News
TEATRO
AMATORIALE: INTERVISTA
OLTRE
IL CONFINE
"Che
ci vedano tanto amore, l'unica arma contro il male"
Abbiamo
chiesto ai protagonisti di descrivere in poche parole come vivono
questa esperienza. Ne è venuta fuori una intervista. Ecco
le loro risposte.
PAOLO
Come
ti è venuto in mente di creare "Oltre il Confine"
?
Amo
il cinema e guardando il film ho notato dei ritmi teatrali, da
li, in coincidenza con l'esigenza delle Pubbliche bugie di trovare
un testo da interpretare, è nato lo spettacolo.
Cosa ti è riuscito con più difficoltà?
In realtà non so se si può parlare di difficoltà.
Mi spiego.
È stato tutto particolarmente difficile.
Il testo che non c'era (abbiamo registrato i dialoghi del film
su musicassetta e poi li abbiamo trascritti su carta per adattarli
al testo teatrale). Nel film ci sono centinaia d'interpreti e
noi eravamo in sette. Ci sono treni che partono, treni che arrivano
e in teatro "non c'e lo spazio per farli entrare".
Abbiamo dovuto superare queste e tante altre difficoltà
ma è stato bellissimo trovare le varie soluzioni e passare
le notti a pensare come dare un senso ai dialoghi e alle storie
interpretate da soli sette attori.
Sono difficoltà che ho vissuto in modo bellissimo.
Cosa speri che il pubblico veda guardando lo spettacolo?
È uno spettacolo che resterà con me per
tutta la vita. Mi è venuto dal cuore e grazie agli amici
delle Pubbliche bugie si è concretizzato in modo splendido.
La mia speranza è che il pubblico non ci veda solo l'olocausto
ma che ci trovi anche tanto amore, l'unica vera e grande arma
contro il male.
MICHELA
Quale è la cosa che più ritieni importante nella
tua parte?
La
presenza silenziosa e costante di Sura durante tutta la storia.
E' un personaggio che parla poco, ma interagisce comunque con
tutti. Forse è l'occhio che guarda oltre l'affannarsi
degli altri, che immagina l'epilogo della storia, ma cerca di
agire e di far agire le persone che ha intorno come se ciò
non fosse possibile.
In
cosa ti senti 'cambiata' da quando hai iniziato?
Sono
cambiate molte cose in me, sia a livello personale, che a livello
di "coscienza storica". Ho approfondito molto il tema,
che pur mi aveva sempre colpita molto, della Shoà. Penso
che abbia un valore che va al di là dei fatti storici
e che non deve assolutamente essere dimenticato, proprio in ragione
dell'allontanarsi dal tempo in cui ciò è accaduto.
A livello personale, mi ha dato una spinta fortissima a riscoprire
in me dei lati positivi che si erano un po' appannati, per vari
motivi. Senza dilungarmi oltre, posso dire che "vivere nello
schtetel" mi ha riaperto il cuore!
IGOR
Quale è il punto dello spettacolo che più ti emoziona?
E'
difficile dire quale sia il momento più emozionante dello
spettacolo per me...
Troppe emozioni, alcune interiori, la tensione e il significato
del monologo di Mordechai..., altre collettive, la discesa verso
il treno, la gioia per il pericolo scampato..., altre del pubblico
che avvertiamo a volte rapito da Schlomo e dalle diverse situazioni
tragicomiche che si susseguono...
In definitiva credo però che il momento che mi fa sentire
più vivo sia la scena del treno che parte
Un insieme
di persone che con le loro individualità creano un unico
vivo e forte convoglio, la musica con Schlomo in piedi sui vagoni...
La speranza di salvare la propria vita, ma prima ancora la propria
libertà... La parafrasi della nostra vita, prima soli
e poi con chi ci circonda con l'entusiasmo che deriva dalla speranza
in un futuro migliore
Ecco alcune delle emozioni "del treno" che spero che
passino anche a chi ci vede e ha voglia di ridere, gioire e soffrire
con noi, ma soprattutto di pensare.
FRANCESCA
Come vedi questo spettacolo nella realtà che vivi quotidianamente?
Ti sembra lontano o vicino alla tua vita quotidiana?
Vicinissimo.
E' stato infatti il nostro intento riuscire a creare uno spettacolo
che uscisse dalla cornice dell'epoca in cui l'abbiamo collocato
per arrivare a superare il tempo e andare oltre il confine che
quest'ultimo ci pone, per renderlo universale ed eterno.
Le domande che vengono proposte e le risposte che cerchiamo di
suggerire sono quelle che ognuno di noi si pone non come uomo
del 2000, ma in quanto essere umano.