Un paese dalla storia importante
Posto a circa 300 metri d'altezza, sulle prime pendici del
Montiferru, Bonarcado abbonda di vigne, oliveti e piante da frutto, soprattutto
ciliegi. Offre al visitatore un rigoglioso paesaggio da esplorare e conoscere
attraverso suggestive località come la gola di Sos Molinos con la celebre cascata, e più a valle Rio Mannu che preserva un
ponte medioevale e resti di un mulino ad acqua. Sos Molinos rappresenta uno
degli angoli più belli e suggestivi del Montiferru con la sua cascata di
quindici metri circa che va a formare a valle un laghetto circondato da una
fitta vegetazione. Il torrente Molinos procede poi attraverso una stretta e
profonda gola che è un vero e proprio canyon. Dalla strada verso Santu
Lussurgiu si può raggiungere la sorgente di Praner,
di ottima acqua oligominerale. Da qui è facile arrivare all'area di Pabarile
che, caratterizzata dalla presenza di numerosi alberi da frutto, in primavera
indossa un'affascinante veste multicolore.
La vetta più alta è rappresentata dal Monte Armiddosu circondato da
distese di timo che nella bella stagione diffonde nell'aria il suo profumo. Ma
Bonarcado è famoso soprattutto per le sue chiese: quella romanica di Santa Maria, costruita quasi interamente in
basalto, e l'adiacente santuario paleocristiano di impianto romano di Nostra Signora di Bonacattu che testimoniano
una storia illustre legata profondamente a quella del Giudicato di Arborea, di
cui Bonarcado attorno all'anno mille costituiva una delle più importanti
cittadine. La chiesa di Santa Maria venne ristrutturata e ampliata nell'XI
secolo, per iniziativa dei Giudici d'Arborea; nel 1120 si diede inizio alla
costruzione del monastero e nel 1146, alla presenza delle autorità
ecclesiastiche e dei Giudici Sardi venne consacrata la più grande chiesa
dedicata a Santa Maria e affidata ai monaci Camaldolesi provenienti dalla badia
di San Zenone di Pisa. Ai Camaldolesi si deve un forte impulso all'agricoltura,
in particolare olivicoltura, viticoltura, allevamento del baco da seta e
cerealicoltura. In periodo giudicale Bonarcado fu addirittura sede di due
concili cui parteciparono i vescovi di Sardegna e Corsica.
Dal restauro cui il complesso è stato recentemente sottoposto è venuta
alla luce una struttura complessa in cui si sovrappongono murature di epoche
diverse. Sono emerse parti delle mura del convento medioevale assieme ad una
camera di sepoltura, un ambiente trapezoidale ed alcuni percorsi di
collegamento; oltre a ciò sono stati trovati elementi di epoca nuragica e
reperti di varia natura, a testimoniare la presenza di un villaggio romano. Nei
precedenti restauri si era osservata la presenza di murature romane, che gli
storici datarono al 600 d.C. Con la demolizione del pavimento attuale è stato
trovato un pavimento romano del 400 d.C., con un disegno chiamato "a coda
di salmone". Questo ritrovamento dimostra che il complesso ha una
datazione precedente a quella sino ad oggi attribuitagli e che rappresenta senza
dubbio uno dei più importanti ed interessanti complessi della Sardegna. Narra
la leggenda che le particolari ciotole di maiolica incastonate nella facciata
della chiesa, furono scagliate da un turbine che le alzò dal banchetto di un
ingrato venditore di terraglie che si rifiutò di prestarne una al sacrestano
che era alla ricerca di un contenitore per la questua. Un documento molto
importante del periodo medievale è proprio il Condaghe di Santa Maria di
Bonarcado, una raccolta di atti e donazioni. Attraverso questo documento sono
stati studiati tutti gli aspetti di vita religiosa, economica e politica nel
periodo medioevale. Con l'unificazione della Sardegna sotto gli Aragonesi, il
monastero decadde e il paese entrò a far parte del dominio dei marchesi
d'Arcais.
Una terribile pestilenza cancellò definitivamente il destino di
grandezza che aveva caratterizzato le vicende del paese. Agli inizi dell'800 il
paese contava 1160 anime. Aveva la fisionomia di importante borgata agricola
che Bonarcado conserva tutt'oggi. Santa Maria conserva solo nella facciata, nel
campanile e nel fianco destro la fisionomia originale. La chiesa mostra oggi
due navate, ma la seconda venne aggiunta solo nel '700. L'ampliamento deciso
nel XIII secolo comportò l'aggiunta di un ampio vano, per la costruzione del
quale si impiegarono maestranze arabe, provenienti dalla Spagna.
