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Aldo Capasso
su Santa Maria della Spina

Lucio D'Ambra su
La Spada d'Orlando

La Barunissa di Carini: Introduzione, traduzione e note di 
F. D. M.

 

Queste pagine sono in corso di allestimento

TRUFFALDINO

(si avanza dalla sinistra sulla ribalta e parla
un po' rivolto al pubblico, un po' come a se stesso.)

Ed io suono; e suono l'organino sulle imprese dei paladini di Francia; sono costretto, per vivere, a macinare musica sugli eroismi dei grandi cavalieri che ancora interessano o divertono il buon pubblico siciliano, pubblico ingenuo che prende sempre sul serio

(gonfiando le gote)

la cavalleria! Ma poi chi sono questi cavalieri, questi eroi? Sono dei burattini. La dabbenaggine dei più li ingigantisce, resta impressionata dalla loro rigidità. Grazie tante! La rigidità del legno. Il loro linguaggio altisonante e ampolloso mi stomaca, ma c'è chi ne fa scorpacciate, come di crema!

Ed io suono. E assisto allo spettacolo sempre rinnovato della loro stupidità da acchiappanuvole, domandandomi quanta utilità io non saprei trarre invece dai loro sterili arnesi.

Eh, se possedessi io tutte quelle cianfrusaglie, allora sì che avrebbero un valore più tangibile
l'elmo di Mambrino che difende da tutti i colpi come l'onestà, il cavallo Baiardo veloce e indomabile come il buon diritto, il corno olifante che si ode a qualunque distanza come la voce della fama, l'Ippogrifo che si solleva fra le stelle come la fantasia, Durendala la spada che assicura il primato sulla terra e che asseriscono sia quella della dea Giustizia, eccetera! Tutte storie da bambini in fondo, alle quali però molti uomini da tempo mostrano di credere, e che sono quindi necessarie per darla a bere ai gonzi.

Togliere questa roba ai burattini e farne merce commerciabile, sia pure per radunarla in un
apposito museo, ove chiamerei la gente a vederla, pagando. Finirla coi pupi che mi esasperano, e diventare il loro erede...

Che idea! E' l'ora in cui i divi di stracci e di cartone riposano. Potrei giocare un tiro a loro e al burattinaio impadronendomi dei favolosi aggeggi, giocattoli sacri dell'umanità spirituale.

(sghignazza).

Vediamo.

(Tira la tenda, Dal semibuio rembrandtiano sgorga il
luccichio incerto delle armature dei paladini attaccati
alla rinfusa per mezzo dei toro fili, al soffitto. Uno
solo dei burattini è in disparte, nero: Gano di Ma-
gonza. Dietro i cavalieri franchi stanno le dame e poi
i mori. Ma non si distingue che un arruffio di
corazze, di scudi, di pennacchi e di mantelli
multicolori. Truffaldino si appressa pian piano.)

Ci sono quasi tutti. Poche manate, e arraffo ogni cosa. Eccole dunque in mia balìa le cose grandi — ma di cartapesta — che gonfiano le gote degli illusi e che son giunte a turbare perfino i miei sogni.Gli spettatori che assistono alle rappresentazioni di questi guerrieri non sanno o non ricordano ch'essi sono fantocci e che in fondo si può farsene beffa cosi.

(avanza le mani; ma dai burattini sorge un gran
dirugginio di ferracci e di latta, e venti armi — spade
e lance — si appuntano minacciose contro l'intruso
insolente. Truffaldino indietreggia e sghignazza, ma
male, facendosi livido.)

Ah! ah! pare che intendano e pungono. Bene!

(si ritrae nell'ombra; le armi si abbassano: i 
burattini riprendono la loro immobilità.)

Ma non rinunzio. Mi è entrata in corpo ora la voglia di prendere il vostro posto, io — muscoli garentiti e non già nelle fantasie dei romanzi e del teatro, ma nel mondo, — e voglio riuscirvi. E riuscirò! Verrò in mezzo a voi a recitare anch'io la mia parte, e vedremo.

(si volge e si trova viso a viso con 
Gano di Magonza.)

Ah! ah! Gano di Magonza, te ne stai in disparte. C'è qualche affinità fra noi: tu sei il mio
scialbo precursore. Anche tu li odii; ma non riesci a sbarazzartene, perché dopo ogni tua Roncisvalle essi risuscitano e tornano a smargiassare da capo. Tu sei la canaglia ingenua, quale poté nascere fra burattini, fra eroi; ma tra gli uomini veri non avresti fatto strada, caro conte; saresti una canaglietta da mezzo baiocco. Eppure potrai essermi utile. Vuoi?

(Gano tentenna affermativamente il capo.)

A noi, dunque. Verrò io in mezzo a voi a mutare un po' le solite vicende che vi ripetete da
secoli. O' un mio piano. 

A quale episodio si era ieri? Orlando pazzo per amore di Angelica, commette stranezze per
selve e monti. Seguito, ora, con Truffaldino stanco di starsene giù dal palco a farla da organettaio agli spettatori.

Ehi, gente, intesi? Qui di carne e d'ossa non sono che io. Il resto è stoppa e cartapesta.

(si ritrae, la tenda ricade. E tosto la musica interna 
attacca e comincia a creare l'atmosfera d'irrealtà in
cui tutta l'azione respira.)


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