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Aldo
Capasso Lucio D'Ambra
su La Barunissa di Carini:
Introduzione, traduzione e note di Diario
di guerra Gran Prix International de la Méditerranée: L'Incantesimo del Fuoco
Queste pagine sono in corso di allestimento |
Federico De MariaL’avventura
dei tre Don Giovanni
Cap. IPreambolo, che l’autore ritiene necessario, alla vecchia e disusata maniera. Il fatto e i
fatti che l'autore imprende a narrarvi potrebbero svolgersi in qualunque paese e
in qualsiasi epoca, fatta eccezione di quella delle palafitte, quando uomini e
donne erano così semplici da non dar luogo a romanzi. Siccome, però, non è
conveniente, giusto in questa occasione, venir meno alle consuetudini e alle
regole che per un racconto prescrivono la determinazione, sia pure
approssimativa, dello spazio e del tempo, fisseremo Siviglia negli ultimi anni
del secolo decimosettimo o nei primi del decimottavo. - Perchè giusto Siviglia? - potrà
chiedere qualcuno - O che non ci sono altre centomila località sulla sfera
terrestre, da poterne scegliere una meno usata e abusata? Ammenocchè non
intendiate propinarci l'ennesima narrazione sul medesimo argomento, che
ormai rischia di fare addormentare in piedi perfino le educande... - No! -
protestiamo - lungi da noi un cotale proposito. Noi vi parleremo, sì, di alcuni
don Giovanni; ma giuriamo di evitare quello di Mozart e della Forza
del destino di
Verdi! Solo che noi abbiamo un fiero attaccamento alle tradizioni; e siccome la
tradizione colloca a Siviglia tutti gli avvenimenti che vanno sotto l'etichetta
di don Giovanni, e siccome abbiamo visto che un autore che, derogando a questa
consuetudine, scelse invece la Corsica, ne ricavò un mezzo fiasco, non potendo
attenerci a una località imprecisata perché - ripetiamo - sarebbe
un'innovazione che il lettore - al favore del quale teniamo moltissimo -
potrebbe non gradire, ci atterremo a Siviglia. Ma sarà, se non
vi dispiace, una Siviglia un po'
di maniera, linda e quasi di
smalto, dalle linee e dai colori aggraziati, quale sarebbe uscita dal pennello
di Antonio Watteau se avesse una volta visto e pensato di rappresentare Siviglia
per una sua scena di attrici e di attori in costumi spagnuoli. E agli stessi
costumi i figurini dell'epoca serviranno appena di pretesto per permettere ai
personaggi di sfoggiare grandi cappe, immensi guardinfanti, favolose piume,
fluenti parrucche e gallonatissime livree. Questo nostro quadro sarà, dunque,
un tantino simile a quelli un po'
leziosi, se volete,
dell'epoca galante, lontano dalla metafisica calligrafica quanto dall'umanità
materialista che oggi pretenderebbero imporre la moda. Non a caso abbiamo
accennato ad attrici ed
attori quali li vedeva Watteau: è una commedia. Ma, in fondo, non
sono commedia tutti gli atti della vita, e ogni
uomo non diventa un commediante appena è a contatto con gli altri e magari
con un altro, e - non di
rado - quando si pone da solo dinanzi allo specchio? Eppure, qualunque cosa si
faccia anche quando l'attore è scadente e imita male vita dei personaggi che
tenta rifare, sotto il trucco e il costume posticcio, non ha sempre il suo vero
re di sia pure piccolo uomo ?
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