La piccola chiesa della Madonna di Bonacattu è a croce greca, con
la singolare decorazione di ciotole. All'interno si conserva una pregevole
statua di terracotta della Madonna con Bambino, di autore incerto: forse della
scuola di Donatello o di Luca Della Robbia o, secondo altre ipotesi, dei
fratelli Pisano. La statua è al centro della processione che costituisce il
momento più importante della solenne festa della Madonna di Bonacattu (18 e 19
settembre), una delle più sentite e imponenti della Sardegna. Sono migliaia le
persone che accorrono a Bonarcado da tutta l'isola. La tradizione vuole che
chiunque abbia chiesto una grazia speciale, sciolga il voto trasportando la
statua della Madonna per un pezzo di strada. A rendere invitante e festosa
l'atmosfera di questi due giorni provvedono i venditori di pesce e maialetto
arrosto con le loro bancarelle. Altre feste celebrate a Bonarcado sono quella
di San Sebastiano, in gennaio, per la quale l'usanza impone di bruciare un
albero cavo, e quella di San Giovanni in giugno. A quest'ultima giornata era
legata in passato una particolare usanza: si accendevano grandi falò di fronte
alle case e davanti a questi si stringevano solidi legami che duravano tutta la
vita. Si diventava cioè "compare Santu Juanni".
La capitale del Montiferru
Per estensione e numero di abitanti Cuglieri può essere
considerata la "capitale" del Montiferru. La sua singolarità risiede
nella varietà del paesaggio e dei colori che vanno dai profumi dei boschi
ricchi di fiumi e sorgenti, alle coste alte e rocciose di Cabu Nieddu, da
quelle calcaree di Santa Caterina e S'Archittu -una delle spiagge più celebri
della Sardegna - a quelle più basse e ricche di sabbia di Sas Renas. Degno di
nota a S'Archittu è lo splendido arco naturale scavato nella bianca roccia dal
mare e che recentemente è stato classificato come monumento naturale. Nella
zona marina di Cuglieri sono concentrate anche le testimonianze del passato
della zona, ricordiamo l'importante area paleocristiana
di Cornus, le tombe ipogeiche di Serrugiu e Santa Caterina, le tombe
dei giganti e i numerosi nuraghi. La Cuglieri attuale, arroccata sulle pendici
del Montiferru, è stata fondata probabilmente da abitanti della zona costiera
che cercavano di scampare alle incursioni dei Saraceni, con il nome di Gurulis
Nova. Il toponimo Cuglieri deriva proprio da Gurulis, nome di origine punica e
di difficile interpretazione. Nel medioevo, il paese venne fortificato con la
costruzione del castello di Montiferru, da parte di Ottocorre, fratello del
giudice Barisone di Torres. La funzione difensiva del castello, contro gli
attacchi dall'Arborea, venne meno due secoli più tardi, nel 1354, con
l'unificazione della Sardegna sotto il dominio aragonese. Il paese e il
castello conobbero la signoria di diversi feudatari, e fra questi i più potenti
furono gli Zatrillas. Nel 1648 un'esponente di questa famiglia, Lucia, fece
costruire il convento dei Servi di Maria. I Zatrillas divennero famosi anche
per un vero e proprio episodio di cronaca nera dell'epoca, donna Francesca
Zatrillas infatti fu sospettata dell'assassinio del marito Agostino di Castelvì
e di aver congiurato contro il viceré. La nobildonna nel tentativo di fuggire
ai soldati incaricati di arrestarla,trovò ricovero prima nel castello di
Cuglieri (Casteddu Etzu del quale non restano
oggi che pochi ruderi) e poi nella chiesa campestre di San Lorenzo dalla quale
riuscì a raggiungere la cala di Foghe e a prendere al via del mare per Livorno.
Due anni dopo questi avvenimenti il feudo venne tolto agli Zatrillas. Durante
il periodo del regno sabaudo il paese fu eletto a capoluogo di una delle 15
province nelle quali era stata divisa la Sardegna.
Cuglieri possiede anche delle bellissime chiese, degna di nota è
l'imponente parrocchiale di Santa Maria della Neve che domina il paese dal colle
Bardosu. Costruita nel XVII secolo, fu restaurata una prima volta agli inizi
dell'800 e nel 1810, per volontà di Vittorio Emanuele I di Savoia, elevata a
dignità di Basilica Romana.
L'aspetto attuale si deve ad un secondo restauro, effettuato nel
1912. Nel suo interno, fastosamente barocco, si conserva una Madonna in pietra
risalente al '400 e proveniente dalla chiesa originale, sulle cui rovine sorse
l'edificio secentesco. La leggenda vuole che l'immagine sia stata rinvenuta in
una cassa che navigava nelle acque del mare.
La storia di Cuglieri fu sempre singolarmente caratterizzata dalla
fondazione di imponenti edifici religiosi, oltre al già citato convento dei
Servi di Maria e alla quasi contemporanea basilica di Santa Maria della Neve,
si può ancora ricordare il Pontificio Seminario Regionale fondato nel 1927.
Affidata da Pio XI ai Gesuiti, questa importante istituzione ecclesiastica
prosperò fino alla chiusura, decisa nel 1970. La costruzione è attualmente di
proprietà della Regione Sardegna. Il calendario delle feste ha nella Settimana
Santa e nelle giornate d'agosto dedicate alla Madonna della Neve gli
appuntamenti più attesi. I riti della Settimana Santa sono caratterizzati dalla
partecipazione dell'Associazione Canto Cuglieritano che con gli antichi canti
sacri, eseguiti in maniera solenne, rendono suggestive le cerimonie rievocanti
le vicende del processo e la crocifissione di Gesù ("s'Iscravamentu e
S'Incontru").
