MANIFESTO
PER
UN
FORUM AMBIENTALISTA

Incontro a Roma
Palazzo Valentini
4 marzo 2000
ore 9.00-14.00

Chi e perché
Noi sottoscritti, che viviamo da lungo tempo le problematiche dell’ambiente siamo profondamente convinti del loro interesse vitale, imprescindibile, per il nostro presente e il nostro futuro.

Il mondo in cui viviamo è sempre più segnato dal degrado ambientale: sulle dimensioni globali come su quelle locali. E ciò si accompagna a crescenti sofferenze umane e sociali di cui sono segnali la fame nel mondo, il divario sempre più marcato fra ricchi e poveri, il peggioramento delle condizioni per il lavoro.

L’accelerazione di questi fenomeni nel nostro tempo è l’effetto di un processo neoliberista di globalizzazione dell’economia che ha sconvolto i modi di produzione, gli assetti sociali e i nostri stessi modi di vivere, segnando una nuova fase di dominio del capitale.

Siamo convinti che un orientamento culturale, mentale e politico all’altezza dei problemi, cui l’umanità si trova di fronte nel nostro tempo, e le azioni da portare avanti di conseguenza, si legano strettamente alle scelte di cui saremo capaci in fatto di politiche ambientali, e che proprio da queste ci possano venire nuovi motivi validi, e una volontà rinnovata per fuoriuscire dal modello capitalista.

Perciò avvertiamo l’esigenza del presente invito alla discussione. E proponiamo una possibile agenda di temi.

La Economia Globale
Il contrasto tra le specifiche modalità evolutive della nostra specie e quelle complessive della biosfera è venuto avanti, come sappiamo, parallelamente alla storia delle civiltà umane: fino all’accelerazione impresa dalla civiltà industriale al degrado fisico planetario. Tanto che la seconda metà di questo secolo ha visto profilarsi la minaccia della "saturazione", dell’incapacità della Terra di sopportare ancora senza deterioramenti irreversibili nostri aumenti di numero e di consumi di noi esseri umani.

L’estensione al mondo intero, dopo la caduta del Muro, di un Sistema Economico Globale fondato sulla totale libertà di movimenti e comportamenti di capitali e di imprese ha impresso al degrado un’accelerazione ulteriore: col moltiplicarsi dei consumi di risorse, dei guasti e degli inquinamenti – sotto i colpi di una corsa sfrenata al profitto – ad opera di soggetti deresponsabilizzati - nei confronti dei governi e dei popoli, sempre più insensibili ai valori civili ovvero ai diritti umani e alle istanze sociali.

Soggetti che dispongono perdipiù di sempre nuove tecnologie portatrici di alterazioni ambientali, sanitarie e sociali sempre meno controllabili. Al punto che – contrariamente alle speranze di ieri – gran parte dell’umanità non si aspetta più miglioramenti per la propria esistenza.

La situazione
Il nuovo ordine mondiale si rivela tutt’altro che portatore di miglioramenti della condizione umana nel suo complesso. Lo dimostrano insieme i danni all’ambiente sempre più gravi (effetto serra, desertificazione, inquinamenti della biosfera, ecc.) e la dilatazione continua delle aree di povertà e di emarginazione. Si conferma e si rafforza quindi la negatività di uno sviluppo fondato sulla crescita quantitativa, (ancorché rallentata dai limiti fisici) che produce effetto serra e povertà.

Appare sempre più manifesta, dietro i processi dell’economia globale, la presenza egemonica USA a tutto campo: dai protezionisti vecchio-stile (la "guerra delle banane") all’imposizione al mondo dei brevetti transgenici, all’uso ormai sistematico degli strumenti di guerra a sostegno della supremazia economica. La guerra è divenuta strumento ordinario di gestione della potenza imperiale USA sugli scacchieri mondiali e delle sue contraddizioni, senza riguarda per gli effetti umanamente e ambientalmente tragici e inaccettabili.

