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La Barunissa di Carini: Introduzione, traduzione e note di 
F. D. M.

Diario di guerra
(Libia, 1911)

Gran Prix International de la Méditerranée: L'Incantesimo del Fuoco

 

Queste pagine sono in corso di allestimento

Federico De Maria

L’avventura dei tre Don Giovanni

 

Cap. I

Preambolo, che l’autore ritiene necessario, alla vecchia e disusata maniera.

 

Il fatto e i fatti che l'autore imprende a narrarvi potrebbero svolgersi in qualunque paese e in qual­siasi epoca, fatta eccezione di quella delle palafitte, quando uomini e donne erano così semplici da non dar luogo a romanzi. Siccome, però, non è conve­niente, giusto in questa occasione, venir meno alle consuetudini e alle regole che per un racconto pre­scrivono la determinazione, sia pure approssimativa, dello spazio e del tempo, fisseremo Siviglia negli ultimi anni del secolo decimosettimo o nei primi del decimottavo.

- Perchè giusto Siviglia? - potrà chiedere qual­cuno - O che non ci sono altre centomila località sulla sfera terrestre, da poterne scegliere una meno usata e abusata? Ammenocchè non intendiate pro­pinarci l'ennesima narrazione sul medesimo argo­mento, che ormai rischia di fare addormentare in piedi perfino le educande...

- No! - protestiamo - lungi da noi un cotale proposito. Noi vi parleremo, sì, di alcuni don Gio­vanni; ma giuriamo di evitare quello di Mozart e della Forza del destino di Verdi! Solo che noi abbiamo un fiero attaccamento alle tradizioni; e siccome la tradizione colloca a Siviglia tutti gli avvenimenti che vanno sotto l'etichetta di don Giovanni, e siccome abbiamo visto che un autore che, derogando a questa consuetudine, scelse invece la Corsica, ne ricavò un mezzo fiasco, non potendo attenerci a una località imprecisata perché - ripetiamo - sarebbe un'innovazione che il lettore - al favore del quale teniamo moltissimo - potrebbe non gradire, ci atterremo a Siviglia.

Ma sarà, se non vi dispiace, una Siviglia un po' di maniera, linda e quasi di smalto, dalle linee e dai colori aggraziati, quale sarebbe uscita dal pennello di Antonio Watteau se avesse una volta visto e pensato di rappresentare Siviglia per una sua scena di attrici e di attori in costumi spagnuoli. E agli stessi costumi i figurini dell'epoca serviranno appena di pretesto per permettere ai personaggi di sfoggiare grandi cappe, immensi guardinfanti, favolose piume, fluenti parrucche e gallonatissime livree.

Questo nostro quadro sarà, dunque, un tantino simile a quelli un po' leziosi, se volete, dell'epoca galante, lontano dalla metafisica calligrafica quanto dall'umanità materialista che oggi pretenderebbero imporre la moda. Non a caso abbiamo accennato ad  attrici ed attori quali li vedeva Watteau: è una commedia. Ma, in fondo, non sono commedia tutti gli atti della vita, e ogni uomo non diventa un comme­diante appena è a contatto con gli altri e magari con un altro, e - non di rado - quando si pone da solo dinanzi allo specchio? Eppure, qualunque cosa si faccia anche quando l'attore è scadente e imita male vita dei personaggi che tenta rifare, sotto il trucco e il costume posticcio, non ha sempre il suo vero re di sia pure piccolo uomo ?


 

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