COMUNE DI FICARAZZI
(Provincia di
Palermo)
PIANO
REGOLATORE
Regolamento
edilizio
Regolamento edilizio
DOCUMENTAZIONE MINIMA COSTITUENTE I
PROGETTI DEI DIVERSI TIPI DI INTERVENTO
MODALITA' DI PROGETTAZIONE E COLLAUDO
DELLE STAZIONI RADIOBASE DI TELEFONIA CELLULARE
DISPOSIZIONI APPLICATIVE IN MATERIA DI
ABBATTIMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE IN EDIFICI SEDI DI ATTIVITA’
RICETTIVE E DI PUBBLICI ESERCIZI
----------------------------------------------------------------------
capitolo
I : NATURA, OGGETTO E
CONTENUTI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO
Art. 1
Natura del Regolamento edilizio
1.1
Il presente Regolamento, redatto ai sensi dell’art. 33 della
legge 17 agosto 1942 n. 1150, è atto normativo le cui prescrizioni
hanno i caratteri della generalità e dell’astrattezza e
sono finalizzate sia ad obiettivi di pubblico interesse quale
l’ordinato sviluppo edilizio in rapporto alla funzionalità,
all’igiene, all’estetica ed alla tutela del valori architettonici
ed ambientali, sia alla tutela di interessi privati mediante la
regolamentazione
dei rapporti di vicinato.
Art.
2
Oggetto del Regolamento Edilizio
2.1
Oggetto del presente Regolamento è la disciplina delle materie
specificate all’art. 33 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, delle
altre materie demandate al Regolamento Edilizio da disposizioni con
forza di legge nonché delle ulteriori materie che, anche con carattere
eminentemente locale, abbiano attinenza con l’attività
edilizia, con il decoro e l’igiene cittadina, con la tutela dei
valori ambientali ed architettonici del territorio comunale.
Art. 3
Contenuto del
Regolamento Edilizio
3.1
Il presente Regolamento contiene :
a)
disposizioni di carattere obbligatorio desunte da norme di livello
nazionale o regionale esplicitamente prevalenti su quelle di
livello comunale nonché riferimenti e rimandi a dette norme prevalenti;
b)
disposizioni desunte da norme di livello nazionale o regionale che
non prevalgono direttamente sulle norme locali;
c)
riferimenti e rimandi a norme di livello nazionale o regionale che
prevalgono direttamente sulle norme locali;
d)
disposizioni obbligatorie di natura ed interesse eminentemente locali,
legate alle problematiche urbanistiche ed edilizie proprie del
territorio di Ficarazzi ed alla loro ordinata organizzazione e gestione;
e)
linee guida finalizzate ad orientare la progettazione o
l’esecuzione di determinate attività edilizie;
f)
allegati relativi a specifici aspetti regolamentari, metodologici
ed interpretativi della vigente disciplina edilizia ed urbanistica.
3.2
Le disposizioni, o i riferimenti e rimandi, di cui alla lettera
“a” sono riportate al solo fine della miglior completezza e
comprensione del Regolamento, essendo tali norme obbligatorie ed operanti
a prescindere del loro recepimento nella norma locale. Esse possono
essere modificate solo da atti di livello pari o superiore al
provvedimento che le ha istituite. In tal caso la nuova norma deve intendersi
introdotta nel presente Regolamento a farne parte integrante in
sostituzione di quella modificata, anche in assenza di esplicito
atto di recepimento da parte del comune. Parimenti devono intendersi
introdotte nel presente Regolamento a farne parte integrante le
ulteriori disposizioni esplicitamente prevalenti sulle norme
locali che venissero emanate dopo la sua approvazione. Nel caso in cui
vengano modificate o sostituite le norme di livello nazionale
e regionale richiamate, anche in assenza di esplicito atto di rettifica
da parte del comune, i riferimenti ed i rimandi contenuti nel presente
Regolamento si intendono riferiti alla norma modificata o
sostitutiva.
3.3
Le norme di cui alla lettera “b” sono desunte da disposizioni
nazionali e regionali che, non prevalendo sulle norme locali, non
potrebbero altrimenti trovare applicazione sul territorio comunale.
Dette norme sono da considerarsi a tutti gli effetti norme locali che
non conservano alcun legame con le disposizioni nazionali o regionali
da cui sono desunte. L’eventuale modifica od integrazione di
queste ultime non ha pertanto alcun effetto sulle norme del presente
Regolamento fino al momento in cui il medesimo non sia modificato od
integrato al fine di recepirle esplicitamente.
3.4
I riferimenti ed i rimandi di cui alla lettera “c” sono
riportati al fine di regolamentare specifiche materie mediante
altre ed autonome fonti normative di livello nazionale e regionale che
altrimenti non troverebbero applicazione sul territorio comunale.
Nel caso in cui vengano modificate o sostituite le norme di livello
nazionale e regionale richiamate, i riferimenti ed i rimandi
contenuti nel presente Regolamento, anche in assenza di esplicito
atto di recepimento, si intendono riferiti alla norma modificata
o sostitutiva.
3.5
Le norme di cui alla lettera “d” sono proprie del presente
Regolamento e non hanno alcuna dipendenza, diretta od indiretta, da
altre fonti normative. Dette norme rimangono in vigore fino a quando
non siano modificate con deliberazione del Consiglio Comunale o superate
da norme di livello superiore esplicitamente prevalenti. Ogni parte
del presente Regolamento che non sia esplicitamente riconducibile
ai casi di cui alle lettere “a”, “b”, “c” ed “e” deve intendersi
ricondotto al caso di cui alla lettera “d”.
3.6
Le linee guida di cui alla lettera “e” sono proprie del
presente Regolamento e non hanno alcuna dipendenza, diretta od
indiretta, da altre fonti normative. Dette linee hanno valore semplicemente
indicativo ed assumono valore prescrittivo solo nei casi in cui ciò
sia espressamente disposto dal presente Regolamento. Esse rimangono
in vigore fino a quando non siano modificate con deliberazione del
Consiglio Comunale o superate da norme di livello superiore esplicitamente
prevalenti.
3.7
Gli allegati relativi a specifici aspetti regolamentari,
metodologici ed interpretativi della vigente disciplina edilizia ed
urbanistica sono , contraddistinti con le lettere :
"A" Documentazione minima costituente i progetti dei diversi
tipi di intervento;
"B" Modalità di progettazione e collaudo delle stazioni
radiobase di telefonia cellulare.
“C” Disposizioni applicative
in materia di Barriere Architettoniche in edifici sedi di attività
ricettive e di pubblici esercizi.
Capitolo
II : CONCESSIONE EDILIZIA
ED ATTI SOSTITUTIVI DELLA MEDESIMA
Art.
4
Atti
abilitanti alla esecuzione di opere edilizie
4.1
Nel rispetto di quanto prescritto dalla L.R. 37/85 e sue modifiche
ed integrazioni, gli atti
abilitanti alla esecuzione di opere edilizie, a seconda della natura
ed entità delle medesime, sono soggetti:
a)
al
rilascio della concessione edilizia;
b)
ad
attestazione di conformità mediante deposito della denuncia di inizio
attività di cui all'art. 5 oppure, ove questa non sia ammissibile,
mediante il rilascio della autorizzazione edilizia di cui all'art. 6.
4.2
I
progetti da allegare agli atti di cui al primo comma debbono essere
costituiti dai documenti prescritti dal presente Regolamento in
funzione del tipo di intervento che si intende eseguire.
Art.
5
Soggetto
competente al rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie
5.1
Ai sensi dell’art. 51 della L. 142/90, il soggetto cui compete il
rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie è il
Direttore della Direzione Urbanistica.
5.2
Il presente Regolamento stabilisce i casi nei quali il soggetto di
cui al comma precedente, prima di pronunziarsi sulle richieste di
concessione edilizia, deve obbligatoriamente chiedere il
parere delle Commissioni Consultive di cui al successivo art. 14, fermo
restando che detto parere non è mai obbligatorio per le opere soggette
a denuncia di inizio attività o ad autorizzazione edilizia.
Art.
6
Concessione
edilizia
6.1
Opere soggette a concessione edilizia
6.1.1
Ai sensi dell'art. 1 della L 10/77 e dell'art. 36 della L.R. 71/78,
sono oggette a concessione edilizia le opere che comportano
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e più esattamente:
a)
gli interventi di nuova edificazione;
b)
la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria
da parte di soggetti diversi dal Comune;
c)
la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per
pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di
suolo inedificato;
d)
la realizzazione di depositi di merci o di materiali e la realizzazione
di impianti per attività produttive all’aperto, che comporti
l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente
del suolo inedificato;
e)
gli interventi di ristrutturazione urbanistica, cioè quelli
rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico - edilizio
con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi
edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati
e della rete stradale.
f)
le addizioni volumetriche agli edifici esistenti non assimilate
alla ristrutturazione edilizia.
6.1.2
Per le opere pubbliche dei Comuni, l’atto comunale, con il
quale il progetto esecutivo è approvato o l’opera autorizzata secondo
le modalità previste dalla L.109/94 ha i medesimi effetti della
concessione edilizia. In sede di approvazione del progetto si dà
atto della sua conformità alle prescrizioni urbanistiche ed
edilizie, dell’acquisizione dei necessari pareri e nulla osta o
atti di assenso comunque denominati ai sensi della legislazione vigente,
della conformità alle norme di sicurezza, sanitarie, ambientali e
paesistiche.
6.2
procedura per il rilascio e termini di inizio ed ultimazione dei
lavori
6.2.1
La concessione edilizia viene rilasciata dal soggetto di cui al
comma 5.1 con le procedure previste dall’art. 2 della L.R. 17/94.
6.2.2
Nell’atto di concessione sono indicati i termini di inizio ed ultimazione
dei lavori, rispettivamente pari ad un anno e tre anni dalla data
di rilascio. Ai sensi dell’art. 4 della L. 10/77, un periodo più
lungo per l’esecuzione dei lavori può essere concesso esclusivamente
in considerazione della mole dell’opera da realizzare o delle
particolari caratteristiche tecnico-costruttive ovvero quando si
tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più
esercizi finanziari.
6.2.3
Dell'avvenuto rilascio della concessione viene data comunicazione
al richiedente, specificando l'entità del contributo. Ove l'interessato
non provveda alla corresponsione del contributo ed al ritiro della
concessione entro un anno dalla data del rilascio, la concessione medesima
decade e per l'esecuzione delle opere è necessario procedere a
richiesta di nuovo atto abilitante; dell’avvenuta decadenza viene data
comunicazione all’interessato.
6.3
Acquisizione di pareri nulla-osta ed altri atti di assenso -
Convenzioni opbbligatorie
6.3.1
Fatte salve le casistiche definite da specifiche discipline di settore,
la concessione edilizia viene rilasciata limitatamente ai meri aspetti
edilizio-urbanistici di competenza comunale e non esime l'interessato
dal richiedere ed acquisire gli eventuali atti di assenso necessari per
l'esecuzione delle opere progettate e di competenza di altre
amministrazioni nonchè le eventuali ulteriori autorizzazioni, anche di
competenza comunale semprechè non essenziali per la valutazione del
progetto, necessarie per il concreto esercizio dell'attività da insediare
in conseguenza delle opere.
6.3.2
La mancata acquisizione di detti atti di assenso peraltro non
costituisce elemento ostativo al rilascio della concessione, che viene
rilasciata prescindendo dei medesimi.
6.3.3
Qualora l'interessato lo ritenga opportuno può richiedere parere
preventivi su progetti di opere edilizie alle strutture tecniche competenti
in materia sanitaria ed ambientale, fermo restando che detto parere
non è mai necessario per il rilascio della concessione edilizia. Per
l'inizio di una attività produttiva restano fermi gli obblighi di cui
all'art. 48 del D.P.R. 303/56 in tutti i casi ivi disciplinati.
2.2.1
Il decorso del termine temporale per
l’esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni
rilasciate ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 490/99, non costituisce
condizione per il rilascio della concessione edilizia. Nel caso
in cui la concessione venga rilasciata prima che sia decorso il
termine prescritto per l’esercizio di detto potere di annullamento,
il fatto deve essere debitamente evidenziato nella concessione medesima.
In tal caso l’onere di accertare l’esito definitivo della procedura
in corso fa carico al concessionario. Qualora l’autorizzazione rilasciata
ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 490/99 venisse annullata, i lavori che
richiedevano la medesima non possono essere iniziati o, qualora già
in corso, debbono essere immediatamente sospesi.
6.4
Decadenza della concessione per mancato inizio dei lavori
6.4.1
Ove il concessionario non dia inizio ai lavori entro il termine
di un anno dal rilascio della concessione, il soggetto di cui al comma
5.1 ne pronuncia la decadenza. Con la notifica al concessionario
dell’avvenuta decadenza, la concessione viene a perdere ogni
validità e per l’esecuzione delle medesime opere deve essere richiesta
una nuova concessione.
2.2.1
All’eventuale nuova richiesta di
concessione si applicheranno le norme generali in materia di
concessioni edilizie, ivi compresa la verifica di conformità alla
normativa edilizio-urbanistica vigente al momento del rilascio
della nuova concessione.
6.5
Opere non eseguite nei termini di validità della concessione
6.5.1
Quando i lavori regolarmente iniziati non siano ultimati entro il
termine di validità della concessione, a secondo del caso ricorrente,
può procedersi alla proroga del termine di ultimazione, al rinnovo
della concessione oppure al rilascio di una nuova concessione.
6.5.2
Il termine di ultimazione dei lavori indicato nella concessione
edilizia può essere prorogato solo per fatti estranei alla volontà
del concessionario. Sono tali (e danno quindi diritto alla proroga del
termine di ultimazione) i seguenti fatti :
a)
il sequestro penale del cantiere e la successiva necessità di
negoziare ex novo le condizioni dell’appalto;
b)
il provvedimento di sospensione dei lavori;
c)
la dichiarazione di fallimento dell’originario concessionario
in caso di acquisto del bene dalla curatela del fallimento;
d)
impedimenti derivanti da eventi naturali;
e)
situazioni particolari in cui deve essere assicurata la prosecuzione
di un servizio contemporaneamente all’esecuzione delle opere e
ciò non fosse prevedibile già al momento della richiesta della
concessione.
6.5.3
Ricorrendo uno dei casi di cui al comma precedente, il concessionario
può avanzare, prima della dichiarazione di decadenza della
concessione, apposita istanza di proroga, cui dovranno essere allegati
i documenti attestanti la natura del fatto che ha provocato il
ritardo e la sua estraneità alla volontà del concessionario.
La proroga viene accordata senza tener conto della conformità
della concessione alla normativa urbanistico-edilizia vigente al
momento della proroga medesima.
6.5.4
La concessione edilizia è inoltre prorogabile, anche non
ricorrendo alcuno dei casi di cui al comma 6.4.2, quando le opere ancora
da eseguire abbiano la consistenza quantitativa e qualitativa
della manutenzione straordinaria. In tale eventualità i termini temporali
di validità della concessione possono essere prorogati .
6.5.5
In ogni altro caso (oppure quando non sia avanzata l’apposita
istanza di cui al comma 6.4.3) per l’esecuzione delle opere non ultimate
nei termini di validità della medesima occorre procedere al rinnovo
della concessione oppure al rilascio di nuova concessione.
6.5.6
Può procedersi al rinnovo della concessione edilizia solo quando
le opere ancora da eseguire risultino conformi alla normativa urbanistico-edilizia
al momento vigente del rinnovo. In tal caso il concessionario
deve presentare istanza diretta ad ottenere il rinnovo prima che
sia dichiarata la decadenza delle concessione.
6.5.7
Quando la concessione non risulti prorogabile o rinnovabile (o comunque
quando non risulti avanzata alcuna istanza di proroga o di rinnovo), il
soggetto di cui al comma 5.1 pronuncia l’avvenuta decadenza
della concessione a suo tempo rilasciata.
6.5.8
Con la notifica al concessionario dell’avvenuta decadenza, la
concessione originaria viene a perdere ogni validità e le opere
non potranno essere ultimate se non dopo che sia stata chiesta ed
ottenuta nuova ed apposita concessione edilizia in conformità alla
normativa urbanistico-edilizia vigente al momento del rilascio, se
necessario previa conformazione delle opere non ultimate alla normativa
medesima.
Art.
7
Opere soggette ad autorizzazione
7.1
Opere da eseguire previa autorizzazione
e)
7.1.1
Le opere che si possono eseguire previa autorizzazione sono quelli
previsti dell'art. 5 della L.R. 37/85,modificato dall’art. 5 della L.R.
26/86, e si intendono integralmente riportate.
7.2
OPERE ESEGUIBILI MEDIANTE DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’
2.2.1
Le opere eseguibili mediante denunzia
di inizio attività sono normate dall’art. 9 della L.R. 37/85 e succ.
modif. ed integrazione.
2.3
OPERE NON SOGGETTE A CONCESSIONE,
AUTORIZZAZIONE O COMUNICAZIONE
2.3.1
Le opere eseguibili senza concessione,
autorizzazione o comunicazione, sono normate dall’art. 6 della L.R.
37/85e succ. mod. e int.
Art. 8
Varianti in
corso d’opera
8.1
Alle opere in corso di esecuzione a seguito di concessioni o autorizzazioni
edilizie nonché di denuncie di inizio attività, è possibile
apportare varianti in corso d’opera con le modalità e procedure
indicate al presente articolo.
8.2
Ai sensi dell'art. 15 L.R. 37/85 integrata dalla L. 47/85, non è
necessario alcun adempimento preliminare per eseguire in corso d'opera
varianti che :
-
siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti e non in contrasto con quelli adottati,
-
non comportino modifiche della sagoma o incremento della S.U.L.
della costruzione;
-
non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle
singole unità immobiliari;
-
non comportino incremento del numero delle unità immobiliari;
-
non necessitino del preventivo rilascio della autorizzazione di cui
all'art. 151 del D.Lgs. 490/99.
8.3
Per gli immobili qualificati come beni culturali ed assoggettati
a vincolo ai sensi del D.Lgs. 490/99 (già L. 1089/39) non può procedersi
alle varianti di cui al comma precedente se non dopo che il progetto sia
stato espressamente approvato a norma dell'art. 23 dello stesso D.Lgs.
490/99.
8.4
Dette varianti sono eseguibili in qualsiasi momento sotto la
diretta responsabilità del Direttore dei Lavori e per le medesime
sussiste esclusivamente l'obbligo di trasmettere al Comune il progetto
dell'opera così come effettivamente realizzata.
8.5
Qualora le varianti eseguite comportino un incremento del
contributo, l'interessato dovrà procedere ai conguagli del caso prima
degli adempimenti finali di cui al comma precedente.
8.6
Alle varianti che eccedono i limiti di cui al comma 8.2 si
applicano le stesse disposizioni e procedure prescritte per l'atto del
quale costituiscono variante.
Art.
9
Accertamento di conformità ed altre forme di
sanatoria
9.1
Si applica la legge regionale 37/85 integrata dalla L. 47/85,
17/94, e successive modifiche ed integrazioni.
Art.
10
Opere
da eseguirsi con procedura di urgenza
10.1
Potranno essere iniziate in assenza di concessione, autorizzazione
o D.I.A. :
—
le opere da eseguirsi su ordinanza del Sindaco per la tutela della
pubblica incolumità;
— le
opere che presentino documentabile carattere di necessità ed urgenza.
10.2
Nei casi di cui al comma precedente, entro 24 ore deve essere data
comunicazione al Sindaco, mediante lettera raccomandata,
dell’inizio delle opere, specificando natura ed entità delle medesime
nonchè le ragioni per cui si è reso necessario procedere con urgenza.
Nei successivi 15 giorni l'interessato provvede ad integrare la
comunicazione con regolare richiesta di autorizzazione o concessione
edilizia oppure con il deposito di denuncia di inizio attività in
funzione del tipo di intervento ricorrente..
10.3
Alle disposizioni di cui al comma precedente può farsi eccezione
per le opere non sanzionabili di cui al primo comma dell’art. 10
della L. 47/85 e cioè per le eseguite in assenza di autorizzazione
in dipendenza di calamità naturali o di avversità atmosferiche
dichiarate di carattere eccezionale.
Art.
11
Progetti
di opere edilizie: modalità e documentazione
11.1
Prescrizioni di carattere generale
11.1.1
Le domande di concessione e di autorizzazione edilizia, nonché le
D.I.A.,
vengono redatte sugli appositi moduli a stampa gratuitamente
forniti dall’Amministrazione Comunale. Le domande devono
essere corredata dal progetto, costituito dagli elaborati prescritti
dal presente Regolamento in funzione di ciascun tipo di intervento.
11.1.2
Gli atti di cui sopra devono essere firmati, sin dal momento della
presentazione, da chi ha titolo a richiedere l'atto abilitante e
da un tecnico abilitato alla progettazione del tipo di
intervento ricorrente, il quale assume ogni responsabilità relativa.
11.1.3
Il direttore dei lavori e l’assuntore dei medesimi, quando non
indicati sin dal momento della richiesta, devono essere nominati prima
dell’inizio dei lavori. Le eventuali sostituzioni del
direttore o dell’assuntore dei lavori devono essere immediatamente
comunicate per iscritto al soggetto di cui al comma
5.1, contestualmente, dal titolare dell'atto abilitante
e dagli interessati.
11.1.4
I progetti devono contenere tutte le indicazioni necessarie per poterne
valutare la conformità al P.R.G., al presente Regolamento ed alla
restante normativa in materia edilizia ed urbanistica.
11.1.5
La documentazione minima costituente il progetto e le caratteristiche
dei singoli elaborati sono prescritte nell’Allegato A al presente
Regolamento. Dette prescrizioni potranno essere modificate in funzione
di mutate esigenze operative e funzionali con motivata Determinazione
del Dirigente del Servizio Edilizia Privata.
11.2
Progetti incompleti
11.2.1
Qualora il responsabile del procedimento accerti che la documentazione
è incompleta o comunque che la stessa non è sufficiente ai fini
dell’esame del progetto, provvederà a richiedere
all’interessato, una ed una sola volta, gli atti o elaborati mancanti.
11.2.2
Nel caso in cui l’interessato non provveda alla integrazione
del progetto entro 120 giorni dal ricevimento della richiesta, si
procederà all’archiviazione della pratica. Qualora la natura o
complessità degli atti richiesti ad integrazione lo giustifichino,
su motivata richiesta dell’interessato potranno essere assegnati
termini temporali maggiori.
Art. 12
Obbligo di
comunicazione per alcune opere non soggette a specifici adempimenti
preliminari.
12.1
Le opere che, ai sensi dell’art. 6 della L.R. 37/85 e succ. mod.
ed int., non siano subordinate ad uno degli atti di cui ai precedenti
art. 5, 6 e 7, potranno essere eseguite senza alcun adempimento
preliminare, fermo restando che anche per le medesime è richiesto
l’integrale rispetto della vigente disciplina edilizio-urbanistica,
ivi comprese le eventuali prescrizioni esecutive del presente
Regolamento.
Art.
13
Contributo
di concessione
13.1 La concessione comporta il
pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di
urbanizzazione nonché al costo di costruzione, da stabilirsi con
deliberazione di Consiglio comunale in applicazione delle disposizioni
legislative vigenti al riguardo, salve le esenzioni o riduzioni previste
per legge.
13.2 La quota di contributo
commisurata all’incidenza delle opere di urbanizzazione deve essere
corrisposta al Comune secondo quanto stabilito dalla vigente legislazione.
13.3 A scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il concessionario può richiedere di
realizzare direttamente tutte o parte delle opere di urbanizzazione.
13.4 Qualora il Comune accetti
la richiesta, determina il costo di tali opere, che può essere dedotto
dal contributo di cui al comma precedente, se per lo stesso importo il
richiedente consegni al Comune una corrispondente fideiussione bancaria
insieme con l’atto con il quale si obbliga ad eseguire le opere di cui
sopra.
13.5 Tale fideiussione può
essere decurtata in corrispondenza delle fasi esecutive e a collaudo
avvenuto delle opere stesse.
13.6 La quota di contributo relativa al costo di
costruzione è determinata all’atto del rilascio della concessione ed è
corrisposta in corso d’opera con le modalità e le garanzie stabilite
dal Comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione delle
opere.
13.7 A garanzia di tale versamento, prima
dell’inizio dei lavori, il concessionario deposita una fideiussione
bancaria concordata con il Comune pari all’importo, o quota-parte di
esso, maggiorato della penalità massima prevista dalle leggi vigenti.
13.8 Tale fideiussione può essere decurtata nel
caso di parziale pagamento del contributo di cui sopra.
Capitolo
III : COMMISSIONE EDILIZIA E COMMISSIONE EDILIZIA INTEGRATA
Art.
14
Commissioni
Consultive della Amministrazione Comunale
14.1
Al fine di garantire la uniforme ed univoca applicazione della
vigente disciplina urbanistica ed edilizia, incluse le norme del presente
Regolamento, delle previsioni dello strumento urbanistico e di ogni altra
norma che incida comunque sull’attività edilizia, vengono istituite
le seguenti Commissioni Consultive :
a)
Commissione Edilizia
b) Commissione
Edilizia Integrata per il centro storico
Art.
15
Commissione
Edilizia
2.2
La Commissione Edilizia è così
composta :
La
Commissione edilizia Comunale è composta da:
1)
dal Sindaco o Assessore delegato – Presidente;
2)
dirigente dell’U.T.C. o tecnico comunale dello stesso delegato;
3)
Capo servizio Igiene Pubblica AUSL
di Bagheria;
4)
Ingegnere scelto fra una terna proposta dall’ordine
professionale;
5)
Architetto scelto fra una terna proposta dall’ordine
professionale;
6)
Geologo scelto fra una terna proposta dall0organo professionale;
7)
Geometra scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;
8)
Agronomo scelto fra una terna proposta dall’ordine professionale;
9)
Perito industriale scelto fra una terna proposta dall’ordine
professionale.
15.2
Esercita le funzioni di segretario della C.E.C., senza diritto di
voto; un dipendente comunale designato dal Sindaco; appartenente a
categoria professionale non inferiore alla “C”.
2.3
La nomina dei componenti dal n° 4 al n° 9 è effettuata dal
Sindaco entro 60 gg. dal suo insediamento.
Art.
16
Durata
della Commissione
16.1 La durata della C.E.C.
coincide con il mandato del Sindaco che l’ha nominata e rimane in carica
fino alla nomina della nuova. Nel caso in cui uno dei detti componenti
cessi dall’ufficio per qualsiasi causa (dimissioni, revoca, morte),
viene sostituito con le medesime modalità ed il sostituto resta in carica
fino al termine del mandato del sostituto.
16.2 Il Sindaco opera la scelta
dei suddetti componenti tra le terne di nominati proposte dai rispettivi
ordini e/o collegi professionali che dovranno far pervenire le proprie
segnalazioni entro 20 giorni dalla ricezione della richiesta; ove nel
termine come sopra assegnato non pervenga la designazione richiesta, il
Sindaco provvede autonomamente.
2.2
Per aspetti di particolare importanza
e/o complessità il Presidente può invitare all’adunanza, senza facoltà
di voto, esperti di chiara fama nei problemi in trattazione.
ART.
17
Compiti della
Commissione Edilizia Comunale
17.1 La Commissione deve
esprimere parere:
a)
sulle proposte per la formazione e varianti del Piano Regolatore
Generale, dei piani Particolareggiati, dei Piani di Zona per l’Edilizia
Economica e Popolare ecc;
b)
sulle proposte di varianti al presente Regolamento Edilizio e sue
interpretazioni;
c)
su tutte le questioni di carattere urbanistico ed edilizio
riguardanti il territorio comunale;
d)
sui progetti di opere e servizi pubblici,
e)
sulle richieste di concessione a eseguire le opere e i lavori di
cui all’art. 4;
f)
sul rinnovo di concessioni se nel frattempo siano intervenute
modificazioni della normativa vigente;
g)
sulle modalità e sui tempi di attuazione dello strumento
urbanistico generale a norma delle leggi vigenti nazionali e regionali;
17.2 Il parere della Commissione
Edilizia Comunale riguarda l’ammissibilità dei progetti anche sotto
l’aspetto ambientale, paesistico e architettonico dell’opera
progettata e tale parere non deve essere confuso con l’istruttoria dei
progetti che è di competenza dell’Ufficio Tecnico Comunale.
17.3 Per i parere di cui agli
artt. 10 e 11 della L.R. 24/7/97 n. 25, si rimanda alle disposizioni
contenuti in detti articoli.
ART.
18
Funzionamento
della Commissione Edilizia Comunale ed eventuale nomina di
Sottocommissioni
18.1 La Commissione Edilizia Comunale si riunisce
nella residenza municipale di norma una volta al mese ed in via
straordinaria tutte le volte che il Presidente lo ritenga necessario.
18.2 La Commissione è convocata dal Presidente
con invito scritto secondo la legislazione vigente in materia e comunque
con un preavviso di almeno 2 giorni, contenente l’ordine del giorno.
18.3 Le adunanze
della Commissione edilizia Comunale sono valide quando intervengono
ad esse almeno la metà più uno dei componenti. Per la validità delle
adunanze è comunque necessaria la presenza del Presidente.
18.4 I pareri debbono riportare
la maggioranza assoluta dei voti dei presenti. Nel caso di parità prevale
il voto del Presidente.
18.5 Il Presidente incarica
negli 8 giorni successivi all’espletamento dell’istruttoria
preliminare, di cui al successivo art. 16, all’eventuale integrazione
degli atti ed elaborati, i singoli membri tecnici di esaminare e riferire
alla commissione sui singoli progetti ad essa sottoposti.
18.6 I componenti della
Commissione non possono presenziare all’esame ed alla votazione dei
progetti nei quali in qualsiasi modo fossero materialmente interessati o
perché parenti ed affini fino al terzo grado del richiedente. Di ciò
deve essere fatta esplicita menzione nel verbale della seduta.
18.7 La Commissione ha la facoltà
di sentire, durante le adunanze, i progettisti per avere chiarimenti sui
progetti sottoposti al suo esame.
18.8 Su ciascuna domanda di
concessione, subito dopo la Commissione ha espresso il proprio parere, il
Segretario provvede ad annotare in breve il parere stesso e ad apporre su
tutti gli atti tecnici la dicitura <<Esaminato nella seduta del
……. dalla
Commissione Urbanistico-edilizia>>, le domande devono essere
vidimate dal membro tecnico all’uopo designato dal Presidente che deve
controfirmare anche il verbale della seduta, unitamente agli altri
componenti la commissione.
18.9 Nel caso di pareri discordi
tra i commissari, nel verbale della seduta deve essere riportata
integralmente l’eventuale relazione di minoranza e sulla domanda di
concessione deve essere annotata in breve anche tale relazione, nel caso
la minoranza lo ritenga necessario.
18.10 Nel caso di parere non definito, ciò
deve essere comunicato all’interessato per raccomandata entro cinque
giorni dalla data dell’adunanza. Gli atti regolarizzati secondo il
giudizio emesso dalla Commissione devono poi essere iscritti, con diritto
di precedenza sulle nuove richieste da trattare, nell’adunanza
successiva alla nuova presentazione, compatibilmente si intende, col tempo
necessario per il nuovo esame degli atti stessi da parte degli uffici
competenti. Comunque, la commissione deve emettere il nuovo e definitivo
parere entro trenta giorni dalla data di nuova presentazione degli atti.
18.11 Ai sensi della legge regionale 17/94,
quando la Commissione non si esprime entro 45 giorni, il dirigente
dell’Ufficio Tecnico, acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge,
sulla scorta della proposta motivata dal responsabile del procedimento,
assicurata l’istanza, adotta il provvedimento finale.
Art.
19
Commissione
Edilizia Integrata per il Centro Storico
19.1
Per l’esame di domande di autorizzazione di opere ricadente nel
centro storico la Commissione edilizia viene integrata da due membri
esperti in materia paesistica ed ambientale.
19.2
I due membri aggregati sono nominati dal Consiglio comunale, con
voto limitato a due, e sono scelti, sulla base di curricula da allegare al
provvedimento deliberativo, tra :
a)
architetti, ingegneri, agronomi e forestali, geologi, iscritti da
almeno cinque anni agli albi dei relativi ordini professionali ovvero in
possesso di diploma post universitario di specializzazione in materia
paesaggistico-ambientale;
b)
professori e ricercatori universitari di ruolo nelle materie storiche,
artistiche, architettoniche, ambientali, paesaggistiche e urbanistiche;
c)
dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici, anche in quiescenza,
iscritti agli albi professionali di cui alla lettera a) o in
possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso agli stessi,
che siano stati responsabili, per un periodo non inferiore a tre anni,
di una struttura organizzativa dell’Amministrazione pubblica con
competenze in materia paesaggistica ed ambientale.
19.3
La Commissione edilizia integrata si esprime a maggioranza con parere
motivato in materia di interventi nel Centro Storico e di protezione
delle bellezze naturali, distinto da quello ordinario della Commissione
edilizia. Detto parere può essere richiesto non solo per l’esecuzione
di opere che comportino modifica dello stato dei luoghi sottoposti
a tutela ambientale, ma anche per modificazioni dell’ambiente
e del paesaggio non derivanti da opere edilizie.
19.4
Il parere della Commissione Edilizia Integrata viene espresso con
la presenza di almeno due membri aggregati. Il parere deve recare menzione
dei voti espressi dai membri aggregati e delle relative motivazioni.
19.5
Gli esperti nominati quali membri aggregati restano in carica per
il periodo stabilito per gli altri membri esterni della Commissione
edilizia ma possono essere rieletti una sola volta.
Capitolo
IV : LOTTIZZAZIONI DI TERRENO A SCOPO EDILIZIO E OPERE SOGGETTE AD
AUTORIZZAZIONE
ART.
20
LOTTIZZAZIONI
DI TERRENO A SCOPO EDILIZIO
Significato di
lottizzazione
20.1 Sono lottizzazioni di
terreno:
a)
le utilizzazioni del suolo che, indipendentemente dal frazionamento
fondiario e dal numero dei proprietari, prevedano la realizzazione
contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a destinazione
residenziale, turistica, industriale, artigianale o commerciale, o
comunque l’insediamento di abitanti o di attività in misura tale da
richiedere la predisposizione delle opere di urbanizzazione tecnica o
sociale occorrenti per la necessità dell’insediamento;
b)
le iniziative comunque tendenti a frazionare i terreni, non
compresi in piani particolareggiati di esecuzione né in piani delle zone
da destinare all’edilizia economica e popolare, per renderli idonei ad
accogliere insediamenti residenziali, turistici, industriali, artigianali
o commerciali anche indipendentemente dalla previsione degli strumenti
urbanistici vigenti;
c)
i frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici
alle attività agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi
previsti da tali strumenti;
d)
qualunque frazionamento delle aree destinate dagli strumenti
urbanistici alla formazione di spazi pubblici o di uso pubblico;
e)
le iniziative tendenti a dotare di urbanizzazione i terreni non
compresi in piani particolareggiati né in piani delle zone da destinare
all’edilizia economica e popolare;
f)
l’esecuzione anche parziale, da parte dei privati proprietari o
per loro conto, di opere di urbanizzazione tecnica non strettamente
necessaria alla conduzione dei fondi agricoli o all’accessibilità di
edifici già legittimamente realizzati.
