VERSO IL CONFLITTO

L’ITALIA DI INIZIO SECOLO

 

Nei primi anni del secolo l’Italia ebbe il suo decollo industriale, anche se in notevole ritardo e con minore intensità rispetto ai paesi  europei più moderni, Gran Bretagna, Germania, Francia. Anche da noi, come negli altri paesi capitalistici, si consolidarono quegli stretti legami tra industria, banche, e stato che caratterizzarono il capitalismo finanziario. Nacquero grandi banche, e lo stato iniziò a intervenire massicciamente nella vita economica; nel 1905, per esempio, le ferrovie furono nazionalizzate.

Grazie anche alle commesse dello stato, che oltre a materiale ferroviario richiedeva navi e armamenti, l’industria siderurgica divenne presto un potente trust. Analogo sviluppo aveva avuto l’industria elettrica, con la fondazione della società Edison. Inoltre sorgevano e prosperavano industrie automobilistiche come la Fiat, Alfa Romeo, Lancia, della gomma Pirelli, di macchine per scrivere Olivetti.

L’iniziativa industriale, tuttavia, era limitata al nord e a qualche zona del centro Italia. Il sud rimase estraneo a questo sviluppo. Anche in campo agricolo, furono specialmente i grandi agrari della valle padana a modernizzare le loro aziende, acquistando macchinari e impiegando lavoratori salariati.

I latifondisti meridionali approfittarono invece dei dazi con i quali il governo li proteggeva tecniche. i proprietari terrieri del sud divennero importanti sostenitori del governo, a cui promettevano i voti dei parlamentari che riuscivano a far eleggere.

L’industrializzazione dunque, non soltanto non corresse gli squilibri tra il nord e il sud d’Italia, ma li accrebbe. In questo momento delicato la vita politica italiana fu dominata dalla figura di Giovanni Giolitti, un piemontese di orientamenti liberali che resse il governo quasi ininterrottamente dal 1901 al 1914. Egli fu molto abile nel favorire lo sviluppo dell’industria nel nord, e nel migliorare l’amministrazione dello stato. Viceversa, non fece nulla per migliorare le condizioni di arretratezza del sud: considerandolo soltanto un serbatoio di voti, favorì anzi  la corruzione, e la violenza dei potenti locali.

Gli scioperi e le proteste sociali erano in aumento, ma Giolitti mantenne un atteggiamento di neutralità nei conflitti tra padroni e operai, considerandoli un aspetto ineliminabile della società industriale. Anziché reprimere le organizzazioni sindacali, egli le favorì, perché riteneva che avessero la funzione di disciplinare la protesta operaia che altrimenti sarebbe esplosa in pericolosi episodi di violenza.

Anche in campo politico Giolitti cercò di stabilire alleanze con i partiti avversari per rendere più forte il suo governo. In un primo tempo intrattenne buoni rapporti con i socialisti: ma, mentre l’ala riformista del partito sembrava disposta all’accordo, l’ala massimalista vi si oppose.

Giolitti si rivolse allora ai cattolici. Dalla presa di Roma 1870, essi costituivano una grande forza che per protesta si teneva fuori dal gioco politico. Nel 1913, Giolitti si accordò con l’Unione elettorale cattolica presieduta dal conte Gentiloni e, con il “patto Gentiloni”, i cattolici si impegnavano a votare per i candidati moderati che dessero garanzia di una politica a loro favorevole. Nelle elezioni del 1913, le prime  che si tenevano col suffragio universale maschile, conquistò la maggioranza.

Fu soprattutto la politica estera ad alienare  a Giolitti  le simpatie di molti italiani. Finì per cedere alle pressioni dei nazionalisti , e spinto anche dagli ambienti cattolici, nel 1911 invade la Libia, sottomessa all’impero turco. Con la pace di Losanna (1912) la Turchia dovette accettare la sovranità italiana in Libia. Ma in realtà gli italiani occuparono solo  le coste di quel paese perché le popolazioni arabe dell’interno opposero per vent’anni una tenace resistenza. In Italia intanto cresceva la polemica contro l’ “imperialismo straccione” del governo, che nulla faceva per affrontare problemi economici e sociali sempre più gravi.

Giolitti si ritirò dal governo. Toccò al suo successore, Antonio Salandra, reprimere con la forza delle armi la protesta popolare.   

                                                 Accadde nel...