In un'atmosfera più gioiosa si svolgono i festeggiamenti per la
Madonna della Neve il 5 agosto, nei quali alle manifestazioni religiose
s'accompagnano spettacoli folcloristici e musicali. Altre occasioni di
festeggiare vengono offerte dalla Madonna delle Grazie l'8 settembre,
Sant'lmbenia il 29 e 30 aprile, San Lorenzo il 10 agosto e San Giovanni il 24
giugno. A quest'ultima giornata è legato il particolare rito de 's'abba
muda". L'usanza vuole che le persone si rechino all'antica fontana di Tiu
Memmere, dove ci si lava, si beve e si torna a casa senza infrangere il
silenzio. Nel portarsi alla fontana la gente cammina ai bordi della strada,
perché quella sera il centro è riservato ai morti. In autunno, lungo le strade
che da Cuglieri conducono alla località Madonnina hanno luogo le gare
automobilistiche in salita, incluse nel campionato nazionale della specialità.
La seconda domenica di maggio si celebra Santa Caterina. Al sabato l'effigie
della santa è posta su un carro che, scortato da cavalieri, viene portato alla
borgata marina di Santa Caterina di Pittinuri. Il giorno dopo viene fatto il
percorso inverso e il simulacro della Santa è riaccompagnato a Cuglieri.
Il territorio dei duecento nuraghi
Paulilatino si situa ai confini estremi del Montiferru segnando il
confine tra tale territorio e il Guilcier con un paesaggio caratterizzato dagli
altopiani basaltici che guardano verso il mare. Il paese gode quindi di una
posizione strategica, che unita alla fertilità del territorio ricco di acque
sorgive, hanno fatto si che fosse abitato fin dall'età più antica. Il
visitatore potrà quindi godere di un territorio dove le testimonianze del
passato
come le domus de jana, le tombe dei giganti, gli oltre duecento
nuraghi (che ne fanno il paese della Sardegna forse più ricco di questi antichi
monumenti) e naturalmente l'importante complesso
archeologico di Santa Cristina, si sposano ad una ricca vegetazione
e ad un vivace calendario di feste e
manifestazioni.
Tra le tombe dei giganti sono da segnalare quelle di Goronna e
Muracuada, tra i nuraghi quelli di Lugherras Atzara e Oschina. Non è da
escludere la presenza fenicia e romana in questa zona, mentre nel Medioevo
Paulilatino era compreso nel Giudicato di Arborea, nella Curatoria del Guilcier
e nella diocesi di Santa Giusta. Di grande importanza come abbiamo detto è il
centro nuragico di Santa Cristina dove si trova ben conservato un importante tempio a pozzo. Qualche cenno merita la chiesa campestre
che sorge poco lontano e che per secoli appartenne ai monaci camaldolesi di
Bonarcado. La chiesa, romanica a pianta quadrata ha subito nei secoli varie
trasformazioni che non rendono più ravvisabile oggi la sua antica fisionomia.
Le uniche testimonianze arrivate fino a noi sono i frammenti di pietra inseriti
nell'attuale costruzione. Tale edificio fu motivo di non poche liti tra i
paulesi e gli abitanti di Bonarcado che si recavano nella chiesa per i
festeggiamenti in onore della santa. Suggestive sono anche le tipiche
"muristenes", le case dei pellegrini, abitate due volte l'anno
durante le celebrazioni per Santa Cristina.
Due altre chiese di un certo pregio artistico si trovano al centro
del paese: la parrocchiale, dedicata a San Teodoro, è in stile
gotico-aragonese, con un bel portale del '600; la chiesa della Madonna d'Itria
presenta una bella facciata settecentesca. Nell'abitato di Paulilatino,
caratterizzato dalle case basse in basalto nero, spicca il palazzo Atzori,
palazzo gentilizio edificato agli inizi dell'800. Da visitare il museo
etnografico che raccoglie una ricca esposizione di oggetti e utensili della
cultura e tecnologia pastorale.
La prima citazione del nome del paese è in un documento del 1342.
Numerosi rappresentanti di Paulilatino, ben 16, segno dell'importanza raggiunta
dal borgo, sono nominati fra i presenti alla stipulazione della pace fra
Eleonora d'Arborea e Giovanni IV di Aragona.
A metà del XVII secolo Paulilatino, come altri centri della
Sardegna, conosce una terribile pestilenza che provoca numerosi morti. La fine
del XVIII secolo e gli anni iniziali di quello successivo portano a Paulilatino
tragiche carestie. Sarà il 1827 a segnare in un certo senso la riscossa del
paese: si dà inizio infatti al prosciugamento della zona paludosa, prima opera
di bonifica attuata in Sardegna, e si costruisce la strada dorsale sarda detta
"Carlo Felice" che tocca anche Paulilatino, rappresentando per il
paese un nuovo motivo di progresso. Nel 1877, nel corso del completamento della
ferrovia Oristano-Macomer, si porta a termine la bonifica delle paludi paulesi.