Non c’è nessun sollievo per le "aree povere", i cui abitanti vedono addirittura tornare ad abbreviarsi le speranze di vita, mentre la pressione demografica e la povertà spingono all’emigrazione verso le "aree forti" del mondo. Dove più che accoglienza li aspettano, come sappiamo, lo sfruttamento o l’espulsione.

Così l’insicurezza sta diventando, per parti sempre maggiori degli uomini e delle donne del nostro tempo, la normale condizione di vita.

Le istituzioni della democrazia contano sempre meno. L’americanizzazione imposta porta a sostituirne i loro poteri con quelli di strutture tecnocratiche (FMI, WTO, Banca Mondiale) espressione diretta dei potentati economici.

Anche le esperienze di governo delle sinistre moderate e verdi in Europa subiscono la "curvatura liberista": anzi la assumono come connotato di modernità, rinunciando perciò a perseguire le priorità sociali e ambientali. Cade così anche la speranza di far prevalere in qualche misura le esigenze dell’ambiente sulle logiche di mercato.

Anzi accade il contrario. È il mercato che ingloba l’ambiente: dalla "brevettabilità genetica" alla compravendita delle quote di inquinamento, alla mercificazione delle risorse naturali primarie (acqua, energia, suolo).

Le privatizzazioni sono uno degli strumenti di questo processo mercificatore.

Ma l’aspetto forse più inquietante sta nella passività coatta a cui sono condannate le grandi moltitudini umane per la cappa di piombo imposta dal "pensiero unico" alle capacità di reazione e alle volontà di riscatto.

La necessità di reagire
Se pensiamo alla portata sconvolgente di quel che accade – dalle guerre alle manipolazioni genetiche alla resa di milioni di persone alla condizione di cavie per simili pratiche di dominio politico-tecnocratico – sentiamo con nettezza che non si può più né tacere né stare a guardare.

È necessario rimettere in campo un fronte di alternativa, che contesti apertamente economia globale e neoliberismo, si schieri a favore di un modello diverso di società, si alimenti delle aspirazioni a una nuova prospettiva di liberazione: a un nuovo modo di essere di sinistra, di perseguire insieme libertà ed eguaglianza. A un ambientalismo che rifiuti la subalternità al sistema capitalistico.

Un fronte che si ispiri alle tante esperienze di lotta che mettono insieme ambiente e equità sociale: dal Chiapas ai Sem-terra ai Paysans francesi di José Bové ai comitati nostrani contro i rifiuti e per la lotta all’elettrosmog.

Un fronte simile vedrà necessariamente ancora nel mondo del lavoro una sua parte integrante. Tanto più oggi, quando il "compromesso sviluppista" messo in crisi da una "crescita senza sviluppo" né maggiore occupazione né redistribuzione del reddito ed anzi il neoliberismo mira a vanificare le stesse conquiste dei lavoratori.

Un fronte che rifiuti le lusinghe mistificanti della Terza Via ("l’amore per il rischio"), il lavoratore "imprenditore di se stesso", i fondi-pensione sul mercato dei capitali) e si dia invece come finalità le "garanzie come diritto". Garanzie di lavoro con l’affermazione dei diritti umani e fra essi le libertà e i diritti sindacali e fondamentali della persona e per condizioni di lavoro sicure, non inquinanti nonché per condizioni decorose di vita.

Un fronte, infine, capace di ri-creare le condizioni favorevoli a un movimento autenticamente rosso-verde. "Ecosocialista". Che possa aiutare donne e uomini a ricostruire e a superare positivamente le cause e i nessi del loro disagio sociale e ambientale. E a muoversi per venirne fuori.

Da questo punto di vista ciò che è accaduto a Seattle è di grandissima importanza e mostra la praticabilità.

