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Istituto dell'infanzia abbandonata nel 1936.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Lapide affissa in occasione della costruzione della scala principale dell'Educatorio Whitaker

L'OPERA CARITATIVA DEI WHITAKER E IL BOCCONE DEL POVERO

(Relazione di Maria Teresa Falzone in atti del seminario di studio "I Whitaker di villa Malfitano", tenutosi in Palermo il 16 - 18 marzo 1995 su "I Whitaker di villa Malfitano" a cura di Rosario Lentini e Pietro Silvestri, pubblicati dalla Fondazione "Giuseppe Whitaker" con il patrocinio dell'Assessorato dei beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione siciliana nel dicembre 1995).

Palermo nella seconda metà dell'Ottocento

Sono ben note le precarie condizioni economiche e sociali della Sicilia postunitaria, e di Palermo in particolare, fino a tutto il secondo Ottocento. Basta ricordare eventi come la rivolta di Palermo del 1866, la legge di soppressione dei regolari con le gravi conseguenze sociali, le ricorrenti epidemie coleriche, le carestie, i cattivi raccolti con il conseguente aumento dei prezzi, ecc.

Il tutto va visto nel quadro di una Palermo postunitaria che, quale anche descritta dai giornali del tempo, dimostra un volto abbastanza triste: «pitocchi, seminudi, sudici, affamati», che di giorno invadono le strade in cerca di un tozzo di pane e la sera, «ammonticchiati a cinque, a otto, a dieci», cercano ricovero dietro le botteghe di via Chiavatteri e di via Vittorio Emanuele o del palazzo Amari. E il triste spettacolo si vedeva non solo nei giorni di bel tempo, ma pure nelle più rigide serate invernali.(1)

Un lavoro statistico pubblicato nel 1865 dopo il censimento del 31 dicembre 1861 e riferito dall'Inchiesta parlamentare del 1867(2) su un totale di 194.463 abitanti di Palermo presenta 111.623 persone che: «non vivono di lavoro e stanno come a carico altrui». Di questi 25.785 sono uomini; 84.838 tra donne, ragazzi e vecchi; 16.753 stanno nelle campagne; nella città 505 risultano «poveri erranti» e 2.529 «ricoverati». Segue, a grande distanza, la categoria dei liberi professionisti e degli impiegati, 26.597; quindi «la professione inferiore che si addice agli altrui servizi», 16.484; «la popolazione rnanifattrice», 11.030; agricoltori, 9,129; commencianti, 7.836; esercenti la piccola industria, 7.836. Il tutto di contro ai soli 70 «possessori di grossi capitali e speculatori». Il resto risulta assente dalla città.

Il numero dei miserabili cresce se includiamo i molti di condizione civile che preferivano languire lentamente in casa piuttosto che mettere a nudo la loro miseria. V'erano; infatti anche gli impiegati statali che, dopo l'unificazione, erano stati posti in disponibilità per soppressione o riduzione di uffici o erano stati sostituiti da funzionari piemontesi con la cosiddetta "legge di promiscuità".

Gli studi recenti in verità orientano verso il superamento dello stereotipo del sottosviluppo, dell'arretratezza tecnica e dell'immobilismo siciliano(3), cogliendo le trasformazioni sociali ed economiche degli anni Settanta e Ottanta di cui «la profonda Sicilia è portatrice sull'onda del giallo metalloide»(4), lo zolfo, come lo era anche la Sicilia delle agrotowns, degli agrumi e della vite.

Ma questa considerazione non deve fare dimenticare i molti disagi della Sicilia secondottocentesca: tra conservazione e innovazione, improvvise fortune di famiglie emergenti e rapidi tracolli, masse sfruttate e aristocrazie operaie organizzate, intervento dello Stato con misure protezionistiche e assistenziali, arretratezza e alta tecnologia industriale, criminalità, mafia e zone tranquille. Era un volto variegato che presentava la Sicilia degli anni Settanta, oltre che nella stratificazione sociale in genere, anche nella diversificazione tra le città, tra città e campagna, tra zona agricola e area dello zolfo.

Era però Palermo la città in cui si incontravano i più stridenti contrasti, sicché la situazione palermitana poteva apparire emblematica per l'intera situazione siciliana. La stratificazione sociale della città risultava varia e carica di problemi. Accanto ai grandi casati nobiliari in declino, in competizione con la piccola nobiltà di provincia, ai grossi imprenditori e grandi capitalisti, accanto al "borghese" arricchito, v'era l'artigiano, il rivenditore ambulante, l'operaio e il domestico.

