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KORN

 

 

Pare che il nome venga dal fatto che durante una session in cui tutti i membri della band, uno di essi abbia fatto i suoi bisognini per terra. Il gruppo si è messo ad esaminare il prodotto, trovando un pezzo di mais che spuntava in rilievo.

 

Vengono dall’Orange County, il che vuol dire Disneyland. La parte buona e tranquilla della California, il luogo in cui si esorcizzano le paure della società americana in un mare di pupazzi di Mickey Mouse. Strano a dirsi, sarà proprio un gruppo che vive a stretto contatto con tale cultura ad incarnare il lato oscuro della società americana, sposando da subito l’idea di un sound angosciante e distorto, ai limiti della sanità mentale. I Korn sono un gruppo capitale per il metal e il rock degli anni ’90. Sono stati forse i primi ad aver detto qualcosa di nuovo nel rock dopo Nevermind e il calderone di imitatori che ne è seguito, sia che questi gruppi fossero definiti grunge o punk. Va detto d’altra parte che i Korn hanno beneficiato tantissimo di quello che per i rock sono stati i Nirvana, arrivando ad un contratto major per il primo disco (cosa impensabile per un gruppo così pesante prima del 1992). Non che i Korn si siano posati sugli allori del successo, ai tempi del debutto. Ancor oggi, il loro disco omonimo stupisce per pesantezza. Una pesantezza inedita, che reinterpreta il metal di scuola Slayeriana (epoca South Of Heaven, canzone che i Korn coverizzano dal vivo), unito ad una concezione dark industriale che non ha corrispettivi musicali nell’ambito del dark (il cantante Jonathan Davis ha ammesso fin da subito la sua predilezione per generi come la new romantic e la new wave), ed ovviamente al grunge (che volenti o nolenti, ha influenzato tutto il rock fino ai giorni nostri).

 

Jonathan, Munky, Head, David, Fieldy. Una formazione che dopo quattro dischi rimane invariata(alcuni membri erano già assieme in un gruppo Triple X chiamato L.A.P.D.), aperta in ogni caso a collaborazioni esterne (anche se i musicisti dei Korn non hanno gruppi paralleli), in ambiti che vanno dal rock estremo all’hip hop (che dal secondo disco diventerà influenza capitale). La figura più imponente è senza dubbio quella del cantante, un personaggio bizzarro con trascorsi da assistente a medici legali, impiegato di pompe funebri, classico esemplare di ragazzino incompreso, depresso e un po’ psicotico che i Nirvana hanno dimostrato essere stereotipo vendibile. Un cantante che di metal non vuole sentir parlare (rifiuterà un concerto con Bruce Dickinson perché “Bruce è troppo metal”), molto più interessato alle contaminazioni con un pop britannico, che pian piano inghiottirà sempre più il suono sbilenco e malato del gruppo.

L’esordio discografico, un disco da un milione di copie, sarà del 1994, porterà il nome del gruppo. Life Is Peachy esce nel 1996, a poco più di un anno di distanza. Sono questi due gli album capitali del gruppo di Bakersfield, a cui seguiranno i più “commerciali” Follow The Leader (il titolo è una provocazione per tutti i gruppi che bene o male ne hanno imitato il suono) del 1998 e Issues, che esce alla fine del ’99.

Venire a contatto con i Korn è probabilmente stata l’esperienza più destabilizzante e positiva che avrebbe potuto esserci per i ragazzi nati tra la fine dei ’70 e i primi ’80, gente che probabilmente ha vissuto il grunge come una moda, così come il seguente processo di esplosione di hip hop e punk di derivazione pop. Probabilmente mancava un vero e proprio fenomeno destabilizzante, un rock mai sentito, nel quale identificarsi. La musica dei Korn è quella della società occidentale postmoderna: un rumore di fondo angosciante, industriale, caratterizzato da ritmi pazzeschi, molto spesso sincopati (scuola Primus, se vogliamo, fatte le dovute differenze di contesto), che supporta una musica figlia di mille culture. Individuare le singole influenze nel suono dei Korn è praticamente impossibile... si potrebbe parlare di tecnica hip hop sperimentale in fase compositiva, forse: l’idea di un taglia e cuci, il concetto di campionamento (suonato, non post attraverso le macchine) come struttura portante. Un pugno in faccia ad ogni concezione precedente del rock, compresa quella più crossover: fino ad allora il crossover era stato un processo di unione di schegge culturali all’interno di un suono chiaramente rock. Qui la musica perde ogni suo legame con i movimenti culturali che l’hanno generata.

