COMUNE DI FICARAZZI

(Provincia di Palermo)

  PIANO REGOLATORE

Regolamento edilizio   

Regolamento edilizio

DOCUMENTAZIONE MINIMA COSTITUENTE I PROGETTI DEI DIVERSI TIPI DI INTERVENTO  

MODALITA' DI PROGETTAZIONE E COLLAUDO DELLE STAZIONI RADIOBASE DI TELEFONIA CELLULARE  

 

DISPOSIZIONI APPLICATIVE IN MATERIA DI ABBATTIMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE IN EDIFICI SEDI DI ATTIVITA’ RICETTIVE E DI PUBBLICI ESERCIZI  

 

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capitolo I : NATURA, OGGETTO E CONTENUTI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO

Art. 1

Natura del Regolamento edilizio

1.1         Il presente Regolamento, redatto ai sensi dell’art. 33 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, è atto normativo le cui prescrizioni hanno i caratteri della generalità e dell’astrattezza e sono finalizzate sia ad obiettivi di pubblico interesse quale l’ordinato sviluppo edilizio in rapporto alla funzionalità, all’igiene, all’estetica ed alla tutela del valori architettonici ed ambientali, sia alla tutela di interessi privati mediante la regolamentazione dei rapporti di vicinato.

Art. 2

Oggetto del Regolamento Edilizio

2.1         Oggetto del presente Regolamento è la disciplina delle materie speci­ficate al­l’art. 33 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, delle altre mate­rie demandate al Regolamento Edilizio da di­sposizioni con forza di legge nonché delle ulteriori materie che, anche con ca­rattere emi­nen­temente lo­cale, abbiano atti­nenza con l’attività edilizia, con il de­coro e l’i­giene cit­tadina, con la tutela dei valori am­bientali ed archi­tet­tonici del ter­ritorio comu­nale.

Art. 3

Contenuto del Regolamento Edilizio

3.1         Il presente Regolamento contiene :

a)   disposizioni di carattere obbligatorio desunte da norme di livello nazionale o re­gio­nale esplici­ta­mente prevalenti su quelle di livello comunale nonché ri­feri­menti e ri­mandi a dette norme pre­va­lenti;

b)   disposizioni desunte da norme di livello nazionale o regionale che non pre­val­gono di­ret­ta­mente sulle norme locali;

c)   riferimenti e rimandi a norme di livello nazionale o regionale che  pre­val­gono di­ret­ta­mente sulle norme locali;

d)   disposizioni obbligatorie di natura ed interesse eminentemente lo­cali, le­gate alle pro­blema­tiche ur­banistiche ed edilizie proprie del territorio di Ficarazzi ed alla loro ordi­nata organiz­za­zione e ge­stione;

e)   linee guida finalizzate ad orientare la progettazione o l’esecuzione di de­ter­minate at­ti­vità edi­lizie;

f)    allegati relativi a specifici aspetti regolamentari, metodologici ed interpre­tativi della vi­gente disciplina edilizia ed urbanistica.

3.2         Le disposizioni, o i riferimenti e rimandi, di cui alla lettera “a” sono ri­portate al solo fine della mi­glior completezza e comprensione del Regolamento, es­sendo tali norme obbli­ga­torie ed ope­ranti a prescin­dere del loro recepimento nella norma lo­cale. Esse pos­sono es­sere mo­di­ficate solo da atti di livello pari o su­pe­riore al provvedimento che le ha isti­tuite. In tal caso la nuova norma deve in­ten­dersi in­tro­dotta nel presente Regolamento a farne parte in­te­grante in sosti­tu­zione di quella modifi­cata, anche in as­senza di esplicito atto di rece­pi­mento da parte del co­mune. Parimenti de­vono in­ten­dersi introdotte nel pre­sente Regolamento a farne parte in­te­grante le ulteriori di­sposi­zioni espli­ci­ta­mente prevalenti sulle norme locali che venissero ema­nate dopo la sua ap­provazione. Nel caso in cui ven­gano modi­ficate o sosti­tuite le norme di li­vello na­zio­nale e regio­nale richia­mate, anche in as­senza di esplicito atto di retti­fica da parte del co­mune, i riferi­menti ed i ri­mandi conte­nuti nel pre­sente Regolamento si inten­dono ri­feriti alla norma modi­ficata o sostitutiva.

3.3         Le norme di cui alla lettera “b” sono desunte da disposizioni nazionali e regio­nali che, non pre­va­lendo sulle norme locali, non potrebbero altrimenti trovare appli­ca­zione sul territorio comu­nale. Dette norme sono da considerarsi a tutti gli ef­fetti norme locali che non conser­vano alcun le­game con le disposizioni nazio­nali o re­gionali da cui sono de­sunte. L’eventuale modifica od in­tegra­zione di queste ul­time non ha pertanto alcun ef­fetto sulle norme del pre­sente Regolamento fino al mo­mento in cui il medesimo non sia modificato od inte­grato al fine di recepirle esplici­ta­mente.

3.4         I riferimenti ed i rimandi di cui alla lettera “c” sono riportati al fine di regola­men­tare spe­ci­fi­che ma­terie mediante altre ed autonome fonti normative di livello nazionale e regionale che altri­menti non trovereb­bero applicazione sul territo­rio comunale. Nel caso in cui ven­gano modificate o so­stituite le norme di li­vello na­zio­nale e re­gionale ri­chia­mate, i rife­ri­menti ed i rimandi conte­nuti nel pre­sente Regolamento, anche in as­senza di esplicito atto di re­ce­pi­mento, si in­tendono ri­feriti alla norma mo­dificata o so­stitu­tiva.

3.5         Le norme di cui alla lettera “d” sono proprie del presente Regolamento e non hanno al­cuna di­pen­denza, diretta od indiretta, da altre fonti normative. Dette norme ri­man­gono in vi­gore fino a quando non siano modificate con delibera­zione del Consiglio Comunale o su­perate da norme di li­vello supe­riore esplici­tamente prevalenti. Ogni parte del pre­sente Regolamento che non sia esplici­tamente ri­condu­ci­bile ai casi di cui alle lettere “a”, “b”, “c” ed “e” deve in­ten­dersi ri­con­dotto al caso di cui alla lettera “d”.

3.6         Le linee guida di cui alla lettera “e” sono proprie del presente Regolamento e non hanno al­cuna di­pen­denza, diretta od indiretta, da altre fonti normative. Dette linee hanno va­lore semplice­mente indica­tivo ed assumono valore pre­scrittivo solo nei casi in cui ciò sia espres­samente di­sposto dal presente Regolamento. Esse ri­man­gono in vi­gore fino a quando non siano modificate con delibe­ra­zione del Consiglio Comunale o superate da norme di livello su­pe­riore esplici­ta­mente prevalenti.

3.7         Gli allegati relativi a specifici aspetti regolamentari, metodologici ed interpreta­tivi della vi­gente disciplina edilizia ed urbanistica sono , contraddistinti con le lettere :

"A"   Documentazione minima costituente i progetti dei diversi tipi di in­tervento;

"B"   Modalità di progettazione e collaudo delle stazioni radiobase di tele­fonia cellulare.

“C” Disposizioni applicative in materia di Barriere Architettoniche in edifici sedi di attività ricettive e di pubblici esercizi.

 

Capitolo II :   CONCESSIONE EDILIZIA ED ATTI SOSTITUTIVI DELLA MEDESIMA

Art. 4

Atti abilitanti alla esecuzione di opere edilizie  

4.1         Nel rispetto di quanto prescritto dalla L.R. 37/85 e sue modifiche ed integrazioni,  gli atti abili­tanti alla esecuzione di opere edilizie, a se­conda della natura ed en­tità delle medesime, sono sog­getti:

a)      al rilascio della concessione edilizia;

b)      ad attestazione di conformità mediante deposito della denuncia di inizio attività di cui all'art. 5 oppure, ove questa non sia am­missibile, mediante il rilascio della autorizza­zione edilizia di cui all'art. 6.

4.2         I progetti da allegare agli atti di cui al primo comma debbono es­sere costi­tuiti dai do­cu­menti pre­scritti dal presente Regolamento in fun­zione del tipo di inter­vento che si in­tende ese­guire.

Art. 5

Soggetto competente al rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie

5.1         Ai sensi dell’art. 51 della L. 142/90, il soggetto cui compete il rila­scio delle con­cessioni ed au­to­rizzazioni edi­lizie è il Direttore della Direzione Urbanistica.

5.2         Il presente Regolamento stabilisce i casi nei quali il soggetto di cui al comma pre­ce­dente, prima di pro­nunziarsi sulle richieste di con­ces­sione edilizia, deve ob­bli­ga­to­ria­mente chie­dere il parere delle Commissioni Consultive di cui al suc­cessivo art. 14, fermo re­stando che detto pa­rere non è mai obbli­ga­torio per le opere sog­gette a de­nuncia di inizio atti­vità o ad autoriz­za­zione edilizia.

Art. 6        

Concessione edilizia

6.1         Opere soggette a concessione edilizia

6.1.1         Ai sensi dell'art. 1 della L 10/77 e dell'art. 36 della L.R. 71/78, sono oggette a concessione edilizia le opere che compor­tano trasformazione urbanisti­ca ed edilizia del territorio e più esat­tamente:

a)   gli interventi di nuova edificazione;

b)   la realizzazione di opere di urbaniz­za­zione primaria e se­condaria da parte di soggetti diversi dal Co­mune;

c)   la realizzazione di infrastrutture e di im­pianti, anche per pubblici servizi, che com­porti la trasformazione in via per­manente di suolo inedificato;

d)   la realizzazione di depositi di merci o di ma­teriali e la rea­liz­zazione di im­pianti per atti­vità produttive al­l’a­perto, che comporti l’e­secuzione di lavori cui consegua la tra­sfor­ma­zione permanente del suolo ine­difi­cato;

e)   gli interventi di ristrutturazione ur­ba­ni­stica, cioè quelli ri­volti a sosti­tuire l’esi­stente tes­suto urbanistico - edi­lizio con al­tro diverso, mediante un in­sieme sistema­tico di in­ter­venti edilizi, anche con la mo­dificazione del dise­gno dei lotti, degli iso­lati e della rete stradale.

f)    le addizioni volumetriche agli edi­fici esi­stenti non as­simi­late alla ri­struttura­zione edilizia.

6.1.2         Per le opere pubbliche dei Comuni, l’atto co­mu­nale, con il quale il progetto esecu­tivo è ap­provato o l’opera autoriz­zata se­condo le moda­lità previste dalla L.109/94 ha i me­desimi ef­fetti della concessione edili­zia. In sede di appro­va­zione del progetto si dà atto della sua con­for­mità alle pre­scrizioni ur­ba­nistiche ed edilizie, del­l’acquisi­zione dei necessari pa­reri e nulla osta o atti di as­senso comun­que denominati ai sensi della legi­slazione vi­gente, della con­formità alle norme di si­cu­rezza, sanitarie, ambientali e pa­e­sisti­che.

 

6.2         procedura per il rilascio e termini di inizio ed ultimazione dei lavori

6.2.1         La concessione edilizia viene rilasciata dal sog­getto di cui al comma 5.1 con le procedure previste dall’art. 2 della L.R. 17/94.

6.2.2         Nell’atto di concessione sono indicati i termini di inizio ed ul­ti­mazione dei la­vori, ri­spet­ti­vamente pari ad un anno e tre anni dalla data di rilascio. Ai sensi dell’art. 4 della L. 10/77, un pe­riodo più lungo per l’esecuzione dei lavori può es­sere con­cesso esclusiva­mente in conside­ra­zione della mole dell’o­pera da rea­lizzare o delle particolari caratteri­stiche tecnico-co­strut­tive ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui fi­nanzia­mento sia previsto in più esercizi finan­ziari.

6.2.3         Dell'avvenuto rilascio della concessione viene data co­muni­ca­zione al richiedente, specificando l'entità del con­tributo. Ove l'interessato non provveda alla corre­sponsione del contributo ed al ritiro della concessione entro un anno dalla data del rilascio, la concessione medesima de­cade e per l'esecuzione delle opere è necessario procedere a richiesta di nuovo atto abilitante; dell’avvenuta decadenza viene data co­municazione all’interessato.

6.3         Acquisizione di pareri nulla-osta ed altri atti di assenso - Convenzioni opbbligatorie

6.3.1         Fatte salve le casistiche definite da specifiche discipline di set­tore, la concessione edilizia viene rilasciata limitatamente ai meri aspetti edilizio-urbanistici di compe­tenza comunale e non esime l'interessato dal richiedere ed acquisire gli eventuali atti di assenso necessari per l'e­secuzione delle opere pro­gettate e di competenza di altre amministrazioni nonchè le eventuali ul­teriori autorizzazioni, anche di com­petenza comu­nale sempre­chè non essenziali per la valutazione del progetto, neces­sarie per il concreto esercizio dell'attività da in­sediare in con­se­guenza delle opere.

6.3.2         La mancata acquisizione di detti atti di assenso peraltro non costituisce ele­mento ostativo al rilascio della con­cessione, che viene rilasciata prescindendo dei medesimi.

6.3.3         Qualora l'interessato lo ritenga opportuno può richiedere pa­rere pre­ventivi su progetti di opere edilizie alle strutture tecni­che compe­tenti in mate­ria sanitaria ed ambientale, fermo re­stando che detto parere non è mai necessario per il rilascio della concessione edilizia. Per l'inizio di una attività produt­tiva restano fermi gli obblighi di cui all'art. 48 del D.P.R. 303/56 in tutti i casi ivi disciplinati.

2.2.1                  Il decorso del termine temporale per l’e­sercizio del potere di annul­lamento delle au­to­rizzazioni rilasciate ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 490/99, non co­stitui­sce condi­zione per il ri­la­scio della conces­sione edi­lizia. Nel caso in cui la con­ces­sione venga ri­lasciata prima che sia de­corso il ter­mine pre­scritto per l’e­sercizio di detto po­tere di annul­lamento, il fatto deve es­sere debitamente eviden­ziato nella con­ces­sione me­de­sima. In tal caso l’o­nere di accertare l’esito definitivo della pro­cedura in corso fa carico al con­cessiona­rio. Qualora l’auto­rizzazione ri­la­sciata ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 490/99 ve­nisse annullata, i lavori che ri­chiede­vano la medesima non pos­sono essere iniziati o, qualora già in corso, deb­bono es­sere immediata­mente sospesi.

 

6.4         Decadenza della concessione per mancato inizio dei lavori

6.4.1         Ove il concessionario non dia inizio ai lavori entro il ter­mine di un anno dal rila­scio della con­cessione, il soggetto di cui al comma 5.1 ne pronuncia la de­ca­denza. Con la no­tifica al con­cessionario del­l’av­venuta decadenza, la con­ces­sione viene a per­dere ogni validità e per l’esecuzione delle me­desime opere deve essere richie­sta una nuova concessione.

2.2.1                  All’eventuale nuova richiesta di concessione si appliche­ranno le norme gene­rali in ma­teria di concessioni edilizie, ivi com­presa la veri­fica di con­formità alla norma­tiva edili­zio-urbani­stica vigente al mo­mento del rilascio della nuova con­ces­sione.

 

6.5         Opere non eseguite nei termini di validità della con­cessione

6.5.1         Quando i lavori regolarmente iniziati non siano ultimati en­tro il termine di va­lidità della con­cessione, a secondo del caso ri­cor­rente, può procedersi alla proroga del termine di ultima­zione, al rinnovo della concessione oppure al rila­scio di una nuova concessione.

6.5.2         Il termine di ultimazione dei lavori indicato nella conces­sione edilizia può es­sere pro­ro­gato solo per fatti estranei alla vo­lontà del conces­sionario. Sono tali (e danno quindi diritto alla pro­roga del termine di ultimazione) i seguenti fatti :

a)   il sequestro penale del cantiere e la successiva ne­cessità di nego­ziare ex novo le condi­zioni dell’appalto;

b)   il provvedimento di sospensione dei lavori;

c)   la dichiarazione di fallimento dell’originario concessio­nario in caso di ac­qui­sto del bene dalla curatela del fal­limento;

d)   impedimenti derivanti da eventi naturali;

e)   situazioni particolari in cui deve essere assicurata la pro­se­cuzione di un ser­vi­zio con­temporaneamente al­l’esecu­zione delle opere e ciò non fosse pre­vedi­bile già al mo­mento della richiesta della concessione.

6.5.3         Ricorrendo uno dei casi di cui al comma precedente, il con­cessiona­rio può avan­zare, prima della dichiarazione di deca­denza della concessione, appo­sita istanza di pro­roga, cui do­vranno essere alle­gati i documenti atte­stanti la na­tura del fatto che ha pro­vo­cato il ritardo e la sua estra­neità alla vo­lontà del con­ces­siona­rio. La proroga viene ac­cor­data senza te­ner conto della confor­mità della concessione alla normativa ur­ba­nistico-edili­zia vi­gente al momento della pro­roga mede­sima.

6.5.4         La con­ces­sione edi­lizia è inoltre pro­rogabile, anche non ricor­rendo alcuno dei casi di cui al comma 6.4.2, quando le opere ancora da eseguire abbiano la consistenza quan­ti­tativa e qua­li­tativa della ma­nutenzione straor­dinaria. In tale even­tualità i termini tem­porali di vali­dità della con­cessione possono es­sere prorogati .

6.5.5         In ogni altro caso (oppure quando non sia avanzata l’appo­sita istanza di cui al comma 6.4.3) per l’esecuzione delle opere non ulti­mate nei ter­mini di vali­dità della medesima oc­corre proce­dere al rin­novo della conces­sione oppure al ri­la­scio di nuova con­cessione.

6.5.6         Può procedersi al rinnovo della concessione edilizia solo quando le opere an­cora da ese­guire risultino conformi alla normativa urbani­stico-edilizia al mo­mento vi­gente del rin­novo. In tal caso il conces­sio­nario deve pre­sentare istanza di­retta ad ot­te­nere il rin­novo prima che sia di­chia­rata la de­ca­denza delle concessione.

6.5.7         Quando la concessione non risulti prorogabile o rinnova­bile (o co­munque quando non risulti avanzata alcuna istanza di pro­roga o di rinnovo), il sog­getto di cui al comma 5.1 pro­nuncia l’avve­nuta deca­denza della con­cessione a suo tempo ri­la­sciata.

6.5.8         Con la notifica al conces­sionario del­l’avvenuta decadenza, la con­ces­sione ori­gina­ria viene a perdere ogni validità e le opere non po­tranno essere ulti­mate se non dopo che sia stata chie­sta ed ottenuta nuova ed apposita con­cessione edi­lizia in con­formità alla normativa urbani­stico-edilizia vi­gente al mo­mento del ri­lascio, se necessario previa con­for­mazione delle opere non ul­timate alla nor­mativa mede­sima.

Art. 7

Opere soggette ad autorizzazione

7.1         Opere da eseguire previa autorizzazione

e)                            7.1.1        Le opere che si possono eseguire previa autorizzazione sono quelli previsti dell'art. 5 della L.R. 37/85,modificato dall’art. 5 della L.R. 26/86, e si intendono integralmente riportate.

 

7.2         OPERE ESEGUIBILI MEDIANTE DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’

2.2.1                  Le opere eseguibili mediante denunzia di inizio attività sono normate dall’art. 9 della L.R. 37/85 e succ. modif. ed integrazione.

2.3              OPERE NON SOGGETTE A CONCESSIONE, AUTORIZZAZIONE O COMUNICAZIONE

2.3.1                  Le opere eseguibili senza concessione, autorizzazione o comunicazione, sono normate dall’art. 6 della L.R. 37/85e succ. mod. e int.

Art. 8

Varianti in corso d’opera

8.1         Alle opere in corso di esecuzione a seguito di concessioni o auto­rizza­zioni edili­zie non­ché di de­nuncie di inizio attività, è possibile apportare varianti in corso d’o­pera con le mo­da­lità e pro­cedure in­dicate al pre­sente articolo.

8.2         Ai sensi dell'art. 15 L.R. 37/85 integrata dalla L. 47/85, non è necessario alcun adem­pi­mento preliminare per eseguire in corso d'opera varianti che :

-     siano con­formi agli strumenti urbani­stici e ai rego­lamenti edilizi vi­genti e non in con­trasto con quelli adottati,

-     non comportino mo­difiche della sagoma o incremento della S.U.L. della costruzione;

-     non modi­fichino la destinazione d'uso delle co­struzioni e delle sin­gole unità im­mobiliari;

-     non comportino incremento del nu­mero delle unità immobiliari;

-     non necessitino del preventivo rilascio della autorizzazione di cui al­l'art. 151 del D.Lgs. 490/99.

8.3         Per gli immobili qualificati come beni culturali ed assog­gettati a vincolo ai sensi del D.Lgs. 490/99 (già L. 1089/39) non può proce­dersi alle va­rianti di cui al comma precedente se non dopo che il progetto sia stato espressamente approvato a norma dell'art. 23 dello stesso D.Lgs. 490/99.

8.4         Dette varianti sono eseguibili in qualsiasi momento sotto la diretta re­sponsa­bi­lità del Direttore dei Lavori e per le medesime sussiste esclusi­vamente l'obbligo di trasmettere al Comune il progetto del­l'o­pera così come effettivamente realizzata.

8.5         Qualora le varianti eseguite comportino un incremento del contributo, l'interessato dovrà proce­dere ai conguagli del caso prima degli adempimenti finali di cui al comma precedente.

8.6         Alle varianti che eccedono i limiti di cui al comma 8.2 si applicano le stesse disposizioni e procedure prescritte per l'atto del quale costi­tui­scono variante.

Art. 9

Accertamento di conformità ed altre forme di sanatoria

 

9.1          Si applica la legge regionale 37/85 integrata dalla L. 47/85, 17/94, e successive modifiche ed integrazioni.  

Art. 10

Opere da eseguirsi con procedura di urgenza

10.1       Potranno essere iniziate in assenza di concessione, autorizzazione o D.I.A. :

  le opere da eseguirsi su ordinanza del Sindaco per la tutela della pubblica inco­lumità;

  le opere che presentino documentabile carattere di necessità ed urgenza.

10.2       Nei casi di cui al comma precedente, entro 24 ore deve essere data comuni­ca­zione al Sindaco, me­diante lettera raccomandata, dell’inizio delle opere, specifi­cando na­tura ed en­tità delle me­de­sime nonchè le ragioni per cui si è reso neces­sario proce­dere con ur­genza. Nei suc­cessivi 15 giorni l'interes­sato prov­vede ad integrare la comunica­zione con regolare richiesta di autorizza­zione o concessione edili­zia op­pure con il deposito di denuncia di inizio attività in funzione del tipo di intervento ricorrente..

10.3       Alle disposizioni di cui al comma precedente può farsi eccezione per le opere non san­zio­nabili di cui al primo comma dell’art. 10 della L. 47/85 e cioè per le ese­guite in as­senza di autorizza­zione in dipen­denza di calamità naturali o di av­versità atmo­sferi­che di­chia­rate di ca­rattere ec­cezio­nale.

Art. 11

Progetti di opere edilizie: modalità e documentazione

11.1       Prescrizioni di carattere generale

11.1.1       Le domande di concessione e di autorizzazione edilizia, nonché le D.I.A., ven­gono re­datte sugli ap­positi moduli a stampa gratuita­mente forniti dal­l’Am­mini­stra­zione Comunale. Le domande de­vono essere corre­data dal pro­getto, co­sti­tuito dagli elaborati pre­scritti dal presente Regolamento in fun­zione di ciascun tipo di in­tervento.

11.1.2       Gli atti di cui sopra devono essere firmati, sin dal momento della pre­senta­zione, da chi ha titolo a ri­chiedere l'atto abili­tante  e da un tecnico abi­li­tato alla pro­get­ta­zione del tipo di intervento ricor­rente, il quale as­sume ogni re­sponsa­bilità re­la­tiva.

11.1.3       Il direttore dei lavori e l’assuntore dei medesimi, quando non indicati sin dal mo­mento della richiesta, devono essere no­minati prima del­l’i­nizio dei lavori. Le even­tuali so­stitu­zioni del direttore o dell’assun­tore dei lavori de­vono es­sere im­media­ta­mente comuni­cate per iscritto al soggetto di cui al comma  5.1, con­te­stual­mente, dal ti­tolare del­l'atto abilitante  e dagli interes­sati.

11.1.4       I progetti devono contenere tutte le indicazioni necessarie per po­terne valu­tare la con­for­mità al P.R.G., al presente Regolamento ed alla re­stante norma­tiva in mate­ria edili­zia ed urbanistica.

11.1.5       La documentazione minima costituente il progetto e le ca­rat­te­ristiche dei singoli elaborati sono prescritte nell’Alle­gato A al presente Regolamento. Dette prescrizioni po­tranno essere modificate in funzione di mutate esigenze operative e funzio­nali con motivata Determinazione del Dirigente del Servizio Edilizia Privata.

 

11.2       Progetti incompleti

11.2.1       Qualora il responsabile del procedimento accerti che la do­cumenta­zione è in­com­pleta o co­munque che la stessa non è sufficiente ai fini dell’e­same del pro­getto, provve­derà a ri­chie­dere all’interessato, una ed una sola volta, gli atti o ela­borati mancanti.

11.2.2       Nel caso in cui l’in­teressato non provveda alla integra­zione del pro­getto en­tro 120 giorni dal ricevimento della richiesta, si procederà al­l’ar­chiviazione della pratica. Qualora la natura o complessità degli atti ri­chiesti ad integra­zione lo giustifi­chino, su motivata richiesta del­l’inte­ressato potranno essere assegnati termini tem­porali mag­giori.

Art. 12

Obbligo di comunicazione per alcune opere non soggette a spe­cifici adem­pi­menti preliminari.

12.1       Le opere che, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 37/85 e succ. mod. ed int., non siano subordi­nate ad uno degli atti di cui ai precedenti art. 5, 6 e 7, po­tranno essere ese­guite senza al­cun adempi­mento preli­minare, fermo re­stando che anche per le medesime è richiesto l’in­tegrale ri­spetto della vi­gente disciplina edilizio-urbanistica, ivi comprese le eventuali prescri­zioni esecutive del pre­sente Regolamento.

Art. 13      

Contributo di concessione

13.1        La concessione comporta il pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, da stabilirsi con deliberazione di Consiglio comunale in applicazione delle disposizioni legislative vigenti al riguardo, salve le esenzioni o riduzioni previste per legge.

13.2        La quota di contributo commisurata all’incidenza delle opere di urbanizzazione deve essere corrisposta al Comune secondo quanto stabilito dalla vigente legislazione.

13.3        A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può richiedere di realizzare direttamente tutte o parte delle opere di urbanizzazione.

13.4        Qualora il Comune accetti la richiesta, determina il costo di tali opere, che può essere dedotto dal contributo di cui al comma precedente, se per lo stesso importo il richiedente consegni al Comune una corrispondente fideiussione bancaria insieme con l’atto con il quale si obbliga ad eseguire le opere di cui sopra.

13.5        Tale fideiussione può essere decurtata in corrispondenza delle fasi esecutive e a collaudo avvenuto delle opere stesse.

13.6     La quota di contributo relativa al costo di costruzione è determinata all’atto del rilascio della concessione ed è corrisposta in corso d’opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle opere.

13.7     A garanzia di tale versamento, prima dell’inizio dei lavori, il concessionario deposita una fideiussione bancaria concordata con il Comune pari all’importo, o quota-parte di esso, maggiorato della penalità massima prevista dalle leggi vigenti.

13.8     Tale fideiussione può essere decurtata nel caso di parziale pagamento del contributo di cui sopra.

 

Capitolo III : COMMISSIONE EDILIZIA E COMMISSIONE EDILIZIA INTEGRATA

Art. 14      

Commissioni Consultive della Amministrazione Comunale

14.1       Al fine di garantire la uniforme ed univoca applicazione della vigente di­sciplina urbanistica ed edilizia, incluse le norme del pre­sente Regolamento, delle previsioni dello strumento ur­banistico e di ogni al­tra norma che in­cida comunque sull’attività edilizia, vengono isti­tuite le se­guenti Commissioni Consultive :

              a)       Commissione Edilizia

              b)      Commissione Edilizia Integrata per il centro storico

Art. 15      

Commissione Edilizia

2.2                  La Commissione Edilizia è così composta :

La Commissione edilizia Comunale è composta da:

1)      dal Sindaco o Assessore delegato – Presidente;

2)      dirigente dell’U.T.C. o tecnico comunale dello stesso delegato;

3)      Capo servizio Igiene Pubblica AUSL  di Bagheria;

4)      Ingegnere scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;

5)      Architetto scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;

6)      Geologo scelto fra una terna proposta dall0organo professionale;

7)      Geometra scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;

8)      Agronomo scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;

9)      Perito industriale scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale.

15.2        Esercita le funzioni di segretario della C.E.C., senza diritto di voto; un dipendente comunale designato dal Sindaco; appartenente a categoria professionale non inferiore alla “C”.

2.3                  La nomina dei componenti dal n° 4 al n° 9 è effettuata dal Sindaco entro 60 gg. dal suo insediamento.

 

Art. 16

Durata della Commissione

16.1        La durata della C.E.C. coincide con il mandato del Sindaco che l’ha nominata e rimane in carica fino alla nomina della nuova. Nel caso in cui uno dei detti componenti cessi dall’ufficio per qualsiasi causa (dimissioni, revoca, morte), viene sostituito con le medesime modalità ed il sostituto resta in carica fino al termine del mandato del sostituto.

16.2        Il Sindaco opera la scelta dei suddetti componenti tra le terne di nominati proposte dai rispettivi ordini e/o collegi professionali che dovranno far pervenire le proprie segnalazioni entro 20 giorni dalla ricezione della richiesta; ove nel termine come sopra assegnato non pervenga la designazione richiesta, il Sindaco provvede autonomamente.

2.2                    Per aspetti di particolare importanza e/o complessità il Presidente può invitare all’adunanza, senza facoltà di voto, esperti di chiara fama nei problemi in trattazione.

 

ART. 17

Compiti della Commissione Edilizia Comunale

17.1        La Commissione deve esprimere parere:

a)      sulle proposte per la formazione e varianti del Piano Regolatore Generale, dei piani Particolareggiati, dei Piani di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare ecc;

b)      sulle proposte di varianti al presente Regolamento Edilizio e sue interpretazioni;

c)      su tutte le questioni di carattere urbanistico ed edilizio riguardanti il territorio comunale;

d)      sui progetti di opere e servizi pubblici,

e)      sulle richieste di concessione a eseguire le opere e i lavori di cui all’art. 4;

f)        sul rinnovo di concessioni se nel frattempo siano intervenute modificazioni della normativa vigente;

g)      sulle modalità e sui tempi di attuazione dello strumento urbanistico generale a norma delle leggi vigenti nazionali e regionali;

17.2        Il parere della Commissione Edilizia Comunale riguarda l’ammissibilità dei progetti anche sotto l’aspetto ambientale, paesistico e architettonico dell’opera progettata e tale parere non deve essere confuso con l’istruttoria dei progetti che è di competenza dell’Ufficio Tecnico Comunale.

17.3        Per i parere di cui agli artt. 10 e 11 della L.R. 24/7/97 n. 25, si rimanda alle disposizioni contenuti in detti articoli.

 

ART. 18

Funzionamento della Commissione Edilizia Comunale ed eventuale nomina di Sottocommissioni

18.1     La Commissione Edilizia Comunale si riunisce nella residenza municipale di norma una volta al mese ed in via straordinaria tutte le volte che il Presidente lo ritenga necessario.

18.2     La Commissione è convocata dal Presidente con invito scritto secondo la legislazione vigente in materia e comunque con un preavviso di almeno 2 giorni, contenente l’ordine del giorno.

18.3     Le adunanze  della Commissione edilizia Comunale sono valide quando intervengono ad esse almeno la metà più uno dei componenti. Per la validità delle adunanze è comunque necessaria la presenza del Presidente.

18.4        I pareri debbono riportare la maggioranza assoluta dei voti dei presenti. Nel caso di parità prevale il voto del Presidente.

18.5        Il Presidente incarica negli 8 giorni successivi all’espletamento dell’istruttoria preliminare, di cui al successivo art. 16, all’eventuale integrazione degli atti ed elaborati, i singoli membri tecnici di esaminare e riferire alla commissione sui singoli progetti ad essa sottoposti.

18.6        I componenti della Commissione non possono presenziare all’esame ed alla votazione dei progetti nei quali in qualsiasi modo fossero materialmente interessati o perché parenti ed affini fino al terzo grado del richiedente. Di ciò deve essere fatta esplicita menzione nel verbale della seduta.

18.7        La Commissione ha la facoltà di sentire, durante le adunanze, i progettisti per avere chiarimenti sui progetti sottoposti al suo esame.

18.8        Su ciascuna domanda di concessione, subito dopo la Commissione ha espresso il proprio parere, il Segretario provvede ad annotare in breve il parere stesso e ad apporre su tutti gli atti tecnici la dicitura <<Esaminato nella seduta del …….  dalla  Commissione Urbanistico-edilizia>>, le domande devono essere vidimate dal membro tecnico all’uopo designato dal Presidente che deve controfirmare anche il verbale della seduta, unitamente agli altri componenti la commissione.

18.9        Nel caso di pareri discordi tra i commissari, nel verbale della seduta deve essere riportata integralmente l’eventuale relazione di minoranza e sulla domanda di concessione deve essere annotata in breve anche tale relazione, nel caso la minoranza lo ritenga necessario.

18.10      Nel caso di parere non definito, ciò deve essere comunicato all’interessato per raccomandata entro cinque giorni dalla data dell’adunanza. Gli atti regolarizzati secondo il giudizio emesso dalla Commissione devono poi essere iscritti, con diritto di precedenza sulle nuove richieste da trattare, nell’adunanza successiva alla nuova presentazione, compatibilmente si intende, col tempo necessario per il nuovo esame degli atti stessi da parte degli uffici competenti. Comunque, la commissione deve emettere il nuovo e definitivo parere entro trenta giorni dalla data di nuova presentazione degli atti.

18.11      Ai sensi della legge regionale 17/94, quando la Commissione non si esprime entro 45 giorni, il dirigente dell’Ufficio Tecnico, acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, sulla scorta della proposta motivata dal responsabile del procedimento, assicurata l’istanza, adotta il provvedimento finale.

 

Art. 19

Commissione Edilizia Integrata per il Centro Storico

19.1       Per l’esame di domande di autorizzazione di opere ricadente nel centro storico la Commissione edi­li­zia viene integrata da due membri esperti in materia paesistica ed am­bientale.

19.2       I due membri aggregati sono nominati dal Consiglio comunale, con voto limitato a due, e sono scelti, sulla base di curricula da allegare al prov­vedimento deli­be­rativo, tra :

a)   architetti, ingegneri, agronomi e forestali, geologi, iscritti da al­meno cinque anni agli albi dei relativi ordini professionali ovvero in pos­sesso di diploma post uni­versitario di spe­cializza­zione in mate­ria pa­esaggistico-ambientale;

b)   professori e ricercatori universitari di ruolo nelle materie stori­che, arti­stiche, ar­chi­tet­to­ni­che, am­bientali, paesaggistiche e ur­banisti­che;

c)   dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici, anche in quiescenza, iscritti agli albi pro­fes­sio­nali di cui alla lettera a) o in possesso del titolo di studio ri­chie­sto per l’accesso agli stessi, che siano stati re­sponsabili, per un periodo non inferiore a tre anni, di una strut­tura orga­nizzativa dell’Amministra­zione pub­blica con com­pe­tenze in ma­te­ria pae­saggi­stica ed am­bientale.

19.3       La Commissione edilizia integrata si esprime a maggioranza con pa­rere moti­vato in ma­te­ria di interventi nel Centro Storico e di pro­te­zione delle bellezze naturali, di­stinto da quello ordinario della Commissione edili­zia. Detto parere può es­sere ri­chiesto non solo per l’e­secuzione di opere che com­por­tino modi­fica dello stato dei luoghi sot­toposti a tutela am­bien­tale, ma anche per mo­di­fi­cazioni del­l’ambiente e del paesaggio non derivanti da opere edili­zie.

19.4       Il parere della Commissione Edilizia Integrata viene espresso con la pre­senza di al­meno due membri aggregati. Il parere deve recare men­zione dei voti espressi dai membri ag­gre­gati e delle relative moti­va­zioni.

19.5       Gli esperti nominati quali membri aggregati restano in carica per il pe­riodo stabi­lito per gli al­tri membri esterni della Commissione edi­lizia ma possono essere rieletti una sola volta.

 

Capitolo IV : LOTTIZZAZIONI DI TERRENO A SCOPO EDILIZIO E OPERE SOGGETTE AD AUTORIZZAZIONE

ART. 20

LOTTIZZAZIONI DI TERRENO A SCOPO EDILIZIO

Significato di lottizzazione

20.1        Sono lottizzazioni di terreno:

a)      le utilizzazioni del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, prevedano la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a destinazione residenziale, turistica, industriale, artigianale o commerciale, o comunque l’insediamento di abitanti o di attività in misura tale da richiedere la predisposizione delle opere di urbanizzazione tecnica o sociale occorrenti per la necessità dell’insediamento;

b)      le iniziative comunque tendenti a frazionare i terreni, non compresi in piani particolareggiati di esecuzione né in piani delle zone da destinare all’edilizia economica e popolare, per renderli idonei ad accogliere insediamenti residenziali, turistici, industriali, artigianali o commerciali anche indipendentemente dalla previsione degli strumenti urbanistici vigenti;

c)      i frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti da tali strumenti;

d)      qualunque frazionamento delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alla formazione di spazi pubblici o di uso pubblico;

e)      le iniziative tendenti a dotare di urbanizzazione i terreni non compresi in piani particolareggiati né in piani delle zone da destinare all’edilizia economica e popolare;

f)        l’esecuzione anche parziale, da parte dei privati proprietari o per loro conto, di opere di urbanizzazione tecnica non strettamente necessaria alla conduzione dei fondi agricoli o all’accessibilità di edifici già legittimamente realizzati.

