Fotografie della piantagione di agave sisalana a Mozia

 

 

 

 

 

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JOSEPH WHITAKER E LA COLTURA DELL'AGAVE SISALANA IN SICILIA

(Relazione di Rosario Lentini in atti del seminario di studio "I Whitaker di villa Malfitano", tenutosi in Palermo il 16 - 18 marzo 1995 su "I Whitaker di villa Malfitano" a cura di Rosario Lentini e Pietro Silvestri, pubblicati dalla Fondazione "Giuseppe Whitaker" con il patrocinio dell'Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione siciliana nel dicembre 1995).

Mozia: una «terra che è fertilissima e che produce ancora abbondanti raccolti di grano» e che «un tempo era rinomata per la qualità del suo vino e dei suoi fichi» ( ... ) «mentre gruppi di alberi di olive e di mandorle con isolati carrubi ed altri alberi resistenti, probabilmente nati spontaneamente, aggiungono un tocco pittoresco e vario al panorama».(1) Così, l'eclettico Giuseppe Whitaker, botanico, ornitologo e archeologo, descriveva il paesaggio di Mozia nella sua opera fondamentale - pubblicata a Londra nel 1921 - dedicata alla storia di una delle più importanti colonie dei Fenici nel cuore del Mediterraneo.

Dell'isola di S. Pantaleo Whitaker era divenuto unico proprietario nel 1906, dopo avere acquistato i numerosi appezzamenti in cui essa era frazionata, per potere finalmente realizzare gli scavi archeologia da ternpo prograrmmati(2) e dare spessore a quelle intuizioni dei viaggiatoti e degli eruditi del passato, come il geografo polacco Cluverio, che sin dai primi del '600 aveva individuato con certezza il sito fenicio di Mozia nello Stagnone marsalese.(3)

Parallelamente, Whitaker aveva continuato ad alimentare la sua passio ne per la botanica, specialmente dopo l'acquisizione di un fondo rustico in contrada Malfitano all'Olivuzza di Palermo che, affidato al capo giardiniere Emilio Kuntzmann, venne trasformato in uno splendido parco attorno alla Villa fatta costruire nel 1886 - su progetto dell'ingegnere Ignazio Greco - nel quale vennero impiantate varietà tropicali e subtropicali.(4)

L'idea, invece, di trapiantare in Sicilia una particolare varietà di Agave - quella messicana - denominata Sisal, nasceva da un ragionamento più propriamente imprenditoriale anche se di Giuseppe Whitaker non si ricordano tanto le iniziative industriali o finanziarie - soprattutto se paragonate a quelle del prozio Ingham, fondatore della prestigiosa casa di commercio anglosiciliana - bensì quelle scientifiche e culturali. Nel 1918, il Bollettino del Regio Giardino coloniale di Palermo pubblicava un saggio di Whitaker dal titolo «La coltura e l'industria dell'agave sisalana in Sicilia» nel quale si presentavano i risultati degli esperimenti compiuti negli anni precedenti nei terreni di sua proprietà nell'isola di S. Pantaleo e nella terraferma in un fondo preso in affitto, denominato "Tre Pini".(5) «Già fin dal 1909 - scriveva Whitaker - visitando la mia isoletta di San Pantaleo, l'antica Motya, presso Marsala, e pensando ad una industria agricola che potesse utilizzare e vantaggiare i terreni incolti di quelle contrade e renderli più rimunerativi di ciò che non sono attualmente mi è venuta l'idea che meglio di qualunque altra coltura, converrebbe provare quella dell'Agave Sisalana, della quale, come pianta superlativarnente adatta per l'industria tessile, avevo letto tanto in varie pubblicazioni».(6)

In realtà, in Sicilia e nelle regioni meridionali l'utilizzo delle foglie di Agave, un genere botanico che comprendeva numerose specie, era ben noto da tempo e avveniva con metodi rudimentali per ricavare quantità modeste di fibra: «le foglie, dopo essere state battute con un maglio di legno, vengono distese su un asse inclinato e con una spatola manovrata a due mani strofinate vigorosamente per cacciar via la materia cellulare acquosa e lasciare le sole fibre. Queste poi, asciugate, si cardano e vengono vendute agli incettatori».(7) La Sisal (dial. zarbara) veniva anche importata grezza, in balle, dai porti messicani di Sisal e di Tampico perché la fibra estratta da quella pianta era particolarmente morbida e meglio si prestava ad essere lavorata.(8) Le fibre si usavano per la fabbricazione di spaghi, gomene, cordami per uso industriale ed agricolo, ma anche per la produzione di tessuti grossolani, per sacchi, tappeti, amache, spazzole ed altro.

