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SEPULTURA

 

Max e Igor Cavalera erano due fratelli con un’unica passione musicale. Capita in tante famiglie, ma in Brasile nel 1984 ascoltare metal estremo voleva dire volersi male. I dischi arrivavano con grande fatica, specie in una città come Belo Horizonte. Il fatto di ascoltare quella robaccia in un paese che della samba aveva fatto la propria bandiera, voleva dire già di per sé mentalità ribelle e sovversiva, e un sacco di buona volontà. Mettere su una band con qualche proposito serio, poi, era puro masochismo. Amen, per così dire. Facciamolo. Igor si siede dietro ad un cesso di batteria, Max imbraccia un cesso di chitarra. Paulo Jr. al basso, Jairo alla prima chitarra: la prima formazione dei Sepultura risale al 1984, quattro ragazzi che vengono da una favela innamorati di thrash metal e hardcore punk. A quei tempi la sfida più eccitante in campo estremo era trovare il punto d’incrocio tra le due musiche, la sintesi perfetta.

 

Il primo parto del gruppo è Bestial Devastation, parte di uno split in comproprietà con un gruppo di nome Overdose. Il suo significato è per lo più storico: si tratta di una testimonianza della primissima scena brasiliana di questo tipo. Tra le varie vicissitudini, da segnalare il fatto che il tizio al mixer era un produttore specializzato in musiche tipo samba ecc. I Sepultura dovranno fargli ascoltare i Venom per dimostrare che ci siano gruppi del genere in circolazione. A livello artistico, Bestial Devastation viene considerato piuttosto debole dagli stessi componenti, anche se un giornalista inglese (che lo recupera più o meno per caso) avrà da spendere buone parole sul gruppo.

 

Il 1985 è l’anno di pubblicazione di Morbid Visions, secondo lavoro dei Sepultura. Un gruppo ancora piuttosto confuso e inesperto, se vogliamo, ma che realizza un disco senza dubbio interessante. Tra gli altri ammiratori di Morbid Visions, spicca il chitarrista di un gruppo metal chiamato Pestilence, Andreas Kisser: lo giudicherà il passo più importante per il metal brasiliano fatto fino ad allora. Sarà proprio lui a sostituire nel 1987 Jairo alla chitarra solista, inaugurando quella che è la formazione indiscutibilmente migliore dei Sepultura. Primo prodotto dei nuovi Sepultura, Schizophrenia, nel 1987. Un disco prodotto, suonato e curato molto meglio della media dei lavori brasiliani dell’epoca, una vera e propria pietra miliare, che contiene i primi pezzi mitici della band (compresa una reincisione di Troops Of Doom, presente nell’album precedente), ancor oggi suonati dal vivo. Tra le altre cose, si intensifica la carica politica dei testi di Max, segnati da un grido di denuncia sociale contro un sistema sociale vessatrice come quello brasiliano. Certo che le condizioni dell’epoca (in tutta l’America Latina gli anni ’80 sono un periodo di crisi economica nerissima) non aiutano la cooperazione e l’armonia nel paese, e l’ordine è tenuto da una polizia violenta (che più volte fermeranno i concerti della band su basi futili).

 

Ai tempi di Schizophrenia, Max Cavalera viene inviato, come rappresentante del gruppo, negli Stati Uniti, a cercare contatti che potrebbero rivelarsi preziosi per la band. La Roadrunner viene così per la prima volta a contatto con Schizophrenia e con i Sepultura, che verranno ingaggiati dalla label per il disco successivo.

Beneath The Remains è il primo disco Roadrunner dei Sepultura, oltre che il primo disco prodotto da qualcuno che realmente ci capisse del suono estremo. Scott Burns, nella fattispecie, il produttore simbolo del suono Earache, tanto per dirne una. Un disco del quale cominciano a parlare in giro, potente come pochi altri all’epoca. Si comincia a girare per i festival importanti, il nome Sepultura diventa un nome importante tra quelli delle retrovie. Siamo nel 1989.