20.2        In sede di rilascio di singola concessione, l’Amministrazione comunale è tenuta ad accertare che la stessa non sia soggettivamente ed oggettivamente collegata ad altre precedenti o contemporanee richieste di concessione edilizia, e ciò al fine di evitare che attraverso singole concessioni si dia attuazione a una lottizzazione di fatto.

 

ART. 21

Nullità dei contratti di compravendita nelle lottizzazioni non autorizzate

2.2                    I contratti di compravendita di terreni derivanti da lottizzazioni non autorizzate ai sensi della legislazione vigente sono nulli, e non possono essere stipulati, né trascritti nei pubblici registri immobiliari, ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica, contenente tutte le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata.

 

 

ART. 22

Redazione dei progetti di lottizzazione

22.1        I progetti di lottizzazione devono essere redatti da architetti o da ingegneri iscritti ai relativi Albi professionali, nonché, ove richiesto per singoli aspetti specifici, da altri professionisti abilitati.

 

ART. 23

Domanda di lottizzazione e documenti da allegare

23.1        I proprietari, singoli o riuniti in consorzio, che intendono lottizzare aree a scopo edificatorio nel rispetto di quanto previsto dallo strumento urbanistico vigente e dall’eventuale programma pluriennale d’attuazione, devono presentare al Sindaco progetti di piani esecutivi convenzionati, con l’impegno di attuarli, anche per parti, secondo quanto stabilito nella convenzione.

23.2        A corredo della domanda per ottenere l’autorizzazione per lottizzazioni di terreni a scopo edilizio devono essere allegati di norma i seguenti documenti:

A) il progetto, in sei copie, composto dei seguenti elaborati tecnici:

1)      la realizzazione illustrativa che precisa le prescrizioni e le previsioni dello strumento urbanistico vigente con riferimento all’area interessata dal piano dio lottizzazione corredata dai seguenti allegati:

-         le analisi e le ricerche svolte;

-         la specificazione delle aree per destinazioni pubbliche e di uso pubblico;

-         la stima sommaria degli oneri derivanti dalla urbanizzazione delle aree e la loro ripartizione tra il Comune  ed i privati;

-         i tempi previsti per l’attuazione, con indicazione delle relative priorità;

2)      la planimetria stralcio delle previsioni dello strumento urbanistico vigente relative al territorio oggetto del piano di lottizzazione, estese alle zone adiacenti, in odo che risultino le connessioni con le altre parti del piano stesso;

3)      la planimetria del piano di lottizzazione, disegnata sulla mappa catastale, aggiornata e dotata delle principali quote planoaltimetriche, contenente i seguenti elementi:

-               le strade e gli altri spazi riservati alla viabilità e ai parcheggi, con precisazione delle caratteristiche tecniche delle sedi stradali, con le relative quote altimetriche, oltreché delle fasce di rispetto e dei distacchi degli edifici dalle sedi stradali, con le relative quote altimetriche, oltreché delle fasce di rispetto e dei distacchi degli edifici dalle sedi stradali;

-               gli edifici e gli impianti pubblici esistenti ed in progetto;

-               le aree destinate all’edificazione con l’indicazione degli indici di fabbricabilità, degli eventuali allineamenti, delle altezze massime, dei distacchi fra gli edifici, della utilizzazione e della sistemazione delle aree libere e di quelle non edificabili;

-               l’eventuale e delimitazione degli ambiti di intervento edilizio unitario;

4)           il progetto di massima delle opere di urbanizzazione primaria e dei relativi allacciamenti;

5)           il progetto planovolumetrico degli interventi previsti, con profili e sezioni, in scala adeguata, e con indicazione delle tipologie edilizie;

6)      gli elenchi catastali delle proprietà ricedenti nel territorio interessato dal piano di lottizzazione ed estratto autentico, in scala 1/2000 o 1/1.000, rilasciato in data non anteriore a sei mesi;

7)      le norme specifiche di attuazione del piano di lottizzazione;

8)      la planimetria del piano di lottizzazione ridotta alla scala delle tavole dello strumento urbanistico vigente, al fine di verificare l’inserimento e di garantire l’aggiornamento dello stesso.

B)   lo schema di convenzione che deve essere stipulata tra il Comune ed il proprietario o i proprietari e della quale formeranno parte integrante tutti gli elaborati precedenti.

23.3        Qualora l’area da lottizzare appartenga a più proprietari esse devono unire alla domanda, oltre ai documenti di rito, un atto notarile nel quale dichiarano il loro consenso alla lottizzazione e impegnano a sostenere gli oneri in solido tra loro.

ART. 24

Contenuto delle convenzioni

24.1        La convenzione deve prevedere essenzialmente:

1)      la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie  perle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

2)      le opere di urbanizzazione che devono essere eseguite a cura e spese del lottizzante, la convenzione deve prevedere, anche, le relative garanzie finanziarie, le modalità di controllo sulla esecuzione delle opere, nonché i criteri per lo scomputo totale o parziale della quota dovuta a norma della legislazione vigente, e le modalità per il trasferimento delle opere al Comune;

3)      i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione, in accordo con l’eventuale programma di attuazione;

4)      le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per la inosservanza delle destinazioni d’uso fissate nel piano di intervento.

2.2                    Qualora il piano esecutivo preveda interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione di edifici destinati ad usi abitativi, con particolare riguardo ai centri storici, a convenzione, ove fissato dal programma pluriennale di attuazione, può stabilire i criteri per la determinazione e la revisione dei prezzi di vendita e dei canoni di locazione degli edifici oggetto di intervento.

 

ART. 25

Procedura per l’autorizzazione della lottizzazione e sua validità

25.1        <<Il Sindaco, previo parere favorevole dell’Ufficio Tecnico Comunale e della Commissione Edilizia Comunale, sottopone, entro 90 giorni dalla presentazione del progetto di piano di lottizzazione e dello schema di convenzione, gli atti al Consiglio Comunale per l’approvazione>>.

25.2        Ottenuto, ai sensi della legislazione vigente il nulla-osta lottizzazione, il Sindaco procede alla stipula, con i proprietari dei terreni da lottizzare, dell’apposita convenzione.

25.3        La convenzione è trascritta a cura e spese del lottizzante.

25.4        Successivamente il Sindaco rilascia l’autorizzazione alla lottizzazione, corredandola di una copia dei documenti di progetto e la notifica in via amministrativa al lottizzante.

ART. 26

Modalità per lo scomputo del contributo per le opere di urbanizzazione.

Divieto di compensazione

26.1        Agli effetti dello scomputo totale o parziale del contributo di concessione per le opere di urbanizzazione il Comune nell’effettuare la valutazione delle opere che il privato si obbliga a realizzare direttamente deve tenere distinte le opere di urbanizzazione primaria da quelle di urbanizzazione secondaria.

26.2        Lo scomputo può essere effettuato solo in relazione alla quota di contributo pertinente alle opere di urbanizzazione della stessa specie.

26.3        Non è ammessa compensazione tra il contributo per opere di urbanizzazione e quello sul costo di costruzione.

26.4        Non vanno, comunque, scomputate dagli oneri di urbanizzazione primaria le spese che i concessionari debbono sostenere per la realizzazione delle reti elettriche, telefoniche e del gas in quanto tali spese non sono considerate nella determinazione del costo base di urbanizzazione.

ART. 27

Concessioni nell’ambito delle lottizzazioni

27.1        Per la domanda ed il rilascio delle concessioni per l’edificazione nell’ambito della lottizzazione autorizzata si seguono le norme contenute nel Capitolo II del presente Regolamento.

ART. 28

Progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione

28.1        Qualora, tra i documenti presentati all’atto della domanda per ottenere l’autorizzazione per la lottizzazione, non risulti il progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione o quello degli <<allacciamenti>> il lottizzante è tenuto a presentare in Comune prima dell’inizio dei lavori il progetto esecutivo delle opere che egli si è impegnato con la convenzione a eseguire.

28.2        I progetti esecutivi delle opere di urbanizzazione primaria, quelli delle opere di urbanizzazione secondaria o quelli per l’allacciamento della zona interessata ai pubblici servizi devono essere autorizzati così come previsto nel capitolo II del presente Regolamento.

28.3        Durante la esecuzione di tali opere, gli uffici e servizi comunali possono effettuare visite di controllo per accertarne la buona esecuzione e la conformità al progetto. A tal fine il proprietario deve dare comunicazione dell’inizio dei lavori e della ultimazione dei medesimi.

ART. 29

Tempi di attuazione della convenzione

29.1        Le opere previste nella convenzione devono essere realizzate entro i tempi previsti nella convenzione stessa; essi comunque non possono eccedere il periodo di 10 anni.

ART 30

Penalità per inadempienze. Svincoli della cauzione

30.1        Nella convenzione vengono precisate le penalità per le inadempienze dei lottizzanti nel realizzare le opere di urbanizzazione e le modalità per lo svincolo, a fine lavori della cauzione.

30.2        Qualora, scaduto il termine di ultimazione dei lavori per la realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dalla convenzione, le opere di urbanizzazione realmente eseguite risultino inferiori all’80% di quelle complessivamente previste, il proprietario perde il diritto alla restituzione della cauzione.

30.3        Lo svincolo della cauzione deve avvenire su autorizzazione del Sindaco e, comunque, nella misura del 50% solo dopo il favorevole collaudo di almeno l’80% del totale delle opere di urbanizzazione convenzionate, collaudo da effettuarsi a cura e spese del Comune.

30.4        Il restante 50% della cauzione viene svincolato, sempre su autorizzazione del Sindaco, a totale ultimazione e favorevole collaudo di tutte le opere previste.

 

ART. 31

Compilazione d’ufficio dei progetti di lottizzazione a scopo edilizio

31.1        Nelle porzioni di territorio per le quali il programma di attuazione preveda la formazione di piano di lottizzazione convenzionata, i proprietari singoli o riuniti in consorzio, ove non abbiano già provveduto alla presentazione di tale piano esecutivo, sono tenuti a presentare al Comune il progetto del piano di lottizzazione convenzionata entro il termine stabilito dal programma pluriennale d’attuazione.

31.2        Decorso inutilmente il termine, di cui al primo comma del presente articolo, il Comune invita i proprietari di immobili alla formazione del piano entro il termine di 60 giorni.

31.3        Ove i proprietari degli immobili non aderiscano all’invito, il Comune provvede alla compilazione d’ufficio del piano di lottizzazione.

31.4        Il progetto del piano stesso e lo schema di convenzione sono notificati, secondo le norme del codice di procedura civile, ai proprietari degli immobili con invito di dichiarare la propria accettazione entro 30 giorni dalla data della notifica. In difetto di accettazione o su richiesta dei proprietari il Sindaco ha facoltà di variare il progetto e lo schema di convenzione.

31.5        Il piano esecutivo viene approvato nei modi e nelle forme stabilite dai precedenti articoli.

31.6        Ad approvazione avvenuta, il Comune procede alla espropriazione delle aree dei proprietari che non abbiano accettato il progetto di piano di lottizzazione convenzionata.

31.7        Il Sindaco ha facoltà altresì di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone, nei Comuni non obbligati alla formazione dei programmi pluriennali, a presentare entro congruo termine un progetto di lottizzazione delle aree stesse. Se essi non aderiscono egli provvede alla compilazione d’ufficio.

31.8        Tale procedura può essere esplicata anche nel caso in cui i proprietari, pur avendo dichiarato di aderire all’invito di lottizzazione, non presentino nel termine assegnato il progetto relativo o lo presentino incompleto o con previsioni difformi rispetto alle norme dello strumento urbanistico vigente.

 

Capitolo V : DEFINIZIONI EDILIZIE ED URBANISTICHE

Art. 32

Definizioni edilizie ed urbanistiche

2.2                    Ai fini dell’applicazione del presente Regolamento, delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale e delle altre norme che regolano l’at­tività edilizia, val­gono le de­fini­zioni di cui ai succes­sivi articoli da 33 a 50.

32.2       Si considerano parametri urbanistici quelli espressamente pre­scritti come tali dalle N.T.A. ai fini dell'attuazione delle previsioni del P.R.G. vi­gente, cioè :

-     Superficie territoriale (St.)

-     Superficie fondiaria (Sf.)

-     Superficie destinata a servizi pubblici (Sp.)

-     Indice di utilizzazione territoriale (Ut.)

-     Indice di utilizzazione fondiaria (Uf.)

-     Superficie utile lorda (S.U.L.)

-     Altezza massima del fabbricato (H.M.)

Art. 33      

Superficie territoriale (St)

2.2                  E’ la superficie delle aree perimetrate sulle planimetrie di P.R.G. nelle quali lo stesso P.R.G. si attua mediante Piano Urbanistico Esecutivo (P.U.E.), com­pren­dente le aree pub­bliche e di uso pubblico nella mi­sura e nella ubicazione indi­cata, caso per caso, nelle pla­nimetrie di P.R.G. e/o nelle rela­tive Norme Tecniche di Attuazione.

Art. 34

Superficie destinata a servizi pubblici (Sp)

34.1       E’ la superficie delle aree da cedere al Comune e destinate alla via­bi­lità, al verde e in ge­nere ai servizi pubblici. Essa è di norma indicata per le aree di nuovo impianto o di ri­strut­tu­ra­zione ur­bani­stica e, ove prevista, risulta dalle ta­belle che fanno parte inte­grante delle N.T.A. del P.R.G.

Art. 35

Superficie fondiaria (Sf)

35.1       E’ la superficie dell’area compresa in zone a destinazione omogenea, utilizza­bile a fini edi­fi­ca­tori, misurata al netto delle strade e degli spazi destinati al pubblico transito e/o in ge­ne­rale al pubblico uso.

Art. 36      

Superficie utile lorda (S.U.L.)

36.1       E’ la somma delle superfici di tutti i piani fuori ed entro terra misurati al lordo degli ele­menti ver­ti­cali (murature, locali di servizio, scale esterne a servizio di piani ol­tre al primo) con esclusione :

a)   dei porticati a piano terreno asserviti ad uso pubblico;

b)   dei porticati a piano terreno ad uso privato e delle logge, limitata­mente ad una su­per­fi­cie com­plessivamente non superiore al 50% della S.U.L. inte­res­sata dal pro­getto;

c)   dei balconi a sbalzo e delle terrazze scoperte;

d)   delle bussole di entrata fino ad una superficie di mq. 6 nonché delle pensiline con sporgenze fino a ml. 4,50;

e)   dei locali per volumi tecnici e delle parti comuni destinate all'in­gresso ed al collegamento negli edi­fici costituiti da più unità immobi­liari, quali androni di ingresso, pozzi scala condo­miniali, passerelle e bal­latoi, ascensori, ecc. (fermo restando che gli stessi elementi costi­tui­scono S.U.L. quando interni a sin­gole unità immobiliari);

f)    del piano parzialmente interrato che non ecceda dal perimetro del­l’e­dificio fuori terra, pur­ché di altezza interna netta non superiore a ml. 2,40 e sem­pre che i lo­cali seminter­rati non fuo­rie­scano di oltre ml. 1,20 dalla quota di cui alla lettera “b” del comma 39.1, preci­sandosi come nel caso di terreni co­munque inclinati si debba as­sumere il va­lore medio;

g)   del primo piano completamente interrato;

h)   dei piani sottotetto sottostanti coperture a falde inclinate con pen­denza pari o superiore al 23%, a condizione che l'altezza media del piano sia in­fe­riore a ml. 2,40 e che la con­formazione del sottotetto non con­sen­ta, in nes­suna sua parte, la rea­liz­za­zione di una su­per­fi­cie supe­riore a 9 mq. con al­tezza me­dia pari o supe­riore a ml. 2,70 oltre alle parti even­tualmente computate come S.U.L. (quando il sottotetto sia suddiviso in più porzioni annesse a di­stinte unità immobiliari dette verifiche vanno operate con riferi­mento ad ogni singola por­zione);

i)    dei piani sottotetto sottostanti coperture con pendenza inferiore al 23% (ivi com­prese le coperture piane) a condizione che l'al­tezza me­dia del piano non sia supe­riore a ml. 1,80 e che la conformazione del sottotetto non con­sen­ta, in nes­suna sua parte, la rea­liz­za­zione di una su­per­fi­cie ec­cedente i 9 mq. con al­tezza me­dia pari o su­pe­riore a ml. 2,70 oltre alle parti even­tualmente computate come S.U.L. (quando il sottotetto sia suddiviso in più por­zioni annesse a di­stinte unità im­mobiliari dette verifiche vanno operate con riferimento ad ogni sin­gola porzione);

l)        dei cavedi, chiostrine e simili.

Art. 37      

Superficie coperta (Sc)

37.1       E’ la superficie risultante dalla proiezione sul piano orizzontale del­l’in­gombro pla­nime­trico del­l’edifi­cio fuori terra, esclusi tutti gli ele­menti che non costitui­scono S.U.L.

Art. 38      

Rapporto di copertura (Rc)

38.1       E’ il rapporto Sc./Sf. fra la superficie coperta (Sc.) e la superficie fondiaria (S.F.), espresso in percentuale.

Art. 39      

Altezza massima del fabbricato (Hm)

39.1       L'altezza di ciascun fronte del fabbricato si misura tra le se­guenti quote di riferimento :

a)   in alto : la linea di l’intersezione tra la facciata e l’intradosso della co­pertura, piana od incli­nata (intendendosi come intra­dosso il piano di imposta di strut­ture monoliti­che quali solette o solai op­pure il piano di imposta del­l’orditura minuta nel caso di strut­ture com­poste quali quelle in legno o as­similabili);

b)   in basso : la quota del marciapiede esistente (nelle aree urbaniz­zate) o la quota asse­gnata dai competenti Uffici Comunali (nelle aree di nuovo im­pianto) op­pure la mi­nima quota del piano di cam­pa­gna in aderenza al pe­rimetro del­l’edi­ficio (in tutti gli altri casi).

39.2       In caso di edifici che non presentino altezza costante su tutti i fronti, l'al­tezza massima dell'edificio si determina mediante la me­dia ponderale delle altezze di ciascun fronte, misurate come pre­scritto al comma pre­cedente.

39.3       Ai fini della valutazione dell’altezza di ciascun fronte non sono con­teg­giati :

     i parapetti su coperture piane praticabili di altezza non superiore a ml. 1,50;

     i muri tagliafuoco, ove prescritti dalle norme vigenti;

     i volumi tecnici, gli impianti e gli apparati tecnologici.

39.4       Le eventuali porzioni di edificio arretrate rispetto al filo della fac­ciata vengono considerate ai fini dell'altezza del fronte solo quando emer­gano rispetto al profilo ideale di una copertura inclinata con pendenza del 30% ed impostata alla quota di cui alla lettera "a" del comma 39.1.

39.5       Qualora le N.T.A. del P.R.G. prescrivano un'altezza massima da determi­narsi in funzione dell'edificato circostante, la condizione si intende sod­disfatta quando siano verificate entrambe le seguenti condizioni :

-     l'altezza media ponderale dell'edificio non sia superiore all'altezza media ponderale dell'edificato preesistente così come individuato dalle N.T.A.;

 -    l'altezza massima di ciascun fronte dell'edificio non sia superiore al più alto fronte dell'edificato preesistente così come individuato dalle N.T.A.;

39.6       Ogni qualvolta le N.T.A. del P.R.G. prescrivano che il piano di calpe­stio dei locali a destinazione abitativa debba essere impostato a li­vello su­pe­riore rispetto alla quota indicata dal primo comma del pre­sente arti­colo al fine di assicurare un determinato franco ri­spetto al mas­simo li­vello di esondazione verificatosi nella zona, si applicano le seguenti prescrizioni :

-     l'eventuale altezza massima determinata in funzione dell'edificato circostante preesistente, viene valutata dalla quota di cui alla lettera "b" del precedente comma 39.1.

-     il ri­ferimento in basso per la determinazione dell'altezza del nuovo edificio si assume corri­spondente alla quota minima prescritta dalle N.T.A. del P.R.G.,

-     in ogni caso l'altezza mas­sima di ciascun fronte non deve superare quella massima stabilita dalle N.T. del P.R.G.

39.7       Nel caso di nuovi edifici pubblici o di interesse pubblico il Sindaco po­trà auto­riz­zare una al­tezza superiore previa Deliberazione del Consiglio Comunale.

Art. 40      

Indice di utilizzazione territoriale (Ut)

40.1       E’ il rapporto S.U.L./St. fra la superficie utile lorda (S.U.L.) costruibile e la su­perfi­cie ter­ri­toriale (St.), entrambe espresse in metri quadrati.

Art. 41      

Indice di utilizzazione fondiaria (Uf)

41.1       E’ il rapporto S.U.L./Sf. fra la superficie utile lorda (S.U.L.) costruibile e la su­perfi­cie fon­dia­ria (Sf.), entrambe espresse in metri quadrati.

Art. 42      

Capacità edificatoria

42.1       Si definisce come capacità edificatoria di un’area (sia essa già edifi­cata o meno) la mas­sima quan­tità di S.U.L. realizzabile sulla mede­sima.

42.2       Nel caso di aree per le quali il P.R.G. preveda un indice di uti­liz­zazione fon­diaria (Uf.) o territo­riale (Ut.), la capacità edificatoria si deter­mina appli­cando alla superficie del ter­reno l’indice ri­cor­rente come specifi­cato nel det­ta­glio al comma 52.1.

42.3       Nel caso di immobili esistenti e comunque nelle aree per le quali il P.R.G. non preveda al­cun in­dice di uti­liz­za­zione fondiaria o territoriale, la capacità edifica­toria si determina in fun­zione della S.U.L. esistente come de­scritto nel det­ta­glio al comma 52.3.

42.4       Lo sfruttamento della capacità edificatoria può avvenire mediante qualsiasi in­tervento su­scet­tibile di comportare in­cremento di S.U.L. (nuova costruzione, ri­strutturazione urba­ni­stica, ri­struttu­ra­zione edili­zia), fermi restando in ogni caso i limiti prescritti dal P.R.G. o deri­vanti dal­l’applica­zione del presente Regolamento.

42.5       E’ fatta eccezione per gli interventi di conservazione, restauro e risa­namento conserva­tivo (come definiti all’art. 6 delle N.T.A. del P.R.G.), per i quali gli even­tuali incrementi di S.U.L. am­messi dal P.R.G. non sono sottoposti alle li­mi­tazioni derivanti dalla capacità edificatoria at­tri­buita all’edi­ficio.

Art. 43

Volume del fabbricato (Vf)

43.1        Il volume, ai fini dell’effettiva possibilità edificatoria, va computato sommando i prodotti della superficie lorda di ciascun piano, delimitata dal perimetro esterno delle murature, per l’altezza relativa al piano stesso, misurata tra le quote di calpestio dei pavimenti, con esclusione del volume entroterra misurato rispetto alla superficie del terreno circostante secondo la sistemazione prevista dal progetto approvato, salvo che il volume seminterrato od interrato sia destinato a residenze, uffici o attività produttive, escluse quelle concernenti la lavorazione di prodotti agricoli ad uso familiare.

43.2        Sono altresì esclusi dal calcolo del volume consentito le superficie descritte al punto 36.1

Art. 44      

Indice di fabbricabilità territoriale (It)

44.1       E’ il rapporto V.F./S.T. fra il volume del fabbricato (V.F.) e la superficie territo­riale (St.), il primo espresso in metri cubi e la seconda espressa in metri qua­drati.

Art. 45

Indice di fabbricabilità fondiaria (If)

2.2                  E’ il rapporto V.F./S.F. fra il volume del fabbricato (V.F.) e la superficie fondia­ria (Sf.), il primo espresso in metri cubi e la seconda espressa in metri qua­drati.

Art. 46

Volumi tecnici

46.1       Sono i volumi e relativi spazi di accesso strettamente necessari a contenere quelle parti degli im­pianti tecnici che, per esigenze di fun­zionalità degli im­pianti stessi, non trovano luogo en­tro il corpo del­l’edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbani­sti­che.

46.2       Devono pertanto qualificarsi come volumi tecnici :

     le cabine elettriche ed i locali caldaia,

     gli impianti per il trattamento ed il condizionamento dell’aria ed i relativi lo­cali,

     gli impianti per il trattamento ed il deposito delle acque idrosanita­rie ed i re­la­tivi lo­cali;

     gli extracorsa degli ascensori ed i relativi locali macchine;

     gli apparati tecnici per la sicurezza e l’igiene nonché quelli per lo smalti­mento dei fumi quali comi­gnoli e ciminiere,

     lo spazio necessario per l’accantonamento o accatastamento dei ri­fiuti ur­bani in con­formità alle leggi igienico-sanitarie vigenti a ser­vizio della so­cietà che ge­sti­sce lo smal­timento dei rifiuti nel co­mune,

     i serbatoi idrici,

     le canne fumarie e di ventilazione nonché le ciminiere,

     i vani scala al di sopra delle linee di gronda nonché gli abbaini con le ca­rat­teristiche pre­scritte dal presente Regolamento,

     le scale esterne, a servizio di qualsiasi piano, quando abbiano ca­rattere di sicurezza e siano finalizzate a garantire l’evacuazione dell’edificio in caso di emergenza;

     gli impianti tecnologici in genere,

     tutti gli altri impianti ed opere che a tali categorie sono comunque assimila­bili.

46.3       I volumi tecnici devono essere progettati in modo architettonicamente e morfo­lo­gi­ca­mente ar­mo­niz­zato al resto dell’edificio e/o del tessuto edilizio circo­stante.

Art. 47      

Sagoma dell’edificio

47.1       Si definisce come sagoma dell’edificio il solido delimitato da :

     gli elementi della costruzione che, anche se privi di murature peri­me­trali, co­sti­tui­scono co­mun­que S.U.L. (pensiline con ag­getto su­pe­riore a ml. 4,50, por­zioni di logge o por­ti­cati ad uso pri­vato ec­ce­denti il 50% della S.U.L., ecc.);

     la copertura piana o inclinata.

47.2       Non concorrono alla determinazione della sagoma (ferme restando le limitazioni previste dal P.R.G) :

     i balconi, gli aggetti ornamentali, le tettoie a sbalzo, i volumi tec­nici, ed in genere tutti quegli ele­menti che non costi­tuiscono S.U.L. se­condo quanto disposto dall’art. 36,

     la porzione interrata dell’edificio, qualsiasi sia la destinazione e la consi­stenza della me­de­sima,

     il rialzamento della quota di imposta della copertura nei limiti stret­tamente necessari alla realizzazione di cordoli od altri ac­cor­gi­menti tecnici derivanti dalla applicazione delle norme in materia di costru­zioni in zona sismica.

     le rampe e le corsie di accesso ai piani interrati o seminterrati, quando di lar­ghezza non su­pe­riore a ml. 6,00;

-     le modifiche di quota del terreno in adiacenza all'edificio fino ad un limite di 60 cm. rispetto alla situazione preesistente.

47.3       Il presente Regolamento determina i casi in cui può ritenersi inin­fluente, ai fini della de­ter­mi­na­zione della sa­goma, la sostituzione di co­perture piane con co­per­ture incli­nate.

Art. 48

Logge e porticati

48.1       Si definiscono come logge gli spazi coperti prospettanti direttamente all’e­sterno che siano de­limi­tati da pareti, pilastri od altri elementi della costruzione.

48.2       Non sono qualificabili come logge, e vanno pertanto considerati a tutti gli ef­fetti locali chiusi, gli spazi che non presentino almeno una delle seguenti carat­te­risti­che :

  almeno due lati siano aperti verso l’esterno, senza interposizione di infissi ve­trati od al­tri ele­menti suscettibili di determinare un vano chiuso;

  almeno  1/4 del perimetro complessivo della loggia sia diret­ta­mente aperto verso l’e­sterno, senza interposizione di infissi ve­trati od altri ele­menti suscet­tibili di determi­nare un vano chiuso.

48.3       Si definiscono come porticati le logge poste a livello del terreno circo­stante l’edi­ficio a si­stema­zione avvenuta.

Art. 49

Prospetti

49.1       Si definiscono come prospetti le parti verticali di un edifi­cio che sono este­riori al­l’im­mo­bile e vi­sibili da spazi pubblici o da spazi pri­vati.

49.2       Non costituiscono invece prospetto le pareti che, seppur perimetrali, prospet­tino su chio­strine o cortili chiusi comple­tamente in­terni alla costruzione.

49.3       Non costituiscono modifica dei prospetti, anche ai fini dell'art. 6.2.1, le seguenti opere :

-     sostituzione degli infissi

-     riapertura di porte, finestre e simili quando ne sia documentata la preesistenza e semprechè si tratti aperture compatibili con l'assetti generale della facciata, considerata nel suo stato origi­nario o in quello storicizzato;

-     le modifiche o rifacimenti delle coperture che non comportino va­ria­zione della sagoma secondo quanto disposto dal presente Regolamento.

Art. 50      

Analisi storico-critico-stilistica

2.2                  Il presente Regolamento prescrive in quali casi i progetti degli inter­venti sul pa­trimo­nio edi­lizio esi­stente debbono essere corredati da una analisi storico-critica stilistica del­l’edi­ficio.

2.3                  L’analisi storico-cristica e stilistica è obbligatoria in caso di interventi su edifici con caratteristiche storico-artistiche e ambientali individuate nelle tavole di piano, e non comprese nel perimetro del piano di recupero del centro storico, facente parte delle prescrizioni esecutive del P.R.G.

50.3       I contenuti di detta analisi dovranno essere:

a)   notizie storiche sull’edificio, con gli eventuali riferimenti bibliogra­fici, se del caso inte­grati dalle op­portune indagini tipologico-stilisti­che;

b)   analisi dell’evoluzione architettonica ed edilizia della costruzione nonché del suo uso, con indi­vi­duazione delle principali fasi di cre­scita o di modifi­cazione del­l’im­mo­bile, cor­re­data, qualora oc­corra, da idonei schemi espli­cativi;

c)   analisi dello stato attuale con individuazione:

-  della natura degli elementi costitutivi dell’edificio e del loro va­lore sto­rico-arti­stico, ti­po­lo­gico-documentario o architettonico-ambientale, con parti­co­lare ri­fe­rimento alla clas­si­fica­zione del­l’edificio;

-  degli elementi di particolare pregio storico-artistico, anche quando di ca­rat­tere non stret­ta­mente edilizio;

-  degli eventuali ampliamenti non storicizzati nonché delle altera­zioni e le modi­fi­che estranee al­l’impianto originario non coe­rente con l’organismo edi­lizio origi­na­rio;

d)   esposizione delle motivazioni e del fine ultimo dell’intervento pro­gettato, con il­lu­stra­zione dei criteri di intervento e dimostrazione della sua coe­renza con le ri­sul­tanze del­l’analisi svolta;

e)   esposizione dettagliata degli accorgimenti progettuali e/o tecnico-costruttivi adot­tati per con­servare e valorizzare gli elementi di pre­gio o comunque da tu­te­lare.

Capitolo VI : NORME DI CARATTERE GENERALE

Art. 51      

Edifici esistenti ed edifici di nuova costruzione.

51.1       Per tutti i fini del presente Regolamento si considerano come “edifici esistenti” quelli che alla data di entrata in vigore del Regolamento medesimo risultino esi­stenti, in corso di co­struzione o per i quali sia già stata rilasciata con­ces­sione edi­lizia. Non sono considerati edi­fici esistenti quelli la cui concessione edilizia sia stata rilasciata dopo l’adozione del presente piano, i quali deb­bono essere con­side­rati a tutti gli ef­fetti edifici di nuova co­struzione.

Art. 52

Applicazione degli indici e capacità edificatoria

52.1       Criteri generali per l’applicazione degli indici

52.1.1     La capacità edificatoria delle zone in cui l’attuazione del P.R.G. è su­bor­di­nata alla formazione di Piani Urbanistici Esecutivi (P.U.E.) è de­ter­minata dal­l’indice di uti­lizza­zione territoriale (U.T.), in base al quale viene de­termi­nata la mas­sima quantità di S.U.L. edificabile. Gli altri in­dici e pa­ra­metri ur­banistici even­tual­mente prescritti dal P.R.G. (indice di fab­bricabilità territo­riale I.T., nu­mero dei piani, al­tezza mas­sima degli edi­fici, distanza minima dai confini, ecc.) costi­tui­scono ul­te­riori vin­coli fi­na­liz­zati ad orientare la proget­tazione se­condo i cri­teri stabiliti dal P.R.G. e limitano per­tanto le possi­bili soluzioni pro­gettuali con le quali può con­seguirsi l’inte­grale sfrut­ta­mento della capacità edificatoria am­messa. Il ri­spetto sia dell’indice di uti­lizzazione territo­riale che degli ulte­riori in­dici e parametri stabi­liti dal P.R.G.

52.1.2     La capacità edificatoria dei singoli lotti, sia nel caso di attua­zione di P.U.E. ap­pro­vati che nel caso di edifica­zione in zone in cui è previsto l’inter­vento edi­lizio diretto, è de­ter­minata dal­l’indice di utilizzazione fon­diaria (U.F.), in base al quale viene de­ter­mi­nata la massima quan­tità di S.U.L. edificabile sul lotto. Gli al­tri in­dici e para­metri ur­banistici even­tual­mente pre­scritti dal P.R.G. (indice di fabbri­cabilità fondia­ria I.F., nu­mero dei piani, altezza mas­sima degli edifici, di­stanza mi­nima dai con­fini, ecc.) costituiscono ul­teriori vincoli finaliz­zati ad orien­tare la proget­tazione secondo i cri­teri stabiliti dal P.R.G. e limi­tano per­tanto le pos­sibili so­luzioni progettuali con le quali può conseguirsi l’in­tegrale sfrutta­mento della ca­pacità edificatoria am­messa sul lotto. Il rispetto sia del­l’in­dice di utilizzazione fondiaria che degli ulteriori in­dici e pa­ra­metri stabiliti dal P.R.G.

52.2       Edifici di nuova costruzione ed interventi sui medesimi

52.2.1     Gli edifici di nuova costruzione, siano essi realizzati a seguito di P.U.E. che su lotti nei quali è ammesso l’intervento edilizio diretto, devono ri­spettare in­te­gral­mente gli in­dici e parametri urbanistici pre­visti dal P.R.G.,

52.2.2     Sugli edifici di nuova costruzione, una volta ultimati, sono ammessi tutti gli in­ter­venti sul patrimonio edilizio esistente che non siano espressa­mente pre­clusi dalle N.T.A. del P.R.G. Detti interventi non potranno comportare, in al­cun caso, in­cre­mento degli in­dici e para­metri urbani­stici (calcolati come pre­scritto al comma pre­cedente) ol­tre i limiti ammessi dallo strumento ur­banistico in caso di nuova co­stru­zione.

52.3       Interventi sugli edifici esistenti

52.3.1     Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente potranno com­portare va­ria­zione degli in­dici e valori urbanistici in dipen­denza del tipo di in­ter­vento am­messo dalle N.T.A. del P.R.G. e ferma restando la mas­sima capacità edifica­toria attri­buita al­l’edificio.

52.3.2     La capacità edificatoria relativa ad ogni singolo edificio è pari alla S.U.L. esi­stente, calcolata come indicato all’art. 36 e, se del caso, ret­ti­ficata come pre­scritto nei commi che seguono.

52.3.3     Negli edifici e zone nelle quali il P.R.G. ammetta un incre­mento per­cen­tuale della S.U.L. esistente, la capacità edifica­toria si deter­mina appli­cando a que­st’ultima, una ed una sola volta, l’incremento am­messo dalle N.T.A. del P.R.G.

52.3.4     Ogni qualvolta un intervento comporti incremento di S.U.L. il parame­tro da as­sumere come principale riferimento per veri­ficarne la con­for­mità alle previ­sioni del P.R.G. è rappresen­tato dalla ca­pacità edifica­toria dell’immobile, fermo re­stando che, anche nel caso degli edifici esi­stenti, l’even­tuale sussi­stenza di di­versi indici o parametri ur­bani­stici presup­pone ne­cessa­riamente an­che il ri­spetto dei medesimi.

52.3.5     La verifica della S.U.L. deve essere condotta uti­lizzando, sia per lo stato pre­ce­dente che per quello po­ste­riore l’inter­vento, i criteri di cal­colo di cui all’art. 36, previa de­ter­minazione della capacità edificato­ria se­condo quanto pre­scritto dai commi che pre­ce­dono.

Art. 53           

Interventi sulle logge e sui porticati

53.1       Gli interventi di ristrutturazione edilizia ed urbanistica che in­te­res­sino logge o porti­cati non potranno comportare la for­ma­zione di ma­nu­fatti o amplia­menti pre­giudizie­voli per l’i­giene dei locali retrostanti o non co­e­renti con i caratteri del­l’edi­ficio, quali ve­rande, strutture pre­carie e simili. Ciò anche quando detti interventi non preve­dano in­cremento degli in­dici e valori urbanistici ovvero quando detto in­cre­mento rientri nei limiti della capacità edificatoria attribui­bile al­l’edifi­cio, ammet­ten­dosi invece, nei limiti di detta capacità edifica­toria e nel ri­spetto delle ulteriori prescri­zioni delle N.T.A. del P.R.G. e del pre­sente Regolamento, gli interventi che preve­dano l’or­ga­nico riutilizzo di tali su­perfici in un co­e­rente rap­porto formale e di­stri­bu­tivo con l’e­dificio nel suo in­sieme.

53.2       Nel caso di interventi che prevedano il riutilizzo parziale o to­tale di logge e por­ti­cati relativi a singole unità immobiliari o comunque a por­zioni di edificio, la ve­ri­fica di cui al comma 52.3.7 deve essere ope­rata con rife­ri­mento alla consi­stenza dell’intero edificio cosicché sia sempre assicu­rato il rispetto della capa­cità edifi­catoria com­ples­siva del­l’immo­bile. Ove da detta verifica risulti possibile proce­dere ad in­crementi di S.U.L. l’in­cremento relativo ad ogni unità immobi­liare, salvo diversi ac­cordi tra i singoli proprie­tari interessati, dovrà es­sere pro­porzionato alla con­si­stenza delle logge o porticati di perti­nenza ri­spetto a quelle com­plessi­va­mente esistenti nel­l’edi­ficio.

Art. 54

Distanze minime tra edifici

54.1       Distanza tra edifici

54.1.1     Quando due edifici non siano costruiti in aderenza l’uno al­l’al­tro, essi de­vono es­sere mantenuti ad una distanza tra loro non inferiore a quella pre­scritta dal pre­sente Regolamento.