Nell'edizione del 1929 dell'Enciclopedia Italiana si riferiva dell'importanza assunta dalla fibra messicana nel commercio internazionale, sottolineando che: «il solo porto di New York scarica ogni anno quasi due milioni di balle di fibra di Sisal da due quintali ciascuna e, poco meno, ne importano Chicago, Boston, Filadelfia, Baltimora, Amburgo, Rotterdam e l'Inghilterra».(9) Tuttavia, negli anni Venti del '900 al di là delle quantità di fibra importate in Italia, l'Agave americana - specie diversa dalla Sisalana - era maggiormente diffusa e nel meridione veniva considerata soprattutto come ornamentale e utilizzata per recintare i terreni, ma non come pianta industriale.(10)

Giuseppe Whitaker era, dunque, pioniere di una iniziativa agro-industriale, come egli stesso dichiarava nel citato saggio: «essendo stato io il primo in Sicilia ad istituire delle piantagioni di Sisalana su linee sistematiche e razionali e sopra una scala di certa importanza, credo mio dovere di dire all'agricoltore siciliano ed al pubblico tutto il beneficio delle mie esperienze in questo ramo di coltura».(11)

Si intravede quasi la naturale continuazione di un dialogo - mai interrotto - con i proprietari, i produttori e i coltivatori siciliani, avviato da Ingham nel primo Ottocento in materia vitivinicola, con la stesura delle ben note "Brevi istruzioni per la vendemmia all'oggetto di migliorare la qualità dei vini"(12) e proseguito nei decenni successivi con una molteplicità di memorandum e di notazioni agronomiche ed enologiche che anche gli eredi Whitaker predisposero sia per i loro amministratori sia per una più vasta platea di operatori.

Giuseppe Whitaker, quindi, dal 1909 cominciò ad impegnarsi attivamente nella realizzazione del suo progetto che prevedeva la creazione di estese piantagioni di Sisalana, non solo documentandosi sugli studi e le ricerche più aggiornate in Italia e all'estero - come si desume dalle indicazioni bibliografiche in nota al suo saggio e come meglio ancora si potrà valutare quando il riordino della biblioteca e dell'archivio privato saranno completati - ma anche avvalendosi della competenza dell'amico professore Borzì che dirigeva l'Orto Botanico di Palermo e che fornì, gratuitamente, il primo nucleo di piantine di Agave per gli esperimenti da compiere. Nella primavera del 1910, Whitaker fece interrare le prime 400 piantine a Mozia e successivamente proseguì nel fondo "Tre Pini". In quei primi anni di avvio, si rifornì anche dal marchese Antonio De Gregorio, dal professore D'Aguanno, dal Riccobono e, tramite il Ministro delle Colonie, in Eritrea. Dal 1915 le richieste di bulbilli di Sisal al Regio Giardino coloniale di Palermo furono evase contro pagamento, ma pur sempre ad un prezzo di favore (con il 60% di sconto) e cioè a lire 50 ogni mille piantine.(13)

Nel 1918, secondo quanto Whitaker annunciava nel suo scritto, erano già ben sviluppate circa 50.000 piante «oltre ai vivai contenenti migliaia di bulbilli e rigetti» (14) , distribuite tra Mozia e il fondo "Tre Pini".

«Buona parte delle prime piantagioni a Mozia - proseguiva Whitaker - già da due anni almeno avrebbero potuto fornire foglie adatte per essere sfibrate, ma a causa della guerra non è stato possibile avere il macchinario occorrente».(15)

Il problema della lavorazione industriale delle foglie mediante utilizzo di macchine sfibratrici, unicamente a quello della dislocazione delle medesime, era della massima importanza, perché poteva incidere sensibilmente sui costi globali e, quindi, sulla realizzazione del progetto. Infatti, non si trattava soltanto di scegliere quali fossero le macchine più adatte in rapporto all'estensione delle piantagioni, ma anche di impian- tarle in zone ben fornite di acqua, necessaria al lavaggio delle fibre, ed in prossimità di vie di comunicazione, stradali o ferroviarie, per il trasporto sia delle foglie nello stabilimento di lavorazione sia del prodotto finito.

Il preventivo redatto da Whitaker e pubblicato in appendice al saggio risente, in verità, delle non poche variabili indeterminate e lo stesso Autore non esita a riconoscerlo: «Essendo questa un'industria completamente nuova per la Sicilia, non è possibile precisare il costo dell'impianto industriale, per conseguenza bisogna considerare i seguenti calcoli come assolutamente approssimativi».(16) Ma le previsioni di spesa e di reddito erano viziate già nei presupposti; in primo luogo perché si faceva riferimento ai prezzi praticati prima della guerra ed, in secondo luogo, perché si calcolava il cambio della Lira Sterlina alla pari. Inoltre, il preventivo per «la costituzione di una piantagione di 40 Ettari, ossia di centomila piante di Agave Sisalana, col relativo impianto per la produzione delle fibre, nonché dell'esercizio dell'industria medesima» risultava lacunoso sia sulle ipotesi di costo più propriamente industriale sia su quelle riguardanti noleggi e trasporti, dalle piantagioni allo stabilimento delle sfibratrici e da questo ai mercati.

