Nel castello dei Mastrangelo presso Palermo.
Vasta ed alta sala moresca, da le pareti a mosaici,
aperta in fondo, per un grande arco, su un patio scoperto, di cui si vede il
colonnato e, in mezzo, la fontana. A destra una porta binata. A sinistra piccola
porta e finestra a vetrini piombati. Una gran tavola apparecchiata verso il
fondo, a destra, con dodici scanni massicci attorno.
All'aprirsi della scena, Jacopo è alla finestra,
ansiosamente proteso, tutto illuminato dal crepuscolo rossastro che incendia
pure di sbieco, dileguandosi a poco a poco, i capitelli del patio. Il resto
della scena è in penombra. Dalla corte sottostante alla fine trasalgono musiche
e canti liturgici, che accompagnano una solenne
funzione cristiana.
Quando ogni musica, dopo un tratto, si tace, Jacopo
parla.
JACOPO
Ora tutto è finito. Chi mi dona
un altro viso?
Caterina, l'ancella, entrata quasi
furtivamente e appressatasi a lui à udito.
CATARINA
No: meglio un altro core...
JACOPO
Ah, mona Catarina, voi spiate
e fate l'eco? Siete curiosa
per diletto, lo so — ma io, vedete,
indagini non merito: son poco
fino, ed irsuto come un arïete..
CATARINA
Curiosa son io de' cristïani
che àn doglianza d'amore
JACOPO
Io son tra questi? Mona voi, buoni occhi
avete! Io non ò faccia d'amatore
se mi guardate bene, e sotto il saio
ò cuoio buono
a farne suola da calzari; niente
mi giunge al cuore...
CATARINA
Ma saetta d'amore è sì sottile
che fora ogni corazza; e pelle dura
serra tenacemente
come guaina il ferro
che la ferì.
JACOPO
Foste cresciuta a corte sveva. mona
trovadora? Ah! ah! che in fede mia
parlate assai galante, a la maniera
provenzale!... Ma io
son sempre saracino, come il padre
che mi fece, ed intendo
male lo stile de' poeti. Or via,
ditemi voi piuttosto, in buon linguaggio
sicilïano,
perchè qua siete e non ne la cappella.
CATARINA
O' ragghindato
per la notte la camera a madonna
Bianca e a lo sposo. Che cantuscio ornato,
vedeste! cignerà pel suo signore
ella nell'ora dell'intimità
beata! È tutto in seta Cataìa
e noi ancelle
lo trapungemmo d'oro. È bianco: ma
sarà sempre men bianco
del suo bel seno, che in candore vince
fino la neve delle Madonie.
JACOPO
pallido
Perché m'enumerate
i doni di Madonna? Io non son già
il notaro del maritaggio che
deve assomarli.
CATARINA
Ma come? a voi, fratel di latte e d'arme
di messere Baverio,
non reca gioia la felicità
del bel Gualtiero che in isposa toglie
simile fiore?
JACOPO
Da quando il padre suo seco mi prese
e mi diè cibo e tatto e mi fe' uomo
ed ei m'ebbe fratello io con Gualtiero
ebbi tutto comune; ma so bene
che i tetti debbon esser separati
Catarina, madonna
sale col padre e tutta la sua corte:
ite a toglierle il velo.
CATARINA
Il mio parlare par v'aombri... Oh guarda,
la luce del crepuscolo vi rende
livido il viso?...
JACOPO
Feminetta, se ài occhi di nibbio,
bada a non aver anche lingua d'aspide,
e taci, anche pregando, col tuo dio,
o ch'io ti stronco!
CATARINA
Ah, ah, messere. l'amore v'acceca
ed obliate ch'io sono una donna
e voi un forte, uso a la guerra. Voglio
per salvarmi da l'ira
vostra, fornirmi d'un adradamante
e donarvi un'androdama
per saluta contra ogni
mala accensione. Io taccio,
sì, ma pensate voi di far tacere
similemente dinanzi a madonna
e lontano anche, il cuore che v'affanna
pur sotto la corazza?
JACOPO
Gualtiero è mio fratello, ed io vorrei
prima schiantarmi il cuore
che fargli oltraggio.
Andate, Catarina, che la vostra
signora è su per la scalea, e seco
lo sposo beneamato.
CATARINA
fatuamente
Oh.... beneamato... lo diventerà
s'egli saprà forse....
(sull'arco del fondo, piano,
volgendosi
con sorriso malizioso)
tra qualche notte.
fugge, e s'ode dal patio il tintinno
del
suo riso che dilegua. Jacopo rimane interdetto.
Entrano dal fondo valletti, con torce
accese, che dispongono tutt'intorno
alle pareti, infilandole in appositi
anelli. Appare il corteo nuziale.
Bianca, appoggiata al pugno di
Gualtiero Baverio, è in veste
ricchissima. Ricche vesti indossano
pure le dame e i cavalieri che li
seguono. Seguono anche paggi e
menestrelli con vivuole, mandole e
liuti. Tra i cavalieri sono Ruggero
Mastrangelo, Arrigo Baviero, Palmiero
Abbate, Nicolò d'Ortitileva, Nicolò
d'Ebdemonia, Luca de Guidayfo,
Bartolotto de Milite, Giovanni de
Lampo, il poeta de Alaimo.
D'ORTILEVA
Noi protrarremo il coprifuoco, grazie
al Mastrangelo ed alla solitudine
di questi luoghi.
DE LAMPO
Per dieci stadii attorno, non abbiamo
tartaglioni angioini.
GUIDAYFO
Un giorno, almeno, siam sicilïani
in Casa nostra.