Ma v'era soprattutto «un sottoproletariato numeroso e variopinto».(5) Non pochi poveri di campagna o dei centri minori si riversavano in città, in cerca di qualche aiuto o per darsi all'accattonaggio nell'anonimato dei grosso centro. Ed è così che le città brulicavano di mendicanti, di poveri vecchi inabili, mentre famiglie intere mettevano anche a nudo per le strade le loro miserie. Ancora una volta la pubblicistica del tempo ci descrive scene pietose(6). E La Carità del 1888 realisticamente accenna alla situazione delle fanciulle povere, orfane o illegittime di Palermo:

«Non sarà forse occorso ad ognuno, girando per le vie della città, incontrare bambine e giovanette lacere negli abiti, a piedi nudi, con il volto precocemente rugoso, segno di stenti sofferti od anche di anticipata malizia, chiedere l'elemosina, che permetta di saziare loro e magari i loro parenti per una giornata? E chi non ne ha viste di queste disgraziate di sera, d'inverno per lo più spesso, quando la pioggia insi- stente batte sui fanali delle pubbliche vie, starsene accocolate sui gradini di qualche chiesa e quivi o dormire, quando il sonno e la stanchezza possono più che il digiuno, o aspettare una mano benefica, che le aiuti con lo scarso obolo?

Quante volte non ci si è stretto il cuore al vedere vispe e belle creaturine dormire in luridi bugigattoli od in fetide stamberghe, da dove è proscritta non che l'igiene, ma la decenza stessa, mangiare frutta acerbe o pietanze nauseanti e mal fatte, e vivere come bestie da cui sia cancellata l'impronta divina? Non è poi a tutti noto che gran numero di queste bambine, quasi che le madri volessero sbarazzarsene a giusta ragione o no, stanno raccolte, in cinquanta o sessanta, in una piccolissima stanzetta, priva d'aria e di luce, in uno dei noti catoi, passando la giornata presso la così detta maestra? e come trascorre questa giornata? tra l'ozio e il cattivo esempio, tra il discorrere sfrenato e il difetto di sorveglianza, tra un ambiente ove né cuore si educano, anzi abbruttiscono e si rendono sordi ad ogni sentimento».(7)

In questo contesto appena qui accennato il medico-sacerdote Giacomo Cusmano (Palermo 1834-1888) nel 1867 aveva dato inizio all'Associazione del Boccone del Povero, il cui scopo era così definito nel suo progetto programmatico de "La Casa dei Poveri", presentato nel 1868 al Municipio di Palermo e alla S. Sede per averne l'approvazione:

«Soccorrere la miseria dei poveri rendendone meno disperata la vita, esercitare la carità dei ricchi facendone meno invidiata la sorte, distruggere l'accattonaggio riguardato dai pubblicisti come la vergogna di popoli colti, togliere la mostruosità di vedere nella stessa famiglia umana esseri sventurati morire d'inedia, impedire l'infame traffico delle tenere creature poste nella dura condizione o di morire di fame o di degradarsi con tanto scapito della morale e della salute pubblica: ecco senz'altro lo scopo che si prefigge la Casa dei Poveri accogliendo in sé ogni condizione ed età, esercitando ogni industria, recando sollievi d'ogni ragione alle svariate miserie che accompagnano l'umanità dalla culla alla tomba».(8)

La Casa dei Poveri, nell'interesse di fondo religioso e caritativo, rivelava una istanza sociale e assistenziale, che tendeva al superamento della situazione di miseria e si poneva sul piano dell'istruzione e dell'apprendimento artigianale, muovendo anche qualche passo, benché tirnidamente, verso la cooperazione e la promozione della piccola industria.

Si imperniava sul "boccone" raccolto dalla mensa dei cittadini e fatto confluire sul desco dei poveri, quale mezzo efficacissimo di carità cittadina ed ecclesiale. Il "boccone" doveva realizzare l'incontro dei cuori, la prevenzione nei confronti delle immoralità che l'uomo può commettere quando gli manca il necessario alla vita, la promozione umana e il progresso della società, la "armonizzazione delle classi", l'evangelizzazione del ricco e del povero, l'educazione familiare alla carità. Il "boccone" doveva essere pertanto "amo di carità", che avrebbe attirato insieme povero e ricco nel vincolo dell'amore.

