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Società & Salute

Benefici a favore delle persone handicappate
Circolare INPS n. 133 del 17 luglio ‘00

Coordinamento a cura dell’ INPS fra legge 8 marzo 2000, n. 53 e art. 33,
commi 1, 2, 3 e 6 della legge n. 104/92.

Gli artt. 19 e 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53 hanno apportato modifiche alla
legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33.

Chi sonole persone in argomento

Le persone  con handicap  in situazioni di gravità  prese in  considerazione
dalla  circolare INPS
sono quelle di cui al  3° comma dell’art. 3 della legge n.
104/1992,  non ricoverate a  tempo pieno (art. 33, commi 1, 2 e 3 della legge n.
104/1992)
.

Art. 3 comma 3 della legge 104/92
Soggetti aventi diritto.

1. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o senso-
riale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione
o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione.

2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione
alla  natura e alla  consistenza della minorazione, alla  capacità complessiva individuale
residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

3. Qualora la  minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, cor-
relata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, con-
tinuativo e globale  nella sfera individuale o in  quella di relazione, la situazione assume
connotazione di gravità.  Le situazioni riconosciute  di gravità determinano priorità  nei
programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o
aventi  stabile dimora  nel territorio nazionale.  Le relative prestazioni   sono  corrisposte
nei limiti  ed alle condizioni previste  dalla vigente legislazione o  da accordi internazio-
nali.

PERSONE HANDICAPPATE CHE LAVORANO

Il comma 6 dell’art. 33 della legge n. 104/92 prevede, tra l’altro, che la persona
handicappata che  lavora può  "usufruire dei permessi di  cui ai commi 2 e 3 (ris-
pettivamente, permessi "ad ore" e permessi "a giorni").

L’art. 19, lett. c),  della legge 8.3.2000, n. 53 stabilisce che al comma 6 dell’art.
33 della legge 104/92,  dopo le parole "può usufruire", è inserita la seguente: "al-
ternativamente".

La presente norma  conferma quindi il  criterio in vigore secondo  cui la persona
handicappata che lavora può beneficiare, alternativamente, o dei permessi "ad
ore" o dei permessi "a giorni"
.

Il tipo di permesso richiesto (a giorni od ad ore), può essere senz’altro cambiato
da un mese  all’altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo avan-
zata, e non, in linea di massima, nell’ambito del singolo mese di calendario.

La variazione  può essere eccezionalmente consentita, anche   nell’ambito di cias-
cun mese, nel caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili al-
l’atto della richiesta  di permessi, esigenze che, peraltro, devono essere opportu-
namente documentate dal lavoratore.

ESEMPI INPS

Lavoratore, con orario giornaliero lavorativo di 8 ore per 5 giorni alla settimana,
che abbia  già beneficiato, in  un determinato mese, di riposi orari  per 20 ore, e
che successivamente documenti  la necessità di utilizzare i giorni in luogo dei res-
tanti permessi orari.

Le 20 ore fruite  dovranno essere convertite  in giorni, con   eventuale arrotonda-
mento all’unità inferiore  se la frazione di  giorno è pari  o inferiore allo 0,50, ov-
vero all’unità superiore se la frazione supera lo 0,50.

Nell’esempio, quindi, si ha: 20 ore: 8 = 2,50 gg. (e cioè 2 gg. arrotondati).

Il lavoratore ha  fruito di ore corrispondenti a 2 gg. e quindi può chiedere 1 gior-
no di permesso senza diritto ad ulteriori permessi orari nel mese.

Se, invece, avesse già fruito di 21 ore (equivalenti a 2,62 gg. = 3 gg. arrotondati)
non potrebbe più fruire neppure di 1 giorno di permesso, sempre relativamente a
quel mese.

Analogo calcolo  va effettuato nel caso inverso, se si tratta, cioè, di  convertire i
giorni in ore.

Se, ad esempio, lo stesso lavoratore ha utilizzato 2 giorni di permesso, potrà frui-
re, in quel determinato mese, di  8 ore di riposo, in luogo del giorno di permesso
che non intende più utilizzare.