TUTTI I CONVITATI
Evviva casa nostra!
RUGGERO
Ah, ah, messeri, dunque il maritaggio
di mia figlia, vi da pure pretesto
ad imprecare? non solleticate
anche, il mio vecchio cuore
in quest'istante di paternità
puro. Stasera siam sicilïani
e parleremo, in lieti
conversari, di cose di Sicilia,
canteremo canzoni
nostre, ghirlanderemo
le nostre fronti
di rose imbalconate della Zisa,
beveremo Moscato e Malvasia:
il sire cristianissimo
ne lo concede.
GUALTIERO
Purché non si nasconda tradimento
sotto la sua blandizie…
UNA DAMA
O cavalieri, orsù, ci discorrete
di festa e bando diamo a que' demoni
nel parlar nostro, questa volta almeno.
BIANCA
a mezza voce
Oh, come ciò mi stanca!
RUGGERO
Madonna, voi parlate saggiamente.
Ritraetevi, figlia, a rinnovare
i vostri veli. E voi, valletti, date
l'acqua a le mani.
S'imbandisca la mensa e i cantatori
accordin gli stromenti. Che la festa
sia gaia anche in omaggio
a l'epa, che goder deve, mi spero.
I convitati si disperdono a poco a poco.
I valletti cominciano ad approntare la
mensa. Bianca, appoggiata a Catarina,
si volge a Gualtiero.
Signore sposo mio,
m'accordate una volta
ancora di lasciarvi? Sarà l'ultima.
GUALTIERO
piano
Si, l'ultima, ché il nuovo
sole vi troverà sotto il mio tetto…
E non più sola andrai nella tua camera...
ed io, sol io ti toglierò quei veli
ch'or ti toglie l'ancella…
BIANCA
trasalendo
Sposo mio…
RUGGERO
Preparate le ghirlande.
CATARINA
facendo quasi forza a Bianca
Madonna, or via, venite.
esce con Bianca la quale non volge
sguardo
a Gualtiero che l'accompagna fino a la
porta binata
Vuotandosi la scena, a poco a poco, non
restano che Arrigo e Ruggero coi servi che
apparecchiano la gran tavola. Ruggero
dirige un po' il loro lavoro.
RUGGERO
Zagara, molta zagara… Una coppa
bien capace a messere
Baverio seniore;
a questi che ascolta
ò cura, udite?
del vostro gorgozzule.
ARRIGO
Eh, ora sono diventato parco:
la nostra vecchia trippa si restringe
con la bile che spesso vi stravasa.
E' morto il tempo in cui tracannavamo
a bigonce l'aspretto
montanino di Prizzi e il caloroso
vin bianco mazzarese
che resuscita i morti!…
RUGGERO
Per sant'Orsola vergine! non sono
ventisett'anni
tenete a mente ancora
nel patio della Cuba
il bel festino — l'ultimo — che tenne
re Manfredi
Stende un braccio al cielo e poi si bacia
le dita; Arrigo lo imita
in saluto a noi baroni?
a un valletto
Il Siracusa ed il Falerno mescili
da li orcioli d'argento — l'alcamese
da le anguistare.... Intrecciavi de' pampini
in bella guisa, zotico!... — Un cinghiale
intero venne a mensa
rimpinzato di spezie e di budelli
di beccacce ed il vino era un diluvio!
ARRIGO
Bel tempo, nostra giovinezza!.. Ed ora?
RUGGERO
con un lampo negli occhi
Ed ora!...
cambiando, con ilarità voluta
A penitenza io v'ò chiamato
stasera, mio messere
tino sfondato: io non sono già il rege
d'Hohensthaufen
ripete il gesto di poco innanzi
che Dio
abbia in sua gloria, e i cinghiali ed il vino
difettano: non c'è
copia che di be' fiori al desco nostro.
ARRIGO
cupo
E questi perché ancora l'angioino,
grazia sua! ce li lascia
RUGGERO
gioviale
Ah, non v'ò detto
ancora ch'ò due nuovi convitati:
Alaimo da Messina, il cantatore
che già fu raro a Guido
delle Colonne, e il Rossignolo, che
prese a sonare
vivuöla a la corte di Tolosa
e a Mompellieri.
ARRIGO
Oh, io non amo più
menestrelli e canzoni, come non
amo più cibi e vini. Siamo frolli,
barone, e i canti
inzuccherano troppo il nostro floscio
core. Quest'oggi, è vero,
dovrebbe esser soltanto
giornata sacra a la felicità
di mio figlio che a nozze trae la figlia
vostra — Ma da due mesi io non discorro
con alcuno, e la mia
rabbia mi cuoce il fegato in silenzio...
RUGGERO
Per Dio padre, volete ad ogni costo
vecchio mio con me vivere
quell'ansie ch'ò dovuto
allentare stasera per la gioia
dei nostri figli ? Gravi cose allora
io vi dirò — ma dopo cena, quando
ci potremo raccogliere
nell'ombra, illuminata da le nostre
spade. che l'ultimo
editto ora ci vieta. Sentiremo
pure la sciente
loquela di messere
Nicolò D'Ebdemonia, ch'è novello
tribuno della plebe e che saprà
ragguagliarvi a dovere della storia
di Sicilia negli ultimi due mesi....
entrano Gualtiero e Jacopo, coronati di
rose. Jacopo reca una ghirlanda su un
cuscino.
