leonzio, avesse tratto il particolare dell’isola dalla stessa opera alla quale
aveva attinto Tzetze, forse il testo originario di Teopompo, o un manuale che lo
comprendeva, o comunque altre fonti a quel tempo ancora disponibili in Oriente.
D'altra parte, designare Gortina
come un'isola trova il suo parallelo nel fatto che pure Eea, residenza di Circe
e sepolcro di Odisseo, veniva designata come tale o come una località marina
etrusca. Qui, Telegono, secondo quanto si diceva, avrebbe riportato da Itaca il
cadavere del padre. Esiodo, poi, aveva favoleggiato che i figli di Odisseo
avessero abitato sulle sacre isole della Tirrenia. Conosciamo infine
la tradizione di Odisseo che vive e muore in Etruria nella località
marina di Alos pyrgos (Torre di Mare).
Si noti che, sia foneticamente che semanticamente, pyrgos
(torre) richiama in qualche modo il nome del monte Perge
(rocca) dove, secondo Licofrone su sepolto Odisseo.
Gli antichi dovettero ritenere che la residenza etrusca di
Odisseo (Gortynaia o Torre di Mare che
sia), e la sua tomba (Perge
“rocca” o Pyrgos “torre” che sia) non dovessero
trovarsi troppo lontane da quella <<parte di mare e di terra>> che
l’eroe, secondo il parafraste di Licofrone, aveva ottenuto da Enea. Questi,
secondo lo stesso Licofrone, era sbarcato
fra Pisa e Agilla, alla foce del fiume Linceo (il Mignone presso Tarquinia[39]). Né si dovette ritenere
che Telegono dovesse aver avuto motivo di riportare a Circe, in Etruria, il
corpo del padre, ma di andarlo poi a seppellire in un posto troppo lontano dalla
città di Agilla (Cerveteri) che lui stesso aveva fondato.
A quale località etrusca corrispondesse esattamente la mitica
località che i Greci chiamavano Gortyna
è difficile dire. Nel XVII secolo, Luca Olstenio erroneamente
identificava Gortina con Cortona <<antichissima città dell’Etruria>>.
Ma, nonostante la somiglianza dei nomi, Cortona si trova in
provincia di Arezzo ai piedi dell’Appennino tosco-emiliano, nell’Etruria
settentrionale interna, mentre Gortynaia
dovrebbe essere stata un’isola o comunque un territorio vicino al mare.
Cortona, poi, rispetto alle altre lucumonie etrusche non è “antichissima”.
Pare, anzi, che non fosse esistita come città prima del V sec. a.C., come si può
evincere dalla mancanza, fino a questa data, di una necropoli unitaria. E’,
dunque, poco probabile che Teopompo, se è, come pare, colui che, nel V sec.a.C.,
scrisse la commedia Odisseo, le avesse
riconosciuto il vanto di essere stata, in tempi remoti, la residenza etrusca
dell’eroe. Inoltre, mentre altre città etrusche, come Tarquinia, Cerveteri e
Chiusi sono ricche di reperti archeologici che testimoniano la presenza del mito
di Ulisse, Cortona ne è priva. Lungo
la valle del Mignone, nel territorio che poi apparterrà alla Lucumonia di
Tarquinia, sono stati trovati frammenti di ceramica micenea che testimoniano
contatti con la stessa civiltà alla quale apparteneva la figura di Odisseo. La
foce del Mignone, infatti, dovrebbe corrispondere a quella del fiume Linceo
presso Tarquinia, dove si doceva che fosse sbarcato Enea al suo arrivo in
Etruria.
D’altra
parte, come potrebbe essere avvenuto che Ulisse, morto ad Itaca, nella propria
terra, sia stato cremato e sepolto nell'Etruria settentrionale interna. Si
riteneva che Telegono avesse trasportato da Itaca il corpo del padre per
seppellirlo nell’isola Eea presso la madre Circe. Possiamo allora
immaginare che si dicesse che Telegono e i suoi, con un paio di giorni di
navigazione, avessero portato sulla marina etrusca il corpo di Ulisse, ma non è
pensabile che si credesse che poi avessero impiegato altri giorni, col rischio
di far puzzare il cadavere, per andarlo a cremare nel lontano entroterra, a
Cortona, vicino all'Appennino tosco-emiliano. Gli antichi dovevano immaginare
che Gortyna e Perge fossero
nell'Etruria meridionale costiera, non molto lontano da Agilla (Cerveteri),
che si diceva fondata dallo stesso Telegono, ed il cui porto si chiamava Pyrgi o Purgus, ed
un’altra vicina località collinare si chiamava Aquae Purgo (Halos pyrgos?).