54.1.2     Per distanza tra edifici si intende il minimo segmento con­giungente le pareti fron­ti­stanti di due fabbricati quando tali pa­reti siano rilevanti ai fini delle de­termi­na­zione di detta di­stanza, in funzione della loro fi­ne­stratura e/o della lun­ghezza per cui si fron­teg­giano, secondo quanto disposto dal­l’art. 9 del D.M. 1444/68 e dal presente Regolamento.

54.2       Pareti finestrate e non finestrate

54.2.1     Fatte salve le eccezioni e precisazioni di cui al comma suc­cessivo, si conside­rano pa­reti finestrate tutte quelle che pre­sentino finestre e/o porte finestre di lo­cali co­munque abita­bili.

54.2.2     Non costituiscono invece pareti fi­nestrate :

a)     le pareti che presentino solo porte o finestre di vani scala, can­tine od al­tri lo­cali per i quali non è richiesta la ventilazione natu­rale diretta e che po­trebbero per­tanto essere rese del tutto prive di aperture senza che ciò comporti al­cuna forma di con­tra­sto con il presente Regolamento o con al­tre norme vi­genti in ma­teria;

b)    le pareti che presentino porte o finestre di locali abitabili quando dette aper­ture siano irrilevanti ai fini di garantire i re­quisiti mi­nimi di illumina­zione e venti­lazione naturale diretta prescritti per tali lo­cali e che per­tanto po­trebbero essere rese del tutto prive di aperture senza che ciò comporti alcuna forma di contrasto con il presente Regolamento o con altre norme vi­genti in materia;

c)     i tratti di parete privi di finestrature (o comunque con i requisiti di cui alle pre­ce­denti lettere “a” e “b”) posti ad una distanza, misu­rata in oriz­zon­tale, supe­riore a ml. 4,00 dalla finestra più pros­sima;

d)    i tratti di parete privi di finestrature (o comunque con i requisiti di cui alle pre­ce­denti lettere “a” e “b”) sotto­stanti finestre, a par­tire da ml. 1,20 dal davan­zale delle finestre medesime;

e)     le pareti prive di aperture.

54.3       Minima distanza tra edifici

54.3.1     In tutti i casi di nuova costruzione o di ristrutturazione ur­bani­stica U2 è pre­scritta una distanza minima di ml. 10,00 tra pa­reti fi­nestrate e pareti di edifici antistanti. Nelle zone omogenee "B", "C", "D" ed "E" detta di­stanza minima si applica anche quando una sola parete sia finestrata. Non si considerano ai fini della determinazione della distanza tra edifici, in quanto as­simi­labili ai muri di cinta di cui all'art. 886 C.C, i manufatti, co­munque le­git­timati, di altezza infe­riore a ml. 3,00 ed adibiti a funzioni ac­ces­sorie o che co­munque non presuppongano la pre­senza per­ma­nente di persone.

54.3.2     Nel caso di interventi di ristrutturazione urbanistica U1 potrà es­sere ammesso il mante­ni­mento delle di­stanze pree­si­stenti, an­che se inferiori a quelle mi­nime, semprechè l'intervento non comporti peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie del­l'area. Resta ferma la possibi­lità di ri­du­zione di dette di­stanze fino al minimo ammesso quando su­pe­riori.

54.3.3     In tutto il territorio comunale la distanza minima di cui al comma 54.3.1 non trova applicazione nel caso di amplia­menti, soprae­le­vazioni ed altre trasformazioni che non com­portino riduzione della distanza preesistente, fermo re­stando il rispetto delle di­sposizioni in materia di cortili di cui all'art. 117, con particolare riferimento ai rapporti che de­vono co­munque intercorrere tra la superficie delle facciate prospet­tanti sull'area libera e l'esten­sione di quest'ultima.

54.3.4     Sono fatte salve, in ogni caso, le maggiori distanze minime eventual­mente prescritte dalle norme vigenti in materia di co­struzioni in zona si­smica nonchè quelle di cui all'art. 9, comma 1, numero 3, del D.M. 1444/68 per gli edifici rica­denti in zona omo­genea "C".

54.4       Modalità di misurazione della distanza tra edifici

54.4.1     La distanza tra edifici si misura lungo una linea tracciata or­to­gonal­mente alla pa­rete fi­nestrata fino ad intersecare la parete dell’edificio fronti­stante, senza te­ner conto degli eventuali elementi sporgenti (quali ter­razze, logge, ag­getti di gronda, ecc.) che non ri­levino ai fini della sa­goma dell’edificio come defi­nita al precedente art. 47 o che co­munque non siano qualificabili come pa­reti fine­strate (pozzi scala, ascen­sori, ecc.).

54.4.2     La distanza minima prescritta si intende quindi soddisfatta quando co­struendo sulla base della parete finestrata un ret­tangolo di al­tezza pari a detta di­stanza minima non si verifi­chi alcuna intersezione con le pa­reti (finestrate o non fine­strate) dell’e­dificio frontistante. Ai fini del ri­spetto della di­stanza mi­nima tra edi­fici sono pertanto irrile­vanti mi­nori va­lori della di­stanza tra spigoli di edifici o co­mun­que di di­stanze misu­rate non orto­go­nal­mente alle pareti.

54.5       raccordo con le norme in materia di cortili e simili

54.5.1     La distanza tra due pareti, anche quando le medesime non siano da consi­de­rarsi ai fini delle distanze minime di cui al presente articolo, do­vrà in ogni caso essere con­forme alle prescrizioni in materia di cor­tili, chio­strine e ca­vedi di cui agli artt. 117 ,118 e 119.

Art. 55

Distanze minime dai confini

55.1       Distanza dai confini

55.1.1     Per distanza minima di un edificio dal confine s'intende la lunghezza del seg­mento mi­nimo congiungente la parete più avanzata del fab­bri­cato e il con­fine di proprietà an­ti­stante, senza tener conto degli eventuali ele­menti spor­genti (quali ter­razze, logge, ag­getti di gronda, ecc.) che non ri­levino ai fini della sa­goma del­l’edificio come definita al prece­dente art. 47.

55.1.2     Finalità ultima delle prescrizioni in materia di distanza dai confini è quella di ga­ran­tire un assetto edilizio tale da con­sentire l’attuale e fu­turo ri­spetto delle norme in materia di di­stanza tra gli edifici, ri­parten­done equamente l’onere tra i due pro­prie­tari confi­nanti.

55.1.3     Ai fini della distanza minima in questione si considerano pertanto i soli con­fini tra due proprietà contigue, non rile­vando eventuali diverse de­limitazioni (limiti di zona omo­ge­nea e simili) nè le strade  (in rela­zione ai quali si appli­cano le specifiche prescri­zioni di cui all’art. 56). Le eventuali prescrizioni di P.R.G. in rela­zione a di­stanze minime da tenersi dai limiti di zona si appli­cano per­tanto nei soli casi in cui la zona contigua sia di uso pubblico o preordinata all'esproprio.

55.2       Minima distanza dai confini

55.2.1     I valori della distanza minima degli edifici dai confini sono precisati, per le sin­gole zone o sotto­zone, dalle N.T.A. del P.R.G.

55.2.2     In assenza di specifica prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G., la di­stanza dai con­fini di proprietà dovrà essere comunque non inferiore alla metà della di­stanza minima tra edi­fici di cui al precedente art. 54.

55.3       Modalità di misurazione della distanza dai confini

55.3.1     La distanza minima dai confini si intende soddisfatta quando in nes­sun punto del­l’e­difi­cio il rettangolo costruito sulla base di ciascuna parete e di altezza pari alla di­stanza minima pre­scritta intersechi il confine di proprietà.

55.3.2     Nel rispetto della finalità ultima di cui al comma 55.1.2 può essere am­messa, in caso di esplicito accordo tra i proprietari confinanti, la co­stru­zione di un edi­fi­cio a distanza dal confine inferiore a quella mi­nima pre­scritta, a condi­zione che l’al­tro proprietario di im­pegni ad ar­re­trare il proprio edificio a di­stanza tale da assi­curare il rispetto della di­stanza minima prescritta tra gli edi­fici. In tal caso l’ac­cordo tra i due confi­nanti sarà condizione essenziale per l’appro­vazione del pro­getto e dovrà ri­sul­tare o da spe­ci­fica conven­zione o da un apposito ela­bo­rato sotto­scritto da en­trambi i pro­prietari ed al­le­gato al pro­getto a farne parte in­tegrante.

55.3.3     Le prescrizioni in materia di distanza minima dai confini non si ap­pli­cano alle por­zioni completamente interrate degli edi­fici e quindi a condi­zione che le me­desime non fuo­riescano dalla quota dell’area cir­costante l’edi­ficio a sistema­zione av­ve­nuta.

55.4       Costruzioni in aderenza al confine

55.4.1     Non è richiesto il rispetto di alcuna distanza minima dal con­fine per le co­stru­zioni che debbano erigersi in aderenza al confine medesimo previo accordo tra i pro­prie­tari con­finanti.

55.4.2     Ai fini del presente Regolamento e delle N.T.A. del P.R.G., detto ac­cordo si in­tende sempre sussistente, anche in as­senza di atti for­mali tra le parti, nel caso :

a)     di costruzioni da realizzarsi a ridosso di edifici già esi­stenti sul con­fine di pro­prietà (con appoggio sul muro reso comune ai sensi del­l’art. 874 C.C. e con edi­fica­zione in aderenza al mede­simo ai sensi dell’art. 877 C.C.);

b)    di costruzioni da realizzarsi sul confine di proprietà in forza della li­bertà di scelta del primo edificante (principio della pre­ven­zione) quando ciò non com­porti alcuna limi­tazione alla pos­sibilità edifi­ca­toria del lotto con­tiguo.

               In ogni altro caso l’accordo tra i confinanti deve risultare da apposito atto al­le­gato al progetto secondo quanto già pre­scritto al comma 55.3.2.

Art.56

Distanze minime dalle strade

56.1       Distanza dalle strade

56.1.1     Per distanza di un edificio dalla strada s'intende la lunghezza del seg­mento mi­nimo congiungente l’elemento più spor­gente del fab­bri­cato (eccettuati i soli ag­getti di gronda) e la li­nea che delimita il con­fine tra la proprietà pri­vata e la strada.

56.2       Minima distanza dalle strade

56.2.1     I valori della distanza minima degli edifici dalle strade sono precisati, per le sin­gole zone o sotto­zone, dalle N.T.A. del P.R.G.

56.2.2     Anche in assenza di specifica prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G., la di­stanza degli edifici dalle strade dovrà essere co­munque conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e del relativo Regolamento di esecu­zione ed attuazione (D.P.R. 16 dicem­bre 1992, n. 495).

56.2.3     Ogni qualvolta il P.R.G. preveda la rettifica, l’ampliamento o la for­ma­zione di nuovi tracciati stradali, la distanza minima di cui al pre­sente ar­ticolo deve es­sere verifi­cata con riferimento sia all’attuale stato dei luo­ghi che a quello deri­vante dall’at­tua­zione delle previ­sioni di P.R.G.

Art. 57           

Rispetto dei diritti di terzi

57.1       In ogni parte del presente Regolamento, qualsiasi sia l’argomento trattato, le pre­scri­zioni delle me­de­sime sono da intendersi sempre e comunque fatti salvi i diritti di terzi.

Art. 58           

Tutela del verde e delle alberature

58.1       In tutte le aree in cui il presente Regolamento, le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale od altre norme prescrivono la sal­vaguardia della esi­stente dota­zione di al­be­rature di alto e medio fusto e delle sistemazioni a verde, qualsiasi intervento dovrà pre­ve­dere la conservazione e per­petua­zione, anche tra­mite sosti­tuzione, delle es­senze vege­tali esi­stenti.

58.2       I progetti relativi ad interventi edilizi od urbanistici dovranno espres­sa­mente dare atto della esistenza o meno di alberature, precisandone eventualmente l'essenza e la dimensione nonchè la compatibilità con l'intervento edilizio proposto. Nel caso l'intervento comporti la neces­sità di abbattere una o più alberature di alto fusto l'autorizza­zione di cui al­l'art. 9 del “Regolamento co­mu­nale per la tu­tela del pa­tri­monio arbo­reo ed arbustivo della città” e del con­seguente art. 8 del Disciplinare Attuativo è as­sorbita nell'autoriz­zazione o concessione edilizia, e quindi è sog­getta alla sola valuta­zione del Servizio Edilizia Privata, il quale provvede in merito acqui­sendo il parere delle com­missioni con­sultive di cui all'art. 14 come previsto dal presente Regolamento.

Art. 59

Rischio idraulico

59.1       Le prescrizioni ed i vincoli regionali in materia di rischio idraulico e di pre­ven­zione dei danni pro­vo­cati da fenomeni di esondazione e rista­gno, di cui al D.A. n. 298/41 del 4/7/200, trovano applicazione negli ambiti indicati dello stesso provvedimento.

59.2       Dette prescrizioni e vincoli operano nei confronti di tutti gli interventi, sia pub­blici che pri­vati, i quali comportino :

a)      la realizzazione di nuove volumetrie, con l’esclusione degli in­ter­venti che comunque non comportino incre­mento dell’ingombro a terra della co­stru­zione;

b)      la realizzazione di manufatti di qualsiasi natura che possano osta­colare il de­flusso delle acque anche in caso di inondazioni quali re­cinzioni, depositi di qual­siasi natura, serre, tet­toie, piatta­forme e simili,

c)      trasformazioni morfologiche di aree pubbliche e private (e cioè modifiche del territo­rio che co­stituiscano ostacolo al deflusso delle acque in caso di inon­da­zione);

d)      per gli edifici esistenti sono previsti gli interventi di cui all’art. 20 della L. 71/78 punto a), b), c) e d)

Art. 60

Immobili notificati ai sensi del D.Lgs. 490/99

60.1       Per gli immobili soggetti al vincolo diretto di tutela di cui al D.Lgs. 490/99, ferma restando la disciplina di carattere generale di cui allo stesso D.Lgs. 490/99, le prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G. e del pre­sente Regolamento operano come di seguito specificato.

60.2       Qualora il vincolo riguardi solo una parte dell’immobile o singoli ele­menti del me­de­simo, la re­stri­zione degli interventi ammissibili di cui al precedente comma avrà va­lore solo per dette parti od elementi, ferma restando la disci­plina previ­sta dalle N.T.A. del P.R.G. per le parti del­l’im­mobile non soggette a vincolo di­retto.

60.3       Le restrizioni di cui ai commi precedenti trovano applicazione anche in caso di vin­coli im­po­sti e noti­fi­cati successivamente all’entrata in vi­gore del presente Regolamento e decor­rono dalla data di no­tifica del vin­colo. Analogamente dette re­strizioni cessano di sussi­stere nel caso in cui i vincoli ven­gano re­vo­cati, an­che in questo caso con de­cor­renza dalla data di no­tifica della re­voca del vin­colo.

Art. 61

Tolleranze di costruzione

61.1       Nella esecuzione di opere edilizie di qualsiasi tipo, salvo quanto di­ver­samente im­posto da leggi o nor­mative specifiche, sono ammesse le seguenti tolleranze di co­struzione ri­spetto alle mi­sure nomi­nali conte­nute nel progetto :

     per lunghezze fino a ml. 2,00 :                                            ± 2%

     per lunghezze oltre a ml. 2,00 e fino a ml. 6,00 :                 ± 1%

     per lunghezze oltre a ml. 6,00 :                                        ± 0,5%

     per altezze fino a ml. 5,00 :                                                ± 1%

     per altezze oltre a ml. 5,00 :                                            ± 0,5%

61.2       E’ fatta eccezione per le altezze interne dei singoli vani e per le altre altezze pre­scritte da norme di ca­rattere igienico-sanitario, per le quali è stabilita la tol­le­ranza di ± cm. 2, qual­siasi sia l’altezza prescritta.

61.3       Per le parti che risultassero prive di esplicita quotatura sul progetto approvato, sem­pre che non sia possibile desumere la quota man­cante in via analitica, è am­messa una tolle­ranza di ± cm. 10 ri­spetto alla lettura rilevata sul supporto car­taceo in scala 1/100, nel rispetto degli allinea­menti gra­fici e della con­gruenza del disegno.

Capitolo VII :    DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI

Art. 62

Interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica del terri­torio co­mu­nale

62.1       Gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio co­munale, sog­getti a con­ces­sione edilizia ovvero ad attestazione di con­formità, sono disciplinati dall’art. 20 della L.R. 71/78.

Art. 63

Interventi sul patrimonio edilizio esistente

63.1       Definizione degli interventi

63.1.1       Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente si distin­guono in :

a)   manutenzione ordinaria

b)   manutenzione straordinaria

c)   conservazione, restauro e risanamento conservativo

d)   ristrutturazione edilizia

e)   ristrutturazione urbanistica

63.1.2       Gli interventi di cui al comma precedente sono definiti dal­l’art. 20 della L.R. 71/78 (lettere da “a” ad “e”)

63.2       Opere assimilate a specifiche categorie di intervento

63.2.1       Ai sensi dell’art. 26 della L. 10/91, i nuovi impianti, lavori, opere, modi­fiche, in­stal­la­zioni, relativi alle fonti rinno­vabili di ener­gia, alla conser­vazione, al ri­pri­stino ed al­l’uso razionale dell’energia, in edi­fici ed im­pianti industriali, sono as­similati a tutti gli effetti.

63.2.2       Ai sensi dell’art. 7, secondo comma, della L. 13/89, le opere finaliz­zate al su­pe­ra­mento delle barriere architettoniche che consistano in rampe ed ascen­sori esterni ov­vero i manufatti che alterino la sa­goma dell’edificio, sono pari­menti assimi­late.

63.3       Ammissibilità di alcune categorie di intervento

63.3.1       L’ammissibilità di una categoria di intervento comporta l’ammissibi­lità delle ca­tego­rie che la precedono nella elen­ca­zione di cui al comma 65.1, anche quando ciò non sia esplici­tamente espresso nella norma urbanistica di ri­feri­mento.

63.4       Interventi ammissibili in attesa della formazione di P.U.E.

63.4.1       Nelle zone in cui lo strumento urbanistico subordini gli inter­venti alla forma­zione di stru­menti urbanistici attuativi (P.U.E.) resta fermo quanto disposto dalla legi­sla­zione vi­gente in materia di interventi ammissibili sul patrimonio edi­lizio esi­stente in attesa della forma­zione degli stru­menti attuativi me­desimi.

Art. 64

Interventi di nuova edificazione

64.1       Gli interventi di nuova edificazione si distinguono in :

a)   nuova costruzione, e cioè nella realizzazione di edifici ex-novo in aree già ur­baniz­zate o co­munque nelle quali lo strumento urba­ni­stico ammette l’in­ter­vento edilizio diretto;

b)   nuovo impianto, e cioè nel complesso delle opere necessarie alla realizza­zione di nuove co­struzioni in aree da urbanizzare o comun­que nelle quali lo stru­mento ur­bani­stico pre­scrive la preventiva formazione di uno stru­mento urbanistico attuativo.

64.2       Nuova costruzione

64.2.1       L’intervento di nuova costruzione consiste nella edificazione di qual­siasi ma­nu­fatto en­tro e fuori terra, rea­lizzato in mura­tura o con l’im­piego di altro ma­te­riale, che in­dipen­dente­mente dalla du­rata, dalla inamovibilità ed incorpo­ra­zione al suolo, sia in grado di costituire unità abi­tabile o agibile.

64.2.2       Il tipo di intervento comprende anche gli ampliamenti e le soprele­va­zioni, ad ecce­zione di quelli rien­tranti nei limiti degli interventi sul pa­trimonio edilizio esi­stente di cui al pre­ce­dente articolo 65.

64.3       Nuovo impianto

64.3.1     L’intervento di nuovo impianto comprende il complesso di tutte le opere ne­ces­sarie per la formazione di nuove aree ur­bane secondo la destinazione pre­vista dal P.R.G.

64.3.2     L’intervento di nuovo impianto è sempre soggetto all’appro­vazione pre­ven­tiva di un P.U.E.

64.3.3     In tali interventi, compatibilmente con le soluzioni tecniche possibili, dovrà es­sere at­tenta­mente stu­diata la viabilità car­rabile e pedocicla­bile ed è obbliga­toria la pre­sen­ta­zione di un progetto complessivo di si­stemazione delle aree sco­perte esteso all’in­tero ambito.

Art. 65

Sistemazione delle aree scoperte

65.1       L’intervento di sistemazione delle aree scoperte comprende le opere da ese­guirsi per l’at­trezza­tura e la sistemazione di aree scoperte, di pertinenza o meno di edifici esi­stenti, quando l’inter­vento non sia con­seguente o correlato ad uno degli interventi di cui agli ar­ti­coli prece­denti.

65.2       Ferme restando le limitazioni previste per le singole zone dalle N.T.A. del P.R.G. non­ché le ul­te­riori limitazioni previste dal presente Regolamento, il tipo di in­ter­vento com­prende fra l’altro:

a)   la formazione o modifica di aree pavimentate scoperte, lastrici so­lari, piaz­zali e si­mili;

b)   l’arredo fisso e l’attrezzatura, per gli usi consentiti dallo strumento urba­ni­stico, degli spazi scoperti di cui sopra;

c)   la realizzazione di piscine, campi da tennis ed altre attrezzature sportive;

d)   la costruzione e la modifica dei piccoli manufatti che non si confi­gu­rano come nuova co­stru­zione come definita all’art. 66.3;

e)   le modificazioni dell’andamento del terreno, anche con costru­zione, modi­fica o de­mo­li­zione di muri di sostegno o di recinzione;

f)    le opere già indicate come di manutenzione straordinaria quando eseguite su aree sco­perte o sugli elementi che ne fanno parte;

g)   le altre opere o modificazioni di natura e consistenza analoghe a quelle di cui so­pra o co­mun­que ad esse riconducibili.

Art. 66

Demolizione.

66.1       Gli interventi di demolizione possono avere per oggetto complessi edi­lizi, sin­goli edi­fici o parte di essi.

66.2       Possono essere interessati da interventi di demolizione solo gli im­mobili che non siano sot­to­po­sti a particolare regime di tutela da parte delle N.T.A. del P.R.G. o di specifica le­gi­sla­zione.

Capitolo VIII:   SPAZI PER PARCHEGGI PRIVATI

Art. 67

Parcheggi privati : norme generali

67.1       Si considerano parcheggi privati tutti gli spazi comunque destinati alla sosta degli automezzi e la cui fruizione non sia pubblica, quali che siano la loro tipologia, collocazione e caratteristiche costruttive (autorimesse singole o collettive, posti auto coperti o schermati o scoperti, autosilo e ricoveri meccanizzati, ecc.).

67.2       Gli spazi da destinare a parcheggi privati a servizio degli edifici di nuova co­stru­zione o risultanti da interventi di ristruttu­razione ur­bani­stica do­vranno avere su­per­fi­cie non in­feriore a quella pre­scritta dal­l’art. 41-sexies della L. 1150/42 come sosti­tuito dal 2° comma del­l’art. 2 della L. 122/89 (un metro quadrato ogni 10 metri cubi di co­struzione), fatti salvi i casi in cui nor­mative spe­cifiche prescri­vano superfici supe­riori.

67.3       Gli spazi per parcheggi privati costituiscono opere di urbanizza­zione an­che ai sensi del­l’art. 9, primo comma, lettera f), della legge 28 gen­naio 1977 n. 10.

Art. 68

Modalità di calcolo della superficie per parcheggi

68.1       Il vo­lume da con­siderarsi per la determinazione della minima superfi­cie per par­cheggi ri­chie­sta è quello de­finito all’art. 43 del pre­sente Regolamento.

68.2       Nel computo della superficie destinata a parcheggi possono essere computati, oltre agli spazi ef­fetti­vamente destinati al parcheggio degli autoveicoli, anche le corsie di distribu­zione, le rampe di distribu­zione interne alle autorimesse, le aree di ma­novra e gli altri spazi diretta­mente connessi con la fun­zione di par­cheggio. Saranno invece escluse dal com­puto le strade che conducono al par­cheg­gio, le eventuali rampe di accesso esterne alle autori­messe, nonché ogni altro spazio che non abbia diretta at­tinenza con la fun­zione di par­cheggio, an­che quando indi­spensabile per accedere al medesimo.

Art. 69

Schermatura di posti auto all’aperto

69.1       In corrispondenza dei posti auto all’aperto sono ammesse le opere necessarie alla scher­ma­tura dei medesimi quali tettoie, pensiline, grigliati e simili.

69.2       Dette opere sono ammesse in ogni zona del territorio comunale e non sono com­pu­tate ai fini della S.U.L. e degli altri parametri urbani­stici ed edilizi quando ri­spettino in­tegral­mente le se­guenti condi­zioni :

a)   non possono essere adibite ad altra funzione che il mero riparo degli auto­mezzi;

b)   deb­bono essere progettate e realizzate in modo tale da limitare l’impatto vi­sivo de­gli auto­vei­coli in par­cheggio, adottando le solu­zioni progettuali, i ma­teriali e le tecni­che co­struttive più idonee a favorirne il corretto inse­ri­mento nel con­testo;

c)   non devono essere delimitate da murature (o da altre strutture idonee ad in­di­vi­duare un vano suscettibile di altri usi) per l’intero loro perimetro;

d)   almeno un lato di dimensione non inferiore a ml. 2,50 deve essere comple­ta­mente aperto e privo di infissi e di schermature;

e)   la profondità della schermatura sia limitata a quella effettivamente neces­sa­ria alla pro­te­zione degli autoveicoli, con un massimo as­so­luto di ml. 6,00;

f)    la superficie complessiva della schermatura, misurata in proie­zione oriz­zon­tale, non ec­ceda mai :

  un quarto della superficie del terreno nel quale sono ricavati i po­sti auto, nel caso di par­cheggi su aree inedificate che non siano di perti­nenza di alcun edifi­cio;

  la metà della superficie dell’area scoperta di pertinenza dell’e­dificio, nel caso di par­cheggi ricavati nelle aree scoperte di per­tinenza di edi­fici esistenti;

69.3       Con riferimento alla prescrizione di cui alla precedente lettera “b”, i progetti delle opere di scher­ma­tura dei posti auto dovranno essere corredati dalla do­cu­men­tazione atta a dimo­strare il cor­retto in­seri­mento nel contesto. Detta do­cu­menta­zione deve es­sere co­sti­tuita al­meno da una documenta­zione fotogra­fica d’in­sieme e di dettaglio e da una rela­zione illu­strativa particolar­mente det­ta­gliata sia quanto at­tiene le pro­blema­tiche di ca­rat­tere am­bien­tale che per quanto ri­guarda mate­riali e tecniche da adottare.

 

Capitolo IX : ESECUZIONE DEI LAVORI

Art. 70

Comunicazione di inizio lavori e adempimenti relativi

70.1       Il titolare di Concessione od Autorizzazione Edilizia deve dare comuni­cazione scritta al sog­getto di cui al comma  5.1 dell’inizio dei lavori contestualmente al­l’inizio dei mede­simi. Se non già speci­fi­cato nella richiesta di concessione o au­torizzazione, la comunicazione deve con­tenere l’indica­zione del Direttore dei Lavori e dell’Im­presa esecutrice. Qualunque suc­ces­siva varia­zione del Direttore dei Lavori e dell’Im­presa esecutrice deve essere tem­pesti­va­mente comuni­cata al sog­getto di cui al comma 4.2.

70.2       Al momento dell’inizio dei lavori dovrà essere collocato sul luogo dei medesimi un car­tello a ca­rat­teri ben visibili indicante :

  le opere in corso di realizzazione;

  la natura dell’atto abilitante all’esecuzione delle opere e gli estremi del mede­simo;

  il nominativo del titolare dell’atto abilitante;

  il nominativo del progettista;

  il nominativo del direttore dei lavori;

  il nominativo dell’esecutore dei lavori.

  il nominativo del calcolatore delle strutture (ove prescritto);

  il nominativo del direttore dei lavori delle strutture (ove prescritto);

  il nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di progetta­zione (ove pre­scritto);

  il nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecu­zione (ove pre­scritto);

  ogni altro dato o nominativo previsto da norme vigenti.

Art. 71

Richiesta di punti fissi di allineamento e quote

 

71.1       Nel caso di interventi di nuovo impianto, il titolare della concessione edilizia rela­tiva alle opere di urbanizzazione deve chie­dere ai compe­tenti Uffici Comunali l’as­segnazione sul ter­reno di punti fissi da assu­mere a rife­rimento, sia planime­trico che altimetrico, per le opere da realiz­zare.

71.2       I punti fissi di allineamento e quota vengono assegnati dai tecnici co­munali en­tro 15 giorni dalla data di deposito della ri­chiesta.

71.3       L’assegnazione dei punti fissi è effettuata con apposito verbale, re­datto conte­stual­mente al­l’asse­gnazione dei punti medesimi e sotto­scritto dal titolare della conces­sione (o, in sua rap­presentanza, dal di­rettore dei lavori) e dal tecnico co­munale incaricato dell’as­segna­zione. Copia del verbale di assegnazione deve essere mantenuta presso il cantiere con­giuntamente alla concessione edilizia.

71.4       Decorso il termine temporale di cui al secondo comma del presente articolo senza che i punti fissi siano stati assegnati, il titolare della concessione può pro­cedere nei lavori ri­ma­nendo sol­levato da ogni re­sponsabilità in merito al­l’e­satta collo­cazione del­l’opera, sem­pre che la mede­sima sia stata eseguita in con­for­mità al progetto appro­vato.

71.5       Nel caso di interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urba­nistica, è fa­coltà del ti­tolare della concessione chie­dere l’assegna­zione dei punti fissi di alli­ne­amento e quota. Ove questi si av­valga di detta facoltà i punti fissi ver­ranno asse­gnati con le modalità stabi­lite ai commi prece­denti per gli interventi di nuovo im­pianto.

Art. 72

Prescrizioni per il cantiere

72.1       Nei cantieri dove si eseguono lavori di costruzione, manutenzione, ri­parazione o de­moli­zione di opere edilizie, di qualsiasi natura ed entità esse siano, de­vono essere ri­spettate le norme di pre­venzione infor­tuni, le norme sulla pre­venzione incendi, l'obbligo a ter­mine di legge della de­nunzia di eventuali ritro­vamenti nonché ogni altra dispo­si­zione in materia di condu­zione dell’at­tività edilizia in genere.

72.2       Per tutta la durata dei lavori il cantiere deve essere recintato e deve essere or­ganiz­zato in modo da essere libero da materiali inutili, dan­nosi o che produ­cano inqui­na­mento. Dovrà inoltre essere adottata ogni cautela atta ad evitare danni e molestie a persone e cose pub­bli­che e pri­vate.

72.3       Il cantiere deve essere provvisto di segnalazioni di ingombro e di peri­colo diurne (bande bian­che o rosse) e notturne (luci rosse) nonché di dispositivi ri­frangenti ad integra­zione del­l’illumi­nazione stra­dale.

72.4       L’accesso al cantiere non dovrà costituire pericolo per la circolazione stradale e co­mun­que per la pubblica incolumità.

Art. 73

Documenti da conservare presso il cantiere

73.1       Presso il cantiere deve essere conservata, a disposizione delle au­torità com­pe­tenti, co­pia dei se­guenti documenti:

a)   concessione edilizia e reIativi elaborati di progetto;

b)   denuncia depositata presso il Genio Civile per eventuali opere in cemento armato o co­mun­que soggette alla normativa in materia di costruzioni in zona sismica, cor­re­data dal relativo pro­getto struttu­rale;

c)   giornale dei lavori, periodicamente vistato dal Direttore dei Lavori come pre­scritto dalla L. 1086/71;

d)   documentazione attestante l’avvenuto adempimento agli obblighi di legge in me­rito alla proget­tazione di impianti e simili, ivi com­presi quelli relativi al con­tenimento dei con­sumi energetici;

e)   ogni ulteriore autorizzazione eventualmente necessaria in rela­zione alle mo­da­lità del pro­getto o alle caratteristiche ambientali del luogo dove si in­ter­viene, inclusa l'auto­riz­zazione da parte delle autorità competenti a se­guito della de­nuncia di eventuali ri­tro­va­menti archeo­logici.

Art. 74

Occupazione e manomissione del suolo pubblico

74.1       Qualora durante i lavori o comunque per l’esecuzione dei medesimi si renda ne­ces­sario oc­cu­pare o manomettere il suolo pubblico tro­vano applicazione le di­sposizioni di cui agli artt. 20 e 21 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo co­dice della strada) nonchè le ul­te­riori di­sposi­zioni comunali di cui al “Regolamento per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche e per l'applica­zione della re­lativa tassa”.

Art. 75

Comunicazione di ultimazione lavori

75.1       L’avvenuta ultimazione dei lavori deve essere comunicata dal conces­sionario al soggetto di cui al comma 4.2.

75.2       Dopo l’avvenuta comunicazione dei lavori, l’atto in forza del quale sono stati eseguiti i la­vori si in­tende esaurito e qualsiasi ulteriore opera o variante deve essere pre­ceduta dal deposito di de­nun­cia di inizio attività o dal rilascio di au­to­rizzazione o concessione edili­zia.

2.2                  Quando, per inerzia del concessionario e degli altri soggetti respon­sabili del­l’e­se­cuzione delle opere, non sia data regolare comunica­zione della fine dei la­vori, le opere si consi­de­rano co­munque in corso e ciascuno dei soggetti in­te­res­sati alla loro esecuzione conti­nua a mantenere le responsa­bilità previste dalla legge.

Art. 76

Altri adempimenti

76.1       Nel corso dell'intervento edilizio, e comunque prima della presenta­zione della ri­chiesta del cer­ti­fi­cato di abitabilità o agibilità, il conces­sionario deve provve­dere ai seguenti ulte­riori adempi­menti :

a)   richiesta del numero civico all'ufficio toponomastica del comune, ogni qual­volta le opere com­portino la realizzazione di nuovi ac­cessi dalla pubblica via o co­munque va­riazione della nume­razione civica preesistente;

b)   richiesta di allacciamento alla pubblica fognatura (l'allacciamento é obbli­gato­rio per i nuovi in­sediamenti in zone servite dalla fogna­tura comunale e per i nuovi insedia­menti pro­duttivi in qualsiasi zona ubicati, pena il diniego della certifi­cazione di abita­bilità ed agibilità);

c)   domanda di autorizzazione allo scarico in acque superficiali (solo per gli in­se­diamenti di­versi da quelli di cui alla precedente lettera “b”)

d)   richiesta all'Ufficio del Genio Civile del certificato di conformità alla nor­ma­tiva antisi­smica, quando le opere siano state oggetto di controllo da parte del Genio Civile stesso.

 

Capitolo X : ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Art. 77

Opere soggette alla prescrizioni in materia di eliminazione delle barriere

 

77.1       Tutti gli edifici pubblici o privati in cui ci sia frequenza o permanenza di per­sone, qua­lun­que sia la loro destinazione d'uso, devono essere costruiti o mo­dificati in modo da per­met­tere la loro uti­lizza­zione anche a persone affette da minora­zioni fisiche o psi­chiche o sen­so­riali, anche tem­pora­nee.

77.2       Analoga modalità deve essere adottata per gli spazi di pertinenza degli edifici stessi, i par­cheggi, i percorsi di accesso, nonchè per gli impianti tecnologici sia ad uso col­let­tivo che a servizio di sin­gole unità immobiliari, con esclusione dei locali tecnici il cui accesso è ri­ser­vato ai soli addetti spe­cializzati.

2.2                  Tutte le nuove attività, sia pubbliche che private, aperte al pubblico de­vono es­sere svolte in immobili che permettano la loro fruizione anche a persone affette da minora­zioni fisiche o psi­chiche o sen­so­riali, anche tem­pora­nee, secondo le norme e prescrizioni elencate nel successivo art. 83. Detta disposizione si ap­plica anche in assenza di opere edilizie quando vi sia comunque mutamento di destinazione d’uso.

Art. 78

Norme di riferimento e prescrizioni tecniche

78.1       Per le finalità di cui all’articolo precedente, nell'esecuzione di opere edilizie ed im­pianti tec­no­lo­gici devono essere osservate le prescrizioni delle norme vi­genti in mate­ria di su­pe­ra­mento delle barriere architet­toniche e più in partico­lare :

a)   per gli edifici, gli spazi e servizi pubblici : D.P.R. nr. 503 del 24.07.1996.

b)   per gli edifici privati residenziali e non, anche aperti al pubblico, compresi quelli di edi­li­zia re­sidenziale pubblica, sovvenzionata e agevo­lata, i relativi spazi di per­ti­nenza ed impianti: Legge 9 gen­naio 1989 nr. 13 e successive mo­dificazioni e Regolamento di at­tuazione ema­nato con D.M. 14.06.1989 nr. 236 con gli even­tuali aggiorna­menti e modi­fi­che così come previsto dal­l'art. 12 del de­creto stesso.

c)   impianti e attrezzature per l'esercizio di attività motorio/ricreative:

d)   per tutti gli edifici: le norme tecniche sa­ranno ema­nate dal Consiglio Regionale secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge.

a)      per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico:.

b)      f) per gli edifici sedi di attività ricettive e di pubblici esercizi le disposi­zioni applicative riportate nell’allegato F del presente Regolamento

78.2       Le norme sopra elencate prevalgono sugli strumenti urbanistici e sulle pre­scri­zioni del re­go­la­mento edilizio che risultassero incompatibili con le medesime.

78.3       Il presente Regolamento fornisce inoltre ulteriori indicazioni e prescri­zioni, di­ret­ta­mente di­scen­denti da quelle generali soprarichiamate ed integrative delle me­de­sime, al fine di age­vo­larne ed unifor­marne l’applicazione

Art. 79

Documentazione ed elaborati tecnici

79.1       Per dimostrare la conformità dei progetti presentati alla normativa vi­gente nn materia di elimi­na­zione e superamento delle barriere archi­tettoniche, gli ela­bo­rati tecnici devono chia­ramente evi­denziare le so­lu­zioni proget­tuali e gli ac­cor­gimenti tecnici adottati per ga­rantire il soddisfa­ci­mento delle prescri­zioni in ma­teria di ac­cessibi­lità, visita­bilità ed adat­ta­bilità dei locali.

