Primo Telone
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PRIMO TELONE
 
SCENA I.
 
Su una introduzione lieve e tenue d'archi e di flauti che rapidamente si colorisce , intersecata di strappi d'arpe, di gemiti d'oboe, d'urli di corno, si apre il velario. È l'alba sul campo dei guerrieri franchi presso Parigi, della quale si vedono - in fondo, verso sinistra - un tratto di mura e le torri più eccelse. Un arco di alba si espande pel cielo. A destra sono, sul davanti, i padiglioni dei Paladini, e, più in evidenza, quello del Conte d'Anglante con le sue insegne e orifiammi, chiuso e guardato da due guerrieri astati, Cerino e Geriero. Più in fondo, sull'opposto lato, un promontorio roccioso sorge tra il verde dei prati, e su di esso sta, ritto, scrutando il cielo, il Paladino Anselmo di Guascogna. La musica s'è rifatta tenue, come la fresca aria mattutina, quando dal padiglione d'Anglante esce Oliviero. 

    OLIVIERO

Anselmo di Guascogna, ancora nulla?

    ANSELMO 

Nulla - da tempo l' ultimo barlume 
vanito è dietro i monti, con la luna.

    OLIVIERO 

Ma da Oriente vedo che balugina 
il sole: forse la sua prima luce 
ci mostrerà più presto in cielo il punto 
nero volante che ora sta, confuso 
tra le stelle già pallide, 
per giungere. 

    ANSELMO

                    Lo credete, marchese? 

    OLIVIERO

Non ne dubito.

    ANSELMO

                        Che fa il conte d'Anglante?

    LA VOCE D'ORLANDO 

(di dentro, terribile.)

Angelica! 

    OLIVIERO 

                    Urla!

                    (rientra nel padiglione. La musica 
urla la follia d'Orlando. Dopo un tratto arriva 
daI campo Gano di Magonza, seguito alla 
lontana da Truffaldino che à seco un moro 
travestito.
)

    ANSELMO

Chi giunge?

    GANO 

                Sono Gano di Magonza.

    ANSELMO

E che cercate presso i padiglioni 
dei Paladini?

    GANO

                    Gli è la prima volta 
che vengo?

    ANSELMO

                    Sciaguratamente, no. 
Ma si sa bene che ci amate poco.

    GANO

Infatti. Ma fra voi trovasi il conte 
d'Anglante. È mio figliastro: ò dritto e voglio 
vederlo. È vero che lo avete colto 
ignudo e pazzo a scorazzar tra i boschi 
carpàtici?

    ANSELMO 

                    Oliviero lo trovò. 

    GANO

È vero che correva dietro l'orme 
d'Angelica fuggente con Medoro?

    ANSELMO

Si disse.

    GANO

                Come? e può dunque un eroe, 
qual lo nomate voi, subir lo scorno 
d'una femina che gli nega amore 
per darsi invece e dare la corona 
del suo regno asiatico a un predone 
curdo? Orlando non à sentito 1'onta 
ch'egli faceva ricader su noi 
ad amare una barbara?

    ANSELMO

                                        Ella è, conte, 
la più bella!

    TRUFFALDINO

                        (che frattanto si è aggirato guardingo
 attorno alla tenda di Orlando, evitando le 
due sentinelle, parla piano col moro
)

Essi chiacchierano, e noi sbrighiamo l' affare nostro.

(il moro penetra nella tenda, strisciando 
bocconi fra l'orlo e la terra.
)

    GANO

                        Si dice ch'egli muoia.

    ANSELMO

No, sire: Orlando non è di coloro 
che muoiono; e sinché non vedrà voi 
potrà guarire.

    GANO 

(irritato)

                            Basta, io passerò!

(S'appressa alla tenda; ma i due guerrieri 
di scolta abbassano le lance.
)

    ANSELMO 

(ridendo)

A due soli è vietata quella soglia: 
al conte Gano ed a madonna morte!

    GANO

Sono il cognato dell' imperatore: 
mi darete ragione dell'affronto!

(Si riapre la tenda del padiglione 
e appare Bramimonda - 
Musica vellutata di flauti e di sistri.
)

    BRAMIMONDA

Cavalieri, cessate queste strida: 
egli s' agita. Fate che non sia 
interrotto il riposo alle sue ciglia, 
che da poco soltanto s' è addormito.

    ANSELMO

Dorme? s'avvera quel che Malagige 
à predetto - Segno è che l'Ippogrifo 
d' Astolfo di già trovasi in cammino 
pel ritorno...

    BRAMIMONDA

                    Segno è che s'avvicina 
la sua ragione! Dopo trenta dì 
le crudeli catene che lo avvincono 
ai polsi e alle ginocchia per costringerlo 
a non struggere quanto gli è vicino, 
ora solo si son potute aprire!

    GANO

Voi dite allora ch' egli rinsavisce?

    BRAMIMONDA

Non so, non oso. Certo, non delira, 
e a una carezza d'Alda e ad una mia, 
quasi improvvisamente s'è ammansito.

(Gano di Magonza s'allontana 
cupo, con un gesto d'ira.
)

    ANSELMO

Tornate, dama Bramimonda, al sire 
Orlando: forse pria dell'Ippogrifo 
che riporta il suo senno, lo guarisce 
la carezza di voi donne gentili.

(Bramimonda rientra nella tenda. L'alba 
rischiara sempre più il cielo. Dopo un tratto 
si ode dal padiglione un gran rumore 
ed un urlo di Orlando: e tosto dall'apertura 
della tenda viene scaraventato fuori una 
specie di fagotto che attraversa l'aria e 
va a cadere in fondo alla scena. E' il 
moro di Truffaldino, espulso da un terribile 
calcio di Orlando, del quale è apparso 
il piede vagamente, scagliante come 
una catapulta l'intruso.
)

    TRUFFALDINO

Fa il pazzo troppo sul serio, costui! 