«Al quarto anno - proseguiva Whitàker con riferimento al ciclo di 7-9 anni di vita della Sisal - quando avrebbe principio la raccolta delle foglie, dovrebbero trovarsi pronti i locali per l'esercizio dell' industria con tutto il macchinario occorrente, nonché le vasche per l'acqua».(17)

Sulla questione delle macchine egli era ben a conoscenza dei progressi che l'industria meccanica aveva compiuto - da quando l'estrazione delle fibre si faceva rnanualmente con il cosiddetto Raspador o raspatoio - e dei risultati che a quella data era possibile conseguire, cioè, di poter mettere in lavorazione fino a 150 mila foglie in dieci ore.

Nell'archivio di villa Malfitano vi è documentazione, dal 1913 in poi, comprovante i contatti con ditte straniere per acquisire informazioni sul funzionamento e sul costo delle sfibratrici. Uinglese "Alma Machine Works", per esempio, comunicava nell'aprile di quell'anno ad un amministratore di casa Whitaker - Stewart N. Corlett - che il prezzo dei due modelli disponibili era rispettivamente di 220 sterline per la Single Drum Machine e di 450 per la Double Drum Machine.(18) Ma ancora un anno dopo anche l'agente londinese della casa tedesca "Krupp" insisteva per poter incontrare Whitaker e trattare la vendita di Fibre Decorticating Machinery.(19) Anche se il sopraggiungere della guerra impediva l'acquisto all'estero dei macchinari necessari ed imponeva il rinvio di ogni decisione, Whitaker continuava a mantenere i contatti non escludendo la possibilità di raggiungere intese con società già affermate nel settore, come ad esempio con "Wigglesworth & Co.", ma non certo per impiantare a Mozia stabilimenti industriali.(20)

«Ho letto con attenzione - scriveva nel 1920 al professor Tropea - quanto Ella mi ha scritto intorno alla formazione di un gruppo o società, con capitali milanesi, per lo sfruttamento della Sisalana. Società nella quale Ella occuperebbe il primario posto come Direttore Generale e le faccio le mie felicitazioni. Non credo però che mi converrebbe di avere l'impianto di uno Stabilimento per sfibratura delle foglie di Agavi a Mozia. Pria di tutto mi guasterebbe la tranquillità e quiete dell'Isola, cosa alla quale tengo molto, e poi non mi pare che le piantagioni di Sisalana sull'Isola siino abbastanza importanti per autorizzarlo. Lo stabilimento dovrebbe essere in terra ferma ed in mezzo a vaste piantagioni di molte migliaia di piante».(21)

Ma Whitaker non aveva tralasciato neanche di ricercare tra i produttori italiani la soluzione al problema, riuscendo ad avere informazioni riguardo alla macchina Fasio costruita ad Asmara dal meccanico Raffaele Santi(22): «Se fosse possibile di far venire in Sicilia una di queste macchinette - scriveva al professor Baldrati in Eritrea - sarebbe cosa utilissima per me, avendo delle piantagioni di Sisalana le cui foglie vanno completamente perdute per mancanza dei macchinario necessario per la sfibrazione. Forse si potrebbe averne una per mezzo del Governo?».(23)

La documentazione sin qui rilevata non permette di stabilire quando e quale macchina venne utilizzata ma solo che ne venne collocata una nel fondo "Tre Pini", come si desume da uno schizzo a penna della pianta dei caseggiati adibiti alla lavorazione delle foglie.(24) E' certo, inoltre, che nei primi cinque mesi del 1930, con l'uso di un motore a petrolio, si produssero poco più di 15 quintali di fibra, venduta e da vendere al prezzo variabile di 395-400 lire/quintale; che nello stabilimento vi erano addetti un ragazzo per le operazioni di lavatura delle fibre ed un operaio, Giuseppe Arini, per il funzionamento dei macchinari; che la fibra, prodotta ed imballata, veniva trasportata con i "carretti", dal "Canale" alla stazione ferroviaria di Spagnuola, in prossimità dello Stagnone di Marsala e che al 30 maggio di quell'anno il rendiconto si chiudeva con un saldo creditore di 3.778 lire.(25) A margine del dattiloscritto contabile, si annotava: «E' da tener presente che il periodo di tempo interessante il presente conto è quello meno adatto per la difibrazione dell'agave in quanto l'incostanza di esso e la bassa temperatura non consentono la speditezza necessaria per sfruttare il lavoro dell'operaio addetto alla difibrazione».(26)

Si era, dunque, in presenza di un modesto impianto industriale che consentiva a Whitaker la lavorazione in proprio, forse in vista di realizzare ben altro progetto e cioè la costituzione di una società o l'intesa con primarie società che operavano nel settore. Già in un promemoria manoscritto di suo pugno, risalente a gennaio del 1916, egli aveva annotato di essere pronto «to take part in the business», cioè nella formazione di una «small company for the Sisal industry», laddove, però, uno o due dei più importanti proprietari terrieri marsalesi si convincessero a dar vita a vaste piantagioni «not less than 500 to 1000 English acres» (un acro equivale a mq. 4047).(27) Nel 1922, poi, Whitaker prendeva contatti con la "Industria Fibre Tessili Coloniali" di Milano per proporre la creazione di un grande stabilimento in Sicilia che sfruttasse le piantagioni dell'Isola.(28)

