Il 10
aprile 1964, dopo dieci anni di silenzio poetico, Eugenio Montale
scrisse una breve poesia dedicata alla moglie morta, Caro Piccolo
insetto: ne seguirono altre ventisette, denominate complessivamente
Xenia, ovvero «doni votivi» offerti alla cara scomparsa. Un primo
gruppo di questi venne pubblicato nel 1966, per confluire
successivamente nella raccolta Satura (1971), che risulta pertanto
articolata in quattro sezioni: Xenia I, Xenia II, Satura I, Satura II.
Il titolo, sulla cui interpretazione Montale ha comunque lasciato un
ampio margine di interpretazione, allude contemporaneamente alla varietà
dei contenuti, alla tonalità satirica e ironica predominante nella
maggior parte dell'opera, e forse anche alla «saturazione» prodotta
nel poeta dalla sovrabbondanza mediatica della società dei consumi.
Quest'ultima interpretazione, in particolare, troverebbe una sua
legittimazione nei numerosi interventi in cui Montale ha denunciato i
limiti della cultura di massa,<<utilitaria e quasi sportiva>>,
o in alcune poesie della raccolta ove, con corrosiva ironia, vengono
stilati veri e propri repertori dei luoghi comuni dell'immaginario
collettivo, ad esempio Fanfara (Satura I) e Piove (Satura II). Le prime
due sezioni della raccolta, come abbiamo già anticipato, ospitano i
ventotto Xenia dedicati a Drusilla Tanzi, «caro piccolo insetto / che
chiamavano Mosca>>, <<smarrito nel blabla / dell'alta società>>
ma capace ugualmente di smascherare col suo «radar di pipistrello»
tutti «quei furbi» che credevano in cuor loro di prendersi gioco di
lei. Ogni «xenion» nasce dall'improvvisa e quasi magica evocazione
della moglie, che s'impone all'attenzione del poeta senza mai recargli
dei messaggi, presenza muta e inesplicabile. Dai ricordi emerge il
ritratto di una donna apparentemente fragile e nevrotica ma in realtà
forte e coraggiosa, sensibile all'estremo epperò lucidamente ironica,
essenziale e sobria in ogni circostanza; era stata lei (in paradossale
contrasto con le sue pupille «tanto offuscate» ) a guidare il poeta
nelle complesse vicende della vita, al punto da spingerlo ad esclamare:
«il mio coraggio fu il primo / dei tuoi prestiti e forse non l'hai
saputo». Adesso che lei non c’è più, il poeta sente attorno a sé
<<il vuoto ad ogni gradino>>, conscio che per sentire le sue
parole dovrà abituarsi a decifrarle <<nel ticchettìo della
telescrivente / nel volubile fumo dei miei sigari / di Brissago». Non
è quindi una presenza consolatoria, quella della moglie, ma inquietante
ed enigmatica, non porge certezze e conforto, ma dubbi e contraddizioni:
«Tu sola sapevi che il moto non è diverso dalla stasi, che il vuoto è
il pieno e il sereno è la più diffusa delle nubi. Così meglio intendo
il tuo lungo viaggio imprigionata tra le bende e i gessi. Eppure non mi
dà riposo sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa>>.
Nelle altre due sezioni, Satura I e Satura II, oltre ad un certo numero
di poesie, spesso amare e malinconiche, in cui ritorna l'immagine della
moglie, Montale intende offrire in maniera volutamente episodica e
frammentaria un ritratto fedele e incisivo degli anni Sessanta, epoca di
grande sviluppo economico e progresso tecnologico, ma anche di profonde
crisi culturali e sociali. Dalle numerose notazioni e riflessioni sparse
qua e là nei testi, emerge l'immagine desolata di un'umanità ignara
del proprio «nulla», che il poeta si diverte a contemplare dall'alto
della sua disincantata e amara saggezza: <<Ho contemplato dalla
luna, o quasi, il modesto pianeta che contiene filosofia, teologia,
politica, pornografia, letteratura, scienze palesi o arcane. Dentro c'è
anche l’uomo, ed io tra questi. E tutto è molto strano>>.
Nessuna trascendenza interviene ad illuminare la disperante solitudine
esistenziale del poeta, che ironizza , sulle speranze escatologiche e
palingenetiche delle varie religioni: <<Non si nasconde fuori del
mondo chi lo salva e non lo sa. E’ uno come noi, non dei migliori>>.
Alla riflessione sul senso della storia e degli avvenimenti umani, si
aggiunge infine anche quella, espressa in maniera graffiante e ironica,
o paradossale sull’essenza della poesia: contro le mode
contenutistiche e realistiche, Montale rivendica l’assoluta autonomia
del testo poetico, refrettario alle <<glosse degli scoliasti>>
o alle teorizzazioni peregrine sulla natura dell’ispirazione. |