Uranio e esercito italiano in Jugoslavia:
L'Italia in guerra viene a galla

a cura di Altereco #56 del 7 gennaio 2000, dal Centro servizi ecologista di lucca e da Toxzero



Forse l'Italia non ha mai pensato che le vicende della ex Jugoslavia valessero una guerra Nato. Ma e' da oltre un decennio, dai tempi di Gorbaciov, che l'Italia, per la Nato e dentro la Nato, e' diventata per piu' versi irrilevante. E per contrastare questa tendenza, o per smentirla almeno in apparenza, l'Italia ha voluto partecipare a tutte le guerre Nato dell'era post-gorbaceviana. Com'e' nello stile "politicistico" che affligge indifferentemente governi e sinistra, la partecipazione italiana e' risultata vasta (tutti i gruppi parlamentari tranne uno hanno fatto prevalere voto a favore), e insieme caratterizzata dalla sola preoccupazione di poter affermare di essere tra gli organizzatori di iniziative che avrebbero finito inevitabilmente per essere collegate a aggettivi  quali "prestigioso" e "internazionale".

[Nessun politico italiano si fa illusioni sulla possibilita' di consolidare qualsivoglia posizione italiana entro la Nato].

La partecipazione attuale dell'Italia alla Nato e' particolarmente avventurosa, perche' di pura "riconoscenza", costi quel che costi. La sorpresa italiana di queste settimane, di trovarsi in mezzo a una impresa pericolosa, spiega che persino i soldati italiani spediti in guerra con la Nato, ma anche i loro parenti, erano convinti di partecipare a una non-guerra. Proprio come ancora il governo italiano non dispera di poter continuare a pensare.

Il piu' e' cominciato quando l'Onu ha chiesto alla Nato di intervenire in Bosnia nell'estate del 1994. L'italia ha partecipato a quella campagna aerea, poi a quella successiva aerea e terrestre dell'estate 1995, sempre in Bosnia, infine a quella del Kosovo nel 1999, aerea e terrestre. Dal 1995 l'Italia occupa parti della Bosnia e dal 1999 parti del Kosovo.

Nessun militare italiano e' stato ucciso in ex Jugoslavia. Ma poche settimane fa, i parenti di un giovane morto di leucemia hanno chiesto e ottenuto dal Ministero della difesa che le cause di morte del giovane, militare per qualche tempo in Bosnia dopo i bombardamenti Nato dell'estate del 1995, siano ufficialmente analizzate per definire se possono essere fatte risalire o meno agli effetti tossici dei bombardamenti Nato, in particolare all'uranio impoverito contenuto piu' che altro in proiettili e missili, usati appunto dalle forze Nato.

La situazione e' quindi precipitata. Nel momento in cui scriviamo ci sarebbero almeno 18 casi di militari italiani che hanno servito in Jugoslavia dopo bombardamenti Nato, all'esame di una apposita Commissione governativa, perche' presentano malattie che possono essere causate da uranio. Sui 18 casi non sono stati rilasciati documenti ufficali: per il momento e' solo certo che almeno 7 di queste persone sono morte di leucemia dopo aver servito piu' o meno brevemente in Bosnia come militari; per una ottava persona, pure morta di leucemia, si sottolinea la partecipazione da militare a esercitazioni in poligoni in Sardegna usati anche per esercitazioni Nato.

E' certo comunque che la lista dei casi potrebbe moltiplicarsi di molte volte in pochi giorni.

I bombardamenti Nato in Bosnia sono avvenuti in due tempi: tra i primi di agosto e gli ultimi di settembre 1994, e infine tra fine agosto e inizio settembre 1995. In queste due occasioni solo i cannoni anticarro degli aerei americani A-10 hanno esploso piu' di diecimila proiettili radioattivi, contenenti cosiddetto uranio impoverito (DU = depleted uranium), in quella parte della ex Jugoslavia.

Secondo alcune rassegne, il radioisotopo U238 e' il piu' importante tra i costituenti delle armi contenenti uranio impoverito (proiettili, razzi, missili, bombe aeree), e a partire dall'esplosione emette raggi alfa per un periodo di circa 6 mesi, dopodiche' decade. Il decadimento di U238 forma tuttavia un radioisotopo piu' persistente, torio 234, che e' un forte emettitore di raggi beta e gamma - questi ultimi radiazioni X molto intense.

