Campioni d’Italia

Francesco Delfino


5. Le mani sulle Br

Encomi e medaglie al generale sono arrivati anche per «l’ottimo lavoro» svolto nei confronti del terrorismo rosso. Lavoro «doppio», anche in questo caso. Delfino, dopo le esperienze bresciane, nel dicembre 1975 è distaccato a Milano con la sua squadretta: deve occuparsi di brigatisti. Dopo qualche settimana di pedinamenti, viene scoperto il «covo» di via Maderno 10.

Quando però, il 18 gennaio 1976, gli uomini dell’allora maggiore Nicolò Bozzo arrestano (con tanto di conflitto a fuoco) Renato Curcio e Nadia Mantovani, Delfino è già nelle Marche, sulle tracce di Patrizio Peci. Nel marzo 1976 è invece presente di persona, pistola in pugno, alla Stazione Centrale di Milano e dopo un conflitto a fuoco arresta il brigatista Giorgio Semeria, appena sceso dal treno proveniente da Venezia. È un informatore, anche questa volta, la carta vincente di Delfino: un padovano fiancheggiatore delle Br lo avverte del viaggio di Semeria.

Nel 1978, quando le Brigate Rosse fanno il colpo grosso, cioè il sequestro del presidente della Dc Aldo Moro, la mano di Delfino si fa sentire ancor più pesante. «Un suo uomo, Antonio Nirta, della ’Ndrangheta calabrese, è presente in via Fani al momento del rapimento»: così racconta il «pentito» calabrese Saverio Morabito al magistrato milanese Alberto Nobili, che manda a Roma le carte raccolte.

Il sostituto procuratore Antonio Marini procede nelle indagini e si imbatte in un altro personaggio, Alessio Casimirri, brigatista rosso diventato confidente di Delfino: Casimirri avrebbe raccontato al generale che era in preparazione il rapimento Moro e Delfino, invece di avvertire i magistrati, avrebbe passato la notizia al Sismi, il servizio segreto militare.

Risultato: Moro ucciso il 9 maggio 1978, Casimirri «esfiltrato» dai servizi prima in Francia e poi in Nicaragua, Delfino promosso il 6 giugno 1978 e passato al Sismi. Incarichi all’estero, ad Ankara, Bruxelles, Il Cairo, Stati Uniti...
(5.continua)