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“Trance” ipnotica

di Paolo Copello


Erano già scese due coppie di esploratori.

Il comandante Dlorta sollevò il capo per osservare le lampadine che segnavano il trascorrere del tempo. Dietro di lui, un brusio indistinto, le voci mischiate e sovrapposte di decine di persone sedute nella sala comandi.

<< E' quasi scaduto >> pensò. Si riferiva al tempo concesso agli esploratori: le due coppie, "Veltro" in codice, non avevano ancora dato notizie. Dlorta abbassò la testa e incrociò lo sguardo indagatore di Tluzi, il suo secondo. Subito si voltò dall' altra parte. Non riusciva a reggere. Quegli occhi, così fissi, così penetranti, sembravano sempre cercare qualcosa che stava nascosta, chiusa dentro la mente di Dlorta.

<< E' inutile >> si diceva il comandante. Ma doveva farlo. Si alzò dal seggiolino. In quell' istante le orecchie di Tluzi si mossero, spalancandosi, e vibrarono, come tese al massimo. Qualcosa di rapido passò sulla sua bocca, come l' accenno di un sorriso. Aveva capito cosa pensava Dlorta.

Il comandante si avvicinò a grandi passi al seggiolino di Bik, che controllava il comunicatore.

Con ostentazione si schiarì la voce, e allora tutti i brusii e le voci si ridussero a un lievissimo ronzio di sottofondo.

- Notizie? - chiese, senza troppo entusiasmo.

- Nessuna, comandante - rispose Bik - Ricevo ben distinti i quattro segnali che indicano il perfetto funzionamento dei trasmettitori delle due squadre. Purtroppo, sono tutti e quattro in posizione di stand-by.

- Tentativo di comunicazione - ordinò Dlorta, sempre senza crederci.

- Agli ordini. Nave Madre a Veltro Uno! Nave Madre a Veltro Due! Rispondete!

Bik ripetè il messaggio due volte, ma non ci fu risposta. Poi l' addetto alle comunicazioni si voltò verso il suo comandante, senza dire nulla. Ma il suo sguardo era eloquente.

<< Non sa più che pesci pigliare >> pensò Dlorta << E, del resto, nemmeno io >>

Una voce giovane alle loro spalle disse: - Per me, li hanno presi.

- Non è il caso di trarre conclusioni azzardate - commentò Dlorta, senza voltarsi, e senza nemmeno chiedersi a chi appartenesse quella voce - Abbiamo scelto una zona scarsamente popolata, in mezzo alle montagne: dubito che si tratti di una zona militare. E quindi è difficile che i nostri siano stati catturati dagli indigeni. Erano anche armati... un momento. Bik, avete provato ancora una volta ad attivare a distanza gli scanner e i reporter di Veltro Due?

- Sì, comandante, ma è stato inutile.

- Tentate un altra volta, magari inserendo gli oscillanti supplementari.

- Agli ordini - Bik armeggiò con una serie di pulsanti, poi disse - Non succede niente.

- Non sapete usarli. Lasciate fare! - disse secco Dlorta e, spingendo lateralmente il seggiolino di Bik, si mise al lavoro con la tastiera.

Allora Tluzi si alzò di scatto e tuonò: - Comandante Dlorta! Cosa state facendo? Questo non è permesso dal regolamento! Voi potete solo comandare, non altro! Smettetela!

Ma a Dlorta importava poco:

- Al diavolo il regolamento. Ecco, ce l' ho fatta. Scanner e reporter attivati.

- Comandante! Mi state a sentire o no? - fece Tluzi - Lasciate subito il posto a Bik!

- Tluzi, a sedere! - ordinò Dlorta con nervosismo, facendo un gesto con il braccio, ma senza guardare negli occhi il suo secondo, poi proseguì - Ecco, Bik. Tornate pure al vostro posto.

Il seggiolino di Bik si rimise in posizione, mentre Tluzi si sedeva. Dlorta prese fiato e si calmò. Poi chiese: - Bik, quali sono le informazioni fornite da reporter e scanner?

- La coppia Veltro Due è viva, comandante. Il reporter indica stato di salute apparentemente perfetto. Ora controllo lo scanner. Ecco: si trovano in una specie di stanza quadrata, con quattro aperture. Non è una cella. Dentro ci sono altri due esseri simili a noi: si tratta di sicuro di Veltro Uno. Sono tutti e quattro in piedi, fermi, e non stanno comunicando tra di loro.

- Diavoli dell' inferno! E allora, che cosa stanno facendo?

