MANIFESTAZIONI CLINICHE

 

Esamineremo adesso le manifestazioni cliniche della carenza di G6PD nella variante mediterranea, che è quella prevalente in Italia. Si è già detto che nel periodo di stato i soggetti carenti sono asintomatici. In realtà la sopravvivenza eritrocitaria è leggermente ridotta (100 giorni invece dei 120 del normale) e il numero dei reticolociti è lievemente aumentato ( 1,5% invece di 0,8% del normale). La funzione leucocitaria è normale nonostante un contenuto di enzima di circa un quarto del normale. Inoltre, la carenza enzimatica rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della cataratta senile, in quanto anche il cristallino, privo dell’enzima, non può adeguatamente affrontare i fenomeni ossidativi con conseguente perdita di trasparenza.

 

Favismo

 

L'ingestione di fave è la più comune causa di crisi emolitica nei soggetti carenti di G6PD nella variante mediterranea, mentre non sembra provocare alcun disturbo negli individui con variante africana. Nell'area mediterranea esistono alcune rare varianti di G6PD (diverse della variante mediterranea) associate a favismo.

L'emolisi può verificarsi dopo il consumo di fave fresche, secche o surgelate (ma è più frequente nel primo caso) é anche in lattanti al seno le cui madri avevano mangiato fave. Anche l'inalazione del polline di fava può determinare, sia pure raramente, una lieve crisi emolitica. Tuttavia, sono noti casi di individui che avevano consumato fave in molte occasioni senza alcun disturbo prima di presentare una tipica crisi emolitica da fave; in altri casi, la temeraria assunzione dell'alimento anni dopo una crisi emolitica, non ha determinato disturbi. Evidentemente esistono altri fattori che contribuiscono allo scatenamento della crisi emolitica.

I soggetti più colpiti sono bambini maschi dei quali non era ancora nota la carenza enzimatica; naturalmente la stagione di Casella di testo: Figura 6: urine emoglobinuriche in corso di crisi emolitica acuta in soggetto carente di G6PD. I campioni raccolti in tempi successivi dimostrano l'esaurirsi dell'emolisi.maggior incidenza è la primavera quando si consumano le fave fresche. Alcune sostanze estratte dalle fave (divicina, isouramile) hanno una potente azione ossidante.

La crisi esordisce bruscamente, da poche ore a 1‑3 giorni dopo l'ingestione delle fave. Il pallore rapidamente ingravescente, ittero sclerale, emissione di urine color rosso vino (Figura 6) sono i segni principali. Possono esservi dolori addominali, ingrossamento della milza, febbre. Con il progredire dell’anemia (di solito ore) compaiono polipnea, tachicardia, ipotensione. La massiva emoglobinuria può determinare insufficienza renale acuta.

Casella di testo: Figura 7: Morfologia eritrocitaria su striscio di sangue periferico durante la crisi emolitica: si notano la rottura e la framentazione della membrana eritrocitaria.Il laboratorio mostrerà una marcata e progressiva deglobulizzazione (fino a l milione di emazie o meno), mentre la diminuzione dell'emoglobina potrà essere proporzionalmente minore per la presenza di emoglobina nel siero. La morfologia eritrocitaria è assai caratteristica (Figura 7): emazie parzialmente prive di emoglobina o con la membrana interrotta, e frammenti di emazie. Queste alterazioni della membrana eritrocitaria sono probabilmente espressione del danno provocato dal reticolo‑endotelio splenico nell'asportare i precipitati di emoglobina ('”pitting”). Questi precipitati si possono evidenziare nello striscio di sangue periferico con opportune colorazioni (corpi di Heinz). Il numero dei reticolociti è dapprima normale, ma aumenta rapidamente nei giorni successivi.. Vi è leucocitosi con neutrofilia, probabilmente in seguito alla stimolazione midollare. Vi è spesso un moderato incremento delle transaminasi.

La determinazione del livello di G6PD eritrocitaria nel paziente e nella madre confermerà la diagnosi.