GENITORI E PARENTI O AFFINI ENTRO IL 3° GRADO DELLA
PERSONA HANDICAPPATA

L’art. 20  della legge 53/2000  stabilisce:   "Le disposizioni dell’articolo 33  della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’art. 19 della presente legge,
si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori
ed ai  familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assisto-
no con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado por-
tatore di handicap, ancorché non convivente".

Genitori di figli minorenni

L’art. 20,  secondo cui  le disposizioni   dell’art. 33 si applicano anche quando
l’altro genitore non ha diritto
, è riferito ai (soli) figli handicappati minorenni.

E’ da ritenere esclusa la  applicabilità dello stesso art. 20 nella parte in cui preve-
de la continuità e la esclusività dell’assistenza alla persona handicappata da parte
del lavoratore; ciò, anche nel presupposto che per i figli minorenni non va richies-
ta la convivenza.

In base alla nuova norma il genitore lavoratore può fruire del prolungamento del-
l’astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai 3 anni di età del bambino nonché
dei giorni di permesso dopo i 3 anni e fino ai 18, anche qualora l’altro genito-
re non abbia diritto
a tali benefici (perché, ad esempio, è casalingo/a, non svol-
ge attività lavorativa, è lavoratore autonomo ecc.).

Nel caso in cui, invece, entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi
continuano a spettare ad entrambi, ma in maniera alternativa.

Possono spettare indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione
contemporanea
.

Prolungamento dell’astensione facoltativa fino a tre anni di età del bam-
bino handicappato.

Il comma 1  dell’art. 33 della legge 104/92 stabilisce che la lavoratrice madre o,
in alternativa, il  lavoratore padre, anche adottivi, di minore handicappato grave,
hanno  diritto al prolungamento fino a tre anni (di età del bambino) del periodo
di astensione facoltativa.

Trattandosi di astensione facoltativa, sia pure prolungata, con diritto alla inden-
nità pari al 30% della retribuzione
per tutto il periodo, il rapporto di lavoro
deve continuare  ad essere in atto, con obbligo di prestazione dell’attività lavora-
tiva, anche durante il prolungamento.

Con riferimento alle  innovazioni apportate dalla legge 53/2000, occorre fare al-
cune precisazioni in merito alle interrelazioni tra l’astensione facoltativa "normale"
ed il suo prolungamento.

La norma dell’art. 20  della stessa legge 53  non avrebbe inteso escludere, per i
genitori di persone handicappate,  né la possibilità  di fruire, come   gli altri,  della
normale astensione  facoltativa entro gli  otto anni di  età del bambino, né la pos-
sibilità di beneficiare del prolungamento della astensione facoltativa fino a tre an-
ni di età del bambino; non ha quindi posto come condizione per il prolungamento
stesso il precedente godimento della integrale astensione normale.

E’ possibile ammettere il prolungamento da parte di un genitore (alternativa-
mente, madre o padre) anche quando non sia stato in precedenza esaurito
il periodo della "normale" astensione facoltativa
.

Il fatto che l’ulteriore periodo di astensione sia qualificato come "prolungamento"
non può non comportare riflessi: pertanto in linea generale il prolungamento stes-
so potrà  iniziare solo dopo il periodo della normale astensione facoltativa teori-
camente fruibile
dalla madre (6 mesi), periodo che inizia a decorrere dal gior-
no successivo alla fine dell’astensione obbligatoria e che ordinariamente è pari a
nove mesi successivi al parto.

Fermo restando che il godimento del "normale" periodo di astensione può essere
spostato fino  all’8° anno di età del bambino, nei casi  in cui uno   dei genitori non
appartenga a categoria avente diritto all’astensione obbligatoria e/o a quella facol-
tativa dal lavoro :

  • se è solo il padre che lavora, il prolungamento in questione è riconoscibile
    dal giorno successivo  alla scadenza del  proprio teorico  periodo di "nor-
    male" astensione facoltativa, e cioè di 7 mesi, a partire dalla data di nasci-
    ta del bambino;
  • se si tratta di "genitore solo" -padre o madre- (1), il prolungamento è rico-
    noscibile dal giorno successivo alla scadenza del teorico particolare perio-
    do di astensione (10 mesi);
  • se  la madre  è lavoratrice non  avente diritto   all’astensione  facoltativa e,
    quindi, al  suo prolungamento, il  padre può fruire del  prolungamento   dal
    giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di "normale"
    astensione  facoltativa (7 mesi),  decorrente dalla fine   dell’astensione ob-
    bligatoria della madre;
  • se la madre è lavoratrice autonoma, il padre può fruire del prolungamento
    dal  giorno successivo alla  scadenza del proprio teorico  periodo di "nor-
    male" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla fine del periodo (3
    mesi)  di astensione facoltativa  della madre,  decorrente, a sua volta,   dal
    giorno successivo al periodo indennizzabile dopo il parto (3 mesi).