 

Due anni dopo è la volta del monumentale Arise, il vero e proprio disco della svolta. I Sepultura rimangono in tour due anni, affermano il loro nome accanto a quello dei maestri del genere, spaccano tutto quel che c’è da spaccare a livello internazionale (i Sepultura dal vivo vanno oltre ogni limite), diventando in pratica i principali vessilliferi della scena estrema brasiliana. D’altra parte il gruppo non nasconderà mai il suo strettissimo legame con la terra d’origine e la sua volontà di affermarsi come esempio di ciò che può essere una scena mondiale che tenga conto di paesi del terzo mondo. Gli stessi Sepultura cominceranno tours che toccheranno le parti più disparate del globo. Tornando all’album, nulla si può dire che non possa essere spiegato dalla title-track, il muro di suono più spesso che si potesse trovare ai tempi. Arise è un disco importante, non solo per i Sepultura, ma per la scena metal intera. È uno di quei dischi che segnano il progresso di un intero genere.

 

Chaos A.D. è un disco che risente molto dell’orgoglio terzomondista di un gruppo come i Sepultura. Il gruppo comincia ad entrare nel vero business musicale, diventa uno dei principali gruppi metal a livello sia artistico che commerciale. Non certo snaturando il proprio suono: i pezzi di Chaos A.D. (menzione d’onore per la splendida Territory) sono potenti, fieri e ben urlati da un Max Cavalera in stato di grazia, anche a livello di testi. Il resto della band, tra l’altro, è anche meglio. Igor comincia a trasformare la sua batteria in una sorta di tam tam, che sarà la base concettuale di Roots, il disco successivo. Sempre più schierati, i Sepultura non lasciano spazio ad equivoci nell’ambientare i video dei singoli che escono da Chaos in piazza Tien An Men e nei territori palestinesi occupati.

 

Chaos A.D. si rivela, nel 1996, solo il primo timido passo di un processo di rinascita dei Sepultura che li porterà (nel momento in cui radicano le vite negli Stati Uniti) a fare uscire un disco come Roots, a tutt’oggi il loro capolavoro. Il modello Sepultura è ormai lontano definitivamente da canoni Slayeriani (ci fu ai tempi una violenta schermaglia verbale tra i losangelini e la band di Belo Horizonte, che chiaramente era comunque debitrice di Jeff Hannemann e soci), ed in generale da una scena metal estrema che al tempo è scossa da gruppi come Pantera e Machine Head. L’inedito crossover dei Sepultura prende il metallo e lo sporca, lo lega indissolubilmente ad un incedere tribale (ospite principale del disco è Carlinhos Brown, famoso percussionista brasiliano che tra l’altro in seguito salirà sul palco dio Sanremo ad accompagnare Jovanotti – il che vuol dire che Lorenzo e Max hanno qualcosa in comune?), a percussioni pressanti ed ossessive. Prodotto da Ross Robinson (un ragazzo che è uscito allo scoperto con i Korn) ed edito dalla solita Roadrunner (dopo che Epic aveva pubblicato Chaos negli USA), Roots si impone come campione di vendite (quinto posto in classifica anche in Italia, una cosa che fa un po’ cagare addosso dal ridere, a sentire l’album) ed impone i Sepultura nel giro del rock non solo metal. Saranno protagonisti, oltre che della prima edizione dell’Ozzfest, anche di una serie di festival storici europei “non a tema”. Ogni cosa nei Sepultura fa gridare al miracolo, in questo periodo. Gruppi di ogni scena se ne fanno incondizionati ammiratori.

 

Se lo chiedevi ai quattro, il segreto dei Sepultura era l’alchimia che nasceva dal fatto che fossero proprio Max, Igor, Andreas e Paulo a suonare insieme. Si cominciano a creare paragoni tra i Sepultura e le tribù Xavantes amazzoniche (d’altra parte per Roots la band registra il canto della tribù e lo mette nel disco), fino alla creazione di una ipotetica “Sepultribe”, ad indicare lo stuolo di addetti ai lavori e fan che girano attorno al nome Sepultura. Questo accade nell’anno e mezzo che va tra la pubblicazione di Roots e la crisi che nasce all’interno della band. Come nei peggiori drammoni hollywoodiani, sarà una donna a portare discordia.

