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No alla trattativa
col trucco
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Sì alla
difesa dei diritti
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Il «grande accordo» cui il governo
punta con le parti sociali è un «grande bluff»,
costruito per mascherare il sostanziale fallimento delle politiche
decise in questo suo primo anno di vita. È una trappola
nella quale non si doveva cadere. Perché in realtà
rischia di essere, se intesa ci sarà, poco più che
un «accordicchio». Ma soprattutto perché ha
una premessa inaccettabile: il tavolo sul lavoro prevede una
discussione anche sulle modifiche allarticolo 18 che,
anziché essere tolte di mezzo, sono state solo spostate in
un altro disegno di legge. Cgil Cisl Uil hanno chiamato negli
ultimi sei mesi milioni di lavoratori a scioperare perché
queste modifiche venissero tolte definitivamente di mezzo. Questa
era la condizione per trattare. Su questa si erano impegnati tutti
i sindacati. Ma solo la Cgil ha mantenuto limpegno preso con
i lavoratori. Per questo la Cgil non partecipa alla trattativa
sullarticolo 18 mentre è presente e impegnata agli
altri tavoli.
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Uno
stralcio? No, una finta
Le parti più
spinose della delega sul mercato del lavoro (articolo 18 e
arbitrato, incentivi e ammortizzatori sociali) sono state tolte
dal provvedimento adesso in discussione in Parlamento (che, così
alleggerito, accelererà adesso i suoi tempi) e sono state
depositate in un disegno di legge da discutere entro il 31 luglio,
termine ultimo previsto per la trattativa tra le parti sociali. Se
non ci sarà unintesa, la maggioranza di governo andrà
avanti autonomamente sulla base di quel disegno di legge (e quindi
di quelle decisioni contro cui si è lottato).
Non è difficile vedere che
la soluzione è anche peggiore del male. Tutta la trattativa
si svolgerà sotto una spada di Damocle che inevitabilmente
la condizionerà. Come si può pensare che
Confindustria cederà di un millimetro se, stando ferma,
porterà comunque a casa quanto cera nella delega? Che
senso ha accettare una trattativa truccata?
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Riparte
la concertazione? No, solo parole
Nel documento del 31
maggio, che la Cgil non ha firmato, cè un riferimento
del tutto formale al protocollo del luglio 1993 e alla politica
dei redditi (senza alcun impegno concreto). Questo non significa
affatto far rivivere la concertazione, del resto negata
ripetutamente da autorevoli membri dellesecutivo.
La
discussione sul Documento di programmazione economica e
finanziaria, comunque, sarà il banco di prova delle reali
volontà del governo. Lì si vedrà quali
risorse il governo intende mettere in campo per finanziare quali
programmi sui terreni fondamentali per lo sviluppo del paese.
Ma se quello che dice oggi il
governatore della Banca dItalia (contraddicendo quello che
diceva ieri) è vero, e purtroppo è vero, la
situazione non è facile e si è perso un anno.
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Trattativa
su previdenza, scuola, sanità, immigrati? No, il
governo decide da solo
Non
deve sfuggire a nessuno che dal negoziato è stata esclusa
la delega sulle pensioni. Ma questa non è una vittoria.
Quando si discuterà della decontribuzione (che farà
saltare i conti dellInps) e del «sequestro» del
Tfr (che impedirà ai lavoratori di deciderne luso)? E
che cosa succederà di queste misure? Accantonare la materia
non cambia una legge che porta vantaggi solo alle imprese ed è
disastrosa per i giovani e per il sistema previdenziale italiano.
Ma non
manca solo la previdenza. Dalla discussione sono state escluse
anche materie essenziali come la scuola, la ricerca e
luniversità, senza le quali non ci può essere
nessuno sviluppo sano e duraturo del paese. È stata esclusa
anche la sanità, che non solo è una parte
consistente del sistema di protezione sociale, ma sulla quale
diventa sempre più concreto il rischio di avere tanti
sistemi diversi, uno per regione, con una deregolazione che
colpisce, come sempre, i più deboli.
E non si discute nemmeno di
immigrazione, su cui il governo ha appena approvato alla Camera
una legge semplicemente vergognosa
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Negoziato
su fisco, Mezzogiorno e sommerso: Sì,
per cambiare profondamente
Il confronto sugli
altri tavoli dovrà verificare la volontà del governo
di cambiare profondamente le politiche che hanno portato a scelte
sbagliate o a «non scelte».
Sul fisco, dove la riforma annunciata con la delega è
profondamente ingiusta e mette a rischio lo Stato sociale
italiano. Ma la trattativa è solo sui criteri generali,
lasciando al ministro Tremonti le decisioni vere. Intanto però
le risorse derivanti dal recupero del fiscal drag e dalla
diminuzione dellIrpef decise con il governo di
centrosinistra non verranno date.
Sul Mezzogiorno, dove sè perso un anno e mancano
risorse e programmi. E dove tra i titoli del confronto non cè
nulla sulla parte più significativa delle politiche di
questi anni (programmazione negoziata, contratti darea e
patti territoriali) mentre su ciò di cui si vuole parlare
(infrastrutture e fondi europei) si rischia di fare una
discussione solo accademica, visto che al tavolo mancano alcuni
soggetti fondamentali, come le Regioni e gli enti locali
Sul sommerso, dove il
fallimento delle politiche decise su input di Confindustria è
stato talmente evidente che persino dallinterno della
maggioranza non hanno più potuto far finta di nulla.
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Prosegue
la stagione di lotte
Per tutte queste ragioni la Cgil chiede a tutti i lavoratori
italiani di mobilitarsi ancora a sostegno di una battaglia che è
per i diritti di tutti: la partita è tuttaltro che
chiusa. Occorre far crescere nel paese la consapevolezza di quanto
sia essenziale respingere lattacco allarticolo 18 e
alla previdenza. A questo fine la Cgil proclama sei ore di
sciopero generale, di cui le prime quattro articolate per regione.
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Il calendario degli
scioperi*
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Lombardia e Campania
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20 giugno
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Liguria, Piemonte e Valle dAosta
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27 giugno
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Basilicata
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28 giugno
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Marche e Umbria
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2 luglio
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Sicilia, Toscana, Lazio, Abruzzo e Molise
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4 luglio
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Alto Adige, Calabria, Friuli-Venezia
Giulia,Puglia, Trentino e Veneto
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5 luglio
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Emilia-Romagna
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11 luglio
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* La Sardegna sciopererà unitariamente
il 28 contro le politiche della Regione
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