BIOMASSA
Introduzione
Per biomassa si intende ogni sostanza
organica derivante direttamente o indirettamente dalla fotosintesi
clorofilliana.
Mediante questo processo le piante assorbono dall'ambiente
circostante anidride carbonica (CO2) e acqua, che vengono
trasformate, con l'apporto dell'energia solare e di sostanze nutrienti presenti
nel terreno, in materiale organico utile alla crescita della pianta. In questo
modo vengono fissate complessivamente circa 2×1011 tonnellate di
carbonio all'anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di
tonnellate di petrolio, circa 10
volte l'attuale fabbisogno energetico mondiale.
Biomassa è un termine
che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea.
In forma generale, si può dire che è biomassa tutto
ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche di origine
petrolchimica e dei materiali fossili. Le più importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria di
trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.) scarti delle aziende
zootecniche, gli scarti mercatali, alghe e colture
acquatiche e i rifiuti solidi urbani.
Il settore delle biomasse per usi energetici è probabilmente la più
concreta ed immediata F.E.R. (fonte energetica
rinnovabile) disponibile. Le principali applicazioni sono:
produzione di energia (bioenergia),
sintesi di carburanti (biocarburanti)
e sintesi di prodotti (bioprodotti).
Il biossido di carbonio
emesso dagli impianti termici alimentati a biomasse è
lo stesso che viene assorbito dai vegetali per produrre una quantità uguale di biomassa. Nel ciclo energetico della biomassa
il bilancio del biossido di carbonio è in pareggio-equilibrio.
Come risultato dei
progressi tecnologici, la maggior parte dei motori dei veicoli attualmente in
circolazione nell'Unione europea è in condizione di usare una miscela
contenente una bassa percentuale di biocarburante
senza problemi. I più recenti sviluppi tecnologici permettono di utilizzare
percentuali più elevate di biocarburante nella
miscela. Alcuni paesi utilizzano già miscele contenenti il 10%, e oltre,
di biocarburante.
Le flotte vincolate offrono
la prospettiva di utilizzare una concentrazione più elevata di biocarburanti. In alcune città, flotte vincolate sono già
in azione per quanto riguarda i biocarburanti puri e
hanno, in alcuni casi, aiutato a migliorare la qualità dell'aria nelle zone
urbane. Possono essere usati come biocarburante, in
casi specifici in cui tale uso è compatibile con il tipo di motore usato e con
i corrispondenti requisiti in materia di emissioni, gli oli vegetali puri
provenienti da piante vegetali prodotti mediante pressione, estrazione o
procedure analoghe, greggi o raffinati, ma chimicamente non modificati.
I principali vantaggi delle biomasse
sono: abbondanza, facilità di estrazione energetica, economicità,
rigenerazione di terre desolate, sviluppabilità in
aree inutilizzate e creazione di occupazione, non contribuzione all'effetto
serra, basso tenore di zolfo e quindi non contribuzione alla produzione di
piogge acide, rinnovabilità.
Stato dell'arte
Ad oggi le biomasse soddisfano il 15% circa
degli usi energetici primari nel mondo, con 55 milioni di TJ/anno (1.230 Mtep/anno). L’utilizzo di tale fonte mostra, però, un forte
grado di disomogeneità fra i vari Paesi. I Paesi in via di sviluppo, nel
complesso, ricavano mediamente il 38% della propria energia dalle biomasse, con 48 milioni di TJ/anno (1.074 Mtep/anno), ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino
al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno,
paglia e rifiuti animali.
Nei Paesi Industrializzati, invece, le biomasse
contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari con 7 milioni di
TJ/anno (156 Mtep/anno). In particolare, gli USA
ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse,
equivalente a 3,2 milioni di TJ/anno (70 Mtep/anno);
l’Europa, complessivamente, il 3,5%, corrispondenti a circa 40 Mtep/anno, con punte del 18% in Finlandia, 17% in Svezia,
13% in Austria, l’Italia, con il 2,5% del proprio fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della media europea.
L’impiego delle biomasse in Europa
soddisfa, dunque, una quota abbastanza marginale dei consumi di energia
primaria, rispetto alla sua potenzialità.
All’avanguardia, nello sfruttamento delle biomasse
come fonte energetica, sono i Paesi del centro-nord Europa, che hanno installato
grossi impianti di cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse.
La bioenergia
è qualsiasi forma di energia utile ottenuta dai biocombustibili.
La biomassa rappresenta la più consistente tra le
fonti di energia rinnovabile anche se esistono molteplici difficoltà di impiego
dovute all’ampiezza e all’articolazione delle fasi che costituiscono le singole
filiere.
