Campioni d’Italia

Francesco Delfino


7. Affari e politica, un’indagine a Catania

Il nome di Delfino ricompare, a sorpresa, in un’altra indagine di mafia. I magistrati di Catania mettono sotto osservazione, attorno al 1994, un gruppo di colletti bianchi che fa riferimento ai boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola, Aldo Ercolano e Giuseppe Pulvirenti. Quei colletti bianchi sono l’uomo d’affari catanese Felice Cultrera e i suoi soci, Gianni Meninno a Bologna e Walter Beneforti a Milano, in contatto, tra l’altro, anche con Alberto Dell’Utri.

I business che hanno in corso sono di tutto rispetto: la costruzione di 5 mila appartamenti a Tenerife; l’acquisto di quote dei casinò di Marrakech, Istambul, Praga, Malta, Montecarlo, da usare per riciclare denaro sporco; la commercializzazione e la ricettazione di titoli al portatore; l’intermediazione di armi pesanti e l’acquisto di elicotteri (con la presenza nell’affare di una vecchia conoscenza delle inchieste sul traffico d’armi e droga, il miliardario arabo Adnan Khashoggi); l’avvio di attività finanziarie in Spagna, Arabia Saudita, Israele, Giordania, Egitto, Marocco, Turchia, Cecoslovacchia, Russia, Corea, Hong Kong, Montecarlo... Un vortice di movimenti, di contatti, di incontri.

Ma mentre Cultrera e soci fanno affari che dimostrano una vastissima disponibilità di capitali, non dimenticano di stringere rapporti ad alto livello con uomini della politica e con rappresentati dello Stato. Cultrera, Meninno e Beneforti parlano più volte al telefono, intercettati dagli uomini della Dia, con personaggi delle istituzioni e perfino con un notissimo generale dei carabinieri: Delfino, appunto, che nel 1994 è a Roma, al vertice della Direzione centrale antidroga. Ore 23.04 del 15 gennaio 1994: Cultrera conversa con il suo socio Meninno. Questi fa cenno «al generale» e raccomanda a Cultrera di «non insistere», assicurando che seguirà lui personalmente «la cosa» con Beneforti.

La mattina del 2 febbraio seguente, alle 9.12, Cultrera chiama Beneforti da Lisbona e gli dice che «è il momento buono» per andare a Roma. Il suo interlocutore risponde che telefonerà subito «a quell’amico» per fissare un appuntamento. Alle 9.18, appena chiusa la conversazione, compone lo 06.51994435. è un numero del ministero dell’Interno, Direzione centrale antidroga. «Pronto, sono il dottor Franz», dice Beneforti al centralinista, mentendo sulla propria identità. «Vorrei parlare con il Comandante». Quando gli viene passato Delfino, gli si rivolge con familiarità, dandogli del tu, e gli comunica che «c’è qualche buona speranza filatelica» che spera di portare a conclusione entro il mese di febbraio. Il generale risponde che ha capito.

Poi Beneforti dice che avrebbe piacere d’incontrarlo, di fare una chiacchierata con lui per fare il punto sulla situazione; e chiede se può portare la persona che «lui sa». Delfino risponde di no. Alle rimostranze di Beneforti, il generale replica che spiegherà il perché quando parleranno di persona. «Ma c’è qualcosa su di lui?», chiede Beneforti. E Delfino: «Ma c’è..., c’è..., c’è e non c’è. è che lui lo deve capire!». I due chiudono la conversazione dopo una contrattazione sul luogo dell’incontro e la decisione di risentirsi al telefono il lunedì successivo.

Walter Beneforti è una vecchia conoscenza di chi ha qualche familiarità con le vicende nere d’Italia. Durante la guerra lavorò per i servizi speciali della polizia americana a Trieste, in quegli anni punto di convergenza dei servizi segreti di ogni parte del mondo. Nel 1956 fu inviato a Roma, all’Ufficio Affari Riservati. Fino al 1960, quando cadde il governo Tambroni, realizzò per la Cia azioni di spionaggio e controllo nei confronti dei politici italiani, democristiani in primo luogo. Poi fu trasferito a Frosinone, indi arrivò a Milano come capo della Criminalpol. Nel 1971 presentò ufficialmente le dimissioni, anche se di fatto rientrò negli Affari Riservati. Nel 1973 fu coinvolto nell’inchiesta delle intercettazioni telefoniche insieme a Tom Ponzi, fu arrestato e restò per mesi in carcere. Venne arrestato di nuovo nel 1976 e nel 1978, coinvolto in traffici e riciclaggio di denaro dei sequestri.
(7.continua)