Santa Maria Maddalena il 22 luglio, Santa Cristina la seconda
domenica di maggio e l'ultima di ottobre, San Costantino la prima domenica di
settembre: queste le giornate che a Paulilatino sono sinonimo di festa.
Queste celebrazioni sono caratterizzate dallo svolgimento di
manifestazioni folcloristiche, come i balli popolari, e dalla presenza di poeti
estemporanei impegnati in questa loro difficile e singolare arte. Durante le
feste di San Costantino e Santa Maria inoltre si svolge l'"ardia".
L'ardia è una corsa condotta a velocità sostenute dai cavalieri
attorno alle chiese portando ben in vista gli stendardi con le effigi dei santi
festeggiati.
Le ardie sono diffuse in molti paesi della Sardegna - la più
famosa è quella di Sedilo, sempre nell'Oristanese - e per le loro
caratteristiche hanno sempre interessato gli studiosi di cultura popolare.
In effetti l'abilità e il coraggio dei cavalieri, sulle quali
s'appunta l'attenzione degli spettatori, finiscono quasi sempre col far passare
in secondo piano l'occasione religiosa della manifestazione: da qui le ipotesi
sulle origini pagane di questo rito.
Un'altra curiosità è rappresentata dalla figura di "San
Costantino", festeggiato a Paulilatino e nella grande ardia di Sedilo. Il
personaggio ricordato è l'imperatore Costantino, che liberò il cristianesimo
dalle persecuzioni, ma che non venne mai innalzato dalla Chiesa di Roma alla
gloria degli altari. Il suo culto, diffuso anche in Sicilia e Calabria, è
sicuramente un retaggio della dominazione bizantina.
In occasione della festa di San Teodoro, in novembre, ha luogo il
premio di poesia "Prantaferru", riservato a quei poeti che abbiano
scelto il sardo come mezzo d'espressione.
La capitale dell'olio
"Seneghe in una fertile collina a pes de Montiferru est
collocada..." così recita una nota poesia di un compositore locale, dalla
sua posizione a 300 metri d'altitudine, Seneghe domina infatti l'alto campidano
di Oristano collocandosi nel Montiferru con uno dei territori comunali più
vasti che si estende fino ad arrivare a pochi chilometri dal mare. Il monte alle spalle del paese è un vero e proprio
polmone verde con i suoi boschi di lecci e gli uliveti. Dall'ulivo viene una
delle risorse più importanti per il paese produttore di un olio eccellente per
il quale si svolge ormai da alcuni anni, nel mese di maggio, il Concorso
Nazionale dell'Olio Extravergine di Oliva, cui partecipano i maggiori
produttori di olio presenti a livello Nazionale. Oltre un centinaio di nuraghi
sparsi sul territorio testimoniano quanto questo fosse abitato fin dai tempi
più antichi. Tra i nuraghi che meritano di essere visitati ricordiamo Narba,
Littu, Masu Majore (quadrilobato, con la torre centrale conservata in buono
stato). Degne di nota sono anche le diverse tombe dei giganti tra le quali
ricordiamo quella di Facch'e S'altare, e S'omo de sas Zanas. Seneghe è
menzionato già nel "Condaghe", il grande libro nel quale i monaci di
Santa Maria di Bonacattu registravano le liti giudiziarie e i lasciti
testamentari. Compreso nella curatoria del Campidano di Milis del regno
d'Arborea, Seneghe fu poi dominio dei marchesi d'Arcais. A metà dell'800, a
detta del Casalis, il paese contava 2154 abitanti, una cifra molto vicina a
quella attuale: 650 erano gli agricoltori, 90 i pastori e 50 gli
"applicati a mestieri e ad altre professioni". Fra gli agricoltori è
lecito supporre che molti si dedicassero all'olivicoltura, l'attività che
ancora oggi, più di ogni altra tiene alto il nome del paese. Nella menzione che
fa di Seneghe il Condaghe, troviamo citata anche la
chiesa di Santa Maria della Rosa datata XII secolo. È questo infatti
l'edificio religioso più antico e significativo di Seneghe. La sua fisionomia è
quattrocentesca, con la pianta a croce greca, ma la fondazione (come si deduce
dalle cronache dei monaci di Bonarcado) avvenne probabilmente alcuni secoli
prima. Da visitare anche la chiesa di Sant'Antonio del XVII secolo, la chiesa
del Rosario, e la Parrocchiale splendida con le pregevoli opere d'arte.
Dopo un giro nel centro del paese nel quale si possono ammirare gli
antichi fregi che ancora oggi ornano le porte delle case del centro storico,
con una decorazione a "rosa" molto particolare, ci si può rilassare
con una passeggiata a contatto con la natura.
Agli amanti delle escursioni, a chi cerca di ribellarsi alla tirannia
delle automobili, Seneghe offre seducenti itinerari, che mettono d'accordo gli
amanti della montagna con gli appassionati del mare, è possibile infatti
seguire dei percorsi che dal cuore delle montagne si aprono in vedute
mozzafiato verso le vallate del campidano fino a giungere alle splendide coste
della vicina marina di Cuglieri e Narbolia.
