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Reliquario di S. Francesco di Paola, 1720

 

 

 

 

 

 

 

 

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Trionfo con Apollo, principio del secolo XVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capezzale raffigurante il battesimo di Gesù. principio del secolo XVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capezzale con al centro l'Immacolata, secolo XVIII

 

 

 

 

 

 

 

 

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L'Annunciazione, principio secolo XVIII

Il trionfo del corallo

di Maria Concetta Di Natale

Villa Malfìtano possiede una preziosa collezione di coralli trapanesi databili dal XVII al XVIII secolo. I maestri del corallo, nel solco stesso delle tradizioni culturali e artistiche presenti sull'isola, elaborano soluzioni originali e autonome, adottando nel corso dei secoli tecniche di lavoro diverse.

Le opere, reliquari, capezzali e decori scenografici, nella ricbezza dei repertori iconografici, attestano il valore simbolico che il corallo conserva in tutte le civiltà.

 

Nelle ampie sale di Villa Malfitano, che mantengono il fascino degli anni che le videro abitate dalla famiglia Whitaker, si conservano, grazie alla Fondazione, mobili e suppellettili con intatto il gusto dei tempo perduto.

Tra gli arredi della villa interessanti sono le raccolte aderenti quelle arti che nel loro complesso ormai solo convenzionalmente vengono definite minori, dalle ceramiche agli avori, dagli argenti ai gioielli.

La più importante tra le collezioni, che raccoglie opere di eccezionale fattura, di qualità notevole, talora anche rarissime, è quella dei coralli trapanesi: non soltanto numericamente cospicua, ma anche varia per connotazioni storico-estetiche e caratteristiche realizzative, distinzioni d'uso e soluzioni tecniche. Comprende infatti, oggetti la cui produzione copre un vasto arco di tempo che va dal XVII al XVIII secolo.

 

La tecnica più antica

Dalle opere più antiche, realizzate dai corallari trapanesi con la prima tecnica del retroincastro, si passa a quelle più tarde e appariscenti, ottenute tramite la cucitura, fino a giungere ancora ad altre, in cui il corallo viene con maggior frequenza accostato ora all'avorio, ora alla madreperla, materiali, questi, che finiranno poi per sostituirlo del tutto nella produzione artigianale dei trapanese, segnando la fìne di quella inimitabile arte. La tecnica più antica consisteva nell'inserire, fissandoli con pece nera e cera, elementi di corallo ben levigati e di varia forma geometrizzante su lastre di rame dorato, perforato e modellato: si potevano così realizzare ora piatti, ora scrigni, ora capezzali e acquasantiere, dove spesso venivano sapientemente incavate splendide sculture di corallo ottenute con il bulino, strumento particolarmente idoneo a tale uso. La tecnica del retroincastro, già in uso sin dal XVI secolo, durò per tutto il seicento e quindi gradatamente sostituita da quella che si può definire della cucitura, che divenne poi tipica della produzione settecentesca. Questa consisteva nel legare al supporto di rame dorato, tramite fili e pernetti metallici, gli elementi, ormai fitomorfi, del corallo permettendo una rapida realizzazione dell'opera, che risultava alla fine anche più scenografica.

 

Il lento declino

Con entrambe le tecniche, comunque i corallari trapanesi seppero realizzare veri capolavori, fìnché nel XIX secolo per la diaspora di gran parte degli artisti e per il forzato sfruttamento dei banchi corallini, che fìnirono per esaurirsi, quest'arte, talora anche raffinatissima, fu destinata lentamente a scomparire, non prima però di produrre ricche opere in cui il corallo veniva sempre più spesso sostituito da ornati fitomorfi di madreperla o sculturine in avorio, ambra e altri materiali.

L'arte dei corallo ebbe nei secoli destinatari diversi, dapprima principi, nobili e alti prelati, poi facoltosi acquirenti, colti e raffinati.

 

La collezione Whitaker

Tra le opere più antiche della collezione è l'acquasantiera con al centro l'Immacolata. La composizione dell'opera richiama, specie per l'ardita fuga prospettica culminante in tre nicchie, nella centrale delle quali è la Vergine, le edicole marmoree che l'abile creatività dei Gagini sparse per tutta l'isola. L'opera, della prima metà del XVII secolo, è inserita in un'ariosa cornice di smalti bianchi e rosette di corallo, realizzata con la tecnica dei retroincastro.

