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ha, sia detto per inviso, il più alto tasso di
indigenti tra i paesi sviluppati. La disgregazione
dell'impresa come corpo sociale, distrutto dalle
ristrutturazioni, sta provocando, quanto meno, lo spostamento
del senso di appartenenza: dall'identità dell'impresa
all'identità professionale. In tale situazione è difficile
pretendere dai propri dipendenti una assoluta ed
incondizionata fedeltà all'azienda quando è l'azienda
stessa che immola sull'altare del profitto, e senza alcun
rimorso, i dipendenti stessi. Non si può pretendere che la
flessibilità, intesa così come lo è dalle associazioni
imprenditoriali, sia a senso unico. D'altra parte, il ritiro
dello Stato dal ruolo di imprenditore sociale, ha fortemente
implementato, nelle formule economiche, la logica conseguenza
della progressiva tendenza all'azzeramento del valore etico e
sociale. Sebbene da noi si stia attuando uno straordinario
processo di riforma (Bassanini), molte volte pare ci sia un
po' di confusione tra liberalizzazione, privatizzazione e
concorrenza. In effetti si tratterà di vedere fino a quando i
cittadini riusciranno a sopportare di pagare, per servizi - di
cui sono i fruitori, sui quali possono influire teoricamente,
ma non praticamente - forniti da imprese la cui finalità è il
profitto. a
destrutturazione porta alla nascita di nuclei di produzione
piccoli e snelli, di norma altamente specializzati, molte
volte scarsamente riconvertibili, con un sistema a cascata che
aumenta fortemente il divario di capacità contrattuale tra
committente ed esecutore. Tutto questo porta a due indubbi
vantaggi per l'impresa finanziariamente più forte: lo
spostamento di gran parte del rischio d'impresa sugli
esecutori e una posizione predominante nello stabilire il
prezzo. Il modello è sostanzialmente lo stesso che ha permesso
alla Benetton di diventare quello che è; solo che da un
sistema puro di produzione di beni materiali si è passati ad
un sistema di produzione anche e soprattutto di servizi. Sotto
un certo punto di vista si può immaginare il tutto come un
sistema. Dove l'impresa affitta la propria struttura al
lavoratore che può finalmente applicare la propria
professionalità. Esattamente come, prima della rivoluzione
industriale, il concetto di rendita (Ricardo e altri.)
era direttamente proporzionale alla fertilità delle proprietà
date in affitto o in concessione ai contadini (fittavoli o
mezzadri), così ora le imprese mettono "in affitto" la propria
struttura produttiva. Ovviamente la realtà è più complessa, ma
bisogna porsi la domanda se tale sistema è condivisibile o
meno. In un sistema così strutturato la flessibilità del
lavoro ha un peso determinante sull'utile aziendale,
soprattutto dovendo produrre servizi all'impresa od alla
persona, servizi le cui caratteristiche non sono definite e
cambiano rapidamente. Sono così apparse sul mondo del lavoro
nuove categorie: lavoratori atipici che fanno lavori tipici,
lavoratori tipici che fanno lavori atipici, lavoratori atipici
che fanno lavori atipici. La legge alla quale queste
categorie, compresi i quadri intermedi ed i "falsi autonomi"
quali i lavoratori cosiddetti liberi professionisti ovvero
"popolo del 10%", devono sottostare è quella della concorrenza
senza regole, con giornate di lavoro senza limite d'orario. Se
necessario, si lavora anche nei fine settimana, e con ferie a
rischio. Il fatto che i diritti conquistati dai lavoratori
dipendenti nel campo delle ferie e dell'orario di lavoro
possano essere così facilmente aggirati è la conseguenza di un
inserimento inadeguato di queste categorie nel dialogo
sociale. Per mancanza di una rappresentazione valida dei loro
interessi, si perviene all'erosione dei diritti acquisiti per
tutti i lavoratori. Il fatto che questi diritti siano recepiti
nella legislazione non cambia niente poiché, tacitamente, la
pratica trascura del tutto queste leggi. Per mancanza di un
controllo da parte dei poteri pubblici e per motivi di
concorrenza tra i lavoratori interessati, questi diritti
rimangono lettera morta. Oltre tutto, grazie alla struttura
sociale altamente solidaristica del nostro Paese, il costo
degli effetti di questa erosione sul sistema sanitario,
sociale e previdenziale viene scaricato sulla collettività,
mentre l'utile globale conseguito è in gran parte a favore
dell'impresa finanziariamente dominante. Questo mette in moto
un circolo vizioso dove le imprese dominanti diventano sempre
più forti (oligarchia finanziaria?) raggiungendo una sorta di
monopolizzazione, i nuovi lavoratori, forti solo dell'elevata
specializzazione, ancora non percepiscono la propria debolezza
contrattuale ed economica, ed il tessuto sociale dovrà
iniziare a fare i conti con un futuro prossimo dove il numero
di soggetti deboli, espulsi dal sistema produttivo senza
protezioni alternative (formazione, previdenza) è destinato ad
aumentare. siste pertanto
la necessità di ripristinare delle tutele inderogabili ed
effettivamente esigibili anche per questa tipologia di
lavoratori, quali la salute e la sicurezza sul lavoro, la
maternità, il divieto di indagini sull'opinione, pari
opportunità, una retribuzione rispondente alle esigenze
fondamentali, la libertà di organizzazione, di associazione e
di attività sindacale, ma anche tutele disponibili come
il diritto alla formazione, ammortizzatori in caso di
sospensione del rapporto, una disciplina dei rapporti
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