Il Museo << Giuseppe Whitaker>> a Mozia

(Nota di Rosalia Camerata Scovazzo pubblicato ne "La storia dei Whitaker" di Raleigh Trevelyan ed. nel 1988 da Sellerio editore Palermo)

Il Museo di Mozia si costituì nel primo venticinquennio di questo secolo, grazie all'appassionata e instancabile ricerca archeologica di Joseph Whitaker associata, peraltro, a quel gusto per il collezionismo che caratterizzò la cultura europea del primo Novecento.

Il documento fondamentale per la conoscenza della Collezione Whitaker, oltre al volume pubblicato da Joseph a Londra nel 1921,(1) è costituito dal «Registro di Entrata» del museo, redatto da Giuseppe Lipari Cascio fra l'ottobre del 1902 ed il maggio dei 1929. Nel registro sono elencati 4059 reperti rinvenuti per lo più a Mozia e a Lilibeo sia in occasione di lavori agricoli, che di scavi occasionali o regolari effettuati, questi ultimi, dallo stesso Whitaker e dallo Stato. Altri oggetti provengono da donazioni, da acquisti sul mercato antiquario; infine alcuni lotti di materiali furono affidati al museo dal Municipio di Marsala. Si spiega così l'eterogeneità della collezione, che annovera fra i suoi esemplari anche la testa di un canopo etrusco, comprata dal signor Fragale. A proposito di questa si legge nel registro una nota di Carlo Albizzati del 23 marzo 1925, il quale la ritiene pertinente al coperchio di un cinerario di tipo chiusino, databile circa al VII secolo a.C., e quasi certamente proveniente dalla stessa Chiusi.

Dei materiali rinvenuti a Mozia prima della costruzione del museo e salvati dalla dispersione - come ricorda lo stesso Whitaker - perchè conservati nella Biblioteca di Marsala, fanno parte la cosiddetta «stele del vasaio», trovata dal Torremuzza nel 1779, e la scultura monumentale con due leoni che azzannano un toro, scoperta nel 1793 presso la Porta Nord da monsignore Airoldi, custode alle Antichità di Val di Mazara, e dal barone Alagna, deputato soprintendente della provincia di Trapani.

Da Lilibeo, ed in particolare dall'area delle necropoli, provengono numerosissimi reperti consistenti per lo più in vasi fittili d'uso comune ed in ceramica da mensa decorata a vernice nera, della quale sono documentate varie forme databili fra il IV e il II secolo a.C. Sempre da Lilibeo, la ricchissima serie di terrecotte figurate rappresentanti, per la maggior parte, figure femminili in atto di danzare, del tipo ellenistico delle cosidette «Tanagrine»; quasi tutte provengono da tombe ad incinerazione e sono, pertanto, fortemente combuste.

Ma è il gruppo degli oggetti da Mozia, in particolare quelli rinvenuti nella necropoli arcaica e durante le prime esplorazioni del tophet, che costituisce il nucleo di maggior interesse scientifico della Collezione Whitaker. Se da un lato. infatti, esso documenta nell'isola l'ampia circolazione dei prodotti più tipici dell'artigianato fenicio, dall'altro è testimonianza dei continui contatti e scambi commerciali che intercorrono tra il mondo fenicio e quello greco. Infatti, accanto alle brocche con orlo a fungo o con bocca trilobata, ai monili aurei, agli ornamenti ed agli amuleti in osso, vetro, metallo, alle statuette fittili con corpo campaniforme, alle stilai di pietra (molte delle quali prodotte dalle stesse botteghe moziesi) ed ai tanti altri oggetti di produzione fenicio-punica, si trova un cospicuo gruppo di ceramica di importazione greca - corinzia in particolare - insieme a reperti di produzione siceliota quali antefisse fittili, rilievi in pietra ed in terracotta, lucerne, pesi da telaio, oscilla, ecc.

Joseph Whitaker andava gradualmente esponendo tutti questi materiali con il progredire delle sue ricerche, suddividendoli tipologicamente e a secondo della loro provenienza, in un magazzino dalle pareti imbiancate a calce e dal rustico impiantito, annesso alla casa padronale: aumentavano così, di giorno in giorno, le mensole, gli armadietti, i piccoli contenitori, le basette di legno e le didascalie vergate a mano dallo stesso Whitaker o dal Lipari Cascio. Alla morte di Joseph Whitaker, avvenuta il 6 novembre del 1936, comparve sul Times un lungo necrologio in cui si menzionavano Mozia e il museo degli uccelli impagliati che egli aveva costituito nella Villa Malfitano di Palermo. A Mozia la sua opera venne proseguita dalla figlia Delia, che negli anni Sessanta ampliò il museo annettendovi un'ala nuova, nella quale furono adoperate le massicce e scure vetrine della collezione degli uccelli impagliati donata ai musei di Edimburgo e di Belfast dato che i vari enti italiani cui era stata offerta l'avevano rifiutata. Il museo si arricchì, in quell'occasione, dei reperti più significativi provenienti da nuove ricerche archeologiche, effettuate da istituti italiani e stranieri nell'area del tophet, della necropoii arcaica e del kothon: ulteriori documenti di altissimo valore scientifico per la conoscenza di quella civiltà fenicio-punica che aveva attratto il Whitaker fino al punto di acquistare l'intera isola, promuovendovi gli scavi ed istituendovi un museo.