Le esplosioni ossidano l'uranio degli ordigni e lo spandono in forma di pulviscolo dal quale il radioisotopo emette appunto raggi alfa. Queste radiazioni, della durata di circa sei mesi, sono fortemente carcinogeniche se assunte per ingestione o respirazione anche perche' fissano il radioisotopo nelle ossa e lo depositano nei reni. La fase di bombardamento Nato ha dunque danneggiato essenzialmente i civili e gli armati jugoslavi che si trovavano nelle "campane" delle polveri generate dai singoli bombardamenti.

Il torio 234 che man mano rimpiazza U238 sviluppa una tossicita' piu' persistente e maggiore, anche se di tipo piu' propriamente chimico. Per questa ragione, oltre agli jugoslavi civili o meno, anche le truppe di occupazione a vengono attaccate massicciamente da questi agenti. Il torio tipicamente provoca leucemie e linfomi.

Le forze armate italiane hanno preso posto in Bosnia a partire dalla fine del 1995, cioe' in un periodo in cui il radioisotopo U238 rilasciato nel 1995 era progressivamente sostituito dal torio, mentre l'uranio rilasciato nel 1994 era gia' da tempo presente nell'ambiente come torio.

Secondo Maurizio Martellini fisico e presidente del "Landau Center" di Como che ha prodotto su incarico del Ministero degli esteri una rassegna del rischio uranio in Jugoslavia, governo e esercito italiani, alla fine del 1995, cioe' al momento del posizionamento italiano in Bosnia, ignoravano del tutto che i bombardamenti erano stati fatti anche con uranio. Martellini in una intervista comparsa su "il manifesto" del 4 gennaio afferma che all'epoca, di tutti i contingenti nazionali Nato in Bosnia, solo quelli americani e inglesi erano probabilmente al corrente del fatto - fra di loro, e sopratutto i primi avevano interesse a tenerlo nascosto essendo all'epoca il loro governo tempestato da richieste di risarcimento da parte di militari afflitti da analoghi problemi dopo aver partecipato alla guerra del Golfo Persico.

[Circa centomila dei settecentomila soldati americani spediti nel Golfo sono colpiti da uranio o da vaccini contro armi batteriche, e diecimila di loro sono gia' morti. Diverse centinaia sarebbero invece i morti tra i reduci inglesi].

Martellini conferma anche che cartografie di una certa completezza sui siti bombardati in Jugoslavia sono giunte in Italia nel corso del 2000 e solo in seguito a lettere sottoscritte da vari senatori. Le cartografie designano tuttavia solo le esplosioni dei proiettili anticarro degli aereoplani A-10, per lo piu' in Kosovo: ignorano completamente la Serbia e tutte le esplosioni di missili, probabilmente tutti contenenti zavorre di uranio e in molti casi armati con ogive all'uranio. Sui missili persiste il piu' completo segreto militare.

Ricordiamo anche che a tutt'oggi, svariate autorita' italiane considerano incomplete le cartografie inviate dalla Nato -solo dopo incidenti con pescatori- che definiscono le zone di Adriatico italiano dove gli aereplani Nato di ritorno dai bombardamenti in Jugoslavia nel 1994, 1995, 1999, scaricavano le bombe ancora rimaste a bordo prima di atterrare. Una gran quantita' di uranio Nato e' poi finita in Adriatico anche per l'obbligo che avevano gli aerei decollati in missione di provare in mare aperto i loro proiettili prima di entrare in operazione: si tratta di svariate migliaia di proiettili (v. A.Camuso su "il manifesto" del 291200).

E' gia' abbastanza evidente che in Bosnia l'Italia e' stata ingannata dai suoi piu' importanti alleati e probabilmente anche dagli stessi comandi Nato. Tuttavia e' anche ben evidente che i nostri governi in carica dal 1994 ad oggi, hanno pienamente aderito all'inganno, appunto per "riconoscenza".

Anche in mancanza di comunicazioni ufficiali, e' incredibile che i militari italiani presso la base di Aviano, quelli in Bosnia, piu' recentemente quelli presso la base di Gioia del Colle o in Kosovo, non abbiano mai raccolto dati sul fatto che gia' nel 1995 l'uranio era stato ampiamente usato in Jugoslavia e in Bosnia in particolare. I cannoni anticarro dell'aereoplano A-10 hanno proiettili con uranio e tungsteno come armamento standard. Il morto che ci sarebbe stato in seguito a esercitazioni a Capo Teulada, in Sardegna, suggerisce che le autorita' militari italiane hanno quantomeno ampie informazioni su armamenti all'uranio. Infine: e' almeno dal 1996 che autorita' mediche facenti capo a Belgrado e Sarajevo hanno divulgato la presenza di uranio nei siti attaccati dalla Nato.