20.2 In sede di rilascio di
singola concessione, l’Amministrazione comunale è tenuta ad accertare
che la stessa non sia soggettivamente ed oggettivamente collegata ad altre
precedenti o contemporanee richieste di concessione edilizia, e ciò al
fine di evitare che attraverso singole concessioni si dia attuazione a una
lottizzazione di fatto.
ART.
21
Nullità dei
contratti di compravendita nelle lottizzazioni non autorizzate
2.2
I contratti di compravendita di terreni derivanti da lottizzazioni
non autorizzate ai sensi della legislazione vigente sono nulli, e non
possono essere stipulati, né trascritti nei pubblici registri
immobiliari, ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di
destinazione urbanistica, contenente tutte le prescrizioni urbanistiche
riguardanti l’area interessata.
ART.
22
Redazione dei
progetti di lottizzazione
22.1 I progetti di lottizzazione
devono essere redatti da architetti o da ingegneri iscritti ai relativi
Albi professionali, nonché, ove richiesto per singoli aspetti specifici,
da altri professionisti abilitati.
ART.
23
Domanda di
lottizzazione e documenti da allegare
23.1 I proprietari, singoli o
riuniti in consorzio, che intendono lottizzare aree a scopo edificatorio
nel rispetto di quanto previsto dallo strumento urbanistico vigente e
dall’eventuale programma pluriennale d’attuazione, devono presentare
al Sindaco progetti di piani esecutivi convenzionati, con l’impegno di
attuarli, anche per parti, secondo quanto stabilito nella convenzione.
23.2 A corredo della domanda per
ottenere l’autorizzazione per lottizzazioni di terreni a scopo edilizio
devono essere allegati di norma i seguenti documenti:
A)
il progetto, in sei copie, composto dei seguenti elaborati tecnici:
1)
la realizzazione illustrativa che precisa le prescrizioni e le
previsioni dello strumento urbanistico vigente con riferimento all’area
interessata dal piano dio lottizzazione corredata dai seguenti allegati:
-
le analisi e le ricerche svolte;
-
la specificazione delle aree per destinazioni pubbliche e di uso
pubblico;
-
la stima sommaria degli oneri derivanti dalla urbanizzazione delle
aree e la loro ripartizione tra il Comune
ed i privati;
-
i tempi previsti per l’attuazione, con indicazione delle relative
priorità;
2)
la planimetria stralcio delle previsioni dello strumento
urbanistico vigente relative al territorio oggetto del piano di
lottizzazione, estese alle zone adiacenti, in odo che risultino le
connessioni con le altre parti del piano stesso;
3)
la planimetria del piano di lottizzazione, disegnata sulla mappa
catastale, aggiornata e dotata delle principali quote planoaltimetriche,
contenente i seguenti elementi:
-
le strade e gli altri spazi riservati alla viabilità e ai
parcheggi, con precisazione delle caratteristiche tecniche delle sedi
stradali, con le relative quote altimetriche, oltreché delle fasce di
rispetto e dei distacchi degli edifici dalle sedi stradali, con le
relative quote altimetriche, oltreché delle fasce di rispetto e dei
distacchi degli edifici dalle sedi stradali;
-
gli edifici e gli impianti pubblici esistenti ed in progetto;
-
le aree destinate all’edificazione con l’indicazione degli
indici di fabbricabilità, degli eventuali allineamenti, delle altezze
massime, dei distacchi fra gli edifici, della utilizzazione e della
sistemazione delle aree libere e di quelle non edificabili;
-
l’eventuale e delimitazione degli ambiti di intervento edilizio
unitario;
4)
il progetto di massima delle opere di urbanizzazione primaria e dei
relativi allacciamenti;
5)
il progetto planovolumetrico degli interventi previsti, con profili
e sezioni, in scala adeguata, e con indicazione delle tipologie edilizie;
6)
gli elenchi catastali delle proprietà ricedenti nel territorio
interessato dal piano di lottizzazione ed estratto autentico, in scala
1/2000 o 1/1.000, rilasciato in data non anteriore a sei mesi;
7)
le norme specifiche di attuazione del piano di lottizzazione;
8)
la planimetria del piano di lottizzazione ridotta alla scala delle
tavole dello strumento urbanistico vigente, al fine di verificare
l’inserimento e di garantire l’aggiornamento dello stesso.
B)
lo schema di convenzione che deve essere stipulata tra il Comune ed
il proprietario o i proprietari e della quale formeranno parte integrante
tutti gli elaborati precedenti.
23.3 Qualora l’area da
lottizzare appartenga a più proprietari esse devono unire alla domanda,
oltre ai documenti di rito, un atto notarile nel quale dichiarano il loro
consenso alla lottizzazione e impegnano a sostenere gli oneri in solido
tra loro.
ART.
24
Contenuto delle
convenzioni
24.1 La convenzione deve
prevedere essenzialmente:
1)
la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree
necessarie perle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria;
2)
le opere di urbanizzazione che devono essere eseguite a cura e
spese del lottizzante, la convenzione deve prevedere, anche, le relative
garanzie finanziarie, le modalità di controllo sulla esecuzione delle
opere, nonché i criteri per lo scomputo totale o parziale della quota
dovuta a norma della legislazione vigente, e le modalità per il
trasferimento delle opere al Comune;
3)
i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di
urbanizzazione, in accordo con l’eventuale programma di attuazione;
4)
le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per la
inosservanza delle destinazioni d’uso fissate nel piano di intervento.
2.2
Qualora il piano esecutivo preveda interventi di restauro, di
risanamento conservativo e di ristrutturazione di edifici destinati ad usi
abitativi, con particolare riguardo ai centri storici, a convenzione, ove
fissato dal programma pluriennale di attuazione, può stabilire i criteri
per la determinazione e la revisione dei prezzi di vendita e dei canoni di
locazione degli edifici oggetto di intervento.
ART.
25
Procedura per
l’autorizzazione della lottizzazione e sua validità
25.1 <<Il Sindaco, previo
parere favorevole dell’Ufficio Tecnico Comunale e della Commissione
Edilizia Comunale, sottopone, entro 90 giorni dalla presentazione del
progetto di piano di lottizzazione e dello schema di convenzione, gli atti
al Consiglio Comunale per l’approvazione>>.
25.2 Ottenuto, ai sensi della
legislazione vigente il nulla-osta lottizzazione, il Sindaco procede alla
stipula, con i proprietari dei terreni da lottizzare, dell’apposita
convenzione.
25.3 La convenzione è
trascritta a cura e spese del lottizzante.
25.4 Successivamente il Sindaco
rilascia l’autorizzazione alla lottizzazione, corredandola di una copia
dei documenti di progetto e la notifica in via amministrativa al
lottizzante.
ART.
26
Modalità per
lo scomputo del contributo per le opere di urbanizzazione.
Divieto di
compensazione
26.1 Agli effetti dello scomputo
totale o parziale del contributo di concessione per le opere di
urbanizzazione il Comune nell’effettuare la valutazione delle opere che
il privato si obbliga a realizzare direttamente deve tenere distinte le
opere di urbanizzazione primaria da quelle di urbanizzazione secondaria.
26.2 Lo scomputo può essere
effettuato solo in relazione alla quota di contributo pertinente alle
opere di urbanizzazione della stessa specie.
26.3 Non è ammessa
compensazione tra il contributo per opere di urbanizzazione e quello sul
costo di costruzione.
26.4 Non vanno, comunque,
scomputate dagli oneri di urbanizzazione primaria le spese che i
concessionari debbono sostenere per la realizzazione delle reti
elettriche, telefoniche e del gas in quanto tali spese non sono
considerate nella determinazione del costo base di urbanizzazione.
ART.
27
Concessioni
nell’ambito delle lottizzazioni
27.1 Per la domanda ed il
rilascio delle concessioni per l’edificazione nell’ambito della
lottizzazione autorizzata si seguono le norme contenute nel Capitolo II
del presente Regolamento.
ART.
28
Progetto
esecutivo delle opere di urbanizzazione
28.1 Qualora, tra i documenti
presentati all’atto della domanda per ottenere l’autorizzazione per la
lottizzazione, non risulti il progetto esecutivo delle opere di
urbanizzazione o quello degli <<allacciamenti>> il lottizzante
è tenuto a presentare in Comune prima dell’inizio dei lavori il
progetto esecutivo delle opere che egli si è impegnato con la convenzione
a eseguire.
28.2 I progetti esecutivi delle
opere di urbanizzazione primaria, quelli delle opere di urbanizzazione
secondaria o quelli per l’allacciamento della zona interessata ai
pubblici servizi devono essere autorizzati così come previsto nel
capitolo II del presente Regolamento.
28.3 Durante la esecuzione di
tali opere, gli uffici e servizi comunali possono effettuare visite di
controllo per accertarne la buona esecuzione e la conformità al progetto.
A tal fine il proprietario deve dare comunicazione dell’inizio dei
lavori e della ultimazione dei medesimi.
ART.
29
Tempi di
attuazione della convenzione
29.1 Le opere previste nella
convenzione devono essere realizzate entro i tempi previsti nella
convenzione stessa; essi comunque non possono eccedere il periodo di 10
anni.
ART
30
Penalità per
inadempienze. Svincoli della cauzione
30.1 Nella convenzione vengono
precisate le penalità per le inadempienze dei lottizzanti nel realizzare
le opere di urbanizzazione e le modalità per lo svincolo, a fine lavori
della cauzione.
30.2 Qualora, scaduto il termine
di ultimazione dei lavori per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione previste dalla convenzione, le opere di urbanizzazione
realmente eseguite risultino inferiori all’80% di quelle
complessivamente previste, il proprietario perde il diritto alla
restituzione della cauzione.
30.3 Lo svincolo della cauzione
deve avvenire su autorizzazione del Sindaco e, comunque, nella misura del
50% solo dopo il favorevole collaudo di almeno l’80% del totale delle
opere di urbanizzazione convenzionate, collaudo da effettuarsi a cura e
spese del Comune.
30.4 Il restante 50% della
cauzione viene svincolato, sempre su autorizzazione del Sindaco, a totale
ultimazione e favorevole collaudo di tutte le opere previste.
ART.
31
Compilazione d’ufficio dei progetti di lottizzazione a scopo edilizio
31.1 Nelle porzioni di
territorio per le quali il programma di attuazione preveda la formazione
di piano di lottizzazione convenzionata, i proprietari singoli o riuniti
in consorzio, ove non abbiano già provveduto alla presentazione di tale
piano esecutivo, sono tenuti a presentare al Comune il progetto del piano
di lottizzazione convenzionata entro il termine stabilito dal programma
pluriennale d’attuazione.
31.2 Decorso inutilmente il
termine, di cui al primo comma del presente articolo, il Comune invita i
proprietari di immobili alla formazione del piano entro il termine di 60
giorni.
31.3 Ove i proprietari degli
immobili non aderiscano all’invito, il Comune provvede alla compilazione
d’ufficio del piano di lottizzazione.
31.4 Il progetto del piano
stesso e lo schema di convenzione sono notificati, secondo le norme del
codice di procedura civile, ai proprietari degli immobili con invito di
dichiarare la propria accettazione entro 30 giorni dalla data della
notifica. In difetto di accettazione o su richiesta dei proprietari il
Sindaco ha facoltà di variare il progetto e lo schema di convenzione.
31.5 Il piano esecutivo viene
approvato nei modi e nelle forme stabilite dai precedenti articoli.
31.6 Ad approvazione avvenuta,
il Comune procede alla espropriazione delle aree dei proprietari che non
abbiano accettato il progetto di piano di lottizzazione convenzionata.
31.7 Il Sindaco ha facoltà
altresì di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle
singole zone, nei Comuni non obbligati alla formazione dei programmi
pluriennali, a presentare entro congruo termine un progetto di
lottizzazione delle aree stesse. Se essi non aderiscono egli provvede alla
compilazione d’ufficio.
31.8 Tale procedura può essere
esplicata anche nel caso in cui i proprietari, pur avendo dichiarato di
aderire all’invito di lottizzazione, non presentino nel termine
assegnato il progetto relativo o lo presentino incompleto o con previsioni
difformi rispetto alle norme dello strumento urbanistico vigente.
Capitolo V :
DEFINIZIONI EDILIZIE ED URBANISTICHE
Art.
32
Definizioni edilizie ed urbanistiche
2.2
Ai fini dell’applicazione del
presente Regolamento, delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano
Regolatore Generale e delle altre norme che regolano l’attività
edilizia, valgono le definizioni di cui ai successivi articoli da
33 a 50.
32.2
Si considerano parametri urbanistici quelli espressamente prescritti
come tali dalle N.T.A. ai fini dell'attuazione delle previsioni del P.R.G.
vigente, cioè :
-
Superficie territoriale (St.)
-
Superficie fondiaria (Sf.)
-
Superficie destinata a servizi pubblici (Sp.)
-
Indice di utilizzazione territoriale (Ut.)
-
Indice di utilizzazione fondiaria (Uf.)
-
Superficie utile lorda (S.U.L.)
-
Altezza massima del fabbricato (H.M.)
Art.
33
Superficie
territoriale (St)
2.2
E’ la superficie delle aree
perimetrate sulle planimetrie di P.R.G. nelle quali lo stesso P.R.G. si
attua mediante Piano Urbanistico Esecutivo (P.U.E.), comprendente le
aree pubbliche e di uso pubblico nella misura e nella ubicazione indicata,
caso per caso, nelle planimetrie di P.R.G. e/o nelle relative Norme
Tecniche di Attuazione.
Art. 34
Superficie destinata a servizi pubblici (Sp)
34.1
E’ la superficie delle aree da cedere al Comune e destinate alla
viabilità, al verde e in genere ai servizi pubblici. Essa è di
norma indicata per le aree di nuovo impianto o di ristrutturazione
urbanistica e, ove prevista, risulta dalle tabelle che fanno parte
integrante delle N.T.A. del P.R.G.
Art.
35
Superficie fondiaria (Sf)
35.1
E’ la superficie dell’area compresa in zone a destinazione
omogenea, utilizzabile a fini edificatori, misurata al netto delle
strade e degli spazi destinati al pubblico transito e/o in generale al
pubblico uso.
Art.
36
Superficie
utile lorda (S.U.L.)
36.1
E’ la somma delle superfici di tutti i piani fuori ed entro terra
misurati al lordo degli elementi verticali (murature, locali di
servizio, scale esterne a servizio di piani oltre al primo) con
esclusione :
a)
dei porticati a piano terreno asserviti ad uso pubblico;
b)
dei porticati a piano terreno ad uso privato e delle logge,
limitatamente ad una superficie complessivamente non superiore
al 50% della S.U.L. interessata dal progetto;
c)
dei balconi a sbalzo e delle terrazze scoperte;
d)
delle bussole di entrata fino ad una superficie di mq. 6 nonché
delle pensiline con sporgenze fino a ml. 4,50;
e)
dei locali per volumi tecnici e delle parti comuni destinate all'ingresso
ed al collegamento negli edifici costituiti da più unità immobiliari,
quali androni di ingresso, pozzi scala condominiali, passerelle e ballatoi,
ascensori, ecc. (fermo restando che gli stessi elementi costituiscono
S.U.L. quando interni a singole unità immobiliari);
f)
del piano parzialmente interrato che non ecceda dal perimetro dell’edificio
fuori terra, purché di altezza interna netta non superiore a ml. 2,40 e
sempre che i locali seminterrati non fuoriescano di oltre ml.
1,20 dalla quota di cui alla lettera “b” del comma 39.1, precisandosi
come nel caso di terreni comunque inclinati si debba assumere il valore
medio;
g)
del primo piano completamente interrato;
h)
dei piani sottotetto sottostanti coperture a falde inclinate con
pendenza pari o superiore al 23%, a condizione che l'altezza media del
piano sia inferiore a ml. 2,40 e che la conformazione del sottotetto
non consenta, in nessuna sua parte, la realizzazione di una superficie
superiore a 9 mq. con altezza media pari o superiore a ml. 2,70
oltre alle parti eventualmente computate come S.U.L. (quando il
sottotetto sia suddiviso in più porzioni annesse a distinte unità
immobiliari dette verifiche vanno operate con riferimento ad ogni
singola porzione);
i) dei
piani sottotetto sottostanti coperture con pendenza inferiore al 23% (ivi
comprese le coperture piane) a condizione che l'altezza media del
piano non sia superiore a ml. 1,80 e che la conformazione del sottotetto
non consenta, in nessuna sua parte, la realizzazione di una superficie
eccedente i 9 mq. con altezza media pari o superiore a ml. 2,70
oltre alle parti eventualmente computate come S.U.L. (quando il
sottotetto sia suddiviso in più porzioni annesse a distinte unità immobiliari
dette verifiche vanno operate con riferimento ad ogni singola porzione);
l)
dei cavedi, chiostrine e simili.
Art.
37
Superficie
coperta (Sc)
37.1
E’ la superficie risultante dalla proiezione sul piano
orizzontale dell’ingombro planimetrico dell’edificio fuori
terra, esclusi tutti gli elementi che non costituiscono S.U.L.
Art.
38
Rapporto
di copertura (Rc)
38.1
E’ il rapporto Sc./Sf. fra la superficie coperta (Sc.) e la
superficie fondiaria (S.F.), espresso in percentuale.
Art.
39
Altezza
massima del fabbricato (Hm)
39.1
L'altezza di ciascun fronte del fabbricato si misura tra le seguenti
quote di riferimento :
a)
in alto : la linea di l’intersezione tra la facciata e
l’intradosso della copertura, piana od inclinata (intendendosi come
intradosso il piano di imposta di strutture monolitiche quali
solette o solai oppure il piano di imposta dell’orditura minuta nel
caso di strutture composte quali quelle in legno o assimilabili);
b)
in basso : la quota del marciapiede esistente (nelle aree urbanizzate)
o la quota assegnata dai competenti Uffici Comunali (nelle aree di nuovo
impianto) oppure la minima quota del piano di campagna in
aderenza al perimetro dell’edificio (in tutti gli altri casi).
39.2
In caso di edifici che non presentino altezza costante su tutti i
fronti, l'altezza massima dell'edificio si determina mediante la media
ponderale delle altezze di ciascun fronte, misurate come prescritto al
comma precedente.
39.3
Ai fini della valutazione dell’altezza di ciascun fronte non sono
conteggiati :
•
i parapetti su coperture piane praticabili di altezza non superiore
a ml. 1,50;
•
i muri tagliafuoco, ove prescritti dalle norme vigenti;
•
i volumi tecnici, gli impianti e gli apparati tecnologici.
39.4
Le eventuali porzioni di edificio arretrate rispetto al filo della
facciata vengono considerate ai fini dell'altezza del fronte solo quando
emergano rispetto al profilo ideale di una copertura inclinata con
pendenza del 30% ed impostata alla quota di cui alla lettera "a"
del comma 39.1.
39.5
Qualora le N.T.A. del P.R.G. prescrivano un'altezza massima da
determinarsi in funzione dell'edificato circostante, la condizione si
intende soddisfatta quando siano verificate entrambe le seguenti
condizioni :
-
l'altezza media ponderale dell'edificio non sia superiore
all'altezza media ponderale dell'edificato preesistente così come
individuato dalle N.T.A.;
-
l'altezza massima di ciascun fronte dell'edificio non sia superiore
al più alto fronte dell'edificato preesistente così come individuato
dalle N.T.A.;
39.6
Ogni qualvolta le N.T.A. del P.R.G. prescrivano che il piano di
calpestio dei locali a destinazione abitativa debba essere impostato a
livello superiore rispetto alla quota indicata dal primo comma del
presente articolo al fine di assicurare un determinato franco rispetto
al massimo livello di esondazione verificatosi nella zona, si
applicano le seguenti prescrizioni :
-
l'eventuale altezza massima determinata in funzione dell'edificato
circostante preesistente, viene valutata dalla quota di cui alla lettera
"b" del precedente comma 39.1.
-
il riferimento in basso per la determinazione dell'altezza del
nuovo edificio si assume corrispondente alla quota minima prescritta
dalle N.T.A. del P.R.G.,
-
in ogni caso l'altezza massima di ciascun fronte non deve
superare quella massima stabilita dalle N.T. del P.R.G.
39.7
Nel caso di nuovi edifici pubblici o di interesse pubblico il
Sindaco potrà autorizzare una altezza superiore previa
Deliberazione del Consiglio Comunale.
Art.
40
Indice
di utilizzazione territoriale (Ut)
40.1
E’ il rapporto S.U.L./St. fra la superficie utile lorda (S.U.L.)
costruibile e la superficie territoriale (St.), entrambe espresse
in metri quadrati.
Art.
41
Indice
di utilizzazione fondiaria (Uf)
41.1
E’ il rapporto S.U.L./Sf. fra la superficie utile lorda (S.U.L.)
costruibile e la superficie fondiaria (Sf.), entrambe espresse in
metri quadrati.
Art.
42
Capacità
edificatoria
42.1
Si definisce come capacità edificatoria di un’area (sia essa già
edificata o meno) la massima quantità di S.U.L. realizzabile sulla
medesima.
42.2
Nel caso di aree per le quali il P.R.G. preveda un indice di utilizzazione
fondiaria (Uf.) o territoriale (Ut.), la capacità edificatoria si
determina applicando alla superficie del terreno l’indice ricorrente
come specificato nel dettaglio al comma 52.1.
42.3
Nel caso di immobili esistenti e comunque nelle aree per le quali
il P.R.G. non preveda alcun indice di utilizzazione fondiaria o
territoriale, la capacità edificatoria si determina in funzione della
S.U.L. esistente come descritto nel dettaglio al comma 52.3.
42.4
Lo sfruttamento della capacità edificatoria può avvenire mediante
qualsiasi intervento suscettibile di comportare incremento di
S.U.L. (nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica, ristrutturazione
edilizia), fermi restando in ogni caso i limiti prescritti dal P.R.G. o
derivanti dall’applicazione del presente Regolamento.
42.5
E’ fatta eccezione per gli interventi di conservazione, restauro
e risanamento conservativo (come definiti all’art. 6 delle N.T.A.
del P.R.G.), per i quali gli eventuali incrementi di S.U.L. ammessi
dal P.R.G. non sono sottoposti alle limitazioni derivanti dalla
capacità edificatoria attribuita all’edificio.
Art. 43
Volume del
fabbricato (Vf)
43.1 Il volume, ai fini
dell’effettiva possibilità edificatoria, va computato sommando i
prodotti della superficie lorda di ciascun piano, delimitata dal perimetro
esterno delle murature, per l’altezza relativa al piano stesso, misurata
tra le quote di calpestio dei pavimenti, con esclusione del volume
entroterra misurato rispetto alla superficie del terreno circostante
secondo la sistemazione prevista dal progetto approvato, salvo che il
volume seminterrato od interrato sia destinato a residenze, uffici o
attività produttive, escluse quelle concernenti la lavorazione di
prodotti agricoli ad uso familiare.
43.2 Sono altresì esclusi dal
calcolo del volume consentito le superficie descritte al punto 36.1
Art.
44
Indice
di fabbricabilità territoriale (It)
44.1
E’ il rapporto V.F./S.T. fra il volume del fabbricato (V.F.) e la
superficie territoriale (St.), il primo espresso in metri cubi e la
seconda espressa in metri quadrati.
Art. 45
Indice
di fabbricabilità fondiaria (If)
2.2
E’ il rapporto V.F./S.F. fra il
volume del fabbricato (V.F.) e la superficie fondiaria (Sf.), il primo
espresso in metri cubi e la seconda espressa in metri quadrati.
Art. 46
Volumi
tecnici
46.1
Sono i volumi e relativi spazi di accesso strettamente necessari a
contenere quelle parti degli impianti tecnici che, per esigenze di funzionalità
degli impianti stessi, non trovano luogo entro il corpo dell’edificio
realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.
46.2
Devono pertanto qualificarsi come volumi tecnici :
•
le cabine elettriche ed i locali caldaia,
•
gli impianti per il trattamento ed il condizionamento dell’aria
ed i relativi locali,
•
gli impianti per il trattamento ed il deposito delle acque
idrosanitarie ed i relativi locali;
•
gli extracorsa degli ascensori ed i relativi locali macchine;
•
gli apparati tecnici per la sicurezza e l’igiene nonché quelli
per lo smaltimento dei fumi quali comignoli e ciminiere,
•
lo spazio necessario per l’accantonamento o accatastamento dei rifiuti
urbani in conformità alle leggi igienico-sanitarie vigenti a servizio
della società che gestisce lo smaltimento dei rifiuti nel comune,
•
i serbatoi idrici,
•
le canne fumarie e di ventilazione nonché le ciminiere,
•
i vani scala al di sopra delle linee di gronda nonché gli abbaini
con le caratteristiche prescritte dal presente Regolamento,
•
le scale esterne, a servizio di qualsiasi piano, quando abbiano carattere
di sicurezza e siano finalizzate a garantire l’evacuazione
dell’edificio in caso di emergenza;
•
gli impianti tecnologici in genere,
•
tutti gli altri impianti ed opere che a tali categorie sono
comunque assimilabili.
46.3
I volumi tecnici devono essere progettati in modo
architettonicamente e morfologicamente armonizzato al resto
dell’edificio e/o del tessuto edilizio circostante.
Art.
47
Sagoma
dell’edificio
47.1
Si definisce come sagoma dell’edificio il solido delimitato da :
•
gli elementi della costruzione che, anche se privi di murature perimetrali,
costituiscono comunque S.U.L. (pensiline con aggetto superiore
a ml. 4,50, porzioni di logge o porticati ad uso privato eccedenti
il 50% della S.U.L., ecc.);
•
la copertura piana o inclinata.
47.2
Non concorrono alla determinazione della sagoma (ferme restando le
limitazioni previste dal P.R.G) :
•
i balconi, gli aggetti ornamentali, le tettoie a sbalzo, i volumi
tecnici, ed in genere tutti quegli elementi che non costituiscono
S.U.L. secondo quanto disposto dall’art. 36,
•
la porzione interrata dell’edificio, qualsiasi sia la
destinazione e la consistenza della medesima,
•
il rialzamento della quota di imposta della copertura nei limiti
strettamente necessari alla realizzazione di cordoli od altri accorgimenti
tecnici derivanti dalla applicazione delle norme in materia di costruzioni
in zona sismica.
•
le rampe e le corsie di accesso ai piani interrati o seminterrati,
quando di larghezza non superiore a ml. 6,00;
-
le modifiche di quota del terreno in adiacenza all'edificio fino ad
un limite di 60 cm. rispetto alla situazione preesistente.
47.3
Il presente Regolamento determina i casi in cui può ritenersi ininfluente,
ai fini della determinazione della sagoma, la sostituzione di coperture
piane con coperture inclinate.
Art.
48
Logge
e porticati
48.1
Si definiscono come logge gli spazi coperti prospettanti
direttamente all’esterno che siano delimitati da pareti, pilastri
od altri elementi della costruzione.
48.2
Non sono qualificabili come logge, e vanno pertanto considerati a
tutti gli effetti locali chiusi, gli spazi che non presentino almeno una
delle seguenti caratteristiche :
—
almeno due lati siano aperti verso l’esterno, senza
interposizione di infissi vetrati od altri elementi suscettibili di
determinare un vano chiuso;
—
almeno 1/4
del perimetro complessivo della loggia sia direttamente
aperto verso l’esterno, senza interposizione di infissi vetrati od
altri elementi suscettibili di determinare un vano chiuso.
48.3
Si definiscono come porticati le logge poste a livello del terreno
circostante l’edificio a sistemazione avvenuta.
Art.
49
Prospetti
49.1
Si definiscono come prospetti le parti verticali di un edificio
che sono esteriori all’immobile e visibili da spazi pubblici o
da spazi privati.
49.2
Non costituiscono invece prospetto le pareti che, seppur
perimetrali, prospettino su chiostrine o cortili chiusi completamente
interni alla costruzione.
49.3
Non costituiscono modifica dei prospetti, anche ai fini dell'art.
6.2.1, le seguenti opere :
-
sostituzione degli infissi
-
riapertura di porte, finestre e simili quando ne sia documentata la
preesistenza e semprechè si tratti aperture compatibili con l'assetti
generale della facciata, considerata nel suo stato originario o in
quello storicizzato;
-
le modifiche o rifacimenti delle coperture che non comportino variazione
della sagoma secondo quanto disposto dal presente Regolamento.
Art.
50
Analisi
storico-critico-stilistica
2.2
Il presente Regolamento prescrive in
quali casi i progetti degli interventi sul patrimonio edilizio esistente
debbono essere corredati da una analisi storico-critica stilistica dell’edificio.
2.3
L’analisi storico-cristica e
stilistica è obbligatoria in caso di interventi su edifici con
caratteristiche storico-artistiche e ambientali individuate nelle tavole
di piano, e non comprese nel perimetro del piano di recupero del centro
storico, facente parte delle prescrizioni esecutive del P.R.G.
50.3
I contenuti di detta analisi dovranno essere:
a)
notizie storiche sull’edificio, con gli eventuali riferimenti
bibliografici, se del caso integrati dalle opportune indagini
tipologico-stilistiche;
b)
analisi dell’evoluzione architettonica ed edilizia della
costruzione nonché del suo uso, con individuazione delle principali
fasi di crescita o di modificazione dell’immobile, corredata,
qualora occorra, da idonei schemi esplicativi;
c)
analisi dello stato attuale con individuazione:
-
della natura degli elementi costitutivi dell’edificio e del loro
valore storico-artistico, tipologico-documentario o
architettonico-ambientale, con particolare riferimento alla classificazione
dell’edificio;
-
degli elementi di particolare pregio storico-artistico, anche
quando di carattere non strettamente edilizio;
-
degli eventuali ampliamenti non storicizzati nonché delle alterazioni
e le modifiche estranee all’impianto originario non coerente con
l’organismo edilizio originario;
d)
esposizione delle motivazioni e del fine ultimo dell’intervento
progettato, con illustrazione dei criteri di intervento e
dimostrazione della sua coerenza con le risultanze dell’analisi
svolta;
e)
esposizione dettagliata degli accorgimenti progettuali e/o
tecnico-costruttivi adottati per conservare e valorizzare gli elementi
di pregio o comunque da tutelare.
Capitolo VI :
NORME DI CARATTERE GENERALE
Art.
51
Edifici
esistenti ed edifici di nuova costruzione.
51.1
Per tutti i fini del presente Regolamento si considerano come
“edifici esistenti” quelli che alla data di entrata in vigore del
Regolamento medesimo risultino esistenti, in corso di costruzione o
per i quali sia già stata rilasciata concessione edilizia. Non sono
considerati edifici esistenti quelli la cui concessione edilizia sia
stata rilasciata dopo l’adozione del presente piano, i quali debbono
essere considerati a tutti gli effetti edifici di nuova costruzione.
Art. 52
Applicazione
degli indici e capacità edificatoria
52.1
Criteri generali per l’applicazione degli indici
52.1.1
La capacità edificatoria delle zone in cui l’attuazione del
P.R.G. è subordinata alla formazione di Piani Urbanistici Esecutivi
(P.U.E.) è determinata dall’indice di utilizzazione
territoriale (U.T.), in base al quale viene determinata la massima
quantità di S.U.L. edificabile. Gli altri indici e parametri urbanistici
eventualmente prescritti dal P.R.G. (indice di fabbricabilità
territoriale I.T., numero dei piani, altezza massima degli edifici,
distanza minima dai confini, ecc.) costituiscono ulteriori vincoli
finalizzati ad orientare la progettazione secondo i criteri
stabiliti dal P.R.G. e limitano pertanto le possibili soluzioni progettuali
con le quali può conseguirsi l’integrale sfruttamento della
capacità edificatoria ammessa. Il rispetto sia dell’indice di utilizzazione
territoriale che degli ulteriori indici e parametri stabiliti dal
P.R.G.
52.1.2
La capacità edificatoria dei singoli lotti, sia nel caso di attuazione
di P.U.E. approvati che nel caso di edificazione in zone in cui è
previsto l’intervento edilizio diretto, è determinata dall’indice
di utilizzazione fondiaria (U.F.), in base al quale viene determinata
la massima quantità di S.U.L. edificabile sul lotto. Gli altri indici
e parametri urbanistici eventualmente prescritti dal P.R.G.
(indice di fabbricabilità fondiaria I.F., numero dei piani, altezza
massima degli edifici, distanza minima dai confini, ecc.)
costituiscono ulteriori vincoli finalizzati ad orientare la progettazione
secondo i criteri stabiliti dal P.R.G. e limitano pertanto le possibili
soluzioni progettuali con le quali può conseguirsi l’integrale
sfruttamento della capacità edificatoria ammessa sul lotto. Il
rispetto sia dell’indice di utilizzazione fondiaria che degli
ulteriori indici e parametri stabiliti dal P.R.G.
52.2
Edifici di nuova costruzione ed interventi sui medesimi
52.2.1
Gli edifici di nuova costruzione, siano essi realizzati a seguito
di P.U.E. che su lotti nei quali è ammesso l’intervento edilizio
diretto, devono rispettare integralmente gli indici e parametri
urbanistici previsti dal P.R.G.,
52.2.2
Sugli edifici di nuova costruzione, una volta ultimati, sono
ammessi tutti gli interventi sul patrimonio edilizio esistente che non
siano espressamente preclusi dalle N.T.A. del P.R.G. Detti interventi
non potranno comportare, in alcun caso, incremento degli indici e
parametri urbanistici (calcolati come prescritto al comma precedente)
oltre i limiti ammessi dallo strumento urbanistico in caso di nuova costruzione.
52.3
Interventi sugli edifici esistenti
52.3.1
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente potranno comportare
variazione degli indici e valori urbanistici in dipendenza del
tipo di intervento ammesso dalle N.T.A. del P.R.G. e ferma restando
la massima capacità edificatoria attribuita all’edificio.
52.3.2
La capacità edificatoria relativa ad ogni singolo edificio è pari
alla S.U.L. esistente, calcolata come indicato all’art. 36 e, se del
caso, rettificata come prescritto nei commi che seguono.
52.3.3
Negli edifici e zone nelle quali il P.R.G. ammetta un incremento
percentuale della S.U.L. esistente, la capacità edificatoria si
determina applicando a quest’ultima, una ed una sola volta,
l’incremento ammesso dalle N.T.A. del P.R.G.
52.3.4
Ogni qualvolta un intervento comporti incremento di S.U.L. il
parametro da assumere come principale riferimento per verificarne la
conformità alle previsioni del P.R.G. è rappresentato dalla capacità
edificatoria dell’immobile, fermo restando che, anche nel caso degli
edifici esistenti, l’eventuale sussistenza di diversi indici o
parametri urbanistici presuppone necessariamente anche il rispetto
dei medesimi.
