Ficus Elastica
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Qualche volta, ragazzo, evadevo: la scuola era un bieco
ergastolo; aguzzini, i maestri; i compagni, forzati
degni di quella pena: solo io condannato innocente.
Me ne andavo, solingo, al mare, a trascorrere lunghe
ore in un ozio dolce popolato l’immagini, in uno
spettacolo sempre. nuovo e diverso; o a la Villa
Giulia e al prossimo Orto Botanico dove un amico
m’attraeva: l’enorme Ficus elastica. Andavo
pei sentieri che giran fra i suoi cento tronchi e le cento
radici aeree, sedevo al rezzo della sua selva
di fronde. E allora i miei pensieri, le mie fantasie
come frotte d’uccelli tropicali si sparpagliavano
per la foresta d’un solo albero e davano voci
e suoni al circostante silenzio. Che gioia regnare
un momento nel breve continente che il sogno allargava
all’infinito ! Attorno, i magnoloidi, giganteschi
anch’essi, tendevan le rame pesanti ove i grandi
fiori parevan fiamme bianche d’accesi incensieri
esalanti profumi carichi di stravaganti
ebbrezze. E, scavalcate le selve, il vento versava
su quegli odori gocce di salsi sentori d’oceano.

Son trascorsi trent’anni, più di trent’anni da allora,
e io ritorno talvolta al
Ficus elastica, ricco
di nuovi tronchi e nuove radici aeree; nel folto
della piccola selva, come allora, m’indugio e i pensieri
fantastici e le strane sensazioni ritornano
come allora. -Ostinato ragazzo, cui solo il cammino
percorso, sui capelli lascia un po’ di polvere della
via della vita, nulla in te dunque c’è di mutato?
Pazzo allora e pazzo oggi. Negligente e discolo sempre,
l’ergastolo da cui oggi evadi non è più la scuola
(questo solo è diverso), ma il mondo coi suoi cittadini.

 

luglio 1933

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