Alla radice del progetto cusmaniano stava una forte spiritualità evangelica, che partiva dall'asserzione della fede di Mt. 25,40, che vede nel povero lo stesso Cristo, con l'accentuazione eucaristica della sacramentalità del povero, il quale, per il Cusmano come per tutti i grandi santi della carità, è lo stesso Gesù presente nel sacramento dell'altare. V'era poi una forte istanza evangelizzatrice, convinto com'era il Cusmano che la carità del "boccone" avrebbe realizzato la conversione di tutti i cuori, specie dei ricchi, alla fede cristiana e all'amore fraterno, offrendo anche una via alla soluzione dei problemi sociali della convivenza umana.

La città di Palermo mobilitata dalla carità

Subito dopo la fondazione del Boccone dei Povero evangelizzazione e servizi di assistenza andavano di pari passo e se ne conseguivano felici risultati. La carità cittadina tramite la questua, assieme al lavoro e alle piccole industrie, erano le fonti principali dei proventi per i poveri. Il campo della malattia veniva soccorso con il coinvolgimento di medici e farmacisti volontari, che gratuitamene prestavano la loro opera e fornivano medicine per i poveri ammalati.

L'assistenza alle famiglie veniva privilegiata, con una forte istanza promozionale, che trovava nella istruzione di orfani e orfane un proprio campo di attuazione, sulla pista di quella educazione integrale che l'opera si proponeva. Così pure il lavoro e la scuola, erano tra i mezzi efficaci di moralizzazione, a sostegno della educazione morale, tanto insidiata nel disordine delle fanùglie di provenienza delle fanciulle.

Attorno a queste realizzazioni si era intessuta a Palermo una rete di collaboratori da tutti i ceti sociali. C'erano sacerdoti e parrocchie intere coinvolte, medici e farmacisti, insegnanti, negozianti, benefattori vari che collaboravano a vari livelli: nella raccolta e distribuzione degli alimenti e oggetti di prima necessità, nei servizi di carità diretta al povero secondo i suoi immediati bisogni. C'erano signori e signore dell'alta società, che si impegnavano in vario modo nell'Associazione, c'erano industriali e imprenditori. Non c'era classe sociale a Palermo che non fosse coinvolta nell'opera del Boccone del Povero.

Ed è così che vi troviamo i nomi dei principi di Trabia, del conte Sommatino, del principe di Galati, della marchesa Vannucci, del principe di Lampedusa, di Maria Lucchese Palli duchessa di S. Rosalia, del principe di Belmonte, del barone Turrisi Colonna, ecc. Vi troviamo anche i Dagnino, i Florio e i Whitaker.

Il coinvolgimento dei Whitaker al Boccone dei Povero

Le fonti relative alla realizzazione dei Whitaker con l'opera caritativa del Cusmano, ai dati della ricerca attuale, sono costituite da quattro lettere: una del 1871 del vicario capitolare monsignor Cervello alla signora Sofia Whitaker, un'altra del f876 di G. Cusmano a Giosué (Whitaker), altra del 1876 dello stesso Cusmano ad Elisabetta Whitaker e la quarta del 1879 sempre dello stesso Cusmano a Giosué Whitaker; inoltre troviamo alcuni riferimenti posteriori, nel Bollettino del Boccone del Povero La Carità, ai Whitaker quali benefattori dell'opera cusmaniana. Infine troviamo un documento d'archivio, del 1930, su una vicenda amministrativa.

a) La lettera del 31 gennaio 1871, a firma di monsignor Cervello e con destinataria "S.S. III.ma La Sigr. Sofia Whitaker", ha il seguente contenuto: «A sollevare lo stato dell'Associazione del Boccone del Povero compromessa nella sua esistenza per la diminuizione della elemosina, nella seduta del giorno 28 passato mese fummo inviati dal Consiglio a rivolgere alla carità della S.V. nello scopo d'impegnarla a fare una colletta straordinaria presso le persone, di sua conoscenza e ad associarle alle contribuzioni settimanali, stabilendo, ove le fosse a grado, delle analoghe commissioni sotto la presidenza della stessa S.V. e tra le persone che sono capaci di promuovere gl'interessi dell'Opera.