Nel corso dell'anno si tengono nel paese diverse feste tra le
quali ricordiamo la festa patronale che ha luogo il 20 gennaio, in onore di San
Sebastiano. La tradizione vuole che venga fatto un grande falò in piazza con la
legna raccolta nelle campagne attorno al paese al suono struggente dei
"grongos", grandi conchiglie, suonate col fiato.
Con San Sebastiano, celebrato probabilmente in ricordo della fine
di una pestilenza, ha inizio il carnevale seneghese che si svolge ancora
seguendo i canoni della più antica tradizione. Questo periodo dell'anno è
famoso per i balli in piazza che si tengono tutte le domeniche, giovedì grasso
e martedì grasso, la piazza di Seneghe diventa in quei giorni il palcoscenico
sul quale i ballerini danno vita a suggestive coreografie. Ma è nella mattina
del martedì grasso che il carnevale raggiunge il suo culmine con "sas
andanzias" le spettacolari danze che si tengono solo in questo giorno di
cui si può apprezzare appieno la bellezza sopratutto se si riesce a vederle
dall'alto poiché così si coglie il movimento sincronico, a stella, che i
ballerini compiono nel perimetro della piazza al suono della fisarmonica. Il
fascino di queste coreografie risiede anche nel loro essere rimaste invariate
negli anni, riproponendo schemi, musiche, rituali interpretati sempre seguendo
gli stessi canoni. Il martedì era in passato anche il giorno della rivalsa dei
cavalieri feriti nel loro orgoglio dalle dame. Durante tutto il periodo del
carnevale infatti è la donna che sceglie il cavaliere, tentando di ballare a
turno con tutti i ballerini per non scontentare nessuno, il martedì invece i ruoli si invertono e i
cavalieri che per un qualche strano motivo, non sono mai stati scelti da una dama, hanno la possibilità di
vendicarsi dandole "sa croccoriga", uscendo cioè dal ballo e abbandonandola nel bel mezzo della piazza.
Agli spettatori che seguono lo spettacolo viene offerto un buon bicchiere di
vino e le zippole le ghiottissime frittelle tipiche del carnevale.
Gli inizi di luglio sono un'altra occasione di allegria: si
festeggia Santa Maria della Rosa copatrona del pese assieme a San Sebastiano,
in questa occasione si tiene anche una movimenta "ardia" attorno alla
chiesetta romanica.
Una finestra sulla tradizione
Situato a 400 metri d'altezza circa, Scano è forse il paese più
rappresentativo del Montiferru. Qui infatti si sono mantenute intatte le
tradizioni , ma anche le tipologie costruttive dell'area: le case sono
costruite in pietra basaltica secondo la più antica tradizione. Scano possiede
ricche sorgenti come Funtana 'e Mastros, Amanta, Leari, Pattola,Su Fronte S'Ena
e numerosi insediamenti di interesse archeologico, tra i quali spicca senza
dubbio il nuraghe Nuracale a struttura quadrilobata, ubicato lungo la strada
per Sagama che per la sua complessità è probabile fosse una reggia nuragica. Altre
strutture di un certo interesse sono: il nuraghe rosso Abbauddi, il Leari che
sorge su un colle vulcanico, i nuraghi di Altoriu, Nurtaddu, Primidio, Sulù,
Urassala,e numerose tombe dei giganti, tra le quali citiamo per tutte, Perdas
Doladas.
Alle testimonianze nuragiche si affiancano poi anche alcuni
ritrovamenti come un'urna cineraria e delle monete, che attestano che la zona
fu abitata da Fenici Cartaginesi e Romani. In epoca bizantina il monachesimo
fece la sua comparsa a Scano: due monasteri sorsero a Pedras Doladas e a Mesu
'e Roccas e in questo periodo venne forse ricostruita l'antica chiesa di San
Pietro. Proprio la donazione di questo edificio religioso, da parte di
Costantino I Giudice di Torres, ai monaci Camaldolesi, comportò l'arrivo di
questi religiosi a Scano. I monaci, provenienti dalla Toscana, rimasero in
paese fino a quando non venne meno l'influenza pisana sulla Sardegna (1323).
Con la cacciata dei Pisani il paese passò al Giudicato di Arborea sotto Ugone
I. Con il governo aragonese Scano divenne dominio di Guglielmo di Montagnas e
dopo questo degli esponenti della famiglia Zatrillas. L'avvento al potere dei
Savoia (1720) non mutò sostanzialmente le cose per Scano: i nuovi feudatari
furono i duchi di San Pietro, i Manca Guiso, i marchesi di San Sebastiano e i
marchesi di Planargia.
La visita a Scano può iniziare dal caratteristico mulino ad acqua
perfettamente funzionante, alimentato dalle acque del Rio Mannu in località
Luzzanas. La grande ruota, con una circonferenza di 12 metri, è costruita in
legno di rovere. Fino al 1960 il paese annoverava anche un'importante conceria.
Tra i monumenti degni di nota troviamo, la chiesa campestre di Sant'Antioco,
collocata in una splendida cornice naturale, vicino ad un'importante sorgente
che, con una gettata di 150 litri al secondo alimenta gli acquedotti del
Montiferru, del Marghine e della Planargia. In questa importante località
turistica è stato di recente costruito un ippodromo.