Una schematizzazione del suo progetto societario - nella forma di appunti dattiloscritti, non datati ma presunùbilmente della metà degli anni Venti - confermerebbe il grande respiro, rispetto alle ipotesi iniziali meno ambiziose, che all'iniziativa egli intendeva dare.(29) La società avrebbe potuto svolgere la propria azione anche in Cirenaica e Tripolitana e avrebbe dovuto coprire l'intero cielo agro-industriale, dall'avvio delle piantagioni alla commercializzazione del prodotto: «Il littorale del mezzogiorno della Sicilia offre vaste estensioni di terreni adatti a questa industria, terreni aridi ed infruttiferi i quali attualmente non forniscono che un magro pascolo per bestiame, ma che si potrebbero avere in affitto per un prezzo minimo e che potrebbero servire benissimo per la coltura delle Agavi. I terreni più rocciosi potrebbero essere trattati col nuovo sistema di aratro di recente invenzione, il quale li renderebbe più fertili ed utilizzabili per lo scopo voluto».(30)

Come ovvio, presupposto non secondario al buon esito del progetto era il considerevole ampliamento delle piantagioni di Agave che avrebbero dovuto fornire la materia prima allo stabilimento. Per raggiungere questo obiettivo Whitaker non solo predispose e divulgò dei memorandum specifici sulla coltura della Sisalana ma propose a numerosi proprietari terrieri, in diverse parti della Sicilia, di avviare esperimenti per l'impianto di quella specie botanica.

Nelle sue «Considerazioni da servire per i piccoli proprietari i quali potrebbero intraprendere la produzione e vendita della materia prima»,(31) Whitaker sottolineava con enfasi il reddito netto che si poteva ricavare facilmente «da una pianta fortissima che richiede pochissima cura ( ... ). In una salma di terreno (cioè 3 ettari e 1/3) - scriveva Whitaker - si possono piantare comodamente 8000 piante di Sisalana e considerando che ogni pianta rende 30 foglie all'anno, si avrà una produzione totale di 240.000 foglie all'anno. Calcolando il prezzo delle foglie a lire 5 per ogni 1000, si otterrà un reddito lordo annuale di L. 1.200; da quale somma, deducendo le spese, che calcolate generosamente, possono ascendere a circa L. 500, e L. 50 per per ammortizzamento delle perdite dei primi anni più o meno fruttuosi, formano assieme Lire 550, cioè si otterrebbe un reddito netto di Lire 650 annuale per ogni salma di terreno di ettari 3 e 1/3».(32) Reddito non disprezzabile - scriveva Whitaker al professor Paulsen a marzo del 1916 - specialmente considerando che si tratterebbe di terreni relativamente aridi, che non si prestano per vigneto od altra coltura più remunerativa».(33)

Dal 1915 al 1919 Whitaker inviò piantine di Sisalana ai Briuccia di Carini, al principe Pignatelli Aragona e a Paolo Saporito a Castelvetrano, al cavalier Enrico Varvaro a Porto Palo, al dottor Ugo Varvaro a Menfi, a Francesco Peloso e a Vito Patti di Mazara, e ad altri proprietari di Mazzarino, di Siracusa, di Trapani.(34) Sull'esito degli esperimenti di quegli anni può dirsi ben poco, stando ai riscontri epistolari fin qui rinvenuti, con l'unica eccezione dell'insuccesso registrato dall'amministratore di casa Pignatelli Aragona nell'ex feudo Campana, in territorio di Castelvetrano.(35) Di contro, però, nel 1930, gli esperimenti fatti «sulle dune di Comiso» diedero buoni risultati.(36) Nel 1921 Whitaker interessò anche casa Florio, ma l'anuninistratore generale Linch non riteneva possibile reperire in Sicilia, a condizioni favorevoli, terreni estesi per le piantagioni di agave: «Sarebbe forse più indicato cercare i terreni adatti in Cirenaica».(37)

Durante gli anni Venti, quindi, Whitaker proseguì sia nella sua intensa opera di pubblicizzazione del progetto, nel tentativo di convincere il maggior numero di proprietari terrieri a divenire coltivatori di Sisalana e fornitori della materia prima,(38) sia nel tentativo di costituire, una grande impresa agro-industriale su base societaria cui conferire le piantagioni e i vivai da lui creati.(39)

«Mr. Whitaker - si legge in un foglio manoscritto anonimo - is in treaty with a large land owner of Marsala who would be willing to join him in the speculation, putting his land at the disposal of a company becoming a partner. ( ... ). Mr. Whitaker has heard late that a C.o is being formed in Naples under the auspices of a Commendatore Wenner with capital of 2 million lire up to 10 millions for the developement of agricoltural industries in Sicily and has been approached for the sale of his bulbils».(40)