 

Fin troppo, verrebbe da dire. Cominciano ben presto a nascere schiere di imitatori, ma la comunità metal non si riconosce nei solchi dei dischi dei Korn. Lo stesso gruppo non aiuta: le dichiarazioni dissociative dal metal si sprecano, la band si sente molto più vicina ad altri generi, a partire dal tanto bistrattato hip hop (i Cypress Hill, a ragion veduta, sono una delle principali influenze per i Korn). A tutt’oggi la comunità metal è divisa tra chi pensa che i Korn abbiano salvato il metal, chi sostiene che l’abbiano snaturato e rovinato, chi sostiene che sono del tutto ininfluenti. La risposta alla domanda, probabilmente, non esiste. Se da una parte la musica è sicuramente pesante e violenta, dall’altra si distacca da ogni ortodossia del metal. È innegabile al contrario l’ascendente che i Korn hanno sulla maggior parte dei gruppi heavy che escono allo scoperto oggigiorno: indubbio il fatto che siano un modello, a cui ogni band “nu metal” si avvicina o da cui si distacca. Ad ognuno il compito di dare una definizione ai Korn.

 

 

Discografia

 

I Korn hanno inciso quattro dischi.


 

 

 


KORN (1994)

L’esplosione al suono di Blind, Ball Tongue, Shoots And Ladders, Faget, Daddy. Non un pezzo sbagliato, una visione d’insieme scura come l’inferno, un sound che tocca il sud dell’inferno con un dito, contaminato da un hip hop che non diventa mai rap e da una sorta di concezione industrial dei Nirvana. Jonathan Davis, improbabile maestro di cerimonie griffato Adidas, canta come può, cercando di dare un senso alla sua follia. Produce Ross Robinson, che scurisce tutto quel che può.

 

LIFE IS PEACHY (1996)

Ancora Robinson alla regia, che però rivede il suo ruolo e cerca di trovare un sound scarno ed essenziale nel quale si fortifica l’elemento crossover del gruppo, fatto di ritmiche sbilenche, esplosioni di violenza, cantati psicotici. Il riassunto dell’album è il pezzo d’apertura, Twist, 50 secondi di pura e semplice psicosi metallica. Tutto il resto è un insieme di torture sonore che al primo ascolto è impossibile decifrare. Impossibile tirare fuori dei singoli da un lavoro così eterogeneo e imprescindibile in ogni suo episodio, anche se poi una canzone come A.D.I.D.A.S. diventerà piuttosto famosa attraverso un video oltremodo macabro.

 

FOLLOW THE LEADER (1998)

La prima cosa che cambia è a sponsorizzazione: Jonathan e compagnia passano da Adidas a Puma (due case che tra l’altro hanno avuto discordie passate), e proprio attraverso una serie di spot accompagnati da Freak On A Leash i Korn sfondano definitivamente nel mainstream. Si comincia a parlare di svariati milioni di copie, dischi che raggiungono le case del pubblico “generico”. I Korn, nel frattempo, hanno lisciato il processo compositivo, cominciato a comporre canzoni vere e proprie (ottime canzoni, ad onor del vero), che cominciano tra l’altro a perdere in follia e pesantezza. Rimane la qualità indiscutibile del songwriting, l’originalità di un suono che ancora non è stato eguagliato (Follow The Leader è un titolo piuttosto pretenzioso, ma tutto sommato legittimo). Una nota: il produttore Ross Robinson, in pratica un membro della band, viene accantonato al ruolo di “vocal coach” di Jonathan (parole del cantante). La produzione, infatti (passata attraverso mille vicissitudini) risulta molto più “allineata” con i canoni del metal di oggi.

 

ISSUES (1999)

L’ultimo parto del gruppo è un disco piuttosto controverso: la solita pubblicità Puma accompagnata da Make Me Bad fa conoscere i Korn ad un pubblico ormai oceanico, ma il disco ha del tutto perso le caratteristiche di psicosi che caratterizzavano i primi due lavori.Quello che si può dire a favore di Issues è che ha l’indubbio coraggio di eliminare l’hip hop dalla sfera delle influenze nel momento in cui il rap metal dei Bizkit è diventato il nuovo mainstream, ma i pezzi (sebbene sempre e comunque buoni) cominciano ad assomigliarsi, non creano l’idea di un vero e proprio disco, quanto di una semplice raccolta di canzoni.

 

TUTTO IL RESTO

I Korn, nella persona di Jonathan Davis, sono anche i fondatori di una nuova label, Elementree, che si occupa di nuovi gruppi nu metal. Primi protetti dell’etichetta, gli ormai famosi Orgy, (il cui leader Jay Gordon è tra l’altro diventato un produttore di successo), titolari di un suono che interpreta il nuovo crossover in chiave completamente elettronica. Oltre a loro, realtà di ottimo valore come Videodrone e Deadsy arricchiscono il carnet di un’ottima label ancora agli inizi.

Oltre alla label e ai dischi a nome Korn, vanno annoverate per dovere di cronaca le molte collaborazioni dei Korn a colonne sonore, tributi e raccolte. In primo luogo l’esperienza Spawn, per la cui colonna sonora i Korn hanno composto un brano assieme ai Dust Brothers (misteriosi personaggi di importanza capitale nel mondo dance e hip hop: produttori di Paul’s Boutique dei Beastie Boys, autori in proprio della colonna sonora di Fight Club), che risulta un particolarissimo incrocio trip/metal. Jonathan Davis ha partecipato inoltre ad un tributo a Lynn Strait, a Significant Other dei Limp Bizkit, nonché all’ormai leggendario Roots dei Sepultura.

 

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