Queste, grosso modo, le opzioni che un fronte alternativo simile dovrebbe impegnarsi a portare avanti:

  • la consapevolezza dei "valori in sé" legati alle condizioni ambientali;
  • la subordinazione sistematica delle motivazioni economiche a quelle sociali e ambientali;
  • la pratica attiva della solidarietà, dell’equità e della razionalità parsimoniosa nell’uso delle risorse;
  • il rifiuto totale della guerra e della violenza;
  • un diverso rapporto Nord-Sud basato sull’equità e la cooperazione solidale;
  • una politica di accoglienza e di integrazione interetnica, contro ogni forma di razzismo;
  • il diritto al lavoro e a una sua retribuzione tale da garantire condizioni decorose di vita;
  • il diritto alla sicurezza: a una società senza rischi né sul lavoro né nei rapporti con l’ambiente;
  • il riconoscimento del valore pubblico (collettivo per eccellenza) dei beni ambientali: acqua, aria, suolo, energia, beni ambientali e culturali, patrimoni genetici;
  • la costruzione di un collegamento forte fra i temi del lavoro e dell’ambiente;
  • la riconquista della "dimensione locale" dell’economia e della socialità in contrapposizione alle pulsioni dissipative, inumane e genocide dell’Economia Globale.

Il caso ITALIA
Le capacità di tradurre questi principi in pratiche operative concrete mancano al governo del nostro paese. Grande è la delusione rispetto alle speranze del 21 aprile. Ha prevalso ancora la logica esclusivamente monetarista, la continuità coi vecchi modi dello sviluppo. Anche quando (raggiunta ormai l’unità monetaria europea) avviare un cambiamento di rotta sarebbe stato più agevole, questa possibilità è stata lasciata cadere.

Ambiente e qualità sociale non sono iscritti in realtà nella pratica di questo governo. La possibilità di creare "nessi virtuosi" lavoro-ambiente-patrimonio artistico-culturale (nonostante le proposte avanzate da anni dagli ambientalisti) non sono prese in considerazione. Si seguitano a privatizzare risorse fondamentali. Anzi sulla privatizzazione delle risorse, acqua, energia, suolo, si pensa di costruire occasioni di accumulazione. Analogamente le infrastrutture (dall’Alta Velocità in poi) tendono a divenire luogo di profitto e di controllo sugli assetti territoriali e sulla circolazione di merci appaltato a poteri forti. Così come permane la logica delle grandi opere sbagliate e a grave impatto ambientale (dal Ponte sullo Stretto al Mose di Venezia). Si liberalizzano le tecnologie produttive di elettrosmog senza neanche averle prima disciplinate con leggi. Addirittura si svendono i beni culturali e gli usi civici di proprietà pubblica. Il territorio è sempre più compromesso, aria acqua e terre sempre più contaminate, le città in preda alla congestione, ai gas venefici e agli inquinamenti acustici da mezzi motorizzati.

Le scelte per il "che fare"
Chiaro che un programma alternativo, fondato sul nesso lavoro-ambiente, sarà bene costruirlo collegiamente. Alcune idee tuttavia possono essere anticipate.

Guerra e ambiente
Per guardare all’ambiente secondo un’ottica globale che implica un pensiero alternativo sul modo di produrre e di consumare, dobbiamo anche tenere insieme, nella nostra riflessione, l’analisi del distruggere, oltre a quella del come ricostruire o risanare o riequilibrare o nutrirci: dobbiamo trovare un’alternativa alla globalizzazione economica, e contestualmente un’alternativa alla logica della distruzione e del riarmo atomico, chimico e tecnologico.

Dobbiamo aprire una battaglia politica contro la logica complessiva della distruzione e diffondere la coscienza che oggi la Nato e il suo militarismo, braccio armato del ‘nuovo governo mondiale’ e delle sue istituzioni economiche, sono la più grossa minaccia per la vita sul pianeta e tutti i suoi equilibri naturali.

Ambiente e pace sono temi inscindibili, non per motivi ideologici, ma per le condizioni concrete della nostra vita oggi, in epoca di restaurazione e neo-militarismo.