(fugge.)

    ANSELMO

Che avviene?

(esce dal padiglione Eggiardo.)

    EGGIARDO

                        Era un pezzente, forse un ladro, 
entrato chissà come e rannicchiato 
presso l'armi del Conte. Il nostro pazzo 
l'à scorto ed à gridato che tentavasi 
rapirgli la sua spada. E l'à scacciato 
in quel modo. Dov'è? Che abbia, nel salto, 
già raggiunta Parigi, scavalcandone 
le mura?

(ride e con lui Anselmo, Gerino e Geriero.)

                C'è da preferire, a un calcio 
d'Orlando matto, un ariete o un mangano.

(rientra nel padiglione sempre ridendo; 
poi il silenzio ritorna. Appare, appoggiato 
al suo cavallo e alla lancia, un cavaliere
 chiuso nell'armi, un po' zoppicante per la 
stanchezza. Un commento appassionato
 ed eroico di fanfare, tra cui sorgono
 fini, lunghi e acutissimi trilli di violino.
)

    ANSELMO

Cavaliere, che cerchi tu nel campo 
dei pari?

    CAVALIERE

                E tu chi sei che mi domandi?

    ANSELMO

Anselmo di Guascogna.

    CAVALIERE

                                    Io cerco Orlando 
d'Anglante.

    ANSELMO

                    Gli sei forse familiare?

    CAVALIERE

Che t'importa? io non vengo a contestare 
teco. O' detto che cerco il sir di Blaia, 
e anche senza di te saprò trovarlo.

    ANSELMO

Cavaliere, benché dai detti franco 
ti appalesi e all'aspetto cristiano, 
sappi che non v'à luogo a temerari 
qui, tra il fiore degli uomini di Francia.

    CAVALIERE

Io dico: vo' vedere il Conte Orlando, 
e lo vedrò. Lasciatemi passare.

    ANSELMO

Ed io ti dico che non passerai 
la soglia della tenda ove pie dame 
e compagni vigilano l'amato 
sire. Ignori che Orlando, l'esemplare 
campione di prodezza, è forsennato?

    CAVALIERE

È vero? per amor d'una donnàccola? 
La nuova che ne corre non è falsa?

    ANSELMO

Che ne giudichi tu? La donna amata 
non è mai la donnàccola. Allontanati.

    CAVALIERE 

Paladini, io son giunto da lontano; 
per montagne e per selve ò cavalcato 
notte e giorno; né uomini né rabbie 
d'intemperie poteron farmi ostacolo; 
e del resto gli ostacoli io li schiaccio!

(fa per entrare nel padiglione. Ma 
Gerino e Geriero abbassano le lance.
)

    GERINO

Passa attraverso l'asta della lancia.

    GERIERO

Passerai, ma col ferro nel costato.

(Il cavaliere li tocca appena entrambi 
con la sua lancia incantata e li abbatte come 
fulminati. Anselmo fa per accorrere snudando 
la spada; ma la tenda si apre e appare 
l'arcivescovo Turpino, fiancheggiato da 
Oliviero e da Eggiardo e seguito da 
valletti con fiaccole. Scoppi di 
giubilo di violoncelli e applausi di ottoni.
)

    TURPINO 

(severamente, alzando un crocifisso)

Come osi tu, mentre si prega accanto 
a un infermo, turbarci con schiamazzi 
insani? Quale demone ti manda?

    OLIVIERO

Io conosco quelle armi...

(Il cavaliere s'inginocchia, gettando 
lancia e scudo e solleva la visiera
.)

    EGGIARDO

                                    Bradamante!

    GERINO 

(alzandosi a stento ancora tutto stordito)

È lei, è la versiera dalla lancia 
incantata.

    GERIERO  

(raccattando le sue armi)

                È la matta Montalbano 
che con l'armi dà sfogo ai suoi mancati 
amori!

    EGGIARDO 

(severo)

                Non sei più la dama errante? 
Non corri più, sorella di Rinaldo, 
dietro il tuo cavaliere mussulmano?

    OLIVIERO

Duca... e voi, cavalieri, ricordate 
che non è cortesia svillaneggiare 
chi ci à vinto e che poi, anche, è una dama. 
Principessa, voi siete perdonata; 
perdonate.

    BRADAMANTE

                Io non do, né vi domando 
perdono. All'insolente è sempre dato 
ferro. A voi solo, padre venerando, 
mi genufletto e al segno che levate 
nel pugno. Padre ecco, vi dico - fate 
ch'io veda mio cugino, il conte Orlando. 
O' tralasciato il mio peregrinaggio 
perché un volere nuovo ed indomabile 
mi trae presso il divino mentecatto. 
Padre, in nome del Cristo che recate, 
lasciate ch'io lo veda per salvarmi!

    TURPINO

Passa; ma bada a non nuocergli. Guai 
a te se l'ombri con parole o atti. 

(Bradamante entra nel padiglione seguita 
dal vescovo, da Eggiardo e dai valletti. 
Uno scudiero conduce via il 
suo cavallo. Oliviero scruta il cielo.
)

    OLIVIERO

E ancora nulla. Il cielo è meno buio. 
Anselmo, non vedete nell'azzurro 
un neo? No: lo vedremmo come un lume 
s'egli apparisse. Il senno ch'egli adduce 
splenderà come stella nel crepuscolo.

(Appare Truffaldino, piccolo, contorto, 
frusto. Guarda attorno, vede i cavalieri, 
s'appressa ad Anselmo e lo tira dolcemente 
pel mantello.
)

    TRUFFALDINO 

(a mezza voce)

Ehi, signor principe, è una bella ragazza da vendere o dare in affitto. Se vostra eccellenza è disposto a concludere l'affare, non pretendo poi troppo.