Le tecnologie per ottenere
energia dai vari tipi di biomasse sono naturalmente
diversi, e diversi sono anche i prodotti energetici che si ottengono. Ad
esempio, se un materiale ha molto carbonio (C) e poca acqua (H2O), è
adatto per essere bruciato per ottenere calore o elettricità; se, viceversa, ha
molto azoto (N) ed è molto umido, può essere sottoposto ad un processo
biochimico che trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica.
Infine, combustibili liquidi adatti ad essere utilizzati nei motori a benzina o
diesel possono essere ottenuti a partire da particolari specie vegetali.
In sintesi, i processi di
conversione in energia delle biomasse possono essere
ricondotti a due grandi categorie: processi termochimici
e processi
biochimici.
Processi termochimici: I processi di conversione
termochimica sono basati sull'azione del calore che permette le reazioni
chimiche necessarie a trasformare la materia in energia, e sono utilizzabili
per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia
valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione
termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.),
i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico
(paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc.) e
taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).
Processi biochimici: I processi di conversione biochimica permettono di ricavare
energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa
sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e
l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla conversione
biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e
steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni
scarti di lavorazione (borlande, acqua di
vegetazione, ecc.), nonché lacune tipologie di reflui urbani ed industriali.
Co-firing (Co-combustione)
Una immediata opportunità
per l'utilizzo massiccio delle biomasse come fonte
per ottenere energia elettrica è data dalla tecnologia della co-combustione (cofiring). Fin
dal 1990 molte verifiche sperimentali hanno dato esito positivo nella
sostituzione di una porzione di carbone con biomassa
da utilizzare nella stessa caldaia dell'impianto preesistente, ciò può essere
fatto miscelando la biomassa con carbone prima che il
combustibile venga introdotto nella caldaia o utilizzando alimentazioni
separate per la biomassa e il carbone.
Si può arrivare a
sostituire il 20% di carbone con biomasse, riducendo
le emissioni di protossido d'azoto, di anidride solforosa e di anidride
carbonica.
In U.S.A. gli impianti
termoelettrici a carbone predisposti per il cofiring
hanno avuto un tempo di ammortamento medio di 8 anni, ed è stato ritenuto molto
conveniente dalle stesse società proprietarie di tali impianti.
Pirolisi
E’ un processo di
decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto fornendo calore, a
temperature comprese tra 400 e
Indicativamente, facendo
riferimento alla taglia degli impianti, si può affermare che i cicli combinati
ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto
in impianti di grande taglia, mentre motori a ciclo diesel, alimentati con
prodotti di pirolisi, sembrano più adatti per impianti di piccola potenzialità.
In particolare, a livello sperimentale, si nota che:
·
con una pirolisi lenta a
basse temperature e lungo tempo di permanenza si ottiene carbone di legna in
misura pari a circa il 30% del peso iniziale, con un contenuto energetico di
circa il 50%;
·
la pirolisi estremamente
veloce (flash pirolisi) condotta ad una temperatura relativamente bassa (intorno
a
·
la pirolisi estremamente
veloce (flash pirolisi) condotta a temperature superiori (sopra i
·
una pirolisi condotta in
condizioni convenzionali, ovvero a temperature moderate (inferiori a
La produzione di bio-olio consente di avere un combustibile a più alto
contenuto energetico se comparato con la biomassa di
partenza e, una volta stabilizzato, stoccabile per lungo tempo a temperatura
ambiente senza problemi di degradazione.
Carbonizzazione
La carbonizzazione è, in
sostanza, un processo di pirolisi.
E' un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole
strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone
vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze
volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie
all’aperto, o in storte chiuse che offrono una maggior resa in carbone e vari
altri prodotti (alcol, acido acetico, acetone, catrame, ecc.).
Il carbone di legna può
essere usato come combustibile o anche come materia prima per l'ottenimento di
prodotti chimici industriali quali ad esempio i carboni attivi.
Gassificazione
Processo di conversione del
carbone e/o della biomassa in composti gassosi
(ossido di carbonio, anidride carbonica, metano, idrogeno e miscele di essi
come il syngas), eseguito per reazione con aria,
ossigeno, vapore o loro miscele. Il gas prodotto può essere impiegato
direttamente nell’industria chimica ed elettrica, o altrimenti convertito in
idrocarburi liquidi o solidi tipo cere (Processo Fischer-Tropsch).
La gassificazione
consiste nell'ossidazione incompleta di una sostanza in ambiente ad elevata
temperatura (900/1000°C) per la produzione di un gas combustibile (detto gas di
gasogeno o syngas). Il gas di gasogeno può essere
trasformato in alcool metilico (CH3OH), che può essere agevolmente
utilizzato per l'azionamento di motori e per la produzione di biodiesel.