In realtà, la proposta "imprenditoriale" di Whitaker, in quegli anni aveva buone probabilità di essere condivisa e di riscuotere un certo successo, non solo per il valore intrinseco dell'iniziativa ma anche per la generale situazione dell'agricoltura siciliana che arretrava progressivamente nei diversi comparti: dalla zootecnia sino alle produzioni basilari del vino, dell'olio d'oliva e degli agrumi, per effetto della "battaglia del grano" inaugurata dal regime a cominciare dal 1925, che mirava a dare grande impulso alla cerealicoltura.(41) Ciò, comunque, non valse ad impedire che il valore della produzione agricola nelle principali provincie meridionali diminuisse, soprattutto nel decennio 1929-39.(42)

«Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale - osserva Cancila - la Sicilia costituiva una delle regioni italiane economicamente più arretrate e depresse, caratterizzata da un basso livello di reddito pro capite, accentuato squilibrio tra risorse e popolazione, scarsa capacità di accumulazione, gracilità del tessuto industriale, dipendenza da aree più forti».(43)

Diversamente da altre esperienze che il regime fascista avrebbe propagandato, soprattutto dopo il 1935, in piena "autarchia" - quale ad esempio lo sfruttamento della ginestra come materia prima nel settore tessile - il progetto di Whitaker sembrava quasi confinato in un ambito affaristico-imprenditoriale meramente privato, quasi sottovalutato dalle autorità di governo rispetto ad analoghe iniziative intraprese dai connazionali nei territori coloniali. D'altra parte, la politica economica del fascismo ben presto mostrò di voler privilegiare l'industria pesante (chimica, metallurgica e meccanica), prevalentemente dislocata nell'Italia continentale e la grande azienda agraria o il latifondo che meglio potevano assicurare il buon esito della "battaglia del grano".(45) Eppure, non può dirsi che a Whitaker mancassero le conoscenze adatte nel mondo della politica per trovare adesioni a sostegno del suo progetto; peraltro, nel 1921, sua figlia Norina sposava il generale Antonino Di Giorgio che tre anni dopo sarebbe divenuto Ministro della Guerra.(46) Caduto, però, in disgrazia, il Di Giorgio - anche a seguito dei dissapori con il prefetto Mori che aveva fatto arrestare il fratello con l'accusa di appartenere alla mafia - si ritirò a vita privata nell'estate del 1928.(47) Alla fine di quell'anno, il generale scriveva da Roma al suocero Whitaker:

«L'ltalia traversa un momento speciale, dove nessuna iniziativa è possibile, se non lanciata e patrocinata e sostenuta da quel ristretto numero di persone che hanno il mestolo in mano; e queste non si commuovono se non vedono, immediato ed anticipato, un grosso bakscisc (term. arabo: in origine elemosina prescritta dal Corano; nel linguaggio corrente indicava la somma da pagare ai funzionari corrotti). Tu guardi alla questione della sisalana coll'occhio sereno dell'onesto uomo di affari e vedi senza dubbio giusto. Ma le persone di cui sopra guardano con altro occhio, parlano altro linguaggio, mirano ad altri scopi e non vi è maniera di intendersi. Ti dico questo, non già per scoraggiarti, ma per spiegarti come io mi trovo nella impossibilità di aiutarti. Sono anche persuaso che, dato il momento, il mio interessamento, anziché giovare, guasterebbe».(48)

Erano certamente affermazioni gravi e sconfortanti, scritte anche con l'animo di chi in pochi anni era stato emarginato dalla nuova oligarchia di regime. La lettera, però, al di là delle notazioni sulla diffusa e radicata corruzione degli apparati, confermerebbe sia precedenti tentativi infruttuosi di Whitaker, di trovare riscontri in ambito governativo al suo progetto agro-industriale, sia la "disattenzione" delle autorità per quelle iniziative che venivano considerate di secondaria importanza in un disegno di rinascita dei paese incentrato sulla "ruralizzazione" e sull'industria bellica.

«Ho studiato la questione della Sisal - scriveva Whitaker in quegli anni - ed ho fatto gli esperimenti saputi della sua coltura in Sicilia, nella speranza di potere arrecare un bene a questa cara isola che amo tanto tanto e sarei oltremodo felice di vedere introdotta una nuova industria che ritengo potrebbe forse essere una fonte di ricchezza per il paese, rendendo utilizzabili tante migliaia di ettari di terreni aridi ed incolti e dando lavoro rimunerativo a tanti che ne hanno di bisogno».(49)

