LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Guerra combattuta tra le maggiori potenze dal 1914 al 1918. Cause storiche: l’agitata situazione balcanica e la rivalità in questo settore tra Russia e Austria-Ungheria. Lotta delle nazionalità slave e dell’irredentismo italiano (malgrado la Triplice Alleanza) contro il sovranazionalistico impero asburgico; la crisi dell’impero turco e le mire russe, specie sugli stretti, nella successione di potenza, in gara con le forti posizioni tedesche, specialmente economiche, in tale settore: la rivalità marittima anglo-tedesca; l’attrito franco-tedesco (Alsazia-Lorena, Marocco); la fine nella politica estera tedesca della realistica impostazione bismarchiana. Causa immediata e scoppio: il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip, uno studente bosniaco di nazionalità serba, uccise in un attentato a Sarajevo (capitale della Bosnia) l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco. Attribuendo alla Serbia la responsabilità dell’accaduto, il governo di Vienna prima lanciò un pesante ultimatum al governo di Berlgrado, poi, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra alla Serbia. In pochi giorni, il meccanismo delle alleanze trascinò in guerra la Germania a fianco dell’Austria, cui si contrapposero Francia, Russia e Gran Bretagna. Offensiva tedesca sul fronte occidentale: arrivò a minacciare Parigi, ma venne fermata nella battaglia della Marna (5-12 settembre 1914). Dalla guerra di movimento si passò a quella di posizione su un’immensa linea di trincee; i Tedeschi lanciarono una nuova offensiva nel 1916 su Verdum, che resistette; nel grande scontro navale dello Jutland gli Inglesi ebbero la meglio. Offensiva tedesca sul fronte orientale: i Russi, lanciatisi all’offensiva furono sconfitti dai Tedeschi a Tannenberg (fine agosto 1914) e ai Laghi Masuri (9-10 settembre); batterono invece gli Austriaci a Leopoli (3 settembre), invasero la Galizia e sfondarono in Bucovina, inducendo con i loro successi la Romania ad affiancarsi all’Intesa, ma una poderosa controffensiva tedesca (1916) piegò questo paese. L’intervento dell’Italia (24 maggio 1915): la Triplice Alleanza era un patto difensivo e quindi non obbligava l’Italia a entrare in guerra a fianco degli alleati austro-tedeschi perciò il governo italiano, allo scoppio del conflitto dichiarò la propria neutralità. Ma nei mesi successivi si venne costituendo nel paese un sempre più forte fronte interventista, che si batteva per l’entrata in guerra al fianco dell’Intesa. Ne facevano parte diversi gruppi politici: gli irredentisti, volevano la guerra contro l’Austria per riconquistare il Trentino e la Venezia-Giulia, terre italiane comprese nell’impero austro-ungarico e perciò ancora “irredente”; per costoro, come per gli interventisti democratici, la guerra era da intendersi come conclusione del processo risorgimentale e come battaglia di civiltà contro le autoritarie potenze dell’Europa centrale. Per i sindacalisti rivoluzionari e per i socialisti rivoluzionari (trai quali Benito Mussolini), invece, la guerra rappresentava un momento di rottura e di crisi della società capitalistica borghese, che avrebbe dato il via a un movimento rivoluzionario. Infine i nazionalisti, la componente più ampia e attiva dello schieramento interventista, vedevano nella guerra l’occasione storica per affermare la grandezza dell’Italia per “purificare” quella che a loro sembrava la debole e inietta società italiana.
Nel fronte neutralista militavamo: i socialisti, che consideravano la guerra un conflitto interno al capitalismo imperialistico, cui la classe operaia doveva rimanere estranea; i cattolici, per ragioni ideali; i liberali giolittiani, poiché Giolitti pensava che l’Italia non fosse preparata a un conflitto di tali proporzioni e che avrebbe potuto ottenere molto, da entrambi i contendenti, in cambio della propria neutralità. Finalità essenzialmente politiche (dare prestigio al paese e alla corona, garantire l’ordine sociale), indussero il governo a sottoscrivere nell’aprile 1915 un accordo segreto per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa (patto di Londra). Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Il 1917 fu un anno cruciale per le sorti del conflitto. Sul fronte orientale si verificò il tracollo militare della Russia, che condusse alla caduta del regime zarista e al ritiro della Russia dalla guerra. Gli imperi centrali poterono così concentrare i loro sforzi sul fronte italiano: il 24 ottobre 1917 riuscirono a sfondare a Caporetto, costringendo i nostri reparti a una ritirata precipitosa, una vera e propria “rotta”, fino al fiume Piave, dove fu stabilita la nuova linea del fronte. Ma l’evento decisivo, e a favore dell’Intesa, fu l’intervento degli Stati Uniti, nell’aprile 1917. Diverse ragioni indussero l’amministrazione americana a passare dall’aiuto economico all’Intesa all’intervento militare diretto: l’affinità ideologica e politica con le potenze democratiche; la volontà di proteggere la libertà di commercio sui mari dalla guerra sottomarina tedesca; la preoccupazione per la sorte degli ingenti prestiti concessi a Francia e Gran Bretagna. L’intervento statunitense rese sempre più infauste le prospettive della guerra per gli Imperi centrali. Sul fronte occidentale le truppe alleate respinsero l’ultima grande offensiva tedesca e contrattacarono sfondando le linee nemiche ad Amiens (8 agosto 1918). Sul fronte italiano, il generale Armando Diaz, succeduto a Cadorna, riuscì ad arrestare l’offensiva sferrata dagli austriaci sul Piave nel giugno 1918 e poi a sbaragliare gli austriaci a Vittorio Veneto. Il 4 novembre 1918, a Villa Giusti, presso Padova, l’Austria-Ungheria firmò l’armistizio. Anche la Germania, stremata economicamente e militarmente, chiese alle potenze dell’Intesa l’armistizio, che fu firmato l’11 novembre 1918, sancendo la fine del conflitto. I trattati di pace: furono firmati con la Germania a Versailles il 28 giugno 1919, con l’Austria a St.-Germain-en-Laye il 10 settembre 1919, con la Bulgaria a Neuilly il 27 novembre 1919, con l’Ungheria a Trianon (Versailles) il 4 giugno 1920, con la Turchia a Sèvres (agosto 1920) e definitivamente a Losanna (luglio 1923). Perdite: complessivamente, 10 milioni di morti (600.000 Italiani).