ARR1GO
Sia, sia — son come
colui che à sete da gran giorni, e aspetto…
Ruggero scorge i due nuovi venuti
RUGGERO
Oh, eccovi sollecito
figlio, con tanta primavera in fronte
vi punge distanza
della sposa? essa viene. Vi lasciamo
un istante con lei solo. Frattanto
io vado ad annusare più da presso
i paioli che bollono
e gli spiedi che girano ad onore
vostro.
ad Arrigo
Ah! ah! mio messere
canuto, e dopo c'incoroneremo
anche noi per nascondere coi fiori
tra cotanta purpurea giovinezza
questo nostro stridente
vergognoso candore.
esce dal fondo con Arrigo; i
valletti,
finito d'apparecchiare la tavola, escono
meno due che rimangono su l'arco di
fondo
GUIDAYFO
Io tremo ancora, Jacopo
JACOPO
Tu sei
una femina. Ma
di che tremi?
GUALTIERO
L'ignoro, tremo. E tanto
grande la gioia di saperla mia
tra poco mia....
JACOPO
impallidendo
Si, tua. Non ne sei pago ?
GUALTIERO
E' tanto bella. Non è vero, Jacopo
ch'è la più bella vergine dell'isola?
JACOPO
Io, poi. non mi son buono stimadore;
capisco meglio la bellezza d'una
picca o di una barbuta
che quella d'una donna: mi son tutte
simili è bella a te: che vuoi dagli altri?
GUALTIERO
Sei ruvido. Non sai
neppur regger con grazia
quella ghirlanda. Dammela. La voglio
porgere a lei col verso di re Enzo:
O rosa...
JACOPO
mal celando il suo malumore
Bene tu farai. Non so
dir versi, io: la mia voce è troppo rauca
né so udirli: gli orecchi
mi titillano. Io vado.
GUALTIERO
Dove?
JACOPO
Presso i fornelli. O' visto serve
moresche che mi fanno ricordare
i paesi d'origine
mia — e con quelle
non abbisognan versi né ghirlande.
S'io dico ad una: tu mi piaci, dessa
mi ride, e s'io l'afferro
mi si concede ed io l'ò presto presa.
GUALTIERO
E torna alle tue capre, rinnegato!
Pretendi tu che Bianca mia somigli
per me a le schiave saracine ?
JACOPO
Ah, no,
non per lei dico: come vuoi ch'io possa
lei sfiorar con la mia
brutalità? Non sono io dunque l'orso
Baverio, qual mi chiamano ? Io ti parlo
tale, perché ben mi conosco, e so
che ad uno come me debbon bastare
le fantesche. Però,
Gualtiero, fratel mio, credi che pure
Sotto il villoso petto anch'io talvolta
sentii una fiamma, come
sotto la sua neve perenne sente
bollir la lava il nostro Mongibello.
Nella gran notte
deliri mia aggrondata anima, un limpido
fior di luce sbocciò: ma tosto io volli
chìuder gli occhi perché m'abbacinava.
Eppure nella tenebra
fatta più densa dalle mie palpebre
serrate, ancora sovrumanamente
lo vedo fiammeggiare.... E par che il duro
mio cuore si disfaccia come cera,
che il mio sangue diventi onda di miele
avvelenato a cui le carni mie
si sciolgono in tormento
terribile e divino, Ecco l'amore
mio, che tu mai sapesti, che nessuno
saprà mai, ma che resta
nella prigione ferrea della mia
volontà dove canta
flebile come un rosignolo ed ulula
selvaggio come un lupo.
GUALTIERO
Tu pure ami ?... E perché mai ti vieti
l'amore?
JACOPO
O fratel mio
tenero, ò ben guardato
al mio cuore, come alla mia massiccia
figura, e da gran pezza
mi addiedi ch'io sono sì fatto che
se la mia bocca arsa porgessi a suggere
il nettare d'un portentoso fiore
ebbro io morrei di schianto del suo alito,
oppur lo struggerei nella frenetica
mia febbre. No, Gualtiero,
chiedimi solo quanto te ami; amore
per donne non mi spremere dall'anima.
Forse per me il poeta
cantava: Amor m'invita a morte...
CATARINA
beffarda
Foste
educato anche voi
a corte sveva, messer trovadore?
Parlate assai galante a la maniera
provenzale....
GUALTIERO
a Bianca porgendole la ghirlanda.
Madonna
e sposa, in vostra assenza ancor di voi
conversando, io m'allieto.
Porgete, se vi degna,
la vostra fronte perché v'incoroni
dei primi baci miei ch'anno sembianza
floreale.
BIANCA
lasciandosi inghirlandare
Messere
e sposo, e questo sia segno di mia
divozione…
GUALTIERO
con impeto
Non solo questa io chiedo
al vostro cuore ed alla
vostra bocca, ma ancora qualche cosa
che nel mio cuore trema, su la mia
bocca trema…
BIANCA
un po' sgomenta
Ed io spero anco di offrirvela,
sposo mio.
Entrano con gran vocio gioviale
Ruggero e tutti i convitati. Alcuni
valletti con catini d'argento, girano
versandovi l'acqua dagli acquimanali
RUGGERO
sempre con la sua ostentata allegria
L'ora buona
per tutti è giunta! A mensa
madonne! a mensa, messeri.
DE LAMPO
Stavolta
ci ànno dimenticati, lode al Cielo!
EBDEMONIA
Ora dimentichiamoli anche noi
messere da Guidayfo.
mentre tutti conversano quasi
gaiamente e Arrigo e Jacopo si sono
discostati per lavarsi le mani, corre un
breve dialogo tra Bianca e l'ancella.
BIANCA
Non ti pare
Catarina, che sia molto gentile
lo sposo?
CATARINA
Si, Madonna, e molto bello.