Nei mesi successivi, comunque, tra Whitaker ed il genero si infittirono i contatti a distanza per procedere senza indugi nella creazione di una società che sfruttasse i terreni di Acquedolci - in provincia di Messina - di proprietà di Ica Pignatelli: «Si tratta di parecchie centinaia di ettari. Il Pignatelli e il Cupane, se accedessero al tuo invito, potrebbero apportare alla società il prezzo d'affitto del proprio terreno, facilmente computabile sulla base dell'attuale affitto. Tu apporteresti il capitale liquido, per impiantare e mettere in moto l'azienda. L'apporto di ciascun socio sarebbe rappresentato da azioni. I locali potrebbero essere affittati a Marina di Caronia o ad Acquedolci o fabbricati agevolmente con poca spesa. Le comunicazioni con Palerrno e con Roma renderebbero agevole la sorveglianza. La proprietà di lca P. a Caronia ammonta a parecchie migliaia di ettari che rendono, coltivati a seminerio e pascolo, si e no, il 5%. Se la sisalana potesse rendere il 10%, il proprietario avrebbe la convenienza ad allargare la concessione fatta in primo tempo e l'industria prenderebbe le proporzioni da te vagheggiate».(50)

A luglio del 1930, Di Giorgio da Friburgo comunicava a Whitaker che finalmente la "Spas" - forse "Società delle piantagioni di Agave sisalana" - poteva dirsi costituita.(51) La documentazione attualmente disponibile non permette ancora una ricostruzione esauriente ma solo di aggiungere qualche nota da sviluppare in prosieguo, col ricorso ad altre fonti. Intanto, tra i soci principali, oltre a Whitaker e Di Giorgio, si aggiunge Domenico Ugdulena di Palermo al quale venivano versate le quote per il fondo cassa «per lo inizio dei lavori di piantagione di Sisal in Acquedolci».(52) A febbraio del '31 il Di Giorgio prese in affitto 45 ettari di terreno alluvionale e cioè il greto del torrente Rosmarino a 5 chilometri da Sant'Agata Militello: «Ho scritto a Grandinetti - altro amministratore di casa Whitaker - che mandi un vagone di rigetti (20.000) e li pianteremo subito. Io avevo pensato di limitarci quest'anno a un piccolo esperimento di un migliaio di piante. Ma dopo aver visitato il terreno in lungo e in largo e dopo aver fatto numerosi assaggi, mi sono persuaso che è molto superiore a questo di Cupane pagato 300 lire l'ettaro. Solo non è utilizzabile che in parte, onde un ettaro anziché 2500 piante ne potrà contenere un migliaio soltanto. Ma avremo collocato 45.000 piante con 1000 lire all'anno! ... Il proprietario aveva acquistato il terreno negli anni grassi - limoni a 90 lire, olio a 1000 - per liberarlo dai sassi e piantarlo a limoni e olivi. Così le piante messe a posto quest'anno saranno già 60.000 e 3-400.000 bulbilli a vivaio. Non c'è male».(53)

Intanto, il socio Ugdulena verso la fine del 1931 manifestava la propria intenzione di ritirarsi dalla società: «Ho capito - scriveva Di Giorgio a Whitaker - che nella Spas non ha più fiducia ed avrebbe voglia di uscirne. Cosa del resto, che m'aveva fatto già intendere da un pezzo colla sua svogliatezza...».(54) Ma, soprattutto, il 17 aprile dei '32 moriva lo stesso Di Giorgio che negli ultimi anni era stato il più convinto sostenitore del progetto di Whitaker.

A novembre del 1933 l'amministratore Di Blasi scriveva a Tina Whitaker - che allora si trovava a Roma - per manifestare anch'egli le perplessità a proseguire l'impresa della Sisal: «Per conto mio consiglierei il Comm. (cioè Whitaker) di abbandonarla e di dare la preferenza alla propria tranquillità».(55)

In realtà, Giuseppe Whitaker non abbandonò e, probabilmente, fino a novembre del '36, data della sua morte, seguì gli affari, come ancora si evince da una lettera dell'amministratore marsalese Giulio Lipari che a luglio del 1935 lo informava sulle quotazioni della Sisalana.(56)

A conclusione del presente lavoro - primo superficiale approccio ad una vicenda che sconfina dall'ambito della storia dell'agricoltura siciliana - è doveroso aggiungere qualche considerazione anche sui limiti propri dell'iniziativa del Whitaker; limiti che possono aver contribuito ad ostacolare la piena riuscita del progetto. Infatti, al di là della "disattenzione" del regime, Whitaker e, in un secondo momento, Di Giorgio dovettero fare i conti con un costo dei terreni in affitto e della manodopera molto più elevato di quello che i connazionali pagavano nelle colonie per ottenere la concessione di un fondo e per mantenere la forza lavoro necessaria.(57) Ma vi era anche un problema di qualità della fibra prodotta nell'Isola che talvolta risultava più legnosa e più pesante, di difficile lavorazione rispetto a quella proveniente dall'Africa orientale.(58) Non ultimo, vi era il problema del combustibile da importare, per il funzionamento dell'impianto, che in quegli anni poneva una forte alea su qualsivoglia iniziativa industriale da avviare in Sicilia.(59)