Pure seicentesche sono le altre due opere, entrambe inserite in una cornice d'argento: un piccolo capezzale e una catena. Il primo, caratterizzato da una cornice in rame dorato, contornato da smalto bianco, nel cui contesto sono inseriti baccelli di corallo a retroincastro, contiene un piccolo Presepe, una Natività, fissata sulla lamina liscia, composta dalla Madonna, dal Bamnbino, da San Giuseppe, da uno zampognaro, da un pastore e, in alto, da angioletti e testine di cherubini alati. L'opera è strettamente raffrontabile con tutta una serie di piccoli capezzali analoghi, esposti nella mostra dell'86 a Trapani, che appaiono verisimilmente usciti da una stessa bottega, di cui pertanto verrebbe ricostruito un certo tipo di attività nella prima metà dei XVII secolo. Ne fanno parte una Crocifissione della collezione Romano di Palermo, un San Pietro di collezione privata trapanese, una Santa Rosaba, già della collezione Governale di Palermo e un Sant'Antonio della collezione Volpe di Roma.

L'altra opera, la catena, inserita entro la stessa cornice d'argento, è stata fino ad ora considerata una collana. Potrebbe tuttavia anche trattarsi di una catena di lampada di corallo, dalle dimensioni più piccole però di quella famosa di Matteo Bavera del 1633, del Museo Regionale Pepoli di Trapani. Potrebbe confermare tale ipotesi l'assoluta identità di questa catena della Fondazione Whitaker con quella di un'altra pure più piccola, ma splendida lampada di corallo, esposta anch'essa al Museo trapanese alla Mostra dei coralli siciliani dell'86.

Sono poi ancora custodite dalla Fondazione opere più tarde, della fìne del XVII e defl'inizio del XVIII secolo, ove gli elementi fitomorfi di corallo sono fissati al supporto di rame tramite cucitura e talora impreziositi da decori di argento e pietre colorate, come si riscontra in m'elegante specchiera. Simile è un capezzale raffigurante al centro il Battesimo di Gesù, caratterizzato dalla presenza, entro cornici robbiane in argento, di busti in corallo.

Ancora fiori d'argento sono nel capezzale di rame dorato, decorato con traci fitomorfi di corallo, che al centro presenta un piccolo dipinto ad olio, raffigurante un'Immacolata che sembra rifarsi ad opere similari di Andrea Carreca, pittore trapanese.

Non mancano nella collezione Whitaker sopramobili raffinati, come piccoli vasetti di corallo con fi-asche d'argento o poltroncine o tavolinetti, piccoli giocattoli degni di principessine.

 

I Trionfì

Le opere più significative della collezione sono comunque i due Trionfi in corallo raffiguranti uno l'Annunciazione e l'altro un Apollo-Sole. Si tratta di due splendide composizioni abilmente ideate con palesi intenti scenografici, nella prima delle quali Dio Padre appare in alto, come nell'antico escamotage teatrale del deus ex machina. Entrambe le opere rimandano alle coeve macchine processionali, ai maestosi carri trionfali, raffrontabili con i tanti disegnati da Paolo Amato, famoso architetto dei Senato palermitano, in particolare quello del festino di Santa Rosalia e San Michele.

Due acquasantiere pressoché analoghe della Fondazione si differenziano tra loro perché una presenta al centro una scultura di Santo in avorio, presagendo così l'imminente consuetudine di sostituire il corallo con altri materiali. Di questa particolare produzione i Whitaker collezionarono anche un'opera di fondamentale importanza, un reliquiario di San Francesco di Paola, che associa al rame dorato l'argento e unisce ornati fitomorfi in corallo e madreperla. L'opera reca la data del 1720, permettendo così di definire l'arco di tempo di tante altre opere affini.

In una piccola bacheca, contenente diversi gioielli, anche siciliani, sono poi talune opere in corallo, tra cui un interessante rosario, che presenta paternostri in filigrana d'argento e simboli sono stati sostituiti da ciondoli di valore apotropaico. Ciò si lega ai reconditi significati del corallo che, già simbolo del mitico sangue della Medusa nel mondo pagano, diviene in quello cristiano simbolo del sangue di Cristo, mantenendo però sempre, sia pure con valenze diverse, quel valore sacramantico e apotropaico che lo caratterizza per secoli.