Introduzione
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Aldo Capasso
su Santa Maria della Spina

Lucio D'Ambra su
La Spada d'Orlando

La Barunissa di Carini: Introduzione, traduzione e note di 
F. D. M.

 

Queste pagine sono in corso di allestimento

L' epoca, secondo la storia, sarebbe l'anno 778. Ma la storia non è che un'astrazione.
Questo melodramma non può rispettarla, né tenerne alcun conto, come, del resto
— io ne sono convinto — noi non siamo usi a rispettare la storia neppure quando ne
scriviamo i trattati destinati alla scuola.

Per questa volta, dunque, la storia farà il comodo mio come fa sovente il comodo
di professori e di uomini cosiddetti politici, per fini molto meno innocui e meno puri dei
miei. Farà il mio comodo come già fece quello dei poeti delle Chansons des gestes, del
Pulci, del Boiardo e dell'Ariosto, che io m'ingegno continuare e concludere.

I miei personaggi, anzi i miei burattini, si muovono quindi in una atmosfera che
non è quella respirata dai nostri polmoni d'uomini pretenziosi di conoscere il fondo di
molte cose, di saperla lunga.

Essi vivono in un'esistenza più grandiosa di quella reale, ch'è l'irrealtà. Siccome
io sono stufo dette azioni degli uomini, anche delle più straordinarie, che non cessano
d'esser ispirate da moventi comuni, penso che molti oggi — come me — sentano la
necessità di distogliere la nostra attenzione, per lo meno nel campo dell'arte, da coteste
comuni azioni umane.

Dove specialmente questa necessità mi pare più manifesta è nel teatro, ove ormai
ci si affanna a imitare la vita di tutti i giorni, sia essa veduta attraverso la cronaca che
attraverso la patologia. L' arte rappresentativa è diventata così contortamente meschina
da non riuscire a nulla più in là di destarci un vellichìo alla corteccia del cervello.
Eccitamento della dura madre che al più ci provocherà la meningite.

Ma che cosa importa pel diletto e per la gioia degli uomini l'apporto sul
palcoscenico di nevrastenici e di paranoici che non somigliano agli uomini veri più di
quel che una tenda di carta dipinta non somigli a una stanza o a una strada? Ma che cosa
può mutare in noi o può aggiungere a quel che di troppo già conosciamo della vita,
l'imitazione di un fatto avvenuto, quando le cronache dei giornali che vanno oggi anche
per le mani dei lustrini, ci rivelano ogni giorno fatti che sorpassano e realtà vissute che
superano tutte le più studiate realtà e i fatti più costruiti dell'arte umana, dell' arte —
come si dice — più vicina alla vita?

L'arte à ragione di essere in quanto precorre e ingigantisce la vita, in quanto ci
allontana da quella realtà, sempre grama, in seno alla quale noi meniamo, ingegnandoci
ad attenuarne le miserie, i nostri giorni, i nostri minuti. La teoria dei ribaldi e degli
imbecilli, delle mogli adultere e dei mariti cornuti, degli amanti sfruttatori, delle vergini
folli, è fatta monotona ormai. Le Clitennestre, le Elettre, le Elene non anno che cambiato
d'abito, anzi di toilette.

Il palcoscenico: altra monotonia! Si fanno drammi e commedie strizzate e
insalsicciate in atti non più lunghi di così e non più corti di così, arbitrariamente
imprigionati fra scene e quinte di cui è palese la falsità. E si pretende somigliare alla
realtà, sopra un intavolato chiuso da carta che fruscia, peggio delle case giapponesi che
vanno in disuso?

Io so che per interessare i fanciulli si raccontano loro le fiabe, che tanto più
piacciono quanto più si allontanano da quelle realtà che sono la serva, il maestro e —
perché no? — anche il babbo e la mamma. So che l'uomo che si diverte è vicino al
fanciullo. Il godimento non cerca mai di farsi pensoso né grave: è lieve ed aereo, è una
piccola parte di noi che s'impenna di ali. — Se una pensosità involontaria esso lascia, è
una traccia lucente che si accenderà col ricordo, più tardi. Per questo avviene che la
pochade e la farsa abbiano più fortuna del dramma a tesi e, se fan ridere di cuore, non
eccitano proteste contro illogicità come la commedia psicologica che non è neppure
capace di far piangere.

Divertire senza aver per interprete un attore brillante o un famoso clown è
sommamente più difficile, lo riconosco: ma è quel che bisogna cercare di fare, con mezzi
nuovi ed insoliti.

Divertire come diverte il cinematografo. Appunto: perché l'arte non deve
raggiungere e superare il cinematografo che richiama folle non più viste nei teatri di
prosa?

