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Le avventure di Valentina

(dedicato a un’amica)

di Laura Mensi

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4 - LA NEMICA


Valentina aveva riletto tante volte il biglietto che aveva l’impressione di sapere ormai a memoria quelle poche righe, eppure non riusciva ancora a darvi un senso. Non voleva chiedere spiegazioni ad Elise, per non turbarla ancora; a vederla accasciata su un divano, scossa da silenziosi singhiozzi e con le guance bagnate di lacrime, Valentina si sentiva stringere il cuore dalla pena. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare la sua povera amica, ma prima doveva scoprire di cosa era all’oscuro. Il nonno di Elise doveva sapere qualcosa, perché dopo aver letto il biglietto si era chiuso in un ostinato mutismo e stava in piedi di fronte alla finestra guardando fuori con un terribile cipiglio sul viso; eppure quando si girò verso la ragazzina aveva un’espressione afflitta che quasi le ispirò un’improvvisa simpatia e le fece dimenticare momentaneamente di aver paura di lui. Dunque quello strano vecchio signore era capace di provare sentimenti come tutta la gente normale: in ogni modo, la situazione era così disperata che non si poteva fare a meno di rattristarsene. Il principe, l’innamorato di Elise, era stato rapito da una potente strega, Signora della Valle di Fergin, che si trovava al di là della Regione delle Acque Ferme e delle Montagne Invalicabili; nessuno poteva dire di averla mai vista, perché non oltrepassava mai i confini del suo vasto regno - oltre i quali i suoi malvagi poteri perdevano vigore - ma la sua fama aveva dato vita a numerose leggende che la volevano vecchia di molti secoli, sebbene sempre dotata di aspetto giovanile, e in grado di piegare ogni creatura vivente o inanimata ai suoi voleri grazie alle sue arti magiche. Pochi anni prima delle vicende che stiamo raccontando, forse annoiata dalla solitudine nella quale stava trascorrendo la sua eterna esistenza, si era dedicata con grande serietà alla ricerca di uno sposo adatto: giovane, bello, docile e facilmente dominabile; aveva messo allora gli occhi sul giovane principe di un grande e ricco paese, che era naturalmente l’innamorato di Elise, allora solo adolescente. Il rifiuto dei suoi genitori di concedere il figlio ed erede ad un’unione così oltraggiosa aveva offeso la Signora di Phert, che aveva promesso di vendicarsi. E così era avvenuto, il principe era stato rapito dal suoi appartamenti senza che nessuno se ne accorgesse, e purtroppo adesso il giovane si trovava prigioniero in quelle terre lontanissime e popolate da presenze maligne. Valentina fu profondamente turbata da questo racconto, e poté capire la disperazione di Elise; però lei per carattere era sempre molto positiva, e nonostante riconoscesse che la situazione era davvero difficile, credeva che dovesse esserci qualche soluzione.

Si stava dando da fare per trovarla, quando il nonno di Elise, che dopo aver finito di parlare era ritornato accanto alla finestra, sbuffò ed annunciò con aria seccata che stava arrivando qualcuno. Senza specificare di chi si trattasse, e senza che Valentina si stupisse ormai che fosse riuscito a vederlo nonostante fuori fosse così buio, scomparve con un fruscio: quando la ragazzina si voltò la stanza era deserta, ma ormai conosceva il trucco; non c’era magia, il nonno della sua amica nonostante l’età aveva davvero vista da falco e passo rapidissimo. Dunque, se davvero stava arrivando un visitatore, avrebbe dovuto accoglierlo lei; ed ecco, infatti, pochi colpi decisi al portone, che con un cigolio si spalancò, e permise a passi altrettanto decisi di farsi strada verso un salotto poco più in là della stanza dove si trovava Valentina. Decisamente curiosa, sgusciò in fretta verso la porta socchiusa da cui filtrava una lama di luce, e sbirciò dalla fessura: vide un uomo fermo davanti al camino, con lo sguardo fisso su un bel ritratto di Elise, perché quella era la sua stanza privata; si girò subito appena sentì entrare Valentina, con un’espressione felice e preoccupata, che lasciò il posto alla meraviglia quando si accorse che non era la sua amata. Fu comunque molto cortese, e si inchinò galantemente presentandosi, naturalmente, come il duca Desiderio. Valentina lo fissava trasognata: era possibile che la sua amica non amasse quel giovane tanto amabile e di aspetto meraviglioso? Non era giusto che il mondo dove ora si trovava fosse abitato da persone così belle ed affascinanti, che invece scarseggiavano in quello da cui proveniva. Arrossì leggermente quando si accorse che stava ancora fissando l’ospite; stava diventando proprio maleducata! Fece allora la riverenza migliore che le riuscì, si presentò a sua volta come un’amica di Elise - il che le guadagnò subito tutta la stima del giovane gentiluomo - e pregandolo di sedersi spiegò i tragici fatti appena avvenuti, cercando di non addolorarlo troppo. Povero Desiderio: era venuto a chiedere notizie della ragazza che amava, perché non l’aveva vista a palazzo dove avrebbe dovuto danzare quella notte, e ora lo si informava che era precipitata nell’angoscia più terribile perché colui che lei amava, cioè il suo rivale, era scomparso e forse non lo avrebbe mai più rivisto. Fu molto nobile, riuscì a mettere da parte i propri sentimenti: solo con uno sguardo ferito che non sfuggì agli occhi comprensivi ed afflitti di Valentina, ascoltò con grande serietà il proposito di Elise di partire all’alba verso le terre della malvagia strega che le aveva rapito l'innamorato. Desiderio fu breve: non avrebbe permesso a due giovani donne di intraprendere un viaggio tanto lungo e rischioso senza alcuna compagnia e difesa; sarebbe partito con loro, senza pretendere nulla in cambio, perché la ricompensa per lui più gradita era vedere Elise felice, ed entrambe di nuovo al sicuro. Confidava in Valentina perché riuscisse a convincere la sua amica della necessità della sua presenza; prima di congedarsi, stringendole le mani, e inchinandosi per deporvi un leggero bacio sul palmo, come si usava in quei luoghi, si accordarono per incontrarsi, fuori dalla città, presso le porte orientali; da lì avrebbero cominciato il viaggio.