52.3.5
La verifica della S.U.L. deve essere condotta utilizzando, sia
per lo stato precedente che per quello posteriore l’intervento,
i criteri di calcolo di cui all’art. 36, previa determinazione
della capacità edificatoria secondo quanto prescritto dai commi che
precedono.
Art. 53
Interventi
sulle logge e sui porticati
53.1
Gli interventi di ristrutturazione edilizia ed urbanistica che interessino
logge o porticati non potranno comportare la formazione di manufatti
o ampliamenti pregiudizievoli per l’igiene dei locali
retrostanti o non coerenti con i caratteri dell’edificio, quali
verande, strutture precarie e simili. Ciò anche quando detti
interventi non prevedano incremento degli indici e valori
urbanistici ovvero quando detto incremento rientri nei limiti della
capacità edificatoria attribuibile all’edificio, ammettendosi
invece, nei limiti di detta capacità edificatoria e nel rispetto
delle ulteriori prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G. e del presente
Regolamento, gli interventi che prevedano l’organico riutilizzo di
tali superfici in un coerente rapporto formale e distributivo
con l’edificio nel suo insieme.
53.2
Nel caso di interventi che prevedano il riutilizzo parziale o totale
di logge e porticati relativi a singole unità immobiliari o comunque
a porzioni di edificio, la verifica di cui al comma 52.3.7 deve
essere operata con riferimento alla consistenza dell’intero
edificio cosicché sia sempre assicurato il rispetto della capacità
edificatoria complessiva dell’immobile. Ove da detta verifica
risulti possibile procedere ad incrementi di S.U.L. l’incremento
relativo ad ogni unità immobiliare, salvo diversi accordi tra i
singoli proprietari interessati, dovrà essere proporzionato alla
consistenza delle logge o porticati di pertinenza rispetto a
quelle complessivamente esistenti nell’edificio.
Art. 54
Distanze
minime tra edifici
54.1
Distanza tra edifici
54.1.1
Quando due edifici non siano costruiti in aderenza l’uno all’altro,
essi devono essere mantenuti ad una distanza tra loro non inferiore a
quella prescritta dal presente Regolamento.
54.1.2
Per distanza tra edifici si intende il minimo segmento congiungente
le pareti frontistanti di due fabbricati quando tali pareti siano
rilevanti ai fini delle determinazione di detta distanza, in
funzione della loro finestratura e/o della lunghezza per cui si fronteggiano,
secondo quanto disposto dall’art. 9 del D.M. 1444/68 e dal presente
Regolamento.
54.2
Pareti finestrate e non finestrate
54.2.1
Fatte salve le eccezioni e precisazioni di cui al comma successivo,
si considerano pareti finestrate tutte quelle che presentino
finestre e/o porte finestre di locali comunque abitabili.
54.2.2
Non costituiscono invece pareti finestrate :
a)
le pareti che presentino solo porte o finestre di vani scala, cantine
od altri locali per i quali non è richiesta la ventilazione naturale
diretta e che potrebbero pertanto essere rese del tutto prive di
aperture senza che ciò comporti alcuna forma di contrasto con il
presente Regolamento o con altre norme vigenti in materia;
b)
le pareti che presentino porte o finestre di locali abitabili
quando dette aperture siano irrilevanti ai fini di garantire i requisiti
minimi di illuminazione e ventilazione naturale diretta prescritti
per tali locali e che pertanto potrebbero essere rese del tutto
prive di aperture senza che ciò comporti alcuna forma di contrasto con il
presente Regolamento o con altre norme vigenti in materia;
c)
i tratti di parete privi di finestrature (o comunque con i
requisiti di cui alle precedenti lettere “a” e “b”) posti ad
una distanza, misurata in orizzontale, superiore a ml. 4,00 dalla
finestra più prossima;
d)
i tratti di parete privi di finestrature (o comunque con i
requisiti di cui alle precedenti lettere “a” e “b”) sottostanti
finestre, a partire da ml. 1,20 dal davanzale delle finestre medesime;
e)
le pareti prive di aperture.
54.3
Minima distanza tra edifici
54.3.1
In tutti i casi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica
U2 è prescritta una distanza minima di ml. 10,00 tra pareti finestrate
e pareti di edifici antistanti. Nelle zone omogenee "B",
"C", "D" ed "E" detta distanza minima si
applica anche quando una sola parete sia finestrata. Non si considerano ai
fini della determinazione della distanza tra edifici, in quanto assimilabili
ai muri di cinta di cui all'art. 886 C.C, i manufatti, comunque legittimati,
di altezza inferiore a ml. 3,00 ed adibiti a funzioni accessorie o
che comunque non presuppongano la presenza permanente di persone.
54.3.2
Nel caso di interventi di ristrutturazione urbanistica U1 potrà essere
ammesso il mantenimento delle distanze preesistenti, anche se
inferiori a quelle minime, semprechè l'intervento non comporti
peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie dell'area. Resta ferma
la possibilità di riduzione di dette distanze fino al minimo
ammesso quando superiori.
54.3.3
In tutto il territorio comunale la distanza minima di cui al comma
54.3.1 non trova applicazione nel caso di ampliamenti, sopraelevazioni
ed altre trasformazioni che non comportino riduzione della distanza
preesistente, fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia
di cortili di cui all'art. 117, con particolare riferimento ai rapporti
che devono comunque intercorrere tra la superficie delle facciate
prospettanti sull'area libera e l'estensione di quest'ultima.
54.3.4
Sono fatte salve, in ogni caso, le maggiori distanze minime
eventualmente prescritte dalle norme vigenti in materia di costruzioni
in zona sismica nonchè quelle di cui all'art. 9, comma 1, numero 3, del
D.M. 1444/68 per gli edifici ricadenti in zona omogenea "C".
54.4
Modalità di misurazione della distanza tra edifici
54.4.1
La distanza tra edifici si misura lungo una linea tracciata ortogonalmente
alla parete finestrata fino ad intersecare la parete dell’edificio
frontistante, senza tener conto degli eventuali elementi sporgenti
(quali terrazze, logge, aggetti di gronda, ecc.) che non rilevino ai
fini della sagoma dell’edificio come definita al precedente art. 47
o che comunque non siano qualificabili come pareti finestrate (pozzi
scala, ascensori, ecc.).
54.4.2
La distanza minima prescritta si intende quindi soddisfatta quando
costruendo sulla base della parete finestrata un rettangolo di altezza
pari a detta distanza minima non si verifichi alcuna intersezione con
le pareti (finestrate o non finestrate) dell’edificio frontistante.
Ai fini del rispetto della distanza minima tra edifici sono
pertanto irrilevanti minori valori della distanza tra spigoli di
edifici o comunque di distanze misurate non ortogonalmente
alle pareti.
54.5
raccordo con le norme in materia di cortili e simili
54.5.1
La distanza tra due pareti, anche quando le medesime non siano da
considerarsi ai fini delle distanze minime di cui al presente
articolo, dovrà in ogni caso essere conforme alle prescrizioni in
materia di cortili, chiostrine e cavedi di cui agli artt. 117 ,118 e
119.
Art. 55
Distanze
minime dai confini
55.1
Distanza dai confini
55.1.1
Per distanza minima di un edificio dal confine s'intende la
lunghezza del segmento minimo congiungente la parete più avanzata del
fabbricato e il confine di proprietà antistante, senza tener
conto degli eventuali elementi sporgenti (quali terrazze, logge, aggetti
di gronda, ecc.) che non rilevino ai fini della sagoma dell’edificio
come definita al precedente art. 47.
55.1.2
Finalità ultima delle prescrizioni in materia di distanza dai
confini è quella di garantire un assetto edilizio tale da consentire
l’attuale e futuro rispetto delle norme in materia di distanza tra
gli edifici, ripartendone equamente l’onere tra i due proprietari
confinanti.
55.1.3
Ai fini della distanza minima in questione si considerano pertanto
i soli confini tra due proprietà contigue, non rilevando eventuali
diverse delimitazioni (limiti di zona omogenea e simili) nè le
strade (in relazione ai
quali si applicano le specifiche prescrizioni di cui all’art. 56).
Le eventuali prescrizioni di P.R.G. in relazione a distanze minime da
tenersi dai limiti di zona si applicano pertanto nei soli casi in cui
la zona contigua sia di uso pubblico o preordinata all'esproprio.
55.2
Minima distanza dai confini
55.2.1
I valori della distanza minima degli edifici dai confini sono
precisati, per le singole zone o sottozone, dalle N.T.A. del P.R.G.
55.2.2
In assenza di specifica prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G., la distanza
dai confini di proprietà dovrà essere comunque non inferiore alla metà
della distanza minima tra edifici di cui al precedente art. 54.
55.3
Modalità di misurazione della distanza dai confini
55.3.1
La distanza minima dai confini si intende soddisfatta quando in nessun
punto dell’edificio il rettangolo costruito sulla base di ciascuna
parete e di altezza pari alla distanza minima prescritta intersechi il
confine di proprietà.
55.3.2
Nel rispetto della finalità ultima di cui al comma 55.1.2 può
essere ammessa, in caso di esplicito accordo tra i proprietari
confinanti, la costruzione di un edificio a distanza dal confine
inferiore a quella minima prescritta, a condizione che l’altro
proprietario di impegni ad arretrare il proprio edificio a distanza
tale da assicurare il rispetto della distanza minima prescritta tra
gli edifici. In tal caso l’accordo tra i due confinanti sarà
condizione essenziale per l’approvazione del progetto e dovrà risultare
o da specifica convenzione o da un apposito elaborato sottoscritto
da entrambi i proprietari ed allegato al progetto a farne parte
integrante.
55.3.3
Le prescrizioni in materia di distanza minima dai confini non si applicano
alle porzioni completamente interrate degli edifici e quindi a condizione
che le medesime non fuoriescano dalla quota dell’area circostante
l’edificio a sistemazione avvenuta.
55.4
Costruzioni in aderenza al confine
55.4.1
Non è richiesto il rispetto di alcuna distanza minima dal confine
per le costruzioni che debbano erigersi in aderenza al confine
medesimo previo accordo tra i proprietari confinanti.
55.4.2
Ai fini del presente Regolamento e delle N.T.A. del P.R.G., detto
accordo si intende sempre sussistente, anche in assenza di atti formali
tra le parti, nel caso :
a)
di costruzioni da realizzarsi a ridosso di edifici già esistenti
sul confine di proprietà (con appoggio sul muro reso comune ai sensi
dell’art. 874 C.C. e con edificazione in aderenza al medesimo ai
sensi dell’art. 877 C.C.);
b)
di costruzioni da realizzarsi sul confine di proprietà in forza
della libertà di scelta del primo edificante (principio della prevenzione)
quando ciò non comporti alcuna limitazione alla possibilità edificatoria
del lotto contiguo.
In ogni altro caso l’accordo tra i confinanti deve risultare da
apposito atto allegato al progetto secondo quanto già prescritto al
comma 55.3.2.
Art.56
Distanze
minime dalle strade
56.1
Distanza dalle strade
56.1.1
Per distanza di un edificio dalla strada s'intende la lunghezza del
segmento minimo congiungente l’elemento più sporgente del fabbricato
(eccettuati i soli aggetti di gronda) e la linea che delimita il confine
tra la proprietà privata e la strada.
56.2
Minima distanza dalle strade
56.2.1
I valori della distanza minima degli edifici dalle strade sono
precisati, per le singole zone o sottozone, dalle N.T.A. del P.R.G.
56.2.2
Anche in assenza di specifica prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G.,
la distanza degli edifici dalle strade dovrà essere comunque conforme
alle prescrizioni del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada) e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione (D.P.R.
16 dicembre 1992, n. 495).
56.2.3
Ogni qualvolta il P.R.G. preveda la rettifica, l’ampliamento o la
formazione di nuovi tracciati stradali, la distanza minima di cui al
presente articolo deve essere verificata con riferimento sia
all’attuale stato dei luoghi che a quello derivante dall’attuazione
delle previsioni di P.R.G.
Art. 57
Rispetto dei
diritti di terzi
57.1
In ogni parte del presente Regolamento, qualsiasi sia l’argomento
trattato, le prescrizioni delle medesime sono da intendersi sempre
e comunque fatti salvi i diritti di terzi.
Art. 58
Tutela del
verde e delle alberature
58.1
In tutte le aree in cui il presente Regolamento, le Norme Tecniche
di Attuazione del Piano Regolatore Generale od altre norme prescrivono la
salvaguardia della esistente dotazione di alberature di alto e
medio fusto e delle sistemazioni a verde, qualsiasi intervento dovrà prevedere
la conservazione e perpetuazione, anche tramite sostituzione,
delle essenze vegetali esistenti.
58.2
I progetti relativi ad interventi edilizi od urbanistici dovranno
espressamente dare atto della esistenza o meno di alberature,
precisandone eventualmente l'essenza e la dimensione nonchè la
compatibilità con l'intervento edilizio proposto. Nel caso l'intervento
comporti la necessità di abbattere una o più alberature di alto fusto
l'autorizzazione di cui all'art. 9 del “Regolamento comunale per
la tutela del patrimonio arboreo ed arbustivo della città” e
del conseguente art. 8 del Disciplinare Attuativo è assorbita
nell'autorizzazione o concessione edilizia, e quindi è soggetta alla
sola valutazione del Servizio Edilizia Privata, il quale provvede in
merito acquisendo il parere delle commissioni consultive di cui
all'art. 14 come previsto dal presente Regolamento.
Art. 59
Rischio
idraulico
59.1
Le prescrizioni ed i vincoli regionali in materia di rischio
idraulico e di prevenzione dei danni provocati da fenomeni di
esondazione e ristagno, di cui al D.A. n. 298/41 del 4/7/200, trovano
applicazione negli ambiti indicati dello stesso provvedimento.
59.2
Dette prescrizioni e vincoli operano nei confronti di tutti gli
interventi, sia pubblici che privati, i quali comportino :
a)
la
realizzazione di nuove volumetrie, con l’esclusione degli interventi
che comunque non comportino incremento dell’ingombro a terra della costruzione;
b)
la
realizzazione di manufatti di qualsiasi natura che possano ostacolare il
deflusso delle acque anche in caso di inondazioni quali recinzioni,
depositi di qualsiasi natura, serre, tettoie, piattaforme e simili,
c)
trasformazioni morfologiche di aree pubbliche e private (e cioè
modifiche del territorio che costituiscano ostacolo al deflusso delle
acque in caso di inondazione);
d)
per
gli edifici esistenti sono previsti gli interventi di cui all’art. 20
della L. 71/78 punto a), b), c) e d)
Art. 60
Immobili
notificati ai sensi del D.Lgs. 490/99
60.1
Per gli immobili soggetti al vincolo diretto di tutela di cui al
D.Lgs. 490/99, ferma restando la disciplina di carattere generale di cui
allo stesso D.Lgs. 490/99, le prescrizioni delle N.T.A. del P.R.G. e del
presente Regolamento operano come di seguito specificato.
60.2
Qualora il vincolo riguardi solo una parte dell’immobile o
singoli elementi del medesimo, la restrizione degli interventi
ammissibili di cui al precedente comma avrà valore solo per dette parti
od elementi, ferma restando la disciplina prevista dalle N.T.A. del
P.R.G. per le parti dell’immobile non soggette a vincolo diretto.
60.3
Le restrizioni di cui ai commi precedenti trovano applicazione
anche in caso di vincoli imposti e notificati successivamente
all’entrata in vigore del presente Regolamento e decorrono dalla
data di notifica del vincolo. Analogamente dette restrizioni cessano
di sussistere nel caso in cui i vincoli vengano revocati, anche
in questo caso con decorrenza dalla data di notifica della revoca
del vincolo.
Art. 61
Tolleranze di
costruzione
61.1
Nella esecuzione di opere edilizie di qualsiasi tipo, salvo quanto
diversamente imposto da leggi o normative specifiche, sono ammesse
le seguenti tolleranze di costruzione rispetto alle misure nominali
contenute nel progetto :
•
per lunghezze fino a ml. 2,00 :
± 2%
•
per lunghezze oltre a ml. 2,00 e fino a ml. 6,00 :
± 1%
•
per lunghezze oltre a ml. 6,00 :
± 0,5%
•
per altezze fino a ml. 5,00 :
± 1%
•
per altezze oltre a ml. 5,00 :
± 0,5%
61.2
E’ fatta eccezione per le altezze interne dei singoli vani e per
le altre altezze prescritte da norme di carattere igienico-sanitario,
per le quali è stabilita la tolleranza di ± cm. 2, qualsiasi sia
l’altezza prescritta.
61.3
Per le parti che risultassero prive di esplicita quotatura sul
progetto approvato, sempre che non sia possibile desumere la quota mancante
in via analitica, è ammessa una tolleranza di ± cm. 10 rispetto
alla lettura rilevata sul supporto cartaceo in scala 1/100, nel rispetto
degli allineamenti grafici e della congruenza del disegno.
Capitolo VII
: DEFINIZIONE DEGLI
INTERVENTI
Art.
62
Interventi di
trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale
62.1
Gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica del
territorio comunale, soggetti a concessione edilizia ovvero ad
attestazione di conformità, sono disciplinati
dall’art. 20 della L.R. 71/78.
Art. 63
Interventi sul patrimonio edilizio esistente
63.1
Definizione degli interventi
63.1.1
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente si distinguono
in :
a)
manutenzione ordinaria
b)
manutenzione straordinaria
c)
conservazione, restauro e risanamento conservativo
d)
ristrutturazione edilizia
e)
ristrutturazione urbanistica
63.1.2
Gli interventi di cui al comma precedente sono definiti dall’art.
20 della L.R. 71/78 (lettere da “a” ad “e”)
63.2
Opere assimilate a specifiche categorie di intervento
63.2.1
Ai sensi dell’art. 26 della L. 10/91, i nuovi impianti, lavori,
opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili
di energia, alla conservazione, al ripristino ed all’uso
razionale dell’energia, in edifici ed impianti industriali, sono assimilati
a tutti gli effetti.
63.2.2
Ai sensi dell’art. 7, secondo comma, della L. 13/89, le opere
finalizzate al superamento delle barriere architettoniche che
consistano in rampe ed ascensori esterni ovvero i manufatti che
alterino la sagoma dell’edificio, sono parimenti assimilate.
63.3
Ammissibilità di alcune categorie di intervento
63.3.1
L’ammissibilità di una categoria di intervento comporta
l’ammissibilità delle categorie che la precedono nella elencazione
di cui al comma 65.1, anche quando ciò non sia esplicitamente espresso
nella norma urbanistica di riferimento.
63.4
Interventi ammissibili in attesa della formazione di P.U.E.
63.4.1
Nelle zone in cui lo strumento urbanistico subordini gli interventi
alla formazione di strumenti urbanistici attuativi (P.U.E.) resta
fermo quanto disposto dalla legislazione vigente in materia di
interventi ammissibili sul patrimonio edilizio esistente in attesa
della formazione degli strumenti attuativi medesimi.
Art. 64
Interventi di
nuova edificazione
64.1
Gli interventi di nuova edificazione si distinguono in :
a)
nuova costruzione, e cioè nella realizzazione di edifici ex-novo
in aree già urbanizzate o comunque nelle quali lo strumento urbanistico
ammette l’intervento edilizio diretto;
b)
nuovo impianto, e cioè nel complesso delle opere necessarie alla
realizzazione di nuove costruzioni in aree da urbanizzare o comunque
nelle quali lo strumento urbanistico prescrive la preventiva
formazione di uno strumento urbanistico attuativo.
64.2
Nuova costruzione
64.2.1
L’intervento di nuova costruzione consiste nella edificazione di
qualsiasi manufatto entro e fuori terra, realizzato in muratura
o con l’impiego di altro materiale, che indipendentemente
dalla durata, dalla inamovibilità ed incorporazione al suolo, sia
in grado di costituire unità abitabile o agibile.
64.2.2
Il tipo di intervento comprende anche gli ampliamenti e le soprelevazioni,
ad eccezione di quelli rientranti nei limiti degli interventi sul patrimonio
edilizio esistente di cui al precedente articolo 65.
64.3
Nuovo impianto
64.3.1
L’intervento di nuovo impianto comprende il complesso di tutte le
opere necessarie per la formazione di nuove aree urbane secondo la
destinazione prevista dal P.R.G.
64.3.2
L’intervento di nuovo impianto è sempre soggetto all’approvazione
preventiva di un P.U.E.
64.3.3
In tali interventi, compatibilmente con le soluzioni tecniche
possibili, dovrà essere attentamente studiata la viabilità carrabile
e pedociclabile ed è obbligatoria la presentazione di un
progetto complessivo di sistemazione delle aree scoperte esteso
all’intero ambito.
Art. 65
Sistemazione
delle aree scoperte
65.1
L’intervento di sistemazione delle aree scoperte comprende le
opere da eseguirsi per l’attrezzatura e la sistemazione di aree
scoperte, di pertinenza o meno di edifici esistenti, quando l’intervento
non sia conseguente o correlato ad uno degli interventi di cui agli articoli
precedenti.
65.2
Ferme restando le limitazioni previste per le singole zone dalle
N.T.A. del P.R.G. nonché le ulteriori limitazioni previste dal
presente Regolamento, il tipo di intervento comprende fra l’altro:
a)
la formazione o modifica di aree pavimentate scoperte, lastrici solari,
piazzali e simili;
b)
l’arredo fisso e l’attrezzatura, per gli usi consentiti dallo
strumento urbanistico, degli spazi scoperti di cui sopra;
c)
la realizzazione di piscine, campi da tennis ed altre attrezzature
sportive;
d)
la costruzione e la modifica dei piccoli manufatti che non si configurano
come nuova costruzione come definita all’art. 66.3;
e)
le modificazioni dell’andamento del terreno, anche con costruzione,
modifica o demolizione di muri di sostegno o di recinzione;
f)
le opere già indicate come di manutenzione straordinaria quando
eseguite su aree scoperte o sugli elementi che ne fanno parte;
g)
le altre opere o modificazioni di natura e consistenza analoghe a
quelle di cui sopra o comunque ad esse riconducibili.
Art. 66
Demolizione.
66.1
Gli interventi di demolizione possono avere per oggetto complessi
edilizi, singoli edifici o parte di essi.
66.2
Possono essere interessati da interventi di demolizione solo gli immobili
che non siano sottoposti a particolare regime di tutela da parte
delle N.T.A. del P.R.G. o di specifica legislazione.
Capitolo VIII:
SPAZI PER PARCHEGGI PRIVATI
Art. 67
Parcheggi
privati : norme generali
67.1
Si considerano parcheggi privati tutti gli spazi comunque destinati
alla sosta degli automezzi e la cui fruizione non sia pubblica, quali che
siano la loro tipologia, collocazione e caratteristiche costruttive
(autorimesse singole o collettive, posti auto coperti o schermati o
scoperti, autosilo e ricoveri meccanizzati, ecc.).
67.2
Gli spazi da destinare a parcheggi privati a servizio degli edifici
di nuova costruzione o risultanti da interventi di ristrutturazione
urbanistica dovranno avere superficie non inferiore a quella
prescritta dall’art. 41-sexies della L. 1150/42 come sostituito
dal 2° comma dell’art. 2 della L. 122/89 (un metro quadrato ogni 10
metri cubi di costruzione), fatti salvi i casi in cui normative specifiche
prescrivano superfici superiori.
67.3
Gli spazi per parcheggi privati costituiscono opere di urbanizzazione
anche ai sensi dell’art. 9, primo comma, lettera f), della legge 28
gennaio 1977 n. 10.
Art. 68
Modalità di
calcolo della superficie per parcheggi
68.1
Il volume da considerarsi per la determinazione della minima
superficie per parcheggi richiesta è quello definito all’art.
43 del presente Regolamento.
68.2
Nel computo della superficie destinata a parcheggi possono essere
computati, oltre agli spazi effettivamente destinati al parcheggio
degli autoveicoli, anche le corsie di distribuzione, le rampe di
distribuzione interne alle autorimesse, le aree di manovra e gli altri
spazi direttamente connessi con la funzione di parcheggio. Saranno
invece escluse dal computo le strade che conducono al parcheggio, le
eventuali rampe di accesso esterne alle autorimesse, nonché ogni altro
spazio che non abbia diretta attinenza con la funzione di parcheggio,
anche quando indispensabile per accedere al medesimo.
Art. 69
Schermatura
di posti auto all’aperto
69.1
In corrispondenza dei posti auto all’aperto sono ammesse le opere
necessarie alla schermatura dei medesimi quali tettoie, pensiline,
grigliati e simili.
69.2
Dette opere sono ammesse in ogni zona del territorio comunale e non
sono computate ai fini della S.U.L. e degli altri parametri urbanistici
ed edilizi quando rispettino integralmente le seguenti condizioni
:
a)
non possono essere adibite ad altra funzione che il mero riparo
degli automezzi;
b)
debbono essere progettate e realizzate in modo tale da limitare
l’impatto visivo degli autoveicoli in parcheggio, adottando le
soluzioni progettuali, i materiali e le tecniche costruttive più
idonee a favorirne il corretto inserimento nel contesto;
c)
non devono essere delimitate da murature (o da altre strutture
idonee ad individuare un vano suscettibile di altri usi) per
l’intero loro perimetro;
d)
almeno un lato di dimensione non inferiore a ml. 2,50 deve essere
completamente aperto e privo di infissi e di schermature;
e)
la profondità della schermatura sia limitata a quella
effettivamente necessaria alla protezione degli autoveicoli, con
un massimo assoluto di ml. 6,00;
f)
la superficie complessiva della schermatura, misurata in proiezione
orizzontale, non ecceda mai :
—
un quarto della superficie del terreno nel quale sono ricavati i posti
auto, nel caso di parcheggi su aree inedificate che non siano di pertinenza
di alcun edificio;
—
la metà della superficie dell’area scoperta di pertinenza
dell’edificio, nel caso di parcheggi ricavati nelle aree scoperte di
pertinenza di edifici esistenti;
69.3
Con riferimento alla prescrizione di cui alla precedente lettera
“b”, i progetti delle opere di schermatura dei posti auto dovranno
essere corredati dalla documentazione atta a dimostrare il corretto
inserimento nel contesto. Detta documentazione deve essere costituita
almeno da una documentazione fotografica d’insieme e di
dettaglio e da una relazione illustrativa particolarmente dettagliata
sia quanto attiene le problematiche di carattere ambientale
che per quanto riguarda materiali e tecniche da adottare.
Capitolo IX :
ESECUZIONE
DEI LAVORI
Art. 70
Comunicazione
di inizio lavori e adempimenti relativi
70.1
Il titolare di Concessione od Autorizzazione Edilizia deve dare
comunicazione scritta al soggetto di cui al comma
5.1 dell’inizio dei lavori contestualmente all’inizio dei
medesimi. Se non già specificato nella richiesta di concessione o
autorizzazione, la comunicazione deve contenere l’indicazione del
Direttore dei Lavori e dell’Impresa esecutrice. Qualunque successiva
variazione del Direttore dei Lavori e dell’Impresa esecutrice deve
essere tempestivamente comunicata al soggetto di cui al comma
4.2.
70.2
Al momento dell’inizio dei lavori dovrà essere collocato sul
luogo dei medesimi un cartello a caratteri ben visibili indicante :
—
le opere in corso di realizzazione;
—
la natura dell’atto abilitante all’esecuzione delle opere e gli
estremi del medesimo;
—
il nominativo del titolare dell’atto abilitante;
—
il nominativo del progettista;
—
il nominativo del direttore dei lavori;
—
il nominativo dell’esecutore dei lavori.
—
il nominativo del calcolatore delle strutture (ove prescritto);
—
il nominativo del direttore dei lavori delle strutture (ove
prescritto);
—
il nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione
(ove prescritto);
—
il nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione
(ove prescritto);
—
ogni altro dato o nominativo previsto da norme vigenti.
Art. 71
Richiesta di
punti fissi di allineamento e quote
71.1
Nel caso di interventi di nuovo impianto, il titolare della
concessione edilizia relativa alle opere di urbanizzazione deve chiedere
ai competenti Uffici Comunali l’assegnazione sul terreno di punti
fissi da assumere a riferimento, sia planimetrico che altimetrico,
per le opere da realizzare.
71.2
I punti fissi di allineamento e quota vengono assegnati dai tecnici
comunali entro 15 giorni dalla data di deposito della
richiesta.
71.3
L’assegnazione dei punti fissi è effettuata con apposito
verbale, redatto contestualmente all’assegnazione dei punti
medesimi e sottoscritto dal titolare della concessione (o, in sua rappresentanza,
dal direttore dei lavori) e dal tecnico comunale incaricato dell’assegnazione.
Copia del verbale di assegnazione deve essere mantenuta presso il cantiere
congiuntamente alla concessione edilizia.
71.4
Decorso il termine temporale di cui al secondo comma del presente
articolo senza che i punti fissi siano stati assegnati, il titolare della
concessione può procedere nei lavori rimanendo sollevato da ogni
responsabilità in merito all’esatta collocazione dell’opera,
sempre che la medesima sia stata eseguita in conformità al
progetto approvato.
71.5
Nel caso di interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione
urbanistica, è facoltà del titolare della concessione chiedere
l’assegnazione dei punti fissi di allineamento e quota. Ove questi
si avvalga di detta facoltà i punti fissi verranno assegnati con le
modalità stabilite ai commi precedenti per gli interventi di nuovo impianto.
Art. 72
Prescrizioni
per il cantiere
72.1
Nei cantieri dove si eseguono lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione o demolizione di opere edilizie, di qualsiasi natura ed
entità esse siano, devono essere rispettate le norme di prevenzione
infortuni, le norme sulla prevenzione incendi, l'obbligo a termine
di legge della denunzia di eventuali ritrovamenti nonché ogni altra
disposizione in materia di conduzione dell’attività edilizia in
genere.
72.2
Per tutta la durata dei lavori il cantiere deve essere recintato e
deve essere organizzato in modo da essere libero da materiali inutili,
dannosi o che producano inquinamento. Dovrà inoltre essere
adottata ogni cautela atta ad evitare danni e molestie a persone e cose
pubbliche e private.
72.3
Il cantiere deve essere provvisto di segnalazioni di ingombro e di
pericolo diurne (bande bianche o rosse) e notturne (luci rosse) nonché
di dispositivi rifrangenti ad integrazione dell’illuminazione
stradale.
72.4
L’accesso al cantiere non dovrà costituire pericolo per la
circolazione stradale e comunque per la pubblica incolumità.
Art. 73
Documenti da
conservare presso il cantiere
73.1
Presso il cantiere deve essere conservata, a disposizione delle autorità
competenti, copia dei seguenti documenti:
a)
concessione edilizia e reIativi elaborati di progetto;
b)
denuncia depositata presso il Genio Civile per eventuali opere in
cemento armato o comunque soggette alla normativa in materia di
costruzioni in zona sismica, corredata dal relativo progetto strutturale;
c)
giornale dei lavori, periodicamente vistato dal Direttore dei
Lavori come prescritto dalla L. 1086/71;
d)
documentazione attestante l’avvenuto adempimento agli obblighi di
legge in merito alla progettazione di impianti e simili, ivi compresi
quelli relativi al contenimento dei consumi energetici;
e)
ogni ulteriore autorizzazione eventualmente necessaria in relazione
alle modalità del progetto o alle caratteristiche ambientali del
luogo dove si interviene, inclusa l'autorizzazione da parte delle
autorità competenti a seguito della denuncia di eventuali ritrovamenti
archeologici.
Art. 74
Occupazione e manomissione del suolo pubblico
74.1
Qualora durante i lavori o comunque per l’esecuzione dei medesimi
si renda necessario occupare o manomettere il suolo pubblico trovano
applicazione le disposizioni di cui agli artt. 20 e 21 del D.Lgs. 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) nonchè le ulteriori
disposizioni comunali di cui al “Regolamento per le occupazioni di
spazi ed aree pubbliche e per l'applicazione della relativa tassa”.
Art. 75
Comunicazione di ultimazione lavori
75.1
L’avvenuta ultimazione dei lavori deve essere comunicata dal
concessionario al soggetto di cui al comma 4.2.
75.2
Dopo l’avvenuta comunicazione dei lavori, l’atto in forza del
quale sono stati eseguiti i lavori si intende esaurito e qualsiasi
ulteriore opera o variante deve essere preceduta dal deposito di denuncia
di inizio attività o dal rilascio di autorizzazione o concessione
edilizia.
2.2
Quando, per inerzia del concessionario
e degli altri soggetti responsabili dell’esecuzione delle opere,
non sia data regolare comunicazione della fine dei lavori, le opere si
considerano comunque in corso e ciascuno dei soggetti interessati
alla loro esecuzione continua a mantenere le responsabilità previste
dalla legge.
Art. 76
Altri adempimenti
76.1
Nel corso dell'intervento edilizio, e comunque prima della presentazione
della richiesta del certificato di abitabilità o agibilità, il
concessionario deve provvedere ai seguenti ulteriori adempimenti :
a)
richiesta del numero civico all'ufficio toponomastica del comune,
ogni qualvolta le opere comportino la realizzazione di nuovi accessi
dalla pubblica via o comunque variazione della numerazione civica
preesistente;
b)
richiesta di allacciamento alla pubblica fognatura (l'allacciamento
é obbligatorio per i nuovi insediamenti in zone servite dalla fognatura
comunale e per i nuovi insediamenti produttivi in qualsiasi zona
ubicati, pena il diniego della certificazione di abitabilità ed
agibilità);
c)
domanda di autorizzazione allo scarico in acque superficiali (solo
per gli insediamenti diversi da quelli di cui alla precedente
lettera “b”)
d)
richiesta all'Ufficio del Genio Civile del certificato di conformità
alla normativa antisismica, quando le opere siano state oggetto di
controllo da parte del Genio Civile stesso.
Capitolo X :
ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
Art. 77
Opere soggette alla prescrizioni in materia di
eliminazione delle barriere
77.1
Tutti gli edifici pubblici o privati in cui ci sia frequenza o
permanenza di persone, qualunque sia la loro destinazione d'uso,
devono essere costruiti o modificati in modo da permettere la loro
utilizzazione anche a persone affette da minorazioni fisiche o psichiche
o sensoriali, anche temporanee.
77.2
Analoga modalità deve essere adottata per gli spazi di pertinenza
degli edifici stessi, i parcheggi, i percorsi di accesso, nonchè per
gli impianti tecnologici sia ad uso collettivo che a servizio di singole
unità immobiliari, con esclusione dei locali tecnici il cui accesso è riservato
ai soli addetti specializzati.
2.2
Tutte le nuove attività, sia pubbliche
che private, aperte al pubblico devono essere svolte in immobili che
permettano la loro fruizione anche a persone affette da minorazioni
fisiche o psichiche o sensoriali, anche temporanee, secondo le
norme e prescrizioni elencate nel successivo art. 83. Detta disposizione
si applica anche in assenza di opere edilizie quando vi sia comunque
mutamento di destinazione d’uso.