Sia, insomma, una volta il teatro del meraviglioso e complesso, l'arte dei trucchi
scenici e dei meccanismi, sorprenda e diverta, che ci distacchi dal drammatico e comico
quotidiani. Realizzare sul solito palcoscenico — aggiungendovi finalmente tutto o quanto
la nostra raffinata ,esperienza meccanica (i russi insegnino) può dare — tutta quella
complessità fantastica e fantasiosa che gli uomini portarono un tempo nei romanzi e nelle
epopee e che oggi non àn saputo portare oltre il cinematografo, pur avendola portata
nella vita. Il telegrafo senza fili e l'aeroplano non sono infinitamente più fantastici di una
commedia di pensiero ?

Dicevo che l'azione si dovrebbe svolgere, secondo la storia, nell'anno 778 della
nostra era.

Nulla di più arido della storiografia, massime di quel tempo. Così arida, ch'è
corsa dietro alle leggende, ch'è rimasta sopraffatta dalle invenzioni e dai fiori fantastici
dei cantastorie e dei poeti.

Che felice cosa! Ecco perché è il periodo senza dubbio più suggestivo e più
affascinante della vita dei popoli europei. Si, dei popoli, poiché esso appartiene all'anima
dei francesi, come dei tedeschi, come degli italiani, come degli spagnoli: franchi — e
quindi germanici — gli eroi, francese la costruzione leggendaria, italiana la
volgarizzazione poetica, spagnolo il teatro dell'epopea.

Aridi i documenti cronistici, doviziosissima la leggenda. Fare una cosa scema
attenendosi agli uni; ripetere cose trite seguendo pedissequamente 1'altra. 

No: una cosa non finì di dirci l'epopea francese e un'altra l'epopea italiana: che
ne fu di Durendala e che ne fu di Angelica.

Io lo seppi alfine dalla bocca di Truffaldino, mio personaggio ancor vivo e sempre
vivo, creatura d'allora e d'oggi, eroe di tutti i tempi, che Turoldo non volle conoscere e
che Ariosto trascurò, ma che a me s'impose per esser collocato di fronte al protagonista.

Io dirò, dunque, la storia vera di Truffaldino, di Angelica e di Durendala. Storia
vera. Chi me la vorrà contraddire? Io so ch'è così perché mi piace che sia così: e così è la
storia vera, più che quella di Turpino e di Eginardo, com'è vera tutta la gesta dei paladini
nell'
opra d'i pupi dei burattinai di Sicilia, che la fanno rivivere agli occhi del popolo
sugli angusti palcoscenici dei quartieri plebei, infiorandola di sempre nuovi episodi, da
parecchi secoli, di generazione in generazione.

I costumi, le scene, gli attrezzi, non avranno la gretta fedeltà storica.

Immaginosamente anacronistici anch'essi, come nelle meravigliose incisioni di Gustavo
Dorè, saranno — se possibile — più fantasiosi, pur senza mai cessare di mantenersi
armonici e lontani dal grottesco.

Il dialogo dei personaggi, nei momenti lirici che verranno successivamente
marcati, sarà commentato da una musica lontana, in sordina, che formerà come
l'atmosfera della irrealtà in cui i personaggi stessi si muovono. Questa musica sarà più
vibrata e più descrittiva nelle pause e negli intermezzi, quando il teatro s'abbuia, tacerà
talvolta quando 1'azione diverrà più serrata; tacerà sempre, anche troncandosi
bruscamente, quando parlerà Truffaldino.

I burattini, come loro si conviene, parlano in versi; versi endecasillabi a lasse più
o meno lunghe di assonanze, come nelle antiche epopee; ma talora anche, per bocca di
Astolfo, in ottave e in strofe rimate.

Truffaldino solo parla in prosa; e non recita, dice.

AGISCONO:

L'UOMO:
            Truffaldino

LA CREATURA REALE E IRREALE:
            Angelica

CARLOMAGNO: Personaggio invisibile

I BURATTINI:
            Conte Orlando d'Anglante, sire di Blaia, capo dei paladini di Francia
            Astolfo, duca d'Inghilterra
            Rinaldo, principe di Montalbano
            Il gigante Ferraù, re di Granata
            Gano di Magonza
            L'arcivescovo Turpino
            Il negromante Malagige
            Il mago Merlino
            Il re Cimosco
            Il messo di Alda
            Il Marchese Oliviero
            Anselmo di Guascogna
            Il Siniscalco Eggiardo
            Gerino
            Geriero
            Giovone
            Gioviero
            Cladinoro
            Berlingiero
            Sansone
            Ottone

LE FIDANZATE DEL SOGNO
            Alda, la bella.
            Bramimonda, la Bruna.
            Bradamante, la Fiera.

La fata Fiordalisa - Guerrieri franchi - Guerrieri saraceni - Cavalieri – Valletti - Strozzieri - Scudieri - Paggi - Ancelle - Streghe – Stregoni - Ninfe – Silfidi - Fauni - Gnomi - Folletti ecc.

 
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