L'ultima discendente dei Whitaker, Delia, in ossequio e nel rispetto della volontà del padre, volle istituire una fondazione che ne portasse il nome. Purtroppo solo dopo la sua morte, avvenuta il 21 luglio 1971, la «Fondazione Giuseppe Whitaker» potè essere costituita come ente morale sotto il patrocinio dell'Accademia dei Lincei.(2) Fra gli scopi della fondazione v'è anche quello di «promuovere in generale lo studio e la conoscenza della civiltà fenicio-punica del Mediterraneo».(3) Fra i beni patrimoniali «l'isola di Motya (detta San Pantaleo) con gli esistenti fabbricati ed il Museo Archeologico nel quale dovranno confluire gli oggetti provenienti dagli scavi».(4)

Dopo un lungo periodo di abbandono e dopo due anni di chiusura per inagibilità, il 15 luglio 1988 è stato riaperto al pubblico e agli studiosi il Museo «Giuseppe Whitaker» di Mozia: testimonianza tangibile di circa cento anni di cultura anglo-sicula, il cui valore storico-antiquario si aggiunge a quello storico-archeologico insito nella natura stessa dei reperti.(5) Ed è proprio nella consapevolezza di queste molteplici valenze che si sono mantenuti gli stessi arredi dell'inizio del secolo, gli stessi cartigli con le indicazioni topografiche voluti dal Whitaker al sommo delle vetrine, e ripristinata l'esposizione tipologica degli oggetti arricchendo tuttavia l'apparato didascalico con circa 800 cartellini e tabelloni esplicativi, scritti a mano nel rispetto del carattere artigianale e casalingo del museo. In questa occasione si è altresì provveduto ad effettuare un censimento, oggetto per oggetto, sulla base dei numeri di inventario (ove rimasti sui pezzi) e del «Registro di Entrata»: il che ha permesso di verificare che i materiali archeologici, per la maggior parte avulsi dal loro contesto storico, nel volgere degli anni erano stati disgregati o arbitrariamente aggregati. Si sono pertanto ricostruiti, almeno in parte, alcuni lotti donati al Whitaker da amici e collaboratori (si ricordano, in particolare, le Collezioni Lipari Cascio, Cammareri Scurti, Clarck), qualche corredo della necropoli arcaica di Mozia, e sono stati individuati, con assoluta certezza, centinaia di pezzi provenienti dai primi scavi effettuati nelle necropoli di Lilibeo.

L'esposizione risulta oggi arricchita, rispetto a quella che vide l'ultima dei Whitaker, anche da numerose stelai figurate, ordinate secondo criteri tipologici e cronologia, nell'intento di mostrare i reperti più significativi dell'ampia e varia produzione moziese. Accanto a queste l'ormai celeberrima statua marmorea rappresentante un figura virile coperta da una lunga veste articolata in fitte pieghe: enigmatico e indiscutibile capolavoro di un ignoto artista di cultura greca che operò in Sicilia nella prima metà del V secolo a.C. (6)

Queste nuove acquisizioni si aggiungono al nucleo originario del museo moziese, che fu voluto da un personaggio eclettico e di grande cultura, la cui filosofia collezionistica, ormai storicizzata, ha costituito una delle matrici fondamentali di questo piccolo, ma preziosissimo, museo privato.

Note

1. - Whitaker, J.I., Motya a Phoenician Colony in Sicily, London 1921, pag. 1 sgg.

2. - Riconosciuto con D.P.R. n. 431 del 9 luglio 1975, pubblicato nella G.U. 3 settembre 1975, reg. Tribunale di Palermo 28 novembre 1975, n. 13734; costituito da Delia Whitaker con testamento del 21 maggio 1966.

3. - Art. 2 dello Statuto.

4. - Art 4 dello Statuto.

5. - La riapertura del Museo si deve ad una proficua e fattiva collaborazione istituitasi fra la Fondazione G. Whitaker e la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani che ha stabilito le modalità di intervento e curato la parte scientifica.

6. - Per una precisa descrizione della statua e soprattutto sulle problematiche poste circa la sua cronologia e l'identificazione del personaggio, cfr. in particolare: A- Giammellaro Spanò, in Antike Welt... 16 (1985), pag. 16 sgg.; V. Tusa, in La parola del passato, 213 (1983), pag. 445 sgg.; Id., in I Fenici, Milano 1988, pag 538 sgg.