antologie autori

 

Indice:

Fantascienza

Horror

Fantastico

Fiabistica

Oldies

 

-Fantascienza:

"La Sindrome lunare e altre storie", di Vittorio Curtoni

"Ragione e caos", di Emiliano Maramonte

 

-Horror:

"La notte dei commercialisti viventi", di Lorenzo Beccati

"Fango", di Niccolò Ammaniti

 

-Fantastico:

"Fantasie, monologhi e altre follie", di Claudio Tinivella

"L’ornitologo", di Ottavio Cecchi

"Uomini e altri animali", di Guerrino Giorgetti

"Cristalli neri di rocca", di Sergio Bissoli

"La bestia del Fahuar", di Bruno Fontana

"Primi racconti", di Barbara Rolando e Mirko Cianci

"Videotel", di Paolo Ferrari

"Gli orsi", di Silvia Ballestra

"Uomini pericolosi", di Eraldo Affinati

 

-Fiabistica:

"Fiabe italiane", di Italo Calvino

"Paure & spaure", di Paolo Fantozzi

 

-Oldies:

"Dame Isabeau", di Edoardo Calandra

"Un grido nella notte", di Grazia Deledda

 

Fantascienza

 

LA SINDROME LUNARE e altre storie, di Vittorio Curtoni

"Robot speciale" n.6, ed.Armenia, '78, 175 pagine, 1.000 £, prezzi remainders: 8-10.000 £; © by Vittorio Curtoni, '77

Altri contributi critici

 

-"La droga e il metadone", di Vittorio Curtoni, "La collina" n.4, ed.Nord, '83, pag.41

 

Di questa antologia tratteremo, solamente, del racconto "La sindrome lunare" (23 pagine, pag. 6), scritto nel '77.

Sua caratteristica essenziale è quella di rivelarsi poco alla volta, nel senso che il piano oggettivo in cui si svolge l'azione traspare poco alla volta.

La gran parte della narrazione, infatti, si svolge senza che il lettore abbia a disposizione nessun elemento che lo aiuti a capire chi stia parlando e dove e quali siano i retroscena.

Ci si trova, infatti, nel tipico luogo chiuso, una casa isolata, e la narrazione, anche se il termine, qui, non è forse dei più adeguati, procede per mezzo dei monologhi dei quattro protagonisti, intervistati da un quinto personaggio ombra, che intervieve in prima persona a racconto già parecchio inoltrato.

È successo qualcosa, questo è subito chiaro, qualcosa che ha determinato una catastrofe a livello planetario.

I protagonisti farneticano, e anche questo è immediatamente recepibile; ma si avverte anche, fra le righe delle loro farneticazioni, uno sfondo di verità, e l'attenzione del lettore è prevalentemente rivolta a estrapolare, passo dopo passo, questi brandelli di reale che sembra cogliere.

Vi è Angela,che dice: "...ci sono le doppie immagini, i fantasmi, i corpi astrali, chiamali come vuoi.", da cui dice di essere continuamente violentata.

C'è Claretta, che dice di avere, e probabilmente ha, un cancro all'utero, e che allucina l'intervistatore come suo padre.

C'è Antonio, il più sempliciotto, che va a caccia di volpi verdi; spiega che una volta ha visto un documentario su di esse, e che da allora...ma anche questa spiegazione è fantasmagorica.

C'è Renato...

Le spiegazioni si intrecciano, quale assolutamente e chiaramente fasulla, quale verosimile, ed è dall'intersecarsi di esse che man mano si arriva a capire che...qualcuno, russi, americani, cinesi: "...sono andati lassù solo per distruggerci e ci sono riusciti"; lassù è...la faccia notturna della luna!!!

"...i bambini le bambine le donne gli uomini che si gettano sulle strade perchè hanno paura, perchè quella cosa lassù li spaventa, e non c'è altra via d'uscita."

Una specie di suicidio collettivo, e una pioggia strana.

Il primo intervento dell'intervistatore, chiamato "Notte", non è assolutamente chiarificatore, o per lo meno non molto.

Il disvelamento prorompe nelle ultime pagine, come nella migliore tradizione; vi è un effetto di suspance a preludio dello stesso; Claretta dice: "Ma io ho un sospetto, anche se non ne ho mai parlato con nessuno, anche se l'ho sempre conservato come un prezioso segreto.

Vuoi saperlo?..."

Tra questa esca gettata lì e il momento in cui chi l'ha pronunciata la esplicita, Curtoni fa trascorrere un lungo intervallo narrativo, in cui è inclusa la seconda apparizione di "Notte"; estremamente chiarificatrice: "...i gas allucinogeni, che mi avevano assicurato, stanno per volatilizzarsi.Una settimana, forse due, e l'atmosfera sarà di nuovo respirabile, noi potremo scendere, riprendere possesso del pianeta...Luna Uno, mi senti?...consentitemi di rivolgervi una domanda: non esisteva davvero una strada diversa?Non era possibile curarli in un modo che non implicasse la distruzione totale?"

E infine Claretta esprime il suo sospetto, che, in definitiva è il vero messaggio dell'intero racconto, ovvero un'accusa piena di rabbia e di risentimento contro il potere, un sospetto sorto in lei, maturatele lentamente dentro; i gas allucinogeni, era sembrato capire, erano una specie di aiuto per i superstiti al suicidio collettivo; e se invece...

In conclusione, un gran bel racconto, soprattutto per la sua originalità strutturale.

 

"Algenib notizie" n.9/10-aprile '91

 

RAGIONE E CAOS, di Emiliano Maramonte

"I ridotti" n. 6, ed. Prospettiva, 2000, 39 pagine; © by Emiliano Maramonte

 

Antologia d’esordio per il Maramonte, curatore di "Mondi nuovi", e che, dopo questa, ne ha pubblicata anche un’altra, "I volti dell'ignoto", ed. Il foglio, 2001.

Come vedremo, la qualità non è certo eccelsa, ma qualcosa di buono c’è.

Tre ristampe, o, comunque, edizioni di testi pubblicati anche altrove; e c’è una costante; in tre racconti su quattro i militari sono visti non certo di buon occhio.

-"Combattere il Maligno" (già in "Nuovi mondi" n. 0, luglio ’97, pag. 2; pagine, pag. 5)-racconto nel quale il tema classico horror dell’esorcismo viene trasposto in chiave fantascientifica; infatti, vi si racconta di un esorcismo, ma che è un’esorcismo molto particolare, in quanto operato su un soggetto non posseduto da un comunissimo demonio, no, ma il cui sistema nervoso è stato intaccato profondamente da un un aggeggio che, nel futuro in cui è ambientato, è stato imposto dal governo, per mezzo del quale: "…può controllare anche l’atto più irrilevante di ogni singolo individuo." (pag. 5), aggeggio: "…il cui scopo ultimo avrebbe dovuto essere la soppressione di ogni forma di criminalità." (pag. 7).

Evidente la condanna di ogni tentativo di estendere oltre il lecito le forme di controllo sui cittadini, già oggi andate ben in là.

Vi si dice essere stato scritto nell’aprile ’97.

-"Paziente e crudele" (anche in "Santerestil matt" n. 2, 2000; 16 pagine, pag. 9)-dalla struttura del giallo, con l’elemento del Viaggio Temporale a renderlo fantascientifico; l’idea è scialba, e, per di più, sviluppata malamente.

Scritto nel giugno ’98.

-"Polvere" (8 pagine, pag. 25)-decisamente il migliore dell’antologia, racconta di un bambino che ha un potere extrasensoriale che gli permette di polverizzare tutto ciò che vuole.

Ed è oggetto di attenzione da parte dei militari, per evidenti ragioni; ma, anche, dell’amore paterno che di un uomo che lo ha, per così dire, in cura, che vi riversa, appunto, quell’amore, che non ha altri a cui poter andare: "Non permetterò che i militari ti facciano del male." (pag. 26).

Vi si riesce a creare una buona tensione, che avvince abbastanza bene l’attenzione del lettore, e con uno stile decisamente molto migliore che negli altri.

Scritto nel maggio ‘98

-"Testoni" (anche in "Santerestil Matt" n. 7 x 21 = 0, 2000; 6 pagine, pag. 34)-racconta di uno sbandato che vive elargendo precognizioni, che riesce ad avere grazie ad un apparecchio, ancora una volta, di orgini militari: "Tecnologia militare, si dice. I signori della guerra avevano un disperato bisogno di conoscere in anticipo le mosse del nemico, volevano a ogni costo dei fenomeni da baraccone con il dono della precognizione." (pag. 36).

Ad un certo punto si legge una frase che lascia un po’ stupiti: "L’ho spiegato più volte in questo libro…" (pag. 35), a riguardo di una cosa che, invece, non era mai stata detta, che si capirà alla fine; infatti l’autore fa essere, questo racconto, facente parte di un’antologia, inesistente, edita niente di meno che da Mondadori; che, i testoni, se ci pubblichi, te li dà per davvero.

Scritto nel settembre ’98.

 

Horror

 

LA NOTTE DEI COMMERCIALISTI VIVENTI, di Lorenzo Beccati

"Le formiche" n.29, ed.Baldini & Castoldi, '94, 116 pagine, 16.000 £; © by Baldini & Castoldi s.r.l.

                                             Altri contributi critici

 

-"Horror e fisco", "Panorama" del 15/4/'98

 

Divertentissima antologia che raccoglie, come vedremo, racconti flash che hanno, in gran parte, la struttura della barzelletta, e che, appunto, puntano a, quanto meno, far sorridere.

Altra cosa che ne accomuna molti, è l'avere una delle caratteristiche base dei racconti di Sf, quello del finale a rovesciamento, in cui, nelle ultimissime battute, viene rivelata una verità fino a quel momento insospettabile.

Ma andiamo a vederli uno ad uno.  

-"Lo specchio magico" (2 pagine, pag.7)-in cui una donna porta a casa sua, e di un marito completamente sottomesso, uno specchio magico, e, per mezzo di esso, diventa, da brutta e vecchia, giovane e bella, ma…

-"Lo yeti" (1 pagina, pag.11)-in cui qualcuno, nel, anche qui, già, finale a rovesciamento riesce, finalmente, a vedere l'abominevole uomo delle nevi.

-"Freddy è tornato" (2 pagine, pag.13)-in cui, ad una bambina, dapprima appaiono delle terribili allucinazioni, e, poi, il Freddy Krueger di "Nightmare"; ma, il tutto ci rivelerà essere, nel finale, solamente un incubo; ma di chi?  

-"Ridi, ridi che la mamma ha fatto i pidocchi" (3 pagine, pag.15)-una sorta di fiaba, in cui un comico viene assunto per far ridere un re del passato, con la, tipica, doppia possibilità, per la riuscita o il fallimento.

Più una dichiarazione di intenti che una barzelletta.

-"Il sanguinario" (1 pagina, pag.19)-in cui si traspone la figura di un chirurgo in quella, appunto, di un feroce assassino.Altro finale a rovesciamento.

-"Il mistero svelato delle piramidi" (2 pagine, pag.21)-ottimo, in cui si scopre che, in realtà, la piramide di Cheope era nient'altro che un regalino per un compleanno del faraone.

-"La giostra" (2 pagine, pag.23)-un po’ raccapricciante, verte sull'insano desiderio di autodistruzione che, come sappiamo ci caratterizza.

-"Non passate mai da quel vicolo" (anche in "Horror e fisco", "Panorama" del 15/4/'98; pagina, pag.25)-in cui, semplicemente, si tenta di fare dell'umorismo rovesciando il senso del tipico "O la borsa o la vita".Ancora un finale a rovesciamento.

-"Effetti davvero speciali" (2 pagine, pag.27)-in cui si immagina che degli effetti speciali creati da Stan Winson decidano di vendicarsi del fatto di non ricevere nulla, della gloria del loro creatore.

-"L'amuleto" (2 pagine, pag.31)-in cui si dice del tipico vecchietto che, in un futuro, racconta dei tempi in cui la Terra…

Qui, il rovesciamento finale, come vedremo accadere altre volte, punta alla risata per mezzo, per così dire, di un effetto da raffreddamento, dato dal tornare al quotidiano.

 -"Detective Stone" (4 pagine, pag.33)-in cui, l'umorismo, viene dalla così dettà comicità dell'assurdo, dal continuo accumularsi di fatti, azioni, decisamente al di là di ogni normalità: "Trillò il telefono.Gli parve molto strano.Soprattutto perché non aveva telefono." (pag.33).

Il caso che la caricatura del famoso personaggio risolve, sono dei suicidi di: "…club estremo: "Poeti incompresi per la morte"" (pag.35), poeti che, cioè, si suicidano perché è l'unico modo di attirare l'attenzione sulla loro opera.

-"Solo" (2 pagine, pag.37)-ottimo, racconta del tipico ultimo uomo sulla Terra, chiuso in un bunker antiatomico, fuori il mondo distrutto; ma, poi, scopre che ciò non è vero, nel senso che tutti i Testimini di Geova si sono salvati, e tutti vengono a bussare al suo bunker: "…perché lui è l'unico uomo che ancora non è nella verità." (pag.38).

-"Lo spaventapasseri" (1 pagina, pag.39)-buona parodia del topos horror, e della fiabistica, dello spaventapasseri che si anima, con risvolti, per così dire, immigrant-leghistici.

-"La locanda del mistero" (3 pagine, pag.41)-buono, in cui l'ennesimo finale a rovesciamento, di una, qui, parodia di alcuni stilemi dell'horror, è a distensione, rassicurante; che, contrastando, per cui, con quanto precede, dà l'umoristico.

-"L'ultimo robot" (2 pagine, pag.45)-in un certo senso l'opposto del precedente, racconta una storia squisitamente Sf (senza parodiarla), e finisce, ancora una volta, con un finale a rovesciamento che, però, appunto, qui è inquietante, e, che, per cui non dà la risata, ma perturba.  

-"Laggiù nel Maine" (3 pagine, pag.47)-altro racconto horror con, ancora, un finale a rovesciamento, ma, qui, umoristico, umorismo che viene da un effetto di rilassamento.

-"Tre-pateravegloria" (4 pagine, pag.51)-in cui, mi pare, non si faccia, anomalamente, parodia di alcun genere, stilema, topos tipico; forse, un po’, dei racconti horror marimareschi, in quanto vi si racconta di una donna che riesce ad ottenere, da un santo, di avere con sé il corpo del marito mortole in un naufragio, ma solamente per mezz'ora; e, soprattutto, non per amore, ma perché sa che sul suo corpo è incisa una mappa di un tesoro.

Ancora, finale a rovesciamento, ma non umoristico; direi, quasi, a morale.

-"La macchina infernale" (2 pagine, pag.55)-in cui si fa del (buon) umorismo giocando sul rovesciamento (ancora) delle inevitabili aspettative del lettore.