5 - PRIMI PERICOLI


Non fu facile far accettare ad Elise la notizia che il duca Desiderio le avrebbe accompagnate nel viaggio. Valentina per prima non era del tutto convinta che fosse giusto, ed era stata assalita dai dubbi non appena la porta gli si era chiusa alle spalle. Eppure quando lo aveva guardato negli occhi ed aveva visto che era davvero addolorato, non era riuscita a dirgli di no; in fondo, era lui a far loro un favore, e se questo lo rendeva felice, non poteva esserci nulla di male. Convincere Elise era però tutt’altro discorso: non molto dopo che il duca se ne era andato, Valentina senti i passi dell’amica sulle scale e, in preda al rimorso, si preparò a subire le ire della giovane.

Elise aveva indossato un vestito semplice, adatto ad un viaggio per luoghi impervi, ed era pallida ma decisa; aveva già preparato una piccola valigia con provviste ed il necessario per sé e per Valentina, e non le piacque l’idea che Desiderio volesse accompagnarle. Non ne avevano bisogno, perché il nonno aveva messo a loro disposizione uno dei suoi servitori; purtroppo conoscendo il duca, sapeva che non avrebbe cambiato idea. In quanto a dare la colpa a Valentina, era fuori discussione: Desiderio otteneva sempre quello che voleva. La ragazzina si senti un po’ meno in colpa e così riuscì a terminare con maggior sollievo i preparativi; l’alba era infatti prossima, e informato il nonno della loro partenza, uscirono nelle strade fredde e deserte ancora immerse nelle tenebre. Scivolarono silenziosamente simili a fantasmi fuori dalla porta orientale della città, dove le attendeva il loro accompagnatore.

Il lungo viaggio era incominciato; costeggiarono per un breve tratto le mura, poi imboccarono un sentiero che li avrebbe portati lontano dal castello - un sentiero dissestato e invaso dalle erbacce che scendeva tra campi incolti, troppo vicini alla Regione delle Acque Ferme per essere fertili e far gola a qualcuno. Tutta l’attenzione dei tre viaggiatori era rivolta alla strada che stavano percorrendo, e questo precludeva ogni possibilità di conversazione; ma forse era meglio così, perché era tale l’oppressione dei loro animi da privarli della voglia di parlare, anche solo per spezzare quel silenzio così innaturale. Valentina si girò un attimo verso il rifugio sicuro che stavano abbandonando, chiedendosi con tristezza se vi sarebbe mai tornata, poi si mise in cammino concentrandosi sulla difficile impresa a cui stava partecipando, che richiedeva tutte le sue forze.

Non si udiva alcun rumore, né fruscio d’erba né canto di uccelli; era come se ogni cosa in quel panorama desolato fosse in attesa di un loro gesto o di un passo falso per scatenarglisi contro. Il sentiero procedeva sempre diritto, ripido, costellato di pietre scivolose, e sembrava non aver mai fine; ora che alle loro spalle anche la torre più alta del castello era scomparsa alla vista, erano davvero soli: si poteva quasi pensare che mai piede umano avesse attraversato quei luoghi, forse neppure abitati da animali, ma solo da presenze demoniache. Non potevano aver camminato molto, eppure erano già molto stanchi, faticavano a mettere un passo dietro l’altro: quell’aria calda e umida, irrespirabile, gli si bloccava nei polmoni, li soffocava; il cielo era sempre più cupo e pesava sui tre giovani come se li volesse schiacciare. Davanti a loro, ma ancora lontano, si era alzato non si sa da dove un pesante banco di nebbia grigiastra.