BIANCA
Troppo gentile e troppo
bello…
CATARINA
Ciò parmi quasi che v'accori
BIANCA
con un sospiro
E troppo biondo!
obliandosi un istante
Lo sognavo anche forte, io, con la voce
più sonora, con occhi più grifagni
che mi prendesse il core
tutt'a un tratto come in un vïolento
strappo....
CATARINA
Madonna, ne riparleremo
RUGGERO
Venite, figlia, al posto di reina
del convito: stasera siete voi
sola padrona
della mia casa, ed il marito vostro
tutti prendono posto a la tavola
D'ORTILEVA
Lauto il festino s'appresenta
RUGGERO
Lauto
e' vi sembra perché
forse pensate a la cotidïana
miseria. Ma le mie terre non danno
più frutti, quasi, ora che sono fatte
pascolo ai greggi
di sire Carlo, sacro coronato
nostro ladrone.
DE MILITE
Il mio bosco che già formicolava
di lepri e cavrioli ora è deserto
e squallido, da poi
che i famigli del re ed il suo grande
giustiziere ne ànno fatto strage.
EBDEMONIA
Non nominate il vicario del diavolo!
DE LAMPO
Il più nero nimico
nostro voi nominate, Bartolotto:
nimico ei c'è due volte
più di re Carlo — poi che ci dissangua
pel suo sovrano e per se stesso.
EBDEMONIA
Avete
appreso? Ci prepara un nuovo bando
di colletta.
GUIDAYFO
Non gli è bastata quella
del dicembre?...
RUGGERO
Che rese più di sette
mila once d'oro!…
D'ORTILEVA
Quell'uomo é il più triste dimonio ch'io
mi sappia. Non soltanto ci taglieggia
e ci strema, ma ora
pure ama farci scorno ché si gode
le nostre donne.
tutte le donne trasa1iscono
UNA DAMA
Oh, chi ne scampa da questo Lucifero ?
ARRIGO
Pure le donne, d'Ortileva?
EBDEMONIA
confermando
Pure!
Egli, beffardo, conscio
della sua prepotente
forza, come l'astore si precipita
— sol che n'abbia capriccio — su le prede
de i nidi nostri e sa d'esserne assolto
dal papa e encomiato dal suo re.
BIANCA
che à prestato orecchio, attenta
E' giovine cotesto fiero?
CATARINA
che sta in piedi dietro il suo
seggiolone, piano
Si,
madonna, e non è troppo biondo, né
troppo gentile.
UN'ALTRA DONNA
Oh, messeri, perché
ci parlate stasera di sì tristi
cose?
UNA TERZA
Io prego la Vergine
che mi scampi in eterno da la vista
di quel dannato
e dal parlar che voi ne fate!
RUGGERO
E' vero,
orsù; bando a coteste ciance; qui
si vuole festa! Non abbiamo ch'una
sera soltanto. Domani le male
cose noi ritorneremo per forza
a viverle. Su, dunque,
poeta Alaimo, cantaci qualcosa
gaia sui metri di Guido o di Piero
delle Vigne — e non fate voi, messeri,
mentre abbiamo la fronte coronata
di rose, che le vostre
parole ci coronino di spine
i cuori. Suoni e canti!
PARECCHI
facendo forza a l'angoscia
Suoni e canti!
Si fa innanzi Alaimo, e dopo un
accordo di viola comincia
ALAIMO
Una spada e una rosa
intrecciate nei versi,
canta la ballatetta per la sposa.
Il fior nacque tra l'armi
nei siculi verzieri
aspri di guerre e dolci di canzoni;
l'acciar posò tra i carmi
da la man di guerrieri
lassi, dopo procelle di tenzoni.
Primavera brillava anche ne' cuori.
ma venne il verno per l'armi e pei fiori.
Fior nato tra le spade,
fiore di libertade
rinasci al novo aprile, con gli amori.
Acciar nato tra i fiori,
intreccia all'elsa attorno
il bianco fior d'ogni vaghezza adorno.
Fiore di ferro e fior di prato unisce
nostro natio soggiorno:
rosa che senza spada non aulisce,
spada che non ferisce senza. Rosa!…
tutti plaudono a voce alta. Gualtiero
offre al cantore una coppa ricolma. —
Bianca si stacca da la fronte una rosa e
gliela porge
BIANCA
Mercé, gentil cantore.
GUALTIERO
In bocca vostra canta il dolce stile
di Guido Guinizelli bolognese.
tutti commentano gratulandosi
RUGGERO
Affè ch'io son più giovane
di vent'anni! Sapete voi, messere
il mio poeta,
che mi fate rivivere a' bei tempi
quando Sicilia tutta era una corte
d'amore, e coi giullari e i menestrelli
e i prenci trovatori
anco il popolo per le vie cantava
libero in bona signoria, si come
l'anima nostra musicale agogna?
Ricordiamo, baroni e amici miei:
è così grata, almeno,
quest'ora in cui vino, profumo e canto
aprono il core a ricordanze liete!
I nostri figli, meno
sciagurati di noi, non àn rimpianti:
troppo erano fanciulli quando l'isola
nostra tutta esultava di suo verde
lussureggiante, assisa in mezzo al suo
triplice mare, quale portentoso
pensile orto
di Babilonia. I nostri avoli avevano
eretto all'ombra dei boschi odorosi,
chiostri, i cui archi
àn quasi la mollezza vegetale
delle palme, basiliche
sfavillanti di porfidi e musaici,
rocche ingemmate di cielo e di sole.