La chiesa parrocchiale di San Pietro è antichissima; costruita forse
nei primi secoli del Cristianesimo, esisteva ai tempi del Papa Gregorio Magno
(VI secolo), fu ricostruita dai Camaldolesi in forme romaniche.
Demolita la vecchia chiesa pisana, ne fu ricostruita una nuova nel
1600 in stile d'epoca, a croce greca. Dopo l'incendio del 1799 la chiesa fu in
gran parte ricostruita, compresa la facciata, ed ampliata con l'aggiunta delle
cappelle laterali.
Ogni quattro anni a Scano Montiferro si tiene l'animata festa di
"Totta idda" (tutto il paese). Durante questo appuntamento si
allestiscono esposizioni di prodotti artigianali, tappeti, attrezzi agricoli e
vari tipi di pane. Vengono ricostruiti ambienti di un tempo ed il recupero
delle atmosfere del passato è affidato alle mostre fotografiche. Il presente
vede questo vivace centro agricolo, circondato da estesi uliveti, proporsi
anche come meta per il turista intelligente che sappia apprezzare non solo le
bellezze artistiche e naturali, ma anche un raffinato artigianato(che
rappresenta una delle attività principali di Scano) e le possibilità di svago
offerte (impianti sportivi, itinerari turistici a piedi e a cavallo, centro
avifaunistico).
Il Venerdì Santo all'imbrunire, dalla chiesa parrocchiale muove la
solenne processione, resa più suggestiva dalla presenza delle confraternite in
costume, che porta il Cristo morto nella chiesa di San Niccolò. L'11, 12 e13
settembre il paese si ferma per i festeggiamenti in onore della Madonna di
tutti i Santi. L'immagine venerata sarebbe stata rinvenuta nel 1732 nella tomba
dei giganti di Pedras Doladas. Durante il carnevale Scano organizza la
tradizionale "cursa a'puddas" (la corsa alle galline) che unisce
all'abilità nello stare in sella, la prontezza nello strappare una gallina
appesa ad una fune. Un tempo si collocavano come prede galline vive, oggi si
mettono polli già passati... a miglior vita.
Il regno dei cavalli
Santu Lussurgiu si presenta per chi arriva dalla strada
provinciale che passa per Bonarcado arroccato in una conca di origine vulcanica
a 600 metri d'altezza, immerso nel verde dei folti boschi di castagni. Una
delle risorse principali del suo territorio è senza dubbio l'acqua che gli ha
permesso di essere abitato fin dai tempi più remoti (sono numerose le
testimonianze che ci portano i nuraghi e le domus de jana) e di raggiungere
all'inizio del secolo un'incremento della popolazione che ha lo portato a 6.000
abitanti grazie ad una rilevante attività agroindustriale. Attorno ai corsi
d'acqua sono infatti sorti numerosi mulini, campi coltivati e allevamenti di
ovini e bovini.
Riguardo ai bovini è da sottolineare il fatto che i lussurgesi
sono stati i primi a introdurre in Sardegna le mucche di razza modicana,
importando nel secolo scorso i tori da Modica in provincia di Ragusa. Ma la
vera passione dei lussurgesi sono senza dubbio i
cavalli, protagonisti de Sa Carrella e nanti, la notissima corsa a
pariglie di Carnevale, e della Fiera Equina di San Leonardo, la più importante
della Sardegna (con in media 400 cavalli esposti, dove gli acquirenti, che
giungono da tutta l'Italia, hanno la possibilità di giudicarli e di montarli).
Durante la fiera inoltre, si possono acquistare i famosi prodotti
dell'artigianato lussurgese. Altro fatto che la dice lunga sull'importanza di
questo animale è la percentuale dei cavalli presenti nel paese: si parla di una
cavallo ogni dieci abitanti.
Santu Lussurgiu è citato per la prima volta in un documento del
1185 (pergamena d'altare della chiesa di San Lussorio, oggi Santa Croce)che
rivela senza dubbio la diffusione in zona del culto di San Lussorio, giovane
martire cristiano messo a morte nel IV secolo a "Forum Traiani",
l'attuale Fordongianus.
A lungo conteso fra i regni di Arborea e di Torres Santu Lussurgiu
venne poi compreso nel feudo che nel 1417 la corona d'Aragona conferì a
Guglielmo di Montagnas e da questi ceduto, tre anni più tardi, agli Zatrillas,
per 6000 fiorini d'oro.
Quando nel 1670 Francesca Zatrillas, sospettata dell'uccisione del
marito, venne privata delle sue proprietà nel Montiferru, perse anche Santu
Lussurgiu.
Nella Sardegna sabauda il paese, capoluogo di mandamento, era
incluso nella provincia di Cuglieri.
Il patrimonio storico-artistico di Santu Lussurgiu si presenta
veramente ricco e ben conservato. Da visitare la chiesa di Santa Maria degli
Angeli che conserva un raffinato altare in legno del '700 e una lignea Madonna
cinquecentesca, tale edificio faceva parte di un complesso monastico fondato
nel 1473 da Bernardino da Feltre. Del convento appartenuto ai Minori
Osservanti, e che ospitava fino a 20 religiosi, non resta più traccia.