Le tecnologie di gassificazione della biomassa
sono ritenute promettenti sia perché nell'immediato possono essere abbinate
alle attuali tecnologie di produzione dell'energia elettrica, in particolare
nelle centrali a gas a ciclo combinato, sia perché possono essere abbinate alle
eventuali future centrali elettriche a fuel-cell, in
particolare MCFC e SOFC, nelle quali gas composti da idrogeno e carbonio sono
ottimali.
Valorizzazione
energetica delle biomasse: processi biochimici
Digestione anaerobica
La digestione anaerobica è un insieme di processi biologici
mediante i quali le sostanze organiche possono essere "digerite" in
un ambiente privo di ossigeno, arrivando alla produzione di gas combustibile e
di fanghi humificati e mineralizzati, con migliorate
caratteristiche fertilizzanti (il termine "mineralizzati" significa
che il materiale presente non può essere ulteriormente degradato, mentre per
"humificazione" si intende la
trasformazione del materiale organico, originariamente putrescibile, in un
prodotto metastabile ed innocuo, soggetto a
decomposizione molto lenta).
Questi processi avvengono ad opera di una flora batterica di
natura anaerobica, che può sussistere solo in ambiente privo di ossigeno. I
batteri responsabili della fermentazione metanigena
sono saprofiti eterotrofi che utilizzano come fonte di carbonio e di energia i
composti organici.
In relazione all'intervallo di temperatura in cui agiscono, i
batteri sono suddivisi in:
• Psicrofili, quando agiscono a
temperature inferiori a
• Mesofili, quando agiscono a temperature
comprese tra i
• Termofili, quando agiscono a
temperature superiori a
Tali batteri sono sempre presenti nella massa organica originale,
si sviluppano rigogliosamente in ambiente chiuso, e trasformano i composti
organici in CH4 e CO2, utilizzando gli enzimi come
catalizzatori biologici. Gli enzimi sono molecole di natura proteica,
sintetizzati dall'organismo stesso che li usa; possono essere di natura
unicamente proteica, oppure costituiti da due parti, il coenzima,
che è una molecola organica di origine vitaminica, e l'apoenzima,
che è la parte propriamente proteica.
La digestione anaerobica è condotta in reattori (digestori), opportunamente concepiti per evitare il
contatto tra la massa liquida in essi contenuta e l'ossigeno atmosferico.
Si sviluppa in tre fasi successive:
1. idrolisi della cellulosa, delle proteine, dei lipidi e degli
zuccheri e degli amminoacidi;
2. fase acidogenica con formazione di
acidi grassi, in particolare di acido acetico;
3. metanizzazione del prodotto della
seconda fase; tale stadio coinvolge una serie di metano-batteri, che completano
la trasformazione in metano ed anidride carbonica degli acidi grassi, secondo
la reazione seguente:
CH3COOH → CH4+CO2,
in cui un atomo di carbonio è l'accettore
finale di idrogeno e produce metano, mentre l'altro atomo va a costituire
l'anidride carbonica.
I prodotti finali sono:
·
un gas combustibile con PCI di 5300÷5800 kCal/Nm3;
·
un residuo liquido chiarificato;
·
un fango ispessito.
Il gas prodotto è una miscela contenente il 65-70% di metano, il
30-35% di anidride carbonica, tracce di acido solfidrico, piccole percentuali
di H2, CO, e di idrocarburi saturi.
Il surnatante (liquido chiarificato),
può essere impiegato per la diluizione, se necessaria, della sostanza organica
in ingresso al digestore, per l'allestimento di zone
di lagunaggio adibite a colture energetiche, e per la
fertirrigazione.
Il fango, la parte ispessita del digerito, quasi inodore e
stabilizzata (sia umida che essiccata), può trovare impiego in agricoltura come
fertilizzante, in quanto contiene azoto, fosforo e potassio, essenziali per un
buon concime.
Per le conversioni di tipo biochimico risultano idonee le colture
acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola,
patata, ortive, ecc.), i reflui zootecnici ed alcuni scarti di lavorazione
(acque di vegetazione dei frantoi, ecc.), nonché la biomassa
organica eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate. Risultano
invece non idonee le sostanze contenenti lignina (biomasse
forestali e scarti della lavorazione del legno) in quanto tale sostanza non
risulta metabolizzabile dalle diverse specie di batteri metanigeni.