Non possiamo veramente ricominciare a costruire se non smettiamo di distruggere, o almeno se non facciamo prendere coscienza all’opinione pubblica che i responsabili della guerra hanno commesso un atto tragicamente colpevole con la guerra alla Serbia e bisogna ripararlo, invece di perseverare diabolicamente nella logica della morte e della distruzione con le nuove decisioni in campo militare.

La presenza della guerra accanto a noi, come figura mentale oltreché catena infinita di violenze fisiche e materiali non può essere rimossa, deve essere sempre presente nelle nostre analisi e proposte.

Per questo pensiamo che gli ecopacifisti debbano impegnarsi anche in una battaglia culturale, difendendo un altro modo di ragionare e contestando la logica della distruzione fondata sulla categoria del nemico, per cominciare a disarticolare sistematicamente il militarismo delle coscienze.

Per ricostruire sulle macerie dell’ambientalismo istituzionalistico e dello ‘umanitarismo bellico’ della sinistra liberista e della Federazione del sole che ride, partecipi di un governo che ha fatto la guerra, noi ambientalisti critici, rosso-verdi, ci impegniamo a sviluppare un pensiero alternativo e una pratica politica attorno al rinnovato ripudio della guerra ed alle iniziative a favore della cooperazione dal basso e del governo non armato dei conflitti.

L’economia locale, autocentrata
La prima esigenza è quella di sottrarsi gradualmente, dove e come è possibile, all’egemonia esclusiva del mercato globale dando vita ad attività economiche fondate sulle peculiarità e sulle vocazioni dei diversi luoghi. Un’economia che:

  • rivaluti la dimensione locale valorizzando le risorse ambientali e umane;
  • sia rivolta a soddisfare sia bisogni primari dei cittadini (prodotti agricoli- alimentari, casa, abbigliamento, ecc.), sia domande più legate alla qualità della vita (cultura, musica, sport, turismo, ecc);
  • riduca gli spostamenti di merci e persone, quindi, i trasporti con i relativi consumi energetici e inquinamenti.

Di un processo simile faranno parte le attività agricole-zootecniche ‘ecologicamente compatibili’ (dagli orti sotto-casa agli allevamenti sul campo); quelle di recupero e riclico dei residuati e rifiuti; quelle di restauro-risanamento-manutenzione per l’edilizia e l’arredo urbano, verde incluso; quelli di aggiustatori, artigiani, operatori culturali, ecc., attività tutte che andranno sostenute con agevolazioni pubbliche.

Lavoro - Ambiente
La seconda idea è che la nuova occupazione debba venire in larga misura dai grandi progetti di risanamento ambientale (forestale, idrogeologico, agricolo, urbano, aree industriali) con la possibilità di creare centinaia di migliaia di posti di lavoro.

I piani di bacino
Importanza estrema ha la realizzazione di "Piani di bacino" per la ri-naturalizzazione e la riqualificazione dei rapporti fra il territorio e le acque. La vegetazione arborea come sostegno e "respiro" della terra. L’acqua come vita. Il fiume come cultura. Possono essere queste le premesse per uno sviluppo diverso. E concretamente sono i piani di bacino la base di un diverso governo del territorio.

Le conversioni ecologiche
E se l’effetto-serra mette in discussione la vita stessa della biosfera, occorre concentrare le politiche per fronteggiarlo in modo ben più radicale di quanto previsto dagli impegni (disattesi, peraltro) di Kyoto.

Ciò di cui c’è bisogno è una conversione complessiva "in chiave ecologica" delle diverse attività: produzioni, infrastrutture, energia, trasporti…

Il rischio zero
Bisogna affermare nelle produzioni, per le lavoratrici e i lavoratori e le popolazioni, il diritto a ricercare, a realizzare e a garantire il rischio zero. Il che significa che ci deve essere un principio di cautela in cui spetta ai produttori dimostrare la non nocività a breve, a medio e a lungo termine, e non il contrario ovvero che tutto è consentito se non si dimostra da parte degli esposti (lavoratrici, lavoratori, popolazioni) la nocività.

Questo deve valere per tutti i componenti dei cicli e dei processi produttivi oltreché per i prodotti finali.