Nella parte più antica del borgo, fra case settecentesche decorate
da artisti locali, si trova la chiesa di Santa Croce del secolo XII con arcate
in pietra risalenti al XVII secolo. Molto bella è la chiesa di architettura
romanico-pisana di Siete Fuentes, risalente al XII secolo. L'edificio
rappresenta senza dubbio una delle più incantevoli chiese medievali della
Sardegna, immersa nel verde delle querce e dei lecci del parco di San Leonardo,
borgata di Santu Lussurgiu sulle pendici orientali del Montiferru.
Durante l'appartenenza all'ordine dei cavalieri di San Giovanni di
Gerusalemme, a San Leonardo vi era, secondo la tradizione di quest'ordine
monastico-militare, anche un ospedale oggi scomparso.
San Leonardo è conosciuta dai numerosi visitatori soprattutto per
le acque delle sette fontane che scaturiscono alla temperatura di 11 gradi.
Molto interessante si rivelerà anche una visita al Museo
Etnografico, allestito a Santu Lussurgiu. Gli attrezzi agricoli, gli strumenti
del lavoro casalingo e quelli utilizzati per la produzione della lana e dei
filati, la grande "gualchiera" a energia idrica impiegata per l'ammorbidimento
dell'orbace: sono questi i tanti capitoli diversi della storia di questo paese
operoso.
Tra le manifestazioni più importanti delle festività lussurgesi
spicca su tutte il Carnevale,caratterizzato, come già detto da sa carrela 'e
nanti, la spettacolare corsa di cavalli che si svolge lungo le strade del
paese.
I cavalieri devono affrontare un percorso tortuoso e procedere
affiancati in due o in tre, (le così dette corse a pariglia) dimostrando
un'abilità che li pone al centro dell'ammirazione degli spettatori.
All'animazione e alla gioia del Carnevale fanno da contraltare i riti della
Settimana Santa, che raggiungono il loro più alto grado di suggestione e
tragicità il venerdì con S'Iscravamentu, la cerimonia che ripercorre le tappe
della morte e deposizione di Gesù dalla croce. I riti sono accompagnati dal
coro della confraternita del Rosario "Su concordu e Su Rosariu",
specialista in musica liturgica di tradizione orale e considerato uno dei più
rappresentativi dell'area mediterranea.
Importante e molto sentita è anche la festa patronale di San
Lussorio, celebrata il 21 e il 22 agosto. Anche qui il "clou" della
giornata è rappresentato da una manifestazione ippica, l' "ardia"
corsa in onore del santo.
Il paese circondato dai fiumi
Con i suoi 270 abitanti e gli
appena 1568 ettari di estensione territoriale Sennariolo è il più piccolo tra i
paesi del Montiferru. Circondato dai secolari ulivi che fiancheggiano la S.S. 292
che porta a Cuglieri, ha un territorio di forma triangolare costituito da una
piana basaltica. I suoi limiti sono dati a nord dal rio Mannu di Foghe e a sud
dal rio di Sennariolo uniti sotto la collina di Santa Vittoria che si eleva
bruscamente dalla piana basaltica da cui è costituito il paese. La collina la
cui bellezza è esaltata dal contrasto fra il verde della vegetazione e il
bianco della chiesetta di Santa vittoria che si erge in cima all'omonimo colle
e permette di godere di uno splendido panorama che guarda verso il Montiferru,
la planargia , il Sinis.
I numerosi nuraghi e le Domus de
Jana presenti sul territorio testimoniano di come la zona fu abitata fin dai
tempi più remoti. Tra i nuraghi ricordiamo: Fromigas, Murcu, S'Ena e Tiana,
Liortinas.
Le notizie storiche su Sennariolo
ci dicono di un borgo che anche nel passato non raggiunse mai dimensioni più
rilevanti (380 abitanti nel 1846). Fece parte del Giudicato di Torres e del Marchesato
della planargia e dopo essere stato compreso nel regno di Arborea conobbe il
dominio feudale dei marchesi d'Arcais e in seguito, quello dei baroni di Sorso.
Nella ripartizione amministrativa della Sardegna sabauda, Sennariolo era
incluso nella provincia di Cuglieri.
Nelle vicinanze del paese si svolse
una battaglia fra i planargesi e una non meglio identificata ciurma di barbari,
probabilmente Saraceni, sbarcati per invadere il paese. In seguito all'esito
positivo della battaglia, per ringraziamento, fu eretta la chiesetta di Santa Vittoria che ancora oggi è molto
cara a tutti i sennariolesi. Qui, la terza domenica di maggio, si svolge una
tradizionale festa religiosa. L'usanza è quella di salire in processione al
sabato con l'immagine della santa, con soste ogni chilometro per far riposare i
portatori, e di ritornare in paese il giorno dopo. La festa è allietata dalla
partecipazione di cantanti e dalla presenza di poeti estemporanei che
improvvisano versi. La festa patronale ricorre invece il 30 novembre, giorno di
Sant'Andrea cui è dedicata anche la caratteristica Chiesa Parrocchiale con la
sua curiosa cupola di maiolica a forma di cipolla. Sempre in campagna si trova
anche la chiesa di San Quirico.
