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Diritto & Lavoro |
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Licenziamenti per ragioni organizzative. Un lavoratore è stato licenziato nel dicembre 93, per ragioni organizzative. Il 30 gennaio del 99 la società, pur non avendo ripreso in servizio il lavoratore, gli ha comunicato un secondo licenziamento per ragioni organizzative. Nel giudizio di rinvio davanti al tribunale, lazienda si è opposta alla reintegrazione, sostenendo, da un lato, che al momento del licenziamento, anche adottando i criteri stabiliti dalla Cassazione, essa aveva meno di 15 dipendenti e, dallaltro, che comunque la reintegrazione non poteva essere disposta, perché il lavoratore era stato nuovamente licenziato. Il tribunale, in base ai risultati di una consulenza tecnica, ha ritenuto che lazienda al momento del licenziamento avesse oltre 15 dipendenti e pertanto ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro. Il tribunale ha affermato che il secondo licenziamento era "del tutto privo di effetto, perché intimato nei confronti di un soggetto non legato allazienda da alcun rapporto di lavoro". La società ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra laltro, che il tribunale avrebbe dovuto riconoscere valido il secondo licenziamento, in quanto, per lillegittimità del primo, il rapporto di lavoro doveva ritenersi, per legge, non interrotto. La Suprema Corte (Cass. 5 aprile 2001, n. 5092) ha rigettato il ricorso, affermando che il tribunale ha correttamente escluso lesistenza del rapporto di lavoro nel momento dellintimazione del secondo licenziamento. Lazione diretta a invalidare il licenziamento, perché privo di giusta causa o giustificato motivo, ha osservato la Corte, è azione dannullamento e ha pertanto natura costitutiva, in quanto mira a modificare una situazione preesistente, nel senso di togliere validità allatto viziato; ne consegue che, nel caso dimpugnazione di un licenziamento sotto il profilo della carenza di giusta causa o giustificato motivo, fino a quando non interviene una sentenza che, in accoglimento dellazione, lo annulli, esso produce regolarmente leffetto di far cessare il rapporto di lavoro. Ciò comporta che un ulteriore licenziamento, intimato in corso di causa e prima della sentenza daccoglimento, deve considerarsi privo di ogni effetto per limpossibilità di adempiere alla sua funzione. Né leffetto retroattivo della sentenza che ne accerti lillegittimità, ha aggiunto la Corte, vale a far acquisire efficacia al secondo licenziamento, operando la retroattività solo in relazione alla ricostituzione del rapporto e non anche a quei comportamenti o manifestazioni di volontà datoriali, da ritenersi "disattivati", perché svoltisi nellarco di tempo in cui il rapporto di lavoro era ormai estinto. (Rassegna sindacale n.18, maggio 2001) |
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