Nel caso in cui, invece, la "normale" astensione facoltativa sia stata fruita in tut-
to o in parte,
prima del prolungamento, da uno o da entrambi i genitori, si avran-
no le seguenti situazioni di fruibilità dei residui periodi di "normale"astensione fa-
coltativa:

  • se  la madre ha  beneficiato di  6 mesi prima  del prolungamento,   il padre
    può  usufruire di  5 mesi di astensione facoltativa  "normale" sia entro il 3°
    anno di  età del bambino, sia fra il  3° e l’8° anno (mesi peraltro indenniz-
    zabili,  in entrambi i casi,  solo in presenza di  determinate condizioni red-
    dituali);
  • se il  padre ha  beneficiato di  7 mesi prima del prolungamento,  la   madre
    può usufruire di  4 mesi di astensione  facoltativa "normale"   sia entro il 3°
    anno di età  del bambino, sia fra il 3° e  l’8° anno (mesi soggetti a limiti di
    indennizzabilità analoghi a quelli di cui all’alinea precedente);
  • se  entrambi i genitori  si sono ripartiti  i periodi  di astensione   facoltativa
    "normale", con conseguente prolungamento da parte di un genitore, ovve-
    ro con  prolungamento alternativo da  parte di entrambi,  il genitore che
    eventualmente non abbia utilizzato il proprio periodo residuo (fruibile peral-
    tro sempre  entro il limite complessivo di  10 o 11 mesi), può completarlo
    sia entro il  3° anno di età del bambino, sia  fra i 3° e l’8° anno, con i sud-
    detti limiti di indennizzabilità.

Riposi orari fino a tre anni di età del bambino handicappato

Il comma 2  dell’art. 33  della legge 104   prevede la  possibilità per i genitori  di
fruire di  riposi orari fino a tre anni di età del bambino, in alternativa al prolun-
gamento dell’astensione
facoltativa;  si rammenta che, per uniforme applica-
zione della  disposizione sia nel  settore privato che in  quello pubblico, il numero
di ore di riposo  spettanti è da rapportare alla durata dell’orario giornaliero di la-
voro (2 ore per orario pari o superiore a 6 ore, 1 ora in caso contrario).

Fino ad 1 anno di età i riposi non sono quelli alternativi al prolungamento dell’as-
tensione facoltativa, ma quelli c.d. per allattamento del nuovo art. 10 della legge
1204 .

Ciò significa che durante l’utilizzo di questi riposi orari   da parte della  madre, il
padre può  fruire della astensione facoltativa "normale",  e che, invece,  l’utilizzo
della astensione  facoltativa "normale" da parte della madre preclude la fruizione
dei riposi orari da parte del padre.

Tra il 2° e il 3° anno di età del bambino, i riposi orari diventano quelli alternativi
al prolungamento dell’astensione facoltativa.

Tali riposi, come il prolungamento dell’astensione di cui al paragrafo precedente,
spettano in  maniera alternativa tra  i due genitori, e,  trattandosi di beneficio che
sostituisce il  prolungamento, l’utilizzo dei riposi orari da parte di un genitore non
esclude, secondo i criteri utilizzati per l’astensione suddetta, che l’altro possa go-
dere della "normale" astensione facoltativa eventualmente ancora spettantegli.

Giorni di permesso mensile tra il 3° e il 18° anno di età del figlio handicap-
pato.

Analogamente  al  prolungamento   dell’astensione facoltativa ed  ai riposi orari, i
giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli minorenni) alterna-
tivamente, ma il numero massimo mensile (3 gg.) può essere ripartito tra i genito-
ri stessi anche con  assenze contestuali dal rispettivo  lavoro (ad esempio, madre
2 gg., padre 1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre).

L’alternatività, in sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei gior-
ni di riposo fruibili nel mese (tre).