79.2       In particolare, per quanto concerne l'adattabilità, le soluzioni proget­tuali e gli ac­corgi­menti tec­nici atti a garantirne il soddisfacimento, de­vono essere de­scritti tramite spe­cifici elabo­rati gra­fici.

79.3       Al fine di consentire una più chiara valutazione di merito, gli elaborati grafici de­vono es­sere ac­compagnati da una relazione contenente la descrizione delle so­luzioni proget­tuali e delle opere pre­viste per la eliminazione delle barriere ar­chi­tettoni­che, degli accorgimenti tecnico-struttu­rali ed impiantistici nonchè dei mate­riali di cui si prevede l’im­piego, del grado di ac­cessibilità delle so­lu­zioni previste per ga­rantire l'ade­guamento dell'edificio.

Art. 80

Soluzioni tecniche alternative

80.1       Ogni qualvolta il progetto preveda il ricorso ad una o più delle solu­zioni tecni­che alter­na­tive di cui all’art. 7.2 del D.M. 236/89, ciò deve essere chiaramente evi­denziato nella re­la­zione.

80.2       Dette soluzioni tecniche alternative sono ammesse quando rispon­dano ai cri­teri di pro­get­ta­zione sottintesi dalla normativa applicabile al caso specifico e ga­ran­tiscano esiti equi­va­lenti o migliori ri­spetto a quelli conseguibili mediante l’appli­cazione delle soluzioni tecni­che indi­cate dalla norma di riferimento.

Art. 81

Dichiarazione di conformità

81.1       La conformità del progetto alla normativa vigente in materia di supe­ramento delle bar­riere ar­chi­tet­toniche deve essere certificata dal pro­gettista, nella sua qualità di professio­nista abilitato, me­diante la di­chiarazione di cui all’art. 1 comma 4 della L. 13/89.

82.2       Ogni qualvolta siano previste una o più delle soluzioni tecniche alter­native di cui all’art. 86, l’i­do­neità delle medesime deve essere esplici­tamente certificata dal progettista nella di­chia­ra­zione di cui al comma precedente. Detta dichiara­zione deve inoltre essere ac­com­pagnata da una re­lazione, corredata dagli elaborati grafici ne­cessari, con la quale viene il­lustrata l’al­terna­tiva proposta e l’e­qui­va­lente o mi­gliore qualità degli esiti ottenibili.

Art. 82

Prescrizioni e deroghe

82.1       Le autorizzazioni e le concessioni edilizie non possono essere rila­sciate in man­canza della pre­scritta conformità, limitatamente allo spe­cifico intervento pro­get­tato, alla norma­tiva in materia di su­pera­mento delle barriere architetto­ni­che.

82.2       Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti al vincolo di cui alla L. 1089/39, quando l’adeguamento alle norme in materia di superamento delle bar­riere ar­chitettoni­che non sia possi­bile nel ri­spetto dei valori storico-archi­tet­tonici tutelati dal vin­colo, la confor­mità alle norme me­desime (per il disposto dell’art. 24 comma 2 della legge 5 feb­braio 1992 n. 104) può essere con­se­guita me­diante opere prov­visionali, nei li­miti della compatibilità sugge­rita dal vincolo ricor­rente. Analoga possibilità è ammessa per gli edifici no­tificati ai sensi della L. 1497/39 non­chè per gli immobili sottoposti alle classi di intervento 0, 1 e 2 del P.R.G. vi­gente.

82.3       Le prescrizioni delle norme di cui all’art. 83 sono derogabili solo per gli edifici o loro parti che, nel rispetto di normative specifiche, non sono realizzabili senza barriere architetto­ni­che nonchè per i locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti specializzati.

82.4       Per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente diversi dalla ristruttu­razione ur­banistica, fermo re­stando quanto disposto dall’art. 1 comma 3 della L. 13/89, sono inoltre am­messe deroghe in caso di dimostrata impossibilità tec­nica con­nessa agli elementi struttu­rali ed impiantistici.

82.5       Le deroghe di cui ai commi precedenti sono concesse dal soggetto di cui al comma 4.2 in sede di rilascio dell’autorizzazione o concessione edilizia, previo parere favore­vole del Responsabile del procedimento.

 

Capitolo XI : ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ DELLE COSTRUZIONI

Art. 83

Certificazione di abitabilità o agibilità

83.1       Per il combinato disposto degli art. 4, comma 1, del D.P.R. 22 aprile 1994 n.425 e della L.R. 17/94, la certifi­ca­zione di abi­tabilità (per le unità im­mobiliari ad uso re­si­denziale) o di agi­bilità (per le unità immobiliari con altra destina­zione) é neces­saria per uti­liz­zare :

a)   gli edifici o parti di essi di nuova costruzione;

b)   gli edifici o parti di essi esistenti che siano stati oggetto di inter­venti di ri­strut­tu­ra­ zione edilizia o di ampliamento e che riguardino parti strutturali degli edifici stessi;

c)   gli edifici o parti di essi esistenti che siano stati oggetto di inter­venti di re­stauro, di ri­strut­tu­ra­zione edilizia o di ampliamento che abbiano comportato mutamento di de­sti­nazione d'uso.

83.2       E’ fatta eccezione per gli edifici realizzati precedentemente all’anno 1949 e che non siano stati successivamente interessati da interventi edilizi di trasforma­zione di cui all­e lettere “b” e “c” del comma prece­dente. Per detti edifici si ap­pli­cano le disposi­zioni di cui all’art. 97.

83.3       La certificazione di abitabilità o agibi­lità, ai sensi della L.R.17/94, è atte­stata dal Direttore dei Lavori o da un profes­sionista abilitato, su incarico del pro­prie­tario dell'immobile o del ti­to­lare della con­cessione edilizia (o del diverso titolo abilitativo in forza del quale sono stati eseguiti i la­vori).

83.4       Per le opere soggette alla normativa sulle costruzioni in zone sismiche in cui sia previsto il collaudo finale dalla normativa vigente, la certifica­zione è redatta dal collaudatore. A tal fine egli acquisisce una dichiara­zione resa dal Direttore dei Lavori di conformità dell’opera eseguita con il progetto approvato e con le norme igienico sanitarie.

Art. 84

Redazione e deposito del certificato di abitabilità o agibilità

84.1       Il certificato di abitabilità o agibilità, in carta legale o resa tale, deve es­sere re­datto dal tecnico abilitato se­condo il mo­dello predi­sposto dall'ufficio e depositato presso la competente unità organizzativa del Servizio Edilizia Privata.

84.2       La certificazione deve essere corredata della documenta­zione ob­bli­gato­ria di cui al succes­sivo art. 85 e della attestazione del­l’av­venuto versa­mento dei diritti do­vuti.

84.3       La certificazione ha validità solo se completa della docu­mentazione ob­bliga­toria e cor­retta sotto il profilo formale.

84.4       Al momento della presentazione della certificazione, l'ufficio preposto al­l'accetta­zione rila­scia una rice­vuta che atte­sta l’avvenuto deposito della cer­tificazione stessa e la corret­tezza della mede­sima sotto il profilo for­male. Dalla data di tale ricevuta decorrono l’abitabilità o l’agibilità non­ché i termini di cui all’art. 3, della L.R. 17/94.

Art. 85

Documentazione obbligatoria

85.1       La documentazione da allegare alle certificazioni di abi­tabi­lità/agibilità è co­stituita da :

a)   dichiarazione del Direttore dei Lavori, nei casi di cui al precedente art. 83.4, di conformità dell’im­mobile al progetto approvato ed alle norme igienico sanitarie (verificata come indicato al successivo art. 86), come da modello predisposto dall’ufficio.

b)   atto attestante la rispondenza dell’opera alla normativa vigente in materia di co­stru­zioni in zona sismica in funzione dell’opera ese­guita e più esatta­mente :

c.1   collaudo statico con dichiarazione di rispondenza alla normativa anti­si­smica ed at­te­sta­zione di avvenuto deposito presso l'Uffi­cio del Genio Civile;

c.2   relazione finale del Direttore dei lavori con dichiarazione di ri­spon­denza alla nor­ma­tiva antisismica ed attestazione di avve­nuto deposito presso l'Ufficio del Genio Civile, nei casi in cui non occorra il collaudo di cui alla precedente lettera “a”;

c.3   copia del certificato di conformità alla normativa antisismica ri­lasciata dal Genio Civile, nei soli casi in cui le opere siano state oggetto di con­trollo da parte del­l'Uf­ficio del Genio Civile;

c.4   certificato di idoneità statica redatto da un tecnico abilitato se­condo le indica­zioni del­l'art. 2 del D.M. 15 maggio 1985 nei casi in cui non sono necessari, per la tipo­logia del­l'in­ter­vento, i do­cumenti ed adem­pimenti di cui alle pre­cedenti lettere “a”, “b” e “c”.

d)   dichiarazione congiunta (sottoscritta dal progettista, dal costruttore e dal di­rettore dei la­vori, ciascuno per quanto di sua compe­tenza) con la quale viene certi­ficata la rispon­denza delle opere eseguite al progetto per il con­tenimento dei consumi ener­ge­tici de­positato presso i com­petenti uffici co­munali prima del­l'inizio dei lavori se­condo quanto disposto dal­l’art. 106. Nei casi in cui, per il tipo di intervento, non sia risul­tato ne­cessa­rio proce­dere a detto deposito, la cer­tificazione di conformità viene so­sti­tuita da una di­chia­ra­zione con la quale il direttore dei lavori attesta la non ne­ces­sità del pro­getto per il contenimento dei consumi energe­tici.

e)   certificato prevenzione incendi o verbale di collaudo rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco (obbligatorio, ai fini della certifi­cazione di abita­bilità, per gli edifici resi­den­ziali e per gli edifici civili con al­tezza in gronda supe­riore a ml. 24, per gli edifici indu­striali con ascensore o montaca­richi con corsa sopra il piano terra su­pe­riore a ml. 20, per tutti gli immo­bili con impianto di pro­du­zione di calore con po­tenzia­lità su­periore a 100.000 Kcal/h e per le autorimesse con capacità supe­riore a nove auto­veicoli quando le stesse costitui­scono la dota­zione minima di spazi per par­cheggi di cui all’art. 69). Qualora il certi­ficato, sep­pur ri­chiesto, non sia stato ancora rila­sciato po­trà essere so­stituito da copia della ri­chiesta con at­testa­zione di presenta­zione della medesima presso il locale Comando dei Vigili del Fuoco.

a)      collaudo impianti tecnologici, nei casi previsti da norme specifiche e per gli im­pianti ese­guiti prima dell'entrata in vigore della L. 46/90 (13 marzo 1990) per i quali non sus­sistono gli adempimenti indi­cati nel punto succes­sivo (in quest'ul­timo caso e solo per gli edifici re­si­den­ziali é fatta salva la possibi­lità di ricorrere all'au­tocerti­fica­zione, come disposto all'art. 6 del rego­la­mento di cui al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392).

 

Art. 86

 

Salubrità delle costruzioni

86.1        Ai fini della certificazione di abitabilità/agibilità si considerano salubri gli immobili in possesso dei requisiti igienico-sanitari e costruttivi previsti dal presente Regolamento.

 

Art. 87

Procedura per l’istruttoria dell’attestazione di abita­bilità o agibilità

87.1       In conformità a quanto prescritto dall’art. 2 della L.R. 17/94.

Art. 88

Domande per immobili oggetto di condono edilizio

88.1       In conformità a quanto prescritto dall’art. 4 L.R. 17/94.

CAPITOLO XII : REQUISITI GENERALI DELLE COSTRUZIONI

Art. 89

Ambito di applicazione

89.1       Le prescrizioni generali di cui al presente Titolo si applicano a tutti gli edifici di nuova co­stru­zione o risultanti da interventi di ri­strutturazione urbanistica, qual­siasi sia la loro ubi­ca­zione, consi­stenza e de­stina­zione d’uso.

89.2       Le stesse prescrizioni si applicano agli altri inter­venti sul patrimonio edilizio esi­stente solo quando ciò sia espres­samente previsto dal pre­sente Regolamento.

89.3       Sono fatte salve le diverse prescrizioni del pre­sente Regola­mento per de­stina­zioni parti­co­lari o di­scendenti dall’applicazione di normative specifiche.

Art. 90

Salubrità del terreno

90.1       E’ vietato realizzare nuovi edifici su terreni già adibiti a discariche o a sedi di at­tività che ab­biano inquinato il suolo, fino a quando gli stessi non siano stati sotto­posti a bonifica se­condo le norme vi­genti in ma­teria.

Art. 91

Materiali da costruzione

91.1       In tutti gli interventi in qualsiasi misura disciplinati dal presente Regolamento de­vono es­sere im­pie­gati materiali sani e non suscet­tibili di indurre effetti dan­nosi per le persone o per l’ambiente.

91.2       Per i fini di cui al comma precedente è consigliato l’uso di materiali sani se­condo le norme UNiBioedilizia.

Art. 92

Requisiti relativi all’impermeabilità e secchezza

92.1       Qualsiasi edificio di nuova costruzione deve essere adeguatamente isolato dal­l’umi­dità del suolo e da quella deri­vante da agenti atmo­sferici ed i muri de­vono ri­sultare intrinse­ca­mente asciutti.

92.2       Tutti gli elementi costitutivi dell’edificio devono poter cedere le even­tuali acque di con­den­sa­zione e permanere asciutti.

92.3       Le prescrizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli in­ter­venti sul patrimo­nio edili­zio esistente limitatamente allo specifico in­tervento progetto.

Art. 93

Camini e canne fumarie

93.1       Sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di combustione

93.1.1     In linea generale lo sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di com­bu­stione deve avvenire al di sopra della coper­tura degli edi­fici, in confor­mità alle prescrizioni di cui al­l’art. 5 comma 9 del D.P.R. 412/93.

93.1.2     Dette prescrizioni non si applicano nel caso di :

    mera sostituzione di generatori di calore individuali;

    singole ristrutturazioni di impianti termici individuali esi­stenti, siti in edi­fici plu­rifa­miliari che già non dispongano di sistemi di evacua­zione dei pro­dotti della com­bustione sopra il tetto del­l’edi­ficio.

93.2       Impianti alimentati a combustibile liquido o solido

93.2.1     Le canne fumarie ed i camini di impianti termici alimentati a combu­sti­bile li­quido o so­lido devono essere realizzate (per quanto attiene se­zioni, altezze, di­stanze da edi­fici vi­cini ed ogni altro aspetto co­strut­tivo) in conformità alle pre­scrizioni di cui alla Legge 615/66 non­chè delle Norme UNI-CIG 7129/92.

93.3       Impianti alimentati a combustibile gassoso

93.3.1     Le canne fumarie ed i camini di impianti termici alimentati a combu­sti­bile gas­soso de­vono essere realizzate in con­formità alle Norme UNI-CIG 7129/92. In par­ticolare per quanto at­tiene l’altezza del ca­mino/canna fuma­ria rispetto alla quota di sbocco sulla copertura, si applicano le di­sposizioni di cui al punto 4.3.3 delle citate Norme UNI-CIG 7129/92.

93.3.2     La distanza del camino dagli edifici contermini deve inol­tre essere tale che il cono di deflusso dei gas di combustione non interessi mai le pa­reti degli edi­fici vicini. A tal fine il cono di deflusso si determina come segue :

    il vertice è ubicato al centro della bocca superiore del condotto di eva­cua­zione dei fumi;

    in corrispondenza di pareti prive di aperture il segmento gene­ra­tore del cono si assume inclinato di 15° rispetto all’asse;

    in corrispondenza di pareti finestrate o comunque dotate di aperture il seg­mento generatore del cono si assume inclinato di 45° rispetto al­l’asse.

93.3.3     Nei casi in cui la legislazione vigente in materia consenta lo scarico dei fumi oriz­zon­tale a parete, questo deve essere conforme alle pre­scri­zioni di cui al punto 4.3.4 delle Norme UNI-CIG 7129/92.

93.4       Altri condotti di evacuazione

93.4.1     I condotti di evacuazione diversi da quelli dei prodotti di combustione di cui ai commi precedenti, quando siano su­scettibili di produrre esa­lazioni nocive o mo­leste (condotti per la ventilazione forzata di servizi igienici, condotti per l’e­va­cua­zione dei fumi di cu­cina o di caminetti, ecc.), do­vranno an­ch’essi avere sbocco al di sopra della coper­tura dell’edifi­cio.

93.4.2     Sarà ammesso che detti condotti sbocchino in diversa posi­zione solo a con­di­zione che siano mantenuti ad una di­stanza da finestre o prese d’aria di lo­cali abi­tabili non in­fe­riore a quella prescritta per i condotti di evacuazione dei pro­dotti della combu­stione con scarico orizzon­tale a parete.

93.5       Applicabilità agli interventi sul patrimonio edilizio esistente

93.5.1     Le prescrizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli in­ter­venti sul patri­monio edilizio esistente limita­tamente allo specifico in­ter­vento pro­getto.

Art. 94

Apparecchi a fiamma libera

94.1       In tutti gli edifici, siano essi esistenti che di nuova costruzione, i locali dove ven­gano in­stal­late ap­parecchiature a fiamma libera (generatori di calore, boi­ler, piani di cottura e simili) devono es­sere dotati, oltre che delle aperture di venti­la­zione naturale prescritte dal pre­sente Regolamento, di ul­teriori aperture pro­spet­tanti diret­tamente all’e­sterno in confor­mità al punto 3 e seguenti delle Norme UNI-CIG 7129/92.

Art. 95

Isolamento termico degli edifici

95.1       Tutti gli edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi di ristrut­tu­razione ur­ba­ni­stica de­vono essere realizzati nel rispetto delle norme vigenti in materia di conteni­mento dei con­sumi energetici, con partico­lare riferimento alla L. 10/91 ed al D.P.R. 412/93. Il Progetto Energetico delle Strutture deve essere deposi­tato presso i compe­tenti Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori ai sensi del­l’art. 28 della L. 10/91.

95.2       Gli interventi sugli edifici esistenti che interessino strutture a contatto diretto con l’e­sterno sono sotto­posti all’obbligo, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.P.R. 1052/77, di pro­cedere al­l’i­so­la­mento termico delle me­desime secondo i para­metri tec­nici di cui alla Tabella A della L. 10/91. La rela­tiva relazione tec­nica deve essere de­positata presso i compe­tenti Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori.

Art. 96

Isolamento acustico degli edifici

96.1       Gli edifici di nuova costruzione devono rispettare le prescrizioni della Legge 26 otto­bre 1995 nr. 447 e dei relativi Regolamenti di attuazione (con particolare ri­fe­rimento al D.P.C.M. 5 di­cembre 1997) nonchè le altre norme eventual­mente vi­genti in materia di iso­la­mento acu­stico per speci­fiche atti­vità.

96.2       Anche in assenza di specifica normativa di riferimento, gli edifici di nuova co­stru­zione de­vono es­sere progettati e costruiti adottando tec­niche e materiali atti a ga­ran­tire suffi­cienti li­velli di isola­mento acu­stico. La stessa prescrizione si ap­plica agli in­terventi di ri­struttura­zione di edifici esi­stenti, limitatamente al­l’inter­vento progettato.

96.3       Nei casi di cui al comma precedente i materiali e le tecniche da im­pie­gare de­vono ga­ran­tire un'a­deguata protezione acustica degIi am­bienti per quanto concerne :

  i rumori di calpestio, di traffico, di gestione e di uso di impianti co­munque in­stal­lati nel fab­bri­cato;

  i rumori e suoni aerei provenienti da alloggi contigui e locali e spazi desti­nati a servizi co­muni;

  i rumori provenienti dalle coperture, anche nel caso di pioggia o grandine;

  i rumori provenienti da attività lavorative.

Art. 97

Energia elettrica

97.1       Ogni edificio deve essere allacciato alla rete pubblica di distribuzione dell’e­ner­gia elet­trica, fatti salvi i casi in cui il fabbisogno elettrico sia integralmente soddi­sfatto mediante l’uso di fonti energe­tiche rinno­vabili o assimilate.

97.2       Solo in casi del tutto eccezionali e di comprovata impossibilità potrà essere au­to­riz­zata l’u­tiliz­za­zione di fonti di energia elettrica diverse da quelle di cui al comma precedente. L'autorizzazione de­cade con il ces­sare della condi­zione che aveva determinato l’impos­si­bi­lità della forni­tura.

Art. 98

Impianti elettrici

98.1       In tutti i casi in cui un impianto elettrico, per potenzialità, tipologia o dimen­sione degli am­bienti, sia soggetto all’obbligo della progetta­zione ai sensi della legge 46/90 e del re­lativo regolamento di attua­zione di cui al D.P.R. 447/93, la docu­mentazione tecnica prevista dalla legge deve es­sere de­positata presso i com­petenti Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori relativi agli im­pianti inte­ressati.

98.2       Sia nei casi di cui al comma precedente che nei casi di impianti non soggetti al­l’ob­bligo della pro­gettazione, entro 30 giorni dalla ultima­zione dei lavori deve essere depositata presso i com­pe­tenti Uffici Comunali la relativa dichiarazione di confor­mità, corredata degli ela­bo­rati e docu­menti di cui all’art. 9 comma 5 della L. 46/90.

Art. 99

Prevenzione incendi

99.1       Ai fini della prevenzione degli incendi, tutti gli interventi (siano essi di nuova co­struzione che sul patrimonio edilizio esistente) devono es­sere progettati e rea­liz­zati in con­for­mità alle specifiche di­sposizioni vi­genti in materia, a se­conda delle carat­teristi­che dell'edificio e del­l’uso cui il me­desimo deve essere adibito.

99.2       Ogni qualvolta un progetto, per la specifica at­tività o de­stina­zione d’uso previ­sta, sia sog­getto al parere preventivo del Comando Provinciale Vigili del Fuoco, il relativo nulla osta deve essere ac­quisito prima dell’inizio dei lavori e trasmesso ai competenti uffici comunali.

99.3       La conformità alle norme vigenti in materia di prevenzione incendi è richiesta per tutti i pro­getti che risultino in qualsiasi misura soggetti alle medesime, an­che quando per la na­tura o dimen­sione del­l’attività non sia richiesto il parere pre­ven­tivo del Comando Provinciale Vigili del Fuoco.

Art. 100

Centrali termiche

100.1     Le centrali termiche devono essere progettate e costruite nel rispetto delle norme specifi­che che re­golano la materia, con riferimento alle potenzialità delle cen­trali stesse ed al tipo di com­bustibile da impie­gare.

Art. 101

Rifornimento idrico

101.1     Ogni fabbricato, di nuova costruzione o esistente, deve essere provvi­sto di ac­qua pota­bile di­stri­buita in modo proporzionale al numero dei locali abitabili, così da garan­tire un re­go­lare rifor­nimento per ogni unità immobiliare.

101.2     Gli impianti per la distribuzione dell'acqua potabile all'interno degli edifici de­vono es­sere co­struiti a regola d'arte.

101.3     Qualora gli edifici abbiano locali abitabili con il pavimento a quota tale che non possa es­sere ga­rantita una regolare erogazione, devono es­sere dotati di ap­pa­rec­chiature per il solleva­mento del­l'acqua.

101.4     Il locale destinato ad accogliere l’impianto di sollevamento dell’acqua deve avere al­tezza non in­fe­riore a ml. 2,00, pavimento e pareti facil­mente lavabili, caditoia di rac­colta delle ac­que di la­vag­gio, reticella antinsetti alle aperture ed al tubo di troppo pieno, serbatoio di ma­te­riale idoneo a ve­nire in contatto con alimenti e con copertura sigillata.

Art. 102

Requisiti relativi alla sicurezza e protezione dell’utenza.

102.1     Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del la­voro, di sicurezza antincendio, di supera­mento delle barriere ar­chi­tettoni­che ed in genere ogni al­tra normativa diretta a tutelare specifici aspetti delle costru­zioni, ai fini della sicu­rezza e pro­te­zione della normale utenza, si applicano le ulteriori pre­scrizioni di cui al pre­sente articolo.

102.2     Requisiti dei parapetti e delle finestre

102.2.1   Le finestre con parapetto pieno do­vranno presentare il da­vanzale ad un'al­tezza di al­meno ml. 0,90 dalla quota del pa­vimento interno e co­munque la somma tra l'al­tezza e la pro­fondità dei davanzali non do­vrà mai risultare in­fe­riore a ml. 1,10.

102.2.2   Le finestre a tutt'altezza e quelle con parapetto pieno di al­tezza infe­riore a quella pre­scritta al comma precedente do­vranno essere do­tate di para­petti, in metallo od al­tro idoneo materiale, di un'altezza non in­fe­riore a ml. 1,00.

102.2.3   I parapetti dei balconi e delle finestre, di qualsiasi tipo e materiale, de­vono es­sere di­mensionati in maniera tale da resistere agli urti ac­ci­den­tali.

102.2.4   Le finestre, ad eccezione di quelle poste ad altezze infe­riori a ml. 1,50 dal cal­pe­stio esterno, do­vranno presentare ve­tri agevolmente sosti­tuibili e la­vabili dal­l'in­terno del locale.

102.3     Altri requisiti

102.3.1   Ogni edificio deve essere munito di almeno un agevole e si­curo ac­cesso alla co­per­tura. Quando la conformazione di quest’ultima sia tale da non con­sen­tirne la com­pleta ispe­zione da un unico punto, do­vrà essere previsto un nu­mero di ac­cessi suf­ficiente a garantire un’age­vole ispezione di tutta la coper­tura.

102.3.2   La manutenzione dei vari elementi costitutivi degli edifici, ivi com­prese le co­per­ture, deve poter essere effettuata age­vol­mente ed in condi­zioni di sicu­rezza. Tutti gli edi­fici di nuova costruzione devono es­sere dotati degli accor­gi­menti tec­nici ne­cessari a ga­rantire tali condi­zioni.

102.3.3   Gli arredi devono, di norma, poter essere portati negli edifici e collo­cati nei lo­cali at­traverso le normali vie d’accesso.

102.3.4   Gli impianti, i sistemi e le apparecchiature permanenti non devono po­ter im­met­tere ne­gli edifici serviti o nelle loro parti, in condizioni di nor­male fun­zio­na­mento, esa­la­zioni, fumi o vibrazioni.

102.3.5   Gli impianti installati negli edifici ed i depositi di combu­stibile devono ri­spon­dere alle loro funzioni secondo le norme di legge senza costi­tuire pericolo per le per­sone e per le cose.

102.4     Applicabilità agli interventi sul patrimonio edilizio esistente

102.5.1   Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi di recu­pero del pa­trimonio edilizio esistente, limita­tamente allo spe­ci­fico intervento proget­tato.

Art. 103

Impianti igienici

103.1     I locali destinati a servizi igienici debbono avere le dimensioni minime pre­scritte dal pre­sente Regolamento a seconda del tipo di attività cui è destinata l’unità immo­biliare.

103.2     Non è consentito accedere direttamente ai servizi igienici dai locali adibiti al­l’uso di cu­cina o dagli spazi di cottura nonchè dai locali desti­nati alla produ­zione, de­posito e ven­dita di so­stanze ali­men­tari o be­vande. In tali casi l’ac­cesso deve av­venire at­tra­verso un apposito spazio di di­simpegno (antibagno) in cui pos­sono essere collo­cati ap­parecchi sa­nitari di­versi dal vaso wc e dal bi­det.

103.3     Il pavimento dei servizi igienici deve essere di materiale facilmente la­vabile e di­sinfet­ta­bile. Le pa­reti devono essere rivestite con analogo materiale fino al­l'al­tezza di al­meno ml. 2,00.

103.4     Ogni apparecchio sanitario deve essere di materiale resistente, im­permeabile e fa­cil­mente la­vabile.

103.5     I vasi wc devono essere forniti di apparecchi per cacciata d'acqua di portata non in­fe­riore a litri sei. E’ ammessa l'adozione del lavaggio su velo d'acqua con­tinuo per gli ori­na­toi.

103.6     Tutti gli apparecchi sanitari devono essere forniti di sifone idraulico atto ad evi­tare esala­zioni mole­ste.

103.7     La camera del sifone di ciascun apparecchio deve essere ventilata mediante una con­dut­tura di ae­razione diversa da quella di scarico e comunicante con una con­dut­tura verti­cale di ae­razione sfo­ciante in alto sul tetto.

103.8     Le disposizioni del presente articolo, salvo quella di cui al comma pre­cedente, si ap­pli­cano an­che agli interventi di recupero del patri­monio edilizio esistente, limi­ta­tamente allo speci­fico in­tervento pro­gettato.

Art. 104

Scale

104.1     Tutti gli edifici multipiano di nuova costruzione, o risultanti da inter­venti di ri­strut­tu­ra­zione ur­bani­stica, debbono essere dotati di almeno una scala di di­men­sioni e caratte­risti­che re­go­lamen­tari.

104.2     Quando la superficie coperta di un piano sia superiore a mq. 400, le scale de­vono es­sere in nu­mero tale che ciascuna di esse non serva superfici superiori a mq. 400.

104.3     Nel caso di edifici per abitazione il limite di cui al comma precedente può es­sere ele­vato a mq. 600 limitatamente ai primi due piani fuori terra (piani ter­reno e primo).

104.4     Le unità immobiliari di edifici per abitazione con più di due piani fuori terra, fatta ecce­zione per gli al­loggi duplex, devono avere almeno un accesso da una scala del tipo chiuso.

104.5     In tutti i tipi di intervento, compresi quelli sul patrimonio edilizio esi­stente, si ap­pli­cano inol­tre le ul­teriori norme di cui ai commi seguenti.

104.6     Le scale che costituiscono parte comune o che siano di uso pubblico devono pre­sen­tare le se­guenti caratteristi­che :

  larghezza non inferiore a ml. 1,20;

  andamento regolare, con rampe ret­tili­nee, prive di ventagli o altri artifizi su­scettibili di ren­derne disagevole l’uso;

  gradini regolari, di norma di forma rettangolare, con pedata ed al­zata co­stanti per l’in­tero svi­luppo della scala;

  pedata non inferiore a cm. 30 ed alzata tale che la somma tra la pedata ed il dop­pio del­l’al­zata sia essere compresa tra cm. 62 e cm. 64;

  pianerottoli intermedi di profondità non inferiore alla larghezza della rampa e pia­ne­rot­toli di ar­rivo mai inferiori a ml. 1,30;

  parapetti di altezza non inferiore a ml. 1,00 (misurata al centro della pe­data) e di con­for­ma­zione tale da risultare inattraversabili da una sfera del diame­tro di cm. 10;

  corrimano su almeno un lato della scala, nel caso di rampe di lar­ghezza fino a ml. 1,80, e su ambedue i lati per rampe di larghezza superiore.

              Può essere fatta eccezioni alle prescrizioni di cui sopra solo nel caso di scale in esubero rispetto alla dotazione minima comunque prescritta. In tutti i casi in cui l’intervento sia soggetto alla normativa vigente in materia di supe­ra­mento delle barriere architettoniche, le scale do­vranno inoltre rispettare le ulteriori pre­scri­zioni impar­tite dalle relative norme tecniche.

104.7     Le scale comuni di tipo chiuso devono, in genere, essere dotate di aereazione natu­rale di­retta. Esse possono esserne prive solo nei casi in cui ciò sia am­messo dalla nor­ma­tiva vi­gente in funzione del tipo o della dimensione dell’edi­fi­cio, nonchè della sua destina­zione.

104.8     Non è mai ammesso conseguire i livelli di aereazione ed illumina­zione pre­scritti dal pre­sente Regolamento per i vari tipi di locali me­diante aperture rea­lizzate su pozzi scale co­muni di tipo chiuso, anche quando questo risultino ae­reati ed il­lu­minati di­ret­tamente.

104.9     Le scale interne a singole unità immobiliari devono presen­tare le se­guenti ca­rat­te­risti­che :

  larghezza non inferiore a ml. 0,80;

  gradini regolari, con pedata ed alzata costanti per l’intero sviluppo della scala;

  pedata non inferiore a cm. 25 ed alzata tale che la somma tra la pedata ed il dop­pio del­l’al­zata sia essere compresa tra cm. 62 e cm. 64;

  pianerottoli intermedi e di arrivo di profondità non inferiore alla lar­ghezza della rampa;

  parapetti di altezza non inferiore a ml. 0,90 (misurata al centro della pe­data).

             

Art. 105

Cortili

105.1     Definizione

105.1.1   Ai fini del presente Regolamento si definisce come cortile lo spazio sco­perto deli­mi­tato dalle pareti di uno o più edifici e sul quale pos­sono essere aperte fi­nestre di ogni tipo di lo­cale, ivi compresi quelli de­stinati alla pre­senza conti­nuativa di per­sone. Qualsiasi spazio scoperto diverso dalle chiostrine e dai cavedi è assimilato, ai fini del suo dimensionamento e delle caratteristiche igieniche dei locali che vi prospettano, ad un cortile.

105.2     Tipi di cortile

105.2.1   In funzione della loro conformazione, i cortili si distin­guono in cortili aperti e cortili chiusi. Sono cortili aperti quelli il cui pe­rimetro presenta uno o più tratti li­beri per uno sviluppo com­plessivo pari ad almeno 1/6 del perimetro mede­simo. Sono cortili chiusi quelli inte­ramente delimi­tati da pareti o che co­mun­que non presen­tano tratti liberi di sviluppo suffi­ciente a qualificarli come cortili aperti.

105.2.2   In funzione della loro ubicazione rispetto all’edificio, i cor­tili si di­stin­guono in cortili in­terni ed esterni al fabbricato. Sono cortili in­terni al fabbricato quelli de­limitati dalle pa­reti di un unico edificio. Sono cortili esterni al fabbricato quelli de­limitati dalle pa­reti di due o più edifici.

105.3     Criteri di misura dell’area dei cortili

105.3.1   Per area del cortile s'intende la superficie del medesimo al netto delle proie­zioni oriz­zon­tali di ballatoi, balconi e di qualsiasi altra spor­genza sot­to­gronda.

105.3.2   La proiezione orizzontale dell’aggetto di gronda deve es­sere conte­nuta nei limiti di 1/5 dell’area del cortile. Nel caso in cui l’aggetto di gronda ec­ceda tale va­lore, l’a­rea del cortile deve essere compu­tata al netto di detta ecce­denza.

2.2.1            I cortili interni non dovranno essere frazionati in più por­zioni con mu­ra­ture od al­tre strutture fisse di altezza superiore a ml. 3,00.

              Quando ciò avve­nisse cia­scuna por­zione di cortile sarà considerata essa stessa cortile e dovrà per­tanto essere di­men­sio­nata in modo tale da garan­tire la totale ri­spondenza alle pre­scri­zioni del pre­sente Regola­mento.

105.4     Dimensionamento dei cortili

105.4.1   Negli edifici di nuova costruzione, i cortili esterni al fabbri­cato, sia di tipo chiuso che aperto, dovranno rispettare le di­stanze minime tra edi­fici di cui al­l’art. 54. Gli even­tuali cortili esterni cui non ri­sultas­sero applicabili dette di­stanze mi­nime do­vranno co­munque pre­sen­tare dimen­sioni non in­fe­riori a quelle pre­scritte per i cortili in­terni dal comma suc­cessivo.

105.4.2   Negli stessi edifici, i cortili interni al fabbricato dovranno ri­spet­tare le se­guenti pre­scrizioni :

a)     l’area del cortile non dovrà essere inferiore ad 1/4 della super­fi­cie com­ples­siva delle pareti che lo delimitano, nel caso di cortili di tipo chiuso, o ad 1/3 della stessa super­fi­cie, nel caso di cor­tili di tipo aperto;

b)    in nessun punto del cortile la distanza tra una parete fine­strata e quella op­posta do­vrà es­sere inferiore a ml. 10,00;

c)     la distanza minima di cui alla precedente lettera "b" potrà essere ridotta a ml. 8,00 quando la più alta delle pareti che delimitano il cortile presenti altezza non su­periore a ml. 10,00 ed il cortile me­desimo sia previsto da un pro­getto unitario che riguardi l'edificio nella sua interezza (è per­tanto vietato avvalersi di detta distanza ridotta nel caso di cortili interni che vengano a for­marsi nel tempo per suc­cessive edificazioni contigue o contrapposte).

105.4.3   Le norme di cui ai commi precedenti si applicano anche nel caso di in­ter­venti di ri­strut­turazione urbanistica.

105.4.4   Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente, di­versi da quelli di ri­strut­tu­ra­zione urbanistica, la realizzazione o la modifica di cortili è soggetta alle se­guenti pre­scrizioni :

a)     l’area del cortile non dovrà essere inferiore ad 1/5 della super­fi­cie com­ples­siva delle pareti che lo delimitano, nel caso di cortili di tipo chiuso, o ad 1/4 della stessa super­ficie, nel caso di cor­tili di tipo aperto.

b)    in nessun punto del cortile la distanza tra un parete e quella op­posta do­vrà es­sere inferiore all’altezza della più alta tra le due pareti, con un mi­nimo as­so­luto di ml. 6,00;

c)     le norme di cui alle precedenti lettere “a” e “b” non si applicano ai cor­tili di edi­fici esistenti che, nel loro stato attuale, sod­disfino i re­quisiti previsti per i cortili degli edifici di nuova costruzione, per i quali si ap­plicano le norme di cui ai pre­cedenti commi 105.4.1 e 105.4.2.

105.4.5   Gli interventi su cortili esistenti che già presentino condi­zioni di con­tra­sto con il pre­sente Regolamento, non potranno in ogni caso com­por­tare peg­gio­ra­mento della si­tua­zione igie­nico sanitaria in atto.

105.5     Spazi scoperti classificabili solo in parte come cortili.

105.5.1   Quando il cortile abbia andamento verticale irregolare con incre­mento del­l’a­rea pro­gredendo dal basso verso l’alto, le prescrizioni di cui al presente arti­colo vanno ve­ri­fi­cate in corri­spondenza di ogni va­riazione di sezione. In tal caso sono conside­rate cor­tile - e per­tanto suscettibili di consen­tire l’a­pertura di fine­stre di vani abita­bili - le sole porzioni so­vra­stanti la quota dalla quale ri­sultino in­te­gral­mente rispet­tate le pre­scri­zioni del presente ar­ticolo.