    ANSELMO 

(si rivolge sdegnato e con una 
manata io atterra.
)

Manigoldo!

(Oliviero, fisso al cielo non 
bada; prorompono 
accordi violenti con lo sdegno del paladino
)

                        Chi t'à lasciato giungere?

(gli dà una pedata)

Va tra i palafrenieri e tra il rifiuto 
de le stalle e nascondi il tuo lordume.

    TRUFFALDINO 

(alzandosi e allontanandosi)

Me ne vo, me ne vo... Alla grazia vostra! Che esagerazioni! Come se gli avessi offerto di sedere su i fichidindia. Si vede bene che è di legno, costui.

(va a sedere dietro il palo di uno stendardo, 
tastandosi le parti peste, e vi rimane 
a brontolare. Il cielo si veste delle porpore 
listate d'oro dell'aurora. Appare Rinaldo 
di Montalbano, sfavillante nelle armi 
d'oro e di porpora cavalcando il suo 
nero e ardente Baiardo, balzano da 
quattro e stellato, e seguito da due scudieri 
riccamente vestiti. Aria gaia, spavalda 
e guerriera, sonora di toni metallici.
)

    RINALDO

Ai paladini dell'imperatore 
Carlomagno, salute!

    OLIVIERO  

(freddamente

                            Siete voi, 
principe?

    ANSELMO

                A voi salute e sempre buona 
gloria.

    RINALDO 

(smontando da sella)

            A dispetto di chi guarda, io scoppio 
dalla salute; e quanto a buona gloria, 
ne è sempre qualche staio sull'arcione 
del palafreno. Appunto, or non è molto, 
ò ripreso Baiardo a Rodomonte 
che avea battuti voi tutti alla giostra 
cortese...

    OLIVIERO

                Ma battuto fu dal conte 
d'Anglante.

    RINALDO

                    E giusto: infatti il vostro eroe 
è mio cugino. Dunque, Rodomonte 
à dovuto ormai rendere il mal toltomi 
destriero, e insieme l'elmo arcifamoso 
di Mambrino: glielo cavai dal collo 
in uno con la testa.

    OLIVIERO

                                E mentre il vostro 
congiunto di là spasima, fra' suoi 
compagni, non trovate altre parole 
se non per voi medesimo? Il valore 
più alto è quel che cela i suoi bagliori 
dinanzi alla sciagura.

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Com'è sonnifero questo sputasentenze!

    RINALDO

                                    E non accorro 
forse per dare io pure il mio conforto 
a Orlando? Solo, io non so avere il cuore 
in gramaglie. Il buon servo del dimonio, 
Malagige, m'à istrutto che un dei vostri 
dovea spiccarsi per il cielo a cogliere 
fin nella luna - ove un'incantagione 
l'avea relitto - il senno del mio prode 
cugino. Quest'impresa è bella: il volo 
mi tenta. Dov'è il mostro? Io partirò.

    OLIVIERO

Alcuno è già in viaggio e forse torna 
ormai.

    RINALDO 

(sprezzante

                Un altro? E chi mandaste?

    OLIVIERO

                                                        Astolfo 
d'Inghilterra.

    RINALDO

                    Quel fragile garzone 
parolaio, che non è manco buono 
a camminare per le vie del mondo?

    OLIVIERO

Forse perché gli sono meglio note 
le vie del cielo. Egli è, solo, padrone 
dell'Ippogrifo e con lui solo il mostro 
alato per gli spazi s'inalzò.

    TRUFFALDINO

Quante bubbole! vorrei vedere io se questo idiota con la testa sempre fra le nuvole, che vorrebbe essere poeta volasse non metaforicamente, dove andrebbe a fiaccarsi l'osso del collo!

(si solleva la tenda del padiglione d'Anglante 
e appare Alda la Bella, pura e luminosa
 come visione incorporea. Musica dolce, 
chiara, virginea, fatta di accordi limpidi,
di tintinnii cristallini, tra cui ferve 
una angosciosa speranza in toni profondi.
)

    ALDA

Messeri paladini, lo vedete 
voi?

    OLIVIERO

        Quale nuova luce ài tu, sorella 
Alda, nel volto?

    ALDA 

                        Ditemi, Oliviero, 
i vostri occhi non scoprono nel cielo 
già chiaro l'aspettato messaggero?

    OLIVIERO

No, non ancora.

    ALDA 

                        E voi neppure, Anselmo 
di Guascogna, che state alle vedette 
coi vostri occhi da falco, non scorgete 
tuttavia l'Ippogrifo che s'appressa?

    ANSELMO

No, dama; non ancora.

    ALDA 

                                    Ed io lo vedo! 
io lo vedo! il mio cuore sa discernerlo 
oltre il velo d'ogni distanza! Scende 
attraverso l'azzurro, sull'aereo 
cavallo, le cui vaste ali remeggiano 
con foga. Se ne stacca qualche penna 
nell'impeto del volo che à l'istessa 
romba degli astri che si lascia addietro. 
L'immensità d'intorno a lui leggera 
sfila e innanzi gli si ritrae sgomenta. 
Par che, così piccino, ei la riempia. 
Sicuro passa in mezzo alle meteore 
fiammeggianti che d'ogni parte tentano 
avventarglisi, invano, come frecce 
gigantesche. Ecco, il nostro cavaliere 
ride, felice, ché nel pugno reca 
un'ampolla che luce come stella: 
è l'ampolla promessaci col senno 
d'Orlando. La ragione del perfetto 
eroe, ecco, ritorna sulla terra! 

(Giunge, correndo, da Parigi il messo di Alda)

    MESSO

Dama, dalle alte torri già si vedono 
fra nube e nube le ali dell'uccello 
fatato!