I giorni di permesso possono essere utilizzati da un genitore anche quando l’altro
fruisce della "normale" astensione facoltativa.

Genitori di figli maggiorenni e familiari di persone handicappate non
conviventi

In  base  all’art. 20  della legge 53,  i genitori e  i familiari lavoratori  di  persone
handicappate possono fruire dei giorni di permesso mensile anche se il portatore
di handicap  non è convivente a  condizione che l’assistenza sia continua ed es-
clusiva
, requisiti che devono sussistere contemporaneamente.

I genitori sono quelli di figli maggiorenni.

Continuità dell’assistenza

La "continuità" consiste   nell’effettiva assistenza del soggetto handicappato, per
le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore, genitore o parente del sog-
getto stesso, per il quale vengono richiesti i giorni di permesso.

Pertanto la continuità di assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lonta-
nanza delle  abitazioni, lontananza da considerare non  necessariamente in senso
spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale.

Esclusività dell’assistenza

La "esclusività" va intesa nel senso che il lavoratore richiedente i permessi deve
essere l’unico soggetto che presta assistenza alla persona handicappata.

La esclusività  stessa non  può perciò  considerarsi realizzata  quando il  soggetto
handicappato non convivente con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a
sua volta, in un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che beneficiano dei
permessi per questo stesso handicappato, ovvero soggetti non lavoratori in grado
di assisterlo.

Genitori di figli maggiorenni e familiari di persone handicappate convi-
venti

Se il lavoratore richiedente i permessi è convivente con la persona handicappata
continua ad  essere implicito che ai  fini della concessione  dei permessi non deb-
bano essere presenti nella famiglia altri soggetti che possano fornire assistenza.

La concessione dei  permessi è subordinata alla inesistenza, nel nucleo fami-
liare, di soggetti non lavoratori
in grado di assistere la persona handicappata.

Impossibilità di assistenza da parte del familiare non lavoratore

Oltre ai motivi, obiettivamente rilevanti, di impossibilità all’assistenza da parte del
genitore non lavoratore, da ritenere applicabili non solo al genitore suddetto, ma
anche ad altro familiare (ugualmente non lavoratore e unico altro soggetto in
grado di prestare assistenza) (2), si elencano gli ulteriori motivi di impossibilità di
assistenza da parte di soggetti non lavoratori conviventi con il soggetto handi-
cappato
individuati dal Comitato amministratore con la deliberazione n. 32 del
7.3.2000 (allegato), per i quali, quindi, al lavoratore (genitore o parente o affine
entro il 3° grado (3), convivente o meno con l’handicappato) possono essere
riconosciuti i permessi, senza necessità di valutazioni medico-legali:

  • riconoscimento, da parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che
    presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le
    pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate);
  • riconoscimento, da  parte dell’INPS o di altri  Enti pubblici, di pensioni, o
    di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni di
    invalidità civile,  gli assegni di  invalidità INPS, le  rendite INAIL, e simili),
    che individuino,  direttamente o indirettamente,  una infermità  superiore ai
    2/3;
  • età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui il familiare non sia studente);
  • infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero;
  • età superiore  ai 70 anni, in  presenza di una qualsiasi invalidità comunque
    riconosciuta; per  gli invalidi di età  inferiore a 70 anni, possono essere ap-
    plicati i criteri di cui al capoverso successivo.

I motivi di  carattere sanitario, debitamente documentati,   del familiare  non lavo-
ratore, come ad esempio le infermità temporanee che non diano luogo a ricovero
ospedaliero, dovranno essere valutati dal medico di Sede al fine di stabilire se e
per quale periodo, in relazione alla natura dell’handicap del disabile nonché al ti-
po di affezione del familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per questo
ultimo, di prestare assistenza.

Inoltre un  ulteriore motivo di  impedimento   all’assistenza da  parte del  familiare
non lavoratore convivente con la persona handicappata può essere quello deter-
minato dalla mancanza di patente di guida del non lavoratore.

Tale  motivo è valido, peraltro, solo  se il lavoratore documenta la necessità  di
trasportare, nei giorni richiesti, il figlio o parente handicappato per visite me-
diche, terapie
specifiche  e simili e dichiara l’impossibilità   di far trasportare la
persona handicappata da altri soggetti conviventi non lavoratori, in quanto sprov-
visti di patente di guida.