In quelle condizioni era quasi normale essere assaliti da brutti pensieri, e Valentina infatti già da un po’ aveva la spiacevole sensazione di essere osservata, ma non ne aveva parlato con i suoi compagni per non allarmarli. Un paio di volte le era anche sembrato di vedere con la coda dell’occhio dei movimenti sospetti nell’erba alta a margine del sentiero; in una di queste occasioni non si era accorta che i suoi amici davanti a lei si erano fermati ed era andata a sbattere contro di loro, gettando quasi a terra la povera Elise. A questo punto non aveva più potuto evitare di dare spiegazione del suo comportamento, e li aveva messi a parte delle proprie preoccupazioni, provocando in essi delle reazioni stupefacenti: Desiderio, che aveva evidentemente preso molto sul serio la propria posizione dì guardia del corpo delle due fanciulle, le spinse con forza dietro di lui, sguainò la spada e si sarebbe immediatamente gettato a capofitto tra le erbacce se Elise, che nel frattempo stava ridendo come una matta, non lo avesse fermato. Scusandosi per non averli avvertiti prima di partire, spiegò che non avevano nulla da temere da quella invisibile presenza, che li stava seguendo con l’unico scopo di accompagnarli e proteggerli durante il pericoloso viaggio per quelle terre sconosciute; il nonno aveva affidato questo compito ad uno dei suoi servitori più fidati, Plato, un Uomo-Talpa, mostruosa creatura metà umana e metà animale che egli aveva salvato - e qui Valentina si stupì molto, perché non riusciva ad immaginare quel terribile signore dedito ad attività umanitarie - appena nato dalla morte per mano degli abitanti del suo villaggio. Questo spiegava molte cose, ma non il motivo per cui lo strano essere non aveva viaggiato insieme a loro, come sarebbe stato logico aspettarsi dal momento che aveva il compito di difenderli; ma quando Valentina pose questa domanda ad Elise, la sua amica rispose solo che Plato non amava la luce del sole ed era molto timido. Valentina avrebbe voluto soffermarsi su questo curioso diversivo, ma un problema più urgente richiamava la loro attenzione: da quando si erano fermati, solo pochi istanti prima, lo strano banco di nebbia si era avvicinato in fretta ed ora gravava pericolosamente su di loro. Così da vicino, sembrava formato da tanti batuffoli di ovatta umidi, e poteva nascondere qualunque nemico ostile; eppure, oltre che tornare indietro, e di corsa, i tre giovani non avevano altra scelta se non entrarvi, cercando di rimanere uniti. Più facile a dirsi che a farsi, perché morbidi tentacoli di nebbia si insinuarono presto tra di loro, allontanandoli sempre più. Valentina perse di vista i compagni, e anche se si sforzò di rimanere sempre sul sentiero, ne fu di certo deviata senza accorgersene: dopo non molti passi, non sentì più niente di solido sotto i piedi e per la seconda volta da quando era cominciata quella strana avventura si trovò a cadere nel vuoto. Questa volta però non c’era nessun cavaliere sul suo drago alato a salvarla.