    OLIVIERO

            Non abbiamo invano atteso.

    RINALDO

Per Satana! era impresa così lieve 
che anche Astolfo dovea vincerla? Ebbene, 
dichiaro di non essere più degno 
di cavalcar Baiardo!

    ANSELMO

                                A chi volete 
donarlo?

    RINALDO

                    A Orlando: sarà il mio presente 
per la sua guarigione.

    GERINO

                                    Gli faremo 
ciascuno un dono.

    OLIVIERO  

(mesto, guardando Alda.)

                            Un dono? certamente.... 
Tu, Alda, ed io, già il dono lo facemmo. 
Io gli avevo donato mia sorella 
dopo una gara che egli vinse.... e lei 
gli aveva dato il suo cuore, da tempo.

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Guarda, guarda! quel chiacchierone mi à dato l'idea! Se scaravento anch'io un certo dono al pazzo guarito, metto a soqquadro baracca e burattini!

(si allontana. Appare in cielo, piccolo,
 l'Ippogrifo che porta Astolfo.
)

    ANSELMO

Eccolo, l'Ippogrifo!

    OLIVIERO

                                Astolfo!

    GERIERO

                                                È vero!

(Il motivo del volo prorompe trionfalmente)

    GERINO

Eccolo!

    RINALDO 

                Gli è più semplice che scendere 
da un monte dirupato su un somiero.

    OLIVIERO 

(a gran voce)

Sonate gli oricalchi! Il duca viene! 
tutto il campo lo accolga le armi al piede, 
e sia portato sugli scudi!

(squilli di trombe d'argento si mescolano
 alla sinfonia. Escono dal padiglione Turpino, 
Eggiardo, altri paladini e accorrono tutti a 
guardare.
)

    TURPINO 

                                                Viene?

    ANSELMO

Guardate, è già sopra Parigi... scende 
lentamente...

    EGGIARDO

                    S'appressa a noi...

    GERIERO

                                                S'appressa 
a noi!

    OLIVIERO

                Atterra già!

    TUTTI 

(prorompendo)

                                        Per Astolfo, eja!

(tra l'affollarsi dei paladini e d'altri 
guerrieri che escono da tutte le tende, appare
 l'Ippogrifo planando sul suolo. Astolfo 
ne discende mostrando l'ampolla, ed è
 portato in trionfo sugli scudi, 
fra l'osannante squillare delle trombe.
)

 

SCENA II

È come la prima, nello sfondo. Soltanto, il padiglione d'Orlando e più prossimo alla ribalta, occupandola in gran parte, e se ne vede tutto l'interno, ove stanno un tavolo, alcuni scranni, armi, e all'angolo di destra un ampio cortinaggio dietro il quale si suppone il tetto dell'eroe.

Il padiglione si apre sul campo di sbieco, tra il fondo e la sinistra.

Turpino, Rinaldo, Bradamante, Bramimonda e i paladini tutti, tranne Gerino e Genero, sono attorno ad Astolfo che narra.

    ASTOLFO

L'Ippogrifo innalzavasi a spirale
e sotto a noi la Terra sprofondava
nerastra nell'abisso azzurro; l'ale
turbinanti, sicuro, ora poggiava
a un raggio, ora a una nube, su per scale
fluide, a noi soli offerte nella cava
immensità dov'io, ebbro, sentivo
d'essere il centro, piccolo, ma vivo!

Poi l'ombra c'inseguì con le sue onde
torpide, il freddo ci aggredì: fu un mare
di color perso, muto e senza sponde.
Ma cominciaron lente a gocciolare
le stelle, a galleggiare come bionde
meduse — le comete; e biancheggiare
vidi alfine, più prossima, fra torme
d'asteroidi, come un arco enorme,

la luna! L'Ippogrifo, con più snelli
giri, sorpassò Pegaso, le Trote
d'argento, ventò in faccia ai due Gemelli,
spezzò il timone al carro di Boote,
impigliò un tratto l'ali tra i capelli
di Berenice, die' d'unghia alla cote
del Toro, e posò alfine sopra un corno
d'Ariete, aspettando il nuovo giorno.

Al mattino libammo dalla via
Lattea, condita al miel di Cassiopea.
E ripartimmo. Scialba, alla chiarìa,
la faccia della luna ci ridea
tutta di fronte, tonda e tonta, pia
e malata, da poveraccia dea
costretta a fare quel che voglion tanti
uomini e maghi, sortilegi e incanti.

La raggiungemmo. Da vicino il viso
à coperto di rughe e butterato
dalla lebbra; e quel suo mesto sorriso
è una smorfia di taglio smisurato.
Presi terra sul suo gran mento intriso
di luce, e sceso a valle nel fossato
della bocca socchiusa da una glabra
gota all'altra, le vidi, fra le labra,

mille fiale di vetro, ch'ella a quando
a quando con la lingua ritraeva
e venìa lentamente assaporando.
Così, di senni umani, si pasceva
la luna. Il nome del diletto Orlando
su la più grande fiala si leggeva.
Io corsi, impantanandomi nel vischio
della gran lingua e superato il rischio

di scivolare nelle fauci immani
facendo della mia lancia puntello
fra le ganasce, posi alfin le mani
sopra la fiala del mio buon fratello.
Un calzare perdei nei sovrumani
conati del ritorno; ma l'uccello
finalmente raggiunsi e via con lui
precipitammo negli spazi bui.

No, non più bui dopo la mia suprema
prova! Balzò in mio onore dai suoi fissi
cerchi Orïone, a tendere il diadema
fulgido. Dal verone degli abissi
gelosi, dove innamorata trema,
Vega sporse le trecce dei prolissi
raggi alla mia scalata. Di lontano
squassò la face rossa Aldebarano.