- Sembrerà incredibile, comandante, ma... non stanno facendo nulla! Ho finito di elaborare i grafici mentali, guardate: stanno perdendo la concentrazione e... pensano sempre meno ogni secondo che passa!

- Maledizione, Bik! Com' è possibile?

- C' è una sola spiegazione, comandante. Sono in trance, sono stati ipnotizzati dagli indigeni. I comunicatori funzionano, ma loro non li usano, e non rispondono alle chiamate. Stanno dimenticando chi sono e che cosa sono venuti a fare! Non può che essere una trappola dei nativi!

- Se gli abitanti di questo pianeta possono fare di queste cose... - si interruppe e si rivolse alle persone riunite in sala comandi - Adesso andremo a liberare Veltro Uno e Due. Otto squadre armate si preparino a scendere. Prima squadra, voglio qui Tluzi, Gi, Sabe, Kild e Npol, e inoltre...

- Fermo, comandante! - lo interruppe Tluzi - Non potete ordinare questo.

Dlorta ribatté senza voltarsi: - E perché mai, Tluzi?

- Non potete ancora dare quell' ordine, comandante, perché il tempo concesso a Veltro Due scadrà esattamente tra sedici secondi.

Il comandante si girò verso l' orologio sopra il pannello di controllo. Quindici, quattordici, tredici... era vero! Aveva dato un ordine prima del tempo stabilito! Si voltò verso Tluzi, che continuava ad osservarlo con soddisfazione crescente, ma ancora una volta non riuscì a sostenere il suo sguardo.

Ancora una volta Tluzi era riuscito a metterlo in difficoltà! << Entro quanti giorni - si chiese Dlorta - arriverà a sferrarmi il colpo di... >>. Le lampadine segnarono quattro tre... ma, prima che il tempo scadesse, si sentì un suono, acuto e penetrante. Finalmente, il segnale!

- Comandante! - lo chiamò Bik - Sono Veltro Uno e Due! Hanno ristabilito il contatto!

Raccontarono di essere stati ipnotizzati da un congegno, davanti al quale si erano trovati appena dentro la stanza: - Sopra questa macchina appaiono le immagini di esseri che parlano tra di loro in una lingua incomprensibile. Sicuramente sono gli indigeni. Devono essersi allontanati, lasciando attivato l' apparecchio: chi tenta di fissare le immagini, rimane come paralizzato.

- Come avete fatto a liberarvi?

- Non sappiamo bene perché, ma all' improvviso la macchina è diventata nera, e le immagini sono sparite. Così siamo usciti dalla trance.

Il comandante e gli altri uomini che si trovavano in sala comandi si misero a discutere sul da farsi. Le opinioni erano molto contrastanti, ma accadde qualcosa che, in un modo o nell' altro, risolse il problema. Si accese una grossa lampadina sul quadro comandi di Bik, e una serie di suoni annunciarono una chiamata da parte dello Stato Maggiore. Appena Bik confermò che si trattava proprio di quello, Dlorta si irrigidì, le sue pupille si dilatarono in modo abnorme e le orecchie cominciarono a muoversi a scatti, avanti e indietro.

<< Lo Stato Maggiore... no, no, lo Stato Maggiore no! Ti prego, fa che non sia così... >>

- Un solo ordine - riferì Bik - Impossessarsi immediatamente e ad ogni costo della macchina ipnotica.

Era così! Era così! Erano veramente controllati! Anche a milioni di anni-luce di distanza, l' occhio dei militari riusciva a vederli... che cosa significava...


L' edificio non era molto grande. Il comandante Dlorta, sceso di persona sulla superficie del pianeta, si guardò intorno. Montagne, ricoperte di vegetazione. I pochi edifici che si vedevano in lontananza erano tutti molto simili a quello. Più in là, sulle rive di un corso d' acqua, sembrava esserci qualcosa di più consistente, forse un paese.

- Abbiamo analizzato le pareti dell' edificio - gli disse uno - E' fatto di materiali molto facili da distruggere, quindi non è una base militare. E poi è troppo piccolo.

- Già. Sembrerebbe una semplice abitazione - aggiunse un altro.

Dlorta guardò in basso. Le uniche forme viventi nel suo raggio visuale erano strani vegetali verdi, sui quali stava camminando, e dei piccoli esseri neri volanti.

Armi in pugno, il comandante e la sua squadra entrarono attraverso quello che sembrava l' ingresso principale. Subito si accorsero che, a giudicare dalle dimensioni di porte e locali, i nativi dovevano essere alti almeno il doppio di loro, se non più. La stanza in cui si trovavano era piena di curiosi oggetti, di cui tutti ignoravano la funzione. Si diressero verso la posizione indicata dai segnalatori, attraversarono un altro passaggio, e, fulminei, puntarono le armi verso...