Biocarburanti
Bioetanolo
La fermentazione alcolica è
un processo di tipo micro-aerofilo che opera la
trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in bioetanolo (alcool etilico). Ne risulta un prodotto
utilizzabile anche nei motori a combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”, come riconosciuto fin
dall’inizio della storia automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia
disponibilità ed il basso costo degli idrocarburi avevano impedito di affermare
in modo molto rapido l’uso di essi come combustibili, dopo lo shock petrolifero
del 1973 sono stati studiati numerosi altri prodotti per sostituire il
carburante delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi prodotti
alternativi, quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità
e prestazioni è proprio il bioetanolo; in
alcuni paesi del Sudamerica viene utilizzato puro in
normali motori a combustione interna opportunamente tarati. Nell' immediato
potrebbe essere utilizzato additivato alla benzina
fino al completo sfruttamento delle risorse agricole disponibili senza dover
lasciare improduttive le vaste aree per le quale oggi si incentiva
il non sfruttamento in base alle vigenti norme sulle eccedenze agroalimentari. I residui di lavorazione e produzione sono
sostanze azotate e minerali, quindi fertilizzanti, che rimmessi
nei terreni di coltura completano e chiudono il ciclo energetico; in pratica si
sfrutta il potere dei vegetali di produrre energia per azione della fotosintesi
clorofilliana.
Le materie prime per la
produzione di etanolo possono essere racchiuse nelle seguenti classi:
·
Residui di coltivazioni
agricole;
·
Residui di coltivazioni
forestali;
·
Eccedenze agricole
temporanee ed occasionali;
·
Residui di lavorazione
delle industrie agrarie e agro-alimentari;
·
Coltivazioni ad hoc;
·
Rifiuti urbani.
Per quanto riguarda le coltivazioni
ad hoc, quelle più sperimentate e diffuse sono la canna da zucchero (si veda
l'esperienza Brasiliana), il grano, il mais. Ci sono poi altre colture, quali
la bietola, il sorgo zuccherino, il topinambur ed altre, che rimangono ancora
in fase sperimentale. Secondo la loro natura, le materie prime possono essere
classificate in tre tipologie distinte:
·
Materiali zuccherini:
sostanze ricche di saccarosio come la canna da zucchero, la bietola, il sorgo
zuccherino, taluni frutti, ecc;
·
Materiali amidacei:
sostanze ricche di amido come il grano, il mais, l'orzo, il sorgo da granella, la patata;
·
Materiali ligneo-cellulosici: sostanze ricche di cellulosa come la
paglia, lo stocco del mais, gli scarti legnosi, ecc.
Il fuoco che brucia è
uno spettacolo che non stanca, un ambiente
arredato con un
caminetto ha un valore aggiunto. Non è il modo
ottimale per
riscaldare l’ambiente, poiché buona parte del calore si
perde al camino, ma
l’ambiente è così caldo ed affascinante!
La tecnologia può
però contribuire moltissimo al miglioramento
dell’efficienza,
soprattutto nell’impiantistica convenzionale. Alcuni
passi sono stati
fatti in questa direzione; ad esempio negli ultimi
anni sono stati
concepiti e diffusi caminetti a ventilazione forzata
nei quali la fiamma
viene isolata dall’ambiente attraverso l’interposizione
di uno schermo di
vetro; questo accorgimento permette di
raggiungere dei buoni
rendimenti di conversione. Altra innovazione
rispetto ai sistemi tradizionali
(rappresentati dalle stufe, caminetti,
ecc.) si è avuta con
le termocucine costituite dalle tradizionali stufe
che hanno però una
funzione aggiuntiva: mediante un sistema di
recupero è possibile
cedere il calore dei fumi della combustione al
fluido termovettore dell’impianto di riscaldamento
dell’abitazione.
Sostituire i
combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili
può migliorare
l’ambiente in cui si vive e permettere un
considerevole
risparmio sui costi del riscaldamento, senza
compromettere il
comfort della nostra abitazione.
Oggi la maggior parte
delle abitazioni è riscaldata con i termosifoni;
anche chi ha uno o
più sistemi tradizionali di riscaldamento (stufe,
caminetti) possiede
un impianto ausiliario alimentato a combustibile
fossile (gasolio,
metano o GPL). Per ognuno di questi impianti oggi è
disponibile una
tecnologia alternativa che utilizza le biomasse
(principalmente
legno) quale fonte
energetica.
1.5.1 Caldaie per
utenze singole alimentate con legna in pezzi
Il riscaldamento
degli ambienti mediante la combustione della
legna da ardere in
pezzi è la forma più diffusa di utilizzo delle biomasse
per scopi energetici.
