I panni
erano stesi davanti la porta.
La mamma badava alla piccola a letto con la "Russania"; papà ci aveva
portato in via Roma a vedere i Personaggi, fatto strano per lui che non perdeva una
giornata di lavoro. Mastro Nenè piallava tavole per le scasce da morto e piantava chiodi,
i suoi occhiali erano bianchi di segatura.
U zu Cola aveva chiuso il Salone e le sue sorelle lo cercavano a punta della Cantoniera di
via S. Martino.
Al Municipio, Don Atanasio, il sindaco si toccava l'orecchio mangiato e batteva il pugno
sul tavolo, stava perdendo i Personaggi; alle sue spalle lo guardava con aria dubbiosa il
Presidente Gronchi appeso alla parete; a Lillo caddero dei certificati e gli tremarono le
gambe, anche lui, con il pensiero volò in via Roma.
La giornata era strana, una sciroccata quarusa scendeva dalla Canneta, sfondo naturale del
palco conzato da qualche giorno davanti il cinema Odeon.
Si passava solo a piedi, canto canto il cunnuttu dell'Acqua da Chiana.
Un aprile dolcissimo, le campagne cacavano limoni, si zappava, i magazzini erano pieni, i
vagoni partivano carichi, ma quel giorno era tutto fermo, Ficarazzi si era bloccata, solo
don Pietro davanti alla privativa si passava la scimmia.
Pure don Ciro aveva fermato i bigliardi e Turiddu non tagliava capelli e non faceva
lavaggi.
Padre Vitellaro aveva lavato i piedi ai fedeli, le porte della chiesa erano aperte e
invitavano ad entrare, come i cherichetti che andavano per le vanelle con i
scrusci-scrusci e intonavano: - "Veni veni piccaturi, ca u Signuri ti voli
pirdunari!" - Mamma tv non aveva ancora fatto il pieno, Palermo sembrava lontana,
tanti valori erano ancora intatti: il lavoro, la campagna, la famiglia, la fedeltà,
l'amicizia e la fede per la chiesa era di granito.
Le prime rappresentazioni del "Il riscatto di Adamo" a Ficarazzi ebbero vita ai
primi del 900 e teatri naturali furono il Chiano dell'Aia, lo stradone di Merlo, ma quello
che colpì il popolo di Ficarazzi fu la recita attorno agli anni 60, in via Roma.
Quel giorno iniziò tutto, con un mattino caldo, le sedie erano tutte piazzate dal giorno
prima, una marea di sedie, tutte le sedie di Ficarazzi, di paglia, di legno, quelle che
don Agostino Falcone usava nei matrimoni; la gente arrivava a famiglie intere; si
portavano da mangiare con la truscia, mappine biancorosse a quadratini, con i tiani,
pistuluna, vastellona, bottiglie di vino, acqua per i picciriddi; frittate d'uova o
carciofi, odore di aglio e petrosino, melenzane, pane e panelle, tra un atto e l'altro si
mangiava e dietro le quinte i personaggi davano l'anima a Dio mangiando lattughe; alla
fine per l'ultima cena mancavano perché se l'erano mangiate tutte.
I personaggi scivolavano sotto un magro sole, fra due ali di folla sudata, rossa in viso,
una carica di passione battente; davanti stavano i diavoli, tinti con colori rosso
violento, saltavano e ballavano, mettevano paura ai bambini, tra loro riconobbi mio zio
Franco, era brutto!
Gesù portava la croce ed era seguito dal corteo con tutti i Personaggi del dramma;
dietro, in coda, la banda, una musica triste, profonda, ritmata, l'accompagnava,
annacandosi e barcollando come barcol-lava Gesù sotto il peso della croce.
La discesa del Castello assumeva toni molto drammatici; la sfilata iniziava tra i gradoni
di tufo della pietra d'Aspra, letteralmente muta la gente, il silenzio era rotto dallo
scalpiccio dei sandali dei soldati romani dalle gambe nude.
Arrivato sul palco iniziava il dramma il processo, la sentenza che è la nostra storia, la
nostra vita, il nostro essere.
Gesù era il Professore Giallombardo che si calava nel personaggio fino a soffrirne
realmente, col viso stravolto, tirato, dal pallore bianco abbracciato alla Madonna, una
gentile sconosciuta, Mirella Podiani, figlia della levatrice romana che operò nel nostro
paese.
Il regista Lillo Domino non si risparmiava, si sbracciava e dall'alto della sua
personalità, uomo di cultura e gentiluomo di stampo antico contribuiva alla riuscita
dell'impegnosa recita.
Memorabili furono e rimasero indelebili per anni nella mente di tutti le recite di Giuda,
impersonato da Pietro Santospirito, il caro zù Pè, che carezzò l'onda della notorietà
nella parte del Maresciallo dei Carabinieri nel famoso film di Rosi "Salvatore
Giuliano". Un altro Giuda che voglio ricordare è quello dell'indimenticabile
Giovanni Sirchia, in una delle ultime recite a Ficarazzi del dramma di Filippo Orioles nel
1984.
Recentemente anche Pino Aurilio ha colpito in questo ruolo la fantasia del popolo
ficarazzese.
Lasciò una traccia nel tempo anche Matteo Aurilio, con un Pietro che faceva tremare
l'aria ferma di via Roma.
Anche lui oggi ancora sulla breccia recitando con tanti giovani al Largo Castello le
ultime via Crucis con Gesù impersonato dal bravo Modesto Lo Cascio e quest'anno vedrà il
piccolo Luca Aurilio rinverdire il ruolo di suo nonno Salvatore. Una menzione anche per il
caro Ciccio Cuccio, fu Anna, un sacerdote ebreo che anch'io timidamente interpretai anni
fa in una recita con la regia del mitico Nino Reina; e infine anche per Nino Bellone
indimenticabile Misandro.
Ritorno in via Roma, anni 60 il sole andava e veniva, coppole al vento africano, foulard
colorati, veli neri a proteggere chiome mediterranee, bambini che dormono tra braccia
stanche e abbronzate di mamme vestite di nero, di mamme che venivano dal dopoguerra, tempi
duri che ricordiamo con rimpianto e nostalgia, quando vediamo come va il mondo oggi. Io
sono costretto a chiudere, mi scuso per gli altri che non ho citato, ma ci vorrebbe un
libro per descrivere i personaggi di Ficarazzi che io ricordo tra un fischio del treno che
passava dietro il palco, un soldato romano che mangiava una lattuga, viso rosso rosso, un
signore grosso grosso che prendeva due sedie, un lampo e un tuono e il cielo che si
oscurava effetti scenici o naturali, e una grande voglia di fare pipì che mi accompagnò
per tutto il pomeriggio fino alla fine, quando tutti i personaggi salirono sul palco a
ringraziare quel mare di gente che per un giorno era rimasta ferma in un metro quadrato, a
piangere per Gesù che andava in croce per riscattare i nostri peccati
e il
mondo continua a
.
Giuseppe
Morreale |