Oh, il ritorno col senno del guerriero
invincibile! Innanzi alle perplesse
costellazioni che nel cielo nero
frenavano, a farmi ala, le indefesse
ruote, io sentii ch'ero un gigante, ch'ero
il nuovo creatore delle stesse
meraviglie che avrebbe ancor compiute
l'eroe nostro tornato alla salute!

    RINALDO

Cugino Astolfo, navigaste solo
e vi dobbiam menare come buone
le vostre storie.

    ASTOLFO

                    Pure, la ragione
d'Orlando è già tornata al suo signore.

    RINALDO

Io vi dico che tutto questo è sogno.

    ASTOLFO

Chi può negare che portai l'ampolla?

    RINALDO

Filtro di fattucchiera, incantagione
d'alchimista Si sa che avete pronta
la mente; ma per le atte imprese occorre
il braccio.

    OLIVIERO

                Il braccio, principe, non monta
mai atto, se la mente non soccorra.

    EGGIARDO

Ragiona, Orlando?

    BRAMIMONDA 

(in ascolto presso la cortina)

                Par che torni al mondo…
Rinasce… Alda gli parla ed egli ascolta
trasognato…

    BRADAMANTE

                Che dice, Alda?

    BRAMIMONDA

                                Parole
buone.

    OLIVIERO

Le stesse che direbbe a un morto
tornato d'improvviso d'oltretomba.

    BRADAMANTE

Ma non è meglio dirgli le parole
della vita per ricondurlo a noi
e cancellare daI suo cuore l'orma
vana e perversa deI passato amore?

(tutti i cavalieri si guardano interdetti dall'esaltazione di 
Bradamante -Rinaldo le si appressa e la trae in disparte.
)

    RINALDO

Che t'avviene, sorella Bradamante?
Perché t'esalti? Giuro che, per Satana!
l'amore del cugino non fu vano:
era fatto di carne, d'una bianca
carne ch'io stesso non ò più scordata.

    BRADAMANTE

Sì, voi pure, lo so. Ma non pensaste
mai - voi, che sempre avete ricercato
la gioia pronta, il godimento facile, -
che Angelica non fosse che un inganno?
Da tanto tempo, lo sapete, io spasimo
dietro Ruggero che voi, nostro padre
e il gran Carlo m'avete contrastato.
Ma quando appresi che il cugino Orlando
dissennò dietro a lei che s'involava,
solo allora, fratello, io domandai
a me stessa se non ero una pazza
anch'io, perduta dietro quel fantasma
intravisto e fuggente. E son tornata
per guardare negli occhi i! sir di Blaia,
per specchiare in quegli occhi la mia fiamma,
e darmi e forse dargli pace!

    RINALDO

                                Guarda!
adesso tu mi sembri innamorata
del cugino! Così, pazza con pazzo.
Occorre che di nuovo Astolfo salga
nella luna? Ma il senno d'una dama
è alquanto più difficile a trovarsi
in un'ampolla...

    GERINO 

(arrivando da Parigi)

                    Un cavaliere avanza
da Parigi, con seguito di paggi
e di scudieri!

    GERIERO 

(seguendolo)

                È il messo mussulmano
di re Marsilio, giunto dalla Spagna
per chiedere alleanza a Carlo Magno.

    ANSELMO

Egli vuol fare omaggio al conte Orlando
guarito.

    EGGIARDO

            È Ferraù, re di Granata

(si vede avanzare pel campo il gigantesco 
Ferraù dall'enorme naso, 
barba e baffi terribili, col suo 
corteo cha resta fuori del 
padiglione e poi ritorna indietro. 
Egli entra solo. Dietro il corteo 
s'è appressato, gramo e zoppicante,
 quasi strisciando per non essere notato, Truffaldino.
 Musica ampia e profonda, ma piena di note 
discordi.
)

    OLIVIERO

Venite, sire, e siate il benvenuto
tra i paladini franchi.

    FERRAÙ

                            Io sono giunto
— lo vedete — tra voi, solo.

    OLIVIERO

                                Colui,
sia pur nemico, che da solo giunge
tra una cavalleresca moltitudine
à per compagni e per fratelli innumeri
gli ospiti.

    FERRAÙ

            Io, se a portata del mio pugno
è una spada, non son mai solo.

    RINALDO 

(avanzandosi)

                                Eppure
non mi foste di troppo, sulle dune
dell'Oise, la tua spada e te. Nel fiume
cerchi più l'elmo?

    FERRAÙ

                    No: m'attendo il tuo!

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Stavolta non ci casco: girerò le posizioni.

(si rannicchia e sta in ascolto. Frattanto
 alcuni paggi girano con 
coppe e caraffe, per un'agape tra i cavalieri.
)

    OLIVIERO

Sir Ferraù, volete con noi bere
in onore del nostro cavaliere?

    FERRAÙ

Sempre in onore dei nemico io bevo,
pure fra un colpo e l'altro nell'arengo.

    OLIVIERO

Ciò ti onora, se il cuore ti si serba
generoso come il liquore e tersa
la mente come il vetro ove lo mesci.

(bevono)

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Questo seminatore di perle non mi va a fagiolo. Debbo soffiarmelo 
prima di tutti gli altri.

    BRAMIMONDA

Cavalieri, lo sento che s'appressa.

    GERINO

Che dirà?

BRADAMANTE

            Qual'è stato il primo senso
del suo cuore rifattosi sereno?

    ORLANDO 

(mostrandosi)

La gioia di ricinger Durendala!

(egli alza fra le due mani la spada chiusa 
nella guaina. E' sorridente
e affabile con tutti che gli si affollano
 attorno. Alda lo segue, 
radiosa di felicità. La musica è 
larga e gloriosa.
)

    TUTTI

È lui! come era prima! è sano! sano!

