BOMBAY

Nel mondo catofilo un desiderio di novità prima o poi si realizza. Occorrono conoscenza, perseveranza, passione e idee chiare. Così è stato fino ad oggi per molte razze feline a pelo lungo, corto e semilungo o addirittura senza pelo. Andando avanti di questo passo chissà quante razze feline l'uomo riuscirà a creare. Proprio dì creazione estetica infatti sì tratta perchè in questi casi sì ottiene ciò che prima non esisteva e il tutto diventa un'operazione estetica.
Paragonare ad un artista colui che immette nel mondo un nuovo tipo di gatto può sembrare esagerato ma non lo è se pensiamo che grazie a lui, nella vita quotidiana esistono ora forme nuove, colori nuovi, senza eguali. Ciò può accadere grazie all'esistenza di una visione e di un desiderio per quel tipo specifico di gatto, non importa se bianco o nero, se mastodontico o dì formato mini importante è che soddisfi in pieno un ideale dì bellezza compatibile con determinati canoni felini.
La signora Nikki Horner, una allevatrice americana del Kentucky, più di una trentina dì anni fa decise di creare una “sua” propria razza, un gatto che oggi c'è, la possiamo vedere, toccare e anche possedere, il bombay. Quali sono state le motivazioni i valori, le qualità che ha voluto fissare? Certamente, al di là dì ciò che un gatto normalmente rappresenta, Nikki Horner ha voluto selezionare un gatto dall'aspetto selvaggio, che ricordi i grandi felini e il loro habitat la giungla. Il bombay è così diventato l'incarnazione simbolica della pantera nera, spirito della notte, dal colore che non esiste perchè compenetrato nel buio tanto da rendere invisibile la sua figura.
Proprio come la pantera, il bombay è elegante e splendidamente proporzionato, si muove con passo felpato e con la sinuosità tipica di un vero felino domestico. Il suo mantello, più nero dell'ebano, è così uniforme fino alla radice dei peli e così luccicante al punto da essere definito di "vernice". I suoi occhi dorati, più arancioni del sole al tramonto, paiono alimentati da una luce interna messa lì per illuminare la testa dai tratti graziosamente cesellati.
Occhi d'oro, mantello nero, due colori che sì armonizzano bene ma hanno un che di forte, di solenne, che ci inquieta. Ed ecco che il bombay non è solo quel gatto nero ma diventa un essere speciale che restituisce visivamente ricordi, visioni, testimonianze.
La nostra mano si attarda ad affondare le dita in quel mantello così nero per timore di trovarsi all' improvviso tra liane e mangrovie nella buia penombra di una giungla dove il silenzio è rotto dal grido del pavone. E' solo un attimo che passa presto, per tornare alla realtà di un dolce gatto affettuoso che nulla ha da invidiare al miglior gatto da compagnia. Eppure oggi c'è chi appena vede un gatto nero cambia strada e fa gli scongiuri. Certo così scuro, così misterioso, con quegli occhi brillanti e fosforescenti un po' di soggezione la incute. Ma siamo o no nel duemila? Qualche dubbio è legittimo. Forse il tempo trascorre, il progresso tecnologico fa passi da gigante ma lo scibile umano fatica a tenere il passo.
Nel Medio Evo il gatto nero era considerato un agente diretto del demonio e come tale perseguitato, torturato e ucciso insieme alle streghe, esseri malefici che dovevano essere bruciati al rogo perché simboli del male. Si era arrivati al punto di credere fermamente che lo stesso Belzebù avesse creato i topi per dare da mangiare al suo pupillo gatto e le malattie che essi causavano altro non erano che il frutto del demonio e della sua malvagità.
Il gatto quindi portava sfortuna e, quello nero, più degli altri. Siamo però nel 1300, quasi sette secoli fa. E oggi? Ebbene, ci crediate o no, esiste ancora qualcuno che la pensa così e si allontana il più possibile dalla vista di un gatto nero onde evitare tremende disgrazie: la superstizione non è scomparsa.
Fortunatamente negli ultimi decenni, nei paesi civilizzati, laddove la cultura felina ha avuto una rinascita non si pensa più in negativo dì un mantello “nero”, al contrario, lo sì apprezza per la sua brillantezza ed uniformità di colore. Inoltre, cosa ancora più importante e significativa, il gatto viene amato per il suo duplice ruolo di indubbia utilità  e compagnia. Ci ridiamo sopra, dunque, al gatto nero, siamo esseri razionali.
 E facciamo anche di più, ci complimentiamo con Nikki Horner per aver creato il Bombay aggiungendo un altro gatto nero, speciale oltretutto, alla già vasta gamma dì gatti neri impostici da madre natura.
Quando il nostro bombay si aggira tra le pareti domestiche o tra le piante e le finte rocce dì un giardino riceviamo un messaggio esotico; non possiamo fare a meno dì visualizzare un mondo lontano, la giungla, con la buona Baghera la pantera nera che noi da ragazzi, avremmo tanto voluto vedere e toccare!