 

Nel 1990, il gruppo suona con i Sacred Reich in uno dei primi tour statunitensi della band. La manager dei Sacred Reich è Gloria, che comincerà da quell’occasione un processo di avvicinamento alla band. Da qui a diventare manager del gruppo (visto e considerato il livello non proprio elevato dei manager precedenti), il passo è breve. La band, dapprima, è completamente soddisfatta di quello che Gloria riesce a tirare in piedi, ed il nome dei Sepultura comincia ad allargarsi a macchia d’olio senza perdere un grammo di potenza e credibilità (cosa molto rara, nell’ambiente). Tra le altre cose, Gloria e Max si sposeranno. Da quel momento in poi, però, a detta soprattutto di Andreas, Gloria comincerà a gestire le public relations dei Sepultura in modo non paritario, agendo a favore di Max più che del gruppo nella sua interezza.

Nel momento in cui il figlio di Gloria, Dana, muore in un incidente stradale (lasciando sconvolti Gloria e lo stesso Max, che in tutti i suoi lavori successivi metterà una dedica al ragazzo), Igor, Andreas e Paulo decidono di non rinnovare il contratto con Gloria. Lasciando stare i toni da operetta e le accuse vicendevoli, capita semplicemente che Max lasci il gruppo. A livello teorico, l’abbandono di un membro (magari condito dal veleno e dalle invidie di circostanza) è cosa più che legittima dopo 10 anni di formazione in pianta stabile. Il fatto che i Sepultura abbiano chiamato in causa l’indivisibilità, le storie sull’alchimia e sul tribalismo come motore del gruppo, diventa una questione ideologica per i fan. Possono esistere i Sepultura?

 

Il comportamento più scorretto, probabilmente, è proprio quello di Max: se ne va sbattendo la porta, accusa i compagni di violare un giuramento, è il primo a disputare sulla legittimità del nome Sepultura. Fa parlare e parla di sé da subito, immediatamente dopo lo split mette in piedi un gruppo che in pratica è il suo progetto solista, i Soulfly. Il disco d’esordio del gruppo ha il senso di rivalsa come motivo portante.

 

Pare che i Sepultura, da parte loro, si siano rintanati in studio fin dal giorno dell’addio, con Andreas alla voce, a cercare di risorgere dallo scandalo “più belli che prìa”. Dopo i primi tentativi, però, Andreas si sente poco adatto al ruolo di cantante. Cominciano i contatti in giro per l’America e oltre volti a trovare un cantante adatto ai nuovi Sepultura. Alle audizioni partecipano anche nomi molto noti nell’ambito metal e hardcore, a partire da Chuck Billy. Ed anche un ragazzo italiano amico di Igor, Alex Guadagnoli (ex membro della death metal band Electrocution e oggi chitarrista per gli Addiction, gruppo tra i più quotati della scena post metal italiana). La scelta ricade però su un personaggio di fama piuttosto limitata, Derrick Green. Costui, ex cantante di Outface (gruppo HC new school di poca importanza), se ne va immediatamente in Brasile a registrare Against. La band non dirà una parola alla stampa fino all’uscita del disco. Quando arriverà il momento, non avrà parole tenere per quello che Max aveva detto nel frattempo.

 

Mettendo a confronto i due dischi, però, la superiorità del progetto di Max appare da subito chiara: i Soulfly del resto entrano nel giro da protagonisti, con un album più aperto sia alle radici dischargiane che alle contaminazioni tribali, seppure molto meno a fuoco rispetto a Roots, soprattutto a livello produttivo (cosa strana, visto e considerato che alla produzione c’è Ross Robinson). Against è più o meno un disco “alla Sepultura”, ma paga probabilmente lo scotto di un cantante non proprio immerso nel proprio ruolo, molto meno sciolto di Max. A parte questo, c’è da sperare bene per il futuro: i secondi album di Soulfly e Sepultura segnano in entrambi i casi un miglioramento delle bands.

 

La cosa è di scarso conforto. Qualsiasi fan del gruppo, a ragion veduta, darebbe alle fiamme tutti i dischi che verranno dalle nuove formazioni per ascoltare un solo altro disco dei Sepultura in versione Max/Igor/Paulo/Andreas.

 

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