... verso un "qualcosa" di colore scuro che si trovava proprio di fronte a loro. Nella stanza c' erano Veltro Uno e Due. Il comandante Dlorta guardò la macchina, là, sul fondo. Era proprio quella? Che strano... un oggetto così semplice... così innocuo...

- Forza, solleviamolo con l' antigravità - disse Tluzi.

... apparentemente innocuo! In realtà, era un arma spaventosa e lo Stato Maggiore la voleva! Lì forse stava la soluzione del dubbio che dopo anni di viaggio si era insinuato nella mente di Dlorta...

- Attenzione! Fermi! E' collegato alla parete!

... lui aveva letto un sacco di racconti di fantascienza... alieni minacciosi che insidiavano il suo pianeta... possibile che la fantasia dovesse tradursi così in realtà?

- E' collegato con due cavi molto sottili. Cerchiamo di staccarli - continuava a ordinare Tluzi.

Tluzi... che cosa voleva Tluzi... cosa nascondeva... cosa... No, Dlorta, no! Frena la tua immaginazione! Lo Stato Maggiore non può essere così crudele...

- Ce l' abbiamo fatta! Forza, facciamolo fluttuare fuori. Attenti, se si riattiva all' improvviso, che nessuno lo guardi, capito?

Erano già all' esterno.

- Avete visto che piante strane? - fece uno degli addetti all' antigravità.

- Sì, è vero. E che strani, quei cosi colorati che ci saltano sopra.

Strane... strani... li guardò anche Dlorta... strane, sì, ma meravigliose! Chi mai avrebbe potuto voler vedere distrutto un posto simile? Chi mai...

In quell' istante tutti gli altri, insieme con l' arma rubata, furono richiamati a bordo della nave. Rimasero soli, lui e Tluzi.

- Allora, è deciso. Le faccio i miei migliori auguri, Dlorta.

- Auguri? Che cosa significa?

- Niente di speciale, caro ex-comandante. Semplicemente, addio. Ma non dovete temere per questo paradiso. Allo Stato Maggiore questo pianeta non interessa.

- E voi come fate a... diavolo! Voi, Tluzi, siete stato voi a...

Ma in quel momento anche Tluzi scomparve alla sua vista, richiamato in orbita in un istante.

Dlorta rimase lì due secondi a fissare il vuoto, poi si lasciò cadere sull' erba. Le farfalle che succhiavano dai fiori lì vicino volarono via spaventate dall' urto.

Tluzi! Lui era in contatto con i capi militari sul suo pianeta... e adesso!

Chiuse gli occhi. Non osava pensare a cosa...

Non osava pensarci, ma non poteva fare a meno di pensarci! L' arma, l' arma micidiale, la trance ipnotica... era uno strumento terribile! Capace di rendere inoffensivo anche il guerriero più forte, grazie a quel suo misterioso potere... che stava per passare nelle mani sbagliate...

- Terribile, terribile... - continuava a ripetere Dlorta a mezza voce, finché non fu distratto.

Rumori. No. Voci. Una diceva: << Waaf, bark, woof... >> e l' altra rispondeva: << Prendilo, Artù! Dai, dai, Artù ! >>. Dlorta si sollevò lentamente, e già la mano si avvicinava all' arma appesa alla cintura. Voleva estrarla e sparare. Sparare! Sparare! Era solo, su un pianeta ostile, ma sapeva difendersi. Avrebbe venduto la sua pelle molto cara. Fece per afferrare la sua arma. Ma strinse l' aria: la pistola era caduta. E loro erano già su di lui: vide i loro volti. Lo fissavano.

L' essere color marrone lasciò cadere il bastoncino che teneva in bocca e si mise a fiutare Dlorta, mentre l' altro, quello dal muso rosa, parlò.

- Ciao! Sei un folletto? - chiese il bambino. Il cane scodinzolava.


- Guarda! La porta è aperta! - disse Roberto Berard a sua moglie Lorenza, mentre rincasavano. Dopo aver fatto la spesa giù in paese, erano tornati attraverso i campi, come al solito. Entrarono. Lui andò in cucina e aprì il frigorifero: dentro era buio. Allora chiamò: - Lorenza! E' mancata di nuovo la luce!

Ma dall' altra stanza gli giunse solo un urlo soffocato.

- Lorenza! Lorenza! Che succede! - gridò il marito, correndo verso il salotto.

- Roberto, guarda! Ci hanno rubato il televisore!

 


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