105.5.2   Analogo procedimento di verifica è ammesso nel caso di cor­tili che soddi­sfino i re­qui­siti richiesti solo per la porzione su­periore anzichè per l’intero loro svi­luppo in al­tezza. In tali casi è ammesso conside­rare tali spazi sco­perti come cortili limita­ta­mente al tratto sovra­stante la quota dalla quale ri­sul­tino in­te­gral­mente ri­spet­tate le pre­scrizioni del pre­sente arti­colo.

105.6     Caratteri costruttivi dei cortili.

105.6.1   Il piano di calpestio dei cortili, a qualsiasi quota posizio­nato, dovrà es­sere con­ve­nien­temente impermeabilizzato, pa­vimen­tato e provvi­sto di apposito si­stema di rac­colta ed allon­tana­mento delle acque pio­vane. E’ fatta ecce­zione per le pa­vi­men­ta­zioni dei cor­tili con piano di calpestio a contatto con il ter­reno, i quali po­tranno es­sere lasciati ster­rati o dotati di pa­vimen­tazioni per­meabili.

105.6.2   Per consentire le necessarie operazioni di pulizia e ma­nuten­zione, ogni cortile deve essere facilmente accessibile nella sua parte infe­riore e, nel caso di cor­tili a se­zione varia­bile, in corrispondenza di ogni piano cal­pe­stabile.

105.7     Apertura di finestre ed immissioni di aria nei dei cortili.

105.7.1   Nei cortili su cui si aprono finestre di locali abitabili è vie­tato aprite fi­nestre o boc­che d’aria di locali in cui vengono eserci­tare attività che possono es­sere causa di insalu­brità.

105.7.2   L’espulsione nei cortili di aria calda o viziata, proveniente da impianti di con­di­zio­na­mento o trattamento aria, è ammis­si­bile solo quando siano ri­spettate tutte le se­guenti condizioni :

a)     vi sia una distanza, misurata in orizzontale, non inferiore a ml. 4 tra la bocca di espulsione e la parete diretta­mente antistante;

b)    vi sia una distanza, misurata in orizzontale, non inferiore a ml. 6 tra la bocca di espulsione ed il centro della più vicina finestra della pa­rete di­ret­tamente anti­stante;

c)     vi sia una distanza, misurata in verticale, non inferiore a ml. 2 tra la som­mità dalla bocca di espulsione ed il da­vanzale delle fi­ne­stra diret­ta­mente so­pra­stante.

d)    la velocità dell’aria espulsa, ad una distanza di ml. 2,00 dalla bocca di espul­sione, non sia superiore a ml./sec. 0,20.

Art. 106

Chiostrine

106.1     Definizione

106.1.1   Ai fini del presente Regolamento si definisce come chio­strina lo spa­zio sco­perto de­limi­tato su almeno tre lati dalle pareti di uno o più edi­fici e le cui ca­rat­teristi­che di­mensio­nali rispon­dano alle prescrizioni del presente arti­colo ma siano in­suffi­cienti a qualifi­carlo come cor­tile.

106.2     Criteri di misura dell’area delle chiostrine

106.2.1   Per area della chiostrina s'intende la superficie della me­de­sima al netto di qual­siasi sporgenza, ivi compresa quella del­l’aggetto di gronda per la parte ecce­dente ml. 0,20 d'ag­getto.

106.3     Dimensionamento delle chiostrine

106.3.1   Negli edifici di nuova costruzione le chiostrine dovranno es­sere di­men­sio­nate come segue :

a)     l’area della chiostrina non dovrà essere inferiore al va­lore otte­nuto mol­ti­pli­cando l’altezza media della pareti che la delimitano (ciascuna valu­tata dal piano di cal­pestio della chiostrina sino alla sommità della pa­rete) per il co­effi­ciente 1,30, con un mi­nimo as­soluto di mq. 12,00.

b)    il lato minore della chiostrina non dovrà mai essere infe­riore a ml. 3,00

106.3.2   Detto dimensionamento si applica anche nel caso di in­ter­venti di ri­strut­tu­ra­zione ur­ba­nistica.

106.3.3   Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente, di­versi da quelli di ri­strut­tu­ra­zione urbanistica, la realizzazione o la modifica di chio­strine è sog­getta alle se­guenti prescrizioni :

a)     l’area della chiostrina non dovrà essere inferiore al va­lore otte­nuto mol­ti­pli­cando l’altezza media della pareti che la delimitano (ciascuna valu­tata dal piano di cal­pestio della chiostrina sino alla sommità della pa­rete) per il co­effi­ciente 1,10, con un mi­nimo as­soluto di mq. 10,50.

b)    il lato minore della chiostrina non dovrà mai essere infe­riore a ml. 3,00

c)     le norme di cui alle precedenti lettere “a” e “b” non si applicano alle chio­strine di edifici esistenti che, nel loro stato attuale, sod­di­sfino i re­quisiti previsti per le chio­strine degli edifici di nuova co­struzione, per le quali si applicano le norme di cui al prece­dente comma 106.3.1.

106.3.4   Gli interventi su chiostrine esistenti che già presentino condi­zioni di con­tra­sto con il presente Regolamento, non po­tranno in ogni caso com­portare peggio­ra­mento della si­tua­zione igienico sanitaria in atto.

106.4     Spazi scoperti classificabili solo in parte come chiostrine.

106.4.1   Quando la chiostrina abbia andamento verticale irrego­lare con in­cre­mento del­l’a­rea progredendo dal basso verso l’alto, le prescri­zioni di cui al pre­sente arti­colo vanno ve­ri­ficate in corrispondenza di ogni va­riazione di se­zione. In tal caso sono conside­rate chiostrina - e per­tanto suscettibili di con­sen­tire l’a­per­tura di finestre di vani di abi­ta­zione non perma­nente - le sole porzioni so­vra­stanti la quota dalla quale ri­sul­tino in­te­gralmente rispet­tate le pre­scrizioni del presente ar­ti­colo.

106.4.2   Analogo procedimento di verifica è ammesso nel caso di chiostrine che sod­di­sfino i re­quisiti richiesti solo per la por­zione superiore anzi­chè per l’intero loro svi­luppo in al­tezza. In tali casi è ammesso consi­de­rare tali spazi scoperti come chiostrine li­mita­ta­mente al tratto so­vrastante la quota dalla quale risul­tino in­te­gralmente ri­spet­tate le pre­scrizioni del pre­sente ar­ticolo.

106.5     Caratteri costruttivi delle chiostrine

106.5.1   Il piano di calpestio delle chiostrine, a qualsiasi quota posi­zionato, dovrà es­sere con­ve­nientemente impermeabiliz­zato, pavimentato e provvisto di appo­sito si­stema di rac­colta ed allontanamento delle ac­que piovane. E’ fatta ec­ce­zione per le pavi­menta­zioni delle chio­strine con piano di calpe­stio a con­tatto con il ter­reno, le quali po­tranno es­sere lasciate ster­rate o dotate di pa­vimen­ta­zioni per­meabili.

106.5.2   Per consentire le necessarie operazioni di pulizia e ma­nuten­zione, ogni chio­strina deve essere facilmente accessi­bile nella sua parte in­feriore e, nel caso di chio­strine a se­zione variabile, in corrispondenza di ogni piano calpestabile.

106.5.3   Le pareti delle chiostrine dovranno essere intonacate e tin­teggiate o co­mun­que rifi­nite con tecniche e materiali tali da garantire il decoro delle me­desime.

106.6     Apertura di finestre ed immissioni di aria nelle chiostrine.

106.6.1   Sulle chiostrine possono essere aperte finestre di locali di abitazione non per­ma­nente o di locali inabitabili. Non è mai ammesso aprirvi fi­nestre di lo­cali di abi­ta­zione perma­nente, salvo che il locale sia do­tato di altra fi­nestra­tura (prospettante su spa­zio aperto o su cortile re­go­la­mentare) di dimen­sioni tali da assicurare il ri­spetto della su­perfi­cie fi­ne­strata mi­nima pre­scritta dal pre­sente Regolamento.

106.6.2   Per quanto finestre o bocche d’aria di locali che ospitano at­tività che pos­sono es­sere causa di insalubrità nonchè per l’e­spulsione di aria calda o vi­ziata, si appli­cano le stesse norme già dettate per i cortili al comma 105.7.

Art. 107

Cavedi

107.1     Ai fini del presente Regolamento si definisce come cavedio lo spazio scoperto de­li­mi­tato su al­meno tre lati dalle pareti di uno o più edifici e le cui caratteristi­che di­mensio­nali siano in­suffi­cienti a quali­ficarlo come chiostrina.

107.2     I cavedi sono di regola riservati al passaggio ed alla manutenzione degli im­pianti tec­nolo­gici o alla formazione di prese d’aria per locali tecnici o comun­que per vani inabi­tabili. Non è mai am­messo aprirvi fi­nestre di locali abitabili.

107.3     Qualora su cavedi esistenti già si aprano finestre di locali che com­por­tino la pre­senza, an­che non continuativa, di persone, l’utilizzo del ca­vedio per i fini di cui al comma pre­ce­dente è am­messo nei limiti in cui non comporti pregiudizio per i locali che vi si affac­ciano.

107.4     Il piano di fondo dei cavedi, a qualsiasi quota posizionato, dovrà es­sere facil­mente ac­ces­sibile per consentire le necessarie operazioni di pulizia e manu­ten­zione. Esso dovrà inol­tre essere conve­nien­te­mente impermeabilizzato, pa­vi­men­tato e provvisto di apposito si­stema di raccolta ed allontana­mento delle ac­que piovane.

 

CAPITOLO XIII : REQUISITI SPECIFICI DEGLI EDIFICI PER ABITAZIONE

Art. 108

Alloggi inabitabili.

108.1     Un alloggio è da ritenersi inabitabile :

  quando è in condizioni di degrado tali da pregiudicare l'incolumità degli oc­cu­panti;

  quando è alloggio improprio (ovvero ricavato da locali aventi carat­teristi­che tipo­lo­gi­che di as­soluta e totale incompatibilità con la de­stinazione ad abita­zione quali, ad esempio, ga­rage, stalle, cantine e simili);

  quando manca di aeroilluminazione;

  quando manca la disponibilità di servizi igienici e/o di acqua pota­bile.

108.2     Un alloggio dichiarato inabitabile deve essere sgomberato con ordi­nanza del Sindaco e non po­trà essere nuovamente occupato se non previa esecuzione dei necessari in­ter­venti di ade­gua­mento.

Art. 109

Classificazione dei locali di abitazione

109.1     In funzione delle loro caratteristiche dimensionali e costruttive, non­chè della loro ri­spon­denza alle prescrizioni del presente Regolamento, i lo­cali ad uso abi­tativo si di­stinguono come indicato nel presente articolo.

109.2     Locali abitabili

109.2.1   Sono locali abitabili quelli che soddisfano le caratteristi­che minime stabi­lite dal pre­sente Regolamento perchè un vano possa essere adibito ad uno speci­fico uso abi­ta­tivo.

109.2.2     I locali abitabili si distinguono in locali di abitazione perma­nente e lo­cali di abi­ta­zione non permanente.

109.2.3   Locali di abitazione permanente.

               Sono locali di abitazione permanente quelli adibiti a funzioni abitative che com­por­tino la permanenza continuativa di per­sone, quali :

a)     camere da letto;

b)    soggiorni e sale da pranzo;

c)     cucine abitabili;

d)    studi privati, salotti ed altri usi assimilabili a quelli sopra elen­cati

109.2.4   Locali di abitazione non permanente.

               Sono locali di abitazione non permanente quelli adibiti a fun­zioni abi­ta­tive che non comportino la permanenza conti­nuativa di persone, quali :

a)     spazi di cottura;

b)    servizi igienici;

c)     spazi di disimpegno e collegamenti verticali ed orizzon­tali in­terni alla sin­gola unità immobiliare;

d)    dispense, guardaroba, lavanderie e simili.

109.3     Locali non abitabili

109.3.1   Sono locali non abitabili quelli che non rispondono alle pre­scrizioni del pre­sente Rego­lamento per i locali abitabili e che possono essere adibiti esclusiva­mente a fun­zioni acces­sorie che comportino pre­senza solo sal­tuaria di per­sone, quali:

a)     soffitte e spazi sottotetto ad esse assimilabili;

b)    cantine, ripostigli e simili.

109.4     Non costituiscono locale, ai sensi del presente regolamento, i volumi tecnici non­chè gli spazi, an­corchè accessibili, adibiti a funzioni di pro­tezione dell’edi­fi­cio (quali scan­nafossi e simili) o al pas­saggio ed alla manutenzione degli im­pianti (quali cavedi e si­mili).

Art. 110

Locali fuori terra, interrati e seminterrati

110.1     In funzione della loro posizione rispetto al terreno circostante, i locali di abita­zione si di­stin­guono in locali fuori terra, locali interrati e locali seminterrati.

110.2     Sono locali fuori terra quelli il cui piano di calpestio risulti in ogni sua parte su­pe­riore alla quota del terreno circostante a sistemazione av­venuta.

110.3     Sono locali interrati quelli che presentano l’intradosso del solaio di co­pertura a quota in­fe­riore, in ogni sua parte, alla quota del terreno cir­co­stante a sistema­zione avve­nuta.

110.4     Sono locali seminterrati tutti quelli che non rientrano nelle due catego­rie pre­ce­denti.

Art. 111

Posizione dei locali di abitazione rispetto al terreno

111.1     I locali di abitazione permanente o temporanea devono, di norma, es­sere del tipo fuori terra.

111.2     Possono essere adibiti ad abitazione permanente o temporanea i lo­cali semin­terrati che soddi­sfino a tutte le seguenti condizioni :

a)   abbiano le parti contro terra protette da scannafosso areato ed ispezio­nabile;

b)   abbiano il piano di calpestio isolato dal terreno mediante solaio o vespaio adegua­ta­mente a­reati;

c)   abbiano il soffitto, in ogni sua parte, rialzato di almeno ml. 1,50 ri­spetto alla quota media del ter­reno circo­stante a sistemazione avvenuta;

d)   rispondano alle altre prescrizioni del presente Regolamento in re­lazione allo spe­cifico uso cui sono adibiti.

              In difetto del requisito di cui alla precedente lettera “c”, i locali semin­terrati pos­sono es­sere adibiti a funzioni di abitazione temporanea ma non di abita­zione permanente.

 

 

 

111.3     I locali interrati possono essere adibiti ad abitazione temporanea quando ri­spet­tino le pre­scri­zioni di cui alle lettere “a”, “b” e “d” del comma precedente. E’ sempre vietato adi­bire i locali inter­rati ad abi­tazione permanente.

111.4     Nel caso di interventi su edifici esistenti le disposizioni del presente articolo non tro­vano appli­ca­zione qualora sia dimostrata l’impossibi­lità di adottare le solu­zioni tecni­che pre­scritte ai commi pre­cedenti in rap­porto alla conser­va­zione ed alla va­loriz­za­zione delle ca­rat­teristi­che ambientali, archi­tet­toniche, strutturali, fun­zio­nali e tecnolo­giche pree­sistenti. In tal caso il pro­getto dovrà prevedere ido­nee so­luzioni alter­native che consentano di con­se­guire co­mun­que un analogo grado di im­perme­abilità e sec­chezza degli ambienti, fermo re­stando che non possono comunque essere adi­biti ad abitazione permanente lo­cali in­terrati e che gli interventi non deb­bono in ogni caso com­portare peg­gioramento igie­nico ri­spetto alla situa­zione in atto.

Art. 112

Illuminazione dei locali di abitazione

112.1     Requisiti illuminotecnici generali

112.1.1   Gli edifici, qualsiasi sia l’uso cui debbono essere adibiti, de­vono es­sere pro­get­tati nel rispetto delle specifiche norma­tive vigenti in mate­ria di illumi­na­zione.

112.1.2   Anche in as­senza di specifica normativa di riferimento, l’illu­minazione dei sin­goli lo­cali deve es­sere adeguata agli impe­gni visivi richiesti per l’uso previsto.

112.2     Illuminazione dei locali di abitazione permanente

112.2.1   Negli edifici di nuova costruzione tutti i locali di abita­zione perma­nente de­vono usu­fruire di illuminazione naturale di­retta.

112.2.2   Ciascun vano di abitazione permanente deve avere su­perfici fine­strate, misu­rate con­venzio­nalmente al lordo dei te­lai delle fi­nestre o porte finestre, con esclusione delle sole parti non vetrate, in mi­sura non infe­riore a 1/8 della su­perficie del pavi­mento. Detto rap­porto potrà essere ri­dotto ad 1/12 per i lo­cali sot­to­tetto la cui illumi­na­zione sia conseguita tramite fi­nestra­ture piane o semi­piane (lucernari o fi­nestre in falda).    

112.2.3   Nel caso in cui la profondità del locale superi 2,5 volte l’al­tezza del­l’ar­chi­trave della finestra (o la maggiore di esse nel caso di più fine­stre), la su­perfi­cie fine­strata deve essere au­mentata di una quota pari ad 1/10 della superfi­cie della por­zione di locale posta oltre detta pro­fondità. Non sono am­messi lo­cali di abi­ta­zione perma­nente che pre­sentino pro­fondità oltre 3,5 volte l’al­tezza dell’ar­chi­trave della fine­stra. Le norme di cui al presente comma si ap­plicano ai locali d’an­golo ed ai lo­cali con finestre con­trapposte soltanto quando l’eccesso di pro­fondità si riscontri nei confronti di tutte le fi­nestre pre­senti.

112.2.4   Le finestrature dei locali di abitazione permanente devono essere do­tate di ido­nei di­spositivi che ne con­sen­tano la schermatura e/o l’o­scu­ra­mento.

112.3     Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti

112.3.1   Le prescrizioni di cui al presente articolo trovano applica­zione anche per gli edifici esi­stenti, limitatamente allo speci­fico in­tervento pro­get­tato.

112.3.2   E’ fatta eccezione per gli interventi da eseguirsi sugli edi­fici di valore storico-ar­chi­tet­tonico, tipologico e documentario, per i quali l’ade­gua­mento non è richie­sto ogni qual­volta ciò risulti non com­patibile con la conser­va­zione delle ca­rat­teri­sti­che ambien­tali ed archi­tettoniche del manu­fatto, fermo re­stando che an­che in tali edifici gli in­terventi non possono co­munque com­portare peggiora­mento igie­nico sanita­rio.

Art. 113

Requisiti relativi all’areazione

113.1     Requisiti di aereazione generali

113.1.1   Gli edifici, qualsiasi sia l’uso cui debbono essere adibiti, de­vono es­sere pro­get­tati nel rispetto delle specifiche norma­tive vigenti in mate­ria di area­zione dei locali.

113.1.2   Anche in assenza di specifica normativa di riferimento, l’a­reazione dei sin­goli lo­cali deve es­sere adeguata all’uso pre­visto, in modo che l’aria vi­ziata sia eva­cuata e non possa costituite pregiudizio per il be­nes­sere e la salute delle per­sone ovvero per la buona conservazione delle cose e degli elementi costi­tutivi degli al­loggi.

113.1.3   Ciascun alloggio dovrà essere areato mediante aperture ubi­cate in modo tale da ga­rantire la ventilazione trasversale (e cioè mediante aperture ubi­cate su due fronti con­trapposti) o la ventilazione d’an­golo (e cioè mediante aperture ubicate su fronti or­to­gonali o co­munque in­cli­nati non meno di 45° l’uno ri­spetto all’altro). Il requisito si con­si­dera soddisfatto anche la ventilazione è conseguita mediante aper­ture prospettanti su cortili o su chiostrine.

113.1.4   Le prescrizioni di cui al comma precedente non si appli­cano in caso di al­loggi di su­per­ficie inferiore a mq. 40, i quali po­tranno pertanto es­sere a­reati an­che me­diante aper­ture ubi­cate su un solo fronte del­l’edificio.

113.2     Areazione dei locali di abitazione permanente

113.2.1   Negli edifici di nuova costruzione tutti i locali di abita­zione perma­nente de­vono usu­fruire di areazione naturale e di­retta.

113.2.2   Le finestre di detti locali debbono prospettare diretta­mente su spazi li­beri o su cor­tili di dimensioni regolamentari.

2.2.1              Le superfici finestrate apribili, misurate convenzio­nal­mente al lordo dei telai delle fi­ne­stre, devono risultare non inferiori a 1/8 della su­per­ficie del pavi­mento. Detto rap­porto potrà es­sere ridotto ad 1/12 per i lo­cali sot­totetto la cui area­zione sia ga­ran­tita da finestrature piane o semi­piane (lucernari o fi­nestre in falda)

 

 

113.2.4   Nel caso in cui le caratteristiche tipologiche degli alloggi non consen­tano di fruire di areazione naturale diretta nella mi­sura prescritta dal pre­sente ar­ti­colo, l’a­rea­zione dovrà es­sere garantita da un ade­guato impianto che prov­veda sia al­l’im­mis­sione che all’estrazione di aria. Anche in tale caso do­vrà comunque essere assicu­rata ventila­zione naturale diretta in misura non in­fe­riore alla metà di quella pre­scritta al comma precedente.

113.3     Areazione dei locali di abitazione non permanente

113.3.1   Negli edifici di nuova costruzione deve essere garantita l’a­reazione dei locali di abi­tazione non permanente, limitata­mente a quelli adibiti a servizi igienici ed a spazi di cottura. Per detti locali l’areazione può es­sere sia na­turale di­retta che meccaniz­zata.

113.3.2   Nel caso di areazione esclusivamente naturale diretta, le superfici fi­ne­strate apribili devono risultare non inferiori a 1/12 della su­per­ficie del pa­vi­mento.

113.3.3   Nel caso in cui il locale presenti finestrature insufficienti o ne sia del tutto privo, il lo­cale deve essere dotato di adeguato impianto di a­re­a­zione mec­canica che prov­veda sia all’im­missione che all’estra­zione dell’aria, assicu­ran­done un ri­cam­bio :

    non inferiore a 5 volumi orari, nel caso in cui l’impianto sia ad estra­zione con­ti­nua;

    non inferiore a 3 volumi per ogni utilizzo del locale, nel caso in cui l’im­pianto (dimensionato per almeno 10 vo­lumi orari) sia ad estrazione in­ter­mittente, con comando auto­matico temporiz­zato.

113.3.4   La ventilazione artificiale può essere assicurata mediante :

    condotti di areazione indipen­denti per ogni locale, sfo­cianti sulla co­per­tura e dotati di elettro - a­spi­ratore con ac­cen­sione au­tomatica colle­gata al­l’interrut­tore dell’illumi­nazione,

    un unico con­dotto collet­tivo ramifi­cato, sfociante sulla co­per­tura e do­tato di elet­tro - aspiratore centralizzato ad aspirazione conti­nua.

113.4     Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti

113.4.1   Le prescrizioni di cui al presente articolo trovano applica­zione anche per gli edifici esi­stenti, limitatamente allo speci­fico in­tervento pro­get­tato.

113.4.2   E’ fatta eccezione per gli interventi da eseguirsi sugli edi­fici di valore storico-ar­chi­tet­tonico, tipologico e documentario, per i quali l’ade­gua­mento delle super­fici a­reo illu­minanti non è richie­sto ogni qual­volta risulti non compa­tibile con la con­ser­vazione delle ca­rat­teri­sti­che ambientali ed ar­chi­tet­toni­che del manu­fatto, sempre che l’in­tervento non com­porti peg­giora­mento della si­tuazione preesi­stente.

113.4.3   E’ inoltre fatta eccezione per le modalità di ventilazione arti­ficiale, non es­sendo ri­chiesto che i condotti di areazione sfocino sulla co­per­tura ma es­sendo in­vece suf­fi­ciente che i medesimi conducano al­l’e­sterno, su spazi liberi o su cortili e chio­strine di dimensioni rego­la­mentari.

113.4.4   Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente che, a seguito di fra­zio­na­menti o mutamenti di destinazione d’uso, comportino la for­ma­zione di nuovi al­loggi, la su­per­ficie mi­nima di cui al comma 113.1.4 è ele­vata a mq. 50.

Art. 114

Altezza dei locali ad uso residenziale

114.1     Modalità di misura dell’altezza libera di un locale

114.1.1   Per altezza libera di un locale di intende l’altezza del me­de­simo mi­su­rata dal pa­vi­mento al soffitto (nel caso di solai) o al piano di impo­sta dell’or­ditura mi­nuta (nel caso di strut­ture com­poste quali quelle in le­gno o as­si­mi­la­bili). Nel caso di soffitti non piani (inclinati, curvi o co­munque di forma irrego­lare) si as­sume la media tra le di­verse al­tezze presenti nel lo­cale riferite alle ri­spettive superfici di influenza.

114.2     Altezza dei locali di abitazione permanente

114.2.1   L’altezza libera dei locali destinati ad abitazione perma­nente non deve es­sere mi­nore di ml. 2,70.

114.2.2   Nel caso di soffitti non piani la minima altezza del locale non deve mai es­sere in­fe­riore a ml. 1,80.

114.2.3   Nel caso di soffitti piani che presentino discontinuità di al­tezza tra una parte e l’al­tra del locale, l’altezza in corrispon­denza della parte più bassa non deve es­sere in­fe­riore a ml. 2,40. L’altezza non può es­sere comunque inferiore a ml. 2,70 per una su­perficie superiore ad 1/3 di quella totale del vano.

114.3     Altezza dei locali di abitazione non permanente

114.3.1   L’altezza libera dei locali di abitazione non permanente non deve es­sere mi­nore di ml. 2,40.

114.3.2   Nel caso di soffitti non piani la minima altezza del locale non deve mai es­sere in­fe­riore a ml. 1,80.

114.3.3   Nel caso di soffitti piani che presentino discontinuità di al­tezza tra una parte e l’al­tra del locale, l’altezza in corrispon­denza della parte più bassa non deve es­sere in­fe­riore a ml. 2,20. L’altezza non può es­sere comunque inferiore a ml. 2,40 per una su­perficie superiore ad 1/3 di quella totale del vano.

114.3.4   Sono fatte salve le diverse prescrizioni del presente Regolamento per i sop­palchi adi­biti a locali di abitazione non perma­nente.

114.4     Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti

114.4.1   Negli inter­venti di recupero del patrimonio edilizio esi­stente è con­sen­tito il man­te­ni­mento di altezze inferiori a quelle pre­scritte nei commi pre­cedenti, sempre che l’in­ter­vento non comporti una ridu­zione delle al­tezze preesi­stenti.

114.4.1   Negli stessi inter­venti è inoltre con­sentita la realizzazione di servizi igie­nici con al­tezza media inferiore a quella pre­scritta al comma 114.3.1 ogni qual­volta l’u­nità sia dotata di almeno un altro servizio comple­ta­mente conforme alle pre­scrizioni del pre­sente Regolamento. In ogni caso l’altezza minima del­l’ulte­riore servizio igienico non potrà essere infe­riore a ml. 1,80 e quella me­dia non infe­riore a ml. 2,20.

Art. 115

Dimensionamento degli alloggi e dei singoli locali

115.1     Modalità di misura della superficie di un locale

115.1.1   Per superficie di un locale o di un alloggio si intende la su­perficie cal­pe­stabile del me­desimo con altezza media non inferiore a quella mi­nima ammessa per il locale inte­res­sato, al netto di pilastri, cassetta­ture ed in genere di ogni opera muraria che ri­duca le dimensioni del vano.

115.2     Dimensionamento degli alloggi

115.2.1   Ciascun alloggio dovrà essere costituito almeno da un sog­giorno, una cu­cina o an­golo cottura, una camera da letto ed un servizio igie­nico.

115.2.2   I vari spazi costituenti l’alloggio non devono necessaria­mente essere de­li­mi­tati da pa­reti. E’ però necessario che i medesimi siano proget­tati e re­a­lizzati in modo tale che, qua­lora fossero delimitati da pareti, siano co­mun­que integral­mente ri­spon­denti alle prescrizioni del pre­sente Rego­lamento.

115.2.3   A prescindere dal numero di vani che lo compongono, ciascun al­log­gio do­vrà co­mun­que garantire una superficie abitabile non infe­riore a mq. 14 per i primi 4 abi­tanti ed a mq. 10 per ciascuno dei suc­cessivi.

115.2.4   E’ fatta eccezione per gli alloggi per una sola persona, che do­vranno avere su­per­fi­cie non inferiore a mq. 28, e per quelli per due persone, che do­vranno avere su­perfi­cie non inferiore a mq. 38. Detti alloggi po­tranno essere anche del tipo mono­stanza, senza obbligo di di­mo­strarne la possi­bile suddi­vi­sione secondo quanto pre­scritto dal pre­ce­dente comma 115.2.2.

115.2.5   In tutti i tipi di alloggio devono, in ogni caso, essere de­limi­tati da pa­reti i vani da adi­bire ai servizi igienici.

115.3     Dimensionamento degli singoli vani

115.3.1   Le stanze da letto debbono avere superficie non inferiore a di mq. 9, se per una per­sona, ed a mq. 14, se per due per­sone.

115.3.2   La cucina, quando costituisce vano indipendente ed auto­nomo dal sog­giorno, non do­vrà avere superficie inferiore a mq. 9 ed essere do­tata di propria fine­stra­tura. Quando la cu­cina non raggiunga detta su­perficie mi­nima o non sia do­tata di fine­stra propria, esse dovrà es­sere collegata al locale di soggiorno mediante un vano privo di infissi di su­perficie non infe­riore a mq. 4,00. In tal caso la super­ficie fine­strata (compresa quella della cu­cina se pre­sente) dovrà essere tale da sod­di­sfare i rapporti areo - il­lu­minanti prescritti dal pre­sente Regolamento in funzione alla su­per­ficie di pavimento comples­siva dei due vani.

115.3.3   Qualora la funzione di cucina consista in un semplice spazio di cot­tura rica­vato nel soggiorno (e non sia quindi au­tonoma e distinta dal me­de­simo) non è ri­chie­sto il ri­spetto di alcun specifico parametro di­men­sio­nale, fermi re­stando quelli pre­scritti per il locale di soggiorno. Quando lo spazio di cottura sia posi­zionato in nicchie di pro­fon­dità li­mitata a quella strettamente neces­sa­ria al col­locamento degli appa­rec­chi ed ar­redi di cucina è consen­tito che la nicchia ab­bia altezza in­fe­riore a quella pre­scritta per i locali abitabili, con un minimo asso­luto di ml. 2,00.

115.3.4   E' inoltre ammesso realizzare spazi di cottura ubicati in locale autonomo, separato e distinto dal soggiorno, quando siano ri­spettate tutte le seguenti condizioni :

-     la superficie del locale sia non inferiore a mq. 4,00 e non superiore a mq. 8,00;

-     siano garantite l'areazione e l'illuminazione in misura non inferiore a quella prescritta al comma 113.3;

-     il locale sia adibito alla sola funzione di cottura dei cibi e non anche di regolare consumazione dei medesimi.

115.3.4   La stanza di soggiorno non dovrà avere superficie infe­riore a mq. 14. Qualora lo spa­zio di cottura sia ricavato diret­tamente nella stanza di sog­giorno la super­fi­cie minima della mede­sima dovrà essere incre­men­tata di mq. 1,50.

115.3.5   Ogni altro locale adibito ad abitazione permanente non può co­mun­que avere su­per­fi­cie inferiore a mq. 9.

115.4     Servizi igienici

115.4.1   La dotazione minima di impianti igienici a servizio di un al­loggio è co­sti­tuita da : vaso, bidet, lavabo, vasca da bagno o doccia.

115.4.2   Detta dotazione minima può essere soddisfatta tramite uno o più lo­cali, sem­pre che essi siano riservati esclusiva­mente ai servizi igienici.

115.4.3   I servizi igienici non possono avere accesso direttamente dalla cu­cina o dallo spa­zio di cottura. L’eventuale spazio di disimpegno non può avere superficie in­feriore a mq. 1,20 e deve essere interamente de­limi­tato da pa­reti.

115.4.4   I locali adibiti a servizio igienico non possono avere su­perficie infe­riore a mq. 2,50 e larghezza inferiore a ml. 1,20. Nel caso di più ser­vizi igie­nici nella stessa unità immo­biliare detti valori minimi sono ri­fe­riti al solo servizio igie­nico princi­pale mentre per gli altri servizi i valori minimi di superficie e lar­ghezza sono ri­dotti ri­spettivamente  a mq. 1,20 ed a ml. 0,80.

115.5     Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti

115.5.1   Negli inter­venti di recupero del patrimonio edilizio esi­stente è con­sen­tito il man­te­ni­mento di superfici inferiori a quelle pre­scritte nei commi precedenti, sem­pre che l’in­ter­vento non ne comporti la ridu­zione e co­munque a condi­zione che eventuali muta­zioni dell’uso non com­portino peggiora­mento della si­tua­zione preesistente.

 

CAPITOLO XIV : REQUISITI SPECIFICI DEI LUOGHI DI LAVORO

Art. 116     Classificazione dei luoghi di lavoro

116.1     I luoghi in cui viene svolta attività lavorativa, qualsiasi sia il ramo di at­tività o la forma di azienda, si distinguono come indicato nel pre­sente articolo.

116.2     Ambienti di lavoro

              Sono ambienti di lavoro i locali chiusi in cui vengono svolte le attività lavorative proprie del pro­cesso produttivo di una azienda, indipenden­temente dalla na­tura e dal numero di di­pen­denti della medesima.

116.3     Ambienti di vendita

              Sono ambienti di vendita i locali chiusi in cui vengono svolte le attività di com­mer­cializ­za­zione di prodotti o servizi, indipendentemente dal numero di di­pen­denti del­l’azienda e dal luogo di pro­du­zione dei beni commercializzati.

116.4     Ambienti di ufficio

              Sono ambienti di ufficio i locali chiusi in cui vengono svolte attività di carattere ammi­ni­stra­tivo, di­rezionale o libero professionale, siano esse svolte autono­ma­mente che a servi­zio di preva­lenti atti­vità pro­duttive o commerciali, quali :

a)   uffici amministrativi e direzionali, studi professionali e simili

b)   sale riunioni, sale di attesa, sale consultazione e simili;

116.5     Ambienti di supporto

              Sono ambienti di supporto i locali chiusi adibiti a funzioni non diretta­mente con­nesse con l’atti­vità dell’azienda ma necessari a garantirne il buon funzio­na­mento con partico­lare ri­fe­ri­mento alle esi­genze degli addetti, quali :

a)   refettori, mense ed altri locali aziendali di uso comune;

b)   ambulatori, camere di medicazione e simili;

c)   locali destinati al riposo degli addetti e simili.

116.6     Ambienti di servizio

              Sono ambienti di servizio i locali chiusi adibiti a funzioni accessorie di quelle indi­cate ai commi pre­cedenti che, per loro natura, non presup­pongono la per­ma­nenza con­ti­nua­tiva di addetti, quali :

a)   spogliatoi, servizi igienici, wc, docce e simili;

b)   spazi di distribuzione e disimpegno in genere;

c)   magazzini e archivi che non comportano la permanenza continua­tiva di per­sone;

116.7     Ambienti non agibili

              Sono ambienti non agibili quelli che non rispondono alle prescrizioni del pre­sente Rego­lamento per i locali di cui ai commi precedenti e che possono es­sere adibiti esclusiva­mente a funzioni accessorie che com­portino un accesso solo saltuario di persone, quali :

a)   soffitte e spazi sottotetto ad esse assimilabili;

b)   cantine, ripostigli e simili.

Art. 117

Norme generali sulla areazione dei luoghi di lavoro

117.1     Areazione naturale

117.1.1   Fatte salve le eccezioni espressamente previste dal pre­sente Regolamento, i luo­ghi di lavoro devono essere areati me­diante su­per­fici apribili prospettanti di­retta­mente al­l’e­sterno.

117.1.2   Di norma le aperture di areazione devono essere unifor­memente di­stri­buite su tutte le superfici esterne e comunque in modo tale da evi­tare sac­che di ri­sta­gno. Devono es­sere fa­voriti sia i moti convettivi per la cir­cola­zione dell’a­ria interna sia i ricambi natu­rali, se del caso me­dianti appositi di­spositivi quali gli evacua­tori statici.

117.1.3   La superficie minima di areazione richiesta per ogni tipo di ambiente lavo­ra­tivo è pre­cisata nel presente Regolamento, fatte salve le even­tuali nor­mative che rego­lino la specifica at­tività.

117.1.4   Ai fini della verifica della superficie di areazione sono com­putate an­che i por­toni e le porte prospettanti direttamente all’esterno. Tali aper­ture non pos­sono in ogni caso rappre­sentare l’unico sistema di area­zione e la loro inci­denza non può es­sere com­pu­tata oltre il 75% della superficie minima pre­scritta.

117.2     Areazione forzata

117.2.1   Potrà farsi ricorso alla areazione forzata dei luoghi di la­voro nei casi espres­sa­mente previsti dal presente Regolamento nonché nei casi in cui il processo pro­dut­tivo, per esigenze tecniche, debba necessaria­mente svolgersi in locali areati artifi­cialmente.

117.2.2   I flussi di areazione devono essere distribuiti in modo da evitare sac­che di ri­sta­gno.

117.2.3   L’aria di rinnovo deve essere prelevata da zona non inqui­nata e, prima di es­sere im­messa nel locale, deve essere tratta idoneamente in modo tale da non arre­care pre­giudizio al comfort degli addetti, se del caso previa umidifica­zione e ri­scaldamento.

117.2.4   Di norma l’impianto di areazione forzata non può essere utilizzato per la ri­mo­zione degli agenti inquinanti provenienti dalle lavorazioni. In tali casi dovrà es­sere previ­sto un im­pianto di aspirazione localiz­zato coor­dinato con l’im­pianto di aere­a­zione del lo­cale.

Art. 118

Norme generali sulla illuminazione dei luoghi di lavoro

118.1     Illuminazione naturale

118.1.1   Fatte salve le eccezioni espressamente previste dal pre­sente Regolamento, i luo­ghi di lavoro devono usufruire di il­lumina­zione na­tu­rale e di­retta.

118.1.2   La superficie illuminante minima richiesta per ogni tipo di ambiente la­vo­ra­tivo è preci­sata nel presente Regolamento, fatte salve le even­tuali norma­tive che rego­lino la spe­cifica at­tività.