Infatti il titolo, e la narrazione, non possono che ricordare "Christine, la macchina infernale", e, quando, poi, invece…

-"Il regalo di Natale" (2 pagine, pag.57)-una parodia dei film della serie "La famiglia Addams", non a rovesciamento finale (finalmente), ma...a metà dell'opera!

-"La maga Alexis" (1 pagina, pag.59)-una, brevissima anche per numero di parole, presa in giro delle così dette fattucchiere di oggi dì.

-"Ladri di cadaveri" (4 pagine, pag.61)-in cui si utilizzano, evidenziandone molto il carattere parodistico, molti stilemi classici dell'horror legato al filone dei morti viventi, ma che ha un finale a spiegazione razionale, che lo fa, qundi, essere più un giallo.

-"Una strana pianta" (1 pagina, pag.65)-parodia di "Il giorno dei trifidi" di Wyndham, con un, debolissimo, finalino a rovesciamento che, qui, non è certo il centro.

-"La finestra" (1 pagina, pag.67)-parodia, anche se non molto marcata, dei racconti gotici di fantasmi, anche se ambientato ai giorni nostri.

-"La vecchia usuraia" (2 pagine, pag.69)-altro falso racconto fantastico, dal finale a spiegazione razionale, con morale.

-"Giocare con la morte" (1 pagina, pag.71)-in forma di poesia, racconta di un uomo che, giocando, e vincendo, con la Morte, tutte le volte che lo viene a reclamare, riesce a campare fino a 376 anni.

-"Realtà virtuale" (1 pagina, pag.73)-in cui si dice della pericolosità, per la psiche di persone non troppo formate, dei giochi di RV.

-"L'isola di." (in collaborazione con Mavì Beccati; 4 pagine, pag.75)-in cui ci si diverte ad ipotizzare quali scombussolamenti sociali potrebbe provocare una ipotetica bomba che cancellasse completamente la memoria, e polverizzasse la carta.

-"Le fate esistono" (1 pagina, pag.79)-buono, in cui si fa una parodia, ovviamente, dei racconti di fate; ancora finale a rovesciamento, qui umoristico, e davvero buono.

-"Una strana storiella niuiorchese" (3 pagine, pag.81)-divertente, in cui si fa la parodia di tutti quei racconti, e film, in cui il protagonista si trasforma, per questo o quel motivo, da uomo in donna, o il contrario; niente finale a rovesciamento (una volta tanto).

-"Una storia di fantasmi" (4 pagine, pag.85)-altra parodia dei racconti di fantasmi, ma, questo, più sul genere casa infestata; vi si usano alcuni degli stilemi classici, ma il finale è a spiegazione razionale.

-"Il gatto nero" (1 pagina, pag.89)-presa in giro della supertizione, con, ancora, un finale a rovesciamento, che, qui, è proprio ciò che dà l'umoristico.

-"Pronto, chi parla?" (2 pagine, pag.91)-parodia dei racconti sulla vendita dell'anima al diavolo, in una divertente trasposizione contemporanea.

-"La cattura" (2 pagine, pag.93)-in cui si prende in giro tutto quel dire di extraterrestri che avrebbero rapito persone, per esaminarle; il finale fa sorridere puntando sul politico.

-"La notte dei commercialisti viventi" (2 pagine, pag.95)-parodia, evidentemente, dei racconti di zombie, in cui vi è una bella trovata, per il deus ex machina che salva il paese infestato di turno.

-"Premonizioni" (1 pagina, pag.99)-parodia dei racconti sulla preveggenza, con un finale che fa sorridere puntando, qui, sul sociale.

-"Anche le tette hanno un cuore" (1 pagina, pag.101)-raccontino sulla (possibile) gelosia di una tetta per l'altra; non contiene alcun elemento fantastico, e non fa neanche tanto ridere.

-"Quell'uomo tanto perbene con i baffetti" (1 pagina, pag.103)-in cui si prendono in giro i maghi del circo, senza umorismo, ma in cui si calca sull'aspetto sadico del rapporto mago/valletta.

-"L'ultimo bacio" (1 pagina, pag.105)-presa in giro delle reclam televisive, è tutto giocato sulla contrapposizione fra melenso e crudele.

-"Loro sono qui!" (1 pagina, pag.107)-parodia, ancora, dei racconti di zombi, e, ancora, a rovesciamento finale, in cui si dà umorismo per alleggerimento della tensione accumulata, alla, invece, spiegazione razionale.

-"Il terrore corre sul filobus" (2 pagine, pag.109)-tutto giocato sull'equivoco fra l'aspettativa del lettore di una parodia dei supereroi tipo Hulk, e lo svolgimento, invece, tutto razionale.

-"Il ristorante" (1 pagina, pag.111)-il più breve, praticamente della lunghezza di una barzelletta, è sul tema del cannibalismo, e, ancora, a rovesciamento finale.

-"La reincarnazione" (1 pagina, pag.113)-psicoanalitico, nel senso che si svolge da uno psicoanalista, è, ennesimamente, a rovesciamento finale, qui totale, in quanto ribalta completamente il senso di quanto si era letto precedentemente.

-"L'alieno" (2 pagine, pag.115)-in cui si dà umorismo dalla contrapposizione fra il solito alieno, descritto, come al solito, molto dettagliatamente, e la soluzione, per così dire, sociale, che lo vede essere, nel finale, ancora una volta a rovesciamento, un lavavetri…galattico.

 

Abbiamo dunque visto che l'umorismo, in questi racconti, viene dato nei più disparati modi, e, anche, non in tutti.

Come si dice nel risvolto di copertina, Beccati ha una: "…perfetta conoscenza dei meccanismi che regolano i due generi." (l'umorismo e l'horror); ed è appunto sull'essere accomunati dalla caratteristica del finale a rovesciamento, che l'autore gioca.

 

FANGO, di Niccolò Ammaniti

"VoltaPagina", "Piccola biblioteca Oscar" n. 199, ed. Mondadori, '96, ’99

 

                                     Altri contributi critici

-recensione di Roberto Nistri, "Il paradiso degli orchi" n.14, ’95, pag. 53

-"Ehi Ammaniti, hai letto Ballard?", di Mariarosa Mancuso, "Sette" del 26/3/'98

Il cannibale Ammaniti ci dà, qui, un gustoso misto splatter, nel quale usa un linguaggio scarno, estremamente quotidiano, odierno; in "Ferro", per dire, troviamo praticamente un’intera pagina di frasi di una sola riga (pagg. 308-9).

Forse, il gusto dell’orrido, a volte, è portato un po’ all’eccesso, e può risultare fin fastidioso, ma è, indubbiamente, il marchio di fabbrica dell’antologia.

-"L’ultimo capodanno dell’umanità" (126 pagine, pag. 7)-nel quale la violenza che cova sotto la nostra società trova come una sua esplosione catartica, che, a volte, raggiunge punti di parossismo davvero incredibili, nei quali una violenza che non dovrebbe essere, dove è, ce la si fa vivere come, praticamente, possibile.

Una donna tradita che uccide il traditore con un arpione da pesca, durante la festa di capodanno.

Una vera e propria battaglia a colpi di fuochi d’artificio, con morti e feriti, fra due feste.

E due sballoni che, talmente fatti da non riuscire assolutamente più a distinguere la realtà dalle allucinazioni, fanno saltare per aria il comprensorio residenziale che ne è scenario, con un’esplosione per nulla simbolica.

"Il capodanno ce l’abbiamo dentro. Non è fuori. È un fottuto esame e non ci sono strategie per affrontarlo, lui ti frega sempre…. Puoi stare in un atollo indonesiano, in un monastero nepalese a meditare, in un megastore esagerato…a un certo punto della serata ti chiedi: Allora che ha fatto quest’anno?" (pag. 79), vi si dice, e penso sia un po’ il succo di quello che si vuole dire; la possibilità stà dentro di noi, nella nostra capacità di ascoltare, ed ascoltarci; non certo nella violenza, la violenza che, comunque, può esplodere da un momento all’altro.

A brevissimi capitoletti, segue varie storie, che si svolgono in questo capodanno (che non è quello del 2000!), in questo comprensorio residenziale, e, fra le trovate che mi sono sembrate più azzeccate direi ci sono quella della coppia che, mentre stà provando gli orgasmi cosmici dell’erotismo tantrico, viene colpita da un razzo della battaglia fra feste, e quella che, a sopravvivere al rogo conclusivo sia una donna che…aveva tentato di morire.

Ad un certo punto dello sballo fatale, le allucinazioni di uno di questi ha una virata sul fantascientifico: "…aveva l’impressione di essere Daitan 3, il robot giapponese. Si sentiva le ossa di cromovanadio, i pugni di titanio, e se ne stava lì pronto al combattimento contro alieni provenienti da chissà dove." (pag. 117).

Da questo, il film "L’ ultimo capodanno" di Marco Risi.

-"Rispetto" (9 pagine, pag. 137)-in cui lo splatter/horror raggiunge un culmine davvero incredibile; vi si racconta, minimalisticamente, infatti, niente di meno che di uno stupro di gruppo da parte di un branco di sballati su tre ragazzine ingenue; decisamente troppo ingenue.

Quello che risalta è la rozza brutalità, nella quale non è rimasto, ormai, più alcun rispetto, appunto, per la donna, sentita e vissuta solamente come qualcosa sulla quale riversare senza alcuna remora la propria violenza atavica, senza controllo, senza niente.

-"Ti sogno, con terrore" (47 pagine, pag. 149)-thriller psicologico ad altissima tensione, con finale a rovesciamento, nel quale si viene a sapere che il senso di tutto quello che si era fino ad allora letto è completamente diverso da quello che si era creduto.

Come in ogni buon giallo, ci sono degli indizi, psicologici, che possono fare insospettire, dai quali, anche se non facilmente, si può desumere la realtà.

Thriller psicologico, ho detto, ma c’è, ovviamente, anche la sua brava dose di splatter.

-"Lo zoologo" (29 pagine, pag. 199)-divertisment basato sul tema classico dello zombi, nel quale, però, si dicono un paio di cose; del dilemma etico-morale se sia più giusto…farsi i cazzi propri, per sopravvivere nel mondo moderno, o dare aiuto a chi ne avesse bisogno, anche, magari, appunto, in una situazione non conveniente.

E, nel racconto "di cornice" che racchiude quello vero e proprio, un dire dell’Università italiana, che dà, anche, appunto, un senso a quello zombi protagonista: "Nel mondo di quei morti viventi dei professori universitari solo Andrea (lo zombi) gli (agli studenti) sembrava vivo." (pag.230).

La trama, dopo l’inizio un po’ incasinato, moralmente, va avanti benissimo, fra una trovata più divertente dell’altra, fino ad un finale assolutamente imprevedibile, e, appunto, divertente.

-"Fango (vivere e morire al Prenestino)" (55 pagine, pag. 231)-storia di mafia e spacciatori, con la sua buona dose di splatter; l’insensatezza del rischio del guadagno facile, che attrae vite, peraltro, semplici.

-"Carta e Ferro" (26 pagine, pag. 289)-due mini racconti che hanno, a protagonisti, appunto, la carta ed il ferro, visti, per così dire, da angolazioni…particolari.

Il primo, "Carta" (11 pa gine, pag. 291), racconta di una vecchia che, persa tutta la famiglia in un incidente, impazzisce, e si mette a riempire la casa di carta vecchia, e ad uccidervi gatti, centinaia di gatti, e ad appenderne le budella come fossero il bucato.

E che, quando le si spara addosso la fiamma di un lanciafiamme, brucia come se, appunto, fosse carta; aveva, ormai, la pelle coperta dall’inchiostro dei giornali che, da tempo, si mangiava.

L’altro, "Ferro" (16 pagine, pag. 302), invece, di un normalissimo maschio represso, che, deciso a fare del sesso, si imbatte in una prostituta che sarà, però, per lui, come lo spalancarsi di un universo parallelo; un mondo di miseria e squallore, e violenza; ma nel quale troverà, anche, la fiaba, una fiaba un po’ grottesca, nella quale si innamorerà e convolerà a felici nozze con una ragazza…cyborg: "Al posto dele braccia e delle gambe ha delle protesi di metallo. Grossi ingranaggi di cromo vanadio. Lunghe stecche di fibra di carbonio. Microchip. Un terminator. Un cyborg." (pagg. 314-5).

 

 

Fantastico

 

FANTASIE, MOLOLOGHI E ALTRE FOLLIE, di Claudio Tinivella

"Scrittori italiani contemporanei", ed. Lalli, '85, 77 pagine, 8.000 £; © by Lalli Editore

 

Dopo "I segreti di Ajaif", Claudio Tinivella, mio amico e co-redattore di "The Dark Side", ci ha offrerto questa antologia, in cui si affiancano racconti editi ed inediti.

Totalmente priva sia di presentazione che di illustrazioni, si apre con "Il giorno del giudizio" (originariamente apparso in "Alter" n. 7, '82, ed. Milano libri, pagina 84; 2 pagine, pag. 7). Desisamente apocalittico, narra di una specie di diluvio universale, per quanto decisamente originale; non ci si riesce ad asciugare, prima anomalia; poi automobili e diversi "...altri simboli del progresso tecnologico..." (pag. 7), cominciano a sciogliersi; seconda anomalia, questa talmente anomala che la sua vera causa viene totalmente rimossa: "...ma a nessuno venne in mente di incolpare la pioggia" (idem), per poi vedere gli uomini stessi rimpicciolirsi a dismisura (a voi non viene in mente quel "Radiazioni BX distruzione uomo"di Jack Arnold? ("The Incredibile Shrinking man", U.S.A. '57, con Grant Williams e Randy Stuart), il tutto a preparare il finale a sorpresa: "E allora, vennero i giganti. Gli dèi. Vennero e radunarono tutti gli uomini rimasti su questo mondo ripulito perchè potessero conoscere la loro sorte. Vennero ed emisero il verdetto definitivo." (pag. 8).

È questo l'unico racconto che avevo già letto, e di cui, quindi, avevo già qualche idea.

Proseguiamo coll'esaminare quelli riediti, in ordine cronologico.

Con questo criterio, saltiamo dal primo al penultimo racconto, per arrivare a "Reperto" (originariamente apparso in "Sf...ere", gennaio '84; 4 pagine, pag. 78). De Turris dice, nella sua premessa ai racconti apparsi su quel numero di "Alter", che il racconto di Claudio ha il gusto del finale a sorpresa. Questa caratteristica la si ritrova anche qui, e molto più rafforzata. Non imputabile di sentinellismo alla Brown, anche se evidentissimamente apparentato, in qualche modo, alla nota short story, vede un astronomo alieno estasiato nell'ammirazione di un nostro voyager schiantatosi sul suo pianeta, e allo stesso tempo rammaricato che la sua, la loro scienza non sia in grado di ricostruirne la traiettoria e quindi l'origine.