Di contro, la vicinanza dell'Isola ai mercati europei consentiva risparmi non indifferenti nei trasporti e nei noleggi.(60) Ed ancora il Di Giorgio, nel 1931, commentando le notizie riportate dall'Observer sulla crisi dell'Agave, poteva scrivere al suocero: «Nei riguardi della Sisal c'è un dato prezioso: il costo medio di produzione di 21 sterline la tonnellata. Il costo della nostra Sisal è molto al di sotto delle 21 sterline!... Noi siamo dunque in condizioni privilegiate per sostenere la concorrenza della Sisal prodotta nelle colonie».(61) Probabilmente egli aveva ragione nel sostenere e sottolineare che i margini di guadagno, a quella data, erano certi e visibili ma ciò non poteva essere sufficiente a dare grande impulso alla diffusione di piantagioni ed a convincere, per esempio, i viticoltori ad estirpare vigneti non più redditizi o a convincere i proprietari a concedere in affitto terre a pascolo - data la crisi della zootecnia - per impiantare agavi. Bisognerà, dunque, che le successive indagini chiariscano se e quali concrete adesioni registrò Whitaker tra i latifondisti e la borghesia agraria siciliana nel corso di oltre 25 anni, se vi fu una vera interlocuzione con il ceto politico locale e se e da chi il progetto venne condiviso e fatto proprio.

 

NOTE

La documentazione d'archivio utilizzata per la redazione del testo proviene esclusivamente da villa Malfitano di Palermo. Ringrazio sentitamente il prof. Francesco Brancato, la prof.ssa Beatrice Gozzo e Gaspare Citarrella per le preziose segnatazioni.

1. J. I. S. Whitaker, Mozia. Una colonia fenicia in Sicilia (traduz. dell'edizione del 1921 E. Niceta Palmeri), Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo, 1991, p. 43.

2. R. Trevelyan, La storia dei Whitaker, Sellerio, Palermo, 1987, pp. 5O e 73.

3. Ph. Cluver, Sicilia Antiqua, item Sardinia et Corsica, Leida, 1619, pp. 249-255.

4. R. Giuffrida - R. Chiovaro, La Vlilla Whitaker a Malfitano, Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo, 1986, pp. 20 e sgg.; F. Brancato, Gli Inglesi in Sicilia: i Whitaker, Fondazione Whitaker, Palermo, 1992, pp. 5-12.

5. G. Whitaker. La coltura e l'industria dell'agave sisalana in Sicilia, in "Bollettino di studi ed informazioni del R. Giardino Coloniale di Palermo", 191 8, vol. IV, fasc. 3-4.

6. Ibidem.

7. A. De Mori, Le piccole industrie agrarie, Utet, Torino, 1931, pp.670-671.

8. A. Cusumano, Arti e mestieri nella Valle del Belice. La corda, la canna, l'intreccio, Palermo, 1985.

9. L. Tonelli, Agave, in "Enciclopedia Italiana" Treccani, Roma, 1929, p. 845.

10. S. Belli, Botanica sistematica, in F. Aedissone - S. Belli Botanica, in "Nuova Enciclopedia agraria italiana" Utet, Torino, 1924, p. 153.

11. G. Whitaker, La coltura ecc. cit.

12. T. Whitaker Scalia, Benjamin Ingham of Palermo, Tip. Boccone del Povero, Palermo, 1936.

13. Lettera di C. Tropea a G. Whitaker, Palermo 16/9/1915.

14. G. Whitaker, La coltura ecc. cit. Inoltre, Memorandum concerning "Sisal" plantations near Marsala, foglio manoscritto nel recto e nel verso, di anonimo, senza data; non attribuibile a Whitaker.

15. Ibid.

16. Ibid.

17. Ibid.

18. Lettera della "Alma Machine Works" a Stewart N. Corlett, Liverwdge (England), 14/4/1913.

19. Lettera di W. Stamm a Stewart N. Corlett, London, 31/3/1914.

20. Lettera di Stewart N. Corlett a G. Whitaker, London 5/6/1914.

21. Minuta di lettera di G. Whitaker a C. Tropea, Palermo, 26/11/1920.

22. Lettera di I. Baldrati a G. Whitaker, Asmara, 10/5/1917.

23. Minuta di lettera di G. Whitaker a I. Baldrati, Palermo 12/6/1917.

24. Plant of Tre Pini, January 1916, schizzo della piantina dei caseggiati del fondo "Tre Pini" a Marsala e relative didascalie della destinazione d'uso dei locali.

25. Lavorazione Agave Sisalana 1° Gennaio 31 Maggio 1930, dattiloscritto dell'estratto dei conto lavorazione. Da altro documento antecedente (lettera di Giuseppe Di Blasi, amministratore di casa Ingham & Whitaker, a Giuseppe Whitaker, Palermo 7/5/1929) si apprende di una compravendita di fibra con i Cuccia di Palermo: "Prenderebbero la intera quantità di 12 quintali disponibili a £ 420".

26. lvi.