6 - LA REGIONE DELLE ACQUE FERME


Valentina fu fortunata: la sua breve discesa terminò a terra su qualcosa di morbido che le evitò di farsi male. Sopra di lei la nebbia era così fitta che non riusciva neanche a vedere il punto da cui era caduta, ma almeno lì in basso la visibilità era ottima; non che ci fosse poi molto da vedere: si trovava sulla riva di uno stagno di limitate dimensioni, che a giudicare dall’odore e dal colore dall’acqua, alquanto paludosa, giustificava già da solo la denominazione di “Acque Ferme” data a quella regione. Sembrava comunque che essa fosse interamente percorsa da un insidioso labirinto di simili acquitrini, il che rendeva pericolosamente facile smarrire la strada e poi perdere la vita; in ogni modo lei doveva almeno provarci ad uscirne, pensò Valentina. Sperava che i suoi amici fossero in salvo, e sperava di rivederli presto; quindi prima si metteva in cammino meglio era, sebbene fosse così stanca che avrebbe voluto rimanere ancora su quel giaciglio comodo e caldo. Strano, prima non si era accorta che fosse anche caldo, e ora sentiva dei leggeri movimenti sotto ed intorno a lei. Ma dove era finita? Si alzò di scatto, e rabbrividì per l’orrore quando vide che era stata seduta in un nido in compagnia di un groviglio di rettili che somigliavano ai serpenti ma erano molto più mostruosi; non avendo molta voglia di incontrarne i genitori che, date le dimensioni dei piccoli, probabilmente erano giganteschi, la ragazzina si decise a raggiungere l’altra riva. Dall’acqua spuntavano qua e là le imponenti radici di alberi enormi: le venne allora l’idea di usarle come gradini per spostarsi attraverso lo stagno senza doverne toccare la superficie, sotto cui di sicuro si celavano pericolose creature. Procedendo con cautela, perché non poteva sapere se quei sostegni di emergenza erano davvero stabili, saltava con agilità da un albero all’altro aggrappandosi solo se necessario ai tronchi, coperti di muschio e viscidi per l’umidità. Non impiegò molto a toccare di nuovo terra, se così si poteva chiamare quella sottile striscia che si allontanava serpeggiando tra pozze d’acqua non molto diverse da quella che aveva appena attraversato. Stava ancora decidendo quale direzione prendere quando accanto a lei sentì un rumore, una specie di ringhio come di piccolo animale, che la indusse a guardare in basso vicino alle sue gambe; c’era in effetti una minuscola creatura, una di quelle che affollavano le illustrazioni dei libri di favole e leggende che Valentina aveva letto, coperta di pelo grigio tra cui scintillavano gli occhi, capocchie di spillo color rubino animate da una luce cattiva. Era animoso e combattivo, perché le continuava a correre ed agitarsi intorno, ma non sembrava pericoloso; la cosa migliore era ignorarlo, e la ragazzina imboccò un sentierino che partiva ad angolo retto dal punto in cui si trovava, camminando con molta attenzione per il timore che le si sgretolasse ad ogni passo sotto i piedi. Si sarebbe completamente dimenticata di quel fastidioso esserino se questi, vistosi sfuggire la preda, non l’avesse seguita e fermata acquattandosi nel mezzo del sentiero con i denti scoperti in un ringhio ben più feroce del primo: questo la spaventò davvero, perché in bocca aveva una selva di denti aguzzi e sottili che avrebbero potuto ferire anche un nemico anche molto più grande di lui. Non ebbe però molto tempo per preoccuparsene: improvvisamente al suo fianco era comparso un uomo, a prima vista piuttosto basso e peloso, armato di bastone che subito abbassò sul mostriciattolo spiaccicandolo a terra. Valentina rimase davvero sbalordita per la prontezza del suo salvatore, ed ancora di più per il suo curioso aspetto: basso e grassoccio, non aveva capelli o peli normali ma una folta e lucida pelliccia nera che gli lasciava scoperte solo mani e faccia, dominata da un curioso lungo naso a punta; la sua pelle era molle e bianchiccia, e gli occhi ciechi. Mentre lo guardava, nella mente di Valentina la sua immagine si sovrapponeva a quella di un animale piuttosto comune, che come lui amava poco la luce: e così, quello era Plato, il servitore che il nonno di Elise aveva mandato con loro per proteggerli. Aveva già svolto egregiamente il suo compito, e lei avrebbe voluto abbracciarlo, tanto gli era grata, ma non voleva metterlo in imbarazzo perché sapeva che era molto timido; si limitò allora a stringergli le mani, che avevano solo quattro dita, facendolo comunque arrossire. Il fedele Plato le fece cenno di seguirlo, e la condusse in breve fuori da quella infernale palude.

Lasciamo per il momento Valentina alla sua avventura, ed occupiamoci dei suoi due compagni, che al momento dell’arrivo della nebbia non avevano smarrito la strada ed erano riusciti a rimanere sul sentiero che già stavano seguendo. Elise, preoccupata di aver perso Valentina, si aggrappò al braccio del duca Desiderio e si lasciò guidare da lui; egli, ispirato dalla vicinanza della sua amata, dimostrò tutto il suo coraggio e la sua audacia, combattendo valorosamente contro i nemici celati nella nebbia. Erano questi enormi creature demoniache che si scontrarono tutte con la spada dell’eroico giovane, e tutti caddero a terra sconfitti. Elise stava bene con lui, si sentiva sicura ed orgogliosa di avere l’amore di quella persona così nobile, che avrebbe meritato di essere ricambiato con un sentimento di pari intensità. Ma non era Elise che poteva renderlo felice: lei amava il suo principe - a quel pensiero il cuore le si strinse per l’apprensione ed il tormento - e solo se non ci fosse più stato lui (ma non voleva neanche pensare a quella eventualità) avrebbe potuto provare amore per Desiderio, anzi si sarebbe sentita molto fiera di percorrere il resto della vita al suo fianco. Il duca non le disse mai nulla: aveva troppa nobiltà d’animo per esprimerle ancora i suoi sentimenti; per lui ora era importante solo condurla in salvo. E come il destino volle anche la nebbia fini, e loro si ritrovarono davanti alle Montagne Invalicabili.


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