Che sia un voyager il Claudio ce lo dice alla fine, descrivendo puntigliosamente la placca che fu installata in esso esattamente nella speranza di un contatto del tipo descritto in un film come "Starman" di John Carpenter ("Starman", U.S.A., '84, con: Karen Allen e Jeff Bridges). Interessante quanto narra il protagonista: "...quel reperto...ebbe l'importanza che tutti sanno nella storia della nostra civiltà....così che la nostra storia ora si divide in un'epoca Prima del Ritrovamento e una Dopo il ritrovamento." (pag. 79). "La Religione Antica, le cui fondamenta un simile ritrovamento aveva minato definitivamente...scatenò un'inaudita crociata ideologica...e si prese la decisione di metterla fuori legge..." (pag.80).

La speculazione fantascientifica, come si è sempre auspicato, e come accade per alcuni buoni scrittori, si sofferma sugli ultimi ritrovati, scoperte, esperimenti.

Proseguendo, trattiamo del racconto "La casa" (originariamente apparso in "Il Bagordo", maggio '84, ed. Centro culturale "Ricerca" di Monza; 3 pagine, pag. 9), che troviamo qui per secondo. Assolutamente privo di qualsivoglia connotato che lo possa, in qualche modo, far rientrare nella grande famiglia della letteratura fantastica, per quanto ampia (niente a che fare, infatti, col topos delle case maledette) narra di un uomo che, dopo aver fantasticato per tutta l'adolescenza su di una casa di signori, è infine in possesso delle chiavi della stessa: "Tra poco aprirò la porta, e tutto quello che ho inseguito per decenni sarà mio." (pag. 10). Il messaggio, per così dire, è molto risaputo; è maggiormente appagante l'attesa, spasmodica, di qualcosa di immensamente desiderato, che il suo possesso stesso: "L'appagamento, il non aver più nulla da chiedere alla vita: questa è la morte più crudele." (pag. 11).

E siamo così giunti all'ultimo dei racconti già editi altrove di questa antologia: "Quasi una fiaba" (originariamente apparso in "Sf...ere", marzo '85; 9 pagine, pag. 15); è il quarto del volume. Veramente molto bello, consistente, vede uniti quelli che credo essere i due maggiori interessi del Claudio, la letteratura fantastica e la cultura russa. Un personaggio del folcklore russo, la baba yaga, innestato in un fondale odierno, in una cornice realistica, a farlo risaltare ancor più. È un vecchio a narrare la storia, una sua esperienza giovanile, dai connotati magici.In pratica, a seguito di circostanze fortuite, si ritrova a vivere in un mondo al di fuori del tempo e dello spazio normali; starà a lui, ad un certo punto, decidere se rimanervi o tornare al mondo, in un certo senso, al di qua dello specchio; decide di tornare, ma il rimpianto lo perseguiterà per tutta la restante vita, e a nulla serviranno i suoi sforzi, forzosi, di ritrovare la soglia per tornare colà: "...le Tat'jane (= baba jaga, n.d.a.) dei boschi amano i giovani, solo da loro si lasciano trovare. Dei vecchi, non sanno che farsene." (pag. 23).

I momenti belli, magici, sembra volerci dire il Claudio, in cui ci pare di stare coi piedi a dieci metri dal suolo, vengono quando e se devono venire; se ci si sforza, forzosamente, di crearli, non se ne fa nulla, non li si ottiene; e quando vengono è importante saperli vivere, saper scegliere bene, al momento giusto. È, infatti, in sintesi, la storia di un innamoramento, la paura di rimanervi invischiato per sempre (il matrimonio), e del successivo rimpianto di un uomo che, in seguito non ha più trovato una donna come quella che adesso desidererebbe con tutte le sue forze accanto a sè: "Sarebbe bastato che rinunciassi alla mia libertà." (pag. 23).

E con questo abbiamo finito di commentare i racconti riediti; passiamo, quindi, a quelli inediti, nell'ordine in cui appaiono nel testo.

Iniziamo dunque da "Tre vecchi" (3 pagine, pag. 12). Josmaldo, Marco, detto Giacinto e Rombuerto; tre vecchi, chiacchierano sull'argomento tipico "povera Italia,dove andremo a finire". E la Sf, e il fantastico? Parlano di inflazione, di un governo che si è deciso a far qualcosa troppo tardi per fermare la "...spirale inflazionistica...": "...ci si rese conto...troppo tardi..." (pag. 13).

Ma, prima di tutto questo, già una frase prorompe nella trama spezzandone l'atmosfera con il suo non senso: "Oh, saranno almeno quarant'anni-...-Cioè circa duecentocinquanta degli anni attuali." (pag. 12), spiegata, se così si può dire, più sotto: "...perfino il tempo non era più quello di prima; adesso, per fare un mese vecchio ce ne volevano quasi due..." (pag. 13). E poi: "La Pianura Padana si è sbriciolata." (...) "Le isole si sono disciolte nel mare." (...) "Le montagne si sono levigate e i fiumi si sono ridotti a torrentelli." (idem), parecchio disorientanti; metafore, evidentemente, del decadimento, ma che, nel contesto, da come sono pronunciate dai tre, diventano verità all'interno di un'allegoria più vasta, l'intero racconto. E arriva, poi, un controsenso contestualmente evidentissimo: "Solo gli italiani... Non si sono accorti di niente." (pag. 13). Si sono accorti o no, presto o tardi? Il non accorgersi è notevolmente rimarcato, così come il troppo tardi dell'intervento governativo. Nel finale, comunque, quella che fino ad allora era rimasta solo una larvata atmosfera surreale, lo diviene totalmente: "Un lento orologio a cucù battè con calma ventinove rintocchi.-Già quasi mezzanotte-si stupì Rombuerto." (pag. 14).

Iniziamo quindi la serie di dieci racconti che vanno da qui a "Reperto"; si comincia col racconto più lungo dell'intera antologia, "Soldati" (9 pagine, pag. 24). Ci troviamo di fronte, qui, ad un vero e proprio racconto di Sf, nel senso che in esso vi si possono ritrovare molto ben evidenziate alcune influenze della Sf classica, quella inglese ed americana. Orwell è, senza dubbio, il maggiore ispiratore dell'opera: "...la guerra è un bisogno innato dell'uomo, un bisogno inestiguibile, si trattava di creare un prodotto che rispondesse adeguatamente a questo bisogno, e che fosse allo stesso tempo facilmente controllabile." (...) "Io ho inventato tutti i meccanismi automatici che l'hanno resa perfetta e, in un certo qual modo, interminabile." (pag. 31). Una guerra fittizia, meglio, messa in scena, nel vero senso della parola, dal Potere; contestualmente vi sono unicamente quelle deliranti parole a giustificarla, nessun accenno alle reali motivazioni, come nel classico "1984" (George Orwell, "Nintheen Eight-Four" ('48), "Oscar" n. 454, " Oscar grandi classici" n. 43, ed. Mondadori, '73).

Ad un altro livello la guerra è tra uomini e macchine elettroniche: "I computers centrali hanno cominciato ad agire in base alla loro logica, diventando sempre più indipendenti e rifiutando di farsi riprogrammare." (idem), in cui si ripropone lo stilema fantascientifico per antonomasia, ovvero la creatura che si ribella all'uomo suo creatore, dal "Frankenstein" di Mary Shelly (Oscar n. 1818, ed. Mondadori, e in "Tutte le storie di Frankenstein", "I nuovi best-seller" n. 15, ed. Newton Compton, '96), in poi; mi piace qui ricordare, a proposito, il bel racconto di Dick "Modello due" (Second Variety, '57) (in "Le formiche elettriche","Piccola biblioteca Oscar" n. 160, ed. Mondadori, '97), in cui russi ed americani si ritrovano dalla stessa parte della barricata, contro i robots ribellatisi, anche se, per quanto riguarda Dick, il termine è decisamente riduttivo e il discorso decisamente più complesso.

Nel racconto che stiamo esaminando, comunque, non si fa alcun riferimento allo scenario politico in cui si svolge l'azione, ma l'evidente connotazione dei protagonisti come russi, può far pensare che la guerra sia fittizia, voluta e protratta dal Potere, sia tra i blocchi contrapposti; certo la possibilità di elaborazione fantastica che il testo offre è su di una gamma estremamente ampia, ma credo che si possa restringere, appunto, all'ipotesi orwelliana, con i vertici dei blocchi contrapposto complici di un inganno perpetrato e ostinatamente portato avanti ai danni degli umili, in nome di vuote ideologie che altro non nascondono che la volontà di potenza innata, il potere per il potere, il potere fine a se stesso. Ma forse ci siamo portati troppo il là su questo sentiero, trascurandone, forse, altri, che il pensiero avrebbe potuto percorrere.

Gli umili, comunque, nulla sanno, per loro la guerra è una Leggenda, una bella Leggenda, che si innesta nel folcklore russo; i nomi sono russi, il villaggio in cui prende l'avvio l'azione, anche, da molti piccoli particolari. Solo quando la esperimentano sulla propria pelle, questa si rivela per la "...bestialità..." che è, e "La Leggenda dei Soldati e della Guerra" che, cantata da John Donny, il cantore, che era così dolce, di fronte alla crudezza degli ammazzamenti, diviene solo caro ricordo, nella disillusione priva di speranza.

Il racconto successivo è "La montagna" (2 pagine, pag. 34). Un uomo, stanco e malridotto, alle prese con il suo ennesimo tentativo di scalare una montagna "...per nulla metaforica." (pag. 34), ma di cui, però, pensa:"...la furba intelligenza che sicuramente governa questa montagna..." (idem). Cala la notte: "Ed io...dormirò sonni spaventati e pregherò gli occhi di belva che mi osservano costantemente di riscaldarmi." (pag. 35). Gli "occhi di belva" divengono centrali, divengono "malinconici", a sorridergli; egli li vede di notte, una notte che l'uomo ama perchè "...non conosce la montagna della mia fatica, la montagna dei miei sforzi vani" ma invece "...solo i miei sogni antichi..." (idem), sono la rappresentazione figurata e quasi personificata di questi ultimi.

Si prosegue con "Memorandum" (8 pagine, pag. 36), in cui un uomo (ancora il narratore interno) narra di una strana specie di esseri che, sia per il loro aspetto fisico che per il loro comportamento, ricordano molto da vicino i Puca di laffertiana memoria ("The Reef of the Earth, '68) ("Le scogliere della terra", "Galassia" n. 222, ed. La tribuna, '76): "...loro avevano l'aspetto di comuni bambini sui sette-otto anni, alti sul metro e trenta e dall'espressione costantemente felice. L'unico particolare che serviva a distinguerli erano le enormi orecchie a sventola di un delizioso colore rosa, che loro usavano per diversi scopi." (pag. 38); "...quando decidevano di entrare in azione, bè, vi assicuro che c'era da divertirsi." (pag. 36). La prima impresa di questi esseri che ci viene raccontata, il Claudio l'ha presa di peso da una delle barzellette più diffuse, facilmente riconoscibile, credo, da molti; ve ne è poi una seconda che, più che altro, lo porta a partire per la tangente nella descrizione di altre curiosità su tali esseri. L'entità delle sparate poi accelera a tutta forza; tenute insieme dalla narrazione di un incontro ravvicinato del terzo tipo dal quale verrebbe tutta la conoscenza su di questi del narratore, per poi strabordare nell'assurdità più sfrenata e priva di qualsiasi limite.

Alla fine, il Claudio tronca il racconto a metà di una frase, per farci sapere che è un dattiloscritto di uno squilibrato, di cui, però, il medico dice: "Peccato solo che non sia riuscito a finirlo." (pag. 43); contestualmente, rimane ben poca sospensione del giudizio tra l'ipotesi razionale e quella fantastica, come, invece, in molti altri buoni racconti avviene, con un finale, con una spiegazione razionale che sembrerebbe spiegare gi avvenimenti fantastici precedentemente narrati, ma che lascia, appunto, incerti, con la mente tentennante fra le due ipotesi, fra loro antitetiche.

Proseguendo, troviamo "Il gioco della guerra" (4 pagine, pag. 44); vi si narra di come, in un futuro non molto lontano, il gioco del calcio degeneri al punto tale da, addirittura, scomparire come tale, per essere sostituito dalla sola guerriglia tra tifosi. Ancora una volta, come in "Soldati", il Claudio mette in campo la faccenda dell'innato bisogno di scannarsi che sarebbe degli esseri umani: "Questa la situazione. Un fortissimo, diffuso bisogno di combattersi e l'impossibilità, pena la distruzione del genere umano, di farlo." (pag.45).Un mondo, qui, un'Europa senza guerre e: "...senza alcuna possibilità, in un prossimo futuro, di farne." (pag. 45); inevitabile, converrebbe, il riaffacciarsi alle memoria dell'ottimo "Rollerball" di Jewison" ("Rollerball", U.S.A., '75, con John Houseman e James Caan).

Comunque, purtroppo, c'è un errore di date, nel racconto del Claudio; quando dice: "Tutto ebbe inizio negli anni novanta del secolo scorso..." (pag. 44), gli ottanta, se non prima ancora, sarebbe stato più esatto.

Il testo che segue è una poesia, l'unica del volume, "L'idolo innamorato" (pagine, pag. 48). Ma una poesia in cui si narra una storia, che è, anche, quanto di più originale abbia mai letto; vi si racconta, infatti, di una donna, una fuggitiva, che si nasconde dietro/dentro una statua enorme, per venire riacciuffata e giustiziata per colpa di un tradimento di cui, comunque, null'altro viene portato a conoscenza del lettore. Solo che il tutto è visto dal punto di vista della statua, che dapprima si invaghisce della disperazione di lei, quindi, all'undincesimo giorno della sua cattura: "...mossi un piede." (pag. 49), che, per chi riesce a coglierlo, è il momento in cui si sprigiona tutto il sense of wonder della poesia. L'idolo di pietra la cercherà, la troverà, giustiziata, assassinata, massacrando, nel suo cammino, migliaia di persone e, infine, giustiziandone gli assassini, per ricomporsi quindi nel suo essere statua proprio accanto al suo cadavere impiccato: "...altri uomini verranno...Si chiederanno chi e perchè mi abbia portato fin qui." (pag. 50), e la risposta è che Amore muove ogni cosa, anche un idolo di pietra: "...il sogno che fa muovere ogni uomo..." (pag. 51).

Nella totale mancanza di alcun tipo di rima, il testo ha una sua armonia interna, data, più che altro, dal tocco leggero col quale il Claudio traspone in parole tale vicenda dai connotati decisamente leggendari, tutta intrisa del sapore che pervade le leggende che narrano amori fra dei e mortali.

Tornando alla prosa, andiamo a leggere "Il guasto" (3 pagine, pag. 52), tutto tenuto su di un tono decisamente divertente, comico, narra di un incontro ravvicinato del terzo tipo questa volta fra l'autore stesso: "Qui siamo a Groppello Cairoli, provincia di Pavia, e l'anno è il 1982." (pag. 52), e un cronoviaggiatore sballottato da un'epoca all'altra da un guasto alla macchina del tempo che stava collaudando. Non credo che ci sia altro da dire, in quanto non è certo un racconto contenutistico, con morale finale o problematiche intrinseche più o meno sviluppate, ma, appunto, unicamente un divertissment che viene ad alleggerire il tono degli altri racconti, per lo meno di quelli che abbiamo finora esaminato.

Ci restano, a questo punto, altri cinque racconti; primo di questi è "Solitudini" (5 pagine, pag. 56), in cui si narra "...di un viaggio...interstellare...(fatto)...col pensiero..." (pag. 60), fino a raggiungere un'entità aliena poco prima che questa venga assassinata, compiuto da un umano in un momento di voglia di restar da soli. E, struggenti, le sue considerazioni, sfiorano in più punti la liricità, in un'atmosfera che, direi, è decisamente romantica, più precisamente, leopardiana, pervasa, cioè, di pessimismo cosmico.

Il punto in cui il Claudio viene fuori veramente è quando, mentre stà descrivendo quella che contestualmente dovrebbe essere una città aliena, prorompe in parole che sembrano proprio scaturire dal profondo del suo animo: "Solitudini. Un insieme aggrovigliato di solitudini. Questo è la città. E le case: prigioni in cui rinchiudere i nostri dolori, in cui soffrire in silenzio e gioire rumorosamente." (pag. 58), in cui quel "nostri..." è altamente significativo.

"Di infinite solitudini l'universo è composto." (pag. 60).

Eccoci dunque a fare alcune considerazioni su... "Considerazioni sopra una storia anomala" (8 pagine, pag. 61). A parte gli scherzi, ci troviamo, qui, di fronte ad una storia che si compone di due parti ben distinte, ben separate fra loro da un espediente letterario fra i più usati, ovvero una storia appartenente al passato di uno dei personaggi della stessa, preceduta e seguita da considerazioni, appunto, di quest'ultimo sulla stessa. È l'anomalicità della vicenda attraverso cui è passato, e la prova tangibile di ciò di questa, di cui siede, meditando, la molla delle sue considerazioni, dalle varie ipotesi che riesce a formulare, per spiegarsela; la prima è la più elaborata, la più incredibile e strabiliante, una estrapolazione grandiosamente fantastica, e, per di più, perfettamente adattabile ai fatti accaduti.Nel finale, comunque, si ha la contestualizzazione del concetto di mondo parallelo, ovvero che è stato tutto e solo una fantasticheria, e che la spiegazione è il che il protagonista si trova in "...un mondo parallelo..." (pag. 68), davvero, ovvero che si tratti di una...fantasia!

Terz'ultimo dei racconti che andiamo ad esaminare, è "La porta" (2 pagine, pag. 69), short story altamente metaforica, quanto lo era stata "La montagna", nonostante le ripetute puntualizzazioni contestuali a voler dire il contrario. L'oggetto base della metafora è, appunto, una porta. Il protagonista esordisce dicendo che "Domani mattina aprirò quella maledetta porta.", dalla quale "...entrano tante cose...i terribili sogni che mi perseguitano dall'alba della mia infanzia." (pag. 69), per poi narrare della "...prima volta...", delle "...altre volte..." e dell'"...ultima volta..." che l'ha fatto, per poi chiudersi col ritorno al presente dell'io narrante; un ritorno quindi alla situazione effettuale dalla quale le altre esperienze vengono narrate. Che cosa rappresenti è, chiaramente, il dilemma che viene offerto al lettore.

Io direi che potrebbe trattarsi, semplicemente (?), del futuro, di ciò che esso ci riserba; con gli iniziali incanti: "Tutto era troppo bello per essere vero, tutto era troppo delicato, troppo soffice, e il male non esisteva, il dolore, la fatica, la tristezza, nulla esisteva..." (pag. 69), le successive disillusioni: "...ogni risveglio è stato per me come una morte, così che sono morto tante di quelle volte che neppure questo mondo feroce riesce più a ridermi dietro..." (pag. 70), e, quindi, il riaffacciarsi del sogno, ma con sia un suo più efficace manifestarsi, più concreto, che una maggiore diffidenza, un andare coi piedi di piombo che lo rendono, forse, maggiormente desiderabile: "...davanti ai miei occhi esterrefatti si è presentato lo spettacolo più fantastico e più incredibile che si possa immaginare: e io sapevo che era solo una finzione, sapevo che era una trappola di questo mondo malato per prendersi gioco di me...la bellezza di quella donna (di quella creatura) è tale che lei mi fa andare in corto circuito il cervello..." (idem).

Il finale mi significa quel qualcosa di immensamente incommensurabile che è ciò che, dopo l'accumularsi degli avvenimenti esperienziali di tutta una vita, prospetta il manifestarsi, sotto nuove spoglie, dell'immenso mare dell'essere: "Domattina aprirò quella maledetta porta...entrerà la sua essenza. Sotto quale forma mi si presenterà questa volta?" (idem).

Penultimo racconto che andiamo a commentare è "Messaggio dallo spazio" (pagine, pag. 71). "Io sono l'uomo la cui malvagità talmente sproporzionata ha ricevuto la condanna più terribile, più pesante, che mai tribunale umano abbia osato pronunciare." (pag. 71)."Da ormai undici anni...il mio corpo imprigionato in una splendida astronave si allontana alla pazzesca velocità di 200.000 Km/h dal mio pianeta natio." (pagg. 71-2), ed è da lì che arrivano i messaggi; essi riguardano la natura dell'Ente supremo, in quanto il condannato cosmico asserisce di averlo conosciuto, di averci parlato, di essere entrato al suo servizio e, dulcis in fundo, che diverrà, in un futuro remotissimo, un Dio egli stesso: "Ogni galassia...ha il suo Dio, che è il suo Centro e il suo creatore", e: "...il Dio della nostra galassia non è...il più importante." (pag. 73).

Questa l'intelaiatura su cui il Claudio ricama molto bene, riuscendo a divertire, incentrando l'attenzione del lettore su un qualcosa di decisamente stuzzicante, niente di meno che un'ipotesi cosmogonia. La caratteristica principale di tale deità è la sua completa e totale indifferenza, o, meglio, la sua assoluta non conoscenza del fatto che esistano quegli strani mostriciattoli chiamati esseri umani. Lui crea, e poi, di quel che ne è del suo creato, non gliene frega più un accidente. Il finale ricorda indubbiamente quello di"Memorandum"; i messaggi vengono ricevuti, ma classificati unicamente come parti del delirio di una mente impazzita dopo più di un decennio di solitudine siderale. Anche qui nessuna sospensione del giudizio: l'ipotesi della pazzia è evidentemente quella giusta, benchè i messaggi siano decisamente divertenti, follie, ma divertenti.

Ed eccoci,alfine,all'ultimo racconto.Si tratta di "Occhi di basalto" (2 pagine, pag. 82), dal sottotitolo-A mò di giustificazione-, una gustosissima autoironica satira sul mestiere dello scrittore; il protagonista, infatti, narra di come i suoi lavori gli vengano praticamente dettati da un mostro orribile che, puntualmente, gli va a far visita, e dopo un brevissimo dialogo dalle frasi immutabili, e una suonatina di mandolino, comincia, appunto, a narrare, mentre si verifica un fenomeno paranormale, cioè quello della scrittura automatica, senza che lo scrivente abbia, cioè, coscienza alcuna di ciò che stà scrivendo, e: "Ogni volta è un altro, stupido, insulso, inutile racconto fantastico." (pag. 83), da cui quel "giustificazione" del sottotitolo, come a dire: non lapidatemi troppo, non è colpa mia, quello che scrivo lo scrivo spontaneamente, col cuore, e se poi a voi non sembrano un gran chè, bè, io mi sono divertito lo stesso.

E con questo abbiamo quindi finito di esaminare i racconti contenuti in questa antologia, numerosi, come abbiamo visto, e il più delle volte molto corti; dalla Sf pura alla fantasy folckloristica, al racconto metaforico, il Claudio ha dunque voluto antologizzare lavori suoi non certo omogenei, ed è per questo che, oltre a quanto già detto, è difficile dire qualcosa che lo definisca nel suo insieme. Forse, e questo va tutto a suo merito, l'originalità delle trovate è il comune denominatore che li unisce tutti; e riuscire ad essere originali, lasciatemelo dire, non è cosa da poco.

 

L'ORNITOLOGO, di Ottavio Cecchi

"Riflessi" n. 51, ed. Theoria, '88, 86 pagine, 8.000 £; © by Edizioni Theoria

 

Un'antologia di racconti imperniati sul ricordo, sull'ambiguità del raccontare le cose del passato, sempre diverse, nel ricordo, da quelle reali.

Il primo è proprio "L'ornitologo" (28 pagine, pag. 7), in cui uno storico narra in prima persona il suo incontro con un guardiano di un vecchio campo di prigionia; memoria personale e memoria storica si accavallano, creando una certa qual ambiguità del reale.In apertura, lo storico dice di avere manipolato i fatti da lui trovati per la riabilitazione dell'immagine di un importante personaggio politico che in guerra, nella battaglia di Gallipoli, era stato fatto prigioniero, si diceva, per viltà.

C'è poi "Incipit" (5 pagine, pag. 35). Una compagnia di tre uomini e tre donne, e uno che vuole cominciare a raccontare una storia, ma dice che se fosse uno scrittore la scriverebbe, perchè un giorno lontano una bella ragazza lo potesse leggere e dire: "Che pazzi"..."Ditemi voi se questa gente aveva il diritto di tramandarci libri e trattati. Pensate che la loro idea fissa, la loro follia, era quella della salvezza. Volevano salvare il mondo, guarirlo, farne uno nuovo. Ma vedete qui che cosa accadde invece." (pag. 39).

Poi c'è "Dalla torre" (4 pagine, pag. 41), in cui un uomo descrive una comunità di gente che: "...parevano...di un altro mondo." (pag. 42), che vivono completamente isolati in un promontorio, per poi dire, nel finale, che si trova loro prigioniero, e che deve essere accaduto qualcosa alla nave e al resto dell'equipaggio con cui vi era giunto.

Della stessa consistenza il per nulla fantastico "Ritorno" (5 pagine, pag. 45), narrazione del ritorno a casa dall'estero di un musicista per la morte del padre.

Più consistente è "In vista di Orvieto" (10 pagine, pag. 51), ottimo racconto in cui ritroviamo lo storico esperto nella battaglia di Gallipoli del primo, che viaggia verso quella città, attraverso la Germania. In una sorta di stream of consciosness, si mischiano miti cinematografici: "Vivevamo...come in un film del vecchio Frank." (pag. 56). Impressioni subitanee e ricordi.

Altro racconto per nulla fantastico è "Conversazione" (8 pagine, pag. 61), in cui un vecchio aviatore va a trovare tre amici conosciuti in guerra. Ritorna uno dei particolari emersi nel racconto precedente: "Quella madonna aveva la stessa espressione di stupore di tutte le madonne che avevo visto."; "...tutte le madonne che avevo visto avevano sul viso quella espressione estranea, quella malinconia ironica." (pag. 59-60, in "In vista..."); "La vergine sull'altare aveva quell'espressione indifferente che hanno sempre le madonne.(...) è stupita, meravigliata." (pag. 67, in questo).

Si conclude con "Ricercare sul nome Adelina" (18 pagine, pag. 69). È il tentativo di un uomo di raccontare la storia di Adelina, che è un pretesto per ribadire il tema dell'intera antologia: "...non si racconta mai il vero: si racconta quello che si sa, ed è sempre memoria." (pag. 80). Prima di cominciare, però, vi è una narrazione secondaria: "L'angolo visuale è un luogo oscuro, dal quale si possono raccontare storie vere o fantastiche o visionarie"; "Qui comincia il fantastico, che è preludio al visionario." (pagg. 72-3), di: "...gente che ha ucciso la propria anima sperando in un superiore benessere." (pag. 73), e di: "...gente che aveva ucciso il proprio corpo per lo stesso fine." (pag. 74).

Se veramente fantastico è solo "Dalla torre", in quasi tutti troviamo uno spunto che è tale, dall'ambiguità della realtà storica del primo, alla bella donna del futuro che ride della volontà di cambiare il mondo dei suoi antenati, dalla presenza ballardiana dei miti cinematografici nell'inconscio contemporaneo, all'inserto propriamente fantastico dell'ultimo, con le sole eccezioni di "Ritorno" e "Conversazione".

 

"Algenib notizie", n. 15-settembre '91

 

UOMINI E ALTRI ANIMALI, di Guerrino Giorgetti

"Ingrandimenti", ed. Mondadori, '90, 141 pagine, 26.000 £; © by Arnoldo Mondadori Editore

 

Ottima antologia di racconti veramente piacevoli, la maggior parte nettamente caratterizzati quali racconti fantastici, e tutti, invariabilmente, intrisi di riferimenti psicoanalitici.

 

-"Il maiale" (14 pagine, pag. 7), bellissimo, in cui la narrazione parte dal quotidiano, dalla descrizione della vita di una normalissima famiglia di macellai, per poi, improvvisamente, bruscamente, precipitare il lettore in una dimensione di terrore brutale.

Vi sono delle più che evidenti inplicazioni freudiane, che rinquadrano, tipicamente, la prima parte.

 

-"La cernia" (15 pagine, pag. 21), racconto che, invece, non contiene alcun elemento fantastico, ma in cui, solamente, si ha una trasposizione d'affetto; qui, fra il dolore della perdita della madre e, appunto, quello per quella di una cernia, con la quale il protagonista aveva giocato.

 

-"Bobi e l'archivista" (13 pagine, pag. 37), divertente, in cui un randagio, misteriosamente di razza, dapprima, normalmente, si affeziona alla famiglia che lo trova e lo adotta, poi, fantasticamente, diviene uomo, letteralmente; le sue fattezze si fanno, via via, sempre più umane, anche se, a trasformazione completata, non pronuncerà nemmeno una parola.

 

-"La morte di Lorenz" (8 pagine, pag. 51), licantropico, in cui a un uomo muore il cane a cui era terribilmente affezionato, molto più classicamente che nel precedente, lo diviene lui.

 

-"Il camoscio" (11 pagine, pag. 59), racconto di caccia, che culmina, proprio, col concretizzarsi, per così dire, di uno dei luoghi comuni più classici di quello sport cruento: "...il cacciatore era tutt'uno con la vittima." (pag. 68); infatti, nel momento dello sparo, il cacciatore diviene, letteralmente, vittima, e muore.

 

-"Il grido dei rondoni" (9 pagine, pag. 71), altro racconto in cui non vi sono elementi fantastici, ma unicamente psicoanalitici; qui, un episodio traumatico infantile che, riverberandosi in età adulta, rende un uomo non più attraente alla propria moglie dopo alcuni anni di matrimonio, credendolo, per ciò, ella, pazzo.

 

-"La voce di Morella" (12 pagine, pag. 81), in cui una mucca, dopo che il vitellino che ha partorito è stato portato al macello, allatta ella stessa un ragazzo che la accudisce, a cui era molto affezionata; per questo, il ragazzo viene portato via anch'egli, e lei: "...gridava, con voce unama, il nome del ragazzo." (pag. 92).

Si può essere portati, in questo racconto, a trasporre, erroneamente, la psicologia umana sulla bestia; infatti la mucca era disaffettiva nei confronti del suo vitellino.

 

-"L'allevatore" (38 pagine, pag. 93), racconto in cui si narra, appunto, di un'allevatore di polli, ma di un'allevamento di quelli moderni, intensivi; e lui è nato in campagna, ama gli animali; ci vengono riferiti vari episodi della sua vita, dai mille mestieri, che spiegano i suoi metodi decisamente atipici, per un allevatore di uno di quegli impianti.

Parrebbe non contenere alcun elemento che lo possa connotare quale racconto fantastico, ma c'è un particolare, la presenza di un...pulcino (?), Carmelo, che, proprio quando fà la sua prima comparsa nel racconto, viene descritto così: "Carmelo era un tizio che abitava lì vicino e si sentiva importante perchè nella zona era l'unico ad avere la pensione d'anzianità." (pag. 109) (??????????????!!!!!!!!!!!!!!).

Le altre volte che viene nominato è decisamente un pulcino; potrebbe essere, semplicemente, un errore di stampa, infatti, a solamente aggiungere, a quella frase, un "...di...", prima di "...un tizio...", tutto quanto andrebbe a posto.

Ma il finale...

Credo che non sia possibile stabilire con certezza.

 

-"Cinghiali" (11 pagine, pag. 131), ambientato in un parco nazionale o in una qualche, in ogni modo, area protetta, è il racconto dell'inseguimento di un cinghiale ferito erroneamente durante un abbattimento di capi in esubero.

Nel finale vi è una specie di oscillazione dell'incredulità, si ha un tentennamento fra l'interpretazione fantastica dei molti racconti fantastici precedenti, che poi scaturisce in una spiegazione razionale.

 

A lettura ultimata, ciò che traspare evidente è, innanzitutto, l'immenso amore dell'autore per gli animali; i racconti fantastici sono tutti di trasformazione, licantropici, in un certo senso, come abbiamo detto, mentre quelli non/fantastici sono psicoanalitici, e, forse, gli si potrebbe dare una continuità, fra loro, e, al contempo, quindi, riallacciarli a quelli fantastici; il primo il distacco dalla madre, il secondo il distacco dalla compagna, il terzo…; quel Carmelo potrebbe essere la trasposizione di un'altra persona molto vicina all'autore, il padre, o chi altri.

L'ultimo racconto è, per così dire, l'uscita, nel quale, cioè, si fa uscire il lettore dall'atmosfera magica sapientemente creata precedentemente.

In conclusione, una gran bella sorpresa; io, sinceramente, non avevo mai sentito di questo autore, che mi si è rivelato davvero gradevole.

 

CRISTALLI NERI DI ROCCA, di Sergio Bissoli

"la Lampada di Alhazred" n. 8, ed. Solfanelli, '91, 51 pagine, 4.000 £; © by Marino Solfanelli Editore

Altri contributi critici

 

-recensione di Mariella Bernacchi, "Diesel" n. 21, ‘91

-recensione di Errico Passaro, "L'eternauta" n. 108, ed. Comic art, '92, pag. 21

 

 

Sergio Bissoli (Verona, '46): "Ho studiato occultismo per moltissimi anni, è iscritto alla Spiritualist Association of Great Britain ed ha avuto molte esperienze paranormali" ("L'autore", pag. 51). Di questa antologia, Roberto Genovesi, il curatore, dice: "Sergio Bissoli è sicuramente un d'annunziuano. L'aspetto estetico dei suoi racconti è indubbiamente elevato e sicuramente predominante su ogni altro elemento del narrato." (pag. 6); "Cristalli attraverso i quali si possono leggere i toni del macabro, dell'orrorifico e più semplicemente quelli caliginosi del fantastico e dell'inconsueto." (pag. 7). E mi trova sostanzialmente concorde.

Certo, in alcuni racconti, il fattore estetico, d'atmosfera, viene ad occupare tutto il racconto, come ad esempio, per "La cosa del diavolo" (3 pagine, pag. 21), in cui si narra solo di una gallina diabolica e per "Ondine e salamandre" (3 pagine, pag. 25), in cui in un negozio di specialità gastronomiche c'è un vecchietto decrepito che: "Saltellava letteralmente da un punto all'altro fra i cibi e il camino" (pag. 26), e che: "Era eccessivamente svelto per la sua età, e molto, troppo sorridente." (idem).

Anche per "L'uomo negativo" (2 pagine, pag. 34), avviene ciò, anche se c'è più racconto, più vera narrazione di fatti; narra infatti della morte e sepoltura di un uomo: "...piccolo, grasso, zoppo e calvo." (pag. 34), sordo, semi-cieco e balbuziente.

Altri racconti sono più propriamente fantastici, vedi il primo, "La casa stregata" (6 pagine, pag. 11), in cui due studiosi vi arrivano, constatano e sentono raccontare innumerevoli fenomeni paranormali dalla donna che tenta di abitarla, finchè lei non muore, tipico topos fantastico.

Anche il secondo, "Vicolo cieco" (4 pagine, pag. 17), anche se velatamente, fa uso di un tema classico: un vicolo nauseabondo, una festa di carnevale, ed una donna misteriosa, conosciuta, ma non riconosciuta, e, alla fine, un sospetto: sotto la casa della festa vengono ritrovati degli scheletri: "Credevamo di essere soli...e invece eravamo in compagnia." (pag. 20).

"Sera d'autunno" (2 pagine, pag. 28), in cui un uomo fa visita ad un villaggio che cosce: "Da queste parti si diceva che una volta si davano convegno i satanisti." (pag. 28), trovandolo,però, deserto: "Tutto appare in sfacelo, abbandonato da lunghissimo tempo." (pag. 29). Sia prima di giungervi, che dopo averlo abbandonato, incontra una donna.

"La strega" (3 pagine, pag. 30), poi, è esplicito; vari fenomeni paranormali prima, durante e dopo il funerale di una strega.

Gli ultimi tre racconti sono senz'altro i migliori, mescolando visionarietà stilistica e spunti fantastici.

"Gioco infinito" (3 pagine, pag. 37); un paese di campagna, una notte d'estate: una giostra, con luci e musica, e una ragazza: "...eccitante e pericolosa." (pag. 39), con un gioco, seducente e terrificante al contempo; ma poi, quando questo si sta facendo interessante, un urlo, basta luci, basta musica e: "Sull'erba calpestata...solo alcune tracce nere di bruciato." (pag. 40).

"Danza macabra" (4 pagine, pag. 41); tutto incentrato sul riaffiorare di ricordi di "...un'altra esistenza" (pag. 41), vede un uomo che nota una stradina che gli "...sembrava di conoscerla da sempre, di averla percorsa per un'intera esistenza..." (idem); la segue e, ad un bivio fa "...una scelta quasi consapevole." (pag. 42) e "Quasi (si) aspett(a) il nuovo bivio..." (idem). E dopo che "Si intravede una congrega di streghe con i larghi cappelli a cono radunate in aperta campagna." (pag. 43), vede una ragazza: "Anche se è la prima volta che la vedo, oscuramente mi sembra di conoscerla già, di conoscerla da sempre..." (idem), e "Sent(e) di ricordar(si) di doverle dire qualcosa di importante, da tanto tempo..." (pag. 44); mentre le streghe danzano, si accoppiano estaticamente.

"Giochi nel vento" (5 pagine, pag. 46); due amici d'infanzia a passeggio in aprile, persone conosciute, ma indaffarate, e poi un luogo, una casa, in cui pare che il tempo si sia fermato: "Il tempo qui si è fermato" (pag. 48) e quiete: "C'è una strana quiete qui dentro. C'è troppa quiete e nessun segno di vita." (pag. 49) e "...profumo di cose care." (idem); una stanza, come se qualcuno, una donna, dovesse tornarvi da un momento all'altro. Ma fuggono via, e quel momento di memoria "...si è pers(o) nel vento." (pag. 50), in cui mi sembra di poter ravvisare, in quella visione, una concretizzazione di un ricordo d'infanzia, che poi fugge via.

Ad ogni modo, questo volumetto si legge veramente d'un fiato, e lascia sicuramente traccia di sè, sempre che il lettore non sia nè uno scettico assoluto nè totalmente privo di poesia.

 

"Algenib notizie" n. 15-settembre '91

 

LA BESTIA DEL FAHUAR, di Bruno Fontana

"la Lampada di Alhazred" n. 10, ed. Solfanelli, '91, 91 pagine, 7.000 £; © by Marino Solfanelli Editore

Altri contributi critici

 

-"Mal d'Africa", di Graziano Braschi, "Sf clipping" n. 18, '92, pag. 5, da "Il giornale" del 24/11/'91

-"Diesel critica", di Mariella Bernacchi, "Diesel" n. 27, ‘91

 

Ottima antologia, questa, in cui Bruno Fontana, italiano nato in Tunisia, racconta delle sue esperienze di borghese cattolico a contatto col proletariato mussulmano di quel paese, le sue leggende. Mi pare di infrasentirvi non poca sufficienza nei loro riguardi, un sentimento costante di superiorità, ma che, forse, contiene anche una sorta di ammirazione per quel loro credo così fortemente sentito.

-"Al di là della siepe" (16 pagine, pag. 11)-in cui si racconta di sacrifici umani, e, di più, della diversità che la condizione sociale e di credo pone in atto, che dicevamo.

-"La notte della falce" (9 pagine, pag. 27)-una sorta di trasposizione in racconto di quella che penso essere una fiaba tunisina, per la quale, una notte all'anno, passa una carrozza a prelevare qualcuno, una carrozza che trasporta la Morte: "La temibile, spietata Signora era avvolta in un tetro mantello che la nascondeva allo sguardo degli uomini." (pag. 34).

-"Djebel Iaschkel" (12 pagine, pag. 37)-in cui si racconta, ancora una volta, di una leggenda islamica, narrata da un vecchio musulmano ad un ragazzino cattolico molto simile a quello del primo: "E mi raccontò come Allah aveva punito quel djebel facendolo impantanare nella palude e sprofondare a metà nel lago circostante non essendosi recata in tempo in pellegrinaggio alla Mecca, come ogni montagna sacra deve." (pag. 39); "Ogni cento anni, la notte di Aid, il djebel Ischkel tenta von tutte le sue forze di uscire dal lago e dalla palude dov'è incatenato per riprendere il suo pellegrinaggio verso la Mecca..." (pag. 40).

-"L'uomo del vecchio mattatoio" (14 pagine, pag. 49)-non contenente alcun elemento che lo possa connotare come fantastico, racconta, infatti, in toni giallistici, di un allevatore che attira i suoi clienti, al mercato, per poi...macellarli!

-"Il piccolo circo di Mateur" (10 pagine, pag. 63)-in cui si racconta di una specie di piccolo E.t., trovato e nascosto da gente circense: "Non era un animale, non di questo mondo, aveva la testa d'un essere umano con dei tratti dolcissimi, ma il resto del corpo poteva essere quello d'un ipotetico incrocio tra un orsacchiotto ed uno scimpanzè... (quando) lo abbiamo trovato...Aveva degli strani indumenti addosso ed era ferito." (pag. 70).

-"La bestia del Fahuar" (16 pagine, pag. 73)-in cui si racconta di un loups-garous, un lupo mannaro: "Non era un uomo, ma non era nemmeno una Bestia." (pag. 87).

Il Fontana è appassionato di letteratura fantastica, tanto che il curatore, Roberto Genovesi, nell'introduzione, dice di averlo conosciuto ad un'Italcon, e, infatti, divertenti due citazioni, dalla nostra letteratura, Lovecraft e Conan Doyle; fà dice al padre di uno dei suoi giovani protagonisti che si ingozza di letteratura fantastica: "Tu devi solo smettere di leggere quei libri blasfemi..." (pag. 48). Degustabile veramente in un batter d'occhio, è senz'altro una lettura piacevole e consigliabilissima.

 

PRIMI RACCONTI, di Barbara Rolando e Mirko Cianci

"I larici" n. 1, ed. Keltia, '92, 107 pagine, 27.000 £; © by Keltia Editrice

 

Gran parte di questo volume è occupata dai racconti di Barbara Rolando, raccolti nella prima parte, dal titolo "E la realtà divenne sogno". Sono racconti, per lo più fiabe, molto teneri, delicati, come dice Rosanna Garris nella prefazione, che fanno entrare in un mondo "...azzurro pulito e fresco.". Ed è davvero così; nel leggerli si ha una sensazione di serenità che man mano si procede aumenta, ci si riesce a lasciare cullare dalla sua prosa "...chiara, leggera, pura..." (Garris), senza tentennamenti, trovando ad ogni passo motivo di divertimento e stimoli per la fantasia. Nel complesso, vi si esprime un messaggio di pace e di amore universale, "...un inno alla vita, alla solidarietà, all'umanità ritrovata..." (Garris), e un invito a non perdere mai il contatto con l'io bambino che è in ognuno di noi, o a "...ritrovare l'uomo bambino che nascondiamo in ognuno di noi" (Garris).

-"Un magico segreto" (5 pagine, pag. 11)-vincitore del concorso "Una favola al castello..." nell''86, patrocinato dall'Università della Terza Età di Torino, è una fiaba con molte delle caratteristiche che contraddistinguono questo genere di narrazione. Innanzi tutto oggetti inanimati che parlano, e poi che i protagonisti siano dei bambini. Lievissima, esprime, credo, un certo qual rammarico per ciò che si va perdendo nel crescere. Vi è, infatti, nel finale, una nota buzzantiana ("...i grandi a queste cose non credono più." (pag. 17)), che ricorda molto, almeno a me, "Il segreto del bosco vecchio" di Dino Buzzati, appunto.

-"Biancospina e Quadrifoglio" (4 pagine, pag. 19)-fiaba di due automobili che si innamorano.Vi sono alcuni divertenti giochi di parole tra sentimenti umani e parti meccaniche: "L'acqua le si raggelò nel radiatore..." (pag. 24).

-"Tramonto rosso-arancio" (4 pagine, pag. 25)-un pò meno fiaba delle precedenti, questa storia racconta di un tram che si innamora della sua conducente. Dicevo un pò meno fiaba in quanto la protagonista si stupisce di sentire parlare il suo tram ("Valentina pensò dapprima ad uno scherzo dei suoi colleghi. Cercò sul tram e dietro al muretto l'autore della probabile burla ma Tramonto (il tram) la chiamò ancora e questa volta lei capì. Spalancò gli occhi col fiato sospeso per un attimo, poi vi chinò verso il muso del tram." (pag. 28)), e questo lo rende tale.

-"Amicizia senza tempo" (7 pagine, pag. 29)-storia di Sf sui viaggi nel Tempo, con gli inevitabili paradossi temporali, qui appena accennati. Il tono è quello scanzonato delle altre fiabe, limpido.

-"Signora pelliccia" (5 pagine, pag. 37)-non vi sono, in questo racconto, elementi che lo possano caratterizzare come fantastico. È, semplicemente, la storia di una ragazza in gita in un paese in cui vi è anche una signora un pò eccentrica, che i bambini credono una strega.

-"Soldanella" (7 pagine, pag. 45)-fiaba che traspone molti degli elementi classici della favolistica; vi si narra, infatti, di una sposa promessa rapita per invidia da una strega, e poi liberata dalle forze del bene. Oltre alla strega, di personaggi tipici delle favole vi è anche un drago, che starà dalla parte del bene in conseguenza dei maltrattamenti a cui la strega lo sottoponeva.

-"Papilia" (5 pagine, pag. 55)-fiaba molto tenera sull'amicizia tra una bambina e una farfalla.

-"Dono di vita" (3 pagine, pag. 61)-bella fiaba il cui protagonista è un prato. Egli, stanco di tutto il rumore che gli animali e le piante vi facevano, decide di negare loro l'acqua.Dopo qualche tempo ha un pò di ripensamento, ma saranno gli animali e le piante a farlo tornare come prima, avendo visto così solo e triste.

-"Fiore di carta" (2 pagine, pag. 65)-è una fiaba alquanto particolare, in quanto, oltre ai soliti elementi di animali e piante parlanti, vi si inserisce un elemento alquanto impegnativo quale quello della metempsicosi, ovvero quello del riciclarsi di ogni essere vivente in qualcosa d'altro in una vita successiva. Qui è, divertentemente, uno scontrino fiscale che, scioltosi per l'acqua in un prato, sogna di rinascere sotto altre forme: "Che cosa sarebbe divenuto la prossima primavera? Una margherita? Un alberello? Una campanella azzurra?" (pag. 66).

-"Cuor di amarena" (2° al concorso "I giovani e la poesia", '88, Bologna; 2 pagine, pag. 69)-è la divertente storia di due coppette di gelato che si innamorano, dal frigorifero del bar alla spazzatura, dopo che il loro contenuto è stato mangiato. Il tono umoristico che sottende tutta l'antologia è qui più spiccato.

-"da "Scientific Elements" del 20-07-19…"" (2 pagine, pag. 71)-uno strano miscuglio di Sf e fiaba; vi si racconta, infatti, di dei rappresentanti niente di meno che dell'Ozono che si ribellano e minacciano di scioperare. L'elemento Sf è uno dei tipici ammonimenti della Sf sociologica: quello a non abusare della natura.

-"Voyager" (3 pagine, pag. 73)-racconto di Sf, narra quella che penso sia un pò la speranza di molti di noi, e cioè che una civiltà aliena risponda ai messaggi che sono stati messi nelle sonde Voyager.

-"L'uomo asettico" (3 pagine, pag. 77)-quella che per quasi tutto il racconto sembrava essere una storia di filosofeggiamenti, nel finale trova uno spunto di Sf. In ogni modo resta una storia di meditazione sul senso del vivere moderno, perso tra lavoro e preoccupazioni.

-"È Natale" (4 pagine, pag. 81)-favola di una bambina che, a Natale, riceve la visita di una fata che le dice di poter esaudire sette dei suoi desideri. Ella lo farà, e nel finale vi è esplicitato il messaggio di amore universale sotteso in tutto il racconto.

I racconti di Mirko Cianci occupano, in proporzione, una piccola parte del volume, e, quasi tutti molto brevi, sono raccolti nella seconda parte, dal titolo "A proposito di mondi paralleli". A dire la verità mi sono sembrati molto meno belli di quelli della Rolando; ad ogni modo sembrano ambientati in un universo fantasy unico ed omogeneo.

-"Yaga" (1 pagina, pag. 87)-racconto cosmogonico, sulla narrazione della creazione del mondo, ma in chiave pagana, o, quanto meno, di una religiosità primordiale ed arcaica.

-"Dru e Ygerne" (2 pagine, pag. 89)-ricollegandosi al racconto precedente ("...Dru incontrò lo Spirito di Yaga." (pag. 89)), racconta di una veggente, Ygerne: "Leggeva il passato. Avvenimenti lontani, arcaici, sfilavano prendendo vita sotto i suoi occhi...meditava poi sui significati delle visioni e ne stilava i segreti...(e ne ricavava) profezia(e)..." (pag. 91).

-"Yonoth" (2 pagine, pag. 93)-racconto di un alchimista, dei suoi esperimenti, e degli gnomi con cui: "…intratteneva strane relazioni commerciali…" (pag. 93).

-"Drip" (1 pagina, pag. 95)-che racconta di uno strano personaggio fantastico: "...nato dallo sbocciare di uno strano amore tra un'Ondina ed il figlio di un'Oreade...", che: "Trascorreva dormendo gran parte del tempo e riprendeva vigore solo nelle stagioni intermedie." (pag. 95).

-"Azim e il piccolo boscaiolo" (2 pagine, pag. 97)-non contiene alcun elemento fantastico; è la narrazione di un'amicizia tra un vasaio e un boscaiolo, che si esprime attraverso l'arte, si, ma senza che vi intervenga, appunto, alcun elemento fantastico.

-"Anonimo: "Storia di Anton e del falco lucente"" (5 pagine, pag. 101)-unico racconto di una certa consistenza di questa raccolta del Cianci, racconta la storia dell'amicizia tra un uomo ed un falco, che si manifesta, qui, nelle cure affettuose di lui verso l'animale quando questi si ferisce. Nel finale l'uomo, seguendo il suo falco, si ritrova in un'antro, ma, anche qui, non vi sono elementi che lo possano caratterizzare quale racconto fantastico, anche se vi è una similitudine che ne contiene: "Le pareti risultavano fittamente ricoperte da polimorfi cristalli, sfaccettati e policromi, quale gemme di un antico tesoro di gnomi, su cui un drago primordiale riposava attendendo la venuta di un'altra era." (pag. 106).

Il volume è splendidamente illustrato dallo stesso Mirko Cianci.

 

VIDEOTEL, di Paolo Ferrari

"la Lampada di Alhazred" n. 15, ed. Solfanelli, '92, 85 pagine, 7.000 £; © by Marino Solfanelli Editore

 

Quest'ottima collana della Solfanelli che tutti noi dovremmo conoscere, ci regala questa breve antologia del Ferrari, davvero ottima, dai toni decisamente laici.

-"L'angelo" (8 pagine, pag. 11)-in cui si ha un'irruzione dell'irrazionale nel reale quotidiano, estremizzata. Infatti, addirittura, vi si narra della caduta di un angelo nel centro di un paesino e del ritrovamento del suo cadavere da parte di prosaicissimi vigili urbani.Ciò, ovviamente, suscita le più svariate reazioni, nei paesani, dapprima di stupore, per poi passare alle più stravaganti ipotesi.

-"Videotel" (37 pagine, pag. 19)-bellissima fiaba moderna, in cui un uomo, attratto da ogni novità tecnologica, si compra un terminale videotel. Tra i messaggi che legge su di esso, ne trova uno firmato "Dio", che, in un certo senso, gli salva la vita. Da quel momento, infatti, è tormentato dall'ansia di ritrovare altre messaggi di questo "Dio", ne chiede notizia ad altri utenti di videotel, ed è qui che la narrazione ha un'impennata, entra, per così dire, nel vivo.Infatti l'autore incomincia a confondere quello pseudonimo con ciò che si intende normalmente con quel termine, e vi sono una serie di dissertazioni/discussioni fra lui e quegli altri utenti a cui chiede notizie di Lui. Importantissimo, a questo punto, sapere che il protagonista si chiama Dionisio, il simbolo attraverso il quale Nietszche a veicolato il suo concetto del dionisiaco, appunto, che si contrappone all'apollineo, la forza vitale irrepressa, e il discernimento, la logica.

Altro personaggio centrale è "Elena" con la quale il Nostro intrattiene una fitta corrispondenza, ma che, nel finale, si rivelerà essere un uomo.

-"Il programma" (27 pagine, pag. 57)-il protagonista è, un pò come quello di "Videotel", un maniaco dell'informatica, che, addirittura, progetta e realizza un programma che permette di prevedere il futuro di una persona, perfino la data della sua morte. Ciò è pretesto per un discorso sulla Morte de quale mi è parso che si dica, prevalentemente, che per un adulto essa non comporti, in fondo, questo gran scossone, che essa diventi, con l'età adulta, abbastanza sopportabile; e che, forse, ci sia dell'amarezza, in ciò, nel constatare, cioè, quanto ruvidi ci abbia reso la vita.

A lettura ultimata, forse il primo, breve, raccontino, appare un pò fuori posto, ma, in generale, se ne esce con un buon retrogusto, e, quasi, si avrebbe voglia di poterne leggere degli altri. Al momento, questo, che è il volume di esordio del Ferrari, rimane l'unico suo pubblicato, a parte i racconti segnalati nella biografia.

 

GLI ORSI, di Silvia Ballestra

"I Canguri", "Universale economica" n. 1388, ed. Feltrinelli, '94, '96, 153 pagine, 11.000 £ (2° ed., da cui le citazioni); © by Giangiacomo Feltrinelli Editore

                                         Altri contributi critici

 

-recensione di Giangiacomo Gandolfi, "Il paradiso degli orchi" n. 8, ’94, ’95, pag. 69 

 

Come vedremo, i racconti raccolti in questa antologia sfiorano solamente, per così dire, il nostro genere; la Ballestra mostra di essere, senza ombra di dubbio, almeno, un'amante di esso, e, in alcuni di essi, dice delle cose che, sicuramente, ve ne hanno delle attinenze non da poco.

Ma prima di dire altro, andiamo a vedere i racconti.  

 

-"Gli orsi (63-93)" (20 pagine-pag. 9)-una sorta di presentazione, in forma assolutamente non saggistica; una specie di presa per i fondelli, banaria, ma decisamente tale, del così detto establishment culturale italiano.

E il suo essere "introduzione" viene da una sola frase, verso il finale, in cui si dice, sicuramente, di che tipo saranno i racconti dell'antologia: "…si rifanno…alla quotidianità più parlata, meno costruita e mediata che si possa immaginare." (pag. 28).

 

-"Cozze marroni, non fatelo!" (25 pagine, pag. 31)-divertente trasposizione della lotta di classe in chiave umoristico/fantascientifica, in cui, nelle prime tre delle quattro parti di cui è composto, si dice di due adolescenti umane proletarie che decidono di fare un'azione di rappresaglia contro certi alieni alto-borghesi, in un modo che non può che ricordare la serie "Visitors", in una narrazione tutta infarcita di neologismi evidentemente rimandanti alla Sf, ma che sono, altrettanto evidentemente, solamente tali: "…mostri: alieni…"; "…alieni e zombie…"; "cozze dall'ultraspazio…"; "…delatore dei mostri (sic!)…"; "…bagni penali alieni di Altair IV…" (pagg. 33-5); "scialuppe aliene e navette…"; "…lucertoloni…(sic!)" (pagg. 42-3).

Ma, nell'ultimo, quei "…bagni penali alieni di Altair IV…", che erano stati, solamente, la trasposizione di una paventata "…base nel maceratese…" (pag. 35), diventa un vero e proprio luogo disperso nell'Universo: "…cento miliardi di anni luce fuori dalla Via Lattea" (pag. 55), sferzato da tremende trombe d'aria, ed infestato da temibili belve aliene: "I rork sono dei volatili, diciamo così. Lunghi non più di trenta centimetri.Hanno ali tozze, sono completamente privi di becco. Hanno una blanda tendenza ad attaccare l'uomo." (pag. 56).

 

Vi sono, anche un paio di riferimenti, filmici; alla Sf: "Ricordate le tecniche di occupazione messe in atto dagli invasori dell'ultraspazio ne Il dominio dei mondi" (pag.33), e all'horror: "…gli piacevano le pellicole con le vergini per Dracula, le indemoniate contro Papà Vudù, le spose del lupo mannaro." (pag.36).

 

-"Cari, ci siete o no?" (12 pagine, pag. 59)-in cui si dice del divario generazionale, che è venuto ad essere, oggi come forse mai nella storia dell'Uomo, fattore di massima importanza.

E lo si fa con una narrazione davvero divertente di una nonna, del suo essere fagocitata dai vari Media: "Nonna F., come certi eroi del Cyberspazio, crede di poter fruire di più realtà contemporaneamente, livelli di comunicazione e coscienza paralleli, bit, database, simstim…(ma)…essendo tutt'altro che un computer ma soltanto e fortunatamente una nonna, subito si perde." (pag. 67); "…vostra nonna, pur non essendo affatto un cow-boy della consolle, sta tuttavia…inoltrandosi anche lei in un mondo di ologrammi: al contrario di certi personaggi cyberpunk non vuole piratare niente, anzi. Il fatto è che tutto sta per piratare lei."; "…gli americani si stanno prendendo pure nonna vostra; loro riescono ad interfacciarla e voi no. E una volta interfacciata….la spediranno in qualche mare gassoso di Giove, la faranno fluttuare fra i fotoni gelidi dello spazio, oppure ve la confonderanno definitivamente, e alla fine lei preferirà allearsi con…le megalitiche compagnie commerciali giapponesi che tanto preoccupano i cow-boy della consolle amici di William Gibson…" (pagg. 67-8; la sottolineatura è mia).

Vi si dice anche della questione dei linguaggi personali, privati: "…lessico parlato solo da mamma mia e nonna…" (pag. 72); che, evidentemente, và di pari passo col discorso sulla comunicazione, che, quindi, è ciò di cui vi si dice.

Per tornare al discorso principale, direi molto significativa questa frase: "…essendo nata quando ancora c'era lo zar, vostra nonna possiede alcune chiavi di decodifica del chiamiamolo "reale", assolutamente esclusive rispetto alle vostre miserabili 10.000 unità d'informazione." (pag. 68).

Divertenti alcune trovate: "…non per niente si (il padre dell'Io narrante) chiama Norman Bates, nonostante in vita sua non abbia mai gestito un motel ma un garage sì, una volta, a Reggio Emilia…" (pag. 62); "…nonna F….Fonte Monumentale per le storie di fantascienza, gotico rurale, e specialmente un genere nuovissimo che credo di mia invenzione, il gerontothriller…" (pag. 64); e, a proposito dei lessici privati, e dell'influenza della vecchiaia, sul linguaggio, la definizione che dà di sua madre: "Un personaggio di Eraserhead…La mente che cancella…." (pag. 72).

 

-"Lettere a Polonio (Paraguay)" (39 pagine, pag. 73)-racconta di un'amicizia letteraria, e vi è quello che è, praticamente, l'unico brano di narrazione vera e propria dell'intera antologia, che è, anche, un racconto horror, concluso in sé, ambientato in quel Paraguay del titolo.

Anche qua, troviamo i numerosi riferimenti alla letteratura fantastica che abbiamo visto: "…come certi antichi tomi del conte Dracula." (pag. 83); "…un vampiro del Mine…" (pag. 102); "…richiami demoniaci dell'orribile Cthulhu…" (pag. 196); "…Lovecraft-Poe…" (pag. 113).

Il racconto è intriso di metafore sessuali neanche tanto larvate, decisamente hard.

Vi è, anche, un'ipotesi di futuro: "…nel 3015, con gli Stati Uniti cancellati dalla faccia della Terra e i tedeschi padroni dell'Asia…" (pag. 103), che, però, ha più i connotati, anche più decisamenti confacenti al senso, del racconto, di un qualche mondo Ucronico.

 

-"Intervistare Bret Ellis (F.P.)" (6 pagine, pag. 115))-racconto che inizia con una tipica frase da horror: "…l'heure bleue, quel nastro di tenebre fra la falsa alba e la vera, allorquando, secondo antichi monoscritti, sagome innaturali e oscene cominciano a profilarsi sui tetti dormienti delle case." (pag. 117), che è, come si dice subito dopo uno "…scopiazza(re) Woolrich…".

Poi, però prende subito tutt'altra direzione, per dire, ancora, di intrallazzi politico-editoriali, e, poi, sfociare in un giochetto che, in una "…festa in onore dello scrittore statunitense Bret Easton Ellis…minimalista…" (pag. 119-la sottolineatura è mia), ci si mette a giocare, sul riuscire a dire più nomi possibili con le stesse iniziali (F.P., ovviamente!); vi sono, così, un paio di pagine (scarse, per fortuna), di tali nomi, che contengono qualche svarione divertente: "Folco Pquilici, Furio Polombo…Falter Pedullà, Fadriano Panatta…" (pag. 121), forse a vole dir qualcosa, con contrasto, del minimalismo.  

 

-"1974" (8 pagine, pag. 125)-in cui si dice del sentire della generazione che, il '68, l'ha vissuto si, ma solo di striscio, perché, all'epoca, era ancora troppo giovane.

 

-"La fidanzata di Hendrix da piccolo" (15 pagine, pag. 137)-in cui si racconta dell'incontro, su di un treno, in cui c'è un caldo tremendo, di una donna con un gruppo di adolescenti, con, anche, l'intervento di un uomo.

Anche qua, due riferimenti alla Sf: "Faceva caldo come su Marte…" (pag. 139), e "Come in certi sfondi riarsi delle Cronache marziane…" (pag. 143).

 

E, quindi, ecco che, oltre a tutti i tributi (innumerevoli), dei quali ha voluto cospargere i suoi racconti, al nostro genere, prevalentemente, in "Cari, ci siete o no?", dice di quello che, sicuramente, è fra i dati di maggiore rilevanza del nostro tempo, del divario incredibile che è, oggi, fra le generazioni, che è, poi, una delle motivazioni più rilevanti dell'essere, di esso.

E, poi, quel finale, totalmente fantascientifico, di "Cozze marroni, non fatelo!", senza contare quel "racconto nel racconto", in Paraguay, in "Lettere a Polonio" di un'oniricità allucinata al limite.

Se, come parrebbe, la Ballestra ama tanto il nostro genere, sarebbe davvero una gran bella cosa se pensasse di poterci regalare un suo romanzo, una sua antologia, che si potessero realmente dire appartenervi.

 

UOMINI PERICOLOSI, di Eraldo Affinati

"Letteratura contemporanea", ed. Mondadori, '98, 227 pagine, 26.000 £; © by Arnoldo Mondadori Editore S.p.a.

                                            Altri contributi critici

 

-"Affinati: sangue, allucinazioni e un po’ di autobiografia", di Giovanni Pacchiano, "Corriere della sera" del 16 settembre '98

-"Affinati, non basta la parola", di Angelo Guglielmi, "L'espresso" dell'8 ottobre '98

 

Raccolta composta, come vedremo, da racconti che, quasi tutti, contengono degli elementi direi quasi decorativi riguardanti il nostro genere, ma non mai essenziali all'economia della narrazione; quasi a voler mostrare l'indubitabile apprezzamento dell'autore per esso.

E poi c'è "Il combattente", l'ultimo, che è una gradita sorpresa, un vero e proprio racconto di Sf.

 

-"Bongo" (24 pagine, pag. 11)-in cui si racconta di un uomo a cui hanno ucciso la moglie, bruciandola, in un qualche modo, che, come si dice, da fuori di matto, e si mette a scorrazzare per la città armato fino ai denti, lanciando bombe e sparando.

Qui, si intuisce solamente l'essere ambientati nel futuro di questi racconti; per lo più vi sono elementi decorativi che lo ricordano: "In poltrona, davanti al video e agli altoparlanti, mi trasformavo in un robot elettromagnetico." (pag. 20); "…un bolide fantascientifico a soli due posti." (pag. 23), e, più di tutti: "Ho raggiunto l'età delle missioni interplanetarie, pensavo, degli astronauti inviati a metter piede sui pianeti che circondano la Terra." (pag. 26), dal quale pare proprio di poter dedurre ciò.

-"Il cuoco" (23 pagine, pag. 37), che racconta della vecchiaia di, appunto, un cuoco, allietata dalla compagnia di tre sue vecchie fiamme; ha un finale che, in un qualche modo, può ricordare il film "La grande abbuffata", col cuoco che, rimasto ormai solo, cucina i suoi grandiosi manicaretti esclusivamente per i suoi cani.

-"Nove" (22 pagine, pag. 61), in cui si dice del ricordo di omicidio, perpetrato da bambino, di un uomo che, assieme agli altri coi quali l'ha commesso, ora è la classe dirigente del paesino in cui è ambientato.

L'omicidio di un handicappato, per futili motivi.

Ma vi si dice, anche, del progresso, che, al posto del convento attorno al quale era avvenuto il fatto, ha costruito sovrastrutture avveniristiche: "…il progresso che avanza. L'accetto ma non lo condivido." (pag. 65); "cosidetto mondo moderno…" (pag. 74-la sottolineatura è mia); un progresso sentito come alienante alla propria vera natura: "…la pelle splendida di cui facciamo mostra non ha rughe, ma sembra d'acciaio metallizzato." (pag. 65).

-"L'unicorno" (24 pagine, pag. 85), che mi pare voglia dire dell'estendersi nel tempo dell'artista attraverso le proprie opere; l'unicorno del titolo è la malattia che coglie un personaggio, per la quale direi che, quasi, si potrebbe tirare in ballo il discorso del Gallo sulla poetica della Nuova Carne: "Gli individui colpiti da questi mali intrecciano rapporti ambivalenti con le deformazioni di cui sono vittime: inizialmente le sentono quali corpi estranei, tendono cioè a rigettarle. Dopo un po’ comprendono che esse scaturiscono dalla loro stessa carne e quindi si fanno carico delle deflagrazioni cellulari presenti nei tessuti. Diventano tavernieri premurosi e attenti nei confronti di quegli ospiti indesiderabili." (pag. 98).

-"Natica d'oro" (21 pagine, pag. 111), divertente, fino alla risata, è il racconto dell'infatuazione di un vecchio studioso per le natiche di una ragazza; il finale è a rovesciamento, decisamente sorprendente.

Vi è un altro accenno alla Sf: "…come aveva visto in un film di fantascienza, il cui protagonista aveva il potere di neutralizzarsi in porte, finestre, pavimenti, liquidi vari." (pag. 122).

-"L'uomo dei muri" (24 pagine, pag. 133), notevole, racconta di un figlio che, alla morte dei genitori, scopre che suo padre, quello vero, era un trovatello che aveva vissuto in certi cunicoli del maniero in cui aveva da sempre alloggiato.

Questi, appunto, spunta dalle intercapedini del muro, e, da quel momento, inizia una storia assurda, quanto decisamente divertente, di allenamenti calcistici e di affetti inusuali.

-"La tenda dei porci (racconto edificante)" (23 pagine, pag. 159), sul razzismo, racconta, di un raid di benpensanti in un improbabile campo in cui siano radunati tutti i tipi di emarginati, immigrati, ecc..

Bella la figura di uno dei protagonisti, una sorta di Rambo buono.

-"Doss Trento" (23 pagine, pag. 183), figura che ritroviamo anche qui, ma in una versione decisamente negativa; è, infatti, un ex alpino che, ad un tentativo di furto della sua automobile, reagisce, in un impeto di "…deliberata volontà di potenza…" (pag. 202), in una maniera a dir poco esagerata, uccidendo i ladruncoli, e causando notevoli danni a passanti.

Vi è un altro accenno alla letteratura fantastica: "...trasformarsi nel lupo mannaro della tradizione favolistica popolare." (pag. 190).

-"Il combattente" (22 pagine, pag. 207), l'unico vero e proprio racconto fantastico, è di vera e propria Sf; ambientato in un venticinquesimo secolo in cui vi è un Gioco un po’ alla "Rollerball", in cui dei gladiatori allenatisi per tutta la vita a quell'unico combattimento, si affrontano fino alla morte, "…inseguendo ciò che la società aveva abolito: l'affanno, lo sforzo, il sudore, la crosta di sangue." (pag. 212).

È un futuro di robot, cyborg ed astronavi interstellari, in cui, appunto, la violenza è stata debellata, e nel quale, quindi, si è dovuto trovare un modo attraverso il quale incanalare le energie distruttive dell'umanità; che è, appunto, il Gioco: "…sentiva pulsare dentro di sé l'animale antico che ancora l'uomo mostrava di essere, l'insieme di carne, ossa, organi vitali, protagonista inquieto della finitudine tuttora imperante, malgrado gli sforzi inauditi operati dalla civiltà per contrastarla.", in cui, certo, si solleva la questione di fino a che punto tali energie possano trovare uno sbocco sufficiente nel solo essere proiettate nei lottatori: "A lui i suoi simili avevano delegato il rapporto, da sempre difficile ma improcrastinabile, con la cosidetta materia bruta…" (pag. 218).

 

Dunque, non certo molto attinente, come abbiamo detto, al nostro genere; ma c'è, oltre a quanto abbiamo commentato, una sorta di racconto a puntate, una breve paginetta prima di ogni racconto, che racconta, confusamente, di una fuga disperata, di uomini armati fino ai denti, che sembrerebbe proprio poterlo essere anch'esso: "…una sensazione indefinita di futuro benevolo nell'aria." (pag. 157).

E, poi, ma soprattutto, lo stile nel quale sono scritti; uno stile frizzante, dal ritmo incalzante, che rimane, sempre, entro dei limiti di semplicità praticamente assoluta; scorre, la sua narrazione, naturale, fluida, raramente inframmezzata da fonemi non di uso quotidiano, né arricchita da costruzioni del periodo eccessivamente complesse.

In generale, direi che vi si respira un'atmosfera da superamento del nichilismo, di accettazione serenamente matura della condizione dell'uomo.

Fiabistica

 

FIABE ITALIANE, a cura di Italo Calvino

"I libri di Italo Calvino", ed. Mondadori, '91, 1118 pagine, 45.000 £; © by Palomar s.r.l.

 

Raccolta di fiabe italiane che il Calvino ha scelto da antologie e riviste, ma non andando a raccoglierle lui personalmente, oralmente, poichè, dice, ce n'erano a sufficienza. Sono di quasi tutte le regioni, tranne la Valle d'Aosta, in quanto, di quella, ve ne sono solo in lingua francese, anche se ne ha tradotte, proprio dal francese, di liguri, nè dell'Umbria, perchè troppo poche e troppo poco significative. Vi sono anche, di area linguistica non italiana, due leggende dei greci di Calabria. Nella corposa e dotta introduzione, Calvino dice di come vari molto, da regione a regione, la disponibilità di fiabe a cui attingere; la Sicilia e la Toscana ne sono le più ricche, così come il Veneto, l'Abruzzo, la Puglia e la Calabria; per le altre il materiale è scarso.

Oltre a questo criterio, si è attenuto a quello di rappresentare tutti i tipi di fiaba documentati. Vi sono sia fiabe vere e proprie che leggende religiose, novelle, favole d'animali, storielle, aneddoti e leggende locali. Tra le varie versioni di una stessa fiaba o leggenda, ha scelto quella che gli è sembrata, più che altro, aver: messo le sue radici in un terreno, ne ha tratto un succo, s'è fatta più monferrina, più marchigiana, più otrantina. (pag. XXI). Sempre a riguardo delle varie versioni, in vari casi ne ha utilizzate due, a volte perfino tre, fondendole in una unica.

Il suo intervento sul testo, oltre a quello macroscopico della traduzione dal dialetto, varia da fiaba a fiaba, per qualità e misura, a seconda di quanto il testo gli suggeriva. Sempre nell'introduzione molto interessanti una teoria del Propp sull'origine delle fiabe, secondo cui: la nascita di molte delle fiabe popolari giunte fino a noi sia avvenuta nel momento di trapasso dalla società dei "clan" basata sulla caccia, alle prime comunità basate sull'agricoltura; quando cioè i riti di iniziazione caddero in disuso e i racconti segreti che li accompagnavano o precedevano cominciavano a essere narrati senza più alcun rapporto con le istituzioni e le funzioni pratiche cui erano legati, persero ogni significato religioso e diventarono storie di meraviglia, crudeltà e paura. (pag. XLI). E le caratteristiche della fiaba italiana da lui individuate: corre, nella fiaba italiana, una continua, sofferta trepidazione d'amore.

Nelle fiabe non s'incontra quasi mai lo schema per noi più facile ed elementare di storia d'amore: l'innamoramento e le traversie per giungere a nozze (...) Le innumerevoli fiabe di conquista o liberazione d'una principessa, trattano sempre di qualcuna che non s'è mai vista, una vittima da liberare per prova di valore (...) gli innamoramenti più concreti e sofferti delle fiabe (...) sono di quando la persona amata prima la si possiede e poi la si deve conquistare. (pagg. XLVI-XLVII).

Una notizia che penso vi possa interessare, è che anche in fatto di fiaba la produzione fantastica italiana sia scarsa. Molto utili ed interessanti le note alle singole fiabe, anche se sarebbe stato meglio se fossero state messe in fondo ad ogni volume, e non tutte nel terzo. C'è anche una bibliografia dei testi da cui sono state tratte. Ve ne è anche un'edizione dell'Einaudi, più economica, in due volumi e di qualche anno fa.

Per le fiabe italiane, da ricordare anche i volumi, sempre della Mondadori, delle fiabe delle varie regioni, anche queste già di qualche anno fa, e "Le fiabe delle Asturie", a cura di Romeo Bassoli, ed. Riuniti.

Per quelle estere, la serie "Fiabe e leggende da tutto il mondo", "Oscar",ed. Mondadori, '92.

A livello critico, da segnalare: "Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe", di Bruno Bettelheim, "I fatti e le idee. Saggi e biografie", ed. Feltrinelli; "Le radici storiche dei racconti di fate", di Vladimir J. Propp, ed. Boringhieri; "Morfologia delle fiabe", sempre del Propp, ed. Newton-Compton e Einaudi (più recente); "La fiaba del lieto fine", di Marie-Louis von Franz, ed. Red; "L'individuazione nelle fiabe", sempre della von Franz, ed. Boringhieri; "Le fiabe di paura", di Verene Kast, ed. Red; "Fiabe del sottosuolo", di Giuseppe Sermonti, ed. Rusconi e "Le fiabe nella tradizione popolare", di Lilith Thompson, ed. Il Saggiatore, segnalato dallo stesso Calvino.

A livello amatoriale, "Un alfabeto per la paura", di Francesca Marzotto Caotorta, in "Sf clipping" n. 18, da "Il sole 24 ore" del 22 dicembre '91, il numero monografico sulla fiaba di "Sf clipping", il n. 40, del giugno '92; "Fiabe: messaggi in codice dalla notte dei tempi", di Giovanna Repetto, in "Rivista di fantascienza", anno III, n. 2, pag. 36 e "Fiabe" di Rino Pepe, "Intercom", n. 128/129, '92, pag. 47.

 

"Alpha Aleph" n. 3-settembre '93

 

PAURE & SPAURE, di Paolo Fantozzi

"Documentaria" n. 3, ed. Mauro Baroni, '94, 181 pagine, 25.000 £; © by Mauro Baroni editore & C.

 

Come ben sappiamo, spesso, nelle iniziative editoriale dei piccoli editori di provincia si possono trovare delle opere di davvero notevole interesse; non fà eccezione questo libro del Fantozzi, che ha fatto un lavoro davvero encomiabile, di raccolta delle leggende e delle favole della provincia di Lucca, in parte a seguito di una monumentale ricerca bibliografica, e in parte andando in giro per quei luoghi, a farsi raccontare oralmente, dai vecchi, altre di cui non vi era notizia scritta. Le ha, poi, rielaborate; praticamente, ha raccolto, di ogniuna, tutte le varie versioni, e ne ha tratto una, per così dire, che le comprendesse tutte; a volte, a suo stesso dire, ne ha: "...integrato personalmente la parte descrittiva" (pag. 146). Di tutto ciò, e di altro, ne parla nell'introduzione, "L'epifania della ragione"; in essa vi è anche una citazione da un testo di Maria Cristina Citroni, che fà un discorso, quasi inevitabile, quando si parla di fiabe e leggende, di tipo junghiano: "...l'immaginazione parrebbe essere in grado di fornire un numero inesauribile di combinazioni dei dati dell'esperienza, invece essa riproduce nei racconti di tutto il mondo le medesime situazioni ed emozioni, perchè queste, a livello simbolico, sono alla base di ogni esperienza umana." (pagg. 7-8-da "Leggende e racconti dell'Emilia Romagna", ed. Newton Compton, '83).

Ne risulta un'opera davvero molto interessante: suddivisa in sezioni ("Leggende di montagna", "Leggende di tesori nascosti", "Leggende di santi ed eremiti", "Leggende della città di Lucca", "Leggende di fate, folletti e altri esseri fantastici" (forse quelle che ci interessano maggiormente!), "Leggende del diavolo", "Leggende dei peccatori", "Leggende dei morti che ritornano" e "Leggende popolari"), ogni singola leggenda ha una sua nota, in cui se ne danno le notizie storico-bibliografiche, o la loro provenienza orale, e una sulla localizzazione geografica, in cui si dà notizia dei luoghi in cui si svolge. Inoltre vi è un glossarietto, in cui vengono date le definizioni di alcune parole inusuali, e un "Piccolo dizionario degli esseri fantastici della provincia di Lucca", in cui li si descrive e ,a volte, si forniscono informazioni storiche e bibliografiche su di essi, una ghiotta bibliografia e un indice delle illustrazioni.

Tutte le leggende sono brevissime (le più lunghe sono di appena tre pagine!!), e, anche se riportate in un linguaggio alquanto arcaico, direi di piacevole lettura.

 

Oldies

 

DAME ISABEAU, di Edoardo Calandra, a cura di Leonardo Lattarulo

"la Chimera" n. 4, ed. Solfanelli, '90, 91 pagine, 10.000 £; © by Marino Solfanelli Editore

Altri contributi critici

 

-"La tentazione fantastica", di Gianfranco de Turris, "L'eternauta" n. 94, ed. Comic art, '91, pag. 54

 

Piemontese, vissuto fra il 1852 e il 1911, Edoardo Calandra ha, nella sua poetica, un tema assolutamente centrale, ovvero quello della "...tragicità della storia e della enigmaticità dei destini individuali.", in cui: "La vita dei singoli appare...dominata da un'incomprensibile forza ostile e la grande storia...sembra procedere non solo attraverso il sacrificio degli individui, ma anche attraverso il completo oblio del loro sacrificio." (Leonardo Lattarulo, "Introduzione", pagg. 6-7).

Questa antologia raccoglie non certo il Calandra maggiore, ma quei racconti in cui: "...il tema del rapporto col passato è più facilmente oggettivato e risolto in racconto fantastico e misterioso." (Lattarulo, idem, pag. 5). Prevalentemente, sono racconti fantastici, con un'idea che si riaffaccia più volte, quella della reincarnazione.

 

"Dame Isabeau" (1886; 28 pagine, pag. 7)-bel racconto di fantasmi, si divide nettamente in due parti. Nella prima vi è una disputa verbale fra un medico e un altro uomo, innescata dalla notizia della morte di una conoscente, sulla natura dell'anima, che porta il discorso sullo spiritismo. Nella seconda vi è la narrazione di un episodio di qualche anno addietro, vissuto da un terzo uomo, in cui troviamo appieno la poetica dell'enigmaticità dei destini individuali e il materializzarsi di un fantasma: "...una figura illuminata di sotto in su, tutta d'una tinta pallida, cinerea, indefinibile, ma ferma nei contorni, ma evidente, ma solida nel volto, nelle mani, nelle pieghe che le avvolgevano il corpo"; "...ella passò rapida e sentii un'espressione di gelo, una sensazione di soffio..." (pag. 24). Apparizione susseguente ad un: "...vago ed incertissimo ricordo d'una vita antecedente" (pag. 22), dell'osservatore, che poi diventerà ben più vigoroso, fino a fargli balenare alla mente l'immagine di una specie di reincarnazione, di una storia d'amore avvenuta nel XIV° secolo: "Eravamo morti, gli avanzi di lei li avevo sott'occhio, i miei erano polvere dispersa ai quattro venti. Ma le anime erano perite..." (pag. 23).

In effetti, più che il fantasma in sè, è questa l'idea che rende veramente fantastico l'intero racconto: "...i fenomeni energici dell'amore sono probabilmente lo sviluppo e il seguito degli atti dell'anima umana che hanno preceduto questa vita..." (pag. 23).

"Le masse cristiane" (1888; 28 pagine, pag. 7)-"...non fantastico, ma dall'intreccio misterioso e cupo degno...della migliore narrativa nera" (Lattarulo, idem, pag. 7), in cui c'è una dichiarazione significativa della poetica del Nostro: "Tutto quanto si riferisce ai secoli morti, alle generazioni passate, per una speciale disposizione del mio spirito, si riveste per me di poesia" (pag. 45), e una ripresa, quasi, del tema principale del primo racconto: "...occulte reminiscenze d'una vita anteriore." (idem).

"Presentimento" (1892; 28 pagine, pag. 7)-storia tutta imperniata sulla caccia, trova il suo spunto fantastico in un uomo che, mai andato a messa in vita sua, si confessa e si comunica la mattina del giorno della sua inaspettata morte violenta.

"Telepatia" (1893; 28 pagine, pag. 7)-un ufficiale dell'esercito sabaudo muore in battaglia, ed appare alla moglie che ha partorito da poco: "Non era fumo, non era nebbia: era una cosa strana, vibrante, che andava facendosi opaca, che muovendosi, si ritraeva dietro lo sguardo come una persona vivente..." (pag. 67); "...le apparve il marito...Roberto, pallido come chi non ha sotto la pelle una sol goccia di sangue... La sensazione della sua presenza fu per un istante certa, potentissima in tutti." (pag. 68).

"L'enigma" (1902; 28 pagine, pag. 7)-narrazione dello strano caso di un restauratore visto immobile: "...in letargo, in catalessi, ipnotizzato?", e in una luce "tremola" e "palpitante", mentre, si verrà poi a sapere, stava delirando per poi morire: "Mi rammentai in confuso d'aver letto, o inteso dire, che certe persone, per dono di natura o per l'effetto d'un regime di vita...da spirito celeste, acquistano una potenza quasi sovrumana, e la facoltà di manifestarsi in diversi modi, fra cui quello di emanare un fluido luminoso, non so se elettrico o fosforico." (pagg. 73-4).

"Due spaventi" (1910; 28 pagine, pag. 7)-ancora una storia di fantasmi: "...osservai...che le carni e le vesti di quella figura non avevano rilievo e colore distinto, che quel corpo non gettava ombra nè sul soffitto, nè sulle pareti, nè sul pavimento!" (pag. 85); "...l'anima separata dal corpo può conservare o riprendere l'apparenza delle forme corporee." (pag. 91). Vi si ritrova il tema già due volte incontrato della reincarnazione, anche se solo accennato: "Quante volte non mi sono affaticato a rintracciare nella memoria l'origine di certe impressioni sottilissime e misteriose avute da Dio sa quando, forse in un'altra vita." (pag. 85).

Per concludere, c'è senz'altro da dire che l'essere datati di questi racconti lo si riscontra, oltre che, ovviamente, nei fondali storici e di costume, anche e soprattutto nel linguaggio.

 

"Algenib notizie" n. 5, dicembre '90

 

UN GRIDO NELLA NOTTE, di Grazia Deledda

"il Voltaluna" n. 23, ed. Solfanelli, '92, 62 pagine, 6.000 £; © by Marino Solfanelli Editore

                                            Altri contributi critici

 

-recensione di Mariella Bernacchi, "Alpha Aleph" n. 3, '93, pag. 22 (vi si riportano pari pari le parole della seconda di copertina!!)

 

Grazia Deledda (Nuoro, 1871-Roma, 1936), premio Nobel '34, ha scritto anche alcuni racconti fantastico, che ci vengono qui proposti.

In essi si avverte un profondo senso cristiano della vita; lo Iengo, nell'introduzione, fa notare come il senso del magico che vi si avverte, non sia accostabile a quello dannunziano, dionisiacamente nietzschiano: "...questa mitologia della Deledda, è diversa...da quella pagana classica precisamente per il senso di colpa e, conseguentemente, di rimorso che, molto meno dionisiaco ovviamente che cristiano, sistematicamente l'attraversa.

I racconti sono cinque, tre brevi e due, gli ultimi, più lunghi, dei quali solo tre sono veramente fantastici.

Il primo è "Un grido nella notte" (anche in "Chiaroscuro", ed. Fratelli Treves, '12 e "Novelle", ed .Il Maestrale, '94, e in "L'orrore al femminile", a cura di Elinor Childe e John G. Pinamonte, "Oscar" n. 1893, ed. Mondadori, '86; 7 pagine, pag. 11)-in cui una donna, dopo aver sentito l'urlo di un ragazzo che stava per essere ammazzato, ha delle visioni di morti che la ossessionano: "Mi volsi, e nella penombra, in mezzo alla chiesa, vidi un cerchio di persone che ballavano tenendosi per mano, senza canti, senza rumore; erano quasi tutti vestiti in costume, uomini e donne, ma non avevano testa. Erano i morti, maritino mio, i morti che ballavano!" (pag. 16).

Sono i fantasmi del suo senso di colpa ("...perchè io vivevo senza amore del prossimo e non ho ascoltato il grido di chi moriva." (pag. 17)), ed ella ne è consapevole.

Il secondo è "Lo spirito della madre" (5 pagine, pag. 19)-altra storia di fantasmi, in cui, d'apprima, si ha la loro presenza ("...la sala si pienava di gente. Chi erano? Fantasmi." (pag. 20)), in cui essi non sono altro che persone altre, ma ben reali, poi li si evoca, più per gioco che per altro ("Non ci credeva, lei, no, che gli spiriti dei morti possono ritornare nel mondo per semplice divertimento di gente sfaccendata..." (pag. 21)), ed infine si ha, forse, un qualche tipo di accadimento fantastico: "...forse davvero lo spirito della madre era in quel momento penetrato in lei per animare la sua creatura..." (pag. 23).

Si prosegue con "La cerbiatta" (8 pagine, pag. 24): bel racconto, molto tenero, ma totalmente privo di elementi fantastici.

Il primo dei racconti lunghi è "La festa del Cristo" (16 pagine, pag. 32): in cui l'anima di un vecchio avaro si reincarna in un cavallo: "...lo spirito del vecchio avaro non è stato accolto nè in cielo nè in terra e s'è rifugiato nel corpo dell'animale..." (pag. 35).

L'ultimo, "Il fanciullo nascosto" (15 pagine, pag. 48): è un bel racconto d'atmosfera, dai toni tenui, ma ancora una volta privo di qualunque elemento fantastico.

 

"Intercom" n. 144/145, '97