CHIARIMENTI E VARIE

- Decorrenza dell’inizio dei benefici in casi particolari

Le indennità per le agevolazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 33 della legge
104/92, possono essere riconosciute, sempre che vi sia stata effettiva astensione
dal lavoro, a partire da una data diversa da quella di rilascio dell’attestato (o cer-
tificato o verbale)  relativo al  riconoscimento dell’handicap grave   da parte della
speciale  Commissione medica A.S.L., non solo  qualora nello stesso sia espres-
samente indicata una validità decorrente da data anteriore a quella del riconosci-
mento dell’handicap grave, ma in tutti i casi in cui la formulazione della diagnosi
da  parte della  Commissione sia tale  (ad es. quanto è presente il riferimento ad
una eziologia prenatale) da far considerare l’handicap grave senza dubbio esis-
tente da data anteriore
  a quella di  presentazione alla ASL  della domanda di
riconoscimento (non anteriore comunque a quella di presentazione all’INPS e al
datore di lavoro della relativa domanda).

- Part time verticale

In caso di contratto di lavoro part time verticale, con attività lavorativa (ad orario
pieno o ad orario ridotto)  limitata ad alcuni  giorni del mese, il numero dei giorni
di permesso spettanti va ridimensionato proporzionalmente.

Il risultato  numerico va  arrotondato all’unità inferiore  o a quella superiore a se-
conda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore:

Si procede infatti con la seguente proporzione: x : a = b : c   (dove "a" corrispon-
de al n° dei gg. di lavoro effettivi; "b" a quello dei (3) gg. di permesso teorici; "c"
a quello dei gg. lavorativi)

Esempio: 8 giorni di lavoro al mese su un totale di 27 giorni lavorativi teoricamen-
te eseguibili (l’azienda non effettua quindi la "settimana corta").

Perciò:
x : 8 = 3 : 27
x = 24 : 27;
x = 0,8 (gg. di permesso, da arrotondare a 1).
Nel mese considerato spetterà quindi 1 solo giorno di permesso

- Contributi figurativi

La legge, all’articolo 19, lett. a), precisa che i permessi dell’articolo 33, comma
3, della legge n.1204/1992 (permessi "a giorni"), sono coperti da contribuzione
figurativa.

I permessi di cui al comma 2 (permessi "ad ore") risultano ora coperti da contri-
buzione figurativa, riscattabili, oppure possono formare oggetto di versamenti vo-
lontari (v. nuovo art. 10 della legge n. 1204/71).

Sull’argomento l’INPS impartirà disposizioni .

- Modulario e documentazione

Nell’attesa  della revisione della  modulistica attuale, la  stessa potrà essere utiliz-
zata, con  gli opportuni adattamenti,  in uno alla presentazione  delle dichiarazioni
di responsabilità, laddove necessarie.

Le certificazioni mediche non possono essere sostituite da autocertificazioni.

Note esplicative INPS

(1) - La situazione di "genitore solo" può verificarsi in caso di morte di un genito-
re, o di abbandono del figlio da parte di uno dei genitori, ovvero di affidamento
del figlio ad uno solo dei genitori, risultante da un provvedimento formale .

(2) - I "motivi obiettivamente rilevanti" indicati nella citata circolare, applicabili an-
che a persona non lavoratrice, diversa dal genitore, sempre che risulti essere
l’unica in famiglia in grado di prestare assistenza sono:

  • grave malattia
  • presenza in famiglia di più di tre minorenni
  • presenza in famiglia di un bambino inferiore a 6 anni
  • necessità di assistenza anche in ore notturne e anche da parte del lavora-
    tore (da valutare a cura del medico di Sede).

(3) - Computo dei gradi di parentela e di affinità:

"E' noto che i gradi di parentela si computano (art. 76 c.c.)
conteggiando, per la parentela in linea retta, le generazioni, dal
capostipite (escluso) al parente considerato; così ad es. la
parentela nonno/nipote è di 2° grado, quella madre/figlio di 1°
grado, e così via.