Il risanamento dei siti industriali e la loro messa in sicurezza nonché la riconversione degli impianti inquinanti devono essere progettati e promossi con rigorosi interventi guidati dal pubblico. E che ci deve essere un adeguato controllo pubblico sui rischi delle produzioni, che sia a disposizione dei delegati alla sicurezza e fornisca strumenti utili alla contrattazione.

Le città
Sono attraversate da profondi fenomeni generatori di crisi, che ne rimettono in discussione il ruolo specifico di "nicchia ecologica" per i loro abitanti. L’accumulo di inquinamenti, la paralisi della mobilità, le disfunzioni, il moltiplicarsi dei processi di mercificazione e formazione di rendite, il dilagare delle emarginazioni e della povertà ne sono la sostanza.

La riconquista di una vita cittadina, della qualità dell’abitare e di un "effetto-città" in armonia con la natura è un grande obiettivo. Richiede la riqualificazione di tutti i cicli e di tutte le funzioni urbane.

Emblematico è il "diritto alla mobilità", che richiede scelte concrete (trasporto pubblico, blocco delle ulteriori espansioni, razionalizzazioni di funzioni e di orari) per avvicinarci al massimo all’obiettivo della città senz’auto. Ma altrettanta importanza va data per lo stesso fine al "diritto alla non-mobilità": all’assicurare ai cittadini le cose più necessarie all’esistenza quotidiana entro distanze quanto più possibile pedonali.

Il ciclo delle merci
Deve tendere a sostituire il tradizionale modello produzione-consumo-rifiuti con un modello basato sul criterio di ridurre i rifiuti al minimo. Fin dalla scelta di partenza: su che cosa produrre, perché, per chi, quanto, dove, come….

Un circuito virtuoso, cioè, in cui le merci incorporino valenze sociali e ambientali, siano pensate per l’utilità ed il benessere di tutti, possano essere aggiustate per parti e non sostituite necessariamente per intero, siano adatte ad essere reinserite dopo l’uso nel ciclo produttivo (intere o per parti) non trasformandosi in rifiuti evitando dunque le discariche e gli inceneritori che non vogliamo.

Alla qualità delle merci, delle produzioni e delle attività economiche va finalizzato il sistema di incentivi nazionali e europei.

La sanità dell’ambiente
La società industriale ha disseminato il territorio di inquinamenti e veleni, che rischiano purtroppo di sopravvivere alle stesse attività produttive. Dalla Farmoplant alla ACNA a Marghera… Ambiente e lavoro umano sono stati troppo e troppo malamente sfruttati. Abbiamo lasciato che si infliggessero malattie agli uomini e alla natura.

E dunque la bonifica delle aree industriali è una necessità. Ed è anche una straordinaria occasione per ripulire i territori ricostruendo "nel profondo" la loro storia produttiva. Conoscere è indispensabile sia per prevenire i rischi e le nocività che per bonificare e per monitorare e tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori nonché quella degli abitanti.

La bonifica va considerata come un terreno fruttuoso per sviluppare ricerche a ciò finalizzate ovvero in grado di dar vita a una vera e propria attività industriale nuova: propedeutica e complementare rispetto a diversi aspetti delle funzioni e degli insediamenti industriali.

Democrazia senza segreti e diritto alla sicurezza
Oggi si tratta, infatti, di lavorare per una società che sia in grado di dare sicurezza e di eliminare o quantomeno ridurre drasticamente e continuamente ogni tipo di rischio. Di portare ovvero di imporre la sicurezza, l’igiene industriale e la salute in ogni luogo e tipo di lavoro, nella città e nella vita domestica.

Il che significa necessariamente una gamma molto ampia di provvedimenti di prevenzione dei rischi e delle nocività, di tutela dell’integrità psico-fisica della persona, dell’ambiente e dell’informazione. Non si può seguitare ad esser ridotti al ruolo di cavie del profitto. Perciò occorre regolamentare, risanare (e quando necessario vietare) le diverse fonti di rischio possibili, dall’elettrosmog agli agenti cancerogeni, mutageni e teratogeni, ai prodotti transgenetici.

