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FISAC/CGIL
Per inquadrare meglio il trattamento normativo e giuridico delle assenze per malattia, V i proponiamo un breve schematico riepilogo - a tratto generale - . Successivamente approfondiremo ulteriormente i contenuti dellart. 49 CCNL ABI.Malattia 1) Definizione Nozione. Per malattia deve intendersi uno stato patologico che comporta un'incapacità lavorativa e la totale impossibilità temporanea della prestazione. Rientrano nel concetto anche situazioni non direttamente collegabili all'alterazione psicofisica del lavoratore, come la necessità di particolari terapie oppure i periodi di convalescenza. Inidoneità fisica sopravvenuta. Se la perdita della capacità lavorativa (parziale o totale) non è di durata temporanea ma indeterminata o indeterminabile, non si tratta di malattia. Se l'inidoneità fisica è totale (oppure parziale, ma senza l'interesse del datore di lavoro a ricevere un adempimento non completo) può essere richiesta la risoluzione del rapporto in base alle regole civilistiche. Nel caso in cui l'impossibilità parziale causi la risoluzione, il lavoratore non può chiedere lo svolgimento di altre mansioni compatibili al suo stato . Spetta al datore di lavoro dimostrare il nesso tra inidoneità e pregiudizio al regolare svolgimento dell'attività aziendale, secondo i criteri che stanno alla base del giustificato motivo oggettivo di licenziamento . L'accertamento della inidoneità fisica deve essere effettuato presso le strutture pubbliche della medicina del lavoro. Emodialisi e morbo di Cooley. Anche questi casi rientrano nella nozione di malattia a cui sono equiparati a tutti gli effetti, ad eccezione di una serie di particolarità relative al trattamento economico Aborto. L'interruzione della gravidanza, spontanea o terapeutica nei casi consentiti dalla legge, avvenuta entro il 180° giorno dall'inizio della stessa è considerata come malattia. Se l'interruzione interviene dopo il 180° giorno è parto e si applica l'astensione obbligatoria per maternità . Evoluzione della malattia.
2)Il periodo di comporto Durante la malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per il tempo determinato dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità. Decorso tale termine, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto, dando il regolare preavviso. Il termine di conservazione del posto è praticamente stabilito dai contratti collettivi che in generale ne fissano la durata a seconda dell'anzianità di servizio oppure della qualifica. Può dirsi ormai superata dai CCNL la durata prevista per gli impiegati dallart. 6 del R.D.L. 1825/1924. Comporto "secco". È il periodo massimo di conservazione del posto in presenza di un'unica malattia ed è previsto da tutti i contratti collettivi. È il periodo massimo di conservazione del posto in presenza di più episodi morbosi. Anche esso di norma è determinato dai contratti collettivi; in caso contrario, il periodo deve essere determinato dal giudice in via equitativa. Vediamo come si calcola il periodo di comporto, ossia quali assenze incidano o meno nella sua determinazione. Il problema si pone sia riguardo ad assenze equiparabili alla malattia (es. malattia a causa di gravidanza), sia ad assenze cadenti a ridosso oppure inframezzate a giornate di malattia.
Per i lavoratori affetti da tubercolosi la durata del comporto è fissata dalla legge in 18 mesi dalla data di sospensione del rapporto, oltre a 4 mesi successivi alla dimissione dal sanatorio (imprese con meno di 16 dipendenti) e 6 mesi dalle dimissioni per le imprese con più di 16 dipendenti . La determinazione equitativa, basata sull'art. 1374 c.c., deve fissare
i seguenti termini: In generale la giurisprudenza fa coincidere questo termine con il periodo previsto dal CCNL per il comporto "secco"; - l'arco temporale massimo entro cui collocare il periodo precedente (c.d. termine esterno). Normalmente per la giurisprudenza il giudice deve riferirsi al periodo di durata del CCNL., anche non coincidenti con quello del contratto vigente, calcolando a ritroso dalla data di licenziamento 3)Licenziamento alla fine del comporto Scaduto il periodo di comporto, il datore di lavoro può legittimamente licenziare il lavoratore anche in costanza di malattia. Esaminiamo a tale riguardo: - quando deve intervenire il licenziamento; - quali sono le conseguenze del licenziamento intimato senza il rispetto dei tempi richiesti; - le modalità del licenziamento. Tempestività del licenziamento. Il recesso alla scadenza del termine non deve essere obbligatoriamente effettuato immediatamente ma anche in seguito, purché tempestivamente, dal momento che l'ipotesi opposta fa presumere una tacita rinuncia del datore di lavoro al potere di licenziare.
Se il lavoratore, scaduto il comporto, riprende il lavoro ciò non implica automaticamente la rinuncia del datore di lavoro al licenziamento ma può legittimamente intimarlo entro un breve periodo. Se invece l'intervallo tra ripresa e licenziamento è significativo (settimane o mesi a seconda della dimensione aziendale), il datore di lavoro deve dimostrare un rapporto causale tra licenziamento e superamento del comporto Se, perdurando la malattia, viene superato per diverse settimane il comporto, il potere di recesso permane a seguito del rientro in servizio, solo se effettuato immediatamente a ridosso del rientro . L'accettazione del rientro in servizio non legittima il licenziamento in conseguenza di una breve malattia, verificatasi a diversi mesi di distanza dal rientro. Mancato esercizio del licenziamento. In tal caso si riaprono i termini di conservazione del posto, di uguale entità di quello scaduto . Effetti del licenziamento illegittimo. Prospettiamo due ipotesi:
in tale caso esso, secondo la giurisprudenza, è non solo inefficace ma nullo ed impugnabile nel termine di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione;
in tal caso il licenziamento è illegittimo e scattano a favore del lavoratore la tutela reale della reintegrazione o quella obbligatoria della riassunzione, a seconda delle dimensioni aziendali. Il licenziamento deve essere intimato per iscritto, con il rispetto dei
termini di preavviso e con pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, in caso di
licenziamento durante la malattia. Di conseguenza i periodi di assenza non contestati nella comunicazione non devono essere considerati ai fini del calcolo del superamento del comporto. Diversi contratti collettivi prevedono che, cessato il periodo di comporto, il lavoratore abbia diritto ad un periodo di aspettativa non retribuita, durante la quale gli viene conservato il posto di lavoro. Tutti gli aspetti di questo istituto vengono regolamentati dai CCNL (condizioni, modalità e termine per la richiesta, durata, frazionabilità, ecc.). |
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