118.1.3   Ai fini della verifica della superficie illuminate sono com­putate tutte le parti tra­spa­renti, ivi compresi porte e portoni (ad ec­cezione delle parti poste ad al­tezza infe­riore a cm. 80 da terra), finestrature a sheed, lu­cernari, lan­terne e simili.

118.1.4   Di norma le superfici illuminati deve essere distribuite in modo tale da ga­ran­tire una il­luminazione uniforme e con­gruente con la capacità il­lumi­nate di ogni sin­gola aper­tura.

118.1.5   In assenza di specifica progettazione illuminotecnica, la ca­pacità il­lu­mi­nante delle fine­stre e delle altre fonti di illumi­nazione naturale si as­sume limitata come di se­guito de­scritto :

a)     Aperture a parete.

        La capacità illuminante delle aperture a parete si consi­dera li­mi­tata ad una pro­fondità pari a 2,5 volte l’altezza del­l’architrave dell’a­pertura (o la mag­giore di esse nel caso di più aperture su una stessa parete). Per mag­giori profon­dità la superficie illu­mi­nante deve essere aumen­tata proporzio­nal­mente fino ad un mas­simo del 25% in corrispon­denza di una profon­dità pari a 3,5 volte l’altezza del­l’ar­chitrave. Oltre detta pro­fondità la capa­cità illumi­nante dell’a­per­tura a parete si consi­dera esau­rita e l’il­lumi­na­zione deve essere garantita da altre aperture col­locate sulla parete con­trappo­sta o sulla co­per­tura.

b)    Aperture sulla copertura.

        La capacità illuminante delle aperture collocate sulla co­pertura si con­si­dera limi­tata ad un tronco di piramide con la base supe­riore coinci­dente con l’aper­tura il­lumi­nante e base inferiore data dalla proiezione, sul piano di calpe­stio del locale da illu­minare, della base superiore se­condo un an­golo di diffusione di 45°.

118.1.6   La superficie illuminante deve tener conto del coefficiente di tra­smis­sione della luce del materiale trasparente utilizzato in rapporto al co­ef­ficiente di tra­smis­sione della luce del vetro naturale.

118.2     Illuminazione artificiale

118.2.1   Potrà farsi ricorso alla illuminazione artificiale, in sostitu­zione di quella natu­rale, solo nei casi espressamente previsti dal presente Regolamento o nei casi in cui il pro­cesso pro­duttivo, per esigenze tecniche, debba ne­cessa­riamente svol­gersi in locali il­luminati artifi­cial­mente.

118.2.2   L’impianto di illuminazione artificiale di ogni locale deve pre­sentare ca­ratte­ri­sti­che (per intensità e qualità della luce nonché per la distri­bu­zione ed il tipo delle sor­genti lumi­nose) tali da garantire un comfort vi­sivo adeguato alle ope­ra­zioni che vi si svol­gono.

118.2.3   La collocazione dei corpi illuminanti deve essere tale da evi­tare ab­ba­glia­menti di­retto e/o riflessi nonché la proiezione di ombre che osta­co­lino il compito vi­sivo.

118.2.4   Il presente Regolamento prescrive per quale tipo di locali deve inol­tre essere previ­sta una illuminazione d’emergenza che intervenga in as­senza di ten­sione di rete, di­men­sionato e distribuito in modo tale da garantire un sicuro movi­mento nel­l’am­biente lavo­rativo e l’eventuale esodo dal mede­simo.

118.3     Illuminazione degli spazi comuni

118.3.1   In tutti i luoghi di lavoro devono essere serviti di adeguato impianto di illumi­na­zione notturna, anche temporizzato, le rampe, gli accessi ed in genere tutti gli spazi co­muni di circo­lazione, sia interna che esterna.

Art. 119

Dotazione di servizi igienico - assistenziali dei luoghi di lavoro

119.1     Quando non diversamente disposto da normative specifiche, i luoghi di lavoro, qual­siasi sia l’atti­vità e la dimensione dell’azienda, devono essere dotati di :

  lavabi, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione) contempo­ra­ne­a­mente in servi­zio;

  wc, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione) con­tempora­ne­a­mente in servi­zio.

119.2     I luoghi di lavoro devono inoltre essere dotati degli ulteriori servizi igienico - as­si­sten­ziali (quali docce, spogliatoi, ambulatori o camere di medicazione, refet­tori e locali di riposo) che risultino ne­cessari per il disposto dalla vigente nor­mativa in materia di igiene del la­voro. Per il dimensio­na­mento e le caratteri­sti­che di tali spazi valgono le di­sposi­zioni della norma­tiva che li prescrive non­chè, per quanto non in con­trasto con la medesima, le ul­te­riori pre­scri­zioni di cui al pre­sente Regolamento.

Art. 120

Luoghi di lavoro in edifici esistenti

120.1     Le prescrizioni impartite al presente titolo per i luoghi di lavoro in ge­nerale non­chè quelle speci­fi­che per i diversi tipi di ambienti secondo la classifica­zione, si ap­pli­cano, senza eccezione al­cuna, agli edifici di nuova co­struzione o risultanti da inter­venti di ri­strut­tura­zione urba­nistica.

120.2     Per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, diversi da quelli di ri­struttu­ra­zione ur­ba­ni­stica, possono trovare applicazione le deroghe, le eccezioni e le so­lu­zione al­terna­tive previ­ste caso per caso dal pre­sente Regolamento.

120.3     Qualsiasi in­tervento sul patrimonio edilizio esistente deve in ogni caso tendere a conse­guire i mi­nimi prescritti e la deroga potrà essere con­cessa solo quando (per le caratteri­sti­che del­l’edi­ficio o per al­tri docu­men­tati motivi) detto consegui­mento non sia possi­bile. In ogni caso non sono am­messe de­roghe per in­terventi che com­portino peggioramento igienico ri­spetto alla si­tua­zione preesi­stente.

Art. 121

Caratteristiche degli ambienti di lavoro

121.1     Dimensioni degli ambienti di lavoro

121.1.1   Gli ambienti di lavoro delle aziende industriali che occu­pano più di cin­que la­vo­ra­tori e delle altre aziende industriali rien­tranti nell’am­bito di ap­plica­zione del­l’art. 6 del D.P.R. 15 marzo 1956 n. 303, devono ri­spet­tare i limiti di al­tezza, cu­ba­tura e su­per­ficie in­dicati al primo comma dello stesso art. 6. Altezze infe­riori, fino ad un minimo indero­gabile di ml. 2,70 e limita­tamente ai casi di cui al quarto comma dello stesso art. 6, po­tranno essere am­messe previa autorizza­zione dal­l’or­gano di vigi­lanza competente per terri­torio.

121.1.2   Gli ambienti di lavoro esclusi dall’ambito di applicazione del citato art. 6 del D.P.R. 303/56 devono avere altezza libera non inferiore a ml. 2,70. Per ogni la­vo­ratore de­vono inoltre essere assicurate una cuba­tura non inferiore a mc. 10 ed una superfi­cie non inferiore a mq. 2.

121.1.3   La superficie di ciascun ambiente di lavoro non dovrà comun­que es­sere infe­riore a mq. 9, fatti i salvi i casi in cui la mi­nore superficie sia ne­cessaria per spe­ciali esi­genze di la­vo­razione.

121.2     Posizione degli ambienti di lavoro rispetto al terreno cir­co­stante

121.2.1   Gli ambienti di lavoro devono essere ricavati nei locali fuori terra degli edi­fici od in lo­cali che siano equiparabili a quelli fuori terra.

121.2.2   Si considerano equiparati a quelli fuori terra, i locali che pre­sentino un in­ter­ra­mento medio non superiore a ml. 1,20. Per interramento medio si in­tende la me­dia arit­me­tica del disli­vello tra il piano di cal­pestio del lo­cale e la quota del ter­reno in corri­spon­denza di ogni pa­rete che delimita il locale. Per la de­termi­nazione del­l’inter­ra­mento medio val­gono i se­guenti criteri :

a)     le pareti si considerano completamente fuori terra quando ri­sul­tano at­te­state su altri locali, a qualsiasi uso destinati;

b)    le pareti si considerano completamente fuori terra quando la quota del ter­reno è pari od inferiore a quella del piano di calpe­stio per almeno 5 me­tri per­pendi­co­lar­mente alla parete.

121.2.3   I locali equiparati a quelli fuori terra devono in ogni caso avere le parti con­tro terra protette da scannafosso areato ispezionabile ed il piano di cal­pestio iso­lato dal ter­reno me­diante solaio o vespaio adegua­ta­mente a­re­ati.

121.2.4   Negli edifici di nuova costruzione ed in quelli risultanti da in­terventi di ri­strut­tu­ra­zione urbanistica è vietato adibire ad ambienti di lavoro lo­cali inter­rati e lo­cali se­minterrati che non siano equiparabili a quelli fuori terra se­condo quanto di­spo­sto al comma pre­cedente. Negli in­terventi sul patrimo­nio edi­lizio esi­stente diversi da quelli di ri­struttu­ra­zione urba­ni­stica, l’utilizzo dei mede­simi lo­cali quali am­bienti di la­voro potrà es­sere ammesso solo quando sia stata preventi­va­mente con­seguita la de­roga di cui all’art. 8 del D.P.R. 303/56.

121.3     Areazione degli ambienti di lavoro

121.3.1   Gli ambienti di lavoro degli edifici di nuova costruzione, o ri­sultanti da in­ter­venti di ri­strutturazione urbanistica, devono essere areati me­diante infissi apribili, pro­spet­tanti diretta­mente su spazi li­beri o cortili di dimensioni rego­la­mentari.

121.3.2   Gli infissi che garantiscono l’areazione ad un ambiente di la­voro de­vono es­sere do­tati di comandi ad altezza d’uomo e presentare su­per­ficie non in­fe­riore a :

    1/8 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie fino a mq. 100;

    1/16 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie ol­tre mq. 100 e fino a mq. 1000, con un minimo asso­luto di mq. 12,50;

    1/24 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie su­pe­riore a mq. 1000, con un minimo as­soluto di mq. 62,50.

121.3.4   Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente di­versi dalla ri­struttu­ra­zione ur­banistica, l’intervento dovrà ten­dere al raggiun­gi­mento dei para­metri sopra ripor­tati. Qualora ciò non risulti possi­bile, per mo­ti­vate ragioni adegua­ta­mente illu­strate nel pro­getto, i valori minimi di cui al comma 134.3.2 pos­sono es­sere ridotti a 2/3, e per­tanto rispetti­va­mente a 1/12, 1/24 ed 1/36.

121.3.5   E’ ammessa deroga alle presenti prescrizioni nel caso di lavo­razioni spe­ciali che, per loro natura, richiedano particolari condizioni am­bien­tali. In tali casi la pe­culia­rità della lavora­zione dovrà essere ade­gua­ta­mente docu­mentata nel pro­getto e l’ido­neità del locale sarà limi­tata alla spe­ciale attività dichia­rata.

121.4     Illuminazione degli ambienti di lavoro

121.4.1   Gli ambienti di lavoro devono essere illuminati con luce natu­rale.

121.4.2   Nel caso di edifici di nuova costruzione o risultanti da in­ter­venti di ri­strut­tu­ra­zione ur­banistica le superfici illuminanti de­vono ri­sultare non in­fe­riori a :

    1/8 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie fino a mq. 100;

    1/10 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie ol­tre mq. 100 e fino a mq. 1000, con un minimo asso­luto di mq. 12,50;

    1/12 della superficie di pavimento del locale, per locali con su­per­ficie su­pe­riore a mq. 1000, con un minimo as­soluto di mq. 100.

121.4.3   Almeno il 50% delle superfici illuminanti di ogni singolo locale deve prove­nire da aper­ture prospettanti su spazi esterni.

121.4.4   Nel caso di illuminazione proveniente da più elementi costi­tutivi del­l’e­dificio (pareti e copertura) le superfici illumi­nanti collocate a parete de­vono risul­tare :

    almeno il 50% se la restante parte è costituita da lucer­nari;

    almeno il 25% se la restante parte è costituita da aper­ture a sheed o a lan­terna.

121.4.5   Nei casi in cui l’attività che viene svolta e/o la protezione dei lavo­ra­tori dal­l’ir­rag­gia­mento solare lo richiedano, i locali de­vono essere do­tati di disposi­tivi che ne consen­tano l’oscu­ra­mento totale o parziale.

121.4.6   Parametri diversi da quelli prescritti ai commi precedenti po­tranno es­sere am­messi esclusivamente ove ricorrano par­tico­lari esigenze tec­ni­che, le quali do­vranno es­sere adegua­ta­mente illustrate e docu­men­tate nel pro­getto. In tali casi l’i­doneità del locale quale ambiente di la­voro sarà limitata al­l’attività la­vo­ra­tiva di­chiarata.

121.4.7   Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente di­versi dalla ri­struttu­ra­zione ur­banistica, l’intervento dovrà ten­dere al raggiun­gi­mento dei para­metri sopra ripor­tati. Quando ciò non sia possi­bile, per moti­vate ragioni adeguata­mente il­lustrate nel pro­getto, è ammesso inte­grare l’il­luminazione naturale con illuminazione arti­ficiale idonea per in­tensità e qualità e che non dia luogo a fe­no­meni di abbaglia­mento (Norme UNI 10380). Anche in tale eventualità le aperture di illu­mina­zione diretta non potranno comunque es­sere inferiori al 50% di quelle prescritte al comma 121.4.2

Art. 122

Caratteristiche degli ambienti di vendita

122.1     Dimensioni degli ambienti di vendita

122.1.1   Per il dimensionamento degli ambienti di vendita si ap­plicano le norme even­tual­mente vigenti per la specifica atti­vità.

122.1.2   Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di set­tore, l’altezza degli am­bienti di vendita deve essere non infe­riore a :

    ml. 3,00 per i locali di nuova costruzione adibiti ad atti­vità com­merciali di grande distribuzione (supermercati e simili);

    ml. 2,70 per le altre attività commerciali ed in genere per i lo­cali adibiti alla commercializzazione di prodotti o ser­vizi, anche quando facenti parte di edi­fici destinati a di­versa prevalente at­tività.

122.2     Posizione degli ambienti di vendita rispetto al terreno cir­costante

122.2.1   Per la posizione degli ambienti di vendita rispetto al ter­reno circo­stante val­gono le stesse prescrizioni impartite per gli ambienti di la­voro al precedente commi 121.2.

122.3     Areazione degli ambienti di vendita

122.3.1   Gli ambienti di vendita devono usufruire di areazione natu­rale di­retta o di ade­guato impianto di ventilazione forzata.

122.3.2   Nel caso di areazione naturale diretta, le aperture di a­rea­zione de­vono pre­sen­tare superficie non inferiore a quella già prescritta per gli am­bienti di la­voro al comma 121.3.

122.3.3   Nel caso di areazione forzata dovrà essere installato un im­pianto di ven­ti­la­zione for­zata o di condizionamento che ga­rantisca il ricambio d’aria in con­for­mità alla norma UNI 10339.

122.4     Illuminazione degli ambienti di vendita

122.4.1   Gli ambienti di vendita possono essere illuminati con luce naturale o luce ar­tifi­ciale.

122.4.2   Anche quando usufruiscano di illuminazione naturale, gli ambienti di ven­dita de­vono comunque essere dotati di ade­guati impianti di illu­mi­na­zione ar­tifi­ciale, ido­nei per in­tensità e qualità e che non diano luogo a fe­nomeni di ab­baglia­mento (norma UNI 10380).

 

122.5.1   I parapetti, le protezioni contro il vuoto, le scale, gli ac­cessi e le uscite do­vranno es­sere conformi a quanto previsto dalla normativa vigente per i nor­mali am­bienti di ven­dita.  

Art. 123

Caratteristiche degli ambienti di ufficio

123.1     Dimensioni degli ambienti di ufficio

123.1.1   Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di set­tore, l’altezza degli am­bienti di ufficio non deve essere infe­riore a ml. 2,70 e la loro superficie non in­fe­riore a mq. 9, con un minimo assoluto di mq. 5 per addetto.

123.2     Posizione degli ambienti di ufficio rispetto al terreno cir­co­stante

123.2.1   Per la posizione degli ambienti di ufficio rispetto al terreno circo­stante val­gono le stesse prescrizioni impartite per gli ambienti di lavoro al precedente comma 121.2.

123.3     Areazione ed illuminazione degli ambienti di ufficio

123.3.1   Gli ambienti di ufficio devono in genere usufruire delle stesse carat­te­ri­stiche di aere­a­zione ed illuminazione già pre­scritte per gli am­bienti la­vorativi.

123.3.2   In assenza di detti requisiti, per gli ambienti di ufficio sono ammessi :

a)     l’areazione forzata me­diante un impianto di ven­tila­zione for­zata o di condi­zio­namento che ga­rantisca il ri­cambio d’aria in con­for­mità alla norma UNI 10339.

b)    l’illumina­zione artificiale mediante un impianto che assi­curi li­velli lumi­nosi ido­nei per intensità e qualità e che non diano luogo a fe­nomeni di abba­glia­mento in con­formità alla norma UNI 10380.

123.3.3   Anche quando integrate dagli impianti di areazione e/o il­lumina­zione di cui so­pra, l’areazione ed illuminazione natu­rali devono in ogni caso es­sere assi­cu­rate nei se­guenti limiti :

a)     per i locali di superficie fino a mq. 100 : nella misura del 50% dei minimi pre­scritti al comma 121.3.2;

b)    per i locali di superficie oltre mq. 100 : nella misura del 25% dei minimi pre­scritti al comma 121.3.2, con un mi­nimo assoluto di mq. 6,25

Art. 124

Caratteristiche degli ambienti di supporto

124.1     Dimensioni degli ambienti di supporto

124.1.1   Per il dimensionamento degli ambienti di supporto si appli­cano le norme even­tual­mente vigenti per la specifica at­tività.

124.1.2   Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di set­tore, l’altezza mi­nima degli ambienti di supporto è stabilita in ml. 2,70.

124.1.3   Le camere di medicazione, ambulatori e simili devono avere superfi­cie non in­fe­riore a mq. 12.

124.1.4   I refettori, le mense aziendali ed i locali di riposo, devono avere su­per­ficie non in­fe­riore a mq. 9 e comunque tale da assicurare una su­perficie di al­meno mq. 1 per ogni addetto contemporaneamente pre­sente nel locale.

124.2     Posizione degli ambienti di supporto rispetto al terreno cir­co­stante

124.2.1   Gli ambienti di supporto devono, in genere, essere rica­vati nei locali fuori terra degli edifici od in locali equiparati a quelli fuori terra se­condo quanto di­sposto dal prece­dente comma 121.2.

124.2.2   Potranno inoltre essere adibiti ad ambienti di supporto i locali se­min­ter­rati che soddi­sfino tutte le caratteri­stiche ri­chieste dal presente Regolamento per i lo­cali di abita­zione non per­manente.

124.3     Areazione ed illuminazione degli ambienti di supporto

124.3.1   Gli ambienti di supporto devono in genere usufruire delle stesse ca­rat­te­ri­sti­che di a­reazione ed illuminazione già pre­scritte per gli am­bienti di lavoro.

124.3.2   Quando l’illuminazione e/o l’areazione naturali non rag­giungano i mi­nimi di cui al comma precedente, per gli am­bienti di supporto sono am­messe l’are­a­zione for­zata e l’il­lu­minazione artificiale secondo quanto già indicato al comma 123.3 per gli am­bienti di ufficio, con i valori minimi di area­zione ed il­luminazione na­turali ivi pre­scritti.

Art. 125

Caratteristiche degli ambienti di servizio

125.1     Dimensioni degli ambienti di servizio

125.1.1   Per il dimensionamento degli ambienti di servizio si ap­pli­cano le norme even­tual­mente vigenti per la specifica atti­vità.

125.1.2   Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di set­tore, l’altezza mi­nima degli ambienti di servizio è stabilita in ml. 2,40.

125.1.3   La superficie degli spogliatoi non deve essere inferiore a mq. 1,20 per ogni ad­detto contemporaneamente presente nel lo­cale.

125.1.4   I locali adibiti ad uso doccia o wc devono rispondere ai se­guenti re­qui­siti :

a)  superficie non inferiore a mq. 1,00 per i vani riser­vati al solo uso di doc­cia;

c)  superficie non inferiore a mq. 1,00 per i locali riservati al solo wc, con lato mi­nimo comunque non inferiore a ml. 0,90;

b)  superficie non inferiore a mq. 1,20 per i locali dotati sia di wc che di altri ap­pa­recchi igienici.

125.1.5   I locali adibiti alle funzioni di cui sopra non possono avere accesso di­retto da am­bienti di lavoro o di vendita, se non at­traverso apposito spazio di di­sim­pe­gno. Qualora nel disim­pegno sia previsto il lavabo, la superficie del mede­simo non deve essere inferiore a mq. 1,50.

125.2     Posizione degli ambienti di servizio rispetto al terreno cir­co­stante

125.2.1   Gli ambienti di servizio possono essere ricavati sia in lo­cali fuori terra che in lo­cali se­minterrati o interrati.

125.3     Areazione ed illuminazione degli ambienti di servizio

125.3.1   Gli ambienti di servizio possono essere areati sia in modo naturale di­retto che me­diante idoneo impianto di venti­lazione forzata.

125.3.2   I servizi igienici, nel caso di areazione naturale e diretta, devono avere fi­ne­stra­ture non inferiori ad 1/8 della superficie di pavimento, con un minimo as­so­luto di mq. 0,40. Quando i servizi igienici siano privi di fi­nestrature o le me­de­sime ab­biano di­mensioni inferiori a quelle pre­scritte, l’areazione deve es­sere assicurata in uno dei se­guenti modi :

a)  mediante impianto in espulsione continua, con coeffi­ciente di ri­cambio non in­fe­riore a 6 volumi/ora;

b)  mediante impianto con funzionamento intermit­tente a co­mando auto­ma­tico, in grado di garantire al­meno 1 ri­cambio in un tempo mas­simo di 5 mi­nuti per ogni utiliz­zazione.

125.3.3   Gli spogliati, sia che siano dotati di aperture di area­zione naturale che di im­pianto di ventilazione forzata, devono co­munque garantire un ri­cambio d’a­ria suf­ficiente in rela­zione allo specifico utilizzo ed alla mas­simo numero di per­sone presenti con­tem­pora­neamente;

125.3.4   In tutti altri locali di servizio (disimpegni, depositi, archivi senza per­ma­nenza di per­sone, ecc.), anche quando privi di proprio sistema di ven­tila­zione, de­vono es­sere ga­rantiti la cir­colazione dell’aria e l’e­va­cua­zione dei fumi in caso di in­cen­dio.

 

CAPITOLO XV : REQUISITI DEI LUOGHI ADIBITI A FUNZIONI DIVERSE

Art. 126

Funzioni regolate da norme specifiche

126 .1    I luoghi che vengano costruiti o trasformati per essere adibiti a fun­zioni per le quali vi­gano nor­ma­tive specifiche (scuole, alberghi, ospe­dali, impianti spor­tivi, ecc.) devono es­sere pro­get­tati e realiz­zati in con­for­mità a dette specifiche normative.

126.2     Nei confronti di detti luoghi, le prescrizioni del presente Regolamento si appli­cano limi­ta­ta­mente alle prescrizioni che non risultino in contra­sto con quelle della spe­cifica norma­tiva di riferi­mento, che deve in ogni caso ritenersi esplici­tamente prevalente.

Art. 127

Funzioni non regolate da norme specifiche

127.1     I luoghi che vengano costruiti o trasformati per essere adibiti a fun­zioni diverse da quelle di cui ai precedenti Capitoli XIII e XIV, ma per le quali non vigano nor­mative speci­fiche de­vono es­sere pro­gettati e rea­lizzati con criteri tali da ga­ran­tire in ogni caso una qualità edili­zia di li­vello non in­fe­riore a quello pre­scritto per le funzioni diretta­mente re­go­late dal pre­sente Regolamento.

127.2     A tal fine di si assumerà a riferimento l’attività che, tra quelle regola­mentate, ri­sulti mag­gior­mente assimilabile a quella in progetto. Ove la funzione in pro­getto non sia ragione­vol­mente as­similabile per in­tero ad una singola attività re­gola­men­tata, potrà essere as­sunta a ri­feri­mento più di una atti­vità, appli­cando le pre­scrizioni di ciascuna a specifici aspetti del pro­getto.

 

CAPITOLO XVI : SMALTIMENTO DEI LIQUAMI

Art. 128

Acque pluviali ed acque reflue

128.1     In funzione della loro natura, le acque provenienti dagli edifici si di­stin­guono in :

  acque pluviali,

  acque reflue.

128.2     Sono acque pluviali quelle di natura meteorica, di infiltrazione o di falda, pro­ve­nienti da co­per­ture, terrazze, cortili, chiostrine, scanna­fossi, drenaggi, su­per­fici scoperte e simili.

128.3     Sono acque reflue quelle provenienti dagli impianti sanitari dell’edifi­cio ed in ge­nere tutte le ac­que di risulta da una qualsiasi forma di uti­liz­zazione civile che com­porti compromis­sione della loro natu­rale pu­rezza.

128.4     In funzione della loro provenienza, le acque reflue si distinguono in :

  acque nere;

  acque saponose;

128.5     Sono acque nere le acque di rifiuto provenienti dai vasi wc e da tutti gli altri ap­pa­rec­chi sa­nitari con analoga funzione.

128.6     Sono acque saponose quelle provenienti dalle cucine, dai lavabi ed in genere da tutti quegli ap­pa­recchi sanitari od elettrodomestici la cui funzione presup­pone l’impiego di sa­poni, de­tersivi, ten­sio­attivi e si­mili.

Art. 129

Corpi ricettori finali

129.1     I corpi ricettori finali cui possono essere condotte le acque reflue si distin­guono in :

  pubblica fognatura

  corpo d’acqua superficiale

  suolo

  sottosuolo.

129.2     Si definisce come pubblica fognatura il complesso di canalizzazioni, servite o meno da im­pianto di depurazione, specificatamente desti­nate a raccogliere e portare a re­capito le ac­que meteori­che e/o di la­vaggio provenienti da aree ur­ba­nizzate e quelle di rifiuto pro­ve­nienti dalle diverse attività.

129.3     Si definisce come corpo d’acqua superficiale qualsiasi massa d’ac­qua che, in­di­pen­dente­mente dalla sua entità, presenti proprie carat­teristi­che idrologiche, fisi­che, chi­miche e bio­logiche (laghi e corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, falde sot­terra­nee e simili).

129.4     Si definisce come suolo l’insieme degli strati superficiali del terreno, quando uti­lizzati non come semplice scarico di acque reflue ma bensì come mezzo di trat­ta­mento che sfrutti la naturale ca­pa­cità depurante del terreno.

129.5     Si definisce come sottosuolo l’insieme delle unità geologiche atte a conferire agli sca­richi il mas­simo confinamento possibile, bloccan­doli in strutture porose iso­late dalla circola­zione idrica sot­ter­ranea mediante appropriate barriere geo­logiche impermeabili.

Art. 130

Pubbliche fognature

130.1     Le pubbliche fognature, in funzione del tipo di acque che vi possono essere con­dotte e del loro re­capito, si distinguono in :

  fognatura nera

  fognatura bianca

  fognatura mista

130.2     Pubblica fognatura nera

130.2.1   Le fognature nere sono quelle che adducono ad un depu­ra­tore co­mu­nale ad ossi­da­zione totale e che sono riservate al­l’immissione di acque nere ed ac­que sapo­nose.

130.2.2   E’ vietato immettere acque pluviali nella pubblica fogna­tura nera.

130.3     Pubblica fognatura bianca

130.3.1   Le fognature bianche sono quelle che di norma affian­cano le fogna­ture nere e che sono riservate all’immissione di acque pluviali.

130.3.2   E’ vietato immettere acque nere o sapo­nose nella pub­blica fogna­tura bianca.

130.4     Pubblica fognatura mista

130.4.1   Le fognature miste sono quelle prive di depuratore ad ossi­dazione to­tale ed in cui è ammessa l’immissione di tutte le acque reflue (nere, sa­ponose, plu­viali).

130.5     Il trattamento delle acque e le modalità della loro immissione nella pubblica fo­gna­tura va­riano in funzione del tipo di fognatura secondo quanto prescritto dal presente Regolamento.

Art. 131

Abitanti equivalenti

131.1     I dispositivi di depurazione delle acque nere e delle acque saponose sono di­mensio­nati in fun­zione del numero di abitanti equivalenti.

131.2     Il numero di abitanti equivalenti si determina come segue :

  un abitante equivalente ogni mq. 35 di superficie utile lorda (o fra­zione) negli edifici di civile abitazione

  un abitante equivalente ogni due posti letto in edifici alberghieri, case di ri­poso e si­mili;

  un abitante equivalente ogni cinque posti mensa in ristoranti e trattorie;

  un abitante equivalente ogni due posti letto in attrezzature ospe­da­liere;

  un abitante equivalente ogni cinque addetti in edifici destinati ad uffici, eser­cizi com­mer­ciali, industrie o labora­tori che non produ­cano acque re­flue di la­vorazione;

  un abitante equivalente ogni cinque posti alunno in edifici scola­stici o isti­tuti di edu­ca­zione diurna;

  quattro abitanti equivalenti ogni wc installato per musei, teatri, impianti sportivi ed in genere per tutti gli edi­fici adibiti ad uso diverso da quelli in prece­denza indicati.

Art. 132

Raccolta e smaltimento delle acque pluviali

132.1     Caratteri costruttivi dell’impianto

132.1.1     Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a ga­rantire la rac­colta delle acque pluviali ed il loro convoglia­mento fino ad uno dei recapiti fi­nali am­messi dal pre­sente Regolamento.

132.1.2     Le condutture costituenti l’impianto devono essere di mate­riale resi­stente ed im­per­me­abile, avere giunture a perfetta tenuta ed essere di numero ed am­piezza suf­fi­ciente per rice­vere e convogliare le ac­que piovane fino al recapito finale.

132.1.3     Le coperture devono essere munite di canali di gronda lungo tutti i cor­ni­cioni, tanto verso le aree di uso pubblico quanto verso i cortili ed altri spazi sco­perti.

132.1.4     Le condutture verticali di scarico devono essere collocate di prefe­renza este­rior­mente al­l'edificio. Nel caso di facciate di­rettamente fron­teg­gianti spazi pubblici il tratto ter­minale (da terra fino ad un al­tezza di ml. 4,00) delle con­dut­ture deve es­sere incas­sato nella mu­ra­tura.

132.1.5     All’estremità inferiore di ogni calata devono essere installati pozzetti d'ispe­zione ad inter­ruzione idraulica. Pozzetti d'i­spe­zione devono inol­tre essere in­stallati lungo le condutture in­terrate nei punti in cui si veri­fichi un repentino cambia­mento di di­re­zione o la confluenza di più condutture.

132.1.6     Tutte le tubazioni costituenti l’impianto devono condurre ad un poz­zetto fi­nale d'i­spe­zione, posto ai limiti in­terni della proprietà, da cui si diparta la tu­bazione che conduce al re­capito finale.

132.2     Separazione da altri tipi di acque reflue

132.2.1     L’impianto di raccolta e smaltimento delle acque pluviali deve es­sere del tutto in­di­pen­dente da quelli delle acque di altra natura. E' tassati­vamente vietato immettere nelle tuba­zioni o nei pozzetti delle acque piovane acque reflue di qualsiasi al­tra prove­nienza.

132.2.2     La confluenza di acque piovane con le altre acque reflue po­trà es­sere con­sen­tita solo al livello del pozzetto finale d'i­spezione nel caso di recapito in pub­blica fo­gna­tura di tipo misto.

132.3     Recapito finale

132.3.1     Le acque pluviali possono essere smaltite mediante :

  convogliamento in pubblica fognatura bianca o mista;

  convogliamento in acque superficiali;

  dispersione nel suolo;

  accumulo in cisterna per uso irriguo, antincendio e simili (fermo re­stando che le even­tuali tubazioni di troppo pieno devono co­munque condurre ad una delle altre destina­zioni ammesse).

132.3.2     Quando possibile ed opportuno, deve essere privilegiato il reim­piego delle ac­que plu­viali per usi non pregiati e comun­que compa­ti­bili con la loro qualità (irrigazione aree verdi, ci­sterne di accumulo, ecc.) oppure la dispersione delle mede­sime, me­diante pro­cessi lenti, negli spazi verdi.

Art. 133

Raccolta e smaltimento delle acque reflue

133.1     Prescrizioni generali

133.1.1     Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a ga­rantire la rac­colta delle acque reflue ed il loro convoglia­mento fino ad uno dei re­capiti fi­nali am­messi dal pre­sente Regolamento.

133.1.2     Le condutture delle acque reflue devono essere di materiale resi­stente ed im­per­mea­bile, avere giunture a perfetta tenuta ed essere di numero ed se­zione suffi­cienti per ricevere e convogliare le acque me­desime.

133.1.3     Per dette condutture valgono le seguenti prescrizioni gene­rali :

a)   le tubazioni verticali devono essere poste in opera incas­sate nelle mura­ture o in appo­site cassette che le isolino dagli am­bienti in­terni; la colloca­zione esterna alle mura­ture (tubazioni a vista) è ammessa solo in cavedi od in al­tri spazi riservati al pas­saggio degli impianti tecnolo­gici;

b)   le tubazioni verticali devono essere prolungate in alto so­pra la co­pertura del­l’e­di­ficio, in modo tale da garantire la ventilazione delle medesime, ed avere l'estre­mità supe­riore provvista di mi­tra o cap­pello di venti­lazione e di reti­cella contro gli in­setti;

c)   negli edifici di nuova costruzione, deve essere inoltre rea­lizzato un si­stema di ventila­zione secondaria, anche me­diante un'unica ca­lata di dia­metro ade­guato, che sfiati le colonne delle acque nere e sa­ponose, sia ai piedi delle stesse che in prossimità di ogni at­tacco.

d)   le tubazioni orizzontali interrate devono essere provviste di poz­zetti di ispe­zione senza interruzione del transito nei punti in cui si verifica un cam­bia­mento di di­re­zione, una variazione di livello o la con­fluenza di più con­dut­ture.

133.1.4     Prima di essere condotte al recapito finale, le acque reflue devono essere con­dotte ad uno dei dispositivi di depura­zione ammessi dal presente Regolamento in fun­zione del tipo di ac­que e del recapito fi­nale medesimo.

133.2     Recapito in pubblica fognatura

133.2.1     Le caratteristiche degli impianti di trattamento delle acque reflue che recapi­tano in pub­blica fognatura si differenziano in funzione del tipo di fogna­tura e del tipo di ac­que.

133.2.2   Recapito in fognatura nera

                 Acque nere.

               Nelle zone servite da pubblica fognatura nera, le acque luride po­tranno es­sere col­le­gate alla fognatura anche senza alcun tipo di trat­ta­mento pre­ven­tivo, se­condo le istruzioni che sa­ranno di volta in volta impar­tite dal compe­tenti uffici comu­nali.

                 Acque saponose.

               Nelle zone servite da pubblica fognatura mista, le acque sa­ponose, prima di es­sere recapitate in fognatura, devono es­sere condotte ad un pozzetto ad in­ter­ru­zione idrau­lica o co­mun­que ad un di­spositivo di de­purazione atto a dare un re­fluo con ca­ratteri­stiche quali­ta­tive con­formi alle normative vi­genti.

133.3     Recapiti diversi dalla pubblica fognatura

133.3.1     Nelle zone sprovviste di pubblica fognatura tutte le calate delle ac­que nere de­vono termi­nare in basso in sifoni a chiu­sura idraulica, muniti di boc­chetta di ispezione o in pozzetti in­terrut­tori a chiusura idraulica ispe­zionabili. Tali si­foni o poz­zetti de­vono col­legarsi me­diante con­dutture interrate ad un im­pianto di de­purazione con­forme a quanto previsto dal pre­sente Regolamento e co­munque atto a dare un re­fluo con ca­ratteristiche qualitative con­formi alle nor­mative vi­genti. Devono inoltre essere in­stallati due pozzetti di prelievo, uno a monte ed uno a valle del sistema di depura­zione, per la consen­tire ve­rifica dei limiti im­posti dalle norme vigenti.

133.3.2   Recapito nel suolo

               Le acque nere che debbano essere smaltite nel suolo de­vono es­sere pre­venti­va­mente condotte ad una vasca settica di tipo Imhoff. Alla stessa vasca deb­bono essere con­dotte an­che le acque sa­po­nose, previo pre­trat­ta­mento in un pozzetto ad in­terru­zione idraulica. I liquidi in uscita dalla vasca set­tica Imhoff de­vono es­sere condotti con una unica tuba­zione al reca­pito fi­nale nel suolo, che po­trà avvenire me­diante pozzo di­sper­dente o sub-ir­riga­zione a pettine.

133.3.3   Recapito in acque superficiali

               Le acque reflue che debbano essere smaltite in acque super­ficiali de­vono es­sere pre­ventivamente trattate in un impianto ad ossida­zione to­tale.

133.3.4   Recapito in impianti a fitodepurazione

               Quando non risulti possibile od economicamente conve­niente con­durre le ac­que re­flue trattate ad uno dei recapiti fi­nali in precedenza indicati, è am­messo con­durre le mede­sime ad un impianto di fitode­purazione.

Art. 134

Fosse biologiche

134.1     Prescrizioni di carattere generale

134.1.1     Le fosse biologiche, o vasche settiche di tipo tradizionale, sono ca­rat­te­riz­zate dal fatto di avere compartimenti comuni per il liquame ed il fango.

134.1.2     Esse devono essere adottate per il trattamento delle acque nere in tutti i casi in cui siano prescritte dal presente Regolamento.

134.1.3     Alle fosse biologiche non possono essere mai condotte ac­que sa­po­nose o ac­que plu­viali.

134.2     Posizionamento delle fosse biologiche

134.2.1   Le fosse biologiche dovranno, di norma, essere collocate nel resede del­l’edi­fi­cio ad una distanza non inferiore a ml.1,00 dalle fondazioni del mede­simo.