Sicuri di ricevere al più presto possibile i più soddisfacenti e favorevoli risultati, la benediciamo nel Signore. Monsignor Vicario Can. Cervello».(9)

Essendo stata assunta l'opera del Boccone del Povero dall'arcivescovo di Palermo quale struttura portante della carità organizzata della Chiesa palermitana, il vicario capitolare della diocesi svolgeva compiti anche direttivi in seno all'Associazione e, pertanto, ne curava l'attuazione delle decisioni consilari. Com'è chiaro, la destinataria della presente lettera è Sofia Sanderson, che nel 1837 aveva sposato il nipote di Benjamin Ingham, Joseph Whitaker.

b) La lettera del 24 gennaio 1876 del Cusmano è diretta a Giosué Whitaker: - «III.mo Sig. Giosué - Con ritardo io adempio il dovere di annunziarle lo arrivo in questa della Suora Filomena e del mio buono Abramo. Lasciando a questi Sig.ri la cura di notificarle tutto il resto sul conto del vino, io vengo da parte mia e di questi poverelli a testificarle tutta la mia gratitudine e la riconoscenza che le professiamo per l'immensa carità, con cui volle tanto interessarsi in nostro favore, avendo inteso oralmente come Ella, oltra alla valida protezione, ha voluto mettere anche del suo per alleviare la nostra posizione nell'avaria sofferta. La preghiera delle orfanelle sarà innanzi il trono dell'Altissimo ad 'implorare ogni celeste benedizione sul di Lei benfatto animo. E' questo il miglior modo con cui il povero può retribuire la beneficenza del ricco e ci auguriarno che il Signore ci esaudirà.

Mi fo dovere di compiegarle un vaglia di £. 140, pari al suo credito come dalla sua ultima si rileva. Mi onori della sua protezione e dei suoi venerati comandi. Mi creda con indelebile stima e gratitudine».(10)

Il Giosué Whitaker della lettera dovrebbe essere Joshua, figlio maggiore di Joseph, divenuto capo dell'azienda Ingham-Whitaker, tra cui anche le cantine vinicole di Marsala, alla morte di padre (1884), fino alla sua morte avvenuta nel 1926. Il Cusmano teneva a Palermo uno «smercio di vino», il cui ricavato utilizzava in favore della sua Casa dei Poveri. Pertanto doveva essere in relazione con il Whitaker delle cantine di Marsala, il quale, a sua volta, oltre che disporre la vendita del vino richiesto, gliene donava gratuitamente per contribuire del suo alla Casa dei Poveri.

c) La lettera del 21 agosto 1876 del p. Cusmano è diretta a: «S.S. III.ma La Signora Elisabetta Whitaker - Palermo» e così si esprime:

«Dopo nove anni di lavoro, in mezzo alla miseria la più affliggente, nel più forte delle angustie pel completo abbandono e per le malattie che in atto travagliano lo stabilimento, la Provvidenza solleva le forze del mio animo con una interessata risorsa.

Trattasi di aver trovato una sorgiva di acqua abbondantissima di un fondo di mia proprietà, la quale per la sua posizione potrebbe irrigare circa 12 salme di detto terreno, ove per consiglio di diversi periti potrebbe formarsi un giardino di agrumi assai interessante. A redimere però il canone che grava sopra detto fondo, a comprare un pezzetto di terra che frastaglia la proprietà in parola e finalizzare le spese per l'impianto a giardino, ho bisogno di prendere a mutuo lire 25.000, offrendo in cautela il detto fondo, libero da qualunque iscrizione e senza altro peso che quello solo della fondiaria.

Il Signore mi ha fatto pensare di ricorrere alla protezione della S.V. Ill.ma per ottenere dal Suo Ill.mo Consorte il mutuo in parola con quella ragionata che crederà giusto stabilire, e per quel periodo che sarà creduto sufficiente al facile rimborso della somma mutuata. Se non vi fosse l'utile dei poverelli, non avrei avuto il coraggio d'incommodarla per simile affare, ma sotto questo riguardo mi sono animato a farlo nella sicurezza che il suo animo caritatevole non vorrà negarsi ad aiutarmi in una risorsa così interessante.

Se oltre la cautela di detto fondo di 15 salme migliorato a vigneto, delle quali salme 12 irrigate dalle acque e che piantate a giardino di anno in anno raddoppierebbero sempre più la cautela, se vorranno altri fondi potrei ancora esibirli.

Perdoni, Ill.ma Signora, se per l'urgenza dell'affare, ho ardito supplicarla per la presente, riserbandorni di venire personalmente dopo due giorni a ricevere la Sua risposta che mi auguro favorevole. Iddio la rimuneri per la immensa carità che sarà per farmi nella riuscita di detto affare.