Le tuttora "riconoscenti" autorita' italiane, semplicemente hanno giudicato piu' importante assecondare l'evidente desiderio della Nato di non informare, che procedere con tempestivita' a notificare pericoli a cittadini e Parlamento. 

La guerra in Kosovo dell'estate 1999 e' esemplare. Il governo italiano questa volta era informato se non altro del fatto che in linea di principio sarebbe stato usato uranio. Su tutto questo il governo non ha avuto niente in contrario da dire o da proporre. Anzi: le truppe di terra italiane successivamente insediate in Kosovo, hanno ricevuto prime elementari istruzioni di autoprotezione dopo mesi di presenza (novembre 1999), e ancora oggi sono prive di apparati di rilevamento e misura per l'uranio e le radiazioni in generale.

Fino ad oggi nessuno italiano ora in ex Jugoslavia, o li' dal 1995, e' stato esaminato vivo o morto allo scopo di rilevare i radioisotopi dell'uranio e di misurarli appropriatamente Si tratta peraltro di misurazioni che non presentano alcuna particolare complicazione

In ultima analisi, le azioni governative di questi giorni discendono tutte dalle iniziative di parenti di morti di leucemia e linfomi, o da senatori che hanno insistito per avere dalla Nato le cartografie degli obiettivi delle azioni aeree. C'e' da sperare che il giusto furore di queste iniziative finisca per assicurare l'unica possibile soluzione onesta: l'Italia ripari minuziosamente i danni che ha fatto, a jugoslavi e italiani; bandisca l'uso dell'uranio nell'industria civile (navi, aerei etc); condizioni al non uso di armamenti all'uranio la propria partecipazione a azioni Nato.

La precisazione che l'esercito italiano non possiede armi all'uranio, lascia il tempo che trova se questo esercito prende parte a azioni di guerra che utilizzano sistematicamente tali armamenti, e se il governo italiano ospita enormi depositi di armi all'uranio il cui uso poi autorizza o tollera anche in esercitazioni in Italia.            Ma il governo italiano, e la sinistra, non promettono bene.

Il democratico di sinistra Valerio Calzolaio, sottosegretario al ministero dell'ambiente e' al momento l'unico esponente del governo a essersi chiarissimamente espresso e speso per la necessaria generale riparazione dei danni. Tuttavia il minimo comune denominatore del governo -e della quasi totalita' della sinistra compreso Calzolaio-  e' in ogni caso che "in Bosnia la Nato ci ha nascosto l'uso dell'uranio" e che "nel resto della ex Jugoslavia la Nato ha usato troppo uranio".

Il governo non ritiene di confermare -anche a nome dei governi che risalgono all'estate 1994- che e' sempre stato perfettamente al corrente dell'intenzione Nato di usare uranio fin dal 1994; che nulla ha fatto per negoziare su questo punto, ma al contrario ha preso parte, come gia' in Iraq, a estese guerre radioattive volte a umiliare per generazioni le popolazioni colpite, in particolare causando catastrofi ambientali e sanitarie.

[La situazione sanitaria dell'Iraq e' notoriamente drammatica. In particolare la diffusione del materiale radioattivo e' tale che le orine degli iracheni sono radioattive.]   Sottolineamo che il parlamento, in particolare tutti i gruppi parlamentari che hanno votato per l'intervento armato italiano in Jugoslavia (tutti tranne uno), erano perfettamente al corrente di quanto sopra. L'uranio va bene.

[E' perfettamente noto che l'uranio utilizzato in proiettili e altri ordigni militari, ma anche in usi civili, ha tra i piu' grandi produttori industrie che hanno British Nuclear Fuels per vertice. BNFL e' l'apparato britannico a maggioranza pubblica, che gestisce sia l'approvvigionamento delle centrali nucleari inglesi, sia il riprocessamento del combustibile nucleare esausto delle centrali nucleari di mezzo mondo. Nel corso del 2000, Giappone, Germania, Svizzera, hanno cancellato la loro collaborazione con BNFL dopo che e' stato provato che le certificazioni dei prodotti BNFL sono sistematicamente falsificate.]

e-mail:
Da: toxzero <toxzero@iol.it>
Data: giovedì 11 gennaio 2001 13.55
Oggetto: ALTERECO #56tx>a: uranio e esercito italiano in Jugoslavia
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