Art. 78
Norme di riferimento e
prescrizioni tecniche
78.1
Per le finalità di cui all’articolo precedente, nell'esecuzione
di opere edilizie ed impianti tecnologici devono essere osservate
le prescrizioni delle norme vigenti in materia di superamento
delle barriere architettoniche e più in particolare :
a)
per gli edifici, gli spazi e servizi pubblici : D.P.R. nr. 503 del
24.07.1996.
b)
per gli edifici privati residenziali e non, anche aperti al
pubblico, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica,
sovvenzionata e agevolata, i relativi spazi di pertinenza ed
impianti: Legge 9 gennaio 1989 nr. 13 e successive modificazioni e
Regolamento di attuazione emanato con D.M. 14.06.1989 nr. 236 con gli
eventuali aggiornamenti e modifiche così come previsto dall'art.
12 del decreto stesso.
c)
impianti e attrezzature per l'esercizio di attività
motorio/ricreative:
d)
per tutti gli edifici: le norme tecniche saranno emanate dal
Consiglio Regionale secondo quanto previsto dall'art. 13 della legge.
a)
per
gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico:.
b)
f)
per gli edifici sedi di attività ricettive e di pubblici esercizi
le disposizioni applicative riportate nell’allegato F del presente
Regolamento
78.2
Le norme sopra elencate prevalgono sugli strumenti urbanistici e
sulle prescrizioni del regolamento edilizio che risultassero
incompatibili con le medesime.
78.3
Il presente Regolamento fornisce inoltre ulteriori indicazioni e
prescrizioni, direttamente discendenti da quelle generali
soprarichiamate ed integrative delle medesime, al fine di agevolarne
ed uniformarne l’applicazione
Art. 79
Documentazione
ed elaborati tecnici
79.1
Per dimostrare la conformità dei progetti presentati alla
normativa vigente nn materia di eliminazione e superamento delle
barriere architettoniche, gli elaborati tecnici devono chiaramente
evidenziare le soluzioni progettuali e gli accorgimenti
tecnici adottati per garantire il soddisfacimento delle prescrizioni
in materia di accessibilità, visitabilità ed adattabilità
dei locali.
79.2
In particolare, per quanto concerne l'adattabilità, le soluzioni
progettuali e gli accorgimenti tecnici atti a garantirne il
soddisfacimento, devono essere descritti tramite specifici elaborati
grafici.
79.3
Al fine di consentire una più chiara valutazione di merito, gli
elaborati grafici devono essere accompagnati da una relazione
contenente la descrizione delle soluzioni progettuali e delle opere
previste per la eliminazione delle barriere architettoniche, degli
accorgimenti tecnico-strutturali ed impiantistici nonchè dei materiali
di cui si prevede l’impiego, del grado di accessibilità delle soluzioni
previste per garantire l'adeguamento dell'edificio.
Art. 80
Soluzioni
tecniche alternative
80.1
Ogni qualvolta il progetto preveda il ricorso ad una o più delle
soluzioni tecniche alternative di cui all’art. 7.2 del D.M.
236/89, ciò deve essere chiaramente evidenziato nella relazione.
80.2
Dette soluzioni tecniche alternative sono ammesse quando rispondano
ai criteri di progettazione sottintesi dalla normativa applicabile
al caso specifico e garantiscano esiti equivalenti o migliori rispetto
a quelli conseguibili mediante l’applicazione delle soluzioni tecniche
indicate dalla norma di riferimento.
Art. 81
Dichiarazione
di conformità
81.1
La conformità del progetto alla normativa vigente in materia di
superamento delle barriere architettoniche deve essere
certificata dal progettista, nella sua qualità di professionista
abilitato, mediante la dichiarazione di cui all’art. 1 comma 4 della
L. 13/89.
82.2
Ogni qualvolta siano previste una o più delle soluzioni tecniche
alternative di cui all’art. 86, l’idoneità delle medesime deve
essere esplicitamente certificata dal progettista nella dichiarazione
di cui al comma precedente. Detta dichiarazione deve inoltre essere accompagnata
da una relazione, corredata dagli elaborati grafici necessari, con la
quale viene illustrata l’alternativa proposta e l’equivalente
o migliore qualità degli esiti ottenibili.
Art. 82
Prescrizioni
e deroghe
82.1
Le autorizzazioni e le concessioni edilizie non possono essere rilasciate
in mancanza della prescritta conformità, limitatamente allo specifico
intervento progettato, alla normativa in materia di superamento
delle barriere architettoniche.
82.2
Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti al
vincolo di cui alla L. 1089/39, quando l’adeguamento alle norme in
materia di superamento delle barriere architettoniche non sia possibile
nel rispetto dei valori storico-architettonici tutelati dal vincolo,
la conformità alle norme medesime (per il disposto dell’art. 24
comma 2 della legge 5 febbraio 1992 n. 104) può essere conseguita
mediante opere provvisionali, nei limiti della compatibilità suggerita
dal vincolo ricorrente. Analoga possibilità è ammessa per gli edifici
notificati ai sensi della L. 1497/39 nonchè per gli immobili
sottoposti alle classi di intervento 0, 1 e 2 del P.R.G. vigente.
82.3
Le prescrizioni delle norme di cui all’art. 83 sono derogabili
solo per gli edifici o loro parti che, nel rispetto di normative
specifiche, non sono realizzabili senza barriere architettoniche nonchè
per i locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti
specializzati.
82.4
Per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente diversi dalla
ristrutturazione urbanistica, fermo restando quanto disposto
dall’art. 1 comma 3 della L. 13/89, sono inoltre ammesse deroghe in
caso di dimostrata impossibilità tecnica connessa agli elementi
strutturali ed impiantistici.
82.5
Le deroghe di cui ai commi precedenti sono concesse dal soggetto di
cui al comma 4.2 in sede di rilascio dell’autorizzazione o concessione
edilizia, previo parere favorevole del Responsabile del procedimento.
Capitolo
XI : ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ
DELLE COSTRUZIONI
Art. 83
Certificazione
di abitabilità o agibilità
83.1
Per il combinato disposto degli art. 4, comma 1, del D.P.R. 22
aprile 1994 n.425 e della L.R. 17/94, la certificazione di abitabilità
(per le unità immobiliari ad uso residenziale) o di agibilità
(per le unità immobiliari con altra destinazione) é necessaria per
utilizzare :
a)
gli edifici o parti di essi di nuova costruzione;
b) gli
edifici o parti di essi esistenti che siano stati oggetto di interventi
di ristruttura zione edilizia o di ampliamento e che riguardino
parti strutturali degli edifici stessi;
c) gli
edifici o parti di essi esistenti che siano stati oggetto di interventi
di restauro, di ristrutturazione edilizia o di ampliamento che
abbiano comportato mutamento di destinazione d'uso.
83.2
E’ fatta eccezione per gli edifici realizzati precedentemente
all’anno 1949 e che non siano stati successivamente interessati da
interventi edilizi di trasformazione di cui alle lettere
“b” e “c” del comma precedente. Per detti edifici si applicano
le disposizioni di cui all’art. 97.
83.3
La certificazione di abitabilità o agibilità, ai sensi della
L.R.17/94, è attestata dal Direttore dei Lavori o da un professionista
abilitato, su incarico del proprietario dell'immobile o del titolare
della concessione edilizia (o del diverso titolo abilitativo in forza
del quale sono stati eseguiti i lavori).
83.4
Per le opere soggette alla normativa sulle costruzioni in zone
sismiche in cui sia previsto il collaudo finale dalla normativa vigente,
la certificazione è redatta dal collaudatore. A tal fine egli
acquisisce una dichiarazione resa dal Direttore dei Lavori di conformità
dell’opera eseguita con il progetto approvato e con le norme igienico
sanitarie.
Art. 84
Redazione e
deposito del certificato di abitabilità o agibilità
84.1
Il certificato di abitabilità o agibilità, in carta legale o resa
tale, deve essere redatto dal tecnico abilitato secondo il modello
predisposto dall'ufficio e depositato presso la competente unità
organizzativa del Servizio Edilizia Privata.
84.2
La certificazione deve essere corredata della documentazione obbligatoria
di cui al successivo art. 85 e della attestazione dell’avvenuto
versamento dei diritti dovuti.
84.3
La certificazione ha validità solo se completa della documentazione
obbligatoria e corretta sotto il profilo formale.
84.4
Al momento della presentazione della certificazione, l'ufficio
preposto all'accettazione rilascia una ricevuta che attesta
l’avvenuto deposito della certificazione stessa e la correttezza
della medesima sotto il profilo formale. Dalla data di tale ricevuta
decorrono l’abitabilità o l’agibilità nonché i termini di cui
all’art. 3, della L.R. 17/94.
Art. 85
Documentazione
obbligatoria
85.1
La documentazione da allegare alle certificazioni di abitabilità/agibilità
è costituita da :
a)
dichiarazione del Direttore dei Lavori, nei casi di cui al
precedente art. 83.4, di conformità dell’immobile al progetto
approvato ed alle norme igienico sanitarie (verificata come indicato al
successivo art. 86), come da modello predisposto dall’ufficio.
b)
atto attestante la rispondenza dell’opera alla normativa vigente
in materia di costruzioni in zona sismica in funzione dell’opera eseguita
e più esattamente :
c.1
collaudo statico con dichiarazione di rispondenza alla normativa
antisismica ed attestazione di avvenuto deposito presso l'Ufficio
del Genio Civile;
c.2
relazione finale del Direttore dei lavori con dichiarazione di rispondenza
alla normativa antisismica ed attestazione di avvenuto deposito
presso l'Ufficio del Genio Civile, nei casi in cui non occorra il collaudo
di cui alla precedente lettera “a”;
c.3
copia del certificato di conformità alla normativa antisismica rilasciata
dal Genio Civile, nei soli casi in cui le opere siano state oggetto di controllo
da parte dell'Ufficio del Genio Civile;
c.4
certificato di idoneità statica redatto da un tecnico abilitato secondo
le indicazioni dell'art. 2 del D.M. 15 maggio 1985 nei casi in cui non
sono necessari, per la tipologia dell'intervento, i documenti ed
adempimenti di cui alle precedenti lettere “a”, “b” e “c”.
d)
dichiarazione congiunta (sottoscritta dal progettista, dal
costruttore e dal direttore dei lavori, ciascuno per quanto di sua
competenza) con la quale viene certificata la rispondenza delle
opere eseguite al progetto per il contenimento dei consumi energetici
depositato presso i competenti uffici comunali prima dell'inizio
dei lavori secondo quanto disposto dall’art. 106. Nei casi in cui,
per il tipo di intervento, non sia risultato necessario procedere
a detto deposito, la certificazione di conformità viene sostituita
da una dichiarazione con la quale il direttore dei lavori attesta la
non necessità del progetto per il contenimento dei consumi energetici.
e)
certificato prevenzione incendi o verbale di collaudo rilasciato
dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco (obbligatorio, ai fini della
certificazione di abitabilità, per gli edifici residenziali e per
gli edifici civili con altezza in gronda superiore a ml. 24, per gli
edifici industriali con ascensore o montacarichi con corsa sopra il
piano terra superiore a ml. 20, per tutti gli immobili con impianto
di produzione di calore con potenzialità superiore a 100.000
Kcal/h e per le autorimesse con capacità superiore a nove autoveicoli
quando le stesse costituiscono la dotazione minima di spazi per parcheggi
di cui all’art. 69). Qualora il certificato, seppur richiesto, non
sia stato ancora rilasciato potrà essere sostituito da copia della
richiesta con attestazione di presentazione della medesima presso
il locale Comando dei Vigili del Fuoco.
a)
collaudo impianti tecnologici, nei casi previsti da norme
specifiche e per gli impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore
della L. 46/90 (13 marzo 1990) per i quali non sussistono gli
adempimenti indicati nel punto successivo (in quest'ultimo caso e
solo per gli edifici residenziali é fatta salva la possibilità
di ricorrere all'autocertificazione, come disposto all'art. 6 del
regolamento di cui al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 392).
Art. 86
Salubrità delle costruzioni
86.1
Ai fini della certificazione di abitabilità/agibilità si
considerano salubri gli immobili in possesso dei requisiti
igienico-sanitari e costruttivi previsti dal presente Regolamento.
Art. 87
Procedura per
l’istruttoria dell’attestazione di abitabilità o agibilità
87.1
In conformità a quanto prescritto dall’art. 2 della L.R. 17/94.
Art. 88
Domande per
immobili oggetto di condono edilizio
88.1
In conformità a quanto prescritto dall’art. 4 L.R. 17/94.
CAPITOLO
XII : REQUISITI GENERALI DELLE COSTRUZIONI
Art. 89
Ambito di
applicazione
89.1
Le prescrizioni generali di cui al presente Titolo si applicano a
tutti gli edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi di
ristrutturazione urbanistica, qualsiasi sia la loro ubicazione,
consistenza e destinazione d’uso.
89.2
Le stesse prescrizioni si applicano agli altri interventi sul
patrimonio edilizio esistente solo quando ciò sia espressamente
previsto dal presente Regolamento.
89.3
Sono fatte salve le diverse prescrizioni del presente Regolamento
per destinazioni particolari o discendenti dall’applicazione
di normative specifiche.
Art. 90
Salubrità
del terreno
90.1
E’ vietato realizzare nuovi edifici su terreni già adibiti a
discariche o a sedi di attività che abbiano inquinato il suolo, fino
a quando gli stessi non siano stati sottoposti a bonifica secondo le
norme vigenti in materia.
Art. 91
Materiali da
costruzione
91.1
In tutti gli interventi in qualsiasi misura disciplinati dal
presente Regolamento devono essere impiegati materiali sani e non
suscettibili di indurre effetti dannosi per le persone o per
l’ambiente.
91.2
Per i fini di cui al comma precedente è consigliato l’uso di
materiali sani secondo le norme UNiBioedilizia.
Art. 92
Requisiti
relativi all’impermeabilità e secchezza
92.1
Qualsiasi edificio di nuova costruzione deve essere adeguatamente
isolato dall’umidità del suolo e da quella derivante da agenti
atmosferici ed i muri devono risultare intrinsecamente asciutti.
92.2
Tutti gli elementi costitutivi dell’edificio devono poter cedere
le eventuali acque di condensazione e permanere asciutti.
92.3
Le prescrizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli
interventi sul patrimonio edilizio esistente limitatamente allo
specifico intervento progetto.
Art. 93
Camini e
canne fumarie
93.1
Sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di combustione
93.1.1
In linea generale lo sbocco dei condotti di evacuazione dei
prodotti di combustione deve avvenire al di sopra della copertura
degli edifici, in conformità alle prescrizioni di cui all’art. 5
comma 9 del D.P.R. 412/93.
93.1.2
Dette prescrizioni non si applicano nel caso di :
—
mera sostituzione di generatori di calore individuali;
—
singole ristrutturazioni di impianti termici individuali esistenti,
siti in edifici plurifamiliari che già non dispongano di sistemi di
evacuazione dei prodotti della combustione sopra il tetto dell’edificio.
93.2
Impianti alimentati a combustibile liquido o solido
93.2.1
Le canne fumarie ed i camini di impianti termici alimentati a combustibile
liquido o solido devono essere realizzate (per quanto attiene sezioni,
altezze, distanze da edifici vicini ed ogni altro aspetto costruttivo)
in conformità alle prescrizioni di cui alla Legge 615/66 nonchè
delle Norme UNI-CIG 7129/92.
93.3
Impianti alimentati a combustibile gassoso
93.3.1
Le canne fumarie ed i camini di impianti termici alimentati a combustibile
gassoso devono essere realizzate in conformità alle Norme UNI-CIG
7129/92. In particolare per quanto attiene l’altezza del camino/canna
fumaria rispetto alla quota di sbocco sulla copertura, si applicano le
disposizioni di cui al punto 4.3.3 delle citate Norme UNI-CIG 7129/92.
93.3.2
La distanza del camino dagli edifici contermini deve inoltre
essere tale che il cono di deflusso dei gas di combustione non interessi
mai le pareti degli edifici vicini. A tal fine il cono di deflusso si
determina come segue :
—
il vertice è ubicato al centro della bocca superiore del condotto
di evacuazione dei fumi;
—
in corrispondenza di pareti prive di aperture il segmento generatore
del cono si assume inclinato di 15° rispetto all’asse;
—
in corrispondenza di pareti finestrate o comunque dotate di
aperture il segmento generatore del cono si assume inclinato di 45°
rispetto all’asse.
93.3.3
Nei casi in cui la legislazione vigente in materia consenta lo
scarico dei fumi orizzontale a parete, questo deve essere conforme
alle prescrizioni di cui al punto 4.3.4 delle Norme UNI-CIG 7129/92.
93.4
Altri condotti di evacuazione
93.4.1
I condotti di evacuazione diversi da quelli dei prodotti di
combustione di cui ai commi precedenti, quando siano suscettibili di
produrre esalazioni nocive o moleste (condotti per la ventilazione
forzata di servizi igienici, condotti per l’evacuazione dei fumi
di cucina o di caminetti, ecc.), dovranno anch’essi avere sbocco
al di sopra della copertura dell’edificio.
93.4.2
Sarà ammesso che detti condotti sbocchino in diversa posizione
solo a condizione che siano mantenuti ad una distanza da finestre o
prese d’aria di locali abitabili non inferiore a quella
prescritta per i condotti di evacuazione dei prodotti della combustione
con scarico orizzontale a parete.
93.5
Applicabilità agli interventi sul patrimonio edilizio esistente
93.5.1
Le prescrizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli
interventi sul patrimonio edilizio esistente limitatamente allo
specifico intervento progetto.
Art. 94
Apparecchi a
fiamma libera
94.1
In tutti gli edifici, siano essi esistenti che di nuova
costruzione, i locali dove vengano installate apparecchiature a
fiamma libera (generatori di calore, boiler, piani di cottura e simili)
devono essere dotati, oltre che delle aperture di ventilazione
naturale prescritte dal presente Regolamento, di ulteriori aperture
prospettanti direttamente all’esterno in conformità al punto
3 e seguenti delle Norme UNI-CIG 7129/92.
Art. 95
Isolamento
termico degli edifici
95.1
Tutti gli edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi
di ristrutturazione urbanistica devono essere realizzati nel
rispetto delle norme vigenti in materia di contenimento dei consumi
energetici, con particolare riferimento alla L. 10/91 ed al D.P.R.
412/93. Il Progetto Energetico delle Strutture deve essere depositato
presso i competenti Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori ai
sensi dell’art. 28 della L. 10/91.
95.2
Gli interventi sugli edifici esistenti che interessino strutture a
contatto diretto con l’esterno sono sottoposti all’obbligo, ai
sensi degli artt. 1 e 2 del D.P.R. 1052/77, di procedere all’isolamento
termico delle medesime secondo i parametri tecnici di cui alla
Tabella A della L. 10/91. La relativa relazione tecnica deve essere depositata
presso i competenti Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori.
Art. 96
Isolamento
acustico degli edifici
96.1
Gli edifici di nuova costruzione devono rispettare le prescrizioni
della Legge 26 ottobre 1995 nr. 447 e dei relativi Regolamenti di
attuazione (con particolare riferimento al D.P.C.M. 5 dicembre 1997)
nonchè le altre norme eventualmente vigenti in materia di isolamento
acustico per specifiche attività.
96.2
Anche in assenza di specifica normativa di riferimento, gli edifici
di nuova costruzione devono essere progettati e costruiti
adottando tecniche e materiali atti a garantire sufficienti livelli
di isolamento acustico. La stessa prescrizione si applica agli interventi
di ristrutturazione di edifici esistenti, limitatamente all’intervento
progettato.
96.3
Nei casi di cui al comma precedente i materiali e le tecniche da impiegare
devono garantire un'adeguata protezione acustica degIi ambienti
per quanto concerne :
—
i rumori di calpestio, di traffico, di gestione e di uso di
impianti comunque installati nel fabbricato;
—
i rumori e suoni aerei provenienti da alloggi contigui e locali e
spazi destinati a servizi comuni;
—
i rumori provenienti dalle coperture, anche nel caso di pioggia o
grandine;
—
i rumori provenienti da attività lavorative.
Art. 97
Energia
elettrica
97.1
Ogni edificio deve essere allacciato alla rete pubblica di
distribuzione dell’energia elettrica, fatti salvi i casi in cui il
fabbisogno elettrico sia integralmente soddisfatto mediante l’uso di
fonti energetiche rinnovabili o assimilate.
97.2
Solo in casi del tutto eccezionali e di comprovata impossibilità
potrà essere autorizzata l’utilizzazione di fonti di
energia elettrica diverse da quelle di cui al comma precedente.
L'autorizzazione decade con il cessare della condizione che aveva
determinato l’impossibilità della fornitura.
Art. 98
Impianti
elettrici
98.1
In tutti i casi in cui un impianto elettrico, per potenzialità,
tipologia o dimensione degli ambienti, sia soggetto all’obbligo
della progettazione ai sensi della legge 46/90 e del relativo
regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 447/93, la documentazione
tecnica prevista dalla legge deve essere depositata presso i competenti
Uffici Comunali prima dell’inizio dei lavori relativi agli impianti
interessati.
98.2
Sia nei casi di cui al comma precedente che nei casi di impianti
non soggetti all’obbligo della progettazione, entro 30 giorni
dalla ultimazione dei lavori deve essere depositata presso i competenti
Uffici Comunali la relativa dichiarazione di conformità, corredata
degli elaborati e documenti di cui all’art. 9 comma 5 della L.
46/90.
Art. 99
Prevenzione
incendi
99.1
Ai fini della prevenzione degli incendi, tutti gli interventi
(siano essi di nuova costruzione che sul patrimonio edilizio esistente)
devono essere progettati e realizzati in conformità alle
specifiche disposizioni vigenti in materia, a seconda delle caratteristiche
dell'edificio e dell’uso cui il medesimo deve essere adibito.
99.2
Ogni qualvolta un progetto, per la specifica attività o destinazione
d’uso prevista, sia soggetto al parere preventivo del Comando
Provinciale Vigili del Fuoco, il relativo nulla osta deve essere acquisito
prima dell’inizio dei lavori e trasmesso ai competenti uffici comunali.
99.3
La conformità alle norme vigenti in materia di prevenzione incendi
è richiesta per tutti i progetti che risultino in qualsiasi misura
soggetti alle medesime, anche quando per la natura o dimensione dell’attività
non sia richiesto il parere preventivo del Comando Provinciale Vigili
del Fuoco.
Art. 100
Centrali
termiche
100.1
Le centrali termiche devono essere progettate e costruite nel
rispetto delle norme specifiche che regolano la materia, con
riferimento alle potenzialità delle centrali stesse ed al tipo di combustibile
da impiegare.
Art. 101
Rifornimento
idrico
101.1
Ogni fabbricato, di nuova costruzione o esistente, deve essere
provvisto di acqua potabile distribuita in modo proporzionale al
numero dei locali abitabili, così da garantire un regolare rifornimento
per ogni unità immobiliare.
101.2
Gli impianti per la distribuzione dell'acqua potabile all'interno
degli edifici devono essere costruiti a regola d'arte.
101.3
Qualora gli edifici abbiano locali abitabili con il pavimento a
quota tale che non possa essere garantita una regolare erogazione,
devono essere dotati di apparecchiature per il sollevamento dell'acqua.
101.4
Il locale destinato ad accogliere l’impianto di sollevamento
dell’acqua deve avere altezza non inferiore a ml. 2,00, pavimento
e pareti facilmente lavabili, caditoia di raccolta delle acque di lavaggio,
reticella antinsetti alle aperture ed al tubo di troppo pieno, serbatoio
di materiale idoneo a venire in contatto con alimenti e con
copertura sigillata.
Art. 102
Requisiti
relativi alla sicurezza e protezione dell’utenza.
102.1
Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di prevenzione
degli infortuni e di igiene del lavoro, di sicurezza antincendio, di
superamento delle barriere architettoniche ed in genere ogni altra
normativa diretta a tutelare specifici aspetti delle costruzioni, ai
fini della sicurezza e protezione della normale utenza, si applicano
le ulteriori prescrizioni di cui al presente articolo.
102.2
Requisiti dei parapetti e delle finestre
102.2.1
Le finestre con parapetto pieno dovranno presentare il davanzale
ad un'altezza di almeno ml. 0,90 dalla quota del pavimento interno e
comunque la somma tra l'altezza e la profondità dei davanzali non
dovrà mai risultare inferiore a ml. 1,10.
102.2.2
Le finestre a tutt'altezza e quelle con parapetto pieno di altezza
inferiore a quella prescritta al comma precedente dovranno essere dotate
di parapetti, in metallo od altro idoneo materiale, di un'altezza non
inferiore a ml. 1,00.
102.2.3
I parapetti dei balconi e delle finestre, di qualsiasi tipo e
materiale, devono essere dimensionati in maniera tale da resistere
agli urti accidentali.
102.2.4
Le finestre, ad eccezione di quelle poste ad altezze inferiori a
ml. 1,50 dal calpestio esterno, dovranno presentare vetri
agevolmente sostituibili e lavabili dall'interno del locale.
102.3
Altri requisiti
102.3.1
Ogni edificio deve essere munito di almeno un agevole e sicuro accesso
alla copertura. Quando la conformazione di quest’ultima sia tale da
non consentirne la completa ispezione da un unico punto, dovrà
essere previsto un numero di accessi sufficiente a garantire
un’agevole ispezione di tutta la copertura.
102.3.2
La manutenzione dei vari elementi costitutivi degli edifici, ivi
comprese le coperture, deve poter essere effettuata agevolmente
ed in condizioni di sicurezza. Tutti gli edifici di nuova
costruzione devono essere dotati degli accorgimenti tecnici necessari
a garantire tali condizioni.
102.3.3
Gli arredi devono, di norma, poter essere portati negli edifici e
collocati nei locali attraverso le normali vie d’accesso.
102.3.4
Gli impianti, i sistemi e le apparecchiature permanenti non devono
poter immettere negli edifici serviti o nelle loro parti, in
condizioni di normale funzionamento, esalazioni, fumi o
vibrazioni.
102.3.5
Gli impianti installati negli edifici ed i depositi di combustibile
devono rispondere alle loro funzioni secondo le norme di legge senza
costituire pericolo per le persone e per le cose.
102.4
Applicabilità agli interventi sul patrimonio edilizio esistente
102.5.1
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli
interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, limitatamente
allo specifico intervento progettato.
Art. 103
Impianti
igienici
103.1
I locali destinati a servizi igienici debbono avere le dimensioni
minime prescritte dal presente Regolamento a seconda del tipo di
attività cui è destinata l’unità immobiliare.
103.2
Non è consentito accedere direttamente ai servizi igienici dai
locali adibiti all’uso di cucina o dagli spazi di cottura nonchè
dai locali destinati alla produzione, deposito e vendita di sostanze
alimentari o bevande. In tali casi l’accesso deve avvenire attraverso
un apposito spazio di disimpegno (antibagno) in cui possono essere
collocati apparecchi sanitari diversi dal vaso wc e dal bidet.
103.3
Il pavimento dei servizi igienici deve essere di materiale
facilmente lavabile e disinfettabile. Le pareti devono essere
rivestite con analogo materiale fino all'altezza di almeno ml. 2,00.
103.4
Ogni apparecchio sanitario deve essere di materiale resistente, impermeabile
e facilmente lavabile.
103.5
I vasi wc devono essere forniti di apparecchi per cacciata d'acqua
di portata non inferiore a litri sei. E’ ammessa l'adozione del
lavaggio su velo d'acqua continuo per gli orinatoi.
103.6
Tutti gli apparecchi sanitari devono essere forniti di sifone
idraulico atto ad evitare esalazioni moleste.
103.7
La camera del sifone di ciascun apparecchio deve essere ventilata
mediante una conduttura di aerazione diversa da quella di scarico e
comunicante con una conduttura verticale di aerazione sfociante
in alto sul tetto.
103.8
Le disposizioni del presente articolo, salvo quella di cui al comma
precedente, si applicano anche agli interventi di recupero del
patrimonio edilizio esistente, limitatamente allo specifico intervento
progettato.
Art. 104
Scale
104.1
Tutti gli edifici multipiano di nuova costruzione, o risultanti da
interventi di ristrutturazione urbanistica, debbono essere
dotati di almeno una scala di dimensioni e caratteristiche regolamentari.
104.2
Quando la superficie coperta di un piano sia superiore a mq. 400,
le scale devono essere in numero tale che ciascuna di esse non serva
superfici superiori a mq. 400.
104.3
Nel caso di edifici per abitazione il limite di cui al comma
precedente può essere elevato a mq. 600 limitatamente ai primi due
piani fuori terra (piani terreno e primo).
104.4
Le unità immobiliari di edifici per abitazione con più di due
piani fuori terra, fatta eccezione per gli alloggi duplex, devono
avere almeno un accesso da una scala del tipo chiuso.
104.5
In tutti i tipi di intervento, compresi quelli sul patrimonio
edilizio esistente, si applicano inoltre le ulteriori norme di
cui ai commi seguenti.
104.6
Le scale che costituiscono parte comune o che siano di uso pubblico
devono presentare le seguenti caratteristiche :
—
larghezza non inferiore a ml. 1,20;
—
andamento regolare, con rampe rettilinee, prive di ventagli o
altri artifizi suscettibili di renderne disagevole l’uso;
—
gradini regolari, di norma di forma rettangolare, con pedata ed alzata
costanti per l’intero sviluppo della scala;
—
pedata non inferiore a cm. 30 ed alzata tale che la somma tra la
pedata ed il doppio dell’alzata sia essere compresa tra cm. 62 e
cm. 64;
—
pianerottoli intermedi di profondità non inferiore alla larghezza
della rampa e pianerottoli di arrivo mai inferiori a ml. 1,30;
—
parapetti di altezza non inferiore a ml. 1,00 (misurata al centro
della pedata) e di conformazione tale da risultare
inattraversabili da una sfera del diametro di cm. 10;
—
corrimano su almeno un lato della scala, nel caso di rampe di larghezza
fino a ml. 1,80, e su ambedue i lati per rampe di larghezza superiore.
Può essere fatta eccezioni alle prescrizioni di cui sopra solo nel
caso di scale in esubero rispetto alla dotazione minima comunque
prescritta. In tutti i casi in cui l’intervento sia soggetto alla
normativa vigente in materia di superamento delle barriere
architettoniche, le scale dovranno inoltre rispettare le ulteriori prescrizioni
impartite dalle relative norme tecniche.
104.7
Le scale comuni di tipo chiuso devono, in genere, essere dotate di
aereazione naturale diretta. Esse possono esserne prive solo nei casi
in cui ciò sia ammesso dalla normativa vigente in funzione del
tipo o della dimensione dell’edificio, nonchè della sua destinazione.
104.8
Non è mai ammesso conseguire i livelli di aereazione ed illuminazione
prescritti dal presente Regolamento per i vari tipi di locali mediante
aperture realizzate su pozzi scale comuni di tipo chiuso, anche quando
questo risultino aereati ed illuminati direttamente.
104.9
Le scale interne a singole unità immobiliari devono presentare
le seguenti caratteristiche :
—
larghezza non inferiore a ml. 0,80;
—
gradini regolari, con pedata ed alzata costanti per l’intero
sviluppo della scala;
—
pedata non inferiore a cm. 25 ed alzata tale che la somma tra la
pedata ed il doppio dell’alzata sia essere compresa tra cm. 62 e
cm. 64;
—
pianerottoli intermedi e di arrivo di profondità non inferiore
alla larghezza della rampa;
—
parapetti di altezza non inferiore a ml. 0,90 (misurata al centro
della pedata).
Art. 105
Cortili
105.1
Definizione
105.1.1
Ai fini del presente Regolamento si definisce come cortile lo
spazio scoperto delimitato dalle pareti di uno o più edifici e sul
quale possono essere aperte finestre di ogni tipo di locale, ivi
compresi quelli destinati alla presenza continuativa di persone.
Qualsiasi spazio scoperto diverso dalle chiostrine e dai cavedi è
assimilato, ai fini del suo dimensionamento e delle caratteristiche
igieniche dei locali che vi prospettano, ad un cortile.
105.2
Tipi di cortile
105.2.1
In funzione della loro conformazione, i cortili si distinguono in
cortili aperti e cortili chiusi. Sono cortili aperti quelli il cui perimetro
presenta uno o più tratti liberi per uno sviluppo complessivo pari ad
almeno 1/6 del perimetro medesimo. Sono cortili chiusi quelli interamente
delimitati da pareti o che comunque non presentano tratti liberi
di sviluppo sufficiente a qualificarli come cortili aperti.
105.2.2
In funzione della loro ubicazione rispetto all’edificio, i cortili
si distinguono in cortili interni ed esterni al fabbricato. Sono
cortili interni al fabbricato quelli delimitati dalle pareti di un
unico edificio. Sono cortili esterni al fabbricato quelli delimitati
dalle pareti di due o più edifici.
105.3
Criteri di misura dell’area dei cortili
105.3.1
Per area del cortile s'intende la superficie del medesimo al netto
delle proiezioni orizzontali di ballatoi, balconi e di qualsiasi
altra sporgenza sottogronda.
105.3.2
La proiezione orizzontale dell’aggetto di gronda deve essere
contenuta nei limiti di 1/5 dell’area del cortile. Nel caso in cui
l’aggetto di gronda ecceda tale valore, l’area del cortile deve
essere computata al netto di detta eccedenza.
2.2.1
I cortili interni non dovranno essere
frazionati in più porzioni con murature od altre strutture fisse
di altezza superiore a ml. 3,00.
Quando ciò avvenisse ciascuna porzione di cortile sarà
considerata essa stessa cortile e dovrà pertanto essere dimensionata
in modo tale da garantire la totale rispondenza alle prescrizioni
del presente Regolamento.
105.4
Dimensionamento dei cortili
105.4.1
Negli edifici di nuova costruzione, i cortili esterni al fabbricato,
sia di tipo chiuso che aperto, dovranno rispettare le distanze minime
tra edifici di cui all’art. 54. Gli eventuali cortili esterni cui
non risultassero applicabili dette distanze minime dovranno comunque
presentare dimensioni non inferiori a quelle prescritte per i
cortili interni dal comma successivo.
105.4.2
Negli stessi edifici, i cortili interni al fabbricato dovranno rispettare
le seguenti prescrizioni :
a)
l’area del cortile non dovrà essere inferiore ad 1/4 della superficie
complessiva delle pareti che lo delimitano, nel caso di cortili di
tipo chiuso, o ad 1/3 della stessa superficie, nel caso di cortili
di tipo aperto;
b)
in nessun punto del cortile la distanza tra una parete finestrata
e quella opposta dovrà essere inferiore a ml. 10,00;
c)
la distanza minima di cui alla precedente lettera "b"
potrà essere ridotta a ml. 8,00 quando la più alta delle pareti che
delimitano il cortile presenti altezza non superiore a ml.
10,00 ed il cortile medesimo sia previsto da un progetto unitario che
riguardi l'edificio nella sua interezza (è pertanto vietato avvalersi
di detta distanza ridotta nel caso di cortili interni che vengano a formarsi
nel tempo per successive edificazioni contigue o contrapposte).