Mi creda pieno di stima e rispetto

Suo Um. e Dev. Servo Sac. Giacomo Cusmano».(11)

Il Cusmano possedeva degli immobili in Muffoletto, territorio di Sancipirrello, il cui utile egli destinava a sostegno del Boccone del Povero. La coltivazione a giardino del terreno avrebbe di molto incentivato il profitto a favore dei poveri. Ma, non potendo egli sostenere l'onere di tale miglioria, chiedeva un mutuo di £ 25.000 all'"illustre consorte" della signora Whitaker. E' quanto appare chiaro dalla presente lettera.

Più difficile risulta individuare la "signora Elisabetta Whitaker" a cui il Cusmano scrive. Nell'albero genealogico della famiglia Ingham ricostruito da Renata Pucci Zanca(12), non si fa cenno ad alcuna Elisabetta Whitaker. Solo una pista ci può essere indicata: la Sofia sposa di Joseph Whitaker, nel suo nome completo, vi è segnata come «Eliza Sophia». E lo stesso nome riporta Michela D'Angelo(13). La Elisabetta Whitaker della presente lettera, allora, sarebbe la stessa molto nota Sofia Sanderson Whitaker e l'«illustre consorte» sarebbe Joseph Whitaker. E' solo una mia supposizione, che però non ritengo del tutto infondata.

d) Nell'Archivio dei Whitaker di Villa Malfitano si trova una lettera del Cusmano diretta a «Giosué Whitaker - Marsala», del 15 novembre 1879, così formulata:

«E' dovere cristiano quello di far bene al prossimo in tutto quello che ci è possibile, e giacché il Signore mi ha accordato la sorte di aver fatto la Sua conoscenza, ed aver goduto della Sua antica protezione, non ho saputo negarmi di presentare alla S.V. Ill.ma il desiderio di un ottimo galantuomo, il quale aspira a poter ricavare l'onesto mantenimento della propria famiglia dedicando a servizio della S.V. in cotesto stabilimento gli studi e le esperienze avute in materia di Chimica Enologica. A tal fine le compiego lettera dello stesso inviatami e la prego degnarsi di farmi sapere ciò che sarà per risolvere.

Profittando di questa occasione, la supplico volermi dire se può fare la carità d'interessarsi dell'acquisto dei nuovi vini di prima qualità, che deve farsi per rianimare questo spaccio a beneficio dei poverelli, dettandomi il modo come poter avvalermi del Suo favore. Perdoni se sono tanto ardito ad incomodarla e mi accordi sempre di potermi ripetere con ogni osservanza

Suo Um. e Dev. Servo Sac.te G. Cusmano».(14)

e) La Carità del maggio 1892 riporta lo stesso «Giosué Whitaker» tra i benefattori dell'Orfanotrofio femminile del Boccone del Povero di Palermo (Terrerosse), premiati dalla Giuria per la Previdenza e Beneficenza dell'Esposizione Nazionale di Palermo nel 1861: «Ignazio Florio, la famiglia Whitaker e specialmente il comm. Giosué, il sig. Salvatore Celestre». Per loro la Giuria aveva deliberato «uno speciale voto di benemerenza», «additandoli alla pubblica ammirazione», quali «generosi dispensatori di non indifferenti largizioni verso l'erigendo Istituto dei Ciechi, l'Educatorio e l'associazione del Boccone del Povero».

Tale encomio ripete La Carità del giugno 1892.

f) La Carità del febbraio 1890 nomina una "Contessa Majorca Whitaker" tra le benefattrici di Terrerosse, specie in occasione di una epidemia influenzale che colpi le orfane. Riesce difficile individuarla. Della stessa «Contessa Majorca» si ritrovano altre offerte in anni posteriori, nei documenti di archivio del Boccone del Povero, relativi ai primi del Novecento.

g) Una signora Whitaker ricorda La Carità del marzo 1895 tra le signore che sono intervenute caritativamente a favore delle orfane di Terrerosse in occasione di altra epidemia influenzale. La Whitaker diede £. 50. E' la stessa di quella ricordata nel 1890?

h) Un documento posteriore rivela altro punto di contatto tra i Whitaker e il Boccone del Povero, riguardante una vicenda di amministrazione. Nell'Archivio dei Whitaker di villa Malfitano esiste una lettera del Di Blasi e Tina Whitaker del 30 luglio 1930, in cui il Di Blasi riferisce di un abboccamento con la Superiora Generale del Boccone del Povero, in vista della possibile vendita dell'Educatorio Whitaker alla Congregazione delle Suore Serve dei Poveri:

«Ho approfittato della mia personale conoscenza con la Madre Superiora Generale del Boccone del Povero e sono andato a trovarla per parlarle di altre cose. Discorrendo ho saputo che l'Amm. ne del Boccone del Povero ha fatto pratiche per acquistare l'intera proprietà, ma che la Prefettura vuole escludere la parte di Piazza Zisa per conservare le scuole. Se si effettuasse la vendita per intero la Madre Superiora Generale ne vorrebbe destinare una parte per la Casa della Giovane che dice di essere un'istituzione altamente morale e necessaria».

La vendita però non ebbe attuazione.(15) Dai riferimenti qui citati si può dedurre:

- I Whitaker furono in rapporto caritativo con l'opera del Cusmano, dalle sue origini agli anni di fine secolo. Sono citati espressamente quattro membri della famiglia: Giosué, le signore Sofia (Elisabetta), e la contessa Majorea in Whitaker. Inoltre si fa riferimento all'«illustre consorte» di Elisabetta. Si fa cenno infine, senza denominarle, a due signore caritatevoli.

- Il loro coinvolgimento all'opera del Boccone del Povero, anche se non così rilevante come quello di altre famiglie patrizie palermitane, quali i Florio, i Belmonte, i Trabia, ecc. non è saltuario o solo occasionale, ma costante e sistematico. Sembrano "associati" al Boccone del Povero, e soci anche attivi, negli anni della prima Associazione. In particolare Sofia Whitaker è invitata a farsi promotrice di iniziative caritative, coinvolgendo altre signore e guidandone l'attività.

- La lettera a Giosué dimostra anche un interessamento dei Whitaker all'opera promozionale del Cusmano: nel procurare un posto di lavoro a disoccupati, in vista di «un onesto mantenimento della propria famiglia», negli stabilimenti enologici di Marsala; ancor più nella collaborazione attiva alla realizzazione di quelle «industrie» che il Cusmano vedeva come cespite di fondi per la conduzione della Casa dei Poveri; in aiuto ai poveri, favorendo acquisti di prima necessità a buon mercato, come mezzi per dare lavoro a disoccupati, e infine come invito ai ricchi per esercitare la carità cittadina.

Così lo «spaccio dei vini di prima qualità» era di quei «mezzi» individuati dal Cusmano nel 1868, in quella Casa dei Poveri di cui abbiamo su riferito. E in tali «industrie» il Cusmano si proponeva d'invogliare «i migliori Artisti e Industriali»: «a cooperare a beneficio dei Poveri, impiantando secondo il regolamento della pia Istituzione le loro industrie in quella casa sotto la direzione, stabilendo ove occorra finché ve ne sarà il bisogno, dei premi annui in proporzione all'utile che si sarà ricevuto, onde meglio invogliare al pronto impianto dell'opificio».(16)

Il Whitaker era uno di tali industriali che aiutava il Cusmano alla realizzazione del suo progetto.

Le offerte in denaro poi sembrano una nota qualificante la loro azione in favore dei poveri, se lo stesso Giosué ne viene anche premiate con uno speciale voto di benemerenza.

Costituite in seguito le Dame di Carità attorno all'Orfanotrofio Femminile di Terrerosse, le signore Whitaker sembrano farne parte, anche negli anni posteriori alla morte del Cusmano. Le signore Whitaker, pertanto, come già l'altra inglese contessa Elisabetta Herbert(17), mostrarono una religiosità aperta alla carità e impegnata con interventi concreti, intesi alla promozione dei poveri e della società.

Il significato dei coinvolgimento dei Whitaker al Boccone del Povero nel quadro dell'interesse filantropico e caritativo dei Whitaker

Il Trevelyan, parlando della rivolta palermitana del 1866, così dice:

«I Whitaker e Ben Ingham, che approvarono le numerose condanne a morte, anche di monaci, furono tra coloro che aiutarono generosamente le famiglie dei soldati feriti. Joseph e Sophia fondarono l'Educatorio Whitaker, riservato a ragazze povere».(18)

In quegli anni i signori Joseph e Sophia mostravano tanto interesse al Boccone del Povero. Ma è intorno al 1880 quando si fanno promotori di opere caritative ed educative: dei 1885 è la fondazione dell'Educatorio Whitaker, o "Educatorio per le istitutrici dell'infanzia", nella piazza della Zisa(19) per le fanciulle povere. Vi era ritenuta basilare l'istruzione: oltre alle classi elementari le ragazze meritevoli frequentavano le scuole normali esterne sì da conseguire il diploma di maestre.(20)

Con Joseph junior e Tina Whitaker l'interesse caritativo si potenzia.