Le stufe a legna tradizionali, utilizzate
per singoli ambienti,
hanno bassi rendimenti di conversione energetica,
a volte inferiori al
20%, necessitano di manutenzione ed in
alcuni casi sono
pericolose fonti di ossido di carbonio.
L’evoluzione
tecnologica delle moderne caldaie a legna ha permesso
la realizzazione di
prodotti con ottime prestazioni e con
ridotta manutenzione;
le tipologie sono
essenzialmente due:
• Caldaie
a tiraggio naturale
Il principio di funzionamento è
simile a quello delle
stufe a legna tradizionali,
in cui il
combustibile viene
caricato nella parte
inferiore e la combustione
si alimenta per
convezione
naturale dal basso
verso l’alto. Il controllo
della combustione non
è molto
preciso, poiché la
ventilazione naturale
della camera di
combustione non
permette l’esatta
taratura dell’aria di
combustione. Il
rendimento di questo
tipo di caldaia si
aggira attorno al
40%; infatti i fumi
prodotti da questo tipo di combustione contengono
ancora dei gas
incombusti che, mandati in atmosfera
attraverso la canna
fumaria, portano con se una buona parte di
energia rimasta
inutilizzata oltre che composti inquinanti.
• Caldaie
a fiamma inversa
In questo tipo di
caldaia si
hanno due camere di
combustione.
La catasta di legna
viene caricata nella
prima camera dove,
nella sua parte
più bassa, avviene la combustione
primaria. I fumi
sviluppati passano
quindi alla seconda
camera di combustione
dove, con un sistema
di ventilazione
forzata (di tipo
soffiato o
aspirato in base alla
posizione del
ventilatore rispetto
alla camera di
combustione) vengono
alimentati con
aria (quindi
ossigeno): in questo
modo i fumi si incendiano
liberando
l’energia termica in
essa contenuta e portando la temperatura di
combustione a 800-
Questa nuova
tecnologia consente:
a - rendimenti fino
all’80 % con un ridotto consumo di legna;
b - un buon controllo
del calore erogato ed una ridotta manutenzione;
c - l’immissione in
atmosfera di gas a bassissimo contenuto di
composti inquinanti.
Un impianto che
utilizzi in maniera ottimale le tecnologie disponibili
prevede, oltre alla
caldaia a fiamma inversa e al regolatore
dell’aria di combustione,
un serbatoio dell’acqua calda, che
verrà accumulata ed
utilizzata nei momenti di maggior richiesta. Il
serbatoio consente un
utilizzo più razionale del calore prodotto
dalla caldaia
favorisce un risparmio di combustibile nelle mezze
stagioni.
Impianti di questo
tipo possono soddisfare utenze singole (P=25
kW) o aggregati di
poche famiglie (fino a P=80 kW), con una spesa
annua di combustibile
ridotta ad 1/3 rispetto ad un equivalente
impianto a gasolio.
Caldaie a cippato di legno per impianti di piccole e
medie dimensioni
Queste caldaie
utilizzano il legno in forma di cippato, cioè legno
sminuzzato in
particelle di lunghezza massima di 3 –
“chips”
(vedi capitolo precedente), e la loro alimentazione è completamente
automatica. Il cippato infatti viene stoccato in un silos e
portato alla camera
di combustione della caldaia mediante una
coclea.
Questa tipologia d’impianto si può
utilizzare anche per singole abitazioni,
ma le utenze ottimali
sono quelle con più elevata richiesta di
calore, quali piccoli
complessi residenziali, scuole, uffici, condomini
__________________________
ed alberghi dove le
caldaie a pezzi di legno a caricamento manuale
non sono proponibili.
In tali impianti si
possono raggiungere potenze installate di alcuni
MW, sufficienti a scaldare un’intera
comunità in ambito montano.
Un impianto
alimentato a cippato di legno è composto dalle
seguenti sezioni:
1. caldaia a cippato di legno, che può essere a griglia fissa o a griglia
mobile in funzione
delle dimensioni (nelle piccole unità è sempre
fissa) ma anche in
relazione al contenuto di umidità della biomassa;
2. tramoggia di carico
del combustibile, con
serranda taglia fuoco
per evitare ritorni
di fiamma verso il silos di stoccaggio;
3. sistema di
alimentazione per combustibili
solidi;
4. silos di stoccaggio, per garantire un’autonomia di almeno una
settimana (si può
arrivare anche a diversi mesi).
In questo caso
l’aspetto ambientale assume un significato rilevante
nell’economia
dell’intervento; infatti un impianto di riscaldamento
a cippato
di legno che alimenti un edificio di medie dimensioni
evita di immettere
nell’ambiente molte tonnellate di CO2 annue (per
una caldaia di 1 MW
risultano evitate, mediamente, oltre 580.000
t/anno).