105.4.3
Le norme di cui ai commi precedenti si applicano anche nel caso di
interventi di ristrutturazione urbanistica.
105.4.4
Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente, diversi
da quelli di ristrutturazione urbanistica, la realizzazione o la
modifica di cortili è soggetta alle seguenti prescrizioni :
a)
l’area del cortile non dovrà essere inferiore ad 1/5 della superficie
complessiva delle pareti che lo delimitano, nel caso di cortili di
tipo chiuso, o ad 1/4 della stessa superficie, nel caso di cortili di
tipo aperto.
b)
in nessun punto del cortile la distanza tra un parete e quella opposta
dovrà essere inferiore all’altezza della più alta tra le due
pareti, con un minimo assoluto di ml. 6,00;
c)
le norme di cui alle precedenti lettere “a” e “b” non si
applicano ai cortili di edifici esistenti che, nel loro stato attuale,
soddisfino i requisiti previsti per i cortili degli edifici di nuova
costruzione, per i quali si applicano le norme di cui ai precedenti
commi 105.4.1 e 105.4.2.
105.4.5
Gli interventi su cortili esistenti che già presentino condizioni
di contrasto con il presente Regolamento, non potranno in ogni caso
comportare peggioramento della situazione igienico
sanitaria in atto.
105.5
Spazi scoperti classificabili solo in parte come cortili.
105.5.1
Quando il cortile abbia andamento verticale irregolare con incremento
dell’area progredendo dal basso verso l’alto, le prescrizioni di
cui al presente articolo vanno verificate in corrispondenza di
ogni variazione di sezione. In tal caso sono considerate cortile - e
pertanto suscettibili di consentire l’apertura di finestre di
vani abitabili - le sole porzioni sovrastanti la quota dalla quale
risultino integralmente rispettate le prescrizioni del
presente articolo.
105.5.2
Analogo procedimento di verifica è ammesso nel caso di cortili
che soddisfino i requisiti richiesti solo per la porzione superiore
anzichè per l’intero loro sviluppo in altezza. In tali casi è
ammesso considerare tali spazi scoperti come cortili limitatamente
al tratto sovrastante la quota dalla quale risultino integralmente
rispettate le prescrizioni del presente articolo.
105.6
Caratteri costruttivi dei cortili.
105.6.1
Il piano di calpestio dei cortili, a qualsiasi quota posizionato,
dovrà essere convenientemente impermeabilizzato, pavimentato
e provvisto di apposito sistema di raccolta ed allontanamento
delle acque piovane. E’ fatta eccezione per le pavimentazioni
dei cortili con piano di calpestio a contatto con il terreno, i quali
potranno essere lasciati sterrati o dotati di pavimentazioni permeabili.
105.6.2
Per consentire le necessarie operazioni di pulizia e manutenzione,
ogni cortile deve essere facilmente accessibile nella sua parte inferiore
e, nel caso di cortili a sezione variabile, in corrispondenza di
ogni piano calpestabile.
105.7
Apertura di finestre ed immissioni di aria nei dei cortili.
105.7.1
Nei cortili su cui si aprono finestre di locali abitabili è vietato
aprite finestre o bocche d’aria di locali in cui vengono esercitare
attività che possono essere causa di insalubrità.
105.7.2
L’espulsione nei cortili di aria calda o viziata, proveniente da
impianti di condizionamento o trattamento aria, è ammissibile
solo quando siano rispettate tutte le seguenti condizioni :
a)
vi sia una distanza, misurata in orizzontale, non inferiore a ml. 4
tra la bocca di espulsione e la parete direttamente antistante;
b)
vi sia una distanza, misurata in orizzontale, non inferiore a ml. 6
tra la bocca di espulsione ed il centro della più vicina finestra della
parete direttamente antistante;
c)
vi sia una distanza, misurata in verticale, non inferiore a ml. 2
tra la sommità dalla bocca di espulsione ed il davanzale delle finestra
direttamente soprastante.
d)
la velocità dell’aria espulsa, ad una distanza di ml. 2,00 dalla
bocca di espulsione, non sia superiore a ml./sec. 0,20.
Art. 106
Chiostrine
106.1
Definizione
106.1.1
Ai fini del presente Regolamento si definisce come chiostrina lo
spazio scoperto delimitato su almeno tre lati dalle pareti di uno
o più edifici e le cui caratteristiche dimensionali rispondano
alle prescrizioni del presente articolo ma siano insufficienti a
qualificarlo come cortile.
106.2
Criteri di misura dell’area delle chiostrine
106.2.1
Per area della chiostrina s'intende la superficie della medesima
al netto di qualsiasi sporgenza, ivi compresa quella dell’aggetto di
gronda per la parte eccedente ml. 0,20 d'aggetto.
106.3
Dimensionamento delle chiostrine
106.3.1
Negli edifici di nuova costruzione le chiostrine dovranno essere
dimensionate come segue :
a)
l’area della chiostrina non dovrà essere inferiore al valore
ottenuto moltiplicando l’altezza media della pareti che la
delimitano (ciascuna valutata dal piano di calpestio della chiostrina
sino alla sommità della parete) per il coefficiente 1,30, con un minimo
assoluto di mq. 12,00.
b)
il lato minore della chiostrina non dovrà mai essere inferiore a
ml. 3,00
106.3.2
Detto dimensionamento si applica anche nel caso di interventi
di ristrutturazione urbanistica.
106.3.3
Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente, diversi
da quelli di ristrutturazione urbanistica, la realizzazione o la
modifica di chiostrine è soggetta alle seguenti prescrizioni :
a)
l’area della chiostrina non dovrà essere inferiore al valore
ottenuto moltiplicando l’altezza media della pareti che la
delimitano (ciascuna valutata dal piano di calpestio della chiostrina
sino alla sommità della parete) per il coefficiente 1,10, con un minimo
assoluto di mq. 10,50.
b)
il lato minore della chiostrina non dovrà mai essere inferiore a
ml. 3,00
c)
le norme di cui alle precedenti lettere “a” e “b” non si
applicano alle chiostrine di edifici esistenti che, nel loro stato
attuale, soddisfino i requisiti previsti per le chiostrine degli
edifici di nuova costruzione, per le quali si applicano le norme di cui
al precedente comma 106.3.1.
106.3.4
Gli interventi su chiostrine esistenti che già presentino condizioni
di contrasto con il presente Regolamento, non potranno in ogni caso
comportare peggioramento della situazione igienico sanitaria in
atto.
106.4
Spazi scoperti classificabili solo in parte come chiostrine.
106.4.1
Quando la chiostrina abbia andamento verticale irregolare con incremento
dell’area progredendo dal basso verso l’alto, le prescrizioni di
cui al presente articolo vanno verificate in corrispondenza di
ogni variazione di sezione. In tal caso sono considerate chiostrina
- e pertanto suscettibili di consentire l’apertura di finestre
di vani di abitazione non permanente - le sole porzioni sovrastanti
la quota dalla quale risultino integralmente rispettate le prescrizioni
del presente articolo.
106.4.2
Analogo procedimento di verifica è ammesso nel caso di chiostrine
che soddisfino i requisiti richiesti solo per la porzione
superiore anzichè per l’intero loro sviluppo in altezza. In tali
casi è ammesso considerare tali spazi scoperti come chiostrine limitatamente
al tratto sovrastante la quota dalla quale risultino integralmente
rispettate le prescrizioni del presente articolo.
106.5
Caratteri costruttivi delle chiostrine
106.5.1
Il piano di calpestio delle chiostrine, a qualsiasi quota posizionato,
dovrà essere convenientemente impermeabilizzato, pavimentato e
provvisto di apposito sistema di raccolta ed allontanamento delle acque
piovane. E’ fatta eccezione per le pavimentazioni delle chiostrine
con piano di calpestio a contatto con il terreno, le quali potranno
essere lasciate sterrate o dotate di pavimentazioni permeabili.
106.5.2
Per consentire le necessarie operazioni di pulizia e manutenzione,
ogni chiostrina deve essere facilmente accessibile nella sua parte inferiore
e, nel caso di chiostrine a sezione variabile, in corrispondenza di
ogni piano calpestabile.
106.5.3
Le pareti delle chiostrine dovranno essere intonacate e tinteggiate
o comunque rifinite con tecniche e materiali tali da garantire il
decoro delle medesime.
106.6
Apertura di finestre ed immissioni di aria nelle chiostrine.
106.6.1
Sulle chiostrine possono essere aperte finestre di locali di
abitazione non permanente o di locali inabitabili. Non è mai ammesso
aprirvi finestre di locali di abitazione permanente, salvo che
il locale sia dotato di altra finestratura (prospettante su spazio
aperto o su cortile regolamentare) di dimensioni tali da
assicurare il rispetto della superficie finestrata minima prescritta
dal presente Regolamento.
106.6.2
Per quanto finestre o bocche d’aria di locali che ospitano attività
che possono essere causa di insalubrità nonchè per l’espulsione
di aria calda o viziata, si applicano le stesse norme già dettate per
i cortili al comma 105.7.
Art. 107
Cavedi
107.1
Ai fini del presente Regolamento si definisce come cavedio lo
spazio scoperto delimitato su almeno tre lati dalle pareti di uno
o più edifici e le cui caratteristiche dimensionali siano insufficienti
a qualificarlo come chiostrina.
107.2
I cavedi sono di regola riservati al passaggio ed alla manutenzione
degli impianti tecnologici o alla formazione di prese d’aria per
locali tecnici o comunque per vani inabitabili. Non è mai ammesso
aprirvi finestre di locali abitabili.
107.3
Qualora su cavedi esistenti già si aprano finestre di locali che
comportino la presenza, anche non continuativa, di persone,
l’utilizzo del cavedio per i fini di cui al comma precedente è ammesso
nei limiti in cui non comporti pregiudizio per i locali che vi si affacciano.
107.4
Il piano di fondo dei cavedi, a qualsiasi quota posizionato,
dovrà essere facilmente accessibile per consentire le necessarie
operazioni di pulizia e manutenzione. Esso dovrà inoltre essere
convenientemente impermeabilizzato, pavimentato e provvisto di
apposito sistema di raccolta ed allontanamento delle acque piovane.
CAPITOLO
XIII : REQUISITI SPECIFICI DEGLI EDIFICI PER ABITAZIONE
Art. 108
Alloggi
inabitabili.
108.1
Un alloggio è da ritenersi inabitabile :
—
quando è in condizioni di degrado tali da pregiudicare l'incolumità
degli occupanti;
—
quando è alloggio improprio (ovvero ricavato da locali aventi
caratteristiche tipologiche di assoluta e totale
incompatibilità con la destinazione ad abitazione quali, ad esempio,
garage, stalle, cantine e simili);
—
quando manca di aeroilluminazione;
—
quando manca la disponibilità di servizi igienici e/o di acqua
potabile.
108.2
Un alloggio dichiarato inabitabile deve essere sgomberato con ordinanza
del Sindaco e non potrà essere nuovamente occupato se non previa
esecuzione dei necessari interventi di adeguamento.
Art. 109
Classificazione
dei locali di abitazione
109.1
In funzione delle loro caratteristiche dimensionali e costruttive,
nonchè della loro rispondenza alle prescrizioni del presente
Regolamento, i locali ad uso abitativo si distinguono come indicato
nel presente articolo.
109.2
Locali abitabili
109.2.1
Sono locali abitabili quelli che soddisfano le caratteristiche
minime stabilite dal presente Regolamento perchè un vano possa essere
adibito ad uno specifico uso abitativo.
109.2.2
I locali abitabili si distinguono in locali di abitazione permanente
e locali di abitazione non permanente.
109.2.3
Locali di abitazione permanente.
Sono locali di abitazione permanente quelli adibiti a funzioni
abitative che comportino la permanenza continuativa di persone,
quali :
a)
camere da letto;
b)
soggiorni e sale da pranzo;
c)
cucine abitabili;
d)
studi privati, salotti ed altri usi assimilabili a quelli sopra
elencati
109.2.4
Locali di abitazione non permanente.
Sono locali di abitazione non permanente quelli adibiti a funzioni
abitative che non comportino la permanenza continuativa di persone,
quali :
a)
spazi di cottura;
b)
servizi igienici;
c)
spazi di disimpegno e collegamenti verticali ed orizzontali interni
alla singola unità immobiliare;
d)
dispense, guardaroba, lavanderie e simili.
109.3
Locali non abitabili
109.3.1
Sono locali non abitabili quelli che non rispondono alle prescrizioni
del presente Regolamento per i locali abitabili e che possono essere
adibiti esclusivamente a funzioni accessorie che comportino presenza
solo saltuaria di persone, quali:
a)
soffitte e spazi sottotetto ad esse assimilabili;
b)
cantine, ripostigli e simili.
109.4
Non costituiscono locale, ai sensi del presente regolamento, i
volumi tecnici nonchè gli spazi, ancorchè accessibili, adibiti a
funzioni di protezione dell’edificio (quali scannafossi e
simili) o al passaggio ed alla manutenzione degli impianti (quali
cavedi e simili).
Art. 110
Locali fuori
terra, interrati e seminterrati
110.1
In funzione della loro posizione rispetto al terreno circostante, i
locali di abitazione si distinguono in locali fuori terra, locali
interrati e locali seminterrati.
110.2
Sono locali fuori terra quelli il cui piano di calpestio risulti in
ogni sua parte superiore alla quota del terreno circostante a
sistemazione avvenuta.
110.3
Sono locali interrati quelli che presentano l’intradosso del
solaio di copertura a quota inferiore, in ogni sua parte, alla quota
del terreno circostante a sistemazione avvenuta.
110.4
Sono locali seminterrati tutti quelli che non rientrano nelle due
categorie precedenti.
Art.
111
Posizione dei locali di abitazione rispetto al
terreno
111.1
I locali di abitazione permanente o temporanea devono, di norma, essere
del tipo fuori terra.
111.2
Possono essere adibiti ad abitazione permanente o temporanea i locali
seminterrati che soddisfino a tutte le seguenti condizioni :
a)
abbiano le parti contro terra protette da scannafosso areato ed
ispezionabile;
b)
abbiano il piano di calpestio isolato dal terreno mediante solaio o
vespaio adeguatamente areati;
c)
abbiano il soffitto, in ogni sua parte, rialzato di almeno ml. 1,50
rispetto alla quota media del terreno circostante a sistemazione
avvenuta;
d)
rispondano alle altre prescrizioni del presente Regolamento in relazione
allo specifico uso cui sono adibiti.
In difetto del requisito di cui alla precedente lettera “c”, i
locali seminterrati possono essere adibiti a funzioni di abitazione
temporanea ma non di abitazione permanente.
111.3
I locali interrati possono essere adibiti ad abitazione temporanea
quando rispettino le prescrizioni di cui alle lettere “a”,
“b” e “d” del comma precedente. E’ sempre vietato adibire i
locali interrati ad abitazione permanente.
111.4
Nel caso di interventi su edifici esistenti le disposizioni del
presente articolo non trovano applicazione qualora sia dimostrata
l’impossibilità di adottare le soluzioni tecniche prescritte ai
commi precedenti in rapporto alla conservazione ed alla valorizzazione
delle caratteristiche ambientali, architettoniche, strutturali,
funzionali e tecnologiche preesistenti. In tal caso il progetto
dovrà prevedere idonee soluzioni alternative che consentano di conseguire
comunque un analogo grado di impermeabilità e secchezza degli
ambienti, fermo restando che non possono comunque essere adibiti ad
abitazione permanente locali interrati e che gli interventi non debbono
in ogni caso comportare peggioramento igienico rispetto alla situazione
in atto.
Art.
112
Illuminazione
dei locali di abitazione
112.1
Requisiti illuminotecnici generali
112.1.1
Gli edifici, qualsiasi sia l’uso cui debbono essere adibiti, devono
essere progettati nel rispetto delle specifiche normative vigenti
in materia di illuminazione.
112.1.2
Anche in assenza di specifica normativa di riferimento, l’illuminazione
dei singoli locali deve essere adeguata agli impegni visivi
richiesti per l’uso previsto.
112.2
Illuminazione dei locali di abitazione permanente
112.2.1
Negli edifici di nuova costruzione tutti i locali di abitazione
permanente devono usufruire di illuminazione naturale diretta.
112.2.2
Ciascun vano di abitazione permanente deve avere superfici finestrate,
misurate convenzionalmente al lordo dei telai delle finestre o porte finestre, con esclusione delle
sole parti non vetrate, in misura non inferiore a 1/8 della superficie
del pavimento. Detto rapporto potrà essere ridotto ad 1/12 per i locali
sottotetto la cui illuminazione sia conseguita tramite finestrature
piane o semipiane (lucernari o finestre in falda).
112.2.3
Nel caso in cui la profondità del locale superi 2,5 volte l’altezza
dell’architrave della finestra (o la maggiore di esse nel caso di
più finestre), la superficie finestrata deve essere aumentata
di una quota pari ad 1/10 della superficie della porzione di locale
posta oltre detta profondità. Non sono ammessi locali di abitazione
permanente che presentino profondità oltre 3,5 volte l’altezza
dell’architrave della finestra. Le norme di cui al presente comma
si applicano ai locali d’angolo ed ai locali con finestre contrapposte
soltanto quando l’eccesso di profondità si riscontri nei confronti di
tutte le finestre presenti.
112.2.4
Le finestrature dei locali di abitazione permanente devono essere
dotate di idonei dispositivi che ne consentano la schermatura
e/o l’oscuramento.
112.3
Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti
112.3.1
Le prescrizioni di cui al presente articolo trovano applicazione
anche per gli edifici esistenti, limitatamente allo specifico intervento
progettato.
112.3.2
E’ fatta eccezione per gli interventi da eseguirsi sugli edifici
di valore storico-architettonico, tipologico e documentario, per i
quali l’adeguamento non è richiesto ogni qualvolta ciò risulti
non compatibile con la conservazione delle caratteristiche
ambientali ed architettoniche del manufatto, fermo restando che anche
in tali edifici gli interventi non possono comunque comportare
peggioramento igienico sanitario.
Art. 113
Requisiti
relativi all’areazione
113.1
Requisiti di aereazione generali
113.1.1
Gli edifici, qualsiasi sia l’uso cui debbono essere adibiti, devono
essere progettati nel rispetto delle specifiche normative vigenti
in materia di areazione dei locali.
113.1.2
Anche in assenza di specifica normativa di riferimento, l’areazione
dei singoli locali deve essere adeguata all’uso previsto, in
modo che l’aria viziata sia evacuata e non possa costituite
pregiudizio per il benessere e la salute delle persone ovvero per la
buona conservazione delle cose e degli elementi costitutivi degli alloggi.
113.1.3
Ciascun alloggio dovrà essere areato mediante aperture ubicate
in modo tale da garantire la ventilazione trasversale (e cioè mediante
aperture ubicate su due fronti contrapposti) o la ventilazione d’angolo
(e cioè mediante aperture ubicate su fronti ortogonali o comunque
inclinati non meno di 45° l’uno rispetto all’altro). Il
requisito si considera soddisfatto anche la ventilazione è conseguita
mediante aperture prospettanti su cortili o su chiostrine.
113.1.4
Le prescrizioni di cui al comma precedente non si applicano in
caso di alloggi di superficie inferiore a mq. 40, i quali potranno
pertanto essere areati anche mediante aperture ubicate su un
solo fronte dell’edificio.
113.2
Areazione dei locali di abitazione permanente
113.2.1
Negli edifici di nuova costruzione tutti i locali di abitazione
permanente devono usufruire di areazione naturale e diretta.
113.2.2
Le finestre di detti locali debbono prospettare direttamente su
spazi liberi o su cortili di dimensioni regolamentari.
2.2.1
Le superfici finestrate apribili,
misurate convenzionalmente al lordo dei telai delle finestre,
devono risultare non inferiori a 1/8 della superficie del pavimento.
Detto rapporto potrà essere ridotto ad 1/12 per i locali sottotetto
la cui areazione sia garantita da finestrature piane o semipiane
(lucernari o finestre in falda)
113.2.4
Nel caso in cui le caratteristiche tipologiche degli alloggi non
consentano di fruire di areazione naturale diretta nella misura
prescritta dal presente articolo, l’areazione dovrà essere
garantita da un adeguato impianto che provveda sia all’immissione
che all’estrazione di aria. Anche in tale caso dovrà comunque essere
assicurata ventilazione naturale diretta in misura non inferiore
alla metà di quella prescritta al comma precedente.
113.3
Areazione dei locali di abitazione non permanente
113.3.1
Negli edifici di nuova costruzione deve essere garantita l’areazione
dei locali di abitazione non permanente, limitatamente a quelli
adibiti a servizi igienici ed a spazi di cottura. Per detti locali
l’areazione può essere sia naturale diretta che meccanizzata.
113.3.2
Nel caso di areazione esclusivamente naturale diretta, le superfici
finestrate apribili devono risultare non inferiori a 1/12 della superficie
del pavimento.
113.3.3
Nel caso in cui il locale presenti finestrature insufficienti o ne
sia del tutto privo, il locale deve essere dotato di adeguato impianto
di areazione meccanica che provveda sia all’immissione che
all’estrazione dell’aria, assicurandone un ricambio :
—
non inferiore a 5 volumi orari, nel caso in cui l’impianto sia ad
estrazione continua;
—
non inferiore a 3 volumi per ogni utilizzo del locale, nel caso in
cui l’impianto (dimensionato per almeno 10 volumi orari) sia ad
estrazione intermittente, con comando automatico temporizzato.
113.3.4
La ventilazione artificiale può essere assicurata mediante :
—
condotti di areazione indipendenti per ogni locale, sfocianti
sulla copertura e dotati di elettro - aspiratore con accensione
automatica collegata all’interruttore dell’illuminazione,
—
un unico condotto collettivo ramificato, sfociante sulla copertura
e dotato di elettro - aspiratore centralizzato ad aspirazione continua.
113.4
Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti
113.4.1
Le prescrizioni di cui al presente articolo trovano applicazione
anche per gli edifici esistenti, limitatamente allo specifico intervento
progettato.
113.4.2
E’ fatta eccezione per gli interventi da eseguirsi sugli edifici
di valore storico-architettonico, tipologico e documentario, per i
quali l’adeguamento delle superfici areo illuminanti non è
richiesto ogni qualvolta risulti non compatibile con la conservazione
delle caratteristiche ambientali ed architettoniche del
manufatto, sempre che l’intervento non comporti peggioramento
della situazione preesistente.
113.4.3
E’ inoltre fatta eccezione per le modalità di ventilazione artificiale,
non essendo richiesto che i condotti di areazione sfocino sulla copertura
ma essendo invece sufficiente che i medesimi conducano all’esterno,
su spazi liberi o su cortili e chiostrine di dimensioni regolamentari.
113.4.4
Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente che, a
seguito di frazionamenti o mutamenti di destinazione d’uso,
comportino la formazione di nuovi alloggi, la superficie minima
di cui al comma 113.1.4 è elevata a mq. 50.
Art. 114
Altezza dei
locali ad uso residenziale
114.1
Modalità di misura dell’altezza libera di un locale
114.1.1
Per altezza libera di un locale di intende l’altezza del medesimo
misurata dal pavimento al soffitto (nel caso di solai) o al piano
di imposta dell’orditura minuta (nel caso di strutture composte
quali quelle in legno o assimilabili). Nel caso di soffitti non
piani (inclinati, curvi o comunque di forma irregolare) si assume la
media tra le diverse altezze presenti nel locale riferite alle rispettive
superfici di influenza.
114.2
Altezza dei locali di abitazione permanente
114.2.1
L’altezza libera dei locali destinati ad abitazione permanente
non deve essere minore di ml. 2,70.
114.2.2
Nel caso di soffitti non piani la minima altezza del locale non
deve mai essere inferiore a ml. 1,80.
114.2.3
Nel caso di soffitti piani che presentino discontinuità di altezza
tra una parte e l’altra del locale, l’altezza in corrispondenza
della parte più bassa non deve essere inferiore a ml. 2,40.
L’altezza non può essere comunque inferiore a ml. 2,70 per una superficie
superiore ad 1/3 di quella totale del vano.
114.3
Altezza dei locali di abitazione non permanente
114.3.1
L’altezza libera dei locali di abitazione non permanente non deve
essere minore di ml. 2,40.
114.3.2
Nel caso di soffitti non piani la minima altezza del locale non
deve mai essere inferiore a ml. 1,80.
114.3.3
Nel caso di soffitti piani che presentino discontinuità di altezza
tra una parte e l’altra del locale, l’altezza in corrispondenza
della parte più bassa non deve essere inferiore a ml. 2,20.
L’altezza non può essere comunque inferiore a ml. 2,40 per una superficie
superiore ad 1/3 di quella totale del vano.
114.3.4
Sono fatte salve le diverse prescrizioni del presente Regolamento
per i soppalchi adibiti a locali di abitazione non permanente.
114.4
Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti
114.4.1
Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente
è consentito il mantenimento di altezze inferiori a quelle prescritte
nei commi precedenti, sempre che l’intervento non comporti una
riduzione delle altezze preesistenti.
114.4.1
Negli stessi interventi è inoltre consentita la realizzazione
di servizi igienici con altezza media inferiore a quella prescritta
al comma 114.3.1 ogni qualvolta l’unità sia dotata di almeno un
altro servizio completamente conforme alle prescrizioni del presente
Regolamento. In ogni caso l’altezza minima dell’ulteriore servizio
igienico non potrà essere inferiore a ml. 1,80 e quella media non
inferiore a ml. 2,20.
Art. 115
Dimensionamento
degli alloggi e dei singoli locali
115.1
Modalità di misura della superficie di un locale
115.1.1
Per superficie di un locale o di un alloggio si intende la superficie
calpestabile del medesimo con altezza media non inferiore a quella
minima ammessa per il locale interessato, al netto di pilastri,
cassettature ed in genere di ogni opera muraria che riduca le
dimensioni del vano.
115.2
Dimensionamento degli alloggi
115.2.1
Ciascun alloggio dovrà essere costituito almeno da un soggiorno,
una cucina o angolo cottura, una camera da letto ed un servizio igienico.
115.2.2
I vari spazi costituenti l’alloggio non devono necessariamente
essere delimitati da pareti. E’ però necessario che i medesimi
siano progettati e realizzati in modo tale che, qualora fossero
delimitati da pareti, siano comunque integralmente rispondenti
alle prescrizioni del presente Regolamento.
115.2.3
A prescindere dal numero di vani che lo compongono, ciascun alloggio
dovrà comunque garantire una superficie abitabile non inferiore a
mq. 14 per i primi 4 abitanti ed a mq. 10 per ciascuno dei successivi.
115.2.4
E’ fatta eccezione per gli alloggi per una sola persona, che dovranno
avere superficie non inferiore a mq. 28, e per quelli per due
persone, che dovranno avere superficie non inferiore a mq. 38. Detti
alloggi potranno essere anche del tipo monostanza, senza obbligo di dimostrarne
la possibile suddivisione secondo quanto prescritto dal precedente
comma 115.2.2.
115.2.5
In tutti i tipi di alloggio devono, in ogni caso, essere delimitati
da pareti i vani da adibire ai servizi igienici.
115.3
Dimensionamento degli singoli vani
115.3.1
Le stanze da letto debbono avere superficie non inferiore a di mq.
9, se per una persona, ed a mq. 14, se per due persone.
115.3.2
La cucina, quando costituisce vano indipendente ed autonomo dal
soggiorno, non dovrà avere superficie inferiore a mq. 9 ed essere dotata
di propria finestratura. Quando la cucina non raggiunga detta superficie
minima o non sia dotata di finestra propria, esse dovrà essere
collegata al locale di soggiorno mediante un vano privo di infissi di superficie
non inferiore a mq. 4,00. In tal caso la superficie finestrata
(compresa quella della cucina se presente) dovrà essere tale da soddisfare
i rapporti areo - illuminanti prescritti dal presente Regolamento in
funzione alla superficie di pavimento complessiva dei due vani.
115.3.3
Qualora la funzione di cucina consista in un semplice spazio di cottura
ricavato nel soggiorno (e non sia quindi autonoma e distinta dal medesimo)
non è richiesto il rispetto di alcun specifico parametro dimensionale,
fermi restando quelli prescritti per il locale di soggiorno. Quando lo
spazio di cottura sia posizionato in nicchie di profondità limitata
a quella strettamente necessaria al collocamento degli apparecchi
ed arredi di cucina è consentito che la nicchia abbia altezza inferiore
a quella prescritta per i locali abitabili, con un minimo assoluto di
ml. 2,00.
115.3.4
E' inoltre ammesso realizzare spazi di cottura ubicati in locale
autonomo, separato e distinto dal soggiorno, quando siano rispettate
tutte le seguenti condizioni :
-
la superficie del locale sia non inferiore a mq. 4,00 e non
superiore a mq. 8,00;
-
siano garantite l'areazione e l'illuminazione in misura non
inferiore a quella prescritta al comma 113.3;
-
il locale sia adibito alla sola funzione di cottura dei cibi e non
anche di regolare consumazione dei medesimi.
115.3.4
La stanza di soggiorno non dovrà avere superficie inferiore a
mq. 14. Qualora lo spazio di cottura sia ricavato direttamente nella
stanza di soggiorno la superficie minima della medesima dovrà
essere incrementata di mq. 1,50.
115.3.5
Ogni altro locale adibito ad abitazione permanente non può comunque
avere superficie inferiore a mq. 9.
115.4
Servizi igienici
115.4.1
La dotazione minima di impianti igienici a servizio di un alloggio
è costituita da : vaso, bidet, lavabo, vasca da bagno o doccia.
115.4.2
Detta dotazione minima può essere soddisfatta tramite uno o più
locali, sempre che essi siano riservati esclusivamente ai servizi
igienici.
115.4.3
I servizi igienici non possono avere accesso direttamente dalla cucina
o dallo spazio di cottura. L’eventuale spazio di disimpegno non può
avere superficie inferiore a mq. 1,20 e deve essere interamente delimitato
da pareti.
115.4.4
I locali adibiti a servizio igienico non possono avere superficie
inferiore a mq. 2,50 e larghezza inferiore a ml. 1,20. Nel caso di più
servizi igienici nella stessa unità immobiliare detti valori minimi
sono riferiti al solo servizio igienico principale mentre per gli
altri servizi i valori minimi di superficie e larghezza sono ridotti
rispettivamente a mq. 1,20
ed a ml. 0,80.
115.5
Eccezioni per gli interventi su edifici esistenti
115.5.1
Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente
è consentito il mantenimento di superfici inferiori a quelle
prescritte nei commi precedenti, sempre che l’intervento non ne
comporti la riduzione e comunque a condizione che eventuali mutazioni
dell’uso non comportino peggioramento della situazione
preesistente.
CAPITOLO
XIV : REQUISITI SPECIFICI
DEI LUOGHI DI LAVORO
Art. 116
Classificazione dei luoghi di lavoro
116.1
I luoghi in cui viene svolta attività lavorativa, qualsiasi sia il
ramo di attività o la forma di azienda, si distinguono come indicato
nel presente articolo.
116.2
Ambienti di lavoro
Sono ambienti di lavoro i locali chiusi in cui vengono svolte le
attività lavorative proprie del processo produttivo di una azienda,
indipendentemente dalla natura e dal numero di dipendenti della
medesima.
116.3
Ambienti di vendita
Sono ambienti di vendita i locali chiusi in cui vengono svolte le
attività di commercializzazione di prodotti o servizi,
indipendentemente dal numero di dipendenti dell’azienda e dal
luogo di produzione dei beni commercializzati.
116.4
Ambienti di ufficio
Sono ambienti di ufficio i locali chiusi in cui vengono svolte
attività di carattere amministrativo, direzionale o libero
professionale, siano esse svolte autonomamente che a servizio di
prevalenti attività produttive o commerciali, quali :
a)
uffici amministrativi e direzionali, studi professionali e simili
b)
sale riunioni, sale di attesa, sale consultazione e simili;
116.5
Ambienti di supporto
Sono ambienti di supporto i locali chiusi adibiti a funzioni non
direttamente connesse con l’attività dell’azienda ma necessari
a garantirne il buon funzionamento con particolare riferimento
alle esigenze degli addetti, quali :
a)
refettori, mense ed altri locali aziendali di uso comune;
b)
ambulatori, camere di medicazione e simili;
c) locali
destinati al riposo degli addetti e simili.
116.6
Ambienti di servizio
Sono ambienti di servizio i locali chiusi adibiti a funzioni
accessorie di quelle indicate ai commi precedenti che, per loro
natura, non presuppongono la permanenza continuativa di
addetti, quali :
a)
spogliatoi, servizi igienici, wc, docce e simili;
b)
spazi di distribuzione e disimpegno in genere;
c)
magazzini e archivi che non comportano la permanenza continuativa
di persone;
116.7
Ambienti non agibili
Sono ambienti non agibili quelli che non rispondono alle
prescrizioni del presente Regolamento per i locali di cui ai commi
precedenti e che possono essere adibiti esclusivamente a funzioni
accessorie che comportino un accesso solo saltuario di persone, quali :
a)
soffitte e spazi sottotetto ad esse assimilabili;
b)
cantine, ripostigli e simili.
Art. 117
Norme
generali sulla areazione dei luoghi di lavoro
117.1
Areazione naturale
117.1.1
Fatte salve le eccezioni espressamente previste dal presente
Regolamento, i luoghi di lavoro devono essere areati mediante superfici
apribili prospettanti direttamente all’esterno.
117.1.2
Di norma le aperture di areazione devono essere uniformemente distribuite
su tutte le superfici esterne e comunque in modo tale da evitare sacche
di ristagno. Devono essere favoriti sia i moti convettivi per la
circolazione dell’aria interna sia i ricambi naturali, se del
caso medianti appositi dispositivi quali gli evacuatori statici.
117.1.3
La superficie minima di areazione richiesta per ogni tipo di
ambiente lavorativo è precisata nel presente Regolamento, fatte
salve le eventuali normative che regolino la specifica attività.
117.1.4
Ai fini della verifica della superficie di areazione sono computate
anche i portoni e le porte prospettanti direttamente all’esterno.
Tali aperture non possono in ogni caso rappresentare l’unico
sistema di areazione e la loro incidenza non può essere computata
oltre il 75% della superficie minima prescritta.
117.2
Areazione forzata
117.2.1
Potrà farsi ricorso alla areazione forzata dei luoghi di lavoro
nei casi espressamente previsti dal presente Regolamento nonché nei
casi in cui il processo produttivo, per esigenze tecniche, debba
necessariamente svolgersi in locali areati artificialmente.
117.2.2
I flussi di areazione devono essere distribuiti in modo da evitare
sacche di ristagno.
117.2.3
L’aria di rinnovo deve essere prelevata da zona non inquinata
e, prima di essere immessa nel locale, deve essere tratta idoneamente
in modo tale da non arrecare pregiudizio al comfort degli addetti, se
del caso previa umidificazione e riscaldamento.