Dice il Trevelyan che fu Pip (Joseph) a spingere Tina a dedicarsi a opere di bene: «Già si occupava in qualche modo dell'Educatorio Whitaker, fondato dai suoceri. Dopo aver accantonato l'idea di costruire una società per la protezione degli animali, lei e Pip fondarono un istituto chiamato Infanzia Abbandonata, in grado di ospitare ottanta bambini, per due terzi femmine, orfani e figli di genitori in carcere o in ospedale».(21)

Dell'istituto per l'Infanzia Abbandonata ha ampiamente scritto Lucia Bonafede Muscolino (22). Le signore Whitaker sono poi presenti nelle varie iniziative di beneficienza che la società di allora spesso organizzava. L'Amico del Popolo del 1° aprile 1885, facendo un'ampia relazione su un concerto di beneficienza tenuto al Teatro S. Cecilia di Palermo, tra le signore che vi parteciparono riporta, nella «schiera leggiadra delle cantatrici della carità», i nomi di Eufrosine Whitaker e della signora (Tina) Whitaker Scalia, elogiando «il superbo trionfo» e «l'inestimabile tesoro della voce» della «gentile e intellettuale signora».(23)

Ancora il terremoto di Messina del 1908 vede i Whitaker impegnati nell'aiuto ai terremotati:

«I Pips - dice il Trevelyan - si recarono a Napoli per aiutare nella sistemazione delle famiglie di sfollati, e poi a Palermo, dove l'Educatorio Whitaker e l'Infanzia Abbandonata erano divenuti importanti centri di raccolta».(24)

Tina partecipò attivamente al Conùtato di Dame istituito a Palermo per i terremotati e ne fu eletta presidente, facendo pure pervenire aiuti dall'Inghilterra.

Aveva anche propostoci creare un orfanotrofio a Messina con annessa fattoria.(25) Il Comitato di Dame si interessò soprattutto per una larga distribuzione di indumenti.

Ventitré dame partirono per Messina.(26)

In seguito molte delle istituzioni benefiche dei Whitaker furono progressivamente assunte dallo Stato. E' ancora in corso la vicenda della soppressione dell'Istituzione per l'Infanzia Abbandonata. Ma rimane evidente che l'attenzione ai poveri, nelle necessità delle varie situazioni e fasce d'età, fu una dimensione costitutiva della famiglia Whitaker, come lo fu dei Florio e di altri notabili della società del secondo Ottocento. Anzi dei Whitaker si nota un crescendo nell'interesse caritativo e promozionale, nel sostegno dato ad altri enti di carità, quali il Boccone del Povero, nell'impegno attivo a favore di vittime di calamità naturali, e infine nella creazione di apposite strutture di assistenza e di istruzione.

E' quanto rimane accertato dai dati finora conosciuti. Forse altri elementi da scoprire in seguito potranno gettare nuova luce su questa proiezione caritativa dei Whitaker. Sarebbe allora opportuno individuare nuove piste di indagine su questo aspetto, che tanto arricchisce e nobilita l'immagine della famiglia.

NOTE

1. "La Luce", 13 marzo, 1870.

2. Cfr. G.C. Marino, li meridionalismo della Destra Storica e l'Inchiesta Parlamentare del 1867 su Palermo, Palermo 1971, pp. 87-88.

3. Cfr. soprattutto F. Renda, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, 2° vol., Sellerio, Palermo, 1985: La Sicilia a cura di M. Aymard e G. Gianizzo, Einaudi Editore, 1988; Economia e società nell'area dello zolfo (secoli XIX-XX), a cura di G. Barone e C. Torrisi, Salvatore Sciascia, Caltanissetta, 1989.

4. Premessa di G. Barone e C. Torrisi, in Economia e società, cit. p. 8.

5. F. Renda, Storia della Sicilia, cit., p. 25.

6. Cfr. il mio Giacomo Cusmano. "Non transigere con gli interessi dei poveri", (1871-1888), S.F. Flaccovio Palermo, 1992, p. 42 e ss.

7. "La Carità", ottobre 1888. p. 97.