La fama di Sennariolo è legata in
particolar modo all'olivicoltura e alla produzione di un apprezzato formaggio,
nel territorio sono inoltre presenti numerose vigne e alberi da frutta, assieme
ad una discreta coltivazione del gelso. Nelle campagne con un po' di fortuna si
possono avvistare esemplari di lepre e pernice sarda, e per la gioia dei
pescatori è possibile ancora oggi trovare nei numerosi corsi d'acqua un gran
numero di trote e anguille.
Il regno del Malvasia
Tresnuraghes prende il nome dalla
presenza all'interno del paese di tre nuraghi
di cui oggi restano solo pochi resti ma che la dicono lunga sulle sue antiche
origini. Il Casalis individua in un nuraghe sull'"orlo dell'abitato",
in uno detto "de Tirrula", ed in un terzo chiamato "de
porcos", le tre costruzioni che diedero nome al paese.
Siamo al confine tra il Montiferru
e la Planargia e il paese possiede le caratteristiche di entrambi i territori.
Del Montiferru possiede le coste vulcaniche alte e rocciose, intersecate da
piccole calette e dalla spiaggia di Porto Alabe, per le dolci vallate, ricche
di vigneti e oliveti e per gli avvenimenti storico-culturali, Tresnuraghes è
invece vicina alla Planargia. Ed è proprio al territorio collinare e ai suoi
vigneti che è legata la fama del paese, associato ormai a quello del celebre
vino che qui viene prodotto: il Malvasia. La qualità del Malvasia di Bosa
prodotto a Tresnuraghes, ha avuto il sigillo ufficiale con il conferimento
della Denominazione d'Origine Controllata, ma era già conosciuto ed apprezzato
più di un secolo fa. Il Casalis - e siamo agli inizi dell'800 - scrive nel suo
"Dizionario":
"È grandissima la superficie
occupata dalle viti, ed è copiosa la vendemmia de' vini comuni, e degli scelti
o fini; tra questi il Malvasia ha i primi onori, ed il suo pregio è tanto, che
quasi non v'ha altro vigneto nell'isola che dia un prodotto di pari bontà. Un
poco annosa il Malvasia di Tresnuraghes, e dirò di più largamente della
Planargia, primeggia su tutti i vini più celebri per semplicità d'arte, soavità
di gusto, per salubrità".
Di grande interesse dal punto di
vista paesaggistico è la bellissima vallata di foghe, dove svetta l'omonima
torre e dove si trova la foce del fiume Riu Mannu. Dalla vallata si passa poi
all'altopiano basaltico del colle San Marco che viene dominato dalla splendida
chiesetta bianca dedicata anch'essa a San Marco, in onore del quale si tiene
una suggestiva sagra due volte l'anno: il 25 aprile e la prima domenica di
settembre. L'effige del Santo in questa occasione, viene portata in processione
dal paese fin sul monte omonimo, lungo un percorso di 12 chilometri circa. Il
peso della statua e la ragguardevole distanza da coprire fanno si che a
sobbarcarsi questa fatica siano soprattutto persone che devono sciogliere un
voto particolare. La processione, animata da due confraternite, è fatta in
quattro tappe per dare modo ai portatori di riposarsi. All'arrivo sul colle, i
comitati organizzatori della festa si preoccupano di preparare per i pellegrini
un banchetto a base di pane, formaggio, carne arrosto e bollita, vino e tanta
allegria. Un'altra particolare usanza è quella di distribuire da parte di chi
ha fatto un voto, pane benedetto.
Le chiese di San Giorgio e quella
di San Lorenzo sono le due principali attrattive di carattere storico e
artistico di Tresnuraghes. La prima, parrocchiale, ha perduto praticamente
l'originario aspetto quattrocentesco a causa di un'opera di restauro portata a
termine nel secolo scorso; la seconda risale al '600. Un altro edificio che
merita di essere visitato è "Sa Fabbrica",
un ex cartiera costruita nel secolo scorso e mai entrata in funzione che sorge isolata
nel tratto di vallata sottostante alla chiesa di San Marco, immersa nel verde
suggestivo della macchia mediterranea. Da visitare anche il giardino Botanico e
la raccolta di fossili, ambedue tra le più importanti della Sardegna in
località Porto Alabe. Per una passeggiata
rilassante nel verde, Tresnuraghes offre le zone di Corona Niedda e Campudundu,
oggetto, in questi ultimi anni di un'attenta e intelligente opera di
rimboschimento.
Nel Medioevo Tresnuraghes
appartenne al giudicato di Torres ed era capoluogo della curatoria della
Planargia. Con gli Aragonesi divenne feudo del Marchesato della Planargia e poi
parte della provincia di Cuglieri. Possiamo ritrovare le testimonianze del
periodo Aragonese ancora oggi nelle tre torri
che costeggiano il litorale: Columbargia, Ischia Ruggia, e Foghe di cui abbiamo
già parlato.