134.2.2   Negli interventi sul patrimonio edilizio esistente, laddove non sia pos­si­bile il ri­spetto delle distanze sopradette, è am­messa la colloca­zione ad una di­stanza in­feriore pur­ché si dimostri che sono stati adot­tati tutti gli ac­corgi­menti atti ad evi­tare che la rot­tura accidentale della fossa possa provocare infil­trazioni al di sotto delle fonda­zioni del­l’e­di­ficio o nei locali ai piani inter­rati.

134.2.3   Nei soli casi in cui non sia possibile alcuna conveniente collo­cazione esterna al­l’e­di­fi­cio, e comunque esclusivamente per gli interventi sul patri­monio edili­zio esi­stente, è ammessa la realizzazione della fossa biologia all’interno di un vano ri­ser­vato esclusi­vamente a tale scopo oppure, ove anche ciò non ri­sulti possibile, nel vano scala.

134.2.4   In tutti i casi di collocazione interna all’edificio la fossa biolo­gica do­vrà ri­spet­tare le seguenti ulteriori condizioni :

    essere se­parata dal solaio di calpestio del vano sopra­stante da una ca­mera d’a­ria di altezza non inferiore a cm. 40, adeguata­mente ae­re­ata con con­dotti di ventila­zione sfocianti diretta­mente all’e­sterno;

    presentare gli accorgimenti già prescritti per le fosse a ri­dosso degli edi­fici,

    essere dotato di idoneo passaggio o condotto che ne consenta la vuo­ta­tura meccanica senza interessare lo­cali abitabili o nei quali è comun­que am­messa la pre­senza continuativa di per­sone.

134.2.5   Le fosse biologiche, ovunque posizionate, devono essere ac­cessibili ed ispezio­nabili.

134.3     Dimensionamento delle fosse biologiche

134.3.1   Le fosse biologiche devono essere dimensionate in fun­zione del nu­mero di abi­tanti equivalenti corrispondente all’e­dificio (o porzione di edi­ficio) che vi re­capita.

134.3.2   Ciascuna fossa biologica deve essere costituita da due ca­mere di­stinte e pre­sen­tare una capacità utile complessiva (volume interno delle ca­mere), pari ad al­meno 225 litri per ogni abitante equivalente, con un minimo asso­luto di 3000 li­tri (mc. 3,00) comples­sivi.

134.3.3   Le due camere devono avere, di norma, pianta quadrata ed uguale ca­pa­cità. Sono comunque ammesse :

    camere a pianta rettangolare con lunghezza non supe­riore a due volte la lar­ghezza;

    camere di capacità diversa tra loro quando siano assi­cu­rate una ca­pa­cità non in­feriore al 50% del totale per la prima ca­mera ed al 40% del totale per la se­conda (ferma restando in ogni caso la capacità comples­siva mi­nima stabi­lita dal pre­sente articolo).

134.4     Caratteristiche tecniche delle fosse biologiche

134.4.1   Le fosse biologiche bicamerali, qualsiasi sia il materiale di cui sono co­sti­tuite, de­vono rispondere alle seguenti pre­scrizioni tecniche ge­ne­rali :

    la profondità del liquido, in ciascuna camera, deve risul­tare com­presa tra ml. 1,50 e ml. 1,70;

    in ciascuna camera, deve essere assicurato uno spazio libero di al­meno cm. 20 tra il livello del liquido ed il cielo della fossa;

    le tubazioni per l’afflusso e l’efflusso dei liquami devono avere diame­tro non infe­riore a cm. 10 e devono immer­gersi almeno 30 cm. sotto il li­vello del li­quido;

    il dispositivo di comunicazione tra una camera e l’altra (sella) de­vono es­sere rea­lizzati con tubazioni di diame­tro non inferiore a cm. 10, po­ste ad “H” o ad “U” rove­sciato, prolungate in alto sino al cielo della fossa (in di­retto contatto con le relative lapidi) ed in basso sino ad im­mergersi al­meno 30 cm. sotto il li­vello del li­quido;

134.4.2   Le fosse biologiche devono essere dotate di chiusini a doppia la­pide, di mate­riale e fattura tali da garantire la chiu­sura er­metica. Analoghi chiusini devono essere pre­vi­sti in corrispon­denza dei punti di ispe­zione posizionati sul dispo­si­tivo di co­muni­ca­zione tra una camera e l’altra (sella).

134.5     Ventilazione delle fosse biologiche

134.5.1   Ogni fossa biologica dovrà essere dotata di propria tuba­zione di ven­ti­la­zione po­si­zio­nata in prossimità del cielo della fossa, di diametro non in­fe­riore a cm. 10 e sfo­ciante sopra la coper­tura dell’edificio o co­mun­que in posizione tale da non di­sper­dere cattivi odori in prossi­mità di lo­cali abitabili. L’estremità su­periore della tu­bazione di ven­tila­zione do­vrà essere dotata di reticella an­tin­setto di ma­teriale inossida­bile.

134.5.2   Nella parete che divide le due camere dovranno essere rea­lizzati, al di so­pra del li­vello del liquido, idonei fori di venti­la­zione in modo da man­te­nere uni­forme la pres­sione ed as­si­curare la ventilazione di en­trambe le camere. In mancanza di tale re­quisito do­vranno essere pre­viste tu­bazioni di venti­la­zione per entrambe le ca­mere.

134.6     Caratteristiche costruttive delle fosse biologiche

134.6.1   Le fosse biologiche possono essere costruite in opera o me­diante l’im­piego di ele­menti prefabbricati.

134.6.2   Fosse biologiche costruite in opera

               Le fosse biologiche costruite in calcestruzzo armato dovranno avere pa­reti e so­letta di fondo di spessore non inferiore a cm. 15, mentre la soletta di co­per­tura do­vrà es­sere dimen­sionata in funzione dei mas­simi carichi che pos­sono gravare sulla mede­sima in ra­gione della sua ubi­cazione, con un mi­nimo as­so­luto di cm. 8. Le fosse biologiche costruite con muratura di mattoni do­vranno avere il fondo co­sti­tuito da una so­letta in calcestruzzo armato dello spessore non in­feriore a cm. 25, con so­vrappo­sto uno strato di malta di ce­mento dello spes­sore di cm. 5. Le pareti saranno costituite da pareti in mat­toni pieni murati con malta ce­men­ti­zia dello spes­sore non in­fe­riore di cm. 26, protette sul lato esterno da un rin­fianco di cal­cestruzzo dello spes­sore di almeno cm. 15, co­sic­chè lo spes­sore comples­sivo ri­sulti non infe­riore a cm. 45. Tutte le facce in­terne della fossa do­vranno es­sere in­tonacate e li­sciate con malta di ce­mento ed avere tutti gli an­goli ar­roton­dati e il fondo concavo per la facile estra­zione delle mate­rie. Le pareti che rima­nes­sero fuori terra dovranno avere an­ch’esse spes­sore non infe­riore a cm. 45 ed essere in­tona­cate anche sulle fac­cia esterna.

134.6.3   Fosse biologiche di tipo prefabbricato

               Gli elementi prefabbricati utilizzabili per la costruzione delle fosse bio­logi­che pos­sono essere sia di tipo monoblocco che di tipo ad ele­menti separati da com­porre in opera (cosidette ad anelli).

               Gli elementi monoblocco possono essere realizzati sia in cal­ce­struzzo che in altri ma­teriali con idonee caratteristiche di impermeabi­lità (vetro­re­sina e si­mili).

               Le fosse costituite da elementi prefabbricati composti in opera (anelli) do­vran­no es­sere accuratamente stuccate in tutti i punti di giunzione al fine di garan­tirne la mi­gliore te­nuta idraulica.

               Per tutte le fosse di tipo prefabbricato valgono le seguenti prescri­zioni :

    dovranno essere protette da un idoneo rinfianco di cal­ce­struzzo di spes­sore tale che lo spessore complessivo (parete della fossa più rin­fianco) non sia mai infe­riore a cm. 15;

    il fondo dello scavo dovrà essere privo di asperità e ben livel­lato con un getto di calcestruzzo in modo tale da ga­rantire la stabilità del manu­fatto;

    la soletta di copertura dovrà essere dimensionata in fun­zione dei mas­simi ca­richi che possono gravare sulla me­desima in ra­gione della sua ubica­zione.

Art. 135

Fosse settiche tipo Imhoff

135.1     Prescrizioni di carattere generale

135.1.1   Le fosse settiche tipo Imhoff sono caratterizzate dal fatto di avere com­parti­menti di­stinti per il liquame e il fango e de­vono essere adot­tate per il tratta­mento con­giunto delle ac­que saponose e delle ac­que nere in tutti i casi in cui esse siano pre­scritte dal presente Regolamento.

135.1.2   Alle fosse settiche Imhoff non possono essere mai con­dotte acque plu­viali.

135.2     Dimensionamento delle fosse settiche Imhoff

135.2.1   Le fosse settiche Imhoff devono essere dimensionate in funzione del nu­mero di abi­tanti equivalenti corrispondente al­l’edificio (o porzione di edifi­cio) che vi reca­pita.

135.2.2   Il comparto di sedimentazione dovrà avere capacità pari a 40-50 litri per abi­tante equivalente, con un minimo assoluto di 250 litri. Il com­par­timento del fango dovrà avere capacità pari a 150-160 litri per abi­tante equivalente, con un minimo asso­luto di 900 litri. E’ am­messo ri­durre la ca­pacità del comparti­mento del fango fino a 100-120 litri per abitante equi­va­lente a con­di­zione che l’estrazione del fango sia ese­guita due volte l’anno.

135.3     Caratteristiche tecniche delle fosse settiche Imhoff

135.3.1   Le fosse settiche Imhoff, qualsiasi sia il materiale di cui sono co­sti­tuite, de­vono ri­spon­dere alle seguenti prescrizioni tecni­che generali :

    deve essere assicurato uno spazio libero di al­meno cm. 20 tra il li­vello del li­quido ed il cielo della fossa;

    le tubazioni per l’afflusso e l’efflusso dei liquami devono avere diame­tro non infe­riore a cm. 10 e devono costi­tuire idonea in­ter­ru­zione idraulica sia in in­gresso che in uscita, immergendosi al­meno 30 cm. sotto il livello del li­quido;

135.4     Posizionamento, ventilazione e caratteristiche co­struttive delle fosse settiche Imhoff

135.4.1   Per quanto attiene il posizionamento, la ventilazione e le caratteri­sti­che co­strut­tive, le fosse settiche Imhoff devono ri­spondere alle stesse pre­scrizioni già det­tate per le fosse biologiche e di cui ai commi 134.2, 134.5, 134.6.

Art. 136

Depuratori ad ossidazione totale

136.1     L’utilizzo dei depuratori ad ossidazione totale, nella varie forme in cui i mede­simi si tro­vano in commercio, è richiesto ogni volta che, per il tipo di ricettore finale cui si in­tende convo­gliare le ac­que trattate, si debba conseguire un li­vello di depu­razione molto spinto, con de­gra­dazione pres­so­chè totale delle sostanze organi­che biodegra­dabili e nitrifica­zione delle parti azotate.

136.2     I depuratori ad ossidazione totale sono solitamente costituiti da ele­menti mo­no­blocco pre­fab­bri­cati, in genere suddivisi in più vasche o scomparti, ed utiliz­zano un si­stema di depu­razione a fanghi at­tivi ad ossidazione totale, basato sull’a­zione dei batteri pre­senti nel li­quame che, riuniti in co­lonie, costituiscono in fango attivo. Nell’impianto viene in­suf­flata meccanicamente l’aria neces­sa­ria alla so­pravvivenza ed alla ripro­duzione dei bat­teri, i quali utilizzano per la loro nu­tri­zione le so­stanze organiche inqui­nanti contenute nel liquame, ab­bat­ten­dole.

136.3     Considerato come in commercio esistano numerose tipologie di im­pianto ad os­sida­zione to­tale, ac­comunate dal principio di funziona­mento ma differenti tra loro per tipo di ma­te­riali impiegati, nu­mero e capacità degli scomparti, nu­mero e na­tura degli in­gressi nonché per lo stesso per­corso delle acque inter­namente al­l’impianto, non ven­gono impartite prescri­zioni e specifiche tecniche vinco­lanti in merito agli aspetti co­struttivi di tale tipo di impianti di depu­razione.

136.4     Il livello di depurazione conseguito da ciascun impianto dovrà risul­tare da ap­po­sita do­cu­menta­zione tecnica o certificazione rilasciata dalla ditta produttrice e l’im­pianto mede­simo potrà es­sere utiliz­zato solo per il trattamento di acque reflue de­stinate a corpi ri­cet­tori con­gruenti con il livello di de­purazione garan­tito.

136.5     Sia la posa che la manutenzione dell’impianto dovranno avvenire in completa con­formità alle speci­fiche tecniche fornite dal costruttore.

Art. 137

Altri tipi di depuratori

137.1     Potranno essere ammessi impianti di trattamento e depurazione delle acque re­flue di­versi da quelli contemplati negli articoli prece­denti solo quando venga di­mo­strato che i mede­simi conse­guono li­velli di depu­razione non inferiori a quelli prescritti dal presente Regolamento e dalle altre norme vi­genti in mate­ria, in fun­zione del tipo di ricettore fi­nale cui sono desti­nate le acque trat­tate.

Art. 138

Recapito dei liquami nel suolo mediante sub-irrigazione

138.1     L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante sub-irrigazione, dei liquami prove­nienti dal trat­tamento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovvi­ste di pubblica fogna­tura, secondo quanto previsto dal presente Regolamento.

138.2     Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff (o da al­tro idoneo di­sposi­tivo di trat­tamento) deve essere condotto, me­diante tubazione a te­nuta, in un pozzetto e da qui im­messo nella con­dotta o rete disperdente.

138.3     La condotta disperdente può essere costituita da tubazioni microfes­su­rate con­tinue o da ele­menti tubolari con estremità tagliate dritte e di­stanziati di cm. 1-2 cm l’uno dall’al­tro. In ogni caso la con­dotta di­sperdente deve essere pro­tetta supe­riormente da te­gole (o co­mun­que da elementi semi­curvi atti a svol­gere analoga funzione protet­tiva) ed avere pen­denza compresa tra lo 0,2% e lo 0,6%.

138.4     La condotta deve essere posata in una trincea profonda almeno cm. 70, la cui metà infe­riore deve essere riempita con pietrisco di varia pezzatura (3-6 o su­pe­riore) che avvolga comple­ta­mente la condotta. La parte superiore della trin­cea deve essere riempita con il ter­reno prove­niente dallo scavo, previa inter­posi­zione di uno strato di tessuto-non tes­suto o di altro materiale atto ad im­pe­dire che il terreno di rin­terro pene­tri nei vuoti del sot­to­stante riempimento in pie­tri­sco.

138.5     La trincea delle seguire approssimativamente l’andamento delle curve di li­vello, in modo tale che la condotta disperdente mantenga la pen­denza con­te­nuta nei limiti pre­scritti. Di norma la trincea deve es­sere posizionata lontano da fabbricati, aie, aree pavimentate o al­tre si­ste­ma­zioni che ostacolano il pas­sag­gio dell'aria nel ter­reno

138.6     La distanza fra il fondo della trincea ed il massimo livello della falda non dovrà es­sere in­fe­riore ad un metro. Nel tratto a valle della con­dotta l’acqua di falda non potrà essere utiliz­zata per uso po­tabile o dome­stico o per irriga­zione di prodotti man­giati crudi, a meno di ac­cer­tamenti chimici e mi­crobiologici caso per caso da parte dell'auto­rità sanita­ria. Fra la con­dotta di­sperdente e un qua­lun­que serba­toio, pozzo od altra opera desti­nata al servizio di acqua potabile deve es­sere mante­nuta una di­stanza minima di 30 me­tri.

138.7     L’andamento della trincea e della condotta disperdente può essere li­neare e con­tinuo su una sola fila oppure costituito da una condotta centrale con ramifi­cazioni a pet­tine, a dop­pio pettine o ad altro ana­logo. Lo sviluppo lineare com­plessivo della con­dotta di­sperdente deve essere de­terminato in fun­zione della natura del terreno e del numero di abitanti equivalenti secondo in se­guenti pa­ra­metri :

              tipo di terreno                                       sviluppo lineare per abitante equivalente

............. sabbia sottile, materiale leggero di riporto............................................ 2 ml/abitante

............. sabbia grossa e pietrisco ....................................................................  3 ml/abitante

............. sabbia sottile con argilla...................................................................... 5 ml/abitante

............. argilla con poca di sabbia .................................................................  10 ml/abitante

............. argilla compatta .....................................................................................  non adatta

              Potranno essere ammessi valori diversi da quelli sopraindicati nei casi in cui le carat­teri­sti­che del terreno siano preventivamente accer­tare mediante apposite prove di percola­zione.

138.8     La distanza tra due diverse condotte disperdenti non deve essere mai inferiore a 25 me­tri.

138.9     Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia intasa­mento del pie­tri­sco o del ter­reno sottostante, che non si manifestino impalu­damenti su­perfi­ciali, che non au­menti il numero delle per­sone servite ed il volume di li­quame giorna­liero disperso, che li­vello della falda ri­manga in valori compatibili.

Art. 139

Recapito dei liquami nel suolo mediante pozzi assorbenti

139.1     L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante pozzo assorbente, dei li­quami pro­ve­nienti dal trattamento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pub­blica fo­gna­tura, secondo quanto previsto dal presente Regolamento.

139.2     Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff (o da al­tro idoneo di­sposi­tivo di trat­tamento) deve essere condotto, me­diante tubazione a te­nuta, in un pozzetto da cui deve essere poi im­messo nel pozzo assorbente.

139.3     Il pozzo deve avere forma cilindrica e diametro interno di almeno un metro. Esso può es­sere co­struito in muratura (pietrame o mattoni) oppure in calce­struzzo, e deve es­sere privo di pla­tea. Nella parte infe­riore, in corrispondenza del terreno per­meabile, le pareti devono es­sere perme­abili (praticandovi feri­toie o realiz­zandole in muratura a secco o con altra ido­nea tecnica co­strut­tiva). Sul fondo del pozzo, in luogo della pla­tea, deve es­sere realizzato uno strato di pie­trame e pie­tri­sco dello spessore di circa mezzo metro. Analogo anello di pie­trame e pie­trisco (sempre dello spessore di circa mezzo metro) deve essere formato ester­namente alla porzione permeabile delle pa­reti del pozzo. In en­trambi i casi, in pros­si­mità del fondo e della parete per­meabile, il pietrame deve essere di pez­za­tura mag­giore ri­spetto al pietrisco soprastante o re­tro­stante.

139.4     La copertura del pozzo deve trovarsi ad una profondità di almeno cm. 60. Il poz­zetto deve essere collocato sulla co­pertura del pozzo e dotato di ade­guati chiu­sini. Lo spazio residuo so­prastante la coper­tura del pozzo e l’a­nello di pie­trisco cir­co­stante, deve es­sere reinterrato me­diante ter­reno ordinario con so­pras­sesto per evi­tare ogni avval­lamento e pre­via in­terpo­si­zione di uno strato di tessuto-non tessuto o di altro materiale atto ad impedire che il terreno di rin­terro penetri nei vuoti del sottostante riem­pi­mento in pie­tri­sco. Per la venti­la­zione dello strato drenante devono essere poste in opera tuba­zioni di ae­razione di opportuno diametro, che inte­res­sino lo strato di pie­trisco per una profondità di almeno un metro.

139.5     Di norma i pozzi assorbenti debbono essere posizionati lontano da fabbricati, aie, aree pa­vi­men­tate o altre sistemazioni che ostacolano il passaggio dell'a­ria nel ter­reno

139.6     La differenza di quota tra il fondo del pozzo ed il massimo livello della falda non dovrà es­sere in­fe­riore a 2 metri. Nel tratto a valle della con­dotta l’ac­qua di falda non potrà es­sere utilizzata per uso potabile o dome­stico o per ir­riga­zione di prodotti mangiati crudi, a meno di ac­cer­tamenti chi­mici e microbio­logici caso per caso da parte dell'au­to­rità sanita­ria. Fra il pozzo e un qualunque ser­batoio, pozzo od altra opera destinata al servi­zio di acqua po­tabile deve es­sere man­tenuta una di­stanza minima di 50 metri.

139.7     La superficie della parete perimetrale del pozzo, deve essere determi­nato in fun­zione della na­tura del terreno e del numero di abitanti equi­valenti secondo in se­guenti para­me­tri:

              tipo di terreno                                                 superficie per abitante equivalente

............. sabbia grossa e pietrisco ...................................................................  1 mq/abitante

............. sabbia fine ...................................................................................... 1,5 mq/abitante

............. argilla sabbiosa o riporto................................................................. 2,5 mq/abitante

............. argilla con molta sabbia o pietrisco ..................................................... 4 mq/abitante

............. argilla con poca sabbia o pietrisco ..................................................... 8 mq/abitante

............. argilla compatta impermeabile ................................................................  non adatta

              Potranno essere ammessi valori diversi da quelli sopraindicati nei casi in cui le carat­teri­sti­che del terreno siano preventivamente accer­tare mediante apposite prove di percola­zione. In ogni caso la capacità del pozzo non deve essere in­feriore a quella della vasca di chiarifi­ca­zione che precede il pozzo stesso.

139.8     Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia accumulo di sedi­menti o di fan­ghiglia nel pozzo od intasamento del pietrisco e del terreno cir­co­stante, che non si verifi­chino impan­ta­namenti nel ter­reno circostante; che non aumenti il numero delle per­sone ser­vite ed il vo­lume di liquame giorna­liero di­sperso, che li­vello della falda ri­manga in valori compatibili.

Art. 140

Percolazione nel terreno mediante sub-irrigazione con dre­naggio

140.1     Il sistema di percolazione nel terreno mediante sub-irrigazione con drenaggio deve es­sere adot­tato in tutti i casi in cui sia ammessa la sub-irrigazione nor­male ma ci si trovi in pre­senza di ter­reni im­perme­abili.

140.2     Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff (o da al­tro idoneo di­sposi­tivo di trat­tamento) deve essere condotto, me­diante tubazione a te­nuta, in un pozzetto da cui deve essere poi im­messo nella con­dotta o rete di­sper­dente.

140.3     Il sistema consiste in una trincea, profonda da ml. 1,00 a ml.1,50 con il fondo co­sti­tuito da uno strato di argilla, sul quale si posa la condotta drenante so­vrastata in senso verti­cale da strati di pietrisco grosso, mi­nuto e grosso. Nello spessore dell'ul­timo strato si col­loca la con­dotta di­sper­dente.

140.4     Tubi di aerazione di adeguato diametro devono essere collocati verti­calmente, dal piano di campa­gna fino allo strato di pietrisco grosso inferiore, disposti al­ter­nati­va­mente a de­stra e a sinistra delle condotte e distanziate da 2 a 4 metri l'uno dal­l'altro.

140.5     La condotta drenante sbocca in un idoneo ricettore (rivolo, alveo, im­pluvio, ecc.), men­tre la con­dotta disperdente termina chiusa 5 metri prima dello sbocco della con­dotta dre­nante.

140.6     Lo sviluppo lineare delle condotte si dimensiona assumendo come parametro mi­nimo ml. 2,00 per abitante equivalente.

140.7     Per quanto attiene le caratteristiche costruttive e di posa delle con­dotte, il loro posi­zio­na­mento, le distanze di rispetto e quanto altro non espressamente trat­tato nel pre­sente ar­ti­colo, si appli­cano le pre­scri­zioni già impartite all’art. 138 per le normali con­dotte di sub-irri­ga­zione.

140.8     Per l'esercizio si controllerà periodicamente il regolare funzionamento del si­stema, dal si­fone del pozzetto di alimentazione, allo sbocco del liquame, ai tubi di aerazione e si veri­fi­cherà nel tempo che non si ab­bia aumento del nu­mero degli abitanti equi­valenti e che li­vello della falda ri­manga in valori com­patibili.

Art. 141

Fitodepurazione

141.1     L’utilizzo di impianti a fitodepurazione come recapito finale dei liquami prove­nienti dal trat­ta­mento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fo­gna­tura, se­condo quanto previsto dal pre­sente Regolamento.

141.2     L’impianto a fitodepurazione (impianto fitodepurativo assorbente) sfrutta il po­tere de­pu­ra­tivo di de­terminati tipi di vegetazione ed è co­sti­tuito sostanzial­mente da uno o più letti as­sor­benti, sul fondo dei quali corre una tubazione di­sper­dente che rilascia il li­quame in pros­si­mità dell’appa­rato radicale delle piante.

141.3     I letti assorbenti sono costituiti da vassoi di estensione complessiva commisu­rata alla po­ten­zialità dell’impianto e realizzati in materiale atto a garantirne la te­nuta (calcestruzzo, re­sina po­liestere od altro idoneo materiale). Sul fondo dei letti viene steso uno strato di ghiaietto (pezzatura mm. 8-15 ) dello spes­sore di al­meno cm. 30. Al di sopra del ghiaietto viene riportato uno strato di terreno ve­getale di spes­sore non inferiore a cm. 40. Il terreno vegetale viene quindi ade­guatamente pian­tu­mato con ar­busti sempreverdi od altra vege­ta­zione idro­fila.

141.4     Il liquame chiarificato in uscita dal dispositivo di trattamento (tipicamente, ma non ne­ces­sa­ria­mente, una fossa settica tipo Imhoff) deve essere condotto, me­diante tu­ba­zione a te­nuta, in un poz­zetto da cui deve es­sere poi im­messo nella condotta disperdente. Detta con­dotta corre sul fondo del letto as­sor­bente, im­mersa dalla strato di ghiaietto, ed è co­sti­tuita da tu­bazioni micro­fes­surate con­ti­nue, posate con pendenza non su­pe­riore allo 0,4%.

141.5     Il livello del liquame nell’impianto sarà determinato dal livello del poz­zetto di di­stribu­zione è do­vrà corrispondere alla strato di ghiaietto po­sato sul fondo del letto assor­bente. Da qui i li­quidi saranno assor­biti, per capillarità, dall’apparato ra­dicale delle piante collocate nel so­prastante strato di ter­reno vegetale.

141.6     In uscita dall’impianto, sul lato opposto a quello di ingresso del li­quame, deve essere po­sto un se­condo pozzetto di ispezione e da questo deve dipartirsi una tu­bazione di troppo pieno di sicu­rezza che consente il celere deflusso di im­provvisi ed eccessivi ap­porti me­teo­rici, mantenendo il liquido nell’impianto ai li­velli di progetto. La tuba­zione di troppo pieno smal­tirà l’eccesso di ac­qua nel suolo me­diante un breve tratto di tu­bazione disper­dente per sub-irri­gazione.

141.7     Le dimensioni dei letti assorbenti e della superficie piantumata do­vranno es­sere tali da ga­rantire sufficienti livelli di depurazione ed evi­tare la formazione di reflui ef­fluenti. A tal fine l’impianto do­vrà presen­tare una estensione (superficie della faccia supe­riore dello strato di ghiaietto) di al­meno mq. 1,50 per ogni abitante equivalente, con un minimo as­so­luto di mq. 6.

141.8     La vegetazione da piantumare dovrà essere costituita da arbusti o fiori con spic­cate ca­rat­teri­stiche idrofile, quali ad esempio :

              Arbusti                                                            Fiori

              Aucuba Japonica                                             Auruncus Sylvester

              Bambù                                                             Astilbe

              Calycantus Florindus                                        Elymus Arenarius

              Cornus Alba                                                    Felci

              Cornus Florida                                                 Iris Pseudoacorus

              Cornus Stolonifera                                           Iris Kaempferi

              Cotoneaster Salicifolia                                      Lythrum Officinalis

              Kalmia Latifolia                                                Nepeta Musini

              Laurus Cesarus                                                Petasites Officinalis

              Sambucus Nigra

              Thuya Canadensis

141.9     Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia intasa­mento della tu­ba­zione di­sper­dente, che non si manifestino impalu­damenti superficiali, che non aumenti il nu­mero delle per­sone servite ed il vo­lume di liquame giorna­liero di­sperso.

Art. 142

Pozzi a tenuta

142.1     E’ consentita l’installazione di pozzi a tenuta solo nei casi in cui è pre­vista la fer­tirri­ga­zione con le limitazioni previste dalla vigente norma­tiva (L.R. 5/86). Il pozzo dovrà rac­cogliere esclusiva­mente reflui di tipo organico (liquame ani­male ed acque di vege­tazione) privi di ogni altra con­tamina­zione chimica ed avere ca­ratte­ristiche di perfetta te­nuta e ca­pacità adeguate allo scopo, oltre che es­sere muniti di co­lonna di ventila­zione sul tetto.

 

CAPITOLO XVII : OPERE ESTERIORI AI FABBRICATI

Art. 143

Opere esteriori ai fabbricati

143.1     Sono soggette alle prescrizioni di cui al presente Capitolo le opere esteriori agli edifici, con par­ti­colare riferimento agli elementi agget­tanti da realizzarsi su fac­ciate che pro­spet­tino sulla pubblica via, o comun­que su spazi pub­blici, ovun­que ubicati nell’ambito del terri­torio comu­nale, ivi com­prese le zone non urba­niz­zate.

143.3     Il rispetto di dette norme è condizione necessaria ma non sufficiente per l’am­missibilità del­l’o­pera, la quale rimane sempre subordinata al rispetto delle ca­rat­teristiche tipologiche ed archi­tettoniche dell’edificio su cui deve inserirsi, con par­ticolare riferimento agli edifici rica­denti nella zona omoge­nea “A”.

Art. 144

Terrazze a sbalzo sulla pubblica via

144.1     La realizzare di terrazze a sbalzo su facciate frontistanti vie ed altri spazi pub­blici è am­messa esclusivamente quando dette vie o spazi presen­tino una lar­ghezza di al­meno di ml. 8, misurati or­togonalmente alla facciata inte­ressata, dalla me­desima sino alla facciata fron­ti­stante o, quando l’e­di­ficio contrapposto non esi­sta o sia ar­retrato ri­spetto al filo stradale, sino al filo re­tro­mar­ciapiede del lato op­posto della via.

144.2     Nelle strade o spazi di larghezza maggiore, le terrazze a sbalzo non do­vranno ag­get­tare ol­tre ml. 1,00 dal piano verticale della facciata e do­vranno essere im­po­stati a quota tale da la­sciare una al­tezza libera non in­feriore a ml. 3,50 dal filo retro­marcia­piede all’in­tra­dosso del ter­razzo.

144.3     Le mensole, travi od altri elementi a sostegno o decorazione del ter­razzo non po­tranno in nes­sun caso essere impo­state a quota infe­riore di oltre un metro ri­spetto a quella pre­scritta per il ter­razzo mede­simo.

Art. 145

Elementi decorativi a rilievo

145.1     Gli elementi decorativi a rilievo e gli altri elementi sporgenti dal piano verti­cale della fac­ciata, fino ad una altezza di ml. 2,10 da terra, non do­vranno presen­tare sporgenza su­pe­riore a cm. 6 rispetto al filo dello zoccolo del fabbricato o, in as­senza del mede­simo, ri­spetto al piano ver­ti­cale passante per il filo retro­mar­cia­piede.

145.2     Gli elementi decorativi posti ad altezza superiore potranno avere ag­getti supe­riori a quello di cui al comma precedente, a condizione che ben si ar­monizzino sia con il resto della fac­ciata che, quando si tratti di edifici rica­denti nella zona omogenea “A”, con quelle contigue ed i caratteri ti­po­logici ed architettonici del contesto.

Art. 146

Cornicioni o gronde

146.1     Nell’ambito della zona omogenea “A”, i cornicioni di coronamento degli edi­fici e gli ag­getti di gronda dei medesimi non potranno avere spor­genze su­periori a ml. 1,50 ri­spetto al piano verti­cale passante per il filo re­tromarcia­piede.

146.2     E’ fatta eccezione per le gronde di tipo tradizionale alla fiorentina, per le quali, quando ec­ce­denti i limiti di cui al comma precedente, giudi­cherà caso per caso la Commissione Edilizia.

Art. 147

Zoccoli

147.1     Gli zoccoli, ed in genere tutte le parti basamentali degli edifici, non po­tranno mai oc­cu­pare il suolo pubblico.

147.2     Potrà derogarsi alla disposizione di cui al comma precedente solo nel caso in cui si in­ter­venga su edifici esistenti privi di zoccolatura e rica­denti nella zona omo­genea “A”, quando venga dimo­strato come la realizzazione dello zoccolo sia ele­mento utile al mi­glior inseri­mento nel contesto di un edi­ficio privo di pro­prio valore storico ed architetto­nico.

147.3     Ferme restando le limitazioni di cui ai commi precedenti, gli zoccoli da rea­liz­zarsi su pa­reti di edifici e muri di cinta confinanti con spazi pub­blici do­vranno avere altezza non mi­nore di cm. 60 ed essere realizzati in pietra od altro mate­riale resi­stente ed imper­mea­bile.

147.4     Nell’ambito della zona omogenea “A”, gli zoc­coli formati con intonaco a pinoc­chino sa­ranno am­messi solo quando tipici della zona o co­mun­que già presenti negli edifici con­ti­gui.

Art. 148

Muri di cinta

148.1     I muri di cinta, quando non siano in materiale originariamente previ­sto a faccia vista, do­vranno es­sere in­tonacati al civile e tinteggiati con colori idonei a non pro­durre di­sar­mo­nia con l'am­biente cir­co­stante.

148.2     Muri di cinta e recinzioni in genere non potranno avere altezza su­pe­riore a ml. 3,00. Eventuali ec­cezioni debbono essere adeguatamente mo­tivate e sulle me­de­sime si espri­merà caso per caso la Commissione Edilizia.

Art. 149

Tettoie a sbalzo

149.1     Le tettoie a sbalzo da realizzare su facciate prospicienti spazi pubblici sono am­messe solo per la protezione dell’accesso principale del­l’edi­ficio o degli in­gressi a luoghi aperti al pub­blico.

149.2     Dette tettoie, qualsiasi sia la loro sporgenza, dovranno in ogni caso man­te­nere una al­tezza li­bera non inferiore a ml. 2,50 misurata dal filo re­tromar­ciapiede al punto più basso della tet­toia, ridu­cibili a ml. 2,30 per le sole mensole, travi ed elementi decora­tivi anco­rati alla fac­ciata.

149.3     Per le tettoie impostata alla minima altezza ammessa, la sporgenza mas­sima, com­presi i ca­nali di gronda, non dovrà essere superiore a ml. 1.00. Per le tet­toie poste ad altezza di al­meno ml. 4,00, la spor­genza mas­sima, compresi i canali di gronda, non po­trà supe­rare ml. 2,50. Per le tettoie po­ste a quota in­termedia la sporgenza massima ammessa varierà pro­porzio­nalmente al­l’al­tezza delle me­de­sime dal filo retromarcia­piede, con rife­ri­mento ai va­lori mi­nimo e massimo pre­ce­dentemente indicati.

149.4     In nessun caso sono ammesse tettoie a sbalzo di sporgenza supe­riore alla lar­ghezza del mar­cia­piede o comunque a ml. 2,50.

149.5     Dette tettoie dovranno essere munite di ap­posito sistemi per la rac­colta ed il convoglia­mento alla fognatura delle acque piovane. Le ca­late dovranno es­sere in­cassate nella mu­ra­tura.

149.6     Tutte le tettoie, di qualsiasi altezza e sporgenza, dovranno essere col­lo­cate in modo tale da non nascondere la pubblica illu­minazione, i cartelli in­dicatori dei nomi delle vie od altri ele­menti di inte­resse pub­blico.

Art. 150

Infissi ed affissi

150.1     Tutte le porte che prospettino sulla pubblica via o su altri spazi de­sti­nati al pub­blico tran­sito de­vono aprirsi, di norma, verso l’interno del­l’edi­ficio.

150.2     Quando ciò non sia possibile e, per as­sicurare il rispetto di nor­mative spe­cifi­che, le porte deb­bano aprirsi verso l’e­sterno, queste do­vranno essere debita­mente ar­retrate ri­spetto al filo della facciata in modo tale da non costituire in­tralcio alla libera circo­lazione di vei­coli e pedoni.

150.3     Le persiane, gli avvolgibili con apparato a sporgere ed altri simili af­fissi po­tranno aprirsi verso l'e­sterno solo quando la loro parte infe­riore si trovi ad al­tezza di al­meno m. 2,30 dal filo retro­marcia­piede.

150.4     Le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2 possono essere de­rogate so­la­mente per gli edifici esistenti per motivi di sicurezza ove sia dimostrata la mate­riale impossibilità del ri­spetto di quanto ivi pre­visto.

Art. 151

Modifiche di logge o porticati

151.1     Qualsiasi intervento che interessi logge o porticati, anche quando ammissibile in fun­zione della ca­pacità edificatoria dell’edificio e del tipo di intervento am­messo dal P.R.G., non po­trà in nes­sun caso com­portare alterazione dell’equi­li­brio archi­tettonico e dei va­lori formali dell’edificio.

151.2     A tal fine, in linea generale, non sono ammessi interventi parziali che preve­dano la chiu­sura, par­ziale o totale, delle logge o porticati di per­tinenza di sin­gole unità immobiliari che siano parte di edifici pluri­piano o comunque costituiti da una plu­ralità di unità immo­bi­liari.

151.3     Sono, viceversa, ammessi interventi estesi all’intero edificio che, me­diante un progetto uni­ta­rio, as­sicurino l’equilibrio architettonico ed il ri­spetto dei valori for­mali dell’immobile, fi­nan­che a giungere all’orga­nico ridisegno delle facciate inte­ressate.

151.4     In casi del tutto eccezionali potranno essere ammessi progetti riguar­danti sin­gole unità im­mobi­liari (o comunque non l’edificio nella sua interezza) a condi­zione che la rappre­sen­ta­zione gra­fica sia estesa al­l’intero edificio e dimostri come l’inter­vento progettato, pur nella sua parzialità, ben si in­serisca nel con­te­sto e con arrechi turbativa alcuna ai ca­rat­teri archi­tettonici dell’im­mobile. Detti progetti par­ziali sono sottoposti obbliga­toria­mente al pa­rere della Commissione Edilizia, il cui even­tuale parere contrario è vincolante.