La società alla quale aspiriamo e per la quale operiamo non ammette segreti sui dati che riguardano la vita delle lavoratrici e dei lavoratori e dei cittadini. Richiede quindi non solo l’accessibilità ma la socializzazione di tutte le informazioni.

Biotecnologie
L’alimentazione è una grande questione aperta. La morte per fame falcia i paesi poveri. La sottonutrizione è di massa. Ma il degrado alimentare minaccia anche i poveri (e i non-poveri) dei paesi ricchi.

La manipolazione biogenetica è l’opzione messa in campo dalle Multinazionali per assumere il controllo e la proprietà della alimentazione. In realtà per appropriarsi del controllo sulla riproduzione della vita e giungere così al controllo totale.

Intenti e rischi inaccettabili. Perciò vanno rifiutate le sperimentazioni "sul campo", le commercializzazioni, le brevettazioni e va mantenuta in mani pubbliche la ricerca, i cui temi vanno però preventivamente dibattuti pubblicamente per definire gli scopi, le finalità e le priorità, vietando tassativamente le ricerche di carattere militare.

Alimentazione
E con la lotta al transgenico va aperta una grande vertenza sul diritto all’alimentazione. A scala mondiale, europea e nazionale. Vertenza che riguarda:

  • i rapporti tra Nord e Sud del mondo;
  • lo sviluppo "autocentrato" dei paesi terzi;
  • la rigorosa tutela della biodiversità in ogni dove del pianeta;
  • le politiche europee, che devono vedere gli incentivi orientarsi verso le produzioni più "fondate sul lavoro" e più utili all’umanità nel complesso;
  • il recupero per tutti delle possibilità di accesso ai prodotti "sani", oggi limitate tanto dal disagio economico che dalle politiche ispirate dalle Multinazionali transgeniche (Maastricht, Consiglio d’Europa).

Per una critica ecologista dell’economia e della politica
Una critica che contesti la logica quantitativa e della crescita fine a se stessa e ricerchi e realizzi le soluzioni ai problemi sociali in un ambito nuovo fondato (sui diritti di eguaglianza e fondamentali di ogni donna e di ogni uomo) sulla qualità dotandosi anche di nuovi indicatori socio-sanitari-culturali alternativi al PIL.

Fabrizio Giovenale, Roberto Musacchio, Giorgio Nebbia, Franco Russo, Andrea Agostini, Vincenzo Aita, Gianni Alasia, Fabio Amato, Ivano Bechini, Corrado Bendinelli, Marco Bersani, Antonio Bruno, Boscarol, Carlo Borriello, Virginio Bettini, Fabio Baglioni, Santino Bonfiglio, Marco Caldiroli, Maurizio Catroppa, Franco Coppola, Francesco Cirillo, Marinella Correggia, Francesca Cau, Walter De Cesaris, Simona Colzani, Vezio De Lucia, Rossano Ercolini, Enrico Falqui, Enrico Fedreghini, Francesco Francisci, Giancarlo Furlan, Nella Ginatempo, Fulvio Grimaldi, Aldo Iacomelli, Angelo Imbriani, Gianfranco Laccone, Marcello Limoli, Ezio Locatelli, Severo Lutrario, Isidoro Malandra, Luigi Mara, Laura Marchetti, Sandro Medici, Andrea Mengozzi, Paolo Menichetti, Emilio Molinari, Andrea Morniroli, Gianni Naggi, Luigi Nieri, Ciro Pesacane, Onofrio Petillo, Dante Pomponi, Giuseppe Prestipino, Carla Ravaioli, Mauro Riccardi, Giovanna Ricoveri, Giorgio Riolo, Carlo Ripa di Meana, Annamaria Rivera, Elio Romano, Lello Russo, Antonello Sotgia, Antonio Thiery, Lucio Triolo, Anna Maria Valentino, Stefano Zuppello.

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