Impianti di
riscaldamento a pellets
Grazie alle
particolari caratteristiche di fluidità, densità energetica
e peso specifico, il pellet è una biomassa
combustibile con elevate
caratteristiche
energetiche (come riportato nel capitolo precedente).
Può essere utilizzato
nei seguenti impianti:
a - caldaie a
gasolio, previa sostituzione del combustore e alcuni
accorgimenti per
ottimizzare l’aria di combustione;
b - caldaie a cippato di legno senza nessuna modifica all’impianto;
c - caldaie a legno
in pezzi, assemblando il pellet sotto forma di bricchetti
dall’aspetto di
piccoli tronchi di legno (questi ultimi sono
attualmente
facilmente reperibili e in vendita presso molte attività
commerciali).
Riscaldare con pellets comporta un risparmio economico rispetto
ai combustibili
fossili ma una spesa maggiore se paragonato al
cippato di legno o alla legna in pezzi. L’utilizzo di questo combustibile
risulta però molto comodo per gli utenti ed i
vantaggi
ambientali sono
uguali a quelli ottenuti utilizzando cippato o
legna in pezzi.
I costi del riscaldamento a biomasse
Un litro di gasolio
possiede una quantità di energia chimica, convertibile
in calore attraverso
la combustione, pari a 9,9 kWh (8514
kcal); un chilo di
legna contiene mediamente 3,4 kWh (2924 kcal),
con umidità del 30%:
un litro di gasolio riscalda quindi quanto
di legna.
Il costo medio di un
litro di gasolio per riscaldamento domestico è
di 0,823 Euro mentre
quello della legna da ardere, resa all’utente, è
di circa 0,10 Euro al
kg.
Se si ipotizza di sostituire
una caldaia a gasolio che consumi
di combustibile annui
(per una spesa di 2.470 Euro) con una caldaia
a biomassa
che necessiti annualmente di
costo medio di 900
Euro/anno) le spese dovute al combustibile si
riducono di circa 2/3
rispetto alla caldaia convenzionale, con un
risparmio pari a
1.570 Euro/anno.
Nella tabella
seguente vengono riassunti i costi relativi alle sole
spese di
riscaldamento relative ad un’abitazione isolata di 120 – 150
m2, situata ad un’altitudine di circa
Considerando che la
combustione del gasolio produce oltre
di CO2 per kg combusto, si eviterà inoltre di immettere nell’ambiente
almeno 7,5 t annue di
CO2 da una fonte non rinnovabile e
non compensate da un
analogo assorbimento da parte della pianta
viva.
RENDIMENTO DI UNA CALDAIA E POTENZA
NOMINALE
La potenza nominale di una caldaia indica la potenza massima
erogabile
all’utente in
condizioni di normale e continuato funzionamento dell’impianto.
La potenza al focolare indica invece quanta energia primaria (del
combustibile)
per unità di tempo
consuma la caldaia per fornire all’utente la
potenza nominale. Il
rapporto tra queste due potenze esprime il rendimento
di combustione della
caldaia, indica cioè quanta energia termica è
fornita per ogni
unità di energia immessa con il combustibile.
Naturalmente il
massimo teorico è del 100%, situazione che si verificherebbe
qualora tutta
l’energia contenuta nel combustibile fosse resa
disponibile
all’utente, ma nella pratica una caldaia efficiente, alimentata
a biomassa,
a fiamma rovesciata, ha dei rendimenti di conversione compresi
tra 70 e 80%.
DETRAZIONI FISCALI SU NUOVI IMPIANTI
Tra le principali
misure previste dalla manovra finanziaria del 2002
(Legge 448 del 28 dicembre
2001), si segnala la conferma dei vantaggi
fiscali per gli
interventi di recupero del patrimonio edilizio. Tale disposizione
consente la
detrazione IRPEF nella misura del 36% e l'applicazione
dell'aliquota IVA
ridotta al 10% sulle spese sostenute per gli interventi
di manutenzione
ordinaria e straordinaria; tra questi sono previsti anche
gli interventi di
risparmio energetico sul patrimonio edilizio (art.8
della
legge 10/91,
riconfermato nel DM 15.2.92 del MICA) e quindi l'installazione
di impianti che
utilizzano fonti di energia rinnovabili.
Impianti a biomassa con rete di teleriscaldamento
Cos’è il teleriscaldamento
Il teleriscaldamento
consente la distribuzione del calore prodotto
da una o più centrali
termiche con una rete di tubazioni isolate che
corrono al di sotto
delle strade del paese o della città, alla quale vengono
allacciate le singole
utenze. In pratica si fornisce calore per il
riscaldamento e per
l’acqua sanitaria mediante scambiatori di calore
installati presso
ogni abitazione, che sostituiscono quindi le singole
centrali termiche.