117.2.4
Di norma l’impianto di areazione forzata non può essere
utilizzato per la rimozione degli agenti inquinanti provenienti dalle
lavorazioni. In tali casi dovrà essere previsto un impianto di
aspirazione localizzato coordinato con l’impianto di aereazione
del locale.
Art. 118
Norme
generali sulla illuminazione dei luoghi di lavoro
118.1
Illuminazione naturale
118.1.1
Fatte salve le eccezioni espressamente previste dal presente
Regolamento, i luoghi di lavoro devono usufruire di illuminazione naturale
e diretta.
118.1.2
La superficie illuminante minima richiesta per ogni tipo di
ambiente lavorativo è precisata nel presente Regolamento, fatte
salve le eventuali normative che regolino la specifica attività.
118.1.3
Ai fini della verifica della superficie illuminate sono computate
tutte le parti trasparenti, ivi compresi porte e portoni (ad eccezione
delle parti poste ad altezza inferiore a cm. 80 da terra),
finestrature a sheed, lucernari, lanterne e simili.
118.1.4
Di norma le superfici illuminati deve essere distribuite in modo
tale da garantire una illuminazione uniforme e congruente con la
capacità illuminate di ogni singola apertura.
118.1.5
In assenza di specifica progettazione illuminotecnica, la capacità
illuminante delle finestre e delle altre fonti di illuminazione
naturale si assume limitata come di seguito descritto :
a)
Aperture a parete.
La capacità illuminante delle aperture a parete si considera limitata
ad una profondità pari a 2,5 volte l’altezza dell’architrave
dell’apertura (o la maggiore di esse nel caso di più aperture su
una stessa parete). Per maggiori profondità la superficie illuminante
deve essere aumentata proporzionalmente fino ad un massimo del 25%
in corrispondenza di una profondità pari a 3,5 volte l’altezza dell’architrave.
Oltre detta profondità la capacità illuminante dell’apertura
a parete si considera esaurita e l’illuminazione deve essere
garantita da altre aperture collocate sulla parete contrapposta o
sulla copertura.
b)
Aperture sulla copertura.
La capacità illuminante delle aperture collocate sulla copertura
si considera limitata ad un tronco di piramide con la base superiore
coincidente con l’apertura illuminante e base inferiore data
dalla proiezione, sul piano di calpestio del locale da illuminare,
della base superiore secondo un angolo di diffusione di 45°.
118.1.6
La superficie illuminante deve tener conto del coefficiente di trasmissione
della luce del materiale trasparente utilizzato in rapporto al coefficiente
di trasmissione della luce del vetro naturale.
118.2
Illuminazione artificiale
118.2.1
Potrà farsi ricorso alla illuminazione artificiale, in sostituzione
di quella naturale, solo nei casi espressamente previsti dal presente
Regolamento o nei casi in cui il processo produttivo, per esigenze
tecniche, debba necessariamente svolgersi in locali illuminati
artificialmente.
118.2.2
L’impianto di illuminazione artificiale di ogni locale deve presentare
caratteristiche (per intensità e qualità della luce nonché per
la distribuzione ed il tipo delle sorgenti luminose) tali da
garantire un comfort visivo adeguato alle operazioni che vi si svolgono.
118.2.3
La collocazione dei corpi illuminanti deve essere tale da evitare
abbagliamenti diretto e/o riflessi nonché la proiezione di ombre
che ostacolino il compito visivo.
118.2.4
Il presente Regolamento prescrive per quale tipo di locali deve
inoltre essere prevista una illuminazione d’emergenza che intervenga
in assenza di tensione di rete, dimensionato e distribuito in modo
tale da garantire un sicuro movimento nell’ambiente lavorativo e
l’eventuale esodo dal medesimo.
118.3
Illuminazione degli spazi comuni
118.3.1
In tutti i luoghi di lavoro devono essere serviti di adeguato
impianto di illuminazione notturna, anche temporizzato, le rampe, gli
accessi ed in genere tutti gli spazi comuni di circolazione, sia
interna che esterna.
Art. 119
Dotazione di
servizi igienico - assistenziali dei luoghi di lavoro
119.1
Quando non diversamente disposto da normative specifiche, i luoghi
di lavoro, qualsiasi sia l’attività e la dimensione dell’azienda,
devono essere dotati di :
—
lavabi, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione)
contemporaneamente in servizio;
—
wc, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione) contemporaneamente
in servizio.
119.2
I luoghi di lavoro devono inoltre essere dotati degli ulteriori
servizi igienico - assistenziali (quali docce, spogliatoi,
ambulatori o camere di medicazione, refettori e locali di riposo) che
risultino necessari per il disposto dalla vigente normativa in materia
di igiene del lavoro. Per il dimensionamento e le caratteristiche
di tali spazi valgono le disposizioni della normativa che li
prescrive nonchè, per quanto non in contrasto con la medesima, le ulteriori
prescrizioni di cui al presente Regolamento.
Art. 120
Luoghi di
lavoro in edifici esistenti
120.1
Le prescrizioni impartite al presente titolo per i luoghi di lavoro
in generale nonchè quelle specifiche per i diversi tipi di
ambienti secondo la classificazione, si applicano, senza eccezione
alcuna, agli edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi
di ristrutturazione urbanistica.
120.2
Per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, diversi da
quelli di ristrutturazione urbanistica, possono trovare
applicazione le deroghe, le eccezioni e le soluzione alternative
previste caso per caso dal presente Regolamento.
120.3
Qualsiasi intervento sul patrimonio edilizio esistente deve in
ogni caso tendere a conseguire i minimi prescritti e la deroga potrà
essere concessa solo quando (per le caratteristiche dell’edificio
o per altri documentati motivi) detto conseguimento non sia possibile.
In ogni caso non sono ammesse deroghe per interventi che comportino
peggioramento igienico rispetto alla situazione preesistente.
Art. 121
Caratteristiche
degli ambienti di lavoro
121.1
Dimensioni degli ambienti di lavoro
121.1.1
Gli ambienti di lavoro delle aziende industriali che occupano più
di cinque lavoratori e delle altre aziende industriali rientranti
nell’ambito di applicazione dell’art. 6 del D.P.R. 15 marzo
1956 n. 303, devono rispettare i limiti di altezza, cubatura e
superficie indicati al primo comma dello stesso art. 6. Altezze inferiori,
fino ad un minimo inderogabile di ml. 2,70 e limitatamente ai casi di
cui al quarto comma dello stesso art. 6, potranno essere ammesse
previa autorizzazione dall’organo di vigilanza competente per
territorio.
121.1.2
Gli ambienti di lavoro esclusi dall’ambito di applicazione del
citato art. 6 del D.P.R. 303/56 devono avere altezza libera non inferiore
a ml. 2,70. Per ogni lavoratore devono inoltre essere assicurate una
cubatura non inferiore a mc. 10 ed una superficie non inferiore a mq.
2.
121.1.3
La superficie di ciascun ambiente di lavoro non dovrà comunque
essere inferiore a mq. 9, fatti i salvi i casi in cui la minore
superficie sia necessaria per speciali esigenze di lavorazione.
121.2
Posizione degli ambienti di lavoro rispetto al terreno circostante
121.2.1
Gli ambienti di lavoro devono essere ricavati nei locali fuori
terra degli edifici od in locali che siano equiparabili a quelli fuori
terra.
121.2.2
Si considerano equiparati a quelli fuori terra, i locali che presentino
un interramento medio non superiore a ml. 1,20. Per interramento
medio si intende la media aritmetica del dislivello tra il piano
di calpestio del locale e la quota del terreno in corrispondenza
di ogni parete che delimita il locale. Per la determinazione dell’interramento
medio valgono i seguenti criteri :
a)
le pareti si considerano completamente fuori terra quando risultano
attestate su altri locali, a qualsiasi uso destinati;
b)
le pareti si considerano completamente fuori terra quando la quota
del terreno è pari od inferiore a quella del piano di calpestio per
almeno 5 metri perpendicolarmente alla parete.
121.2.3
I locali equiparati a quelli fuori terra devono in ogni caso avere
le parti contro terra protette da scannafosso areato ispezionabile ed il
piano di calpestio isolato dal terreno mediante solaio o vespaio
adeguatamente areati.
121.2.4
Negli edifici di nuova costruzione ed in quelli risultanti da interventi
di ristrutturazione urbanistica è vietato adibire ad ambienti di
lavoro locali interrati e locali seminterrati che non siano
equiparabili a quelli fuori terra secondo quanto disposto al comma
precedente. Negli interventi sul patrimonio edilizio esistente
diversi da quelli di ristrutturazione urbanistica, l’utilizzo
dei medesimi locali quali ambienti di lavoro potrà essere
ammesso solo quando sia stata preventivamente conseguita la deroga
di cui all’art. 8 del D.P.R. 303/56.
121.3
Areazione degli ambienti di lavoro
121.3.1
Gli ambienti di lavoro degli edifici di nuova costruzione, o risultanti
da interventi di ristrutturazione urbanistica, devono essere areati
mediante infissi apribili, prospettanti direttamente su spazi liberi
o cortili di dimensioni regolamentari.
121.3.2
Gli infissi che garantiscono l’areazione ad un ambiente di lavoro
devono essere dotati di comandi ad altezza d’uomo e presentare superficie
non inferiore a :
—
1/8 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
fino a mq. 100;
—
1/16 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
oltre mq. 100 e fino a mq. 1000, con un minimo assoluto di mq. 12,50;
—
1/24 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
superiore a mq. 1000, con un minimo assoluto di mq. 62,50.
121.3.4
Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente diversi
dalla ristrutturazione urbanistica, l’intervento dovrà tendere
al raggiungimento dei parametri sopra riportati. Qualora ciò non
risulti possibile, per motivate ragioni adeguatamente illustrate
nel progetto, i valori minimi di cui al comma 134.3.2 possono essere
ridotti a 2/3, e pertanto rispettivamente a 1/12, 1/24 ed 1/36.
121.3.5
E’ ammessa deroga alle presenti prescrizioni nel caso di lavorazioni
speciali che, per loro natura, richiedano particolari condizioni ambientali.
In tali casi la peculiarità della lavorazione dovrà essere adeguatamente
documentata nel progetto e l’idoneità del locale sarà limitata
alla speciale attività dichiarata.
121.4
Illuminazione degli ambienti di lavoro
121.4.1
Gli ambienti di lavoro devono essere illuminati con luce naturale.
121.4.2
Nel caso di edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi
di ristrutturazione urbanistica le superfici illuminanti devono
risultare non inferiori a :
—
1/8 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
fino a mq. 100;
—
1/10 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
oltre mq. 100 e fino a mq. 1000, con un minimo assoluto di mq. 12,50;
—
1/12 della superficie di pavimento del locale, per locali con superficie
superiore a mq. 1000, con un minimo assoluto di mq. 100.
121.4.3
Almeno il 50% delle superfici illuminanti di ogni singolo locale
deve provenire da aperture prospettanti su spazi esterni.
121.4.4
Nel caso di illuminazione proveniente da più elementi costitutivi
dell’edificio (pareti e copertura) le superfici illuminanti
collocate a parete devono risultare :
—
almeno il 50% se la restante parte è costituita da lucernari;
—
almeno il 25% se la restante parte è costituita da aperture a
sheed o a lanterna.
121.4.5
Nei casi in cui l’attività che viene svolta e/o la protezione
dei lavoratori dall’irraggiamento solare lo richiedano, i
locali devono essere dotati di dispositivi che ne consentano
l’oscuramento totale o parziale.
121.4.6
Parametri diversi da quelli prescritti ai commi precedenti potranno
essere ammessi esclusivamente ove ricorrano particolari esigenze
tecniche, le quali dovranno essere adeguatamente illustrate e
documentate nel progetto. In tali casi l’idoneità del locale
quale ambiente di lavoro sarà limitata all’attività lavorativa
dichiarata.
121.4.7
Nel caso di interventi sul patrimonio edilizio esistente diversi
dalla ristrutturazione urbanistica, l’intervento dovrà tendere
al raggiungimento dei parametri sopra riportati. Quando ciò non
sia possibile, per motivate ragioni adeguatamente illustrate nel
progetto, è ammesso integrare l’illuminazione naturale con
illuminazione artificiale idonea per intensità e qualità e che non
dia luogo a fenomeni di abbagliamento (Norme UNI 10380). Anche in
tale eventualità le aperture di illuminazione diretta non potranno
comunque essere inferiori al 50% di quelle prescritte al comma 121.4.2
Art. 122
Caratteristiche
degli ambienti di vendita
122.1
Dimensioni degli ambienti di vendita
122.1.1
Per il dimensionamento degli ambienti di vendita si applicano le
norme eventualmente vigenti per la specifica attività.
122.1.2
Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di settore,
l’altezza degli ambienti di vendita deve essere non inferiore a :
—
ml. 3,00 per i locali di nuova costruzione adibiti ad attività
commerciali di grande distribuzione (supermercati e simili);
—
ml. 2,70 per le altre attività commerciali ed in genere per i locali
adibiti alla commercializzazione di prodotti o servizi, anche quando
facenti parte di edifici destinati a diversa prevalente attività.
122.2
Posizione degli ambienti di vendita rispetto al terreno circostante
122.2.1
Per la posizione degli ambienti di vendita rispetto al terreno
circostante valgono le stesse prescrizioni impartite per gli ambienti
di lavoro al precedente commi 121.2.
122.3
Areazione degli ambienti di vendita
122.3.1
Gli ambienti di vendita devono usufruire di areazione naturale diretta
o di adeguato impianto di ventilazione forzata.
122.3.2
Nel caso di areazione naturale diretta, le aperture di areazione
devono presentare superficie non inferiore a quella già prescritta
per gli ambienti di lavoro al comma 121.3.
122.3.3
Nel caso di areazione forzata dovrà essere installato un impianto
di ventilazione forzata o di condizionamento che garantisca il
ricambio d’aria in conformità alla norma UNI 10339.
122.4
Illuminazione degli ambienti di vendita
122.4.1
Gli ambienti di vendita possono essere illuminati con luce naturale
o luce artificiale.
122.4.2
Anche quando usufruiscano di illuminazione naturale, gli ambienti
di vendita devono comunque essere dotati di adeguati impianti di
illuminazione artificiale, idonei per intensità e qualità
e che non diano luogo a fenomeni di abbagliamento (norma UNI 10380).
122.5.1
I parapetti, le protezioni contro il vuoto, le scale, gli accessi
e le uscite dovranno essere conformi a quanto previsto dalla normativa
vigente per i normali ambienti di vendita.
Art. 123
Caratteristiche
degli ambienti di ufficio
123.1
Dimensioni degli ambienti di ufficio
123.1.1
Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di settore,
l’altezza degli ambienti di ufficio non deve essere inferiore a ml.
2,70 e la loro superficie non inferiore a mq. 9, con un minimo
assoluto di mq. 5 per addetto.
123.2
Posizione degli ambienti di ufficio rispetto al terreno circostante
123.2.1
Per la posizione degli ambienti di ufficio rispetto al terreno
circostante valgono le stesse prescrizioni impartite per gli ambienti
di lavoro al precedente comma 121.2.
123.3
Areazione ed illuminazione degli ambienti di ufficio
123.3.1
Gli ambienti di ufficio devono in genere usufruire delle stesse
caratteristiche di aereazione ed illuminazione già prescritte
per gli ambienti lavorativi.
123.3.2
In assenza di detti requisiti, per gli ambienti di ufficio sono
ammessi :
a)
l’areazione forzata mediante un impianto di ventilazione
forzata o di condizionamento che garantisca il ricambio d’aria
in conformità alla norma UNI 10339.
b)
l’illuminazione artificiale mediante un impianto che assicuri
livelli luminosi idonei per intensità e qualità e che non diano
luogo a fenomeni di abbagliamento in conformità alla norma UNI
10380.
123.3.3
Anche quando integrate dagli impianti di areazione e/o illuminazione
di cui sopra, l’areazione ed illuminazione naturali devono in ogni
caso essere assicurate nei seguenti limiti :
a)
per i locali di superficie fino a mq. 100 : nella misura del 50%
dei minimi prescritti al comma 121.3.2;
b)
per i locali di superficie oltre mq. 100 : nella misura del 25% dei
minimi prescritti al comma 121.3.2, con un minimo assoluto di mq. 6,25
Art. 124
Caratteristiche
degli ambienti di supporto
124.1
Dimensioni degli ambienti di supporto
124.1.1
Per il dimensionamento degli ambienti di supporto si applicano le
norme eventualmente vigenti per la specifica attività.
124.1.2
Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di settore,
l’altezza minima degli ambienti di supporto è stabilita in ml. 2,70.
124.1.3
Le camere di medicazione, ambulatori e simili devono avere superficie
non inferiore a mq. 12.
124.1.4
I refettori, le mense aziendali ed i locali di riposo, devono avere
superficie non inferiore a mq. 9 e comunque tale da assicurare una
superficie di almeno mq. 1 per ogni addetto contemporaneamente presente
nel locale.
124.2
Posizione degli ambienti di supporto rispetto al terreno circostante
124.2.1
Gli ambienti di supporto devono, in genere, essere ricavati nei
locali fuori terra degli edifici od in locali equiparati a quelli fuori
terra secondo quanto disposto dal precedente comma 121.2.
124.2.2
Potranno inoltre essere adibiti ad ambienti di supporto i locali seminterrati
che soddisfino tutte le caratteristiche richieste dal presente
Regolamento per i locali di abitazione non permanente.
124.3
Areazione ed illuminazione degli ambienti di supporto
124.3.1
Gli ambienti di supporto devono in genere usufruire delle stesse caratteristiche
di areazione ed illuminazione già prescritte per gli ambienti di
lavoro.
124.3.2
Quando l’illuminazione e/o l’areazione naturali non raggiungano
i minimi di cui al comma precedente, per gli ambienti di supporto sono
ammesse l’areazione forzata e l’illuminazione artificiale
secondo quanto già indicato al comma 123.3 per gli ambienti di ufficio,
con i valori minimi di areazione ed illuminazione naturali ivi prescritti.
Art. 125
Caratteristiche
degli ambienti di servizio
125.1
Dimensioni degli ambienti di servizio
125.1.1
Per il dimensionamento degli ambienti di servizio si applicano
le norme eventualmente vigenti per la specifica attività.
125.1.2
Ove non altrimenti stabilito da specifica normativa di settore,
l’altezza minima degli ambienti di servizio è stabilita in ml. 2,40.
125.1.3
La superficie degli spogliatoi non deve essere inferiore a mq. 1,20
per ogni addetto contemporaneamente presente nel locale.
125.1.4
I locali adibiti ad uso doccia o wc devono rispondere ai seguenti
requisiti :
a)
superficie non inferiore a mq. 1,00 per i vani riservati al solo
uso di doccia;
c)
superficie non inferiore a mq. 1,00 per i locali riservati al solo
wc, con lato minimo comunque non inferiore a ml. 0,90;
b)
superficie non inferiore a mq. 1,20 per i locali dotati sia di wc
che di altri apparecchi igienici.
125.1.5
I locali adibiti alle funzioni di cui sopra non possono avere
accesso diretto da ambienti di lavoro o di vendita, se non attraverso
apposito spazio di disimpegno. Qualora nel disimpegno sia previsto
il lavabo, la superficie del medesimo non deve essere inferiore a mq.
1,50.
125.2
Posizione degli ambienti di servizio rispetto al terreno circostante
125.2.1
Gli ambienti di servizio possono essere ricavati sia in locali
fuori terra che in locali seminterrati o interrati.
125.3
Areazione ed illuminazione degli ambienti di servizio
125.3.1
Gli ambienti di servizio possono essere areati sia in modo naturale
diretto che mediante idoneo impianto di ventilazione forzata.
125.3.2
I servizi igienici, nel caso di areazione naturale e diretta,
devono avere finestrature non inferiori ad 1/8 della superficie di
pavimento, con un minimo assoluto di mq. 0,40. Quando i servizi
igienici siano privi di finestrature o le medesime abbiano dimensioni
inferiori a quelle prescritte, l’areazione deve essere assicurata in
uno dei seguenti modi :
a)
mediante impianto in espulsione continua, con coefficiente di ricambio
non inferiore a 6 volumi/ora;
b)
mediante impianto con funzionamento intermittente a comando
automatico, in grado di garantire almeno 1 ricambio in un tempo
massimo di 5 minuti per ogni utilizzazione.
125.3.3
Gli spogliati, sia che siano dotati di aperture di areazione
naturale che di impianto di ventilazione forzata, devono comunque
garantire un ricambio d’aria sufficiente in relazione allo
specifico utilizzo ed alla massimo numero di persone presenti contemporaneamente;
125.3.4
In tutti altri locali di servizio (disimpegni, depositi, archivi
senza permanenza di persone, ecc.), anche quando privi di proprio
sistema di ventilazione, devono essere garantiti la circolazione
dell’aria e l’evacuazione dei fumi in caso di incendio.
CAPITOLO
XV : REQUISITI DEI LUOGHI ADIBITI A
FUNZIONI DIVERSE
Art. 126
Funzioni
regolate da norme specifiche
126
.1 I luoghi che
vengano costruiti o trasformati per essere adibiti a funzioni per le
quali vigano normative specifiche (scuole, alberghi, ospedali,
impianti sportivi, ecc.) devono essere progettati e realizzati
in conformità a dette specifiche normative.
126.2
Nei confronti di detti luoghi, le prescrizioni del presente
Regolamento si applicano limitatamente alle prescrizioni che non
risultino in contrasto con quelle della specifica normativa di
riferimento, che deve in ogni caso ritenersi esplicitamente
prevalente.
Art. 127
Funzioni non
regolate da norme specifiche
127.1
I luoghi che vengano costruiti o trasformati per essere adibiti a
funzioni diverse da quelle di cui ai precedenti Capitoli XIII e XIV, ma
per le quali non vigano normative specifiche devono essere progettati
e realizzati con criteri tali da garantire in ogni caso una qualità
edilizia di livello non inferiore a quello prescritto per le
funzioni direttamente regolate dal presente Regolamento.
127.2
A tal fine di si assumerà a riferimento l’attività che, tra
quelle regolamentate, risulti maggiormente assimilabile a quella
in progetto. Ove la funzione in progetto non sia ragionevolmente assimilabile
per intero ad una singola attività regolamentata, potrà essere
assunta a riferimento più di una attività, applicando le prescrizioni
di ciascuna a specifici aspetti del progetto.
CAPITOLO
XVI : SMALTIMENTO DEI
LIQUAMI
Art. 128
Acque
pluviali ed acque reflue
128.1
In funzione della loro natura, le acque provenienti dagli edifici
si distinguono in :
— acque
pluviali,
— acque
reflue.
128.2
Sono acque pluviali quelle di natura meteorica, di infiltrazione o
di falda, provenienti da coperture, terrazze, cortili, chiostrine,
scannafossi, drenaggi, superfici scoperte e simili.
128.3
Sono acque reflue quelle provenienti dagli impianti sanitari
dell’edificio ed in genere tutte le acque di risulta da una
qualsiasi forma di utilizzazione civile che comporti compromissione
della loro naturale purezza.
128.4
In funzione della loro provenienza, le acque reflue si distinguono
in :
—
acque nere;
—
acque saponose;
128.5
Sono acque nere le acque di rifiuto provenienti dai vasi wc e da
tutti gli altri apparecchi sanitari con analoga funzione.
128.6
Sono acque saponose quelle provenienti dalle cucine, dai lavabi ed
in genere da tutti quegli apparecchi sanitari od elettrodomestici la
cui funzione presuppone l’impiego di saponi, detersivi, tensioattivi
e simili.
Art. 129
Corpi
ricettori finali
129.1
I corpi ricettori finali cui possono essere condotte le acque
reflue si distinguono in :
—
pubblica fognatura
—
corpo d’acqua superficiale
—
suolo
—
sottosuolo.
129.2
Si definisce come pubblica fognatura il complesso di
canalizzazioni, servite o meno da impianto di depurazione,
specificatamente destinate a raccogliere e portare a recapito le acque
meteoriche e/o di lavaggio provenienti da aree urbanizzate e
quelle di rifiuto provenienti dalle diverse attività.
129.3
Si definisce come corpo d’acqua superficiale qualsiasi massa
d’acqua che, indipendentemente dalla sua entità, presenti
proprie caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche
(laghi e corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, falde sotterranee
e simili).
129.4
Si definisce come suolo l’insieme degli strati superficiali del
terreno, quando utilizzati non come semplice scarico di acque reflue ma
bensì come mezzo di trattamento che sfrutti la naturale capacità
depurante del terreno.
129.5
Si definisce come sottosuolo l’insieme delle unità geologiche
atte a conferire agli scarichi il massimo confinamento possibile,
bloccandoli in strutture porose isolate dalla circolazione idrica
sotterranea mediante appropriate barriere geologiche impermeabili.
Art. 130
Pubbliche
fognature
130.1
Le pubbliche fognature, in funzione del tipo di acque che vi
possono essere condotte e del loro recapito, si distinguono in :
—
fognatura nera
—
fognatura bianca
—
fognatura mista
130.2
Pubblica fognatura nera
130.2.1
Le fognature nere sono quelle che adducono ad un depuratore comunale
ad ossidazione totale e che sono riservate all’immissione di acque
nere ed acque saponose.
130.2.2
E’ vietato immettere acque pluviali nella pubblica fognatura
nera.
130.3
Pubblica fognatura bianca
130.3.1
Le fognature bianche sono quelle che di norma affiancano le fognature
nere e che sono riservate all’immissione di acque pluviali.
130.3.2
E’ vietato immettere acque nere o saponose nella pubblica
fognatura bianca.
130.4
Pubblica fognatura mista
130.4.1
Le fognature miste sono quelle prive di depuratore ad ossidazione
totale ed in cui è ammessa l’immissione di tutte le acque reflue
(nere, saponose, pluviali).
130.5
Il trattamento delle acque e le modalità della loro immissione
nella pubblica fognatura variano in funzione del tipo di fognatura
secondo quanto prescritto dal presente Regolamento.
Art. 131
Abitanti
equivalenti
131.1
I dispositivi di depurazione delle acque nere e delle acque
saponose sono dimensionati in funzione del numero di abitanti
equivalenti.
131.2
Il numero di abitanti equivalenti si determina come segue :
—
un abitante equivalente ogni mq. 35 di superficie utile lorda (o
frazione) negli edifici di civile abitazione
—
un abitante equivalente ogni due posti letto in edifici
alberghieri, case di riposo e simili;
—
un abitante equivalente ogni cinque posti mensa in ristoranti e
trattorie;
—
un abitante equivalente ogni due posti letto in attrezzature ospedaliere;
—
un abitante equivalente ogni cinque addetti in edifici destinati ad
uffici, esercizi commerciali, industrie o laboratori che non producano
acque reflue di lavorazione;
—
un abitante equivalente ogni cinque posti alunno in edifici scolastici
o istituti di educazione diurna;
—
quattro abitanti equivalenti ogni wc installato per musei, teatri,
impianti sportivi ed in genere per tutti gli edifici adibiti ad uso
diverso da quelli in precedenza indicati.
Art. 132
Raccolta e
smaltimento delle acque pluviali
132.1
Caratteri costruttivi dell’impianto
132.1.1
Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a garantire
la raccolta delle acque pluviali ed il loro convogliamento fino ad uno
dei recapiti finali ammessi dal presente Regolamento.
132.1.2
Le condutture costituenti l’impianto devono essere di materiale
resistente ed impermeabile, avere giunture a perfetta tenuta ed
essere di numero ed ampiezza sufficiente per ricevere e
convogliare le acque piovane fino al recapito finale.
132.1.3
Le coperture devono essere munite di canali di gronda lungo tutti i
cornicioni, tanto verso le aree di uso pubblico quanto verso i cortili
ed altri spazi scoperti.
132.1.4
Le condutture verticali di scarico devono essere collocate di preferenza
esteriormente all'edificio. Nel caso di facciate direttamente fronteggianti
spazi pubblici il tratto terminale (da terra fino ad un altezza di ml.
4,00) delle condutture deve essere incassato nella muratura.
132.1.5
All’estremità inferiore di ogni calata devono essere installati
pozzetti d'ispezione ad interruzione idraulica. Pozzetti d'ispezione
devono inoltre essere installati lungo le condutture interrate nei
punti in cui si verifichi un repentino cambiamento di direzione o
la confluenza di più condutture.
132.1.6
Tutte le tubazioni costituenti l’impianto devono condurre ad un
pozzetto finale d'ispezione, posto ai limiti interni della
proprietà, da cui si diparta la tubazione che conduce al recapito
finale.
132.2
Separazione da altri tipi di acque reflue
132.2.1
L’impianto di raccolta e smaltimento delle acque pluviali deve essere
del tutto indipendente da quelli delle acque di altra natura. E'
tassativamente vietato immettere nelle tubazioni o nei pozzetti delle
acque piovane acque reflue di qualsiasi altra provenienza.
132.2.2
La confluenza di acque piovane con le altre acque reflue potrà
essere consentita solo al livello del pozzetto finale d'ispezione
nel caso di recapito in pubblica fognatura di tipo misto.
132.3
Recapito finale
132.3.1
Le acque pluviali possono essere smaltite mediante :
—
convogliamento in pubblica fognatura bianca o mista;
—
convogliamento in acque superficiali;
—
dispersione nel suolo;
—
accumulo in cisterna per uso irriguo, antincendio e simili (fermo
restando che le eventuali tubazioni di troppo pieno devono comunque
condurre ad una delle altre destinazioni ammesse).
132.3.2
Quando possibile ed opportuno, deve essere privilegiato il reimpiego
delle acque pluviali per usi non pregiati e comunque compatibili
con la loro qualità (irrigazione aree verdi, cisterne di accumulo,
ecc.) oppure la dispersione delle medesime, mediante processi lenti,
negli spazi verdi.
Art. 133
Raccolta e
smaltimento delle acque reflue
133.1
Prescrizioni generali
133.1.1
Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a garantire
la raccolta delle acque reflue ed il loro convogliamento fino ad uno
dei recapiti finali ammessi dal presente Regolamento.
133.1.2
Le condutture delle acque reflue devono essere di materiale resistente
ed impermeabile, avere giunture a perfetta tenuta ed essere di
numero ed sezione sufficienti per ricevere e convogliare le acque medesime.
133.1.3
Per dette condutture valgono le seguenti prescrizioni generali :
a)
le tubazioni verticali devono essere poste in opera incassate
nelle murature o in apposite cassette che le isolino dagli ambienti
interni; la collocazione esterna alle murature (tubazioni a vista)
è ammessa solo in cavedi od in altri spazi riservati al passaggio
degli impianti tecnologici;
b)
le tubazioni verticali devono essere prolungate in alto sopra la
copertura dell’edificio, in modo tale da garantire la
ventilazione delle medesime, ed avere l'estremità superiore provvista
di mitra o cappello di ventilazione e di reticella contro gli insetti;
c)
negli edifici di nuova costruzione, deve essere inoltre realizzato
un sistema di ventilazione secondaria, anche mediante un'unica calata
di diametro adeguato, che sfiati le colonne delle acque nere e saponose,
sia ai piedi delle stesse che in prossimità di ogni attacco.
d)
le tubazioni orizzontali interrate devono essere provviste di pozzetti
di ispezione senza interruzione del transito nei punti in cui si
verifica un cambiamento di direzione, una variazione di livello o
la confluenza di più condutture.
133.1.4
Prima di essere condotte al recapito finale, le acque reflue devono
essere condotte ad uno dei dispositivi di depurazione ammessi dal
presente Regolamento in funzione del tipo di acque e del recapito finale
medesimo.
133.2
Recapito in pubblica fognatura
133.2.1
Le caratteristiche degli impianti di trattamento delle acque reflue
che recapitano in pubblica fognatura si differenziano in funzione del
tipo di fognatura e del tipo di acque.
133.2.2
Recapito in fognatura nera
Acque nere.
Nelle zone servite da pubblica fognatura nera, le acque luride potranno
essere collegate alla fognatura anche senza alcun tipo di trattamento
preventivo, secondo le istruzioni che saranno di volta in volta
impartite dal competenti uffici comunali.
Acque saponose.
Nelle zone servite da pubblica fognatura mista, le acque saponose,
prima di essere recapitate in fognatura, devono essere condotte ad un
pozzetto ad interruzione idraulica o comunque ad un dispositivo
di depurazione atto a dare un refluo con caratteristiche qualitative
conformi alle normative vigenti.
133.3
Recapiti diversi dalla pubblica fognatura
133.3.1
Nelle zone sprovviste di pubblica fognatura tutte le calate delle
acque nere devono terminare in basso in sifoni a chiusura
idraulica, muniti di bocchetta di ispezione o in pozzetti interruttori
a chiusura idraulica ispezionabili. Tali sifoni o pozzetti devono
collegarsi mediante condutture interrate ad un impianto di depurazione
conforme a quanto previsto dal presente Regolamento e comunque atto
a dare un refluo con caratteristiche qualitative conformi alle normative
vigenti. Devono inoltre essere installati due pozzetti di prelievo,
uno a monte ed uno a valle del sistema di depurazione, per la consentire
verifica dei limiti imposti dalle norme vigenti.
133.3.2
Recapito nel suolo
Le acque nere che debbano essere smaltite nel suolo devono essere
preventivamente condotte ad una vasca settica di tipo Imhoff. Alla
stessa vasca debbono essere condotte anche le acque saponose,
previo pretrattamento in un pozzetto ad interruzione idraulica.
I liquidi in uscita dalla vasca settica Imhoff devono essere
condotti con una unica tubazione al recapito finale nel suolo, che
potrà avvenire mediante pozzo disperdente o sub-irrigazione a
pettine.
133.3.3
Recapito in acque superficiali
Le acque reflue che debbano essere smaltite in acque superficiali
devono essere preventivamente trattate in un impianto ad ossidazione
totale.
133.3.4
Recapito in impianti a fitodepurazione
Quando non risulti possibile od economicamente conveniente condurre
le acque reflue trattate ad uno dei recapiti finali in precedenza
indicati, è ammesso condurre le medesime ad un impianto di fitodepurazione.
Art. 134
Fosse
biologiche
134.1
Prescrizioni di carattere generale
134.1.1
Le fosse biologiche, o vasche settiche di tipo tradizionale, sono
caratterizzate dal fatto di avere compartimenti comuni per il
liquame ed il fango.
134.1.2
Esse devono essere adottate per il trattamento delle acque nere in
tutti i casi in cui siano prescritte dal presente Regolamento.
134.1.3
Alle fosse biologiche non possono essere mai condotte acque saponose
o acque pluviali.
134.2
Posizionamento delle fosse biologiche
134.2.1
Le fosse biologiche dovranno, di norma, essere collocate nel resede
dell’edificio ad una distanza non inferiore a ml.1,00 dalle
fondazioni del medesimo.
134.2.2
Negli interventi sul patrimonio edilizio esistente, laddove non sia
possibile il rispetto delle distanze sopradette, è ammessa la
collocazione ad una distanza inferiore purché si dimostri che
sono stati adottati tutti gli accorgimenti atti ad evitare che la
rottura accidentale della fossa possa provocare infiltrazioni al di
sotto delle fondazioni dell’edificio o nei locali ai piani interrati.