27. Memorandum: January 1916. "Sisalana ", foglio manoscritto di G. Whitaker.

28. Lettera del consigliere delegato della "Industria Fibre Tessili Coloniali" a G. Whitaker, Milano, 3/2/1922.

29. Appunti ed idee per la costituzione di una società ad azioni per la coltura dell'Agave Sisalana in Sicilia e per l'esercizio dell'industria tessile della cosiddetta "Sisal-hemp" di commercio, ossia canape di sisalana, foglio dattiloscritto, senza data.

30. Ivi, sub D ed E.

31. La coltura dell'Agave Sisalana in Sicilia, foglio dattiloscritto, senza data, sottotitolato a penna da Whitaker "Considerazioni da servire per i piccoli proprietari i quali potrebbero intraprendere la produzione e vendita della materia prima".

32. Ivi. Secondo A. De Mori, op. cit., pp. 670-671, da ogni pianta di agave si tagliavano in media 8 foglie all'anno, tra le più mature situate all'esterno "lasciando intatta la gemma centrale composta da quelle più tenere e bianche".

33. Lettera di G. Whitaker a F. Paulsen, Palermo, 3/3/1916.

34. Lettera di V. Riccobono a G. Whitaker, Palermo, 11/2/1920.

35. Lettera di Francesco Sciortino a G. Whitaker, Castelvetrano, 26/2/1920.

36. Lettera di Antonino Di Giorgio a G. Whitaker, Roma, 2/12/1930. Nel saggio di Whitaker pubblicato nel Bollettino del R. Giardino Coloniale, si dava notizia di analoghi esperimenti - riusciti - a Comiso, nel fondo Randello di proprietà del marchese Arezzo.

37. Lettera di Carlo Linch a G. Whitaker, Roma, 14/1/1921.

38. Minuta di lettera, non firmata, al podestà di Marsala, Mario Rallo, 7/2/1928.

39. Lettera del console dei Paesi Bassi, Giuseppe Scaccianoce, a G. Whitaker, Palermo, 2/3/1921. Minuta di lettera di G. Whitaker al console Scaccianoce, Palermo 4/3/1921.

40. Memorandum concerning "Sisal " plantations cit. 41.

G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna 1922-1939 Il fascismo e le sue guerre, Feltrinelli, Milano, 1981, vol. IX, pp. 121-122.

42. V. Castronovo, La storia economica, in "Storia d'Italia. Dall'unità ad oggi", Einaudi, Torino, 1975, vol. 4, tomo 1, p. 283.

43. 0. Cancila, L'economia siciliana dal fascismo alla ricostruzione, in "Cronache parlamentari siciliane", supplemento documenti, Palermo, 1994, n. 1, p. 8. G. Pescosolido, L'economia siciliana nell'economia nazionale dall'Unità all'autarchia, in "Cronache parlamentari siciliane", supplemento documenti, Palermo, 1993, n. IO, p. 19.

44. D. Gardini, Il Partito e le Corporazioni per l'indipendenza economica (1 937), in L.Villari, Il capitalismo italiano del Novecento, Laterza, Bari, 1975, vol. II, p. 446. M. Valenti, Dalla produzione "autarchica" all'oggetto "made in Italy", in AA. VV., Vita civile degli italiani. Società, economia, cultura materiale. Trasformazioni economiche mutamenti sociali e nuovi miti collettivi 1920-1960, Electa, Milano, 1991, pp. 162-173.

45. A. Del Monte - A. Giannola, Il Mezzogiorno nell'economia italiana, il Mulino, Bologna, 1978, pp. 88 e sgg.; F. Brancato, Agricoltura e politica in Sicilia (dall'Unità al fascismo), in "Nuovi Quaderni del Meridione", Banco di Sicilia, Palermo, 1979, n. 65-68, pp. 37-124.

46. R. Trevelyan, La storia dei Whitaker, cit.

47. Ibidem, pp. 98-99.

48. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, Roma, 18/12/1928.

49. Foglio dattiloscritto recante considerazioni di G. Whitaker; forse parte di una lettera o di un pro-memoria, privo di datazione.

50. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, Roma, 9/1/1929.

51. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, Friburgo, 24/7/1930.

52. Lettera di Domenico Ugdulena a G. Whitaker, Palermo, 15/1/1931; idem del 6/3/1931.

53. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, 19/2/1931.

54. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, Roma, 24/12/1931.

55. Lettera di Giuseppe Di Blasi a Tina Whitaker, Palermo, 20/11/1933.

56. Lettera di Giulio Lipari a G. Whitaker, Marsala, 8/7/35.

57. Minuta di lettera di G. Whitaker a F. Paulsen, Palermo, 3/3/1916.

58. Lettera di Beniamino Falcone a G. Whitaker, Palermo, 16/7/1923.

59. Pro-memoria, foglio dattiloscritto nel recto e nel verso, di anonimo, senza data.

60. Minuta di lettera di G. Whitaker a F. Paulsen cit.

61. Lettera di A. Di Giorgio a G. Whitaker, Roma, 5/12/1931.