Un’unica centrale che
collega più utenti, grazie anche ai tubi preisolati
di
nuova generazione che
nella distribuzione non disperdono energia, è
dotata di una
tecnologia più avanzata rispetto a quella delle tradizionali
caldaie domestiche e
garantisce rendimenti elevati e minor inquinamento
atmosferico. La rete
di teleriscaldamento può quindi far parte delle
reti tecnologiche che
normalmente portano i servizi nelle nostre
case, quale la rete idrica,
quella elettrica o quella fognaria.
Caldaia a biomassa per il
teleriscaldamento
Se gli utenti da
riscaldare sono numerosi e situati a breve distanza
tra di loro, può
risultare conveniente realizzare un impianto di
teleriscaldamento a biomassa. Questi impianti sono costituiti da
un’unica centrale
termica alimentata con legno sminuzzato o con
altre biomasse, alla quale sono allacciati diversi utenti per
mezzo di
una rete di
distribuzione del calore costituita da tubi interrati.
La potenza va da
pochi MW a qualche decina di MW.
Il principio di
funzionamento delle caldaie a biomassa di grande
potenza è lo stesso
di quello visto per le caldaie di medie dimensioni:
il combustibile legno
viene bruciato in una camera di combustione, ed
i gas caldi ottenuti cedono
il calore al fluido vettore (acqua) che circola
nell’impianto di
riscaldamento dell’abitazione. Però, a differenza
delle piccole
caldaie, gli impianti
industriali sono
caratterizzati da
una tecnologia più
sofisticata che
consente di
raggiungere rendimenti
più elevati con
vantaggi sia economici
che ambientali. La
camera di
combustione di queste
caldaie può
essere di diversi
tipi: a griglia fissa,
a griglia mobile, a
griglia inclinata,
a griglia a tappeto,
ecc., ma tutti i
sistemi sono
progettati per ottimizzare
il processo di
combustione del
legno che, a seconda
della tipologia
di griglia scelta,
può essere introdotto
in camera di
combustione
anche con elevati
contenuti di umidità.
Questi impianti sono
inoltre
caratterizzati da un
alto grado di
automazione, con
impiego di sistemi di controllo e taratura che
assicurano una
corretta combustione dei materiali legnosi, nel
rispetto delle
attuali norme in materia di emissioni (D.L. 05/02/97 -
D.M. 05/02/98 -
DECRETO RONCHI- D.P.C.M. 8/03/02).
Rispetto ai sistemi
per il riscaldamento domestico fin qui
presentati, l’impianto
di riscaldamento centralizzato
differisce per alcuni
aspetti:
• la caldaia
installata è di grandi dimensioni, capace di riscaldare
tutte le abitazioni
allacciate (comunemente da
significa da un
insieme di condomini ad un intero paese, come ad
esempio a
Badia dove è
attualmente attivo un impianto di biomasse);
• la gestione della
centrale è affidata ad un’azienda e non impegna
in alcun modo gli
utenti che devono solo impostare i tempi e le
temperature per il
riscaldamento domestico;
• la centrale è
completamente automatizzata e può garantire in tal
modo un’elevata
efficienza del servizio di riscaldamento;
• non essendo
necessaria l’installazione di caldaie singole per il
riscaldamento
domestico, non è necessario neppure provvedere
alla manutenzione
delle stesse ed ai controlli annuali previsti dalle
nuove normative;
• la gestione
centralizzata e l’uso della biomassa quale
combustibile
consentono di
ridurre, a livello urbano, le emissioni di sostanze
inquinanti, con un
considerevole miglioramento della qualità dell’ambiente.
Scambiatore di
calore
Presso ogni utente
viene installata una sottocentrale dotata di
scambiatore di calore
nel quale l’energia viene ceduta all’acqua circolante
nell’impianto
domestico.
Lo scambiatore a piastra permette
quindi all’acqua che
giunge
dalla centrale di
cedere calore al
circuito idraulico
dell’abitazione;
lo scambiatore è corredato
da un
sistema di
misurazione della
portata e della
temperatura dell’acqua
in ingresso e in
uscita.
Mediante un sistema di telecontrollo
il dato sul consumo
delle
utenze è trasmesso e
registrato
presso gli uffici
della centrale termica
per la tariffazione. Lo
scambiatore di calore
non è soggetto
alla normativa
vigente per
gli impianti termici,
può essere
installato ovunque,
non fa fumo,
non consuma energia
elettrica e
non è alimentato da
combustibili
pericolosi; si limita
a prelevare
energia dall’acqua
calda della
rete di
teleriscaldamento e trasmetterla all’acqua fredda del condominio
attraverso un
semplice contatto di piastre.