Ancora, come ai giorni
della nostra gran madre imperïosa
Roma, tutto il paese ove più puro
fiorisce il bello e forte
sangue latino, ci chiamava suo
giardino. Dopo, noi, ch'oggi siam vecchi,
a l'ombra dei paterni
prezïosi edifici räunati
nelle soste pacifiche,
tessemmo i primi lieti
canti in nostro linguaggio, ch'è linguaggio
pure di Roma e di Fiorenza e di
Venezia; e tutta
Italia ne ascoltò, poi ne fece eco...
E in breve risonò di nostri gai
cantari ogni gentil provincia, fino
all'Alpe contro i barbari levata!
TUTTI
con entusiasmo irrefrenato
E' vero! è vero! Tali fummo! Tali
vogliamo essere ancora!
RUGGERO
in piedi, ispirato, coi luccicanti
occhi
Ma dopo...
UNA VOCE
come portata dal vento
Deo gratias, cristiani!
Ruggero s'interrompe e tende
l'orecchio. Tutti ascoltano
GUIDAYFO
Udiste?
EBDEMONIA
E' un lamento
umano.
JACOPO
che s'è appressato alla finestra
C'è qualcuno
fuori che chiama
LA VOCE
Asilo, asilo
BIANCA
Aprite padre, a questo
tapino!
RUGGERO
Ehi, servi
UN VALLETTO
entrando
Mio signore, è un uomo
veste di romeo
RUGGERO
Dategli stanza
GUALTIERO
E' rigida la notte.
DE MILITI
Ma per buona ventura qui da presso
non sono genti d'arme
del San Remigio
appare nel patio il pellegrino
accompagnato da due valletti
UNA DAMA
che s'è alzata premurosa con le
altre
Com'è tutto lacero
il poverello!
UN 'ALTRA
E affranto
il pellegrino che sotto il
cappuccio mostra la grigia
barba, appoggiandosi al
bordone, viene a cadere stremato
presso la tavola.
IL PELLEGRINO
Benedetti
siate, cristiani
tutti gli fanno corona. Due
valletti lo rialzano. Catarina gli
cala il cappuccio e lo asciuga dai
fanghi
RUGGERO
Venite di lontano?
BIANCA
Avete fame?
sete? Lasso voi siete?
PELLEGRINO
Io non dimando
che un pane ed un giaciglio.
RUGGERO
Ecco, sedete
a la mia mensa. Avrete dopo un letto
come i figli di Dio.
PELLEGRINO
In quale casa io sono? Qual é il nome
dell'ospite?
RUGGERO
Voi siete
in casa dei Mastrangelo, e Ruggero
io son di questi.
PELLEGRINO
con vivacità
Il Mastrangelo che già fu balivo?
RUGGERO
Come mi conoscete?
PELLEGRINO
Simulando
Nuova di voi mi giunse quando a Napoli
avevo ferma Stanza. Io sono ...Gianni
di Salerno.
BIANCA
Mangiate, pellegrino.
RUGGERO
ad Arrigo, piano
Troppo nobile appare in portamento
e prestante, perché
io lo creda un meschino
forte
Qui, con noi,
che ci diletta udire
da voi, che certo avete visto molte
cose, novelle
di terraferma.
EBDEMONIA
a De Lampo
Strano! s'io lo guardo,
parmi di averlo altra volta veduto
quel viso, non so dove.
GUIDAYFO
che à udito
Anch'io lo penso
JACOPO
aiutando il Pellegrino a sedere a
tavola
Siedi, messere.
GUALTIERO
Siedi e rifocillati
tutti seggono e ripigliano il
banchetto
BIANCA
Avete visto molti
paesi? è lungo molto ancora il vostro
cammino?
PELLEGRINO
con celata intenzione
Forse io sono di già presso
a la mia meta.
Finora d'assai lungo è stato il mio
peregrinaggio: corsi Catalogna
ed Aragona... O' visitato pure
Bisanzio
PALMIERO
Il Paleologo s'appronta
a la difesa?
PELLEGRINO
Ancora
l'Angiò non l'ha sfidato; ma egli arma,
DE MILITE
E re Filippo muove
a la tarda vendetta
di San Luigi, morto in quel di Tunisi?
PELLEGRINO
No; ma egli concede
di partire a re Pietro Aragonese
ch'e già in mare con ventidue gaiere
e diecimila uomini d'arme.
RIJGGERO
Già
in mare? A parte sei di molte cose
pellegrino; ma chi t'à ragguagliato?
PELLEGRINO
con semplicità
O' camminato: e chi cammina vede
ode ed apprende. Spesso la bisaccia
vuota gli resta, ma il suo cuore ad ogni
sosta si colma.
GUIDAYFO
Tu non sei di Sicilia
PELLEGRINO
Sono, ò detto,
salernitano: ma
or è diciassett'anni in questo vostro
paese fui — passai dopo in Campania
un'altra volta. I miei calzari sono
coperti dalla polvere di venti
regioni, le mie gote arse da venti
soli. Col vostro re Manfredi....
tutti stendono la mano e baciano
Egli guarda commosso
Ancora
voi venerate il suo nome?
RUGGERO
Egli fu
buon re che ci facea liberi, fu
figlio del Federico…
ARRIGO
E nipote a Costanza imperatrice,
siciliana pia.
EBDEMONIA
Essi stranieri
non erano per noi
PELLEGRINO
con anima
Essi nutrirono
italianamente il grande sogno
di Carlomagno! Unire essi pensavano
a questo lor reame
tutte le terre italiche, in regime
liberale, e fiaccare l'affamata
lupa del Vaticano che ne dà
tanto travaglio. Ma Clemente quarto
venderci volle a questo re predone
che fe' crociata contra noi chiamandoci
i saracini,
con l'oro della sua donna, con l'oro
tolto a prestito da' suoi servi…
RUGGERO
tra esaltato e irritato
Croce
di Dio! tu pellegrino,
troppo mi scaldi con le calorose
tue cronache il festino
di mia figlia. Ma come tu sai tanto?