8. "Archivio Segreto Vaticano", S. Congr. Ep. e Reg., Sezione Episcoporum, 1185979.

9. Orig. in "Archivio dei Missionari Servi dei Poveri", Palermo, Registro dell'Associazione, Protocollo.

10. Orig. ivi e pubblicata in Lettere del Servo di Dio P. Giacomo Cusmano Fondatore deL Boccone del Povero . Nuova Raccolta, a cura di P. Fazio, vol. 1 (161-1882), Boccone del Povero, Palermo, 1970, p. 240.

11. Orig. ivi e pubblicata ivi, pp. 248-249.

12. R. Pucci Zanca, La genealogia dei Whitaker, in I Whitaker e il capitale inglese tra l'Ottocento e il Novecento in Sicilia, a cura di Claudio D'Aleo e Salvatore Girgenti, Libera Università del Mediterraneo Trapani, 1992. pp. 27-37, precedentemente inserito in R. Trevelyan, La storia dei Whitaker, Saggi di Rosario Lentini e Vincenzo Tusa, Nota di Rosalia Camerata Scovazzo, Sellerio, Palermo, 1988, p. 250

13. M. D'Angelo, Una famiglia di mercanti-imprenditori inglesi tra Malta e Sicilia: i Sanderson, in I Whitaker e il capitale, p. 109 e ss., nota 24.

14. Ringrazio il prof. Francesco Brancato per avermi aiutato a riscontrare l'interessante documento. La lettera è anche pubblicata in Lettere del Servo di Dio P. Giacomo Cusmano, a cura di G. Ajello, Palermo 1952, vol. 1, parte 1, p. 197, ma da essa non si può dedurre l'identità dei destinatario, in quanto ivi non appare il nome Whitaker, mentre si confonde la città di destinazione con il cognome del destinatario: «Ill.mo Giosué Marsala».

15. Il motivo per la mancata attuazione della vendita pare sia stata «la scarsità di mezzi di cui [disponeva] l'istituto». (Cronaca delle Serve dei Poveri, giugno 1931, in "Archivio delle Suore Serve dei Poveri" Roma). Ringrazio la Profssa Bice Gozzo per avermi aiutato a riscontrare il documento nell'Archivio Whitaker di villa Malfitano.

16. Brano d'appello al Municipio - Scopo dell'Opera (1879), in Lettere, Nuova Raccolta, vol. 1, p. 362.

17. Elisabetta Herbert, inglese convertita al cattolicesimo, venuta a Palermo nell'inverno dei 1864-1865 con i suoi quattro figli, alla scuola del Turano si era data all'orazione e alle opere di carità. Andava anche di casa in casa munita di fornellino a spirito per fornire il cibo caldo ai malati. Cfr. G. Bellomo, Memorie sulla vita e gli scritti di Mons. Domenico Turano, Vescovo di Girgenti, Off. Tipografica di Camillo Tamburello e C., Palermo, 1886.

18. R. Trevelyan, La storia dei Whitaker, p. 39.

19. Ivi, p. 81. Cfr. Guida descrittiva, amministrativa e commerciale compilata da Gaetano Battaglia, PCA Lauriel, Palermo, - 1902, p. 153.

20. Cfr. Guida storica, artistica e commerciale di Palermo e dintorni, Giuseppe Leone Zangara Editore Palermo, 1891-1892, p. 179.

21. R. Trevelyan, La storia dei Whitaker, 60.

22. L. Bonafede, La Società per la protezione e l'assistenza dell'infanzia abbandonata di Palermo e l'opera di Joseph Isaac Whitaker, in Whitaker e il capitale inglese, pp. 59-75.

23. Cfr. F. Brancato, I Whitaker di Villa Malfitano. Lineamenti e l'Archivio documentario, in "Nuove Prospettive Meridionali", rivista quadrimestrale di storia, economia e cultura, Fondazione Culturale Lauro Chiazzese della Sicilcassa, Anno IV - N. 9, maggio-agosto 1994, pp. 28-29.

24. R. Trevelyan, Principi sotto il vulcano, versione italiana a cura di Francesco Saba Sardi, Rizzoli, Milano, 1972, pp. 309-31O.

25. Cfr. ivi.

26. Città di Palermo, Comitato di Soccorso dei danneggiati dal terremoto 28 dicembre 1908. Volume degli Allegati, Tip. Calogero Sciarrino, 1909, pp. XIV, 640-656, Relazione n. LXIX.