134.2.3
Nei soli casi in cui non sia possibile alcuna conveniente collocazione
esterna all’edificio, e comunque esclusivamente per gli
interventi sul patrimonio edilizio esistente, è ammessa la
realizzazione della fossa biologia all’interno di un vano riservato
esclusivamente a tale scopo oppure, ove anche ciò non risulti
possibile, nel vano scala.
134.2.4
In tutti i casi di collocazione interna all’edificio la fossa
biologica dovrà rispettare le seguenti ulteriori condizioni :
—
essere separata dal solaio di calpestio del vano soprastante da
una camera d’aria di altezza non inferiore a cm. 40, adeguatamente
aereata con condotti di ventilazione sfocianti direttamente
all’esterno;
—
presentare gli accorgimenti già prescritti per le fosse a ridosso
degli edifici,
—
essere dotato di idoneo passaggio o condotto che ne consenta la vuotatura
meccanica senza interessare locali abitabili o nei quali è comunque
ammessa la presenza continuativa di persone.
134.2.5
Le fosse biologiche, ovunque posizionate, devono essere accessibili
ed ispezionabili.
134.3
Dimensionamento delle fosse biologiche
134.3.1
Le fosse biologiche devono essere dimensionate in funzione del numero
di abitanti equivalenti corrispondente all’edificio (o porzione di
edificio) che vi recapita.
134.3.2
Ciascuna fossa biologica deve essere costituita da due camere distinte
e presentare una capacità utile complessiva (volume interno delle camere),
pari ad almeno 225 litri per ogni abitante equivalente, con un minimo
assoluto di 3000 litri (mc. 3,00) complessivi.
134.3.3
Le due camere devono avere, di norma, pianta quadrata ed uguale capacità.
Sono comunque ammesse :
—
camere a pianta rettangolare con lunghezza non superiore a due
volte la larghezza;
—
camere di capacità diversa tra loro quando siano assicurate
una capacità non inferiore al 50% del totale per la prima camera
ed al 40% del totale per la seconda (ferma restando in ogni caso la
capacità complessiva minima stabilita dal presente articolo).
134.4
Caratteristiche tecniche delle fosse biologiche
134.4.1
Le fosse biologiche bicamerali, qualsiasi sia il materiale di cui
sono costituite, devono rispondere alle seguenti prescrizioni
tecniche generali :
—
la profondità del liquido, in ciascuna camera, deve risultare
compresa tra ml. 1,50 e ml. 1,70;
—
in ciascuna camera, deve essere assicurato uno spazio libero di almeno
cm. 20 tra il livello del liquido ed il cielo della fossa;
—
le tubazioni per l’afflusso e l’efflusso dei liquami devono
avere diametro non inferiore a cm. 10 e devono immergersi almeno 30
cm. sotto il livello del liquido;
—
il dispositivo di comunicazione tra una camera e l’altra (sella)
devono essere realizzati con tubazioni di diametro non inferiore a
cm. 10, poste ad “H” o ad “U” rovesciato, prolungate in alto
sino al cielo della fossa (in diretto contatto con le relative lapidi)
ed in basso sino ad immergersi almeno 30 cm. sotto il livello del liquido;
134.4.2
Le fosse biologiche devono essere dotate di chiusini a doppia lapide,
di materiale e fattura tali da garantire la chiusura ermetica.
Analoghi chiusini devono essere previsti in corrispondenza dei punti
di ispezione posizionati sul dispositivo di comunicazione tra
una camera e l’altra (sella).
134.5
Ventilazione delle fosse biologiche
134.5.1
Ogni fossa biologica dovrà essere dotata di propria tubazione di
ventilazione posizionata in prossimità del cielo della fossa,
di diametro non inferiore a cm. 10 e sfociante sopra la copertura
dell’edificio o comunque in posizione tale da non disperdere
cattivi odori in prossimità di locali abitabili. L’estremità superiore
della tubazione di ventilazione dovrà essere dotata di reticella
antinsetto di materiale inossidabile.
134.5.2
Nella parete che divide le due camere dovranno essere realizzati,
al di sopra del livello del liquido, idonei fori di ventilazione
in modo da mantenere uniforme la pressione ed assicurare la
ventilazione di entrambe le camere. In mancanza di tale requisito dovranno
essere previste tubazioni di ventilazione per entrambe le camere.
134.6
Caratteristiche costruttive delle fosse biologiche
134.6.1
Le fosse biologiche possono essere costruite in opera o mediante
l’impiego di elementi prefabbricati.
134.6.2
Fosse biologiche costruite in opera
Le fosse biologiche costruite in calcestruzzo armato dovranno avere
pareti e soletta di fondo di spessore non inferiore a cm. 15, mentre
la soletta di copertura dovrà essere dimensionata in funzione
dei massimi carichi che possono gravare sulla medesima in ragione
della sua ubicazione, con un minimo assoluto di cm. 8. Le fosse
biologiche costruite con muratura di mattoni dovranno avere il fondo costituito
da una soletta in calcestruzzo armato dello spessore non inferiore a
cm. 25, con sovrapposto uno strato di malta di cemento dello spessore
di cm. 5. Le pareti saranno costituite da pareti in mattoni pieni murati
con malta cementizia dello spessore non inferiore di cm. 26,
protette sul lato esterno da un rinfianco di calcestruzzo dello spessore
di almeno cm. 15, cosicchè lo spessore complessivo risulti non
inferiore a cm. 45. Tutte le facce interne della fossa dovranno essere
intonacate e lisciate con malta di cemento ed avere tutti gli angoli
arrotondati e il fondo concavo per la facile estrazione delle materie.
Le pareti che rimanessero fuori terra dovranno avere anch’esse
spessore non inferiore a cm. 45 ed essere intonacate anche sulle
faccia esterna.
134.6.3
Fosse biologiche di tipo prefabbricato
Gli elementi prefabbricati utilizzabili per la costruzione delle
fosse biologiche possono essere sia di tipo monoblocco che di tipo
ad elementi separati da comporre in opera (cosidette ad anelli).
Gli elementi monoblocco possono essere realizzati sia in calcestruzzo
che in altri materiali con idonee caratteristiche di impermeabilità
(vetroresina e simili).
Le fosse costituite da elementi prefabbricati composti in opera
(anelli) dovranno essere accuratamente stuccate in tutti i punti di
giunzione al fine di garantirne la migliore tenuta idraulica.
Per tutte le fosse di tipo prefabbricato valgono le seguenti
prescrizioni :
—
dovranno essere protette da un idoneo rinfianco di calcestruzzo
di spessore tale che lo spessore complessivo (parete della fossa più
rinfianco) non sia mai inferiore a cm. 15;
—
il fondo dello scavo dovrà essere privo di asperità e ben livellato
con un getto di calcestruzzo in modo tale da garantire la stabilità del
manufatto;
—
la soletta di copertura dovrà essere dimensionata in funzione
dei massimi carichi che possono gravare sulla medesima in ragione
della sua ubicazione.
Art. 135
Fosse
settiche tipo Imhoff
135.1
Prescrizioni di carattere generale
135.1.1
Le fosse settiche tipo Imhoff sono caratterizzate dal fatto di
avere compartimenti distinti per il liquame e il fango e devono
essere adottate per il trattamento congiunto delle acque saponose
e delle acque nere in tutti i casi in cui esse siano prescritte dal
presente Regolamento.
135.1.2
Alle fosse settiche Imhoff non possono essere mai condotte acque
pluviali.
135.2
Dimensionamento delle fosse settiche Imhoff
135.2.1
Le fosse settiche Imhoff devono essere dimensionate in funzione del
numero di abitanti equivalenti corrispondente all’edificio (o
porzione di edificio) che vi recapita.
135.2.2
Il comparto di sedimentazione dovrà avere capacità pari a 40-50
litri per abitante equivalente, con un minimo assoluto di 250 litri. Il
compartimento del fango dovrà avere capacità pari a 150-160 litri
per abitante equivalente, con un minimo assoluto di 900 litri. E’ ammesso
ridurre la capacità del compartimento del fango fino a 100-120
litri per abitante equivalente a condizione che l’estrazione del
fango sia eseguita due volte l’anno.
135.3
Caratteristiche tecniche delle fosse settiche Imhoff
135.3.1
Le fosse settiche Imhoff, qualsiasi sia il materiale di cui sono costituite,
devono rispondere alle seguenti prescrizioni tecniche generali :
—
deve essere assicurato uno spazio libero di almeno cm. 20 tra il
livello del liquido ed il cielo della fossa;
—
le tubazioni per l’afflusso e l’efflusso dei liquami devono
avere diametro non inferiore a cm. 10 e devono costituire idonea interruzione
idraulica sia in ingresso che in uscita, immergendosi almeno 30 cm.
sotto il livello del liquido;
135.4
Posizionamento, ventilazione e caratteristiche costruttive delle
fosse settiche Imhoff
135.4.1
Per quanto attiene il posizionamento, la ventilazione e le
caratteristiche costruttive, le fosse settiche Imhoff devono rispondere
alle stesse prescrizioni già dettate per le fosse biologiche e di cui
ai commi 134.2, 134.5, 134.6.
Art. 136
Depuratori ad
ossidazione totale
136.1
L’utilizzo dei depuratori ad ossidazione totale, nella varie
forme in cui i medesimi si trovano in commercio, è richiesto ogni
volta che, per il tipo di ricettore finale cui si intende convogliare
le acque trattate, si debba conseguire un livello di depurazione
molto spinto, con degradazione pressochè totale delle sostanze
organiche biodegradabili e nitrificazione delle parti azotate.
136.2
I depuratori ad ossidazione totale sono solitamente costituiti da
elementi monoblocco prefabbricati, in genere suddivisi in più
vasche o scomparti, ed utilizzano un sistema di depurazione a fanghi
attivi ad ossidazione totale, basato sull’azione dei batteri presenti
nel liquame che, riuniti in colonie, costituiscono in fango attivo.
Nell’impianto viene insufflata meccanicamente l’aria necessaria
alla sopravvivenza ed alla riproduzione dei batteri, i quali
utilizzano per la loro nutrizione le sostanze organiche inquinanti
contenute nel liquame, abbattendole.
136.3
Considerato come in commercio esistano numerose tipologie di impianto
ad ossidazione totale, accomunate dal principio di funzionamento
ma differenti tra loro per tipo di materiali impiegati, numero e
capacità degli scomparti, numero e natura degli ingressi nonché
per lo stesso percorso delle acque internamente all’impianto, non
vengono impartite prescrizioni e specifiche tecniche vincolanti in
merito agli aspetti costruttivi di tale tipo di impianti di depurazione.
136.4
Il livello di depurazione conseguito da ciascun impianto dovrà
risultare da apposita documentazione tecnica o certificazione
rilasciata dalla ditta produttrice e l’impianto medesimo potrà essere
utilizzato solo per il trattamento di acque reflue destinate a corpi
ricettori congruenti con il livello di depurazione garantito.
136.5
Sia la posa che la manutenzione dell’impianto dovranno avvenire
in completa conformità alle specifiche tecniche fornite dal
costruttore.
Art. 137
Altri tipi di
depuratori
137.1
Potranno essere ammessi impianti di trattamento e depurazione delle
acque reflue diversi da quelli contemplati negli articoli precedenti
solo quando venga dimostrato che i medesimi conseguono livelli
di depurazione non inferiori a quelli prescritti dal presente
Regolamento e dalle altre norme vigenti in materia, in funzione del
tipo di ricettore finale cui sono destinate le acque trattate.
Art. 138
Recapito dei
liquami nel suolo mediante sub-irrigazione
138.1
L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante
sub-irrigazione, dei liquami provenienti dal trattamento delle acque
reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, secondo
quanto previsto dal presente Regolamento.
138.2
Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff
(o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere
condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto e da qui immesso
nella condotta o rete disperdente.
138.3
La condotta disperdente può essere costituita da tubazioni
microfessurate continue o da elementi tubolari con estremità
tagliate dritte e distanziati di cm. 1-2 cm l’uno dall’altro. In
ogni caso la condotta disperdente deve essere protetta superiormente
da tegole (o comunque da elementi semicurvi atti a svolgere
analoga funzione protettiva) ed avere pendenza compresa tra lo 0,2% e
lo 0,6%.
138.4
La condotta deve essere posata in una trincea profonda almeno cm.
70, la cui metà inferiore deve essere riempita con pietrisco di varia
pezzatura (3-6 o superiore) che avvolga completamente la condotta.
La parte superiore della trincea deve essere riempita con il terreno
proveniente dallo scavo, previa interposizione di uno strato di
tessuto-non tessuto o di altro materiale atto ad impedire che il
terreno di rinterro penetri nei vuoti del sottostante riempimento
in pietrisco.
138.5
La trincea delle seguire approssimativamente l’andamento delle
curve di livello, in modo tale che la condotta disperdente mantenga la
pendenza contenuta nei limiti prescritti. Di norma la trincea deve
essere posizionata lontano da fabbricati, aie, aree pavimentate o altre
sistemazioni che ostacolano il passaggio dell'aria nel terreno
138.6
La distanza fra il fondo della trincea ed il massimo livello della
falda non dovrà essere inferiore ad un metro. Nel tratto a valle
della condotta l’acqua di falda non potrà essere utilizzata per uso
potabile o domestico o per irrigazione di prodotti mangiati crudi,
a meno di accertamenti chimici e microbiologici caso per caso da
parte dell'autorità sanitaria. Fra la condotta disperdente e un
qualunque serbatoio, pozzo od altra opera destinata al servizio di
acqua potabile deve essere mantenuta una distanza minima di 30 metri.
138.7
L’andamento della trincea e della condotta disperdente può
essere lineare e continuo su una sola fila oppure costituito da una
condotta centrale con ramificazioni a pettine, a doppio pettine o ad
altro analogo. Lo sviluppo lineare complessivo della condotta disperdente
deve essere determinato in funzione della natura del terreno e del
numero di abitanti equivalenti secondo in seguenti parametri :
tipo di terreno
sviluppo lineare per abitante equivalente
.............
sabbia sottile, materiale leggero di riporto............................................
2 ml/abitante
.............
sabbia grossa e pietrisco ....................................................................
3 ml/abitante
.............
sabbia sottile con argilla......................................................................
5 ml/abitante
.............
argilla con poca di sabbia .................................................................
10 ml/abitante
.............
argilla compatta .....................................................................................
non adatta
Potranno essere ammessi valori diversi da quelli sopraindicati nei
casi in cui le caratteristiche del terreno siano preventivamente
accertare mediante apposite prove di percolazione.
138.8
La distanza tra due diverse condotte disperdenti non deve essere
mai inferiore a 25 metri.
138.9
Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia
intasamento del pietrisco o del terreno sottostante, che non si
manifestino impaludamenti superficiali, che non aumenti il numero
delle persone servite ed il volume di liquame giornaliero disperso,
che livello della falda rimanga in valori compatibili.
Art. 139
Recapito dei
liquami nel suolo mediante pozzi assorbenti
139.1
L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante pozzo
assorbente, dei liquami provenienti dal trattamento delle acque
reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fognatura,
secondo quanto previsto dal presente Regolamento.
139.2
Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff
(o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere
condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto da cui deve
essere poi immesso nel pozzo assorbente.
139.3
Il pozzo deve avere forma cilindrica e diametro interno di almeno
un metro. Esso può essere costruito in muratura (pietrame o mattoni)
oppure in calcestruzzo, e deve essere privo di platea. Nella parte
inferiore, in corrispondenza del terreno permeabile, le pareti devono
essere permeabili (praticandovi feritoie o realizzandole in
muratura a secco o con altra idonea tecnica costruttiva). Sul fondo
del pozzo, in luogo della platea, deve essere realizzato uno strato di
pietrame e pietrisco dello spessore di circa mezzo metro. Analogo
anello di pietrame e pietrisco (sempre dello spessore di circa mezzo
metro) deve essere formato esternamente alla porzione permeabile delle
pareti del pozzo. In entrambi i casi, in prossimità del fondo e
della parete permeabile, il pietrame deve essere di pezzatura maggiore
rispetto al pietrisco soprastante o retrostante.
139.4
La copertura del pozzo deve trovarsi ad una profondità di almeno
cm. 60. Il pozzetto deve essere collocato sulla copertura del pozzo e
dotato di adeguati chiusini. Lo spazio residuo soprastante la copertura
del pozzo e l’anello di pietrisco circostante, deve essere
reinterrato mediante terreno ordinario con soprassesto per evitare
ogni avvallamento e previa interposizione di uno strato di
tessuto-non tessuto o di altro materiale atto ad impedire che il terreno
di rinterro penetri nei vuoti del sottostante riempimento in pietrisco.
Per la ventilazione dello strato drenante devono essere poste in opera
tubazioni di aerazione di opportuno diametro, che interessino lo
strato di pietrisco per una profondità di almeno un metro.
139.5
Di norma i pozzi assorbenti debbono essere posizionati lontano da
fabbricati, aie, aree pavimentate o altre sistemazioni che
ostacolano il passaggio dell'aria nel terreno
139.6
La differenza di quota tra il fondo del pozzo ed il massimo livello
della falda non dovrà essere inferiore a 2 metri. Nel tratto a
valle della condotta l’acqua di falda non potrà essere utilizzata
per uso potabile o domestico o per irrigazione di prodotti mangiati
crudi, a meno di accertamenti chimici e microbiologici caso per
caso da parte dell'autorità sanitaria. Fra il pozzo e un qualunque
serbatoio, pozzo od altra opera destinata al servizio di acqua potabile
deve essere mantenuta una distanza minima di 50 metri.
139.7
La superficie della parete perimetrale del pozzo, deve essere
determinato in funzione della natura del terreno e del numero di
abitanti equivalenti secondo in seguenti parametri:
tipo di terreno
superficie per abitante equivalente
.............
sabbia grossa e pietrisco ...................................................................
1 mq/abitante
.............
sabbia fine ......................................................................................
1,5 mq/abitante
.............
argilla sabbiosa o riporto.................................................................
2,5 mq/abitante
.............
argilla con molta sabbia o pietrisco .....................................................
4 mq/abitante
.............
argilla con poca sabbia o pietrisco .....................................................
8 mq/abitante
.............
argilla compatta impermeabile ................................................................
non adatta
Potranno essere ammessi valori diversi da quelli sopraindicati nei
casi in cui le caratteristiche del terreno siano preventivamente
accertare mediante apposite prove di percolazione. In ogni caso la
capacità del pozzo non deve essere inferiore a quella della vasca di
chiarificazione che precede il pozzo stesso.
139.8
Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia
accumulo di sedimenti o di fanghiglia nel pozzo od intasamento del
pietrisco e del terreno circostante, che non si verifichino impantanamenti
nel terreno circostante; che non aumenti il numero delle persone servite
ed il volume di liquame giornaliero disperso, che livello della
falda rimanga in valori compatibili.
Art. 140
Percolazione
nel terreno mediante sub-irrigazione con drenaggio
140.1
Il sistema di percolazione nel terreno mediante sub-irrigazione con
drenaggio deve essere adottato in tutti i casi in cui sia ammessa la
sub-irrigazione normale ma ci si trovi in presenza di terreni impermeabili.
140.2
Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff
(o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere
condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto da cui deve
essere poi immesso nella condotta o rete disperdente.
140.3
Il sistema consiste in una trincea, profonda da ml. 1,00 a ml.1,50
con il fondo costituito da uno strato di argilla, sul quale si posa la
condotta drenante sovrastata in senso verticale da strati di pietrisco
grosso, minuto e grosso. Nello spessore dell'ultimo strato si colloca
la condotta disperdente.
140.4
Tubi di aerazione di adeguato diametro devono essere collocati
verticalmente, dal piano di campagna fino allo strato di pietrisco
grosso inferiore, disposti alternativamente a destra e a
sinistra delle condotte e distanziate da 2 a 4 metri l'uno dall'altro.
140.5
La condotta drenante sbocca in un idoneo ricettore (rivolo, alveo,
impluvio, ecc.), mentre la condotta disperdente termina chiusa 5
metri prima dello sbocco della condotta drenante.
140.6
Lo sviluppo lineare delle condotte si dimensiona assumendo come
parametro minimo ml. 2,00 per abitante equivalente.
140.7
Per quanto attiene le caratteristiche costruttive e di posa delle
condotte, il loro posizionamento, le distanze di rispetto e quanto
altro non espressamente trattato nel presente articolo, si applicano
le prescrizioni già impartite all’art. 138 per le normali condotte
di sub-irrigazione.
140.8
Per l'esercizio si controllerà periodicamente il regolare
funzionamento del sistema, dal sifone del pozzetto di alimentazione,
allo sbocco del liquame, ai tubi di aerazione e si verificherà nel
tempo che non si abbia aumento del numero degli abitanti equivalenti
e che livello della falda rimanga in valori compatibili.
Art. 141
Fitodepurazione
141.1
L’utilizzo di impianti a fitodepurazione come recapito finale dei
liquami provenienti dal trattamento delle acque reflue è ammesso
nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, secondo quanto previsto
dal presente Regolamento.
141.2
L’impianto a fitodepurazione (impianto fitodepurativo assorbente)
sfrutta il potere depurativo di determinati tipi di vegetazione
ed è costituito sostanzialmente da uno o più letti assorbenti,
sul fondo dei quali corre una tubazione disperdente che rilascia il liquame
in prossimità dell’apparato radicale delle piante.
141.3
I letti assorbenti sono costituiti da vassoi di estensione
complessiva commisurata alla potenzialità dell’impianto e
realizzati in materiale atto a garantirne la tenuta (calcestruzzo, resina
poliestere od altro idoneo materiale). Sul fondo dei letti viene steso
uno strato di ghiaietto (pezzatura mm. 8-15 ) dello spessore di almeno
cm. 30. Al di sopra del ghiaietto viene riportato uno strato di terreno vegetale
di spessore non inferiore a cm. 40. Il terreno vegetale viene quindi adeguatamente
piantumato con arbusti sempreverdi od altra vegetazione idrofila.
141.4
Il liquame chiarificato in uscita dal dispositivo di trattamento
(tipicamente, ma non necessariamente, una fossa settica tipo
Imhoff) deve essere condotto, mediante tubazione a tenuta, in un
pozzetto da cui deve essere poi immesso nella condotta disperdente.
Detta condotta corre sul fondo del letto assorbente, immersa dalla
strato di ghiaietto, ed è costituita da tubazioni microfessurate
continue, posate con pendenza non superiore allo 0,4%.
141.5
Il livello del liquame nell’impianto sarà determinato dal
livello del pozzetto di distribuzione è dovrà corrispondere alla
strato di ghiaietto posato sul fondo del letto assorbente. Da qui i liquidi
saranno assorbiti, per capillarità, dall’apparato radicale delle
piante collocate nel soprastante strato di terreno vegetale.
141.6
In uscita dall’impianto, sul lato opposto a quello di ingresso
del liquame, deve essere posto un secondo pozzetto di ispezione e da
questo deve dipartirsi una tubazione di troppo pieno di sicurezza che
consente il celere deflusso di improvvisi ed eccessivi apporti meteorici,
mantenendo il liquido nell’impianto ai livelli di progetto. La tubazione
di troppo pieno smaltirà l’eccesso di acqua nel suolo mediante un
breve tratto di tubazione disperdente per sub-irrigazione.
141.7
Le dimensioni dei letti assorbenti e della superficie piantumata dovranno
essere tali da garantire sufficienti livelli di depurazione ed evitare
la formazione di reflui effluenti. A tal fine l’impianto dovrà
presentare una estensione (superficie della faccia superiore dello
strato di ghiaietto) di almeno mq. 1,50 per ogni abitante equivalente,
con un minimo assoluto di mq. 6.
141.8
La vegetazione da piantumare dovrà essere costituita da arbusti o
fiori con spiccate caratteristiche idrofile, quali ad esempio :
Arbusti
Fiori
Aucuba Japonica
Auruncus Sylvester
Bambù
Astilbe
Calycantus Florindus
Elymus Arenarius
Cornus Alba
Felci
Cornus Florida
Iris Pseudoacorus
Cornus Stolonifera
Iris Kaempferi
Cotoneaster Salicifolia
Lythrum Officinalis
Kalmia Latifolia
Nepeta Musini
Laurus Cesarus
Petasites Officinalis
Sambucus Nigra
Thuya Canadensis
141.9
Per l'esercizio si controllerà periodicamente che non vi sia
intasamento della tubazione disperdente, che non si manifestino
impaludamenti superficiali, che non aumenti il numero delle persone
servite ed il volume di liquame giornaliero disperso.
Art. 142
Pozzi a
tenuta
142.1
E’ consentita l’installazione di pozzi a tenuta solo nei casi
in cui è prevista la fertirrigazione con le limitazioni
previste dalla vigente normativa (L.R. 5/86). Il pozzo dovrà raccogliere
esclusivamente reflui di tipo organico (liquame animale ed acque di
vegetazione) privi di ogni altra contaminazione chimica ed avere
caratteristiche di perfetta tenuta e capacità adeguate allo
scopo, oltre che essere muniti di colonna di ventilazione sul
tetto.
CAPITOLO XVII : OPERE ESTERIORI AI FABBRICATI
Art. 143
Opere
esteriori ai fabbricati
143.1
Sono soggette alle prescrizioni di cui al presente Capitolo le
opere esteriori agli edifici, con particolare riferimento agli
elementi aggettanti da realizzarsi su facciate che prospettino
sulla pubblica via, o comunque su spazi pubblici, ovunque ubicati
nell’ambito del territorio comunale, ivi comprese le zone non
urbanizzate.
143.3
Il rispetto di dette norme è condizione necessaria ma non
sufficiente per l’ammissibilità dell’opera, la quale rimane
sempre subordinata al rispetto delle caratteristiche tipologiche ed
architettoniche dell’edificio su cui deve inserirsi, con particolare
riferimento agli edifici ricadenti nella zona omogenea “A”.
Art. 144
Terrazze a
sbalzo sulla pubblica via
144.1
La realizzare di terrazze a sbalzo su facciate frontistanti vie
ed altri spazi pubblici è ammessa esclusivamente quando dette vie o
spazi presentino una larghezza di almeno di ml. 8, misurati ortogonalmente
alla facciata interessata, dalla medesima sino alla facciata frontistante
o, quando l’edificio contrapposto non esista o sia arretrato
rispetto al filo stradale, sino al filo retromarciapiede del
lato opposto della via.
144.2
Nelle strade o spazi di larghezza maggiore, le terrazze a sbalzo
non dovranno aggettare oltre ml. 1,00 dal piano verticale della
facciata e dovranno essere impostati a quota tale da lasciare
una altezza libera non inferiore a ml. 3,50 dal filo retromarciapiede
all’intradosso del terrazzo.
144.3
Le mensole, travi od altri elementi a sostegno o decorazione del
terrazzo non potranno in nessun caso essere impostate a quota
inferiore di oltre un metro rispetto a quella prescritta per il
terrazzo medesimo.
Art. 145
Elementi decorativi a rilievo
145.1
Gli elementi decorativi a rilievo e gli altri elementi sporgenti
dal piano verticale della facciata, fino ad una altezza di ml. 2,10
da terra, non dovranno presentare sporgenza superiore a cm. 6
rispetto al filo dello zoccolo del fabbricato o, in assenza del medesimo,
rispetto al piano verticale passante per il filo retromarciapiede.
145.2
Gli elementi decorativi posti ad altezza superiore potranno avere
aggetti superiori a quello di cui al comma precedente, a condizione
che ben si armonizzino sia con il resto della facciata che, quando
si tratti di edifici ricadenti nella zona omogenea “A”, con quelle
contigue ed i caratteri tipologici ed architettonici del contesto.
Art. 146
Cornicioni o gronde
146.1
Nell’ambito della zona omogenea “A”, i cornicioni di
coronamento degli edifici e gli aggetti di gronda dei medesimi non
potranno avere sporgenze superiori a ml. 1,50 rispetto al piano
verticale passante per il filo retromarciapiede.
146.2
E’ fatta eccezione per le gronde di tipo tradizionale alla
fiorentina, per le quali, quando eccedenti i limiti di cui al comma
precedente, giudicherà caso per caso la Commissione Edilizia.
Art.
147
Zoccoli
147.1
Gli zoccoli, ed in genere tutte le parti basamentali degli
edifici, non potranno mai occupare il suolo pubblico.
147.2
Potrà derogarsi alla disposizione di cui al comma precedente
solo nel caso in cui si intervenga su edifici esistenti privi di
zoccolatura e ricadenti nella zona omogenea “A”, quando venga
dimostrato come la realizzazione dello zoccolo sia elemento utile al
miglior inserimento nel contesto di un edificio privo di proprio
valore storico ed architettonico.
147.3
Ferme restando le limitazioni di cui ai commi precedenti, gli
zoccoli da realizzarsi su pareti di edifici e muri di cinta
confinanti con spazi pubblici dovranno avere altezza non minore di
cm. 60 ed essere realizzati in pietra od altro materiale resistente
ed impermeabile.
147.4
Nell’ambito della zona omogenea “A”, gli zoccoli formati
con intonaco a pinocchino saranno ammessi solo quando tipici della
zona o comunque già presenti negli edifici contigui.
Art. 148
Muri di cinta
148.1
I muri di cinta, quando non siano in materiale originariamente
previsto a faccia vista, dovranno essere intonacati al civile e
tinteggiati con colori idonei a non produrre disarmonia con l'ambiente
circostante.
148.2
Muri di cinta e recinzioni in genere non potranno avere altezza
superiore a ml. 3,00. Eventuali eccezioni debbono essere
adeguatamente motivate e sulle medesime si esprimerà caso per
caso la Commissione Edilizia.
Art. 149
Tettoie a sbalzo
149.1
Le tettoie a sbalzo da realizzare su facciate prospicienti spazi
pubblici sono ammesse solo per la protezione dell’accesso principale
dell’edificio o degli ingressi a luoghi aperti al pubblico.
149.2
Dette tettoie, qualsiasi sia la loro sporgenza, dovranno in ogni
caso mantenere una altezza libera non inferiore a ml. 2,50
misurata dal filo retromarciapiede al punto più basso della tettoia,
riducibili a ml. 2,30 per le sole mensole, travi ed elementi decorativi
ancorati alla facciata.
149.3
Per le tettoie impostata alla minima altezza ammessa, la
sporgenza massima, compresi i canali di gronda, non dovrà essere
superiore a ml. 1.00. Per le tettoie poste ad altezza di almeno ml.
4,00, la sporgenza massima, compresi i canali di gronda, non potrà
superare ml. 2,50. Per le tettoie poste a quota intermedia la
sporgenza massima ammessa varierà proporzionalmente all’altezza
delle medesime dal filo retromarciapiede, con riferimento ai
valori minimo e massimo precedentemente indicati.
149.4
In nessun caso sono ammesse tettoie a sbalzo di sporgenza superiore
alla larghezza del marciapiede o comunque a ml. 2,50.
149.5
Dette tettoie dovranno essere munite di apposito sistemi per la
raccolta ed il convogliamento alla fognatura delle acque piovane. Le
calate dovranno essere incassate nella muratura.
149.6
Tutte le tettoie, di qualsiasi altezza e sporgenza, dovranno
essere collocate in modo tale da non nascondere la pubblica illuminazione,
i cartelli indicatori dei nomi delle vie od altri elementi di interesse
pubblico.
Art. 150
Infissi ed affissi
150.1
Tutte le porte che prospettino sulla pubblica via o su altri
spazi destinati al pubblico transito devono aprirsi, di norma,
verso l’interno dell’edificio.
150.2
Quando ciò non sia possibile e, per assicurare il rispetto di
normative specifiche, le porte debbano aprirsi verso l’esterno,
queste dovranno essere debitamente arretrate rispetto al filo
della facciata in modo tale da non costituire intralcio alla libera
circolazione di veicoli e pedoni.
150.3
Le persiane, gli avvolgibili con apparato a sporgere ed altri
simili affissi potranno aprirsi verso l'esterno solo quando la
loro parte inferiore si trovi ad altezza di almeno m. 2,30 dal
filo retromarciapiede.
150.4
Le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2 possono essere
derogate solamente per gli edifici esistenti per motivi di
sicurezza ove sia dimostrata la materiale impossibilità del rispetto
di quanto ivi previsto.
Art. 151
Modifiche di logge o porticati
151.1
Qualsiasi intervento che interessi logge o porticati, anche
quando ammissibile in funzione della capacità edificatoria
dell’edificio e del tipo di intervento ammesso dal P.R.G., non potrà
in nessun caso comportare alterazione dell’equilibrio architettonico
e dei valori formali dell’edificio.
151.2
A tal fine, in linea generale, non sono ammessi interventi
parziali che prevedano la chiusura, parziale o totale, delle logge
o porticati di pertinenza di singole unità immobiliari che siano
parte di edifici pluripiano o comunque costituiti da una pluralità
di unità immobiliari.
151.3
Sono, viceversa, ammessi interventi estesi all’intero edificio
che, mediante un progetto unitario, assicurino l’equilibrio
architettonico ed il rispetto dei valori formali dell’immobile, finanche
a giungere all’organico ridisegno delle facciate interessate.
151.4
In casi del tutto eccezionali potranno essere ammessi progetti
riguardanti singole unità immobiliari (o comunque non
l’edificio nella sua interezza) a condizione che la rappresentazione
grafica sia estesa all’intero edificio e dimostri come l’intervento
progettato, pur nella sua parzialità, ben si inserisca nel contesto
e con arrechi turbativa alcuna ai caratteri architettonici
dell’immobile. Detti progetti parziali sono sottoposti obbligatoriamente
al parere della Commissione Edilizia, il cui eventuale parere
contrario è vincolante.
151.5
In tutti i casi di intervento su logge e porticati rimangono
ferme le disposizioni di cui ai commi 52.3.4 e 52.3.5.
Art. 152
Mostre ed insegne
152.1
Le facciate dei fabbricati di nuova costruzione o derivanti da
interventi di ristrutturazione urbanistica, quando i
fabbricati medesimi prevedano locali a destinazione commerciale
o esercizi pubblici, dovranno essere predisposte per le relative
mostre ed insegne.
152.2
Le mostre ed insegne dovranno essere collocate esclusivamente nei
vani e spazi prestabiliti, senza alterare le linee architettoniche
dell’edificio, ed il loro aggetto non potrà superare i cm.
5 rispetto al piano verticale passante per il filo retromarciapiede.
Le cornici superiori delle mostre e delle vetrine che si trovino
poste almeno a ml. 2,50 dalla quota del retromarciapiede potranno
aggettare fino a cm. 15 oltre la sporgenza ordinaria.
Art. 153
Numeri civici
153.1
In caso di costruzione di nuovi fabbricati o di apertura di nuove
porte di accesso ai fabbricati esistenti, il proprietario deve
richiedere ai competenti Uffici Comunali il numero civico da applicarsi
alle porte.