151.5     In tutti i casi di intervento su logge e porticati rimangono ferme le di­sposizioni di cui ai commi 52.3.4 e 52.3.5.

Art. 152

Mostre ed insegne

152.1     Le facciate dei fabbricati di nuova costruzione o derivanti da interventi di ri­strut­tura­zione ur­ba­ni­stica, quando i fabbricati medesimi preve­dano locali a de­stina­zione com­mer­ciale o esercizi pub­blici, dovranno es­sere predi­sposte per le rela­tive mostre ed in­segne.

152.2     Le mostre ed insegne dovranno essere collocate esclusivamente nei vani e spazi pre­stabi­liti, senza alterare le linee architettoniche dell’e­dificio, ed il loro ag­getto non po­trà su­pe­rare i cm. 5 rispetto al piano verticale pas­sante per il filo re­tromar­ciapiede. Le cor­nici su­periori delle mostre e delle ve­trine che si tro­vino poste al­meno a ml. 2,50 dalla quota del re­tromar­ciapiede po­tranno ag­get­tare fino a cm. 15 ol­tre la sporgenza ordi­naria.

Art. 153

Numeri civici

153.1     In caso di costruzione di nuovi fabbricati o di apertura di nuove porte di ac­cesso ai fab­bri­cati esi­stenti, il proprietario deve richiedere ai com­petenti Uffici Comunali il numero ci­vico da ap­pli­carsi alle porte.

153.2     Tale numerazione sarà eseguita, di regola, con tavolette di porcel­lana, di forma, di­men­sioni e co­lori uguali a quelle adottate dal Comune e sarà a ca­rico dei ri­spettivi proprie­tari.

153.3     In caso di demolizioni di fabbricati che non debbano essere più rico­struiti o nel caso di sop­pres­sione di porte esterne di accesso, i pro­prie­tari devono notifi­care al Comune i nu­meri soppressi.

Art. 154

Cartelli indicatori

154.1     E' riservato al Comune, senza corresponsione di alcuna indennità o com­penso, il diritto di col­lo­care sulle facciate de­gli stabili di proprietà privata i car­telli indi­ca­tori delle vie o piazze e quelli portanti in­di­cazioni di pubblica utilità.

2.2                  I pro­prietari hanno l'obbligo di non rimuovere detti cartelli, di non sot­trarli alla pubblica vi­sta e di rinnovarli quando siano stati di­strutti o danneggiati per fatti loro imputabili.

 

 

 

Allegato “A”

DOCUMENTAZIONE MINIMA COSTITUENTE I PROGETTI DEI DIVERSI TIPI DI INTERVENTO

 

 

I singoli elaborati, atti o documenti costituenti il progetto de­vono avere le carat­teri­sti­che di cui ai commi che seguono.

1.         Certificazioni, dichiarazioni, NN.OO. e simili

1.1       Devono essere allegate al progetto, quando necessarie in fun­zione del­l’inter­vento progettato, le seguenti certificazioni, di­chiarazioni, nulla osta od atti :

a.1)  Certificazione di proprietà e/o certificazione storico-ca­ta­stale, nei casi in cui detti ele­menti assumano rile­vanza al fine di ac­cer­tare l’ammissi­bi­lità del­l’in­ter­vento pro­gettato.

a.2)  Documentazione sulla destinazione d’uso, in atto o pas­sata, nei casi in cui detto ele­mento assuma rile­vanza al fine di accertare l’am­missibi­lità dell’in­tervento proget­tato.

a.3)  nulla osta rilasciato dalla competente Soprintendenza, nel caso di in­ter­venti su im­mobili vin­co­lati ai sensi della L. 1089/39.

2.         Relazioni e documentazione fotografica

2.1       Il progetto deve sempre essere corredato dalla seguente do­cumen­tazione :

b.1)  Relazione tecnico illustrativa contenente l’identifi­ca­zione del­l’im­mobile, l’il­lu­stra­zione del progetto, la di­mo­stra­zione di confor­mità del mede­simo al pre­sente Regolamento, alle prescri­zioni del P.R.G e delle altre norme in materia edili­zio-urbanistica, gli ul­teriori ele­menti idonei ad illu­strare il progetto an­che per quanto attiene i suoi valori formali e di inse­rimento nel conte­sto.

b.2)  Documentazione fotografica generale e di dettaglio del­l’immo­bile, pro­por­zio­nata alla natura e complessità del medesimo. Per gli in­terventi di nuova co­stru­zione o che co­munque comportino modifi­ca­zioni nel rap­porto tra l’e­difi­cio e l’in­torno, la documen­ta­zione fo­to­grafica dovrà es­sere estesa al­l’am­biente circo­stante in modo tale da con­sen­tire una cor­retta valutazione del pro­getto in rap­porto al conte­sto. Per gli in­ter­venti sul pa­trimonio edili­zio esi­stente per i quali sia prescritta l’analisi sto­rico critico stili­stica, la documen­tazione foto­grafica di det­taglio do­vrà es­sere estesa a tutti gli ele­menti men­zio­nati in detta analisi o comun­que signifi­cativi ai fini della valuta­zione della qualità del progetto.

2.2       Quando necessario in funzione del­l’intervento progettato, il progetto deve inoltre es­sere corredato dalle seguenti ulte­riori relazioni :

b.3)  Relazione illustrante la conformità del progetto alla nor­mativa vi­gente in ma­teria di su­peramento delle bar­riere architettoniche, corredata della re­lativa documen­tazione illu­strativa e di esplicita di­chiarazione di con­for­mità, in tutti i casi in cui l’intervento, per sua natura o per l’uso dei lo­cali, sia sog­getto alla normativa in que­stione.

3.         Elaborati relativi allo stato attuale

3.1    La rappresentazione grafica dello stato attuale deve avve­nire, di norma, me­diante i seguenti elaborati :

c.1)   Estratto di mappa catastale con perimetrazione del­l’a­rea in­te­ressata dal­l’in­ter­vento.

c.2)  Planimetria in scala 1/200 con indicazione:

        delle quote planimetriche ed altimetriche sia del lotto inte­res­sato che degli spazi pubblici prospicienti, ri­fe­rite a punti fissi facil­mente identi­fi­cabili e sta­bili nel tempo.

        delle strade, dei parcheggi, delle linee ferroviarie, degli elet­tro­dotti di alta tensione, dei corsi d’acqua e di tutti gli altri elementi che pos­sono condi­zio­nare la progetta­zione ai fini del rispetto delle di­stanze e delle al­tezze (altezze edifici adiacenti, pa­reti fine­strate, cigli stra­dali e fer­ro­viari, corsi d’acqua, servitù pub­bliche, ecc.);

        delle aree a giardino e delle alberature di medio e alto fu­sto;

c.3)   Profili dell’andamento altimetrico dell’edificio ri­spetto al ter­reno, alle strade ed agli edi­fici circostanti (nel caso di nuove co­stru­zioni o di in­ter­venti che com­por­tino modi­fica della sagoma del­l’e­dificio)

c.4)   Pianta di ogni piano dell’edificio (o dell’unità im­mobi­liare in­te­ressata dal pro­getto) nella scala minima 1:100, com­plete di :

        quote atte ad indicare le dimensioni di ciascun vano e delle aper­ture di fac­ciata,

        indicazione della destinazione di tutti i vani, compresi quelli acces­sori,

        indicazione della superficie di ciascun vano abitabile con ve­rifica del re­la­tivo rap­porta areo-illuminante.

c.5)   Sezioni nella scala minima 1:100, in numero e po­si­zione suf­fi­cienti a for­nire una com­pleta rappresenta­zione alti­me­trica del­l’edi­fi­cio, o dell’u­nità immo­bi­liare inte­ressata dal progetto, con indi­cazione del­l’altezza del­l’e­di­ficio, della altezza in­terna netta di ciascun piano nonchè delle al­tezze minima e mas­sima di even­tuali porzioni con co­per­tura in­clinata. Nel caso di nuove co­stru­zioni, o di in­ter­venti sul patrimonio edilizio esi­stente che compor­tino modifi­che della sa­goma dell’edi­ficio, le sezioni dovranno inol­tre conte­nere gli ulte­riori ele­menti atti a rappresen­tare com­piu­ta­mente i rapporti altimetrici con le aree scoperte e gli edifici conti­gui. Potrà am­met­tersi una rap­pre­sen­ta­zione grafica sem­pli­ficata delle se­zioni, con la sola indi­cazione delle altezze in­terne, nel caso di in­ter­venti sul pa­tri­mo­nio edilizio esistente di mo­desta en­tità e riferiti a sin­gole unità im­mo­biliari, per loro natura non su­scettibili di comportare modificazioni della sagoma.

c.6)   Prospetti dell’edificio nella scala minima 1:100, con in­di­ca­zione detta­gliata dei materiali previsti dal progetto. Nel caso di in­ter­venti sul patri­monio edi­li­zio esi­stente, potrà omettersi la rap­pre­senta­zione dei pro­spetti che non siano inte­res­sati da mo­difiche. Sempre per detti in­ter­venti, quando i mede­simi siano di mo­desta entità e ri­feriti a sin­gole unità im­mobiliari, potrà ammet­tersi che la rappre­sen­tazione sia limitata alla por­zione di pro­spetto in­teres­sata dall’in­tervento, fermo restando, in ogni caso, l’obbligo di for­nire una idonea rap­pre­senta­zione delle fac­ciate me­diante la docu­mentazione fo­to­gra­fica.

c.7)   Eventuali particolari architettonici e decorativi nella scala più idonea alla loro rappre­sentazione.

4.         Elaborati relativi allo stato di progetto

4.1       La rappresentazione grafica dello stato di progetto deve av­ve­nire, di norma, me­diante i seguenti elaborati :

d.1)      Planimetria in scala 1/200, come già indicato al punto a2 ed inoltre con pe­ri­metrazione dell’opera pro­gettata ed in­dicazione delle di­stanze della me­de­sima dagli edifici adia­centi, dai con­fini, dalla via­bilità, ecc.

d.2)      Profili, come già indicato al punto c.3

d.3)      Tavola dei valori urbanistici contenente :

           rappresentazione schematica del terreno, dell’edifi­cio, degli spazi per par­cheggi nonché di ogni altro ele­mento la cui esten­sione sia ri­le­vante ai fini del­l’am­missibi­lità dell’inter­vento, scomposti in figure ge­o­me­triche ele­mentari debita­mente quo­tate;

           esplicazione analitica dei calcoli per la determina­zione del valori e pa­ra­metri ur­banistici previsti dal P.R.G o da altre norme vi­genti;

           comparazione dei valori di progetto con quelli am­messi dal P.R.G., dal pre­sente Regolamento o dalle altre norme di rife­rimento.

d.4)      Pianta di ogni piano, come già indicato al punto c.4

d.5)      Sezioni, come già indicato al punto c.5

d.6)      Prospetti, come già indicato al punto c.6

d.7)      Eventuali particolari architettonici e decorativi, come già in­di­cato al punto c.7.

d.8)      Progetti delle opere di urbanizzazione primaria, nei casi in cui le me­de­sime siano man­canti o quando ciò sia pre­scritto dalle N.T.A. del P.R.G. o dal pre­sente Regolamento.

d.9)      Elaborati atti a dimostrare l’assenza delle condi­zioni di ri­schio le­gati a fe­no­meni di esondazione o ri­stagno così come previsto dalla D.C.R. 21/6/1994 n. 230, in tutti i casi in cui l’intervento ri­cada in zona sog­getta a detta tutela.

5.         Elaborati relativi allo stato di sovrapposizione

5.1    La rappresentazione grafica dello stato di sovrapposizione deve av­ve­nire, di norma, mediante i seguenti elaborati :

e.1)   Planimetria in scala 1/200 derivante dalla sovrap­posi­zione degli in­gom­bri di cui ai punti c.2 e d.1, con colora­zione convenzionale in giallo e rosso (nel caso di nuove costru­zioni o di interventi che com­portino mo­di­fica del­l’ingom­bro pla­nime­trico dell’edificio)

e.2)   Profili derivanti dalla sovrapposizione di quelli di cui ai punti c.3 e d.2, con co­lo­razione convenzionale in giallo e rosso (nel caso di nuove co­stru­zioni o di inter­venti che com­portino modifica del profilo alti­metrico del­l’edificio)

e.3)   Pianta di ogni piano, derivante dalla sovrapposi­zione tra quelle di cui ai punti c.4 e d.4, con colorazione convenzio­nale in giallo e rosso

e.5)   Sezioni, derivante dalla sovrapposizione tra quelle di cui ai punti c.5 e d.5, con colora­zione convenzionale in giallo e rosso

e.6)   Prospetti, derivanti dalla sovrapposizione tra quelli di cui ai punti c.6 e d.6, con colora­zione convenzionale in giallo e rosso

6.      Ulteriori prescrizioni in merito al progetto

6.1    Gli elaborati costituenti il progetto devono essere nel for­mato da cm. 21x29,7 a cm. 21x31 o ad esso ridotti mediante pie­ga­tura. Essi de­vono es­sere prodotti in triplice co­pia, ad ecce­zione di quelli di cui ai punti da a.1 a a.4 nonchè della do­cu­menta­zione fotografica di cui al punto b.2, per i quali sarà suffi­ciente pro­durre una sola copia.

6.2    Nel caso di interventi per i quali è prescritto il rilascio dell’au­to­rizza­zione di cui al­l’art. 151 del D.Lgs. 490/99 dovrà es­sere pro­dotta una ulte­riore copia sia degli elaborati gra­fici che della documentazione foto­gra­fica.

6.3    Ove l’istanza di concessione sia finalizzata all’accertamento di con­formità di cui al­l’art. 13 della L. 47/85, prima del rila­scio della conces­sione a sanatoria dovrà es­sere prodotta la do­cu­mentazione atte­stante la conformità delle opere da sa­nare alle norme vigenti in ma­teria di costruzioni in zona si­smica e, più in ge­nerale, alla sicu­rezza sta­tica delle costru­zioni. Qualora le opere non risultas­sero conformi a dette norme, l’i­stanza di concessione dovrà es­sere cor­redata con il progetto delle ne­ces­sarie opere di adeguamento, per l’e­secu­zione delle quali sarà assegnato un con­gruo termine tem­po­rale in sede di ri­la­scio della concessione a sa­natoria.

6.4    I progetti degli interventi relativi ad im­mobili classificati come soggetti a re­stauro o comun­que definiti di valore sto­rico, cultu­rale ed archi­tetto­nico dagli strumenti urbani­stici comunali, de­vono documentare gli elementi tipologici, formali e strutturali, che qualificano il va­lore degli immobili stessi, e dimo­strare la compa­tibilità degli inter­venti pro­posti con la tu­tela e la conser­vazione dei sud­detti ele­menti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato “B”

Modalità DI PROGETTAZIONE E COLLAUDO DELLe STAZIONI RADIOBASE DI TELEFONIA CELLULARE

Art. 1   Criteri generali

La progettazione di una stazione radiobase dovrà essere redatto secondo i cri­teri indicati nel presente Allegato ed essere completa degli elaborati e delle rela­zioni tecniche necessa­rie per un agevole ed univoco esame, secondo le indica­zioni di cui ai commi seguenti.

1.2    Scheda descrittiva della stazione contenente le seguenti informazioni

        gestore;

        denominazione;

        Indirizzo;

        coordinate;

        standard di trasmissione;

        banda di frequenza;

        N° di celle;

Per ogni cella:

        N° canali;

        potenza per canale al connettore di antenna;

        tipo di antenna (marca e modello);

        orientazione (gradi nord);

        tilt meccanico;

        tilt elettrico;

        guadagno (dBi);

        Diagramma di radiazione verticale ed orizzontale.

1.3    elaborati grafici

        Diagramma di radiazione verticale e orizzontale per ciascuna antenna e zona di incertezza:

        Disegno quotato delle curve di campo a 3, 6, 10 e 20 V/m sul piano verticale contenente la direzione di maggior guadagno e su quello orizzontale. Tale di­segno deve tener conto anche dell’eventuale tilt elettrico.

         La zona di incertezza è definita dall’insieme dei punti che nella dire­zione an­teriore dell’antenna distano meno di D2cos2(a)/l dove:

         D è la lunghezza dell’antenna;

         a è l’angolo tra la congiungente il punto col centro dell’antenna e il piano orizzontale;

         l è la lunghezza d’onda della radiazione emessa.

        Planimetria della zona :

         descrizione planimetrica della zona circostante la SRB in scala op­portuna. La carta dovrà descrivere tutti gli edifici che distano dalla SRB meno della lun­ghezza del lobo di radiazione a 3V/m e comunque tutti quelli entro un raggio di 100 m. Di tali edifici dovrà essere chia­ramente indicata l’altezza del piano di gronda, e la destinazione d’uso. Dovranno essere riportato i disegni dei lobi a 3,6,10, 20 V/m o i loro inviluppi, la zona d’incertezza e la quota del centro radioelettrico delle antenne.

        Sezioni:

         Disegno in sezione dei piani verticali contenenti il centro delle an­tenne e la di­rezione di massimo irraggiamento di ciascuna cella.

         Nella sezione dovranno essere riportati in scala opportuna:

-        i disegni dei lobi a 3,6,10, 20 V/m o i loro inviluppi, la zona d’incer­tezza e la posizione delle antenne;

-        l’ingombro di tutti gli edifici che distano dalla SRB meno della lunghezza del lobo di radiazione a 3V/m: con tratteggio diverso dovranno comparire sia quelli effettivamente sezionati dal piano in questione sia quelli pre­senti, in pianta, nel lobo di radiazione di quella cella.

1.4    Ulteriori elementi di valutazione

         Il progetto dovrà indicare la presenza di impianti di diffusione radiotele­visiva o di telefonia cellulare nel raggio di 100 m dalla stazione.

         Il progetto conterrà disegni del dettaglio della zona dove vengono mon­tate le an­tenne e degli eventuali impianti tecnologici già presenti sul tetto (antenne TV, canne fumarie, insegne luminose ecc.); dovrà inoltre descrivere le perimetrazioni fisiche della zona ad accesso vietato che si rendessero necessarie e i punti di posi­zionamento della relativa “segnaletica di divieto e pericolo di cui si parla nei suc­cessivi “criteri di progettazione”

Art.2    Tutela della popolazione e dei lavoratori impegnati nei pressi delle an­tenne per attività non connesse con l’impianto stesso

2.1    Tutte le installazioni dovranno garantire che l’attivazione contemporanea di tutti i trasmettitori autorizzati, alla massima potenza, produca campi che rispettano i limiti previsti dal DM 381/98. In tutti i casi in cui il pro­getto faccia prevedere va­lori dei campi superiori alla metà di valori limite di campo fissati dal decreto prima della attivazione sarà necessario pro­cedere a collaudo con misure strumen­tali secondo le modalità definite nei commi seguenti.

2.2    In caso di posizionamento sul tetto di edifici:

         I livelli di campo nelle zone accessibili intorno all’antenna devono risul­tare infe­riori a 20 V/m.

         La zona con livelli di campo superiori a tale livello, se accessibile, deve essere fisi­camente perimetrata e deve essere indicata da segnaletica di sicurezza conforme al DL 493/96 che segnali l’emissione di campi elet­tromagnetici a radiofrequenze. Tale segnalazione dovrà anche indicare il divieto di accesso alla immediata pros­simità delle antenne (distanza in­feriore ad un metro) per possibili gravi rischi per la salute. Tale avviso può essere diretto verso tutti od almeno ai seguenti sog­getti:

         a)         portatori di pace maker cardiaci o dispositivi elettronici impiantati;

         b)        portatori di schegge metalliche o protesi metalliche;

         c)         donne in gravidanza;

         d)        donne portatrici di spirali intrauterine (I.U.D.)

         In caso di installazione delle antenne in posizioni normalmente non ac­cessibili, la perimetrazione fisica potrà essere sostituita da tavola in scala opportuna che in­dividui i confini della zona da perimetrare, e da un avviso posto sugli accessi più naturali alle antenne, che riporti i divieti di cui in precedenza e indichi l’esistenza e la collocazione della tavola di perimetrazione.

         Nel caso la stima dei livelli di campo sia effettuata solo mediante calcoli, la zona inaccessibile (fino a 2 m dal piano di calpestio) dovrà essere estesa all’esterno della zona di incertezza e dei lobi a 10 V/m.

         L’installazione su terrazze condominiali deve garantire che i livelli di campo sulla terrazza siano inferiori a 6 V/m fino a 2 m di altezza dal piano di calpestio.

         Al fine di garantire una agevole manutenzione in condizioni di sicurezza degli impianti tecnologici già presenti sul tetto, le antenne riceventi ra­diotelevisive, quelle ricetrasmittenti di uso domestico, e gli impianti di condizionamento e ven­tilazione dovranno essere esterni alla zona supe­riore ai 20 V/m (10 V/m nel caso di perimetrazione calcolata) e comunque distare di norma almeno 6 m dalle an­tenne e comunque non meno di 4m.

2.3    In caso di posizionamento su torri faro, pali della luce e simili:

         L’accesso per manutenzione dovrà poter avvenire per percorsi esterni al lobo dei 20 V/m ed alla zona di incertezza. L’efficacia di eventuali scher­mature installate a questo scopo dovrà essere verifica strumentalmente prima dell’attivazione del servizio.

Art. 3   Sovrapposizione con altri impianti

              Nel caso vi sia una significativa sovrapposizione con le emissioni di altri impianti dovrà di norma essere presentata una progettazione congiunta che definisca i li­velli di campo a partire dalle caratteristiche di emissione massima di entrambi gli impianti. In questi casi il progetto conterrà una scheda descrittiva di ogni im­pianto, mentre per la parte grafica di descri­zione dei livelli di campo si procederà in uno dei seguenti modi:

a)   quando possibile per la semplicità delle sovrapposizioni o per la in­dipen­denza sostanziale dei lobi di emissione, il progetto avrà le me­desime caratteri­stiche di quello di una singola stazione radiobase descrivendo per sezioni dei lobi di emissione l’area interessata da li­velli di campo superiori ai livelli di in­teresse. Il campo risultante dalla sovrapposizione di emissione di antenne di­verse è calcolato pari alla radice della somma dei quadrati dei campi di cia­scuna emissione (somma energetica).

b)   nel caso in cui la sovrapposizione delle diverse emissioni dia luogo a volumi di ingombro delle zone superiori ai livelli di interesse difficil­mente descrivibili mediante poche sezioni principali si riporterà in planimetria la proiezione approssimativa di tali volumi e si descrive­ranno puntualmente, in forma ta­bellare, i valori di campo riscontrati in facciata degli edifici maggiormente esposti, alla quota di maggior esposizione ed ad una di 3 m più bassa

c)   nel caso non sia possibile disporre delle caratteristiche degli impianti in que­stione e sia ragionevole supporre che le emissioni elettroma­gnetiche di questo non sono destinate a variare significativamente nel tempo:

-     è possibile effettuare la progettazione a partire da una determina­zione dei punti di maggior esposizione ai livelli di campo dell’im­pianto in progetto con la modalità di progettazione b). In tali punti verrà effettuata una mi­surazione dei valori di fondo del campo elettromagnetico con sonda iso­tropa a banda larga ed il valore fi­nale di progetto verrà assunto pari alla somma energetica dei due campi e riportato in forma tabellare.

-     In alternativa dopo aver caratterizzato i livelli di campo nell’area circo­stante si può progettare l’impianto secondo la modalità a) descrivendo i lobi di radiazione prodotti dalla somma energetica dell’emissione in pro­getto e di un campo costante nello spazio pari al massimo valore di campo di fondo riscontrato nei punti in esame.

Art. 4   CRITERI DI VERIFICA STRUMENTALE DEI LIVELLI DI CAMPO ELETTROMAGNETICO PRODOTTI DALLE SRB

 

4.1 Per il collaudo delle stazioni radio base si svolgeranno misure nei punti, indivi­duati durante l’esame della progettazione, in cui i calcoli fanno prevedere un su­peramento dei 3 V/m in residenze o loro pertinenze, o nei luoghi accessibili in cui si superino i 10 V/m. Per lo svolgimento di tali verifiche ci si atterrà ai seguenti criteri:

a)   le misurazioni saranno svolte secondo le indicazioni fornite dalle li­nee guide emanate dai ministeri dell’ambiente delle telecomunica­zione e della sanità in applicazione del decreto 381/98.

b)   Per l’utilizzo degli strumenti e le determinazioni del campo si segui­ranno le indicazioni delle norme di buona tecnica emanate in pro­posito da accreditati enti di normazione nazionale ed internazionale

c)   Le misure saranno relative alla massima potenza emissiva dell’im­pianto e ri­ferite al numero di canali per i quali è stata richiesta l’auto­rizzazione. Nel caso che non tutti i canali richiesti siano attivi al mo­mento del collaudo, il valore di campo massimo in configurazione au­torizzata dovrà essere oppor­tunamente calcolato a partire dalle mi­sure effettuate.

d)   Della data ed ora in cui saranno svolte le misure di collaudo sarà data comu­nicazione all'ARPAT con almeno 5 gg. lavorativi di anticipo in modo tale da consentire l'eventuale presenza alle misure.

e)   Sarà redatta, da professionista abilitato, una relazione sulle misure svolte che descriva in dettaglio:

-     condizioni di esercizio dell’impianto durante le misure;

-     posizione dei punti di misura;

-     tipologia di strumentazione utilizzata per le determinazioni;

-     valori di campo riscontrati per ciascun punto di misura nelle at­tuali con­dizioni dell’impianto ed in quelle in cui fossero attivi tutti i canali per i quali è stata chiesta l’autorizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato “C”

DISPOSIZIONI APPLICATIVE IN MATERIA DI ABBATTIMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE IN EDIFICI SEDI DI ATTIVITA’ RICETTIVE E DI PUBBLICI ESERCIZI

 

1. ATTIVITA’ RICETTIVE

1.1       DEFINIZIONI:

1.1.1    STRUTTURE ALBERGHIERE

                 Alberghi: sono esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unita­ria, che forniscono alloggio, eventualmente vitto ed altri servizi ac­cessori, in camere ubicate in uno o più stabili o in parti di stabile.

1.1.2 STRUTTURE EXTRA-ALBERGHIERE

1.1.2.1 CASE PER FERIE: sono strutture attrezzate per il soggiorno tempo­raneo di persone o gruppi gestite, al di fuori di normali canali com­merciali, da Enti Pubblici o enti religiosi operanti senza scopo di lu­cro, nonché da enti o aziende per il sog­giorno di propri dipendenti o loro familiari.

1.1.2.2 OSTELLI PER LA GIOVENTÙ: sono strutture attrezzate per il sog­giorno ed il pernottamento dei giovani; tali strutture pos­sono essere gestite anche in forma imprenditoriale.

1.1.2.3 AFFITTACAMERE: sono strutture composte da non più di 6 camere per clienti con una capacità ricettiva non superiore a 12 posti letto ubicate in non più di due appartamenti ammobi­liati in uno stesso stabile.

1.1.2.4 CASE APPARTAMENTI VACANZE: sono unità abitative com­poste da uno o più locali arredati e dotate di servizi igienici e di cucina autonoma gestite unitariamente in forma imprendito­riale per l'affitto ai turisti in modo non occasionale; la gestione deve essere organiz­zata per l'affitto di tre o più case o appar­tamenti ad uso turistico.

1.1.2.5 AGRITURISMO: sono strutture ubicate in edifici o fondi rurali che mantengono la loro destinazione d'uso a fini agricoli; la capacità ri­cettiva e le altre attività compatibili sono indicate nell'art.23 della L.R.71/78; la gestione deve essere effettuata da imprenditori agri­coli.

1.1.2.6 RESIDENCE: sono le strutture ricettive costituite da almeno sette unità abitative mono e/o plus locali, ciascuna arredata, corredata e dotata di servizi igienici e di cucina, gestite unita­riamente in forma imprenditoriale.

1.1.2.7 CAMPEGGI: sono esercizi ricettivi, aperti al pubblico, a ge­stione unitaria, attrezzati su aree recintate per la sosta e il sog­giorno di tu­risti provvisti, di norma, di tende o di altri mezzi autonomi di pernot­tamento.

1.2         REQUISITI PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITET­TO­NI­CHE

1.2.1      Per le attività ricettive, secondo tipologia, in presenza di interventi edilizi glo­bali, o per ampliamenti, o per le richieste di autorizzazioni per nuove attività, gli immobili debbono essere conformi alle seguenti caratteristi­che in materia di barriere architettoniche:

1.2.1.1   STRUTTURE ALBERGHIERE

              Per le attività suddette (alberghi, pensioni), tutte le parti e servizi co­muni devono essere accessibili; il numero delle stanze ac­cessibili in ogni struttura ricettiva deve essere di almeno due fino a 40 o frazione di 40, aumentato di altre due ogni 40 stanze o frazione di 40 in più. Si applicano comunque i criteri di cui al­l'art.5 punto 3 del D.M. 14 giu­gno 1989, n.236.

1.2.1.2    STRUTTURE EXTRA-ALBERGHIERE

1.2.1.2.1 CASE PER FERIE - OSTELLI PER LA GIOVENTU'

               Per le attività suddette, in quanto assimilabili all'atti­vità al­berghiera, si applicano le medesime disposizioni di cui al punto precedente.

1.2.1.2.2 AFFITTACAMERE - CASE APPARTAMENTI VACANZE

               Per le attività suddette, poiché prevalentemente svolte in edifici o porzioni di essi aventi destinazione abita­tiva, le di­sposizioni in materia di abbattimento delle barriere architet­toniche si intendono soddisfatte quando è garantita la visi­tabilità. Valgono le disposi­zioni di legge applicabili per l'edi­lizia residenziale.

1.2.1.2.3 AGRITURISMO

                 Ai sensi dell’art.23, della L.R. 71/78 si appli­cano le prescrizioni previste per le strutture ricettive di cui al punto 5.3 del D.M. LL.PP. 14 giugno 1989, n. 236. Per quanto ri­guarda la attività di ospitalità in alloggi, le suddette dispo­sizioni si applicano solo quando la ri­cettività complessiva aziendale superi le sei camere, indipendentemente dal numero degli edifici ed unità abitative all’interno dei quali sono localizzate tali ca­mere. Al di sotto di questa soglia si applica, per la sola attività di ospitalità, quanto previsto al punto prece­dente.

1.2.1.2.4 RESIDENCE

               Per l'attività suddetta, poiché gli immobili devono pos­se­dere gli ordinari requisiti igienico-edilizi previsti dalle norme statali e dal regolamento comunale in ma­teria di edilizia residenziale, le disposizioni sull'abbat­timento delle barriere architettoniche si intendono soddisfatte quando per almeno una unità abitativa ogni 20 o frazione, con un minimo di una unità abita­tiva per attività, è garantita la l'accessibilità di un ser­vizio igienico. Per tutte le unità e le parti comuni val­gono le disposizioni, in quanto applicabili, per l'edilizia residenziale (per esempio in residence che occupano inte­ramente o prevalentemente un fabbricato).

1.2.1.2.5 CAMPEGGI

               Per l'attività suddetta, le disposizioni in materia di ab­batti­mento delle barriere architettoniche si intendono soddi­sfatte quando sono accessibili le parti e i servizi comuni ed almeno il 5% della capacità ricettiva delle superfici desti­nate alle unità di soggiorno temporaneo con un minimo as­soluto di due unità.

1.2.2       Per le attività ricettive, secondo tipologia, in presenza di interventi edilizi limi­tati, ad esempio la realizzazione di opere interne eseguibili mediante dichiara­zione di inizio attività, che siano suscettibili di limitare l'acces­sibilità e la visi­tabilità, trova applicazione la Legge 5 febbraio 1992 n.104 e pertanto dette opere debbono essere realizzate conformemente alla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

1.2.3       La classificazione sopra esposta vale come riferimento per individuare le pre­scrizioni a cui l'intervento edilizio da realizzare è assoggettato in re­lazione al grado di fruibilità correlato alla tipologia ricettiva.

1.2.4       Deve inoltre essere sempre garantita la visitabilità condizionata che as­sicuri la possibilità di fruizione della struttura mediante personale di aiuto anche per persone a ridotta o impedita capacita motoria. Pertanto deve essere posto in prossimità dell'ingresso un apposito pulsante di chiamata con citofono al quale deve essere affiancato il simbolo inter­na­zionale di accessibilità di cui all'art.2, comma 3, del d.p.r. 503/96. Eventuali problemi di accessibilità a strutture ri­cet­tive che occupano solo parti di edifici e che sono ubicate ai piani alti, pos­sono essere af­frontati anche con l'adozione di mezzi ausiliari particolari - car­rozzine montascale, "scoiattoli", ecc., comunque efficaci oltre che vantaggiosi in ter­mini alternativi alla esecuzione di interventi alle strutture e relativi ac­cordi di natura condominiale, nonché in termini economici.

1.2.5       In particolare per le attività alberghiere si rammenta che :

1.2.5.1 Per capacità ricettiva superiore a 25 posti letto trova applicazione la normativa per la prevenzioni incendi (d.m. 16/02/82); pertanto le stanze accessibili devono essere ubicate in vicinanza di un "luogo si­curo statico" o di una via di esodo accessibile. Nei casi in cui deb­bono essere eseguite opere di adeguamento delle strutture esistenti, a prescindere dal tipo di procedura di natura urbanistico-edilizia po­sta in essere, l'osservanza di quanto so­pra esposto dovrà risultare da apposita dichiarazione resa dal professionista incaricato.

1.2.5.2    Qualora l'intervento sia limitato alla realizzazione di un servizio igie­nico in dotazione a una camera ubicata in luogo non acces­sibile, l'o­pera può essere realizzata secondo le caratteristiche tradizionali pur­ché sia realizzato un servizio igienico c.d. "anti-barriere" in dotazione ad altra camera accessibile. Il criterio esposto è valido per la realiz­zazione di un unico servizio igie­nico; ne consegue che per quantità maggiori debbono essere ri­spettate le proporzioni stabilite dalla legge (due ogni quaranta, ecc.).

1.2.5.3    Le disposizioni di cui sopra si applicano per gli interventi da eseguire in esercizi alberghieri che in base alla normativa regio­nale vigente sono classificati a 4 - 5 stelle, poichè per essi sus­siste l'obbligo di avere tutte le camere dotate di servizio igie­nico.

1.2.5.4    Viceversa per gli esercizi per i quali non sussiste tale obbligo, la tipo­logia d'intervento sopra descritta (la realizzazione di servizi igienici), può comportare, in alternativa alla realizzazione di servizi igienici esclusivi "anti-barriera", la realizzazione di un servizio igienico co­mune al piano, conforme alla normativa sul­l'abbattimento delle bar­riere architettoniche, fermo restando che lo stesso dovrà essere ubi­cato nelle immediate vicinanze delle camere ove possono essere ospitati i soggetti portatori di han­dicap.

 1.2.5.5   Le norme regionali sulla classificazione alberghiera, prevedono che i servizi igienici di corredo alle camere e/o ad uso comune devono es­sere dotati dei quattro apparecchi igienico-sanitari (vasca o doccia, lavabo, w.c. e bidet).

               Tale dotazione è quindi da ritenersi obbligatoria anche nei casi di adeguamento alle norme sulle barriere architettoniche nelle strutture ricettive alberghiere.

               Pertanto, qualora tali adeguamenti siano soggetti a richiesta di de­roga, è ammissibile l'installazione del sanitario "w.c.-bidet" su con­forme parere dell’Azienda Sanitaria Locale.

2. PUBBLICI ESERCIZI

2.1          Definizioni: sono quelle attività che prevedono somministrazione di ali­menti e bevande di qualsiasi gradazione alcolica anche congiuntamente ad attività di intrattenimento.

2.1.1       RISTORAZIONE TIPO "A"

               Ristoranti, trattorie, osterie, mense, tavole calde, pizzerie, birre­rie ed esercizi similari.

2.1.2       SOMMINISTRAZIONE TIPO "B"

               Bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari.

2.1.3       ESERCIZIO TIPO "C"

               Sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari compresi i circoli privati.

2.2          REQUISITI PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITET­TO­NI­CHE:

2.2.1       Per i pubblici esercizi, secondo tipologia, in presenza di inter­venti edilizi globali, o per ampliamenti, o per le richieste di auto­rizzazioni per nuove attivita', gli immobili debbono essere con­formi alle seguenti caratteristiche in materia di barriere architet­toniche:

2.2.1.1    RISTORAZIONE TIPO "A"

               Nelle sale per la ristorazione, almeno una zona della sala deve essere raggiungibile mediante un percorso continuo e raccordato con rampe, dalle persone con ridotta o im­pedita capacità motoria e deve inoltre es­sere dotata di al­meno uno spazio libero per persone su sedia a ruote.

               Questo spazio deve essere predisposto su pavimento oriz­zontale e di dimensione tale da garantire la mano­vra e lo stazionamento di una sedia a ruote.

               Deve essere consentita l'accessibilità ad almeno un servi­zio igienico. (Art. 5.2 D.M. 14 giugno 1989, n.236)

 2.2.1.2   SOMMINISTRAZIONE TIPO "B"

               Deve essere garantita l'accessibilità agli spazi di rela­zione.

               Questi locali, quando superano i 250 mq. di superficie utile devono prevedere almeno un servizio igienico accessibile. (Art. 5.5 D.M. 14 giugno 1989, n.236).

               Quando gli esercizi di somministrazione tipo "B", constano di autorizzazione per somministrazione di piatti caldi, ossia detengono un locale cucina (come definito dall'art. 283, let­tera B, punto 2 e punto 3 del Regolamento d'Igiene citato) nonchè una o più sale da pranzo per l'assunzione dei cibi (come definito dall'art. 283 sopracitato, lettera A, punto f), dovranno essere integralmente rispettati i requisiti di cui al punto 2.2.1.1, ristorazione tipo "A", di cui sopra.

2.2.1.3    ESERCIZIO TIPO "C"

               Si applicano le medesime disposizioni di cui al punto 2.2.1.1, ristorazione tipo "A".

2.2.1.4  Per ogni esercizio pubblico, comunque classificabile, deve essere assicurata la visitabilità in modo che gli arredi fissi non costituiscano ostacolo o impedimento alcuno.

Ispica, li:                                                                                             Il progettista

                                                                                                  (arch. Alberto Agnello)