GUIDAYFO
Lasciate ch'ei discorra....
DE MILITE
Egli ne accende come il vostro vino!
PELLEGRINO
Udite, udite siciliani: io fui
anche a Lucera, a Benevento, a Scurcola,
là, presso Tagliacozzo. Vidi Astura
nera di tradimento, vidi Piazza
del Mercato di Napoli....
Un giovinetto vidi
stirpe d'imperatori, cui traeva
da sue fumide lande nostalgia
d'un promesso reame
di sole — sacrosanto
riscatto! Vidi questo giovinetto
di sedici anni, che la madre invano
in Baviera sognava già ricinto
della corona dei suoi padri, solo,
sconfitto e puro, ascendere un infame
palco in luogo del trono
ambito, e in mezzo a un popolo impossente
in sue lacrime, in mezzo
a mille donne che, simili a mille
madri, tendeano a lui
le braccia singhiozzando: Figlio! figlio!
vidi quest'orfanello della sorte
posar sul ceppo il suo capo regale
e piombare, troncato in due, con sordo
duplice tonfo... Ed era
la più innocente
vittima del bel sogno
di quest'Italia sì bella e fatale!
ARRIGO
singhiozzando
Corradino!
EBDEMONIA
singhiozzando
Figliuolo!
GUALTIERO
Fratel nostro!
tutti sono in piedi
IL PELLEGRINO
Ed in quel sangue giovine che come
fiumana gorgogliava dal reciso
collo, e colava a rivi
dal patibolo, io volli
bagnare un guanto ch'egli avea gittato,
perché fosse vessillo un giorno contra
l'uccisore di nostra libertà!
estrae un guanto insanguinato e lo agita
TUTTI
anche i servi, prorompendo,
come eco
Libertà! libertà!
si affollano attorno a lui, per
vedere il guanto, contendendosi
il toccano, il baciarlo
BIANCA
Oh, terrore di mio
bieco rnaritaggio! Catarina
guarda: non c'è una stella
fuori in cielo, che indulga
a questi sanguinosi vaticini?
CATARINA
Fate cuore, madonna.
RUGGERO
Tutti abbiamo una doglia
nell'anima, messeri; ma nessuno
può combattere, armato d'odio solo,
lo straniero ribaldo.
PALMIERO
Le armi nasceranno all'ora buona!
PELLEGRINO
Prossima è l'ora buona, siciliani,
se devianza
di libertà vi sprona:
Re Pietro d'Aragona è in mare...
s'ode, fuori, un lungo e cupo
suono di corno; tutti trasaliscono
e tacciono tendendo l'orecchio.
Pausa
UNA VOCE INTERNA
nel gran silenzio
Olà,
du manoir, levez la sarràcine
corre fra tutti un fremito di
terrore
RUGGERO
con voce sorda
Gli angioini!
PELLEGRINO
con agitazione vivissima
Essi me cercano!
RUGGERO
Voi?
s'ode frattanto un violento
tumulto di voci, tra cui, distinte,
s'odono parole francesi: Ouvrez!
Levez!
PELLEGRINO
concitato
Me, che bandito sono, ch'ò mio capo
messo a prezzo. Se tu
non vuoi esser travolto
nell'egual sorte mia, ch'ecco, mi danna
ad arrendermi ed a morire, quando
l'opera mia matura, tu mi puoi
dare in mano al franzese.
RUGGERO
Per la barba
del santo padre, Gianni da Salerno,
son Ruggero Mastrangelo
UN FANTE
accorrendo spaventato
Signore,
è il gran giustiziere!
EBDEMONIA
San Remigio!
LE DONNE
Il dimonio!
BIANCA
Colui!
GLI UOMINI
Il maledetto!
RUGGERO
con rabbia e stizza ad un tempo
Tacete, donne, e messeri!
al fante
E che chiede?
IL FANTE
Entrare e aver ricovero con sue
genti d'arme
Il tumulto fuori cresce: tutti si
guardano, parlano piano, si
mordono le mani
PELLEGRINO
Consegnami.
RUGGERO
al fante, presto
Va, guida
tosto quest'uomo di Dio nella cella
sotterranea, ne apri
la cateratta e introducilo lungo
il condotto, poi serrala
bene di nuovo
al pellegrino
Andrai per un angusto
passaggio sotto il suolo fino ad una
grotta che s'apre presso Denisinni,
assai lontana... Va!…
E va sicuro che i siciliani
non tradiscono mai.
gran tumulto
UN ALTRO FANTE
accorrendo
Son diavoli! Minacciano
d'incendiare la postierla.
PELLEGRINO
a Ruggiero
Dio
ti dia mercé! Saprai presto mie nuove.
Addio, fratelli.
tutti gli fanno ala salutando: egli
esce col fante
UNA VOCE INTERNA
in tono tra sarcastico e irato
Oh messer di Mastrangelo, tu lasci
il vicario dinanzi a la tua porta.
Vuoi ch'egli allumi qui
un falò con tua legna per scaldarsi ?
RUGGERO
da una finestra del patio,
parlando all'esterno
Su la saracinesca! La mia casa
non è per anco rocca
che voi dobbiate prenderla d'assalto.