    ORLANDO 

(salutandoli)

Oliviero… Gerino… Anselmo… Eggiardo…
Berlingiero… Io ritorno da contrade
di nebbia, dove si cammina e mai
si posa, ove una luce non dirada
mai le brume. Il mio cieco barcollare
precipitava talora in voragini
fumose, dove mi lambivano ali
di vampiri. Talora un dolce fiato
- il vostro, Bramimonda - mi sfiorava;
e un tocco fresco - Alda, la vostra mano -
discacciava da la mia fronte zampe
villose che tessean viscide ragne.
Rinaldo… Ferraù… voi mi cercaste?
E voi chi siete?… Sei tu, Bradamante?
Sei ritornata?

    BRADAMANTE

                Sono ritornata
come te.

    ORLANDO

            Non come me, spavalda
guerriera: è stato atroce il mio viaggio!

    BRADAMANTE

Ed anche il mio! Non sono più spavalda.

    ORLANDO 

(la guarda)

Pace, cugina, al nostro cuore. Ormai
ci converrà combattete battaglie
più gloriose. Andremo nella Spagna,
dove Cristo ci chiama, dietro il grande
imperatore che non à fallato
mai.

    RINALDO

Cugino, ciascuno vi vuol dare
un suo dono: scegliete tra Bajardo
e l'elmo di Mambrino per me.

    ORLANDO

                                Grazie.
L'elmo l'avete certo guadagnato
a prezzo d'armi; e prendere Bajardo
sarebbe fare un torto al mio pugnace
Brigliadoro. Ma datemi un abbraccio,
e basterà per spegnere il passato.

(L'abbraccia)

    ASTOLFO

Ma gli altri doni non rifiuterai.

   TRUFFALDINO 

(a parte)

Ora gli mollo il mio. Voglio vedere se lo rifiuta; e che putiferio divertente ne verrà fuori.

    ANSELMO

Vado io stesso perché vi sian portati.

(nell'uscire dalla tenda, egli incespica nelle gambe di
Truffaldino; lo ravvisa e se ne irrita.
)

Ancora tu? che cerchi qui, marrano?

    TRUFFALDINO

Niente, eccellenza, cerco la fortuna, che deve essermi caduta sotto il lembo di questa tenda.

    ANSELMO 

(Lo colpisce ancora coi piedi, rovesciandolo)

Via! Via! ch'io non ti veda più nel campo!

    TRUFFALDINO 

(strillando)

Ahi! ahi! che male faccio io, poverello? Ahi! ahi! sta, eccellenza: non 
lo farò più !...

    ORLANDO 

(accorrendo)

Anselmo, no: questo povero diavolo
è indifeso.

    OLIVIERO 

(venuto a guardare)

                No, forse è troppo armato
della miseria sua!

    ANSELMO

                       E' un rospo!

    ORLANDO

                                    Batterlo
perch'è brutto e meschino? Egli è segnato
da Dio.

    OLIVIERO

Dio stesso ammonì di guardarci
dai suoi segnati. Fatelo cacciare
dai servi.

    TRUFFALDINO 

(a parte)

E à parlato Cacasenno.

    ORLANDO

            No, lasciate, Ora tu vattene
da te. Ma certo ài fame. Prendi, mangia
e bevi.

(gli dà un suo anello)

        Mostra questo ai miei vassalli.

    TRUFFALDINO 

(baciandogli un lembo del mantello)

Uh, eccellenza! oh, candidissimo signore, grazie infinite! Ma io, vedete, se mi si permette di parlare, vi dirò che ero qui per vostra eccellenza. So io quanto ò penato per la sua malattia che seguo da due rappresentazioni, cioè... da due mesi! E già prima del signor Astolfo 
avevo provveduto a portarle una medicina che il caso mi aveva fornito: 
uno specifico, le assicuro, di qualità insuperabile!

    RINALDO

E' ameno!

    OLIVIERO

            È lugubre.

    FERRAÙ

                        È certo un giullare
mendicante.

    ASTOLFO

Egli ride e par che azzanni.

    ORLANDO

Mostrami, dunque, il portentoso farmaco.

    TRUFFALDINO 

(alzandosi con una capriola)

Vado a prenderlo e lo porto sulla mia cavalcatura. Non è cosa da mettersi in tasca, eccellenza;tutt'altro: se non si sta in guardia, è lei, la mia medicina, a mettere tasca chi vuole usarla...

(esce verso Parigi)

    ORLANDO 

(ad Alda)

Dama, che avete negli occhi sbarrati?

    ALDA

Mio signore, una pena che non à
nome. Il mio cuore piccolo e presago
sente appressarsi un nuovo irreparabile
male.

    ORLANDO

        Il mio cuor vede invece Aquisgrana
in festa che ci attende, ed un altare
illuminato…

    ALDA

            Sire, ricordate
che Bramimonda s'è fatta cristiana
per seguirvi?

    ORLANDO

                Mi seguì come ostaggio
del re arabo, ed a voi l'ò donata
per ancella.

    ALDA

                No, mi è mite compagna:
figlia di re. Ci segue perché v'ama.

    ORLANDO

M'ama?

    ALDA

            Sire, vedete Bradamante?
come vi guarda! Dietro il leggendario
Ruggero mai veduto, ella vagava
amando le virtù che alfine sa
in voi solo. Anche Bradamante v'ama.

    ORLANDO

Alda, perché così vi dilettate
a ferirmi? Non voi, dunque, mi amaste
prima d'altre?

    ALDA

                Sì, sire, sovrumana-
mente! Ma voi che avete troppo vasto
il cuore, ora che siete ritornato
savio, scrutate fra noi sole e fate
vostra colei che fra noi più vi piace:
noi tre sole non vi faremo male.

    ORLANDO

E chi potrei più preferirvi, o Alda?