In linea collaterale, invece, si deve risalire dalla persona,
generazione per generazione, al capostipite comune e poi così
ridiscendere alla persona interessata, sempre escludendo dal
conteggio il capostipite: ad esempio il grado di parentela tra
fratelli è di 2° grado, quello zio/nipote è di 3° grado, quello tra
cugini è di 4° grado (questi ultimi sono perciò esclusi dai
benefici della legge).

L'affinità è il rapporto che unisce un coniuge con i parenti
dell’altro coniuge (art. 78 c.c.). Il grado di affinità è il
medesimo che ha il coniuge con il proprio parente: così ad
esempio il grado di affinità suocero/nuora (o suocera/genero) è
di 1° grado; quello tra cognati di è di 2° grado, e così via. Si
sottolinea che gli affini di un coniuge non sono affini tra loro:
così ad esempio la moglie del cognato di una persona non è
affine con quest’ultima."

 

Allegato 1

I.N.P.S.
DELIBERAZIONE N. 32 DEL 7.3.2000

OGGETTO: Legge n. 104/92. Presenza, nella famiglia del sog-
getto

handicappato grave, di familia-
re non lavoratore.

IL COMITATO AMMINISTRATORE DELLA GESTIONE DEGLI INTER-
VENTI ASSISTENZIALI E DI SOSTEGNO ALLE GESTIONI PREVIDEN-
ZIALI

(Seduta del 7.3.2000)

  • visto l’art. 33, comma 3, della legge n. 104/92;
  • viste le disposizioni vigenti, secondo cui il riconoscimento della indennità
    relativa ai giorni di permesso previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n.
    104/92 è subordinato alla impossibilità, per altre persone presenti nella fa-
    miglia del soggetto handicappato grave, di assisterlo;
  • considerato che tale impossibilità è stata individuata nell’espletamento di
    una attività lavorativa, ovvero, qualora il familiare non sia lavoratore, nei
    "motivi obiettivamente rilevanti" di quest’ultimo, quali i gravi motivi di salu-
    te o un obiettivo insormontabile impedimento;
  • rilevato che determinate situazioni oggettive possono comportare effet-
    tivamente una impossibilità del familiare non lavoratore di prestare assis-
    tenza al portatore di handicap;
  • ritenuto che le anzidette situazioni oggettive, purché debitamente docu-
    mentate, non necessitino di particolari accertamenti da parte dell’Istituto
    ai fini della concessione, alle condizioni previste, dei permessi in questione
    al lavoratore, genitore, parente o affine entro il terzo grado dell’handicap-
    pato;
  • tenuto conto che in caso di figlio minorenne l’obbligo di assistenza in ca-
    po ai genitori è da ritenere prevalente rispetto a quello di altri familiari;

D E L I B E R A

  1. Ai fini della concessione dei giorni di permesso previsti dall’art. 33, com-
    ma 3, della legge n. 104/92, qualora nella famiglia del portatore di handi-
    cap siano presenti familiari non lavoratori, le situazioni di impossibilità, per
    questi ultimi, di assistere l’handicappato sono individuabili al verificarsi del-
    le seguenti ipotesi:
  1. riconoscimento, da parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che
    presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100% (quali le
    pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in qualsiasi modo denomina-
    te)
  2. riconoscimento, da parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o
    di analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le pensioni
    di
    invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le rendite INAIL, e
    simili), che individuino, direttamente o indirettamente, una infermità supe-
    riore ai 2/3;
  3. età superiore ai 70 anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque
    riconosciuta;
  4. età inferiore ai 18 anni (anche nel caso in cui non sia studente);
  5. infermità temporanea per i periodi di ricovero ospedaliero.

 

  1. Altre infermità temporanee, debitamente documentate, o, più in generale,
    i motivi di carattere sanitario, anch’essi debitamente documentati, del fa-
    miliare non lavoratore  dovranno essere valutati  dal medico della  Sede
    INPS  al fine di stabilire  se e per quale periodo,  in relazione alla natura
    dell’handicap del disabile nonché al tipo di affezione del familiare non la-
    voratore, sussista una impossibilità, per quest’ultimo, di prestare assisten-
    za.
  2. In caso di genitori entrambi lavoratori e di figlio minorenne handicappato
    grave, la presenza di familiari non lavoratori non pregiudica la possibilità,
    per uno dei due genitori, di fruire, secondo le condizioni previste, dei per-
    messi per assistere tale figlio.

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