153.2
Tale numerazione sarà eseguita, di regola, con tavolette di
porcellana, di forma, dimensioni e colori uguali a quelle
adottate dal Comune e sarà a carico dei rispettivi proprietari.
153.3
In caso di demolizioni di fabbricati che non debbano essere più
ricostruiti o nel caso di soppressione di porte esterne di
accesso, i proprietari devono notificare al Comune i numeri
soppressi.
Art. 154
Cartelli indicatori
154.1
E' riservato al Comune, senza corresponsione di alcuna indennità
o compenso, il diritto di collocare sulle facciate degli stabili
di proprietà privata i cartelli indicatori delle vie o piazze e
quelli portanti indicazioni di pubblica utilità.
2.2
I proprietari hanno l'obbligo di non
rimuovere detti cartelli, di non sottrarli alla pubblica vista e di
rinnovarli quando siano stati distrutti o danneggiati per fatti loro
imputabili.
Allegato “A”
DOCUMENTAZIONE MINIMA COSTITUENTE I
PROGETTI DEI DIVERSI TIPI DI INTERVENTO
I
singoli elaborati, atti o documenti costituenti il progetto devono
avere le caratteristiche di cui ai commi che seguono.
1.
Certificazioni, dichiarazioni, NN.OO. e simili
1.1
Devono essere allegate al progetto, quando necessarie in funzione
dell’intervento progettato, le seguenti certificazioni, dichiarazioni,
nulla osta od atti :
a.1)
Certificazione di proprietà e/o certificazione storico-catastale,
nei casi in cui detti elementi assumano rilevanza al fine di accertare
l’ammissibilità dell’intervento progettato.
a.2)
Documentazione sulla destinazione d’uso, in atto o passata,
nei casi in cui detto elemento assuma rilevanza al fine di accertare
l’ammissibilità dell’intervento progettato.
a.3)
nulla osta rilasciato dalla competente Soprintendenza, nel caso
di interventi su immobili vincolati ai sensi della L. 1089/39.
2.
Relazioni e documentazione fotografica
2.1
Il progetto deve sempre essere corredato dalla seguente documentazione
:
b.1)
Relazione tecnico illustrativa contenente l’identificazione
dell’immobile, l’illustrazione del progetto, la dimostrazione
di conformità del medesimo al presente Regolamento, alle prescrizioni
del P.R.G e delle altre norme in materia edilizio-urbanistica, gli ulteriori
elementi idonei ad illustrare il progetto
anche per quanto attiene i suoi valori formali e di inserimento
nel contesto.
b.2)
Documentazione fotografica generale e di dettaglio dell’immobile,
proporzionata alla natura e complessità del medesimo. Per gli interventi
di nuova costruzione o che comunque comportino modificazioni
nel rapporto tra l’edificio e l’intorno, la documentazione
fotografica dovrà essere estesa all’ambiente circostante
in modo tale da consentire una corretta valutazione del progetto
in rapporto al contesto. Per gli interventi sul patrimonio
edilizio esistente per i quali sia prescritta l’analisi storico
critico stilistica, la documentazione fotografica di dettaglio
dovrà essere estesa a tutti gli elementi menzionati in detta
analisi o comunque significativi ai fini della valutazione della
qualità del progetto.
2.2
Quando necessario in funzione dell’intervento progettato, il
progetto deve inoltre essere corredato dalle seguenti ulteriori
relazioni :
b.3)
Relazione illustrante la conformità del progetto alla normativa
vigente in materia di superamento delle barriere
architettoniche, corredata della relativa documentazione illustrativa
e di esplicita dichiarazione di conformità, in tutti i casi in
cui l’intervento, per sua natura o per l’uso dei locali, sia soggetto
alla normativa in questione.
3.
Elaborati relativi allo stato attuale
3.1
La rappresentazione grafica dello stato attuale deve avvenire,
di norma, mediante i seguenti elaborati :
c.1)
Estratto di mappa catastale con perimetrazione dell’area interessata
dall’intervento.
c.2)
Planimetria in scala 1/200 con indicazione:
•
delle quote planimetriche ed altimetriche sia del lotto interessato
che degli spazi pubblici prospicienti, riferite a punti fissi facilmente
identificabili e stabili nel tempo.
•
delle strade, dei parcheggi, delle linee ferroviarie, degli elettrodotti
di alta tensione, dei corsi d’acqua e di tutti gli altri elementi che
possono condizionare la progettazione ai fini del rispetto delle
distanze e delle altezze (altezze edifici adiacenti, pareti finestrate,
cigli stradali e ferroviari, corsi d’acqua, servitù pubbliche,
ecc.);
•
delle aree a giardino e delle alberature di medio e alto fusto;
c.3)
Profili dell’andamento altimetrico dell’edificio rispetto
al terreno, alle strade ed agli edifici circostanti (nel caso di
nuove costruzioni o di interventi che comportino modifica
della sagoma dell’edificio)
c.4)
Pianta di ogni piano dell’edificio (o dell’unità immobiliare interessata dal progetto) nella scala minima 1:100, complete
di :
•
quote atte ad indicare le dimensioni di ciascun vano e delle aperture
di facciata,
•
indicazione della destinazione di tutti i vani, compresi quelli
accessori,
•
indicazione della superficie di ciascun vano abitabile con verifica
del relativo rapporta areo-illuminante.
c.5)
Sezioni nella scala minima 1:100, in numero e posizione sufficienti
a fornire una completa rappresentazione altimetrica dell’edificio,
o dell’unità immobiliare interessata dal progetto, con indicazione
dell’altezza dell’edificio, della altezza interna netta di
ciascun piano nonchè delle altezze minima e massima di eventuali
porzioni con copertura inclinata. Nel caso di nuove costruzioni,
o di interventi sul patrimonio edilizio esistente che comportino
modifiche della sagoma dell’edificio, le sezioni dovranno inoltre
contenere gli ulteriori elementi atti a
rappresentare compiutamente i rapporti altimetrici con le
aree scoperte e gli edifici contigui. Potrà ammettersi una rappresentazione
grafica semplificata delle sezioni, con la sola indicazione
delle altezze interne, nel caso di interventi sul patrimonio
edilizio esistente di modesta entità e riferiti a singole unità
immobiliari, per loro natura non suscettibili di comportare
modificazioni della sagoma.
c.6)
Prospetti dell’edificio nella scala minima 1:100, con indicazione
dettagliata dei materiali previsti dal progetto. Nel caso di interventi
sul patrimonio edilizio esistente, potrà omettersi la rappresentazione
dei prospetti che non siano interessati da modifiche. Sempre per
detti interventi, quando i medesimi siano di modesta entità e
riferiti a singole unità immobiliari, potrà ammettersi che la
rappresentazione sia limitata alla porzione di prospetto interessata
dall’intervento, fermo restando, in ogni caso, l’obbligo di fornire
una idonea rappresentazione delle facciate mediante la documentazione
fotografica.
c.7)
Eventuali particolari architettonici e decorativi nella scala più
idonea alla loro rappresentazione.
4.
Elaborati relativi allo stato di progetto
4.1
La rappresentazione grafica dello stato di progetto deve avvenire,
di norma, mediante i seguenti elaborati :
d.1)
Planimetria in scala 1/200, come già indicato al punto a2 ed
inoltre con perimetrazione dell’opera progettata ed indicazione
delle distanze della medesima dagli edifici adiacenti, dai confini,
dalla viabilità, ecc.
d.2)
Profili, come già indicato al punto c.3
d.3)
Tavola dei valori urbanistici contenente :
•
rappresentazione schematica del terreno, dell’edificio, degli
spazi per parcheggi nonché di ogni altro elemento la cui estensione
sia rilevante ai fini dell’ammissibilità dell’intervento,
scomposti in figure geometriche elementari debitamente quotate;
•
esplicazione analitica dei calcoli per la determinazione del
valori e parametri urbanistici previsti dal P.R.G o da altre norme
vigenti;
•
comparazione dei valori di progetto con quelli ammessi dal
P.R.G., dal presente Regolamento o dalle altre norme di riferimento.
d.4)
Pianta di ogni piano, come già indicato al punto c.4
d.5)
Sezioni, come già indicato al punto c.5
d.6)
Prospetti, come già indicato al punto c.6
d.7)
Eventuali particolari architettonici e decorativi, come già indicato
al punto c.7.
d.8)
Progetti delle opere di urbanizzazione primaria, nei casi in cui
le medesime siano mancanti o quando ciò sia prescritto dalle
N.T.A. del P.R.G. o dal presente Regolamento.
d.9)
Elaborati atti a dimostrare l’assenza delle condizioni di rischio
legati a fenomeni di esondazione o ristagno così come previsto
dalla D.C.R. 21/6/1994 n. 230, in tutti i casi in cui
l’intervento ricada in zona soggetta a detta tutela.
5.
Elaborati relativi allo stato di sovrapposizione
5.1
La rappresentazione grafica dello stato di sovrapposizione deve
avvenire, di norma, mediante i seguenti elaborati :
e.1)
Planimetria in scala 1/200 derivante dalla sovrapposizione
degli ingombri di cui ai punti c.2 e d.1, con colorazione
convenzionale in giallo e rosso (nel caso di nuove costruzioni o di
interventi che comportino modifica dell’ingombro planimetrico
dell’edificio)
e.2)
Profili derivanti dalla sovrapposizione di quelli di cui ai punti
c.3 e d.2, con colorazione convenzionale in giallo e rosso (nel caso
di nuove costruzioni o di interventi che comportino modifica del
profilo altimetrico dell’edificio)
e.3)
Pianta di ogni piano, derivante dalla sovrapposizione tra
quelle di cui ai punti c.4 e d.4, con colorazione convenzionale in
giallo e rosso
e.5)
Sezioni, derivante dalla sovrapposizione tra quelle di cui ai
punti c.5 e d.5, con colorazione convenzionale in giallo e rosso
e.6)
Prospetti, derivanti dalla sovrapposizione tra quelli di cui ai
punti c.6 e d.6, con colorazione convenzionale in giallo e rosso
6.
Ulteriori prescrizioni in merito al progetto
6.1
Gli elaborati costituenti il progetto devono essere nel formato
da cm. 21x29,7 a cm. 21x31 o ad esso ridotti mediante piegatura.
Essi devono essere prodotti in triplice copia, ad eccezione di
quelli di cui ai punti da a.1 a a.4 nonchè della documentazione
fotografica di cui al punto b.2, per i quali sarà sufficiente produrre
una sola copia.
6.2
Nel caso di interventi per i quali è prescritto il rilascio
dell’autorizzazione di cui all’art. 151 del D.Lgs. 490/99
dovrà essere prodotta una ulteriore copia sia degli elaborati grafici
che della documentazione fotografica.
6.3
Ove l’istanza di concessione sia finalizzata all’accertamento
di conformità di cui all’art. 13 della L. 47/85, prima del rilascio
della concessione a sanatoria dovrà essere prodotta la documentazione
attestante la conformità delle opere da sanare alle norme vigenti
in materia di costruzioni in zona sismica e, più in generale,
alla sicurezza statica delle costruzioni. Qualora le opere non
risultassero conformi a dette norme, l’istanza di concessione dovrà
essere corredata con il progetto delle necessarie opere di
adeguamento, per l’esecuzione delle quali sarà assegnato un congruo
termine temporale in sede di rilascio della concessione a sanatoria.
6.4
I progetti degli interventi relativi ad immobili classificati
come soggetti a restauro o comunque definiti di valore storico,
culturale ed architettonico dagli strumenti urbanistici
comunali, devono documentare gli elementi tipologici, formali e
strutturali, che qualificano il valore degli immobili stessi, e dimostrare
la compatibilità degli interventi proposti con la tutela e la
conservazione dei suddetti elementi.
Allegato “B”
Modalità DI PROGETTAZIONE E COLLAUDO
DELLe STAZIONI RADIOBASE DI TELEFONIA CELLULARE
Art.
1 Criteri generali
La
progettazione di una stazione radiobase dovrà essere redatto secondo i
criteri indicati nel presente Allegato ed essere completa degli
elaborati e delle relazioni tecniche necessarie per un agevole ed
univoco esame, secondo le indicazioni di cui ai commi seguenti.
1.2
Scheda descrittiva della stazione contenente le seguenti
informazioni
•
gestore;
•
denominazione;
•
Indirizzo;
•
coordinate;
•
standard di trasmissione;
•
banda di frequenza;
•
N° di celle;
Per ogni cella:
•
N° canali;
•
potenza per canale al connettore di antenna;
•
tipo di antenna (marca e modello);
•
orientazione (gradi nord);
•
tilt meccanico;
•
tilt elettrico;
•
guadagno (dBi);
•
Diagramma di radiazione verticale ed orizzontale.
1.3
elaborati grafici
•
Diagramma di radiazione verticale e orizzontale per ciascuna
antenna e zona di incertezza:
•
Disegno quotato delle curve di campo a 3, 6, 10 e 20 V/m sul
piano verticale contenente la direzione di maggior guadagno e su quello
orizzontale. Tale disegno deve tener conto anche dell’eventuale tilt
elettrico.
La zona di incertezza è definita dall’insieme dei punti che
nella direzione anteriore dell’antenna distano meno di D2cos2(a)/l
dove:
D è la lunghezza dell’antenna;
a è l’angolo tra la congiungente il punto col centro
dell’antenna e il piano orizzontale;
l è la lunghezza d’onda della radiazione emessa.
•
Planimetria della zona :
descrizione planimetrica della zona circostante la SRB in scala
opportuna. La carta dovrà descrivere tutti gli edifici che distano
dalla SRB meno della lunghezza del lobo di radiazione a 3V/m e
comunque tutti quelli entro un raggio di 100 m. Di tali edifici
dovrà essere chiaramente indicata l’altezza del piano di gronda, e
la destinazione d’uso. Dovranno essere riportato i disegni dei lobi a
3,6,10, 20 V/m o i loro inviluppi, la zona d’incertezza e la quota del
centro radioelettrico delle antenne.
•
Sezioni:
Disegno in sezione dei piani verticali contenenti il centro delle
antenne e la direzione di massimo irraggiamento di ciascuna cella.
Nella sezione dovranno essere riportati in scala opportuna:
-
i disegni dei lobi a 3,6,10, 20 V/m o i loro inviluppi, la zona
d’incertezza e la posizione delle antenne;
-
l’ingombro di tutti gli edifici che distano dalla SRB meno
della lunghezza del lobo di radiazione a 3V/m: con tratteggio diverso
dovranno comparire sia quelli effettivamente sezionati dal piano in
questione sia quelli presenti, in pianta, nel lobo di radiazione di
quella cella.
1.4
Ulteriori elementi di valutazione
Il progetto dovrà indicare la presenza di impianti di diffusione
radiotelevisiva o di telefonia cellulare nel raggio di 100 m dalla
stazione.
Il progetto conterrà disegni del dettaglio della zona dove
vengono montate le antenne e degli eventuali impianti tecnologici già
presenti sul tetto (antenne TV, canne fumarie, insegne luminose ecc.);
dovrà inoltre descrivere le perimetrazioni fisiche della zona ad
accesso vietato che si rendessero necessarie e i punti di posizionamento
della relativa “segnaletica di divieto e pericolo di cui si parla nei
successivi “criteri di progettazione”
Art.2
Tutela della popolazione e dei lavoratori impegnati nei pressi
delle antenne per attività non connesse con l’impianto stesso
2.1
Tutte le installazioni dovranno garantire che l’attivazione
contemporanea di tutti i trasmettitori autorizzati, alla massima
potenza, produca campi che rispettano i limiti previsti dal DM 381/98.
In tutti i casi in cui il progetto faccia prevedere valori dei campi
superiori alla metà di valori limite di campo fissati dal decreto prima
della attivazione sarà necessario procedere a collaudo con misure
strumentali secondo le modalità definite nei commi seguenti.
2.2
In caso di posizionamento sul tetto di edifici:
I livelli di campo nelle zone accessibili intorno all’antenna
devono risultare inferiori a 20 V/m.
La zona con livelli di campo superiori a tale livello, se
accessibile, deve essere fisicamente perimetrata e deve essere
indicata da segnaletica di sicurezza conforme al DL 493/96 che segnali
l’emissione di campi elettromagnetici a radiofrequenze. Tale
segnalazione dovrà anche indicare il divieto di accesso alla immediata
prossimità delle antenne (distanza inferiore ad un metro) per
possibili gravi rischi per la salute. Tale avviso può essere diretto
verso tutti od almeno ai seguenti soggetti:
a)
portatori di pace maker cardiaci o dispositivi elettronici
impiantati;
b)
portatori di schegge metalliche o protesi metalliche;
c)
donne in gravidanza;
d)
donne portatrici di spirali intrauterine (I.U.D.)
In caso di installazione delle antenne in posizioni normalmente
non accessibili, la perimetrazione fisica potrà essere sostituita da
tavola in scala opportuna che individui i confini della zona da
perimetrare, e da un avviso posto sugli accessi più naturali alle
antenne, che riporti i divieti di cui in precedenza e indichi
l’esistenza e la collocazione della tavola di perimetrazione.
Nel caso la stima dei livelli di campo sia effettuata solo
mediante calcoli, la zona inaccessibile (fino a 2 m dal piano di
calpestio) dovrà essere estesa all’esterno della zona di incertezza e
dei lobi a 10 V/m.
L’installazione su terrazze condominiali deve garantire che i
livelli di campo sulla terrazza siano inferiori a 6 V/m fino a 2 m di
altezza dal piano di calpestio.
Al fine di garantire una agevole manutenzione in condizioni di
sicurezza degli impianti tecnologici già presenti sul tetto, le antenne
riceventi radiotelevisive, quelle ricetrasmittenti di uso domestico, e
gli impianti di condizionamento e ventilazione dovranno essere esterni
alla zona superiore ai 20 V/m (10 V/m nel caso di perimetrazione
calcolata) e comunque distare di norma almeno 6 m dalle antenne e
comunque non meno di 4m.
2.3
In caso di posizionamento su torri faro, pali della luce e
simili:
L’accesso per manutenzione dovrà poter avvenire per percorsi
esterni al lobo dei 20 V/m ed alla zona di incertezza. L’efficacia di
eventuali schermature installate a questo scopo dovrà essere verifica
strumentalmente prima dell’attivazione del servizio.
Art.
3 Sovrapposizione con
altri impianti
Nel caso vi sia una significativa sovrapposizione con le
emissioni di altri impianti dovrà di norma essere presentata una
progettazione congiunta che definisca i livelli di campo a partire
dalle caratteristiche di emissione massima di entrambi gli impianti. In
questi casi il progetto conterrà una scheda descrittiva di ogni impianto,
mentre per la parte grafica di descrizione dei livelli di campo si
procederà in uno dei seguenti modi:
a)
quando possibile per la semplicità delle sovrapposizioni o per
la indipendenza sostanziale dei lobi di emissione, il progetto avrà
le medesime caratteristiche di quello di una singola stazione
radiobase descrivendo per sezioni dei lobi di emissione l’area
interessata da livelli di campo superiori ai livelli di interesse.
Il campo risultante dalla sovrapposizione di emissione di antenne diverse
è calcolato pari alla radice della somma dei quadrati dei campi di ciascuna
emissione (somma energetica).
b)
nel caso in cui la sovrapposizione delle diverse emissioni dia
luogo a volumi di ingombro delle zone superiori ai livelli di interesse
difficilmente descrivibili mediante poche sezioni principali si
riporterà in planimetria la proiezione approssimativa di tali volumi e
si descriveranno puntualmente, in forma tabellare, i valori di campo
riscontrati in facciata degli edifici maggiormente esposti, alla quota
di maggior esposizione ed ad una di 3 m più bassa
c)
nel caso non sia possibile disporre delle caratteristiche degli
impianti in questione e sia ragionevole supporre che le emissioni
elettromagnetiche di questo non sono destinate a variare
significativamente nel tempo:
-
è possibile effettuare la progettazione a partire da una
determinazione dei punti di maggior esposizione ai livelli di campo
dell’impianto in progetto con la modalità di progettazione b). In
tali punti verrà effettuata una misurazione dei valori di fondo del
campo elettromagnetico con sonda isotropa a banda larga ed il valore
finale di progetto verrà assunto pari alla somma energetica dei due
campi e riportato in forma tabellare.
-
In alternativa dopo aver caratterizzato i livelli di campo
nell’area circostante si può progettare l’impianto secondo la
modalità a) descrivendo i lobi di radiazione prodotti dalla somma
energetica dell’emissione in progetto e di un campo costante nello
spazio pari al massimo valore di campo di fondo riscontrato nei punti in
esame.
Art.
4 CRITERI DI VERIFICA
STRUMENTALE DEI LIVELLI DI CAMPO ELETTROMAGNETICO PRODOTTI DALLE SRB
4.1 Per
il collaudo delle stazioni radio base si svolgeranno misure nei punti,
individuati durante l’esame della progettazione, in cui i calcoli
fanno prevedere un superamento dei 3 V/m in residenze o loro
pertinenze, o nei luoghi accessibili in cui si superino i 10 V/m. Per lo
svolgimento di tali verifiche ci si atterrà ai seguenti criteri:
a)
le misurazioni saranno svolte secondo le indicazioni fornite
dalle linee guide emanate dai ministeri dell’ambiente delle
telecomunicazione e della sanità in applicazione del decreto 381/98.
b)
Per l’utilizzo degli strumenti e le determinazioni del campo si
seguiranno le indicazioni delle norme di buona tecnica emanate in proposito
da accreditati enti di normazione nazionale ed internazionale
c)
Le misure saranno relative alla massima potenza emissiva
dell’impianto e riferite al numero di canali per i quali è stata
richiesta l’autorizzazione. Nel caso che non tutti i canali
richiesti siano attivi al momento del collaudo, il valore di campo
massimo in configurazione autorizzata dovrà essere opportunamente
calcolato a partire dalle misure effettuate.
d)
Della data ed ora in cui saranno svolte le misure di collaudo sarà
data comunicazione all'ARPAT con almeno 5 gg. lavorativi di anticipo
in modo tale da consentire l'eventuale presenza alle misure.
e)
Sarà redatta, da professionista abilitato, una relazione sulle
misure svolte che descriva in dettaglio:
-
condizioni di esercizio dell’impianto durante le misure;
-
posizione dei punti di misura;
-
tipologia di strumentazione utilizzata per le determinazioni;
-
valori di campo riscontrati per ciascun punto di misura nelle attuali
condizioni dell’impianto ed in quelle in cui fossero attivi tutti i
canali per i quali è stata chiesta l’autorizzazione.
Allegato “C”
DISPOSIZIONI APPLICATIVE IN MATERIA DI
ABBATTIMENTO BARRIERE ARCHITETTONICHE IN EDIFICI SEDI DI ATTIVITA’
RICETTIVE E DI PUBBLICI ESERCIZI
1.
ATTIVITA’ RICETTIVE
1.1
DEFINIZIONI:
1.1.1
STRUTTURE ALBERGHIERE
Alberghi: sono esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione
unitaria, che forniscono alloggio, eventualmente vitto ed altri
servizi accessori, in camere ubicate in uno o più stabili o in parti
di stabile.
1.1.2 STRUTTURE EXTRA-ALBERGHIERE
1.1.2.1 CASE
PER FERIE: sono strutture attrezzate per il soggiorno temporaneo di
persone o gruppi gestite, al di fuori di normali canali commerciali,
da Enti Pubblici o enti religiosi operanti senza scopo di lucro, nonché
da enti o aziende per il soggiorno di propri dipendenti o loro
familiari.
1.1.2.2 OSTELLI
PER LA GIOVENTÙ: sono strutture attrezzate per il soggiorno ed il
pernottamento dei giovani; tali strutture possono essere gestite anche
in forma imprenditoriale.
1.1.2.3 AFFITTACAMERE:
sono strutture composte da non più di 6 camere per clienti con una
capacità ricettiva non superiore a 12 posti letto ubicate in non più
di due appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile.
1.1.2.4 CASE
APPARTAMENTI VACANZE: sono unità abitative composte da uno o più
locali arredati e dotate di servizi igienici e di cucina autonoma
gestite unitariamente in forma imprenditoriale per l'affitto ai
turisti in modo non occasionale; la gestione deve essere organizzata
per l'affitto di tre o più case o appartamenti ad uso turistico.
1.1.2.5 AGRITURISMO:
sono strutture ubicate in edifici o fondi rurali che mantengono la loro
destinazione d'uso a fini agricoli; la capacità ricettiva e le altre
attività compatibili sono indicate nell'art.23 della L.R.71/78; la
gestione deve essere effettuata da imprenditori agricoli.
1.1.2.6 RESIDENCE:
sono le strutture ricettive costituite da almeno sette unità abitative
mono e/o plus locali, ciascuna arredata, corredata e dotata di servizi
igienici e di cucina, gestite unitariamente in forma imprenditoriale.
1.1.2.7 CAMPEGGI:
sono esercizi ricettivi, aperti al pubblico, a gestione unitaria,
attrezzati su aree recintate per la sosta e il soggiorno di turisti
provvisti, di norma, di tende o di altri mezzi autonomi di pernottamento.
1.2
REQUISITI PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
1.2.1
Per le attività ricettive, secondo tipologia, in presenza di
interventi edilizi globali, o per ampliamenti, o per le richieste di
autorizzazioni per nuove attività, gli immobili debbono essere conformi
alle seguenti caratteristiche in materia di barriere architettoniche:
1.2.1.1
STRUTTURE ALBERGHIERE
Per le attività suddette (alberghi, pensioni), tutte le parti e
servizi comuni devono essere accessibili; il numero delle stanze accessibili
in ogni struttura ricettiva deve essere di almeno due fino a 40 o
frazione di 40, aumentato di altre due ogni 40 stanze o frazione di 40
in più. Si applicano comunque i criteri di cui all'art.5 punto 3 del
D.M. 14 giugno 1989, n.236.
1.2.1.2
STRUTTURE EXTRA-ALBERGHIERE
1.2.1.2.1
CASE PER FERIE - OSTELLI PER LA GIOVENTU'
Per le attività suddette, in quanto assimilabili all'attività
alberghiera, si applicano le medesime disposizioni di cui al punto
precedente.
1.2.1.2.2
AFFITTACAMERE - CASE APPARTAMENTI VACANZE
Per le attività suddette, poiché prevalentemente svolte in
edifici o porzioni di essi aventi destinazione abitativa, le disposizioni
in materia di abbattimento delle barriere architettoniche si intendono
soddisfatte quando è garantita la visitabilità. Valgono le disposizioni
di legge applicabili per l'edilizia residenziale.
1.2.1.2.3
AGRITURISMO
Ai sensi dell’art.23, della L.R. 71/78 si applicano le
prescrizioni previste per le strutture ricettive di cui al punto 5.3 del
D.M. LL.PP. 14 giugno 1989, n. 236. Per quanto riguarda la attività
di ospitalità in alloggi, le suddette disposizioni si applicano solo
quando la ricettività complessiva aziendale superi le sei camere,
indipendentemente dal numero degli edifici ed unità abitative
all’interno dei quali sono localizzate tali camere. Al di sotto di
questa soglia si applica, per la sola attività di ospitalità, quanto
previsto al punto precedente.
1.2.1.2.4
RESIDENCE
Per l'attività suddetta, poiché gli immobili devono possedere
gli ordinari requisiti igienico-edilizi previsti dalle norme statali e
dal regolamento comunale in materia di edilizia residenziale, le
disposizioni sull'abbattimento delle barriere architettoniche si
intendono soddisfatte quando per almeno una unità abitativa ogni 20 o
frazione, con un minimo di una unità abitativa per attività, è
garantita la l'accessibilità di un servizio igienico. Per tutte le
unità e le parti comuni valgono le disposizioni, in quanto
applicabili, per l'edilizia residenziale (per esempio in residence che
occupano interamente o prevalentemente un fabbricato).
1.2.1.2.5
CAMPEGGI
Per l'attività suddetta, le disposizioni in materia di abbattimento
delle barriere architettoniche si intendono soddisfatte quando sono
accessibili le parti e i servizi comuni ed almeno il 5% della capacità
ricettiva delle superfici destinate alle unità di soggiorno
temporaneo con un minimo assoluto di due unità.
1.2.2
Per le attività ricettive, secondo tipologia, in presenza di
interventi edilizi limitati, ad esempio la realizzazione di opere
interne eseguibili mediante dichiarazione di inizio attività, che
siano suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità,
trova applicazione la Legge 5 febbraio 1992 n.104 e pertanto dette opere
debbono essere realizzate conformemente alla normativa in materia di
abbattimento delle barriere architettoniche.
1.2.3
La classificazione sopra esposta vale come riferimento per
individuare le prescrizioni a cui l'intervento edilizio da realizzare
è assoggettato in relazione al grado di fruibilità correlato alla
tipologia ricettiva.
1.2.4
Deve inoltre essere sempre garantita la visitabilità
condizionata che assicuri la possibilità di fruizione della struttura
mediante personale di aiuto anche per persone a ridotta o impedita
capacita motoria. Pertanto deve essere posto in prossimità
dell'ingresso un apposito pulsante di chiamata con citofono al quale
deve essere affiancato il simbolo internazionale di accessibilità
di cui all'art.2, comma 3, del d.p.r. 503/96. Eventuali problemi di
accessibilità a strutture ricettive che occupano solo parti di
edifici e che sono ubicate ai piani alti, possono essere affrontati
anche con l'adozione di mezzi ausiliari particolari - carrozzine
montascale, "scoiattoli", ecc., comunque efficaci oltre
che vantaggiosi in termini alternativi alla esecuzione di interventi
alle strutture e relativi accordi di natura condominiale, nonché in
termini economici.
1.2.5
In particolare per le attività
alberghiere si rammenta che :
1.2.5.1 Per capacità ricettiva
superiore a 25 posti letto trova applicazione la normativa per la
prevenzioni incendi (d.m. 16/02/82); pertanto le stanze accessibili
devono essere ubicate in vicinanza di un "luogo sicuro
statico" o di una via di esodo accessibile. Nei casi in cui debbono
essere eseguite opere di adeguamento delle strutture esistenti, a
prescindere dal tipo di procedura di natura urbanistico-edilizia posta
in essere, l'osservanza di quanto sopra esposto dovrà risultare da
apposita dichiarazione resa dal professionista incaricato.
1.2.5.2
Qualora l'intervento sia limitato alla realizzazione di un
servizio igienico in dotazione a una camera ubicata in luogo non accessibile,
l'opera può essere realizzata secondo le caratteristiche tradizionali
purché sia realizzato un servizio igienico c.d.
"anti-barriere" in dotazione ad altra camera accessibile. Il
criterio esposto è valido per la realizzazione di un unico servizio
igienico; ne consegue che per quantità maggiori debbono essere rispettate
le proporzioni stabilite dalla legge (due ogni quaranta, ecc.).
1.2.5.3
Le disposizioni di cui sopra si applicano per gli interventi da
eseguire in esercizi alberghieri che in base alla normativa regionale
vigente sono classificati a 4 - 5 stelle, poichè per essi sussiste
l'obbligo di avere tutte le camere dotate di servizio igienico.
1.2.5.4
Viceversa per gli esercizi per i quali non sussiste tale obbligo,
la tipologia d'intervento sopra descritta (la realizzazione di servizi
igienici), può comportare, in alternativa alla realizzazione di servizi
igienici esclusivi "anti-barriera", la realizzazione di un
servizio igienico comune al piano, conforme alla normativa sull'abbattimento
delle barriere architettoniche, fermo restando che lo stesso dovrà
essere ubicato nelle immediate vicinanze delle camere ove possono
essere ospitati i soggetti portatori di handicap.
1.2.5.5 Le
norme regionali sulla classificazione alberghiera, prevedono che i
servizi igienici di corredo alle camere e/o ad uso comune devono essere
dotati dei quattro apparecchi igienico-sanitari (vasca o doccia, lavabo,
w.c. e bidet).
Tale dotazione è quindi da ritenersi obbligatoria anche nei casi
di adeguamento alle norme sulle barriere architettoniche nelle strutture
ricettive alberghiere.
Pertanto, qualora tali adeguamenti siano soggetti a richiesta di
deroga, è ammissibile l'installazione del sanitario
"w.c.-bidet" su conforme parere dell’Azienda Sanitaria
Locale.
2. PUBBLICI ESERCIZI
2.1
Definizioni: sono quelle attività che prevedono somministrazione
di alimenti e bevande di qualsiasi gradazione alcolica anche
congiuntamente ad attività di intrattenimento.
2.1.1
RISTORAZIONE TIPO "A"
Ristoranti, trattorie, osterie, mense, tavole calde, pizzerie,
birrerie ed esercizi similari.
2.1.2
SOMMINISTRAZIONE TIPO "B"
Bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari.
2.1.3
ESERCIZIO TIPO "C"
Sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti
balneari compresi i circoli privati.
2.2
REQUISITI PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE:
2.2.1
Per i pubblici esercizi, secondo tipologia, in presenza di interventi
edilizi globali, o per ampliamenti, o per le richieste di autorizzazioni
per nuove attivita', gli immobili debbono essere conformi alle
seguenti caratteristiche in materia di barriere architettoniche:
2.2.1.1
RISTORAZIONE TIPO "A"
Nelle sale per la ristorazione, almeno una zona della sala deve
essere raggiungibile mediante un percorso continuo e raccordato con
rampe, dalle persone con ridotta o impedita capacità motoria e deve
inoltre essere dotata di almeno uno spazio libero per persone su
sedia a ruote.
Questo spazio deve essere predisposto su pavimento orizzontale
e di dimensione tale da garantire la manovra e lo stazionamento di una
sedia a ruote.
Deve essere consentita l'accessibilità ad almeno un servizio
igienico. (Art. 5.2 D.M. 14 giugno 1989, n.236)
2.2.1.2 SOMMINISTRAZIONE
TIPO "B"
Deve essere garantita l'accessibilità agli spazi di relazione.
Questi locali, quando superano i 250 mq. di superficie utile
devono prevedere almeno un servizio igienico accessibile. (Art. 5.5 D.M.
14 giugno 1989, n.236).
Quando gli esercizi di somministrazione tipo "B",
constano di autorizzazione per somministrazione di piatti caldi, ossia
detengono un locale cucina (come definito dall'art. 283, lettera B,
punto 2 e punto 3 del Regolamento d'Igiene citato) nonchè una o più
sale da pranzo per l'assunzione dei cibi (come definito dall'art. 283
sopracitato, lettera A, punto f), dovranno essere integralmente
rispettati i requisiti di cui al punto 2.2.1.1, ristorazione tipo
"A", di cui sopra.
2.2.1.3
ESERCIZIO TIPO "C"
Si applicano le medesime disposizioni di cui al punto 2.2.1.1,
ristorazione tipo "A".
2.2.1.4
Per ogni esercizio pubblico, comunque classificabile, deve essere
assicurata la visitabilità in modo che gli arredi fissi non
costituiscano ostacolo o impedimento alcuno.
Ispica, li:
Il progettista
(arch. Alberto Agnello)
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