(si vede dal fondo ritornare Truffaldino,
 tirando per la cavezza un 
asino, che reca sul basto, legata, 
una donna tutta ammantata di rosso, 
col viso pure imbacuccato. Egli ne la
 slega e la fa avanzare nel padiglione.
)

    TRUFFALDINO

Re degli eroi, paladino invincibile, ecco il mio dono.

(tutti si volgono e rimangono 
muti e perplessi. La sola Alda si 
avvicina all'ignota, trepidante,
 con un moto irresistibile.
)

L'ò trovata per via, mentre tornava a piedi nientemeno che dal Catai.

(tutti si guardano in faccia. Orlando à un gesto, come se cominciasse a ricordare una cosa dimenticata.)

A' piantato in asso stavolta anche il marito, quel biondino pel quale aveva fatto tante sciocchezze, tra le altre quella di fuggirsene da vostra eccellenza come dalla peste.

(la commozione generale aumenta. 
Orlando ricorda vieppiù un fantasma 
ch'era scomparso dalla sua memoria.
)

Ma non si preoccupi di quel che può esserci stato col marito, vostra eccellenza. Essa assicura che lo prese subito a noia: e poi, marito 
più marito meno, è sempre più bella. A voi, signori paladini,
giudicate; e dite se non non merito in premio anche la spada 
Durendala per avere portato al Conte d'Anglante un dono di questa 
fatta!

(con un atto repentino, strappa il 
mantello rosso e appare Angelica 
ignuda, formidabile di bellezza.
)

    ORLANDO 

(si precipita su Truffaldino, lo rovescia e alza su lui
una pesante scranna per schiacciarlo.
)

Lenone!

    I PALADINI 

(esaltati)

        E' un 'altra volta lei!

    RINALDO

Angelica!

    FERRAÙ

            Angelica!

(Orlando si volge senza far ricadere 
la scranna su l'uomo ed è 
commosso della generale commozione.
Alda intanto si appressa ad 
Angelica, le scioglie i capelli 
e la copre del loro manto aureo.
)

    TRUFFALDINO 

(sottraendosi sotto il tavolo)

Il nuovo ciclo della storia dei paladini e degli uomini comincia  bene!

BRADAMANTE 

(con ira)

                    Sei tu di nuovo, femina
svergognata! Ma fuggi, dunque! Celati!
Godi agli occhi di tutti essere offerta?
Ti voglio trascinare pei capelli
stretti alla coda deI mio palafreno!

    RINALDO 

(avanzandosi)

Guai a te se la tocchi!

    FERRAÙ 

(balzando, a Rinaldo)

                                    Guai a te!

    ORLANDO 

(previene tutti e scioltosi il mantello bianco, lo gitta
sul corpo seminudo di Angelica e si volge, terribile.
)

Guai a chi offenda solo con un gesto
la sua bellezza e il nostro onore. - Indietro!

(Rinaldo e Ferraù fanno 
per ciarsi innanzi con la
mano alla da. Egli snuda 
Durendala che scintilla e la
pone dinanzi a Angelica, 
come una barriera
)

Siete voi saccomanni o cavalieri?

(Rinaldo e Ferraù retrocedono. 
Fremendo d'onta.
)

    TRUFFALDINO 

(a parte)

L'ò detto io che finiva a parapiglia; e ora vi tengo tutti in saccoccia!

    ORLANDO

Costui me l'à donata benché l'ebbe
in malo modo. A me solo appartiene
finché non tornerà ad appartenere
a se stessa.

(serba la spada, si volge a lei, 
la guarda a lungo, la
scioglie dai legami e s'inchina.
)

            Che vuoi, regina Angelica?
Partir subito? Quale è il tuo piacere?

    ANGELICA

Seguirti.

(Alda giunge le mani, volta al cielo.)

    ANSELMO

            Che dice ella?

    BRADAMANTE

                            Mala femmina,
ti porterò io al tuo padre debole
e al tuo marito effeminato!

    BRAMIMONDA

                            Ell'è
pazza! A' il dimonio in fronte: non vedete?

    ANGELICA

Voglio seguirti, sire Orlando: piego
le ginocchia, se vuoi. E' il mio volere
unico, ormai, ed è la mia salvezza.
All'onor tuo, più che all'amor che avesti
forsennato per me, ne faccio appello.

    RINALDO

Non sai che Orlando è d'altra dama? Vieni
con me: ti sarò io buon cavaliere.

    FERRAÙ

No, regina: ricordati che sei
pagana come me. Tu verrai meco!

    ANGELICA 

(li guarda, rivolge gli occhi da Ferraù, sorride
lievemente a Rinaldo, ricordando d'averlo amato.
)

Per te bevvi alla fonte delle Ardenne,
poi bevvi per Medoro… Ma fu breve
e fallace ristoro alta mia sete.
Ora una goccia di rugiada ardente
è caduta alle mie labbra, dal cielo.
Sire d'Anglante, nessun turbamento
ti darò mai. Perché ti fui crudele,
non pagarmi di crudeltà.

    BRADAMANTE

                            La strega
adopra le male arti d'oriente.

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Va, bambina mia, digerirai anche la rugiada ardente!

    BRAMIMONDA 

(ad Alda, trepidante, piano.)

Sorella Alda, ella ancora l'invaghisce.
Io temo pel suo senno...

    ALDA

                        Per la vita
sua temiamo!

(musica lontana di fanfare imperiali. 
Alcuni paladini si fanno a 
guardare fuori della tenda.
)

    ORLANDO 

(ad Alda)

                Dama... Alda bella...

    ALDA

                                                Sire?

    ORLANDO

Volete accoglier voi la fuggitiva
ad Aquisgrana? Ell'è sola e meschina,
e invoca l'onor mio, l'avete udita,

    ALDA

Sì, sire.

