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DEFTONES

 

I Deftones sono un gruppo capitale della scena nu-metal, ammesso che questo genere esista. A tutt’oggi, basterebbe vedere l’influenza che ha avuto il loro secondo disco (Around The Fur, la loro opera più riuscita) sulla scena mondiale. Gruppi che oggi vendono il doppio di una band come i Deftones hanno un suono che è del tutto debitore del gruppo californiano.

 

I Deftones sono Chino Moreno alla voce, Stephen Carpenter alla chitarra, Abe Cunningham alla batteria e Chi Cheng al basso. Prima dell’uscita del terzo disco di studio, si unirà alla formazione il Dj Frank Delgado. Si scoprirà in diverse interviste che l’unica ragione dell’esistenza del metal nella musica dei Deftones è il chitarrista, fan di Maiden, Pantera, Helmet, mentre i compagni d’impresa dividono i loro ascolti tra new wave anni ’80 (Depeche Mode e Duran Duran sono una fissa totale di Chino, e la band parteciperà ai tributi a queste due bands, in entrambi i casi con risultati eclatanti), musica tribale, indiana e pop d’annata. Già da subito si nota quell’insofferenza i fondo per il metal di stampo classico che caratterizza i loro grandi amici degli esordi, i Korn (si dice che Chino e Jonathan abbiano scritto diverse canzoni insieme).  Insieme a Korn e Limp Bizkit, i Deftones costituiscono di fatto l’ossatura della nuova scena crossover.

 


 

 


Il disco di esordio dei Deftones, Adrenaline, arriva nei negozi nel 1995, sotto il marchio Maverick (il che vuol dire Madonna, che dopo averci provato una vita riesce ad infilare nel suo carnet un gruppo crossover di importanza capitale). Bored, Minus Blindfold, One Weak e simili, in tutto 11 pezzi carichi di rabbia e figli tanto di un retaggio metal panteroso (in cabina di regia, del resto, c’è Terry Date) quanto dell’ondata grunge di Nirvana e simili, vicino ai Korn ma molto più solare nella sua depressione. Ascoltato ancor oggi, Adrenaline è sicuramente l’album più istintivo e grezzo del gruppo, a tratti quasi disomogeneo nell’accostare melodie quasi britanniche a esplosioni di violenza hardcore. Episodi di valore assoluto, tuttavia, come Root, Engine #9, catapultano i Deftones al centro dell’attenzione. I Deftones vengono chiamati a suonare con i gruppi leader della scena del momento, a cominciare dai Pantera (che dichiareranno il loro amore per il gruppo di Sacramento a più riprese), White Zombie, Korn, Sepultura, fino ad arrivare ai festival di oltreoceano più prestigiosi (Lollapalooza, Warped Tour). Aiutano di certo il carisma e la carica di energia che rendono i Deftones un gruppo imprescindibile dal vivo. La fama del gruppo non fa che aumentare nei due anni che vanno dall’esordio al secondo disco.

 

 

 


 

 


Around The Fur è del 1997. Nel frattempo ci sono state due o tre cose che hanno cambiato per sempre il metal moderno (ancora l’espressione nu metal non esisteva). Da una parte lo scioglimento (o meglio lo smembramento) dei “padrini” del movimento, i Sepultura (il cui Roots è ancora oggi un disco capitale per il movimento), dall’altra l’affermazione dei Korn su scala mondiale, la nascita di un gruppo come Limp Bizkit, lo spuntare fuori dei primi gregari del movimento (Hed pe, Incubus, Coal Chamber). Insomma, i Deftones arrivano al secondo disco nel momento in cui la scena crossover che hanno contribuito a creare, è esplosa davvero, e si è staccata definitivamente dalla scienza che la precedeva. Il montare dell’attesa e delle pressioni non impedisce ad Around The Fur di essere un capolavoro: i soliti undici pezzi (con la “solita” traccia nascosta a fondo CD) di valore assoluto, a cominciare da una My Own Summer veramente figlia di Helmet e Nirvana, per arrivare ad una Be Quiet And Drive di sconvolgente bellezza (l’anima più dolce e melodica dei Deftones, che sarà guida del nuovo corso della band), chiudendo le danze con una Head Up (ospite e co-autore Max Cavalera, alla sua prima uscita in pubblico dopo lo split dei Sepultura) tirata all’inverosimile. Un disco di valore assoluto, che porta i Deftones alla ribalta, ossatura di una scena (quella di Sacramento) che comincia ad esplodere. I Deftones cominciano a guadagnare anche i palchi più importanti nei festival europei, suonano all’Ozzfest, girano il mondo. La generazione successiva prenderà i Deftones come primo termine di paragone. Gruppi come Spineshank, Pulkas, Papa Roach devono tutto ai Deftones.

 

 

White Pony uscirà nel 2000. Feticeira, Digital Bath, Elite e compagnia. Ancora 11 pezzi, ancora un disco che non sbaglia niente. L’approccio è tendenzialmente più rilassato, per quanto lo possa essere un gruppo come i Deftones.
 Si nota più che mai l’influenza del cantante nell’economia complessiva della band: è Chino che guida le danze, lasciando alla chitarra di Stephen Carpenter un margine d’azione piuttosto ristretto rispetto agli altri dischi. Stephen si adegua e sfascia tutto solo nella metà dei pezzi. Contrariamente a quello che significa il terzo disco per le bands che compongono la scena di cui i Deftones fanno parte (sostanzialmente un declino, così per Korn e Limp Bizkit), per il gruppo di Sacramento è un riuscito rinnovamento, che non disdegna nemmeno per un attimo il passato della band ma che riesce a maturare sul piano compositivo (e produttivo, poiché il Dj Frank Delgado svolge un ruolo di assestamento dei suoni più che di frammentazione, come è per quasi tutti i gruppi crossover con Dj) fino a limiti estremi. E i Deftones continuano ad essere un gruppo giovane (l’età media si aggira sui 26 anni). Di questo passo, si può sperare in almeno altri due ottimi dischi.

 

 

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