15. Perge
(Aquae Purgo/Aquae Tauri?) e Gortynaia (Corythus/Tarquinii?).
a)
Il più antico reperto etrusco raffigurante Ulisse (675-650 a.C.) è stato
trovato a Cerveteri, l’antica Agilla-Cere fondata da Telegono. Pure a
Cerveteri è stato trovato uno degli specchi dove insieme alla figura di Ulisse
è graffita quella di Cassandra, proprio colei che, secondo Licofrone, aveva
predetto che Odisseo sarebbe stato
sepolto a Pèrge.
Nel lontano 1901, Emanuele Ciacieri propose, sia pure con
poca convinzione, di identificare Perge con Pyrgi/Purgus,
che era il porto di Agilla-Cere[40].
Però Pèrge, di cui parlava Licofrone,
non era un porto di mare, ma una montagna. Potrebbe allora trattarsi di
un’altura vicina al mare; e la mente va alla località di Halòs Pyrgos dove Tolomeo Efesto diceva che Odisseo fosse morto. Se
Halòs Pyrgos è identificabile con Aquae
Pyrgi, questa era una località che gli antichi itinerari dell'Anonimo
Ravennate e di Guido ponevano sulla via che da Tarquinia conduceva a Pyrgi/Purgus.
La Tabula Peutingeriana scrive però
Aquae Tauri invece di Aquae
Purgo, per cui già sia Konrad Muller che Arturo Solari ritennero che i due
toponimi appartenessero ad un’unica località[41].
Aquae Tauri era una antica cittadina etrusca del territorio tarquiniese alle
propaggini sud-occidentali dei Monti di Tolfa, fra Tarquinia e Cere. Divenne
municipio romano, ed ebbe il nome di Aquae
Tauri. Nel suo territorio, sulla marina , Traiano fece costruire nel 107
d.C. il porto di Centumcellae (poi Civitavecchia).
Non sappiamo come Aquae Tauri si
chiamasse in epoca etrusca. Aquae Purgo
potrebbe essere la trasposizione latina dell'antico nome etrusco. Potrebbe non
essere un caso che secondo una persistente tradizione medioevale, i
Civitavecchiesi credevano che il porto di Centumcellae
fosse stato costruito su una più antica località chiamata Pirgi o Pirgo.
Gli abitanti del luogo potrebbero, allora, aver serbato il ricordo del nome
dell'antico municipio al quale il porto di Centumcellae
era appartenuto.
b)
Un altro antico documento con la figura di Ulisse (circa 600 a.C.) proviene da
Chiusi[42].
La città, infatti, fu ritenuta fondata da Telemaco figlio di Ulisse.
Altri antichi
reperti (VI e V sec.a.C.) sono stati trovati a Vulci[43],
a Cerveteri ed in altre località.
Da Preneste viene uno specchio graffito del IV-III sec. a.C.,
con le figure di Ulisse e Penelope[44]
.
C) Nessun reperto
archeologico che testimoni la presenza del mito di Ulisse è stato trovato a
Cortona. Da Tarquinia proviene, invece, una grande quantità di documenti
compresi fra il V e il III sec. a.C.[45].
Particolare rilievo assumono poi due affreschi della Tomba
dell'Orco II[46], appartenente alla
famiglia dei Murina. Il primo presenta
Ulisse che acceca Polifemo. Il secondo raffigura Tiresia nell’oltretomba in
atteggiamento profetico. La figura di Ulisse era presente nella parte
deteriorata dell'affresco.
Dietro Tiresia, si vede un albero attorno al quale volteggiano
le anime di coloro che attendono la reincarnazione. Allo stesso modo, Enea,
nell’Eneide, vedrà aleggiare
nell'oltretomba le anime di coloro che si reincarneranno nei suoi discendenti[47].
Verosimilmente i Murina
di Tarquinia si vantavano di discendere da
Odisseo.
Si tenga anche presente che si diceva che una figlia di
Tarquinio il Superbo avesse sposato il tuscolano Ottavio Mamilio discendente di
Odisseo[48].