    ORLANDO

            Andrebbe sola, in mezzo a vili
mercatanti di femmine e a corrivi
innamorati. E' vero, Alda?

    ALDA

                                        Sì, sire.

    TRUFFALDINO 

(a parte)

Questa gente così accomodante non va pei miei interessi. Bisogna intervenire.

(esce di sotto al tavolo.)

    ASTOLFO 

(in disparte, traendo qualche nota dalla sua piccola
cetra, mentre Orlando e Angelica si fissano intensamente.
)

Angelica, chi ti credé sparita
per sempre? Chi ti crede ritornata
per sempre? Per la luna era fuggita
la ragione d'Orlando, e tu involata
t'eri nel sole. Ed ora le tue dita
grondano luce sulla rinnovata
sua anima lunare, e spande ebbrezza
il tuo nome: Angelica: Bellezza!

    TRUFFALDINO 

(piano a Gerino e Geriero.)

Qui le cose prendono una brutta piega! Se volete tanto bene come dite 
al vostro signor Orlando, state a sentire un mio consiglio.

    EGGIARDO 

(appressandosi)

Di che parla costui?

    TRUFFALDINO

Prevedo grandi guai se non riporto indietro quella benedetta donna.

    OLIVIERO 

(appressandosi)

                                    Ancora il serpe
sibila?

    TRUFFALDINO

Per carità, Eccellenza: io sono un umilissimo suo servitore e null'altro. Ma nell'interesse di suo cognato stesso, io direi di segregarlo un'altra volta e nello stesso tempo di sbarazzarvi di questi due signori Ferraù e Rinaldo che minacciano subissi per via di quella ragazza sventata.

    ANSELMO 

(appressandosi)

                Sento ancora quella querula
voce

    TRUFFALDINO

Prometto fare tutto per benino, da me, vi giuro, e poi mi darete in compenso...

    GER1NO

                Che strano dire!

   GERIERO

                                            C'è un accento
in lui, non so

    OLIVIERO 

(con impeto)

                        In lui c'è il tradimento!

    TRUFFALDINO

Signore, che dite? Sono sì umile, io! M'occupo de! vostro bene per un compenso da nulla...

    TURPINO

E' il demonio!

(Squilli di fanfare che appressano.)

    ANSELMO

                Va via, mostro! non sei
fatto neppure come i nostri servi
più lerci!

    EGGIARDO

                    Non vedete che appartiene
a un altro mondo?

    OLIVIERO

                            Egli è d'una diversa
umanità. Cacciatelo per sempre!

(Anselmo, Eggiardo, Gerino, 
s'impadroniscono di Truffaldino urlante 
che tenta ancora con preghiere, 
genuflessioni e baci, convincerli. 
Il Messo di Alda giunge giubilante da Parigi.
)

    IL MESSO

L'imperatore viene da Parigi
in persona, in omaggio al rinsavito
nipote!

    ORLANDO 

(dinanzi alla scena, solo.)

                    No, non sono rinsavito!...
Sento, anzi, che son pazzo più di prima,
poi che ò coscienza della mia follia!

    I PALADINI 

(trasportando di peso Truffaldino che si dibatte.)

Va, omuncolo! torna alla tua genia!

(lo scaraventano giù dal palcoscenico.
 Le squille dei trombettieri 
invadono la scena. I paladini accorrono 
verso il fondo, alzando le 
spade nude.
)

Eja per Carlo!

LA VOCE DI CARLOMAGNO

                        Onore a Orlando invitto!

    TRUFFALDINO 

(rialzandosi tutto ammaccato, un gesto 
di rabbia e di minaccia.
)

Tornerò, burattini, tornerò!

(fugge per l'orchestra zoppicando.
Intanto s'abbassa il velario.
)

 

(PRIMA PARENTESI
-------
    TRUFFALDINO 

(scende sulla ribalta da un palco di proscenio,
guardingo
)

Questa volta non torneranno a farmela. Eh! posso sbagliare la prima io; ma la seconda, no davvero. E poi, con dei burattini… bella figura ci farebbe un uomo! Vediamo un po' se riesco a intendermi con l'amico mio.

(solleva un lembo del velano e nel buio del palcoscenico 
appare il burattino Gano di Magonza.
)

Sentimi bene, Ganellino: tu sei sempre stato il mio prediletto. Devi farmi un favore.

    GANO

Che chiedi?

    TRUFFALDINO

Ecco, sentitelo com'è solenne. Un misero mortale direbbe semplicemente: di su! Non capisco come possa aver fatto le cose orribili che gli attribuiscono, uno che parla in modo così buffo. Ma mi servirà per imparare. Dunque, Gano di Magonza, stasera vorrei fare io la tua parte.

    GANO

                E non ti tradirai?

    TRUFFALDINO

Tradirmi? Fare simili giochi a me stesso? Sarebbe il colmo. Sta tranquillo, Gano, ò in me delle risorse che neppure tu puoi immaginare. Andiamo in un angolo buio, tu mi cederai i tuoi costumi, le tue armature, e io ti contrafarò alla perfezione. Ti prometto anzi di vendicarti una volta e per sempre delle soperchierie che i paladini e il pubblico ti fanno ogni sera.

    GANO

                                    Sia pure.

    TRUFFALDINO

A noi. Ah, miei cari pupi, diffidate di me da uomo? Vedrete ora come vi acconcerò da burattino. Sarò attore e parte principale a dispetto anche dell'autore; ingrandirò, se occorra, il palcoscenico quanto un'isola, quanto una terra, nella gara che abbiamo iniziata!

(Il velano si abbassa dietro di lui e Gano. 
La musica disegna nel vuoto trame e contorni 
di paesaggi e d'imprese impossibili.
)

 
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