Joseph Whitaker e Mozia

(Saggio di Vincenzo Tusa tratto ne "La storia dei Whitaker" di Raleigh Trevelyan, 1988, Sellerio editore Palermo)

Joseph Whitaker usava trascorrere gran parte del suo tempo a Marsala, nel baglio dove erano concentrati gli interessi della sua famiglia, legati essenzialmente al commercio del vino. Egli non aveva attitudini specificatamente mercantilistiche come i suoi parenti; era portato agli studi e alle ricerche nei campi più vari.

Occupandosi, ad esempio, dei suoi affari in Tunisia, aveva approfittato per organizzare e condurre spedizioni di studio sugli uccelli di quella regione, il cui frutto più significativo era stato il volume The Birds of Tunisia, pubblicato a Londra nel 1905, che a giudizio degli esperti ancora oggi conserva intatto il suo valore scientifico.

Quando un contadino cominciò a portargli alcuni reperti archeologici provenienti da un'isoletta nei pressi di Marsala denominata San Pantaleo, dove erano stati rinvenuti dissodando il terreno per la preparazione dei vigneti, Whitaker volle recarsi nell'isola, spinto da un interesse che aveva già manifestato in occasione di altri scavi nel territorio di Marsala. C'è da ritenere che in queste gite fosse accompagnato da un fedele collaboratore, il cavalier Giuseppe Lipari Cascio, un vecchio garibaldino. persona molto nota e stimata nel Marsalese. Whitaker fu attratto da quest'isola anche per la sua posizione geografica - una zolla di terra emergente in quel tratto di mare, non lontano da Marsala, che forma quasi un lago sbarrato ad occidente dall'isola Lunga, una sorta di diga naturale. Tra le testimonianze archeologiche, qualcuna, come la Porta Nord, era ben visibile, per non dire imponente. Decise quindi di dedicare il suo tempo libero all'isola promuovendo scavi e facendola conoscere al mondo delle persone colte.

L' isola era già relativamente nota agli specialisti sin dal Cinquecento, grazie al ritrovamento di alcuni reperti che gli studiosi locali avevano fatto conoscere ai loro colleghi. Viaggiatori e geografi stranieri, quali Cluverio e Houel, ne avevano descritti alcuni aspetti nelle loro opere, in particolar modo il secondo, che aveva illustrato, la Porta Nord. Qualche scavo regolare era stato eseguito nella seconda metà dell'Ottocento: nel 1875 era venuto nell' isola conducendovi una breve campagna di ricerche lo scopritore di Troia, Tirinto e Micene, il famosissimo Schliemann.

Per condurre regolari campagne di scavi era necessario disporre del terreno. Whitaker, dunque, fu costretto ad acquistare tutta l'isola, impresa non facile perchè numerosi erano i piccoli proprietari che ne possedevano gli appezzamenti da oltre un secolo, coltivati a vigneti. Ma Whitaker, aiutato da Lipari Cascio, vi riuscì.

Un suo discendente, il colonnello Giulio Lipari, persona devota alla famiglia Whitaker, mi raccontava che soltanto uno dei contadini non volle vendere la sua proprietà all'« inglese » ( in realtà Whitaker era nato e cresciuto a Palermo). Il Lipari Cascio comprò allora a suo nome la proprietà contesa e la rivendette poi al « Commendatore » (così era chiamato Whitaker).

Portata a compimento la lunga operazione di acquisto, Whitaker promosse varie campagne di scavo che, iniziate nel 1906, proseguirono con alcune interruzioni fino al 1927, mettendo in luce vari aspetti del passato dell'isola che fino ai nostri giorni hanno costituito la base delle ricerche.

Furono scoperte la necropoli arcaica, la casa dei mosaici un'abitazione di tipo ellenistico in cui il pavimento dei peristilio è formato da ciottoli di fiume bianchi e neri levigati dall'acqua, la casa delle anfore e infine alcuni tratti della cinta muraria, lungo il percorso dell'isola.

Va menzionato anche un santuario di tipo fenicio-punico, unico in Occidente (che ha riscontro soltanto a Cipro nel tempio di Afrodite Papia), ubicato in una località detta "Cappiddazzu" a causa di un largo cappello che, messo in cima ad un bastone tra le vigne, funge da spaventapasseri. Infine, tra i vari saggi, va ricordato quello nel tophet, il famoso luogo sacro dove si deponevano le ceneri dei bambini immolati a divinità: di questo però Whitaker non comprese la vera natura e poichè, a differenza della necropoli non vi fu rinvenuto materiale interessante, interruppe lo scavo: così mi fu detto dalla figlia Delia. I materiali di questi scavi insieme a quelli acquistati altrove, provenienti soprattutto da Marsala, si trovano ora in un museo sito nell'isola, ideato e realizzato dallo stesso Whitaker, che costituisce una delle raccolte più importanti per la conoscenza della civiltà fenicio-punica del Mediterraneo. Whitaker descrisse in un volume, pubblicato a Londra nel 1921, i risultati degli scavi ed i materiali conservati nel museo, aggiungendo un'ampia introduzione di carattere storico; il volume è considerato ancora oggi il punto di partenza per gli studi su Mozia e sulla civiltà fenicio-punica del Mediterraneo. In sostanza egli realizzò un'opera che è giudicata come un modello di intervento per una zona archeologica, intervento articolato in quattro fasi. In primo luogo l'acquisizione di tutta l'isola, premessa che, nata come si è detto per esigenze di studio, ha potuto rivelare appieno la sua importanza ai nostri giorni quando le zone archeologiche rimaste in mano ai privati sono state oggetto di scempi edilizi che certamente non avrebbero risparmiato l'indifesa isoletta. In secondo luogo la programmazione degli scavi fu eseguita "sotto la supervisione dello Stato - come egli dice - nella persona dei professor Antonio Salinas, l'ultimo direttore del Museo Nazionale di Palermo". In terzo luogo la costituzione di un museo sul posto stesso degli scavi perchè chiunque potesse vederne i reperti nel contesto di provenienza. Infine la pubblicazione dei risultati della ricerca storico-archeologica allo stato compiuto.

L'impresa di Whitaker a Mozia richiamò numerose personalità sia italiane che straniere: il successore di Salinas, Ettore Gabrici, Thomas Ashby che dirigeva la Scuola Britannica di Archeologia di Roma, G. F. Hill, il noto numismatico del British Museum, sir Flinders Petrie, il famoso egittologo che regalò a Whitaker un amuleto egiziano conservato nel museo di Mozia, per tacere di molti altri.

In conclusione il lavoro archeologico di Whitaker a Mozia permise all'Italia di far sentire la propria voce nel campo delle ricerche fenicio- puniche del Mediterraneo; voce che ha aperto e spianato la via alla continuazione di questi studi. Biagio Pace, che a Mozia dedicò due dei suoi primi studi, parlando di Whitaker diceva che le più grandi scoperte in questo campo sono avvenute ad opera di non archeologi.

Naturalmente, prima di ogni altro si riferiva a Schliemann. Whitaker appartiene certamente a questa schiera di pionieri (ed oggi io penso a Ventris, il giovane architetto inglese che interpretò la lineare B) che con la loro passione e la loro azione illuminata hanno contribuito al progresso degli studi archeologici.