Questa leggenda potrebbe riflettere un più antico connubio fra i Tarquini e il
mito di Odisseo. Si vedano pure le connessioni del personaggio virgiliano di Tarquitus
con Fauno e Circe[49].
Lungo la valle del Mignone, nel territorio che poi apparterrà
alla Lucumonia di Tarquinia, a Monte Rovello (Allumiere), San Giuliano (Monte
Romano) e San Giovenale (Blera), sono stati trovati frammenti di ceramica
micenea, risalenti anche al XIV sec. a. C., che testimoniano contatti con la
stessa civiltà alla quale apparteneva la figura di Odisseo. La foce del Mignone,
poi, dovrebbe corrispondere a quella del fiume Linceo dove, secondo Licofrone,
era sbarcato Enea al suo arrivo in Etruria.
Il quadro mitologico riferito nei paragrafi precedenti, la
grande quantità di materiale archeologico, i gentilizi etruschi Qurtinie di Veio, Qurtunianas
di Cerveteri e Crutl di Tarquinia,
nonché il nome della cittadina etrusco-tarquiniese di Cortuosa fanno pensare che Gortyna,
fosse o meno un’isola, possa essere ricercata nell’Etruria meridionale
costiera. Il nome riecheggiava forse quello della mitica città che la
tradizione virgiliana chiamerà Corythus[50],
e che Elio Donato e Servio, antichi commentatori all’Eneide di epoca romana, localizzavano presso la foce del Mignone a
nord di Centumcellae (Civitavecchia)
[51].
La tradizione medioevale, raccolta da Paolo Perugino e da
Giovanni Boccaccio[52], identificava Corytus
con la medioevale Corgnitus o Corgitus, cioè con
Tarquinia[53].
Il fiume Mignone sfocia infatti in mezzo fra Tarquinia e Civitavecchia.
Lungo
la valle del fiume (a Monte Rovello, San Giovenale e Blera), nel territorio che
apparterrà alla lucumonia tarquiniese, sono stati trovati, peraltro, i
documenti archeologici micenei risalenti
al tempo in cui Odisseo avrebbe compiuto i suoi mitici viaggi in Etruria.
16. Omero fra gli Etruschi. L’isola
di Itaca, patria di Odisseo, era uno dei luoghi dove si diceva che fosse nato
Omero. Ma è interessante che il poeta, secondo un raro frammento che ci è
rimasto di Eraclide di Lembo (II sec. a.C.), <<[ .?.] dalla Tirrenia si
era recato a Cefallonia ed Itaca dove, ammalatosi, aveva perso la vista>>[54].
Poiché
si diceva che Omero fosse nato ad Itaca, il frammento ci consente di ipotizzare
che, nella parte del testo non pervenutaci, Eraclide avesse riferito una
tradizione secondo cui Omero fosse nato in Etruria.
La tradizione che Omero fosse un Etrusco, o che comunque
avesse soggiornato in Etruria prima di recarsi ad Itaca, rispecchia quanto in
antico fosse viva la tradizione esiodea secondo cui Odisseo aveva viaggiato in
Etruria anche prima di tornare in patria.
Alberto Palmucci
[1] Vedi ThLE, pag. 103; 354; 360.
[2] Esiodo , Frg. 390.
[3] In Strabone. Geografia, I, 2.
[4] W.Helbig, “Bull. dell'Inst.”, 1884.
[5] In Proclo, Crestomanzia, a cura di Ferrante, pag. 163; Apollodoro, Bibl. Ep. VII, 36; Igino, fab. 127.
[6] Euripide, Troiane, v. 437 e sgg.
[7] Licofrone, Alessandra, 796.
[8] Servio danielino, All’Eneide, X,167; VIII, 479.
[9] Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IV, 45.
[10] Mitografi Vaticani, I, 15.
[11] Igino, Fabulae, 125.
[12] Apollonio Rodio, Argonautiche, III, 307-316; IV, 665-856.
[13] Erodoto., Storie, II, 145-146; vedi pure Apollodoro. Bibl., Ep., 7,38, e Cicerone, De Nat. Deorum., III, 22,56.
[14] In Tzetze, All’Alessandra, 772.
[15] Servio Danielino, All’Eneide, II, 44.
[16] Scholia vetera, All’Alessandra, 809; Tzetze, All’Alessandra, 805.
[17] In G. Boccaccio, Genalogie deorum gentilium, V, 44.