ORIGINE
Verso la fine degli anni 50 Nikki Horner accoppia una femmina di burmese zibellino con un maschio dì american shorthair, razze da lei già da tempo allevate con successo,  proprio con l'intenzione di ottenere un burmese “nero” anziché marrone e con occhi di rame anziché gialli. Il risultato fu però deludente: i cuccioli somigliavano ai normalissimi gatti americani e niente dì più.
Fece un altro tentativo, questa volta  accoppiando una femmina american shorthair con un maschio burmese zibellino.
Stessi   risultati deludenti. I mici  nati da questi accoppiamenti costituirono però le basi di   partenza per realizzare il suo  progetto.
Le prime generazioni incominciavano ad avere  un aspetto soddisfacente ma non ancora quello voluto.
Occorsero anni di selezione e di duro lavoro e finalmente ecco spuntare  i primi esemplari di "pantera " da salotto che la signora decise di chiamare bombay perché in India il gatto nero viene considerato portatore di benessere e propiziatore di gioia.
Nonostante la nuova razza riscuotesse un  immediato successo di pubblico, occorsero ben 18 anni a Nikki Horner per farla accettare ufficialmente in concorso dal CFA (Cat Fancy Association) prima associazione felina a riconoscerla nel 1976-.
Poco dopo anche la TICA (The Internationale Cat Association) e il CFF ( Cat Fancy Federation) riconobbero questa razza seguite da ogni altra associazione americana.
 In Europa il bombay è riconosciuto dai molti club indipendenti esistenti soprattutto in Francia Olanda e Belgio dal WCF ( World Cat Federation) e di riflesso dalla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Feline) e dall'AFII (Associazione Felina Italiana Indipendente). E' comunque considerata una razza molto rara-.
Lo standard descrive  il bombay come un  gatto con caratteristiche specifiche che lo distinguono dalle due razze che lo hanno originato. E' un gatto a sè con una pelliccia particolarissima e tratti somatici e morfologici tipici. E' dì medie dimensioni, compatto e ben muscolato, inaspettatamente pesante per le sue dimensioni, armonioso nell'insieme. La testa è aggraziatamente rotonda, senza piani piatti sia visti di fronte sia di profilo. La punta del naso è dolcemente bombata, il che completa la rotondità complessiva della testa. Gli occhi, descritti come “monete di rame" sono grandi e rotondi e gli donano un'espressione dolce e aperta. Il muso si presenta corto e forte, le guance sono tonde e larghe con mento fermo, lo stop sulla canna è modesto e la fronte è rotonda ma non a cupola. Le orecchie sono di media grandezza, larghe alla base, punte lievemente arrotondate, allerta e leggermente inclinate in avanti. La pelliccia è corta, serica sottile al tatto e molto compatta. Il colore è solo nero intenso dalla punta alla radice. La vera peculiarità del bombay sta nella lucentezza del mantello ( deve sembrare pelle lucida). Nell'universo felino infatti non esiste razza con tale caratteristica.
Con la pantera nera ha soltanto in comune l'agilità e lo sguardo felino e ovviamente il pelo "nero assoluto". Al contrario, il bombay è un animale super-casalingo ideale per la vita in appartamento che ha fatto diventare la sua piccola foresta. L'istinto predatorio gli è rimasto ed è per questo che ficca il naso dappertutto, a caccia di ogni più piccola  curiosità e novità in movimento. Ama molto giocare e proprio attraverso il gioco lo si  può facilmente addestrare approffittando soprattutto della sua tenera età, ad eseguire esercizi che si riveleranno molto utili quando sarà adulto. La sua passione sono le carezze che contraccambia con incredibili effusioni consolidando così un vero e proprio rapporto idilliaco con il padrone. Evidentemente è riuscito a conservare il carattere bonario del simpatico american shorthair. Del burmese invece gli è rimasto il desiderio di comunicare con le persone che ha accanto con una vasta gamma di vocalizzi che esterna però in maniera pacata, con toni lievi e poco insistenti. Oltretutto non richiede cure particolari: una carezza o una spazzolata, giusto per rimuovere il pelo caduto e un po’ di lievito dì birra nella dieta per  mantenere la lucentezza del pelo. Se il bombay  deve partecipare a qualche esposizione è necessario togliere quei rarissimi peli bianchi che si mischiano tra i peli neri, cosa non difficile a farsi.-
A proposito dì colorazione del pelo, nei primi mesi dì vita  un  cucciolo ha un mantello con sfumature chiare o rossastre. Solo col passare del tempo diventa nero e lucente come richiesto dallo standard-. Un gatto docile, allegro e poco impegnativo dunque, che ben si adatta a persone amanti del gatto equilibrato con una parvenza dì umore selvaggio.