Debole è la mia casa! Date passo
al vicario del re!
s'ode lo strepito cigolante della
saracinesca che viene alzata e il
fragore della cavalcata coperta
di ferro che entra ne' cortile
GUIDAYFO
alzando la mano tremante
Figli di Dio,
segniamoci: che il cielo sia benigno!
tutti fanno il segno della croce
RUGGERO
rientrando, con voce bassa e
concitata
Tutti a mensa: restate
saldi, e prudenza ad ogni lor parola.
Donne, copritevi
i visi, e non guardate quei corsari.
Servi, portate altri cibi e altri vini.
momento di silenzio angoscioso.
Poi viene pel patio un romore di
pesanti passi, sinché su 1'arco
del fondo si affaccia il viso
ancor giovanile e beffardo di
Giovanni di Saint Remy, tutto
chiuso nella maglia d'acciaio
brunito , in capo 1'elmetto
piumato. Su la cotta reca i gigli
di Francia e le insegne del suo
grado. Lo seguono alquanti de'
suoi ufficiali, variamente armati,
tra i quali è Droetto.
BIANCA
trasale al vederlo e si volge
piano nel silenzio a Catarina
E' costui Catarina?
CATARINA
All'orecchio
Si, madonna
SAINT REMY
fermo sull'arco, sghignazza con
suo accento provenzale
Ah, ah!... qui dunque si tiene festino
senza che il viceré sia convitato?
RUGGERO
gli va incontro, inchinandosi
lievemente con dignità
Benvenuto messere,
nella mia casa.
Io la mensa ò imbandito a onor di mia
figlia che passa a marito.
SAINT REMY
aggrottando la fronte
ohe passa
a marito ?... Ah, è vero,
vi fu concesso da corte di Roma
o dal magnifico
nostro sovrano. Io sono
stanco, con gli uomini miei, ché da due
ore al galoppo cavalchiamo, e troppo
sente di buono questa cena. Datene
vino e cibo messere,
avanti di spacciare
nostre piccole beghe
cavandosi l'elmo
Deponetemi
la celata, ch'è pesa a ventre asciutto
glielo porge
RUGGERO
trasale, esita, prende l'elmo, lo
consegna ad un valletto
La mia casa è ospitale... Il nostro vitto
è copioso — Sedete,
messere, e satollatevi sinché
vi talenta.
SAINT REMY
appressatosi alla tavola, guarda e
annusa; sghignazza
Ah! ah!
vedo bene che usate
da prence: mai in questa sorniona
Sicilia che dicevano fastosa
mi s'imbandì una cena cosi lauta.
Ed io sono il sovrano e voi il suddito.
Fateci luogo.
tutti si alzano in silenzio,
ritraendosi pallidi
JACOPO
piano a Gualtiero, fremendo
È vuoi fare bufera
GUALTIERO
fremendo
Taci!
RUGGERO
impallidendo sempre più ma
ostentando fermezza
Sedete pure
tutti: noi eravamo già alla fine.
SAINT REMY
Vedo su quella tavola
un buon manicaretto di pernici
fatuamente
Porgetelo, barone.
Ruggero resta immobile
interdetto. Egli lo guarda e
battendo col pugno esclama
Dico a te,
statua di sale!
commozione fra i siciliani
RUGGERO
esita ancora, vacilla, poi con
voce soffocata
Cortesia vuole che l'uomo ospitale
sia umile con l'ospite.
prende il piatto e lo porta a Saint
Remy
BIANCA
piano
Oh, il fiero uomo!
SAINT REMY
Mangiando, con fare trascurato
Prima che mi passi
di mente, diteci, ospite:
non è venuto, or é mezz'ora, a battere
chiedendo ospizio, un uomo
in veste di romeo?
RUGGERO
pronto
Qualcuno, si, di fatto,
brevemente à sostato
in mia casa; ma tosto à proseguito
sua strada.
SAINT REMY
mangiando come se non avesse
udito
Questa vostra
cena e la fame mia m'ànno perfino
indotto a trascurare certa grave
mansione.
mangia, silenzio
Sa un poco di strinato
questa coscia d'agnello.
guardando verso le donne
Ma perché
le vostre dame, ch'io
senza volere ò tratto in tanta ambascia,
recan velato il volto? Le maniere
saracinesche ancora
vi governano ? Fate che si scoprano.
commozione
RUGGERO
Messere, é nostra usanza. Rispettateci
almeno questa, che in nulla vi nuoce.
SAINT REMY
Per san Dionigi! se mi nuoce? Avere
accanto tante femine
e non potere almeno, satollandomi
delle briciole vostre, come un Lazzaro
mascalzone, godere di loro vista!
Svelatele!
RUGGERO
con voce tremante
Svelatevi, madonne!
le donne si svelano tremando
SAINT REMY
con enfasi
Sacrebleu ! belle tortore! non è
quella la figlia vostra ?
alzandosi, va verso Bianca:
Ruggero, Jacopo e Gualtiero sì
frappongono
RUGGERO
convulso
Si, messere....
SAINT REMY
fissandolo
Comprendo perché il nostro
sire diede l'assenso: ei non la vide
mai. Voi vi serbavate ben celato
il vostro bel tesoro.
momento d' ansia in tutti. Egli
ritorna a tavola. Gli ufficiali
francesi, guardando le donne
sghignazzano oscenamente Egli
riprende.
Dunque, questo
romeo non è venuto?
RUGGERO
Egli è passato,
ma ora sarà lunge.
SAINT REMY
Troppo egli è affranto per essere lunge.
Ebbi novella del suo sbarco all'isola
delle Femine e tosto son partito
da Palermo per muovergli
incontro coi dovuti onori. Un vostro
villano, cui è stato
mestieri oprare un piccolo salasso,
ci à indicato che l'uomo
nostro à battuto a questa porta….