[18] In Dionigi di Alicarnasso, Antichità Romane, I, 72.
[19] Scholia vetera, All’Alessandra , 1242; Giovanni Tzetze, All’Alessandra, 1242.
[20] Licofrone, Alessandra, 1240, sgg.
[21] E. Scheer, Alexandra, vol. I (Parafrasi), 1242.
[22] LIMC, Uthuze, 49; 50.
[23] Plutarco, Moralia, Bernardakis, I, pag. 66; Quest. Graec., 14.
[24]
Tolomeo Chenno, Nov. Histor.,
VII, Westermann, pag. 197, v. 20.
[25] Aristotele, Peplos, in Poetae lyrici graeci, Betgk, II, pagg. 367-376.
[26] Omero, Od. XI, 134-137.
[27] Tolomeo Efesto, Novae Historiae, VII, in Photius, Bibliotheca, C 190.
[28] Servio Danielino, Ad Verg. Aen. II, 44.
[29] Cinna “I sec. a.C.”, in Gellio, Le notti attiche, 19, 13.
[30] LIMC, Kirke 59.
[31] A. Solari, Topografia storica dell’Etruria, Pisa, Spoerri, 1918, pagg. 105-106.
[32] LIMC, Uthuze 81.
[33] G. Camporeale, in LIMC, Uthuze, pag. 981.
[34] Tolomeo Efesto, op. cit., V; VI; VII; Schoia. Vetera, All’Alessandra , 670.
[35] Licofrone, op. cit., vv. 768-798.
[36] Licofrone, op. cit. , vv. 805-819; Scholia vetera, All’Alessandra , 805; 808; Tztze, All’Alessandra , 805; 808.
[37] Scholia vetera , All’Alessandra , 805; Tzetze, All’Alessandra , 805.
[38] Giovanni Boccaccio, Genalogie deorum gentilium, V, 44.
[39] A. Palmucci, Virgilio e Cori(n)to-Tarquinia, STAS, 1998.
[40] E. Ciacieri, La Alessandra di Licofrone, Napoli, Macchiaroli, 1982, nota a v. 805, pag. 252.
[41] C. Muller, Itineraria Romana, pag. …; A. Solari, op. cit.. 106; 117, n.1; 321, s.v. Aquepurgo; A. Palmucci, La virgiliana città di Corito, <<Atti e Memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova>>, LVI, 1988, pag. 53; Il ruolo della città di Corito-Tarquinia nell ‘Eneide, <<Atti e Memorie, cit.>>. LVIII, 1990, pag. 11, nota 2; Virgilio e Cori(n)to –Tarquinia, STAS, 1988.
[42] LIMC Uthuze 60-61.
[43] LIMC Uthuze 62; 117; 118; Kirke 34.
[44] LIMC Uthuze 127.
[45] LIMC Uthuze 52; 58; 86; 70; 83; 131; 133; 134; 135.
[46] LIMC Uthuze 58; pag. 981.
[47] Virgilio, Eeneide, VI, 703.
[48] Tito Livio, Storia di Roma, I, 49; Dionigi di Alicarnasso, op. cit., V, 45.
[49] Virgilio, Eneide, X, 550.
[50] Le forme Corythus e Gortyna potrebbero rientrare nelle normali varianti dei nomi etruschi di Città come nel caso di Vatalu e Vatluna (Vetulonia).
[51] Servio Danielino, Ad Verg. Aen. VIII, 597; 598; 603; IX, 1; 10; X, 83.
[52] G. Boccaccio, loc.cit. ; Esposizioni sopra la Commedia di Dante, I, 136; IV, 159; 165; 166; 169; 170; 172; XIII, 10.
[53]
Per l'identificazione della città di Corneto (Tarquinia), o comunque di Tarquinii,
con la virgiliana città di Corythus,
vedi A. Palmucci, Corito-Tarquinia, <<Archeologia>>, V, 25, G. A.
d'Italia, Roma, 1997; Virgilio e
Cori(n)to-Tarquinia. La leggenda troiana in Etruria, Tarquinia, S.T.A.S,
1988; Enea, Tarquinia e Roma,
<<Archeologia>>, VI, 7/8/9, 1998.
[54] Eraclide di Lembo, F. H. G. , pag. 222; A. Palmucci, Virgilio e Cori(n)to-Tarquinia. La leggenda troiana in Etruria, Tarquinia, STAS, 1998, pag. 198.