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Le valutazione del datore di lavoro non sono insindacabili. Una
sentenza della Cassazione.
Con una recente sentenza (sezione lavoro n.206 del 9 gennaio
2001), la Suprema Corte ha affermato il principio in base al quale il datore di lavoro
deve adeguatamente motivare le valutazioni del personale, ai fini dellattribuzione
di un incentivo economico, per permettere di controllare che siano state rispettate le
regole di correttezza e di buona fede. Il caso di specie è il seguente. Nell88 il
Banco di Napoli aveva concordato con le organizzazioni sindacali listituzione di
incentivi economici per il personale in servizio, da attribuirsi in presenza di due
requisiti: la nota di qualifica "ottimo" e il conseguimento di un apposito
giudizio riferito anche alle qualità potenziali de singoli lavoratori, da definire
secondo criteri obiettivi e uniformi. Successivamente, con una circolare del 1990, la
banca aveva precisato che, alla definizione del giudizio complessivo didoneità agli
incentivi di merito, concorrevano due fattori: il punteggio con cui era stato conseguito
il giudizio di "ottimo" nellambito della valutazione della prestazione e
la valutazione di alcune qualità potenziali (capacità manageriali, relazioni operative,
sensibilità economica, etc.), rilevate a cura dellunità operativa e verificate a
livello centrale da unapposuta commissione.
Un dipendente del Banco di Napoli, avendo ottenuto nel 91 la qualifica di
"ottimo", aveva percepito lincentivo previsto dallaccordo sindacale.
Per il 92 invece, egli era stato ritenuto non meritevole dellincentivo, con
una valutazione riferita alle sue qualità potenziali. Il lavoratore promuoveva, allora,
un giudizio davanti al pretore di Napoli, chiedendo laccertamento
dellillegittimità della regolamentazione relativa alle valutazioni e del
provvedimento di diniego dellincentivo, nonché la condanna del Banco di Napoli al
pagamento del mancato emolumento. Sia il pretore, sia (in grado dappello) il
tribunale di Napoli avevano ritenuto la domanda priva di fondamento. In particolare, il
tribunale aveva affermato che lattribuzione dellincentivo era rimessa alla
valutazione discrezionale del datore di lavoro, il quale restava totalmente libero nella
formulazione del suo giudizio. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore,
richiamando la sua costante giurisprudenza, secondo cui, in materia di note di qualifica
dei dipendenti, le valutazioni del datore di lavoro non sono insindacabili, in quanto egli
è soggetto agli obblighi di correttezza e buona fede e ha lonere di motivare i suoi
giudizi al fine di consentire al giudice di sindacarli.
Da questa premessa, ha osservato la Corte, deve trarsi la conclusione che la norma
collettiva istitutiva di un premio di rendimento per i dipendenti che abbiano conseguito
una determinata nota di qualifica non sancisce un potere soggettivo insindacabile del
datore di lavoro, in quanto il dipendente, cui tale premio sia negato, può contestare la
legittimità del giudizio espresso sul suo conto. La sentenza del tribunale di Napoli,
secondo la Cassazione, ha errato nellaffermare la dscrezionalità e insindacabilità
della valutazione del datore d lavoro: avrebbe dovuto invece verificare il rispetto degli
obblighi di correttezza e buona fede, i quali implicano il divieto di perseguire intent
discriminatori o, comunque, non ispirati alla necessaria trasparenza. La Cassazione ha
quindi rinviato la causa per un nuovo esame alla Corte dappello di Napoli.
Mara Parpaglioni
(tratto da "Rassegna Sindacale")
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