Nacque il 10 febbraio 1888 ad
Alessandria d’Egitto ove il padre, lucchese di origine, aveva condotto
la famiglia attirato dalla prospettiva di partecipare ai lavori per la
costruzione del canale di Suez. Quando questi morì in seguito ad un
tragico infortunio sul lavoro, Ungaretti, rimasto orfano a soli due
anni, fu allevato dalla madre che per sopravvivere gestiva una piccola
bottega in un quartiere popolare della città africana. Qui compì gli
studi medi presso una prestigiosa scuola privata e conobbe il poeta
Enrico Pea (1881-1958), la cui “baracca rossa” costituiva un punto
di riferimento per molti emigranti italiani, che vi si riunivano per
discutere di politica e letteratura. Fu questo un periodo di intenso e
appassionato tirocinio culturale, durante il quale lesse con passione le
opere dei più significativi poeti dell’Ottocento italiano e francese
(tra essi ricordiamo Leopardi, Baudelaire e Mallarmè), il cui influsso
si sarebbe rivelato fondamentale nella sua formazione artistica e
culturale.Nel
1912 si trasferì a Parigi per frequentare la Facoltà di Lettere alla
Sorbona. Immersosi con entusiasmo nell’effervescente e variegata
atmosfera culturale della capitale francese, strinse ben presto profondi
legami di amicizia con alcuni tra i protagonisti più importanti della
scena artistica e letteraria europea: in particolare, ricordiamo i poeti
Apollinaire, Papini, Palazzeschi e i pittori Picasso, De Chirico e
Modigliani. Allo scoppio della prima guerra mondiale rientrò in Italia
per partecipare alla campagna interventista. Dopo la dichiarazione di
guerra all’Austria partì per il fronte in qualità di soldato
semplice e combattè sul Carso. Dall’esperienza della guerra nacquero
le liriche del Porto Sepolto (1916), che in seguito sarebbero state
inserite nella raccolta Allegria di naufragi (1919), ripubblicata a sua
volta nel 1931 in edizione definitiva col titolo L’Allegria. In questa
sua prima raccolta Ungaretti si proponeva di recuperare la verginità
della parola poetica, rifiutando le “pompose vuotaggini dell’onda
oratoria” o i “vagheggiamenti decorativi ed estetizzanti”, spinto
a ciò dalla dolorosa esperienza della guerra che spingeva ogni soldato,
“alle prese con la cecità delle cose, con il caos, con la morte”, a
ricapitolarsi “dalle origini, stretto a risollevarsi nella solitudine
e nella fragilità umana”. Finita la guerra, Ungaretti ritornò a
Parigi, ove lavorò come impiegato all’ambasciata italiana. Nel 1920
si sposò con Jeanne Dupoix, dalla quale avrebbe avuto due figli, Ninon
e Antonietto. Trasferitosi a Roma, lavorò a partire dal 1921 presso
l’Ufficio stampa del ministero degli Esteri, dedicandosi nel contempo
con rinnovata energia all’attività letteraria, come testimoniano le
numerose poesie pubblicate su varie riviste italiane e francesi, poi
riunite nel volume Sentimento del tempo (1933), che segna il suo
passaggio dalla poetica della “parola pura” all’ermetismo, ma
anche l’approdo alla fede, sancito nel 1928 dal ritorno in seno alla
Chiesa cattolica. Dal 1936 al 1942 insegnò letteratura italiana
all’Università di San Paolo in Brasile: fu durante questo soggiorno
che perdette tragicamente il figlio Antonietto, morto a soli nove anni
per le complicazioni insorte in seguito ad un intervento chirurgico.
Tornato a Roma, venne nominato Accademico d’Italia ed ottenne la
cattedra di Letteratura moderna e contemporanea all’Università La
Sapienza. Agli avvenimenti di questo periodo appartengono le poesie
pubblicate nella sua terza raccolta, Il dolore (1947), cui fecero
seguito La Terra Promessa (1950), Un grido e paesaggi
(1952) e Il taccuino del vecchio (1960). L’ultima fase della
produzione poetica di Ungaretti è caratterizzata da un progressivo
ritorno alle forme metriche tradizionali e dalla dolente meditazione
sulla storia umana, all’interno della quale si inscrive sempre quella
sulla propria esperienza di individuo. Come osserva Arnaldo Bocelli,
“l’Ungaretti più nuovo e più vivo è in quelle poesie che la
restaurazione sintattica e metrica fanno coincidere col suo anelito più
segreto, con la sua vocazione prima del canto: che è discorde concordia
di terreno e celeste, di parvente ed occulto, un’umbratile luce, un
paese innocente. Poesie dove la coralità, l’unanimità di un tempo,
traducendosi in rappresentazione-evocazione, segue più modi e più
direzioni, ma sempre con risultati armoniosi e liricamente convergenti
nella direzione di un’estrema oggettività, che dà luogo a plastici
miti dall’andamento di poemetto vagamente descrittivo-narrativo”.
Negli ultimi anni della sua vita ricevette alcuni prestigiosi premi
letterali nazionali e internazionali. Morì nella notte tra il 1 e il 2
giugno 1970. Un anno prima la sua intera produzione poetica era stata
pubblicata da Mondadori col titolo complessivo di Vita di un uomo.
|