Il sospetto clinico è facile per l'anamnesi (in­ gestione di fave, talora favismo nei maschi della famiglia materna), l’esordio brusco e i segni caratteristici, l’evoluzionc progressiva e drammatica. Tuttavia nelle forme a decorso meno grave e nelle femmine eterozigoti dovrà porsi la diagnosi differenziale con emoglobinurie di altra natura (avvelenamenti, emoglobinuria parossistica notturna), con la mioglobinuria (dolori rnuscolari violenti, diverso spettro di assorbimento tra emoglobina e rnioglobina), con l’epatite virale (non vi è anemia e l’ipocromia delle urirne è dovuta ai pigmenti biliari e non a emoglobina). L’anemia emolitico‑uremica (s. di Gasser), che pure presenta caratteristicamente frammentazione eritrocitaria (eritrociti a guscio d’uovo), potrà essere differenziata per la minore evidenza clinica dell’emolisi, la costante compromissione renale e la trombocitopenia.

L’unico trattamento disponibile della crisi emolitica acuta è la trasfusione di emazie. Nelle aree ad elevata prevalenza del gene bisognerà aver cura di non trasfondere emazie carenti.

 

Ittero neonatale grave

 

L’ittero neonatale rappresenta in ordine di frequenza la seconda manifestazione clinica da carenza di G6PD. In Sardegna circa il 30% dei neonati maschi carenti sviluppa l’ittero che richiede l'exsanguinotrasfusione. La carenza enzimatica non conduce obbligatoriamente all'ittero patologico neonatale, ma costituisce un fattore che aggrava la predisposizione del neonato all’iperbilirubinemia. I1 quadro clinico non differisce da quello dell’ittero neonatale  non immunologico, e i neonati carenti non mostrano una riduzione della massa eritrocitaria superiore a quella dei neonati sani, carenti e non. Pertanto, piuttosto che a un incremento fisiologica emolisi dell’epoca neonatale, 1’iperbilirubinemia dei neonati carenti può essere interpretata come espressione di un più accentuato deficit funzionale degli epatociti carenti. La profilassi dell’iperbilirubinemia con fenobarbital sembra efficace ed è indicata nelle aree in cui la carenza enzimatica è frequente.

 

Emolisi da infezione da farmaci

 

I soggetti carenti di G6PD possono andare incontro a emolisi di gravità molto variabile in corso di infezioni o in seguito ad assunzione di farmaci. E’ molto difficile dire con quale frequenza ciò avvenga perché il fenomeno emolitico non è, in questi casi, né obbligatorio né costante. A parte la possibilità di particolari varianti dell’enzima, altri fattori possono contribuire a determinare questa variabilità dell’effetto emolitico stato immunitario del paziente, carica batterica o virale, dose del farmaco, associazione di più farmaci. Inoltre, molto spesso a una condizione infettiva, o presunta tale, si associa la prescrizione di farmaci (antibiotici e/o antipiretici), rendendo difficile l’attribuzione della responsabilità dell'emolisi. Tra le infezioni associate a emolisi sono state segnalate. salmonellosi, polmoniti, sepsi, epatite virale. L’elenco dei farmaci capaci di causare emolisi è molto ricco (Tabella 2), ma per molti di essi non esiste sicura dimostrazione che, alle dosi terapeutiche, possano essere nocivi.

Poiché molti antipiretici sono sospettati di azione emolitica, nella pratica pediatrica si pone spesso il problema del controllo della febbre nei soggetti carenti. In uno studio recente, bambini carenti e febbrili trattati con paracetamolo per una settimana non mostravano valori ematologici differenti da quelli dei controlli trattati con placebo.

Per molti dei farmaci implicati l’azione emolitica si esplica attraverso la produzione di perossidi e di radicali liberi. Meno chiaro è il meccanismo attraverso cui le infezioni possono causare emolisi. Recentemente è stato prospettato il seguente meccanismo: i granulociti fagocitano complessi batteri‑immunoglobuline che si trovano adesi sulla superficie delle emazie; nel caso di emazie carenti di G6PD, esse verrebbero danneggiate dai prodotti ossidanti della fagocitosi, allo stesso modo di un  innocente spettatore ferito a morte durante una rissa.