RUGGERO
In fatto
egli è qui stato
SAINT REMY
E c'è rimasto...
RUGGERO
Giuro
per Dio ch'egli è già fuori di mia casa.
SAINT REMY
facendosi fosco
Egli è qui; non tentare
d'occultarmelo. Pure s'io dovessi
ardere tutta questa tua bicocca
sfrontatamente gaia e ricca, voglio
il fellone spione che m'ascondi.
RUGGERO
E lontano: provatevi a raggiungerlo
se vi preme.
SAINT REMY
sempre più irato
Ah, tu dài
ricetto al più ribaldo e rinnegato
nimico del mio re ?
RUGGERO
Noto ei non m'era,
Chi batte a la mia porta e à fame e sete,
entra e s'assetta, cd io non chiedo a scotto
sua libertà
SAINT REMY
scoppiando
Fellone paterino!
Ah, tu non sai chi fosse
il ghibellino in tonaca
dimessa? tu non sai che il capo suo
è sacro alla mannaja? Cinquemila
caroleni egli pesa, il tuo Giovanni
da Procida...
RUGGERO
con un balzo
Giovanni!
EBDEMONIA
Il cancelliere
di Manfredi!
bisbiglio fra i siciliani;
agitazione vivissima
DROETTO
Silenzio,
saracini!
SAINT REMY
Consegna il traditore
e ti fo grazia d'ogni cosa, e avrai
la taglia: io sono mite.
RUGGERO
prorompendo anche lui
Ah cessa! io non son servo! trucidarmi
tu puoi, non vilipendermi! Ecco, ancora
una volta, ti giuro per la croce
santa, per la mia vita, che il romeo
non è più qui.
SAINT REMY
furibondo, ai suoi
Via! cercate, frugate
in ogni sito, rovistate in ogni
granaio, disquarciate
letti, ponete a soqquadro ogni cosa,
ma trovatemi il Procida.
le donne cadono in ginocchio
piangendo: gli uomini fanno per
opporsi, ma i francesi snudano
le spade e li tengono in rispetto
— molti di loro si slanciano
nelle altre stanze con fracasso
GUALTIERO
Demonio!
RUGGERO
con le braccia aperte dinanzi ai
suoi, come a fare riparo
Cerca, rovina la mia casa, struggimi
tutto; non puoi trovarlo...
grida e rumori interni
BIANCA
gettandosi ai piedi di Saint Remy
Prepotente
signore, non far scempio
della nostra dolente
dimora... ti giuriamo che colui
che tu chiedi...
SAINT REMY
guardandola e mutando, con un riso
Oh, come è tenerella!
tu m'acqueti....
Jacopo à un moto
GUALTIERO
Levatevi, madonna!
SAINT REMY
No, lasciate... mi placa tanto bene!
Lasciatela... Chi sa ch'ella non possa
salvar le vostre teste....
RUGGERO
coprendo la figlia
Che vuol dire?
SAINT REMY
ai suoi che ritornano a mani vuote
Non v'à traccia? E sta bene. Noi torniamo
addietro.
tutti s'incorano; egli sogghigna
Ma mi occorre
un capo che mi sia mallevadore
del bandito. Messere
Mastrangelo, io ti voglio
concedere otto giorni, in capo a cui
tu con i tuoi verrai, con corda al collo,
a portarmi Giovanni
da Procida che ài ora involato
a la giustizia regale. Frattanto
tolgo in ostaggio tua figlia.
i siciliani balzano, Jacopo e
Gualtiero primi, dinanzi a
Bianca
RUGGERO
con un ruggito
Mia figlia!
facendosi forza per essere umile
Odi, straniero, vicario, signore
del mio schiavo paese, odimi, in nome
del Dio nostro: non fare sacrilegio
in questa settimana
santa di passione che domani
à principio, non offendere Cristo
e le leggi divine e le paterne
leggi e le umane…
SAINT REMY
inflessibile
Voi siete i nemici
di Dio: io parlo in nome del pontefice
e del mio re.
RUGGERO
forsennato
Io tutto
ti dono: le mie gioie, la mia casa,
le mie terre, il mio cuore, se tu vuoi
svellerlo ma non togliermi mia figlia,
non togliere la sposa a un giovinetto
sposo….
GUALTIERO
Uccidimi pria!
SAINT REMY
ai suoi
Presto, prendetela!
i francesi si slanciano con le
armi nude sui siciliani, che
tentano difendere la fanciulla
JACOPO
inerme dinanzi a lei, demente
Arretra! arretra!
LE DONNE
rifugiate in un angolo
Vergine Maria!
EBDEMONIA
Uccideteci tutti!
SAINT REMY
Con le braccia conserte, diritto
in mezzo al parapiglia, freddo e
tagliente, ai suoi
La donzella!
La donzella!
RUGGERO
riuscendo ad armarsi d'un
coltello sulla tavola e balzando
su la figlia svenuta
Non viva! non l'avrai
viva!
SAINT REMY
pronto gli balza addosso e col
suo pugno ferrato, colpendolo al
capo, lo rovescia. Due ufficiali
prendono Bianca e s'involano
con lei. I francesi sono sull'arco
con le armi protese
SAINT REMY
Fra otto giorni, paterino!
GUALTIERO
Dinanzi alle spade
Bianca! Mia Bianca!
Jacopo gli fa scudo ed è colpito
al viso da un fendente
RUGGERO
Sollevandosi su un gomito,
terribile, con un braccio teso
Maledetto sii
tu, fino nei tuoi figli!