L’ACQUA COME VETTORE ENERGETICO
Normalmente, nelle
nostre città,
sotto le strade
corrono le tubazioni
che provvedono a portare
il metano
necessario ad
alimentare le caldaie
degli impianti di
riscaldamento.
Laddove la rete
metanifera non
arriva, è necessario
stoccare il
combustibile vicino
alla caldaie e,
per far questo,
occorre rispettare le
numerose norme di
sicurezza
imposte dal fatto che
i combustibili
fossili risultano
esplosivi e/o
incendiabili. Il
discorso non vale
per l’acqua che è un
vettore energetico
non pericoloso perché
non
esplosivo, non in
pressione e non
infiammabile. Lo
scambiatore che
s’installa
nell’abitazione non è soggetto
a restrittive norme
di sicurezza
e risulta più sicuro.
AGEVOLAZIONI AGLI UTENTI DELLA RETE DI
TELERISCALDAMENTO
Con la legge
Finanziaria 1998, e successive integrazioni, viene riconosciuto
agli utenti
allacciati alle reti di teleriscaldamento alimentate a biomassa
uno sconto di 0,26
Euro alla tariffa del kwh termico utilizzato.
La riduzione è stata
prorogata fino al 30.9.2002. Gli sconti sopra indicati
devono essere
riconosciuti direttamente all’utente dalla Società di produzione
nelle fatturazioni
all’utenza diventando “Credito d’Imposta”
della Società nei
confronti dello Stato.
L’art. 29 della
Finanziaria 2001 prevede inoltre che agli utenti che si collegano
dal 1° Gennaio 2001
alla rete di cui sopra è concesso un contributo
pari a 20,65 Euro per
ogni KW di potenza impegnata: anche questo
sconto viene
anticipato dalla Società che quindi matura un nuovo
“Credito d’Imposta”.
I costi del
teleriscaldamento
Nella tabella
seguente vengono riassunti i costi relativi alle sole
spese di riscaldamento
relative ad un’abitazione isolata di 120 – 150
m2, allacciata alla rete di teleriscaldamento situata ad
un’altitudine di
circa
I costi del
teleriscaldamento risultano confrontabili con quelli dei
sistemi di riscaldamento
tradizionali; bisogna però considerare alcuni
vantaggi offerti da
questa tipologia di soluzione impiantistica:
• l’utente finale non
deve sostenere i costi d’installazione di una caldaia
a metano o gasolio;
• il gestore delle
rete solitamente offre, nel prezzo esposto sopra,
anche il servizio di
manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto
fino allo scambiatore
compreso;
• la telegestione e la telecontabilizzazione
permettono all’utente di
programmare e gestire
il servizio come desidera e di pagare esattamente
il corrispettivo
dell’energia termica consumata;
• il
teleriscaldamento risulta sicuro, come già evidenziato in precedenza;
• il
teleriscaldamento si propone come unica soluzione per chi
voglia riscaldare a biomassa ma non abbia a disposizione lo spazio
necessario per
installare un caldaia a legna individuale.
Fonti di
finanziamento per l’acquisto e la messa in opera
di impianti termici
funzionanti a biomasse
Piano di Sviluppo
Rurale
L’Unione Europea,
tramite il Regolamento (CE) n. 1257/99 del
Consiglio del 17
maggio 1999, nel definire il quadro del sostegno
comunitario per lo
sviluppo rurale sostenibile, ha previsto un sistema
articolato di misure
di intervento contenute nel Piano di
Sviluppo Rurale (PSR)
di durata settennale (2000 - 2006).
Ogni anno
pubblicati sul B.U.R e sono disponibili presso gli organismi regionali
e provinciali
competenti in materia (per es. Ispettorati Regionali
Agricoltura,
Direzione Regionale Politiche Agricole Strutturali -
http://www.regione.veneto.it/agricoltura/indici/bandopsr.htm).
Il bando per l’anno
2002 prevedeva finanziamenti per l’acquisto e la
messa in opera di
impianti termici funzionanti a biomasse. Nella
tabella
che segue vengono
riportate le suddette opportunità di finanziamento.
Obiettivo 2
Un’altra fonte di
finanziamento relativa all’utilizzo delle biomasse
a scopo energetico
proviene dal Regolamento (CE) n.1260/1999.
Con DGR n. 1682 del
2002
bando per la
presentazione delle domande di